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settimana T.O. -
UR
Domenica - Battesimo del Signore
Gesù Cristo
consacrato dal Padre nello Spirito Santo per fare di noi partecipi
della vita trinitaria
di Sant’Ireneo di
Lione, nel secondo secolo
“Si
aprirono i cieli e Giovanni vide lo Spirito di Dio che scendeva come
una colomba e veniva sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo, che
diceva: Tu sei il Figlio mio, il diletto, nel quale ho posto la mia
compiacenza”. Non è vero che allora Cristo discese in Gesù, né
che altro è Cristo e altro è Gesù; ma è il Verbo di Dio, il
Salvatore di tutti e Signore del cielo e della terra, che è Gesù,
come abbiamo dimostrato, il quale, dopo aver preso una carne ed
essere stato consacrato dal Padre nello Spirito, divenne Gesù
Cristo. Come dice Isaia : “Un germoglio uscirà dalla radice di
Iesse e un fiore salirà dalla sua radice. Su di Lui si poserà lo
Spirito di Dio, Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di
consiglio e di potenza, Spirito di scienza e di pietà, e lo
riempirà di Spirito del timore di Dio. Non giudicherà secondo
l’apparenza né condannerà secondo le dicerie, ma renderà giustizia
all’umile e condannerà i grandi della terra”. E ancora Isaia
stesso, indicando in precedenza la sua consacrazione e perché fu
consacrato, dice: “Lo Spirito di Dio è su di me, poiché mi ha
consacrato per portare il lieto annunzio agli umili; mi ha
mandato a curare quelli che hanno il cuore spezzato, ad annunciare
ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista, a proclamare l’anno
di misericordia del Signore e il giorno della retribuzione, a
consolare tutti quelli che piangono”. Ora, in quanto il Verbo di
Dio era uomo, nato dalla radice di Iesse e figlio di Abramo, lo
Spirito di Dio riposava su di Lui, ed era consacrato per portare il
lieto annuncio agli umili; ma in quanto era Dio non giudicava
secondo l’apparenza né condannava secondo le dicerie: infatti, “egli
non aveva bisogno che qualcuno gli rendesse testimonianza sull’uomo,
perché sapeva da sé che cosa c’è nell’uomo”. Chiamava a sé tutti
gli uomini piangenti e, donando la libertà a coloro che dai peccati
erano stati condotti alla schiavitù, li liberava dalle catene, di
cui Salomone dice: “Ciascuno sarà stretto dalle funi dei suoi peccati”.
Dunque, in Lui discese lo Spirito di Dio – lo Spirito di Colui che
per mezzo dei profeti aveva promesso di consacrarlo – affinché noi,
partecipando dell’abbondanza di quella consacrazione, fossimo
salvati.
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settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Battesimo
del Signore
Omelie
per l’Epifania, 34 ; CCL 9A, 156-157
Dal
battesimo del Signore al nostro battesimo
San
Cromazio di Aquileia nel quarto secolo
Quale
grande mistero nel battesimo del nostro Signore e Salvatore! Il
Padre si fa sentire dall’alto del cielo, il Figlio si fa vedere
sulla terra, lo Spirito si mostra sotto la forma di una colomba. Non
c’è infatti vero battesimo né vera remissione dei peccati, dove non
c’è la verità della Trinità... Il battesimo dato dalla Chiesa è
unico e vero, è dato una sola volta e, nell’esservi immersi una
volta, siamo purificati e rinnovati. Purificati, per aver deposto la
sozzura dei peccati; rinnovati perché risorgiamo per una vita nuova,
dopo esserci spogliati del vecchiume del peccato.
Quindi al battesimo del Signore i cieli si sono aperti affinché, per
il lavacro della nuova nascita, scoprissimo che i regni dei cieli
sono aperti ai credenti, secondo questa parola del Signore: “Se uno
non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio”(Gv
3,5). È dunque entrato, colui
che rinasce e non ha trascurato di preservare il suo battesimo...
Poiché il nostro Signore è venuto a dare il battesimo nuovo per la
salvezza del genere umano e la remissione di tutti i peccati, egli
ha voluto essere battezzato per primo, non però per spogliarsi del
peccato, poiché non aveva commesso peccato, ma per santificare le
acque del battesimo per distruggere i peccati di tutti i credenti
che sarebbero rinati mediante il battesimo.
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settimana T.O. - LODI
martedì
Commento sul
vangelo di Marco, PL 2, 137-138
Mc
1, 21-28
Una dottrina nuova insegnata con
autorità
di San
Girolamo nel quinto secolo
Gesù
si recò dunque nella sinagoga di Cafàrnao e si mise ad insegnare. Ed
erano stupiti del suo insegnamento, perché parlava loro “come uno
che ha autorità e non come gli scribi”. Non diceva per esempio:
“Parola del Signore!” oppure: “Così dice colui che mi ha mandato”.
No. Gesù parlava in nome proprio: era lui infatti ad aver parlato
una volta attraverso la voce dei profeti. È già bello poter dire,
fondandosi su un testo: “Sta scritto...” È meglio ancora proclamare,
nel nome del Signore stesso: “Parola del Signore!” Ma è tutt’altra
cosa poter affermare, come Gesù in persona: “In verità, vi dico!...”
Come osi dire, tu: “In verità vi dico!” se non sei colui che un
tempo ha dato la Legge e parlato attraverso i profeti?...
“Erano stupiti del suo insegnamento”. Che cosa insegnava che fosse
così nuovo. Non faceva nulla se non ridire ciò che aveva già
dichiarato tramite la voce dei profeti. Eppure erano stupiti, perché
non insegnava alla maniera degli scribi. Insegnava come se avesse in
prima persona l’autorità; non da rabbi ma in quanto Signore. Non
parlava riferendosi ad uno più grande di lui. No, la parola che
diceva era sua; e infine, usava questo linguaggio di autorità poiché
affermava presente colui di cui aveva parlato per mezzo dei profeti:
“Io dicevo. Eccomi qua” (Is 52,6)... Perciò, Gesù minaccia lo
spirito immondo che si esprime nel posseduto nella sinagoga: “Taci!
Esci da quell’uomo”. Cioè: “Esci da casa mia; cosa fai in costui che
è la mia dimora? Io voglio entrarvi. Taci! Esci da quell’uomo.
Lascia quella dimora che è stata preparata per me... Dio la vuole.
Lascia l’uomo; mi appartiene. Non voglio che sia tuo. Io abito
nell’uomo; questo è il mio Corpo. Vattene!”
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VESPRI
Martedì
Mc 1, 21-28
Commento
al vangelo
secondo
Luca, IV, 57 ; SC 45, 174
« Di
sabato… insegnava come uno che ha autorità »
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Di
sabato il Signore comincia ad operare guarigioni, per significare
che la nuova creazione inizia nel momento in cui l’antica si era
fermata, per marcare fin da principio che il Figlio di Dio non è
sottomesso alla Legge, ma è superiore alla Legge, che egli non
abolisce la Legge, bensì le dà compimento (Mt 5,17). Il mondo non è
stato fatto per mezzo della Legge bensì per mezzo del Verbo secondo
ciò che leggiamo : « Dalla parola del Signore furono fatti i cieli »
(Sal 32,6). La Legge dunque non è abolita bensì compiuta, per
rinnovare l’uomo decaduto. Per questo l’Apostolo Paolo dice : « Vi
siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo che si
rinnova… ad immagine del suo creatore » (Col 3,9).
A
buon diritto egli comincia di sabato, per mostrare che lui è proprio
il Creatore, … proseguendo l’opera che aveva iniziato un tempo. Come
l’operaio che sta per riparare una casa, non comincia con le
fondamenta, bensì con i tetti… ; mette mano prima a quello con cui
un tempo aveva terminato. Inizia con ciò che è minimo per arrivare a
ciò che è più importante ; liberare dal demonio infatti, possono
farlo anche gli uomini - mediante la parola di Dio, s’intende -
invece spetta alla sola potenza di Dio ordinare ai morti di
risuscitare.
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settimana T.O. - LODI
mercoledì
LIBRO DI VITA
CAP. “
SILENZIO” § 31
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VESPRI
Mercoledì
Mc 1, 29-39
Meditazioni
1, 1-49
Gesù si ritirò in un luogo deserto
e là pregava
Guigo
il Certosino nel
dodicesimo secolo
Gesù
stesso, che è Dio e Signore, la cui fortezza non aveva bisogno di
trovare appoggio in alcun ritiro, e non veniva intralciata dalla
compagnia degli uomini, pur tuttavia ebbe cura di lasciarci un
esempio. Prima del suo ministero di predicazione e prima di fare
miracoli, si è sottomesso, nella solitudine, alla prova della
tentazione e del digiuno (Mt
4, 1s). La Scrittura ci
riferisce che, trascurata la folla dei discepoli, saliva sul monte a
pregare, solo (Mc
6, 46).
Poi, nell’ora in cui la sua Passione si avvicina, abbandona i suoi
discepoli per andare a pregare solo
(Mt 26, 36).
Questo è un esempio adatto per farci capire quanti vantaggi la
preghiera trae dalla solitudine, visto che egli non vuole pregare
accanto a dei compagni, fossero anche i suoi apostoli.
Non
bisogna passare sotto silenzio tale mistero che ci riguarda tutti.
Lui, il Signore, il Salvatore del genere umano, offre nella sua
persona un esempio vivo : Solo, nel deserto, si dedica alla
preghiera e agli esercizi della vita interiore – il digiuno, le
veglie, e altri frutti di penitenza – superando così le tentazioni
dell’ Avversario con le armi dello Spirito.
O
Gesù, accetto che all’esterno, non ci sia nessuno con me ; ma purché
dentro di me, io sia maggiormente con te. Guai all’uomo solitario,
se non sei con lui ! Quanti uomini mentre stanno nella folla, sono
veramente soli, perché non sono con te. Vorrei, con te, non essere
mai solo. Poiché in questo momento, anche se nessuno è con me, io
non sono solo : da solo sono una folla.
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settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Mc 1,40-45
La guarigione
dell’anima e del corpo
di San Teofilo
di Antiochia nel secondo secolo
Se
dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l’uomo che è
in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi
della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.
Tu hai
gli occhi dell’anima annebbiati per i tuoi peccati e per le tue
cattive azioni.
Come uno
specchio risplendente, così deve essere pura l’anima dell’uomo.
Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell’uomo non può
più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha
preso possesso dell’uomo, egli non può più vedere Dio.
Mostra
dunque te stesso. Fa’ vedere se per caso non sei operatore di cose
indegne, ladro, calunniatore, iracondo, invidioso, superbo, avaro,
arrogante con i tuoi genitori. Dio non si mostra a coloro che
operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia.
Queste cose ti ottenebrano, come se le tue pupille avessero un
diaframma che impedisse loro di fissarsi sul sole.
Ma se
vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli
occhi della tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? E’ Dio,
il quale per mezzo del Verbo e della sapienza guarisce e dà la vita.
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settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Mc 1, 40-45
Fiamma
d’amore viva, strofa 2
« Gesù stese la mano e lo toccò »
San
Giovanni della Croce nel
sedicesimo secolo
O vita
divina, tu dai la morte solo per dare la vita, ferisci solo per
guarire. Mi hai ferito per guarirmi, o mano divina! Hai ucciso in me
ciò che mi teneva nella morte! Ero allora privo della vita di Dio,
in cui ora, invece, mi trovo a vivere! Debbo questo favore alla
liberalità della tua generosa grazia verso di me quando mi hai fatto
sentire il tocco di Colui che è « irradiazione della tua gloria e
impronta della tua sostanza » (Eb
1,3),
cioè il tuo Figlio unigenito, nel quale, come tua Sapienza, tu
tocchi « da un confine all’altro della terra con forza per la sua
purezza » (Sap
8,1).
O
tocco delicato, o Verbo, Figlio di Dio, che con la delicatezza del
tuo essere divino penetri sottilmente la sostanza della mia anima e,
toccandola tutta con delicatezza, l’assorbi completamente in te e
adoperi mezzi del tutto divini per colmarla di soavità « mai
sentita in terra di Canaan né mai viste in Teman » (Bar
3,22)!
O tocco delicato, divinamente delicato del Verbo, tanto più delicato
in me in quanto tu facevi sobbalzare i monti e spaccavi le rocce sul
monte Oreb con l’ombra del tuo potere e la forza che lo precedeva,
ti facesti sentire dal profeta « nel soffio leggero del vento » (1Re
19,11-12)!
O soffio leggero, che sei così fine e delicato, dimmi: come puoi
toccare così sottilmente e delicatamente, o Verbo, Figlio di Dio,
pur essendo così terribile e potente? O felice, mille volte felice,
Signor mio, l’anima che tocchi così delicatamente e dolcemente… « Tu
nascondi queste anime nel segreto del tuo volto, che è il tuo divin
Figlio, lontano dagli intrighi degli uomini » (Sal
30,21).
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settimana T.O. -
LODI Venerdì
Mc 2, 1-12
Esposizione
sul salmo 36, no. 3, § 3
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Si recarono
da lui con un paralitico
Sant’Agostino nel quinto
secolo
Possiamo, fratelli, sollevare
costui che ha perduto in tutte le membra interiori la facoltà di
compiere opere buone, quasi fosse un paralitico, e aprire il tetto
di questa Scrittura, e presentarlo al Signore?
Io intravedo un certo paralitico nell’anima. E vedo questo tetto (della
Scrittura), e sotto il tetto
riconosco Cristo nascosto. Farò, per quanto posso, ciò che si loda
in coloro che, aperto il tetto, presentarono a Cristo il paralitico,
affinché Egli dicesse: «Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi
peccati». Perché così salvò l’uomo interiore dalla paralisi,
rimettendo i peccati, e rinsaldando la fede.
Ma vi erano là uomini che non avevano occhi capaci di vedere che il
paralitico interiore era già guarito, e credettero che il Medico che
lo curava bestemmiasse. «Chi è questi – dicono – che rimette i
peccati? Costui bestemmia. Chi può rimettere i peccati,,se non il
solo Dio? » E poiché egli era Dio, intendeva ciò che essi pensavano.
Pensavano queste cose di Dio, ma non vedevano il Dio presente. Compì
allora quel medico qualcosa anche nel corpo del paralitico, in modo
da risanare l’interiore paralisi di coloro che tali cose avevano
detto. Compì cose che esse potessero vedere, e dette loro modo di
credere.
Orsù, chiunque tu sia, tanto infermo e debole di cuore da attenerti
agli esempi umani e voler perciò rinunziare alle opere buone, ed
essere come colpito da una interiore paralisi, fatti forza per
vedere se possiamo, aperto questo tetto, presentarti al Signore.
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settimana T.O. -
VESPRI Venerdì
Mc 2, 1-12
La Vita in
Cristo,
Libro 6; PG
150, 682-683
«Un paralitico portato da quattro
persone»
San Nicola
Cabasilas nel quattordicesimo secolo
In
ogni momento invochiamo Cristo, il principio di ogni nostro
pensiero. Per invocarlo, non c’è bisogno di alcuna preparazione alla
preghiera, o di alcun luogo particolare, o di grida. Infatti, in
nessun luogo egli è assente. È impossibile che lui non sia in noi,
perché è più vicino a colore che lo cercano nel loro stesso cuore.
Pertanto dobbiamo credere che egli ci esaudirà al di là delle nostre
richieste, e non dubitare di questo malgrado in nostri difetti.
Piuttosto abbiamo fiducia, perché egli è buono con gli ingrati e con
i peccatori che lo invocano.
Lungi
dal disprezzare le preghiere dei suoi servi ribelli, egli è disceso
sulla terra e, per primo, ha chiamato coloro che non lo avevano
ancora chiamato, anzi, che non avevano mai pensato a lui: «Sono
venuto, dice, a chiamare i peccatori»
(Mt 9, 13).
Se egli ha cercato coloro che non lo desideravano, quanto più farà
per coloro che lo pregano. Se egli ha amato coloro che lo odiavano,
come potrebbe respingere coloro che lo amano? « Se infatti,
quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo
della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati,
saremo salvati mediante la sua vita »
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settimana T.O. - LODI
sabato
2004-01-17
Discorsi,
30. CCL 24, p. 173-177. PL 52, 284
Mc 2,13-17
« L’uomo, alzatosi, lo seguì »
San Pietro Crisologo nel quinto secolo
Fratelli, seduto al suo banco delle imposte, questo povero
pubblicano era in una situazione peggiore di quella del paralitico
di cui vi ho parlato l’altro giorno, che giaceva sul suo lettuccio.
Uno era affetto da una paralisi nel suo corpo ; l’altro nella sua
anima. Nel primo, tutte le membra erano deformi ; nel secondo, il
giudizio, nel suo insieme, era nella confusione. Il primo giaceva,
prigioniero della sua carne ; l’altro era seduto, schiavo nella sua
anima e nel suo corpo. Il paralitico soccombeva alle sofferenze suo
malgrado. Invece il pubblicano era spontaneamente schiavo dei suoi
vizi. Questo, che si riteneva innocente, era accusato di cupidigia
dagli altri. Quello, in mezzo alle sue sofferenze, si sapeva
peccatore. Uno accumulava guadagni su guadagni, e tutti erano
peccati. L’altro cancellava i suoi peccati gemendo nei dolori.
Perciò, erano giuste queste parole rivolte al paralitico :
« Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati » ; infatti, con le sue
sofferenze compensava le sue colpe. Quanto al pubblicano, udì questa
parola : « Seguimi », cioè « Otterrai riparazione seguendomi, tu che
ti sei smarrito, seguendo il denaro ».
Sicuramente si dirà : perché il pubblicano, che sembra più
colpevole, riceve un dono più grande ? Infatti egli diventa subito
apostolo… Ha ricevuto lui il perdono ; e concede ad altri la
remissione dei peccati e illumina tutta la terra con lo splendore
della predicazione evangelica. Invece il paralitico è appena
ritenuto degno di ricevere il solo perdono. Vuoi sapere perché il
pubblicano ha ottenuto grazie più numerose ? È perché, secondo la
parola dell’Apostolo : « Laddove è abbondato il peccato, ha
sovrabbondato la grazia » (Rm 5, 20).
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settimana T.O. -
PRIMI VESPRI
Sabato
Mc 1, 40-45
Lettera 2
Esortazione ai
monaci.
Sant’Antonio il
Grande nel quarto secolo
O
amati nel Signore, Dio non ha visitato il creato una volta soltanto,
ma lo fa ogni momento dall’inizio del mondo alla sua fine. Pertanto
Dio sta con chiunque cerchi il Signore con zelo e con amore,
ascoltando i suoi comandamenti, e a costui fa dono dello Spirito
Santo.
Poiché
le facoltà spirituali congiunte al corpo vennero a indebolirsi e
alterarsi a causa dei moti dell’anima, fino a morire, e poiché gli
uomini non riuscivano più a ricordare la loro natura originaria, ma
erano diventati come animali e adoravano le creature al posto del
Creatore, allora il Creatore di tutto, in forza della sua bontà,
visitò il creato con le sue leggi che danno la vita. Coloro che
furono meritevoli di tale grazia e agirono secondo la legge con
tutta la forza e la volontà, ricevettero lo Spirito della filiazione
e vennero istruiti dallo Spirito Santo, sì da potere adorare il
Creatore come si conviene.
A
questo proposito l’apostolo Paolo ha detto che tutti costoro, pur
avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non
conseguirono la promessa, avendo Dio predisposto qualcosa di meglio
in vista di noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di
noi…
D’ora
innanzi o amati, sia a voi manifesta questa parola: il Padre nella
sua bontà non risparmiò il proprio Figlio Unigenito ma lo consegnò
per salvarci dai nostri peccati e dalle nostre colpe. Egli si umiliò
per noi e con le sue sofferenze ci guarì. Con la parola della sua
potenza ci riunì da tutte le parti della terra e del mondo abitato,
diventando per noi risurrezione e salvezza dai nostri peccati e
insegnandoci che siamo membra gli uni degli altri.
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IIA
settimana T.O. -
UR Domenica
Discorso Morino
26, § 2-5 ; PLS IV, 297-299
« Gesù vide
molta folla e si commosse »
San Cesario di
Arles nel quarto secolo
La
vera misericordia che è nel cielo (cfr. Sal 35, 6), è Cristo nostro
Signore. Quanto è dolce e quanto è buona ; senza che nessuno la
cerchi, essa è scesa spontaneamente dai cieli e si è abbassata per
rialzarci !…
E
Cristo ci ha promesso di stare con noi fino alla consumazione dei
secoli ; come egli stesso dice nel Vangelo : « Ecco, io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Quanta
bontà, fratelli ! È già nel cielo alla destra del Padre, e vuole
faticare ancora, con noi, sulla terra. Con noi, vuole avere fame e
sete, con noi vuole soffrire, con noi essere straniero. Anzi non
rifiuta di morire e di essere carcerato con noi (Mt 25, 35). Vedete
quanto è grande il suo amore per noi : nella sua tenerezza
indicibile, vuole soffrire in noi tutti questi mali.
Sì,
la misericordia venuta dal cielo, cioè Cristo nostro Signore, ti ha
creato mentre non esistevi ti ha cercato mentre eri perduto, ti ha
riscattato mentre eri stato venduto… E ora, ogni giorno, Cristo si
degna di incorporarsi alla tua umanità. Purtroppo, tanti uomini non
accettano di aprire la porta del loro cuore.
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IIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Commento al
Vangelo di San Giovanni 8,1
(Nuova
Biblioteca Agostiniana
Gv 2, 1-11
L’acqua diventata
vino
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Il miracolo
con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l'acqua in vino, non
sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in
quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore
che aveva fatto riempire di acqua, è quello stesso che ogni anno fa
ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu
cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo
Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci
meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità
con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto
meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro
le anfore piene d'acqua.
Come è
possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel
reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come
sopraffatti da tanti prodigi ? Che meraviglia, ad esempio, e quale
sgomento prova chi considera la potenza anche d'un granello di un
qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano
di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode
quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere
alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e
richiamarli al suo culto con nuove meraviglie.
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IIA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Mc 2, 23-28
dimostrazioni,
n°13, 1-2.13 ; SC 359, 589
Il
signore del sabato
di Sant’Afraate
nel quarto secolo
Per
mezzo di Mosè suo servo, il Signore ha domandato ai figli di Israele
di osservare il sabato. Disse loro: “ Sei giorni faticherai e farai
ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del
Signore” (Es 20,9)... Li avvertì: “Non farai alcun lavoro, né tu, né
tuo figlio, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo
bestiame”. Aggiunse anche: “Perché possano goder quiete il tuo bue e
il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il
forestiero” (Es 23,12)... Il sabato non è stato imposto come una
prova, una scelta da operare fra la vita e la morte, fra la
giustizia e il peccato come gli altri precetti secondo i quali
l’uomo può vivere o morire. No, il sabato, a suo tempo è stato dato
al popolo in vista del riposo – sia degli uomini che degli
animali...
Ascoltate ora quale è il sabato gradito al Signore. L’ha detto
Isaia: “Fate riposare lo stanco” (28,12). E altrove: “Quanti si
guardano dal profanare il sabato, restano fermi alla mia alleanza”
(56,4)... Il sabato non approfitta affatto ai cattivi, agli
assassini, ai ladri. Dio invece abita in coloro che scelgono quello
che piace a Dio e non commettono il male; in essi Dio fa la sua
dimora secondo la sua parola: “Abiterò in mezzo a loro e con loro
camminerò” (Lv 26,12; 2 Cor 6,16)... Noi dunque, custodiamo
fedelmente il sabato di Dio, cioè quello che piace al suo cuore.
Così entreremo nel sabato del grande riposo, il sabato del cielo e
della terra in cui ogni creatura si riposerà.
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IIA
settimana T.O. -
VESPRI Martedì
LA CHIESA COME
FIGURA DI GESU’ CRISTO
di Dietrich
Bonhoeffer
In Cristo la figura
dell’uomo è stata creata di nuovo dinanzi a Dio. Riconoscere in
Cristo la propria immagine e la propria speranza non era questione
di luogo e di tempo, di clima, di razza, di singolo, di società di
religione o di inclinazione, era invece questione di vita o di morte
per l’umanità. Ciò che è accaduto a Cristo è accaduto all’umanità
intera. Il fatto che soltanto una parte dell’umanità riconosca la
figura del suo redentore è un mistero inspiegabile. Il desiderio di
colui che divenne uomo, di prendere forma in ogni singolo uomo, è
rimasto finora insoddisfatto. Egli, che portava la forma umana, può
prender forma soltanto in una piccola schiera di uomini: nella sua
Chiesa. “Formazione” significa dunque in primo luogo che Cristo
prende forma nella sua Chiesa. La persona stessa di Gesù Cristo
prende forma in essa: per indicare in modo chiaro e profondo questa
realtà il Nuovo Testamento chiama la Chiesa corpo di Cristo. Il
corpo è la persona. La Chiesa dunque non è la comunità religiosa
degli adoratori di Cristo, ma è il Cristo stesso che ha preso forma
fra gli uomini. La Chiesa può legittimamente chiamarsi corpo di
Cristo perché nel corpo di Gesù Cristo è veramente accolto l’uomo e
quindi tutti gli uomini lo sono. La Chiesa ha dunque la forma che in
realtà l’umanità intera dovrebbe avere.
La
Chiesa è l’uomo divenuto uomo, giudicato e risorto a nuova vita in
Cristo. Essa non riguarda dunque essenzialmente le cosiddette
funzioni religiose dell’uomo, ma riguarda l’uomo tutto intero nella
sua esistenza terrena e in tutti i suoi rapporti.
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IIA
settimana T.O. -
LODI Mercoledì
Mc 3, 1-6
Trattato sui
Salmi 91,3 ; PL 9,495
« Ogni
giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio »
Sant’Ilario
di Poitiers nel quarto secolo
Il
giorno del sabato, era prescritto a tutti, nessuno escluso, di non
fare alcun lavoro e di riposarsi nell’inattività. Come dunque il
Signore ha potuto trascurare il sabato ? … In verità, grandi sono le
opere di Dio : Tiene il cielo nelle sue mani, dà la luce al sole e
agli altri astri, fa crescere le piante della terra, mantiene l’uomo
in vita… Si, tutto esiste e dura nel cielo e sulla terra per la
volontà di Dio Padre ; tutto viene da Dio e tutto esiste per mezzo
del Figlio. Egli è infatti il capo e il principio di tutto. In lui
tutto è stato fatto. E dalla sua pienezza, secondo l’iniziativa
della sua eterna potenza, ha creato ogni cosa.
Ora,
se Cristo agisce in tutto, è necessariamente mediante l’azione di
Colui che agisce in Cristo. Perciò è detto : « Il Padre mio opera
sempre e anch’io opero » (Gv 5, 17). Infatti tutto ciò che viene
fatto da Cristo, il Figlio di Dio abitato da Dio Padre, è opera del
Padre. Perciò, ogni giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio,
perché tutto ciò che viene fatto dal Padre, è fatto per mezzo del
Figlio. Quindi, l’azione del Figlio è di ogni giorno ; e, secondo
me, i principi della vita, le forme dei corpi, lo sviluppo e la
crescita degli esseri viventi manifestano questa opera.
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IIA
settimana T.O. -
VESPRI Mercoledì
TU, AMICO DELLA PACE
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
E’ il momento questo di esortarvi ad
amare la pace
secondo tutte
le forze di cui il Signore vi fa dono,
e a pregare il
Signore per la pace.
La pace sia
nostra diletta, la nostra amica.
Vi sia con essa
indissolubile amicizia.
Sia il suo
abbraccio pieno di dolcezza.
Se ami, tieni,
possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi
alla
partecipazione di questo possesso.
Anzi, i suoi
confini si allargano quanto più cresce
il numero di
coloro che la posseggono.
Una casa
terrena non contiene più di un certo numero di abitanti.
In quanto alla
pace essa cresce in proporzione del numero di abitanti.
In quanto alla
pace essa cresce in proporzione del numero di chi ne usufruisce.
Che cosa buona
è amare! Amare è già possedere.
E chi non
vorrebbe veder crescere ciò che ama?
Se vuoi con te
pochi partecipi della pace,
avrai una pace
ben limitata.
Allora che
prezzo avrà quel bene che potrai possedere
appena lo
amerai?
L’acquisto del nostro tesoro non
richiede prezzo.
Non devi andare
in cerca di un protettore
per
conseguirlo.
Eccolo lì dove
tu sei: basta che tu ami la pace,
ed essa
istantaneamente è con te.
La pace è un
bene del cuore e si comunica agli amici,
ma non come il
pane.
Se vuoi
distribuire il pane,
quanto più
numerosi sono quelli per cui lo spezzi,
tanto meno te
ne resta da dare.
La pace invece
è simile al
pane del miracolo che cresceva nella mani dei discepoli
mentre lo
spezzavano e lo distribuivano.
E intanto
abbiate la pace tra voi, fratelli.
Se volete
attirare gli altri alla pace, abbiatela tra voi per primi;
siate voi
innanzitutto saldi nella pace.
Per infiammarne
gli altri dovete averne voi, all’interno, il lume acceso.
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IIA
settimana T.O. -
LODI Giovedì
Mc 3, 7-12
Diatèssaron, preghiera finale ; SC 12, 404
Una gran
folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui
di Sant’Efrem
nel quarto secolo
O
misericordie, elargite e dispensate su tutti gli uomini. Esse
dimorano in te, Signore, che nella tua compassione per tutti gli
uomini sei andato loro incontro. Con la tua morte, hai aperto loro i
tesori delle tue misericordie… Il tuo essere profondo infatti è
nascosto alla vista degli uomini, ma abbozzato nei loro minimi
movimenti. Le tue opere ci procurano lo schizzo del loro Autore, e
le creature ci indicano il loro Creatore
(Sap 13,1 ; Rm 1,20),
perché noi potessimo toccare colui che si sottrae alla ricerca
intellettuale, ma si lascia vedere nei suoi doni. È difficile
giungere ad essergli presenti faccia a faccia, ma è facile
avvicinarsi a lui.
Le
nostre azioni di grazie non bastano, ma ti adoriamo in ogni cosa per
il tuo amore verso tutti gli uomini. Tu distingui ognuno di noi, nel
fondo del nostro essere invisibile, mentre siamo tutti uniti
fondamentalmente mediante l’unica natura di Adamo… Adoriamo te, che
hai posto ognuno di noi in questo mondo, che ci hai affidato tutto
ciò che vi si trova, e che ce ne separerai, nell’ora che non
conosciamo. Adoriamo te, che hai messo la parola sulla nostra bocca
perché potessimo presentarti le nostre richieste. Ti acclama Adamo,
che riposa nella pace, e anche noi che siamo la sua posterità,
perché siamo tutti beneficiari della tua grazia. I venti ti lodano,…
la terra ti loda,… i mari ti lodano,… gli alberi ti lodano,… anche
le piante e i fiori ti benedicono… Tutte le cose si raccolgano e
uniscano la loro voce per lodarti, rivaleggiando in azioni di grazie
per tutte le tue bontà, e unite nella pace per benedirti ; tutte le
cose alzino insieme per te un’opera di lode.
Spetta a noi tendere verso di te ogni nostra volontà, e spetta a te
riversare su di noi un po’ della tua pienezza, perché la tua verità
ci converta e così scompaia la nostra debolezza che, senza la tua
grazia, non può giungere a te, Maestro di ogni dono.
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IIA
settimana T.O. -
VESPRI Giovedì
Il mistero
dell’unità della Chiesa
da “Unitatis
Redintegratio”
Lo Spirito
Santo che abita nei credenti e riempie e regge tutta la Chiesa,
produce questa meravigliosa comunione dei fedeli e li unisce tutti
così intimamente in Cristo, da essere il principio dell’unità della
Chiesa. Egli realizza la diversità di grazie e di ministeri, e
arricchisce di funzioni diverse la Chiesa di Gesù Cristo “per
rendere atti i santi a compiere il loro ministero, affinché sia
edificato il corpo di Cristo”
(Ef 4, 12).
Gesù Cristo
vuole che il suo popolo, per mezzo della fedele predicazione del
Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo amorevole
da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a
capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito Santo,
cresca e perfezioni la sua comunione nell’unità: nella confessione
di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella
fraterna concordia della famiglia di Dio.
Così la
Chiesa, unico gregge di Dio, quale segno elevato alla vista delle
nazioni, mettendo a servizio di tutto il genere umano il Vangelo
della pace, compie nella speranza il suo pellegrinaggio verso la
meta che è la patria celeste.
Questo è il
sacro mistero dell’unità della Chiesa, in Cristo e per mezzo di
Cristo, mentre lo Spirito Santo opera la varietà dei ministeri. Il
supremo modello e principio di questo mistero è l’unità nella
Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito
Santo.
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IIA
settimana T.O. -
Lodi Venerdì
LIBRO DI VITA
Capitolo
“Gerusalemme” § 174
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IIA
settimana T.O. -
VESPRI Venerdì
da “Dialoghi
con Athenagoras “ O. Clement,p.173-174
Ritornare
all’Evangelo
del Patriarca
Athenagoras
Bisogna ritenere di ogni cosa ciò che è buono, dice Apostolo. La
ricerca di libertà, di giustizia, di collaborazione fraterna, la
ricostruzione del mondo per mezzo della tecnica e dell’intelligenza
dell’uomo, una più equa ripartizione dei beni della terra, la
rinascita di popolazioni e di culture da molto tempo asservite,
l’emancipazione della donna, la valorizzazione dei lavoratori: tutto
deve essere segretamente vivificato dalla risurrezione, tutto deve
convergere verso la trasfigurazione finale.
Ci
vuole un rinnovamento che fiorisca un po’ dappertutto nel mondo
cristiano. Ma io credo che la condizione principale, basilare, non
possa essere che l’unione dei cristiani, chiamati a uscire insieme
nel mondo per porsi al servizio dell’uomo. Cristo ha pregato perché
noi fossimo una cosa sola, affinché il mondo creda. Poco per volta
la fiducia viene a sostituire la paura e il disprezzo che così a
lungo hanno dominato fra le Chiese, o meglio all’interno della
Chiesa, o meglio all’interno della Chiesa di Cristo, poiché non
esiste che una sola Chiesa.
Ci
parliamo come fratelli, preghiamo insieme. L’amore nasce sul volto
della Chiesa e la trasfigura: Chiesa e cristianesimo cominciano ad
unificarsi nella loro comune sorgente, che è l’Evangelo e
l’Eucaristia .
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IIA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Mc 3, 7-12
Conferenza
13
Venite a me voi tutti
di Giovanni
Cassiano nel quinto secolo
Dio
non ha creato l’uomo perché si perdesse, bensì perché vivesse in
eterno ; questo disegno rimane immutabile… Infatti, « Egli vuole che
tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della
verità » (1 Tm 2, 4).
Questa è la volontà del Padre vostro celeste, dice Gesù, « che non
si perda neanche uno solo di questi piccoli »
(Mt 18, 14).
E altrove sta scritto : « Dio non vuole che alcuna anima perisca ;
usa pazienza affinché tutti abbiano modo si pentirsi »
(2 Sm 14, 14 ; 2 Pt 3, 9).
Dio è veritiero ; non mentisce quando dichiara sotto giuramento :
« Com’è vero ch’io vivo, io non godo della morte dell’empio, ma che
l’empio desista dalla sua condotta e viva »
(Ez 33, 11).
Possiamo allora pensare, senza commettere un sacrilegio enorme, che
egli voglia la salvezza soltanto di alcuni, e non di tutti in
generale ? Chiunque si perda, si perde contro la volontà di Dio.
Ogni giorno egli grida verso di lui : « Convertitevi dalla vostra
condotta perversa ! Perché volete perire, o casa d’Israele ? »
(Ez 33, 11).
E di nuovo, insiste : « Perché allora questo popolo si ribella con
continua ribellione ? Hanno indurito la faccia più di una rupe, non
vogliono convertirsi » (Ger
8, 5 ; 5, 3). Quindi la
grazia di Cristo è sempre a vostra disposizione. Poiché egli vuole
che tutti gli uomini siano salvati, li chiama tutti, nessuno
escluso. « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e
io vi ristorerò » (Mt 11,
28).
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IIA
settimana T.O. -
Primi Vespri Sabato
LA CHIESA E NOI
di
S.Pier Damiani nell’undicesimo secolo
La Chiesa
diversificata dalla molteplicità delle persone è una nella pluralità
dei suoi membri, e nello stesso tempo misteriosamente tutta in ogni
singolo.
Non a torto
questa Chiesa si presenta come l'unica Sposa di Cristo, e
contemporaneamente si crede che ogni anima è, in qualche modo, per
il mistero del sacramento, la Chiesa nella sua pienezza.
La Chiesa
intera è semplice nella pluralità dei suoi membri grazie all'unità
della fede, ed è molteplice in ciascuno di essi grazie alla
diversità dei carismi uniti dal cemento della carità. E tutto ciò
perché tutti procedono dall'Uno.
La Chiesa
diversificata dalla molteplicità delle persone non è meno tutta fusa
in uno dal fuoco dello Spirito Santo. Senza alcun dubbio è questo
Spirito, diffuso nei nostri cuori, uno nella maestà, molteplice nei
doni che,alla Chiesa che egli riempie, concede di essere nello
stesso tempo una nell'universalità e tutta nelle sue parti....Così
l'orante solitario può dire "noi" e la folla "io".
Se dunque la
Chiesa intera è l'unico Corpo di Cristo, essendo noi, malgrado il
numero, uno in Cristo, possediamo ciascuno in Lui il nostro tutto, e
per questo, benché possiamo sembrare lontani per l'isolamento del
nostro corpo, rimaniamo alla Chiesa sempre vicinissimi per il
sacramento inviolabile dell'unità.
Così ciascuno
dei fedeli apparisce una piccola Chiesa, quando, nel mistero
dell'unità nascosta, un uomo riceve tutti i sacramenti della umana
redenzione, che sono conferiti da Dio nella stessa Chiesa
Universale. Se dunque non si può dubitare che un uomo riceva i
sacramenti comuni a tutta la Chiesa, che cosa impedisce che un uomo
solo pronunci le parole comuni della Chiesa, dato che i sacramenti
hanno molta più importanza delle parole?
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IIIA
settimana T.O. -
UR
Domenica
PREVENIAMO LO
SPUNTARE DEL SOLE: ANDIAMOGLI INCONTRO
di
San’Ambrogio nel quarto secolo
Una così grande grazia
ecclesiale e i grandi premi promessi alla devozione ci invitano:
preveniamo lo spuntar del sole, andiamogli incontro prima che sorga,
prima che dica “Eccomi” (Is 58, 9).
Il Sole di giustizia vuol essere prevenuto e aspetta chi lo
prevenga. Ascolta in che modo aspetti e desideri di essere
prevenuto: dice all’angelo di Laodicea: “Mostrati zelante e
ravvediti. Ecco io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la
mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui” (Ap.2 ,16;
3, 20).
Ha il
potere di entrare; nessun chiavistello poté trattenerlo dopo la
risurrezione, e improvvisamente, inaspettato, appare agli apostoli
nel cenacolo. Ma gli piace mettere alla prova i desideri di
devozione tua; gli apostoli li aveva già provati. O forse, in tempo
di persecuzione, è lui a prevenire, mentre in tempo di pace desidera
di essere prevenuto.
Tu
precedi certamente la levata del sole visibile; “svegliati, o tu che
dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5,
14). Se previeni il sorgere di
questo sole, accoglierai il Cristo-Luce. Egli stesso ti preverrà
illuminando l’intimo del tuo cuore; lui, a te che gli dici: “Di
notte anela a te l’anima mia” (Is 26, 9),
farà risplendere nelle ore notturne la luce del mattino, mentre
mediti le parole di Dio. Il tuo meditare sarà una luce che vede la
luce, non del tempo, ma della grazia; e tu dirai: “I comandi del
Signore danno luce agli occhi” (Sal 18, 9).
Al mattino affrettati ad
andare in chiesa per portarvi le primizie di santi desideri; e poi,
se le necessità di questa vita ti chiamano, non ti mancherà un
motivo per dire: “I miei occhi prevengono le veglie per meditare
sulle tue promesse” (Sal 118, 148),
e andrai tranquillo ai tuoi affari.
Quale
gioia cominciare la giornata con inni e cantici, con le beatitudini
che leggi nel vangelo! E quale pegno di prosperità che la parola di
Cristo ti benedica e, mentre vai ricantando nell’anima le
benedizioni del Signore, ti ispiri il proposito di qualche virtù,
così che tu possa anche riconoscere in te stesso l’efficacia della
benedizione divina!
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IIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Commento sul
profeta Isaia, 5, 5; PG 70, 1352-1353
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 1012)
Lc
1,1-4;4,14-21
Per « rinnovare la
faccia della terra »
San
Cirillo Alessandrino nel quinto secolo
Cristo, volendo restaurare il
mondo e ricondurre tutti gli uomini al Padre, trasformare in meglio
tutte le cose e rinnovare la faccia della terra, « assunse la
condizione di servo » (Fil 2,
7) – egli Signore
dell’universo – e annunziò la buona novella ai poveri, affermando
che proprio per questo era stato mandato. Per poveri si possono
intendere quelli che soffrono nella totale indigenza, ma anche, come
dice la Scrittura, tutti quelli che non posseggono la speranza e che
nel mondo sono privi di Dio (Ef
2, 12).
Arrivati a Cristo dal paganesimo, arricchiti dalla fede in lui,
hanno conseguito un tesoro divino venuto dal cielo, la predicazione
del Vangelo della salvezza, resi partecipi in tal modo del regno dei
cieli e consorti dei santi, eredi di quei beni che non si possono né
immaginare, né domandare : « Cose che occhio non vide, né orecchio
udì, né mai entrarono in cuore d’uomo ; queste ha preparato Dio per
coloro che lo amano » (1 Cor
2, 9).
Quanto ai fratelli venuti dal giudaismo, anch’essi erano poveri, col
cuore spezzato, come schiavi e nelle tenebre. Ma venne Cristo, e a
Israele prima che agli altri si annunziò con le benefiche e fulgide
manifestazioni della sua potenza, proclamò “ l’anno di misericordia
del Signore “ e il “ giorno della salvezza”.
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IIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Libro di Vita
Cap “ Nella
Chiesa” § 158
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IIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Trattato
sulla vita secondo Dio
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 2479)
In mezzo a voi
come colui che serve
San Gregorio
Nisseno nel quarto secolo
Quello che più importa, nella ricerca della sapienza è che colui il
quale è veramente grande nelle opere abbia un cuore umile e puro.
Per questo è necessario che colui il quale disprezza completamente
le grandezze di questa vita e rifiuta ogni gloria mondana, insieme
con la vita sappia rinnegare anche la propria anima. Rinnegare la
propria anima vuole dire non cercare in niente la propria volontà ma
quella di Dio, e servirsi di essa come di una buona guida, la quale
dirige nella concordia la comunità verso il porto della divina
volontà…
Questo lo
vuole anche il Signore quando dice : « Chi vuol essere grande fra
voi e il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti »
(Mc 10, 43-44).
Questo servizio reso agli uomini dev’essere gratuito ; e chi è primo
deve assoggettarsi a tutti e servire i fratelli, proprio come loro
vero debitore. Conviene che coloro i quali sono costituiti in
autorità si affatichino più degli altri, siano più umili e
dimostrino nella loro condotta il modello e l’esempio del servo,
pensando che coloro i quali sono stati loro confidati sono un
deposito di Dio.
Ognuno si convinca di essere inferiore e più debole non soltanto del
fratello con cui vive, ma anche di qualunque altro uomo. Sapendo
questo, sarà veramente discepolo di Cristo. Poiché dunque conoscete
i frutti dell’umiltà e il danno dell’orgoglio, imitate il Signore,
amando Dio e amandovi vicendevolmente. Poiché l’amore di Dio e il
timore del Signore è il primo compimento della Legge.
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IIIA
settimana T.O. -
LODI
Mercoledì
Mc 4, 1-20
Discorsi, n°
6 ; CCL 103, 32 ; SC 175, 327
Dare frutto del trenta, del
sessanta e del cento per uno
San Cesario di
Arles nel quarto secolo
Fratelli, ci sono due specie di campi: uno è il campo di Dio,
l’altro è il campo dell’uomo. Hai la tua tenuta; anche Dio ha la
sua. La tua tenuta è la terra; la tenuta di Dio è la tua anima. È
forse giusto che coltivi il tuo campo e lasci incolto il campo di
Dio? Coltivi la tua terra, e non coltivi la tua anima, forse perché
vuoi mettere in ordine la tua proprietà e lasciare incolta la
proprietà di Dio? È forse giusto questo? Forse Dio merita che
trascuriamo la nostra anima che egli ha tanto amata? Ti rallegri al
vedere la tua terra ben coltivata; perché non piangi al vedere la
tua anima incolta? I campi della nostra tenuta ci faranno vivere
alcuni giorni in questo mondo; la cura della nostra anima ci farà
vivere senza fine in cielo...
Dio
si è degnato di affidarci la nostra anima come sua tenuta;
mettiamoci dunque all’opera con tutte le nostre forze con il suo
aiuto, perché quando verrà a visitare la sua tenuta, egli la trovi
ben coltivata e perfettamente in ordine. Che vi trovi una messe
invece di rovi; che vi trovi vino invece di aceto; grano invece di
zizzania. Se vi troverà ciò che piace ai suoi occhi, ci darà in
cambio le ricompense eterne; invece i rovi saranno destinati al
fuoco.
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IIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
.
Mc 4, 1-20
Seminare nel mondo intero
Di
San Jose-Maria Escriva di
Balaguer
“Ecco uscì il seminatore a seminare” La scena è d’attualità. Oggi
il seminatore divino semina ancora il suo seme con forza. L’opera di
salvezza continua ad attuarsi, e il Signore vuole servirsi di noi;
desidera che noi, cristiani, apriamo al suo amore tutte le strade
della terra; egli ci invita a diffondere il suo divino messaggio,
con la dottrina e con l’esempio, fino ai confini del mondo. Chiede a
noi, cittadini di questa società che è la Chiesa, e cittadini della
società civile, di essere ciascuno un’altro Cristo nell’attuare
fedelmente i nostri compiti, santificando il nostro lavoro
professionale e i doveri del nostro stato.
Se
consideriamo questo mondo che ci circonda, e che amiamo perché è
opera di Dio, vi vedremo realizzarsi la parabola: la parola di Gesù
è feconda, suscita in molte anime la sete di darsi e di essere
fedeli. La vita e il comportamento di coloro che servono Dio hanno
cambiato la storia, anzi, molti fra coloro che non conoscono il
Signore sono mossi, forse senza saperlo, da ideali la cui origine
sta nel cristianesimo.
Vediamo anche che una parte del seme cade nella terra sterile, o tra
le spine e la sterpaglia; dei cuori si chiudono alla luce della
fede. Se gli ideali di pace, di riconciliazione, di fraternità sono
accettati e proclamati, sono troppo sovente smentiti dai fatti.
Alcuni si accaniscono in vano ad imbavagliare la voce di Dio
utilizzando, per impedire la sua diffusione, la forza brutale o
un’arma meno rumorosa ma forse più crudele poiché rende insensibili
le menti, cioè l’indifferenza.
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IIIA
settimana T.O. -
LODI Giovedì
i
« Prima lo stelo, poi la spiga,
poi il chicco maturo nella spiga »
San Gregorio
Nisseno nel quarto secolo
La vita presente è un cammino
che ci porta al termine della nostra speranza, allo stesso modo in
cui si vede sui germogli il frutto che sta per sbocciare dal fiore;
grazie al fiore il frutto giunge all’esistenza, anche se il fiore,
non è il frutto. Allo stesso modo, la messe che nasce dai semi, non
appare subito con la spiga, ma dapprima cresce l’erba, poi quando è
morta l’erba, si erge lo stelo di grano e così il seme matura in
cima alla spiga...
Il
nostro Creatore non ci ha predestinati alla vita embrionale; lo
scopo della natura non è la vita dei neonati. Non mira neanche alle
età successive che raggiunge con il tempo nel processo di crescita
che trasforma l’apparenza dell’uomo, né ha per fine la dissoluzione
del corpo che sopravviene con la morte. Tutti questi stati non sono
altro che tappe sulla strada su cui camminiamo. La meta e il
termine della marcia, attraverso queste tappe, è la somiglianza con
Dio...; il termine atteso della vita, è la beatitudine. Oggi però,
per quanto riguarda il corpo – la morte, la vecchiaia, la
giovinezza, l’infanzia e la formazione dell’embrione – tutti questi
stati, sono come altrettante erbe, steli, e spighe, che formano un
cammino, una storia e una potenzialità che permettono la maturità
attesa.
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IIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Mc 4,21-25
Preghiera a
Gesù nel Santissimo, in Discorsi, Messaggi, Colloqui.
Gesù dà se
stesso sino alla fine
(Gv 13,1)
Di Beato
Giovanni XXIII
O Gesù, cibo delle anime che
supera ogni realtà naturale, questo popolo immenso grida a te. Si
sforza di dare alla sua vocazione umana e cristiana uno slancio
nuovo, di abbellirla con virtù interiori, sempre pronto al
sacrificio di cui sei in prima persona l’immagine con la parola e
con l’esempio. Sei il primo tra i nostri fratelli; hai preceduto i
passi di ognuno di noi; hai perdonato le colpe di tutti. E li chiami
tutti a una testimonianza di vita più nobile, più attiva, più
comprensiva.
Gesù,
“pane della vita” (Gv 6,34),
unico e solo alimento essenziale dell’anima, accogli tutti i popoli
alla tua mensa. Essa è già la realtà divina sulla terra, il pegno
delle bontà celesti; la certezza di una beata concordia tra i popoli
e di una lotta pacifica in vista del vero progresso e della
civilizzazione. Nutriti da te e di te, gli uomini saranno forti
nella fede, allegri nella speranza, attivi nella carità. Le buone
volontà trionferanno sulle trappole tese dal male; trionferanno
sull’egoismo e sulla pigrizia. E gli uomini retti temendo Dio
sentiranno alzarsi dalla terra di cui la Chiesa quaggiù vuole essere
l’immagine, i primi echi misteriosi e dolci della città di Dio. Ci
conduci verso i pascoli erbosi; ci proteggi. Mostraci, Gesù, i beni
della terra dei viventi (Sal
26,13).
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IIIA
settimana T.O. -
LODI Venerdì
Mc 4,
26-34
Omelie
su Matteo, cap. 13
Se il
chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo ; se invece
muore, produce molto frutto (Gv
12,24)
di
San Gregorio Magno nel sesto secolo
« Il
regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un
uomo prende e semina nel suo campo ; una volta cresciuto, diventa un
albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i
suoi rami » (Mt 13, 31).
Questo granellino di senapa simboleggia per noi Gesù Cristo che,
messo in terra nel giardino dove è stato seppellito, ne è uscito
fuori dopo la sua risurrezione, in piedi come un grande albero.
Possiamo dire che quando morì, fu come un granellino di senapa. Fu
un granellino di senapa nell’umiliazione della sua carne e un grande
albero nella glorificazione della sua maestà. Fu un granellino di
senapa quando vi è apparso sfigurato, e un albero quando è
risuscitato come « il più bello tra i figli dell’uomo »
(Sal 44,3).
I
rami di questo albero misterioso sono i santi predicatori del
vangelo la cui estensione ci è stata descritta nel salmo : « Per
tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la
loro parola » (Sal 19,5 ; cfr
Rm 10,18). Gli uccelli si
riposano fra i suoi rami quando le anime giuste, che si sono elevate
dai fascini della terra appoggiandosi sulle ali della santità,
trovano nelle parole dei predicatori del vangelo la consolazione di
cui hanno bisogno nelle pene e le fatiche di questa vita.
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IIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
.
Mc 4, 26-34
Commento sul
vangelo di Luca, VII, 183 ; SC 52, 77
Gli uccelli del cielo possono
ripararsi alla sua ombra
Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Il Signore stesso è un
granello di senapa... Se Cristo è un granello di senapa, in quale
modo egli è il più piccolo, e come cresce? Non nella sua natura egli
cresce, ma secondo l’apparenza. Volete sapere come egli è il più
piccolo? “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri
sguardi” (Is 53,2).
Imparate che egli è il più grande: “Tu sei il più bello tra i figli
dell’uomo” (Sal 44,3).
Infatti colui che non aveva apparenza né bellezza è diventato
superiore agli angeli (Eb
1,4) superando tutta la
gloria dei profeti di Israele... Egli è il più piccolo di tutti
semi, perché non è venuto con la regalità, né con le ricchezze, né
con la sapienza di questo mondo. Ora, come un albero, ha fatto
crescere l’alta cima della sua potenza, cosicché diciamo: “Alla sua
ombra, cui anelavo, mi siedo” (Ct 2,3).
Secondo me, sovente sembrava contemporaneamente albero e seme. È
seme quando dicono: “Non è egli forse il figlio del carpentiere,”
(Mt 13,55). E proprio durante queste parole é improvvisamente
cresciuto: “Da dove mai viene a costui questa sapienza? ”
(vs. 54).
Nel fogliame dei suoi rami potranno ripararsi con sicurezza
l’uccello notturno nella sua dimora, l’uccello solitario sopra il
tetto (Sal 101,7),
quello che fu rapito fino al terzo cielo
(2 Cor 12,3),
e quello che sarà “rapito tra le nuvole, nell’aria”
(1 Tes 4,17).
Là riposeranno anche le potenze e gli angeli dei cieli e quanti
hanno, grazie alle loro azioni spirituali, preso il volo. San
Giovanni vi si è riparato quando riposava sul petto di Gesù
(Gv 13,25)...
E noi che “eravamo lontani”
(Gal
2,13),
radunati da mezzo alle nazioni, a lungo sballottati nel vuoto del
mondo dalle tempeste dello spirito del male, spiegando le ali delle
virtù, dirigiamo il nostro volo affinché questa ombra dei santi ci
ripari dal caldo soffocante di questo mondo.
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IIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Discorso 63, 1-3; PL 38, 424-425
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Battuti dal vento
e dalle onde
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Per grazia di Dio vi rivolgo
la parola sul passo del santo Vangelo letto poco fa e in nome di lui
vi esorto a far sì che nei vostri cuori non si assopisca la fede con
cui resistere alle tempeste e ai marosi di questo mondo. In effetti
non è vero che Cristo nostro Signore avesse in suo potere la morte e
non il sonno e che forse l'Onnipotente fu oppresso dal sonno contro
la sua volontà mentre stava sulla barca. Se voi crederete questo,
egli dorme nel vostro intimo; se invece Cristo è desto, è desta
anche la vostra fede. L'Apostolo dice: « [Chiedo di] far abitare
Cristo nei vostri cuori per mezzo della fede » (Ef
3,17).
Anche
il sonno di Cristo è dunque un segno esteriore d'un simbolo. Sono
come dei naviganti le anime che fanno la traversata di questa vita
in un’imbarcazione. Anche quella barca era la figura della Chiesa.
Poiché anche ogni persona è tempio di Dio e naviga nel proprio cuore
e non fa naufragio se nutre buoni pensieri. Se hai sentito un
insulto, è come il vento; se sei adirato, ecco la tempesta. Se
quindi soffia il vento e sorge la tempesta, corre pericolo la nave,
corre pericolo il tuo cuore ed è agitato. All'udire l'insulto tu
desideri vendicarti: ed ecco ti sei vendicato e, godendo del male
altrui, hai fatto naufragio. E perché? Perché in te dorme Cristo.
Che vuol dire: "In te dorme Cristo"? Ti sei dimenticato di Cristo.
Risveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, sia desto in te
Cristo: considera lui.
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IIIA
settimana T.O. -
Primi Vespri
Sabato
NELL'UNITA'
DELLA CARITA' CONSISTE L'AMORE FRATERNO
di
Sant'Agostino nel quinto secolo
Da questo
sappiamo d'averlo conosciuto: "Se osserviamo i suoi comandamenti".
Quali? Vediamo se questo comandamento non sia l'amore. Fa
attenzione al Vangelo: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate
gli uni gli altri". E Giovanni dice: "Chi osserva la sua parola, in
lui l'amore di Dio e' veramente perfetto. Da questo conosciamo di
essere in lui". Parla di perfetti nella carità.
Qual è la
perfezione della carità? Amare anche i nemici e amarli perché
diventino fratelli. La nostra carità, infatti, non dev'essere
secondo la carne. Ama i tuoi nemici perché diventino i tuoi
fratelli: ama i tuoi nemici perché entrino in comunione con te. Così
amò colui che, pendente dalla croce disse: " Padre, perdonali,
perché non sanno quello che fanno".
Allontanava da essi la morte eterna con una preghiera piena di
misericordia, con grandissima potenza. Molti credettero e fu loro
perdonato di aver versato il sangue di Cristo. Lo versarono quando
infierirono contro di lui, lo bevvero quando credettero.
Da questo
conosciamo di essere in lui, se il suo amore in noi è veramente
perfetto. Proprio parlandoci di questa perfezione della carità che
consiste nell'amare i nemici, il Signore dice: "Siate dunque
perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste", "Chi ama suo
fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo".
Chi sono
coloro che patiscono o danno scandalo? Coloro che si scandalizzano
di Cristo e della Chiesa. Perché, dunque, non c'è scandalo in chi
ama il fratello? Perché chi ama il fratello tutto sopporta pur di
salvare l'unità.
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IVA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Discorso 256
nei giorni di Pasqua
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Alzati e cammina
»
di Sant’Agostino nel quinto secolo
« Se
lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in
voi, colui che risuscitò Cristo dai morti darà vita anche ai vostri
corpi mortali » (Rm 8,11). Adesso il nostro corpo è animale, lassù
sarà spirituale. In effetti « il primo uomo fu creato per essere
anima vivente, l'ultimo uomo sarà spirito vivificante » (1 Cor
15,45). Per questo « darà vita anche ai vostri corpi mortali ad
opera dello Spirito che abita in voi ».
Oh felice
Alleluia, quello di lassù! Alleluia pronunciato in piena
tranquillità, senza alcun avversario! Lassù non ci saranno nemici,
non si temerà la perdita degli amici. Qui e lassù si cantano le lodi
di Dio, ma qui da gente angustiata, lassù da gente libera da ogni
turbamento; qui da gente che avanza verso la morte, lassù da gente
viva per l'eternità; qui nella speranza, lassù nel reale possesso;
qui in via, lassù in patria. Cantiamolo dunque adesso, fratelli
miei, non per esprimere il gaudio del riposo ma per procurarci un
sollievo nella fatica. Come sogliono cantare i viandanti, canta ma
cammina; cantando consolati della fatica…
Canta e cammina!
Cosa vuol
dire: cammina? Avanza, avanza nel bene… Se tu progredisci, cammini;
ma devi progredire nel bene, nella retta fede, nella buona condotta.
Canta e cammina! Non uscire di strada, non volgerti indietro, non
fermarti! Rivolti al
Signore.
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IVA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Lc 4, 21-30
Le testimonianze
della Risurrezione
di San Leone Magno nel V secolo
La
risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno,
né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della
carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse
intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura
dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per
propria potestà aveva separato.
Molte
testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva
essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il
sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che
raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con
abbondanza la verità della risurrezione del Signore.
Egli
con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui
le proprietà della natura divina e quelle della natura umana
persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo
non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio
di Dio è Verbo e carne.
Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e
comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a
sua volta accolto.
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IVA
settimana T.O. -
LODI martedì
Commento su Giovanni, IV
Fanciulla alzati!
di
San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo
Nemmeno per risuscitare i morti, il Salvatore si limita ad operare
con la sua parola, pur essendo essa portatrice degli ordini divini.
Come cooperatrice, se così possiamo dire, per un’opera così
magnifica, ha preso la sua carne, per mostrare che essa ha il potere
di dare la vita, e fare vedere che essa è una sola cosa con lui ;
infatti questa è davvero la sua carne, e non un corpo estraneo. Così
successe quando egli risuscitò la figlia del capo della sinagoga ;
dicendole « Fanciulla, alzati ! », la prese per mano. In quanto Dio,
le ha dato la vita donandole un comandamento onnipotente, e le ha
dato la vita anche mediante il contatto della sua carne santa,
testimoniando così che, nel suo corpo come nella sua parola, operava
una medesima potenza divina. Così ancora, quando arrivò in una città
chiamata Nain, dove si portava al sepolcro un figlio unico di madre
vedova, egli toccò la bara dicendo : « Giovinetto, dico a te,
alzati ! » (Lc
7,13-17)
Così, non soltanto
conferisce alla sua parola il potere di risuscitare i morti, ma
anche, per mostrare che il suo corpo è vivificante, egli tocca i
morti e, con la sua carne, fa passare la vita nei cadaveri. Se il
solo contatto della sua carne sacra rende la vita a un corpo in
decomposizione, quanto più troveremo profitto nella sua vivificante
eucaristia, quando faremo di essa il nostro cibo. Essa trasformerà
totalmente nel suo bene proprio, cioè nell’immortalità, coloro che
vi avranno partecipato.
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IVA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Commento sul
vangelo di Luca 6, 58-61
« Io dico a te,
alzati ! »
di Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Prima
di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù
comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è
fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all’una, l’altra è
già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo
del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere
nella nostra vita eterna…
I
servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro »
non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel
Vangelo. Perciò Gesù prende con sé soltanto pochi testimoni della
risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha
creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù
quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro
che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che
li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte
non è vista come una fine ma come un riposo…
E
Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da
mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa
credere che sia un’illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la
cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra
venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia
mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli
dimora, distolga il mio spirito dall’errore, e così riconduca colui
che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del
cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull’altare
il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato :
« Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato
per voi » ( Pr 9, 5).
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settimana T.O. -
LODI mercoledì
Libro di Vita
capitolo "accoglienza" §
43
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settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
P.Jarek Pachulski, SDB
DAGLI SCRITTI...
(Epistolario, Torino, 1959, 4, 202. 294-205. 209)
Imitare Gesù e
lasciarsi guidare dall'amore
dalle «Lettere» di san Giovanni Bosco
Se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei nostri allievi, e
obbligarli a fare il loro dovere, bisogna che voi non
dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara
gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni,
dei miei studi, del mio ministero sacerdotale, e della nostra
Congregazione salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri
allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore; e non veniate
mai alla repressione o punizione senza ragione e senza giustizia, e
solo alla maniera di chi vi si adatta per forza e per compiere un
dovere.
Quante volte, miei cari
figliuoli, nella mia lunga carriera ho dovuto persuadermi di
questa grande verità! E' certo più facile irritarsi che
pazientare, minacciare un fanciullo che persuaderlo. direi ancora
che é più comodo alla nostra impazienza ed alla nostra superbia
castigare quelli che resistono, che correggerli col sopportarli con
fermezza e con benignità. La carità che vi raccomando é quella che
adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla
religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e
supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo
zelo.
Difficilmente
quando si castiga si conserva quella calma, che é necessaria per
allontanare ogni dubbio che si opera per far sentire la propria
autorità, o sfogare la propria passione.
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settimana T.O. -
LODI giovedì
Sulla
Prescrizione degli eretici 19-21 ; SC 46, p.111
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 2403)
« Credo nella
Chiesa…apostolica »
di
Tertulliano (155? - 220?), teologo
Cristo Gesù, Signore nostro, per tutto il tempo che visse sulla
terra manifestò chi egli era, chi era stato, qual era la volontà del
Padre, che cosa l’uomo dovesse fare. Questa rivelazione la fece
apertamente al popolo e separatamente ai discepoli, fra i quali
scelse i Dodici, come partecipi del suo magistero universale… Gli
apostoli, il cui nome significa « mandati »…avendo ricevuto, secondo
la promessa, lo Spirito Santo che doveva renderli capaci di fare i
miracoli e predicare, testimoniarono la fede in Gesù Cristo prima in
Giudea e poi in tutto il mondo, istituendo ovunque chiese
particolari. Ovunque fecero risuonare il medesimo insegnamento e
annunziarono la medesima fede. Così fondarono chiese in ogni città.
Da queste
ricevettero la linfa della fede e i segni della dottrina tutte le
altre chiese e tutte le altre popolazioni che tendono a divenire
chiese. Tutte queste chiese venivano considerate apostoliche, in
quanto figlie delle chiese degli apostoli…Tra tante e tanto grandi
chiese, unica è la prima fondata dagli apostoli e dalla quale
derivano tutte le altre… Che cosa poi gli apostoli abbiano
predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere
altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli
apostoli hanno fondato.
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IVA
settimana T.O. - VESPRI giovedì
“Prendi tra
le tue mani Gesù
Di Origene
nel III secolo
Dobbiamo cercare un motivo degno del dono di Dio per spiegare come
Simeone, uomo santo e gradito a Dio – così è scritto nel
Vangelo – aspettando la consolazione di Israele, ottenne dallo
Spirito santo l’assicurazione che non sarebbe morto prima di aver
visto il Cristo del Signore. (Lc 2,25-26) Che gli giovò vedere
Cristo ? Gli fu forse soltanto promesso di vederlo, senza ritrarne
alcun vantaggio, oppure tutto questo nasconde qualche dono degno di
Dio, che il beato Simeone si era meritato e ricevette? Una donna
toccò l’orlo dell’abito di Gesù e fu risanata. Se costei ha ricevuto
un così grande dono per aver toccato l’estrema parte del suo abito,
che cosa dobbiamo pensare sia accaduto a Simeone, che accolse tra
le sue bracci il fanciullo e, tenendolo tra le braccia, gioiva e
si allietava, rendendosi conto di portare il fanciullo che era
venuto per liberare i prigionieri? Lui stesso stava per essere
liberato dai vincoli del corpo, ed egli sapeva che nessuno poteva
far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza
della vita futura, se non colui che teneva in braccio.
Per
questo dice, rivolgendosi a lui : “Ora, Signore, lascia che il
tuo servo se ne vada in pace” (Lc 2, 29), infatti fin che io non
sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero
prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli. Dobbiamo
intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma
di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal
carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda
tra le sue mani Gesù, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto
stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là
dove desidera.
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IVA
settimana T.O. -
LODI
Venerdì
Mc 6,14-29
BEATO COLUI CHE
NON SI SCANDALIZZA DI ME
di Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Il
Signore, sapendo che nessuno può credere con pienezza senza il
vangelo, perché la fede comincia dall’Antico Testamento, ma ha
compimento nel Nuovo, quando lo interrogarono sulla sua identità,
dimostrò di essere lui non con le parole, ma coi fatti. “Andate e
riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano
la vista, gli storpi camminano, il lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la
buona novella” (Mt 11, 4-5).
Ma questi esempi della testimonianza del Signore sono ancora poco:
pienezza della fede è la croce del Signore, la sua morte, la sua
sepoltura. Perciò alle parole suddette aggiunse: “Beato colui che
non si scandalizza di me”(Mt
11,6).
La croce potrebbe essere uno scandalo
anche per gli eletti, ma per quanto riguarda la Persona divina non
può esistere testimonianza più valida di questa, nulla vi è che
trascenda le cose umane quanto il volontario sacrificio di tutto se
stesso, e di sé solo, per la salvezza del mondo: con questo unico
atto egli dimostra pienamente di essere il Signore.
Per
questo Giovanni lo indica con le parole: “Ecco l’Agnello di Dio,
ecco colui che toglie i peccati del mondo”
(Gv 1, 29).
Parole rivolte non solo a quei due discepoli, ma a tutti noi, perché
crediamo in Cristo sulla testimonianza dei fatti.
“Ma
cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più che
un profeta” (Mt 11, 9).
Come mai desideravano di vedere nel deserto Giovanni, che stava in
carcere?
Il
Signore propone alla nostra imitazione colui che gli aveva preparato
la via non solo precedendolo nella nascita secondo la carne e
annunziandolo con la fede, ma anche precorrendolo col suo glorioso
martirio. E’ veramente più che profeta, egli che chiude la serie dei
profeti. Più che profeta, perché molti desiderarono di vedere colui
che egli annunziò, vide coi propri occhi e battezzò.
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IVA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Opera
omnia, t. 2, p. 514-515, 518-519
Beati i
perseguitati per causa della giustizia
di Lanspergo
il Certosino nel sedicesimo secolo
La
morte di Cristo è all’origine di una folla innumerevole di credenti.
Per la potenza dello stesso Signore Gesù, e grazie alla sua bontà,
la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere
una grande moltitudine di cristiani. Infatti, la religione cristiana
non è mai stata annientata dalla persecuzione dei tiranni e nemmeno
dall’omicidio ingiustificabile degli innocenti , piuttosto essa ne
ha tratto ogni volta un grande accrescimento.
San Giovanni,
che ha battezzato Cristo, ne è per noi un esempio. Erode, questo re
infedele, volle, in fedeltà alla propria promessa, cancellare
completamente dalla memoria degli uomini, il ricordo di Giovanni.
Invece, non soltanto Giovanni non fu annientato, ma migliaia di
uomini, infiammati dal suo esempio, accolsero la morte con gioia per
la giustizia e la verità… Quale cristiano, degno di questo nome, non
venera oggi Giovanni, colui che ha battezzato il Signore ? Ovunque
nel mondo, i cristiani celebrano la sua memoria, tutte le
generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono la Chiesa
del loro profumo. Giovanni non ha vissuto solo per se stesso, e non
è morto solo per se stesso.
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IVA
settimana T.O. -
LODI sabato
Commento sul vangelo secondo Matteo, 10, 23 ; SC 162, 257
Mc 6,30-34
Si
commosse per loro
di Origene
nel terzo secolo
Gesù,
il Verbo di Dio, era in Giudea. Saputa l’esecuzione del profeta
Giovanni il Battista, partì su una barca - simbolo del suo corpo -
« verso un luogo solitario, in disparte ». In quel luogo solitario,
Gesù si trovava « in disparte » poiché la sua parola vi era isolata,
e il suo insegnamento contrastava con i costumi e con le idee
diffuse fra la gente. Allora la folla delle persone, saputo che
colui che è la Parola di Dio era venuto ad abitare nel loro
deserto…, lo seguirono, lasciando le loro città, lasciando cioè
ciascuno i costumi superstiziosi della propria patria e aderirono
alla legge di Cristo… Gesù venne loro incontro ; loro infatti erano
incapaci di andargli incontro ; mescolandosi a « quelli di fuori »
(Mc 4,11),
li condusse dentro.
È
molta questa folla di fuori che egli viene ad incontrare. Spargendo
su di essa la luce della sua presenza, la guarda e, vedendo quale
genere di persone lo circondino, li trova maggiormente degni di
pietà. Lui che, in quanto Dio, è al di là della sofferenza, soffre a
causa del suo amore per gli uomini ; la commozione lo prende alle
viscere. Non soltanto si commuove, ma anche li guarisce da ogni loro
malattia, li libera dal male.
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IVA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI Sabato
CHI HA ORECCHI
INTENDA!
di Sant’Ilario
quarto secolo
Ogni cosa è stata sottoposta a
Cristo, a eccezione di Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E
anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso
ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti
(cfr. 1 Cor 15, 27-28).
Nella prima
fase di questo mistero tutte le cose sono poste sotto la signoria di
Cristo; poi egli stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha donata
tale signoria. Come noi siamo stati sudditi di Cristo che regna nel
suo corpo glorioso, così, per lo stesso mistero, il nostro Re sarà
sottomesso nella gloria del suo corpo a Colui che gli ha dato il
dominio dell’universo. Noi veniamo sottomessi al suo corpo glorioso
per partecipare alla gloria con cui regna nel suo corpo: saremo
infatti resi conformi a lui.
I
vangeli non tacciono della gloria del suo corpo già regnante. E’
scritta infatti questa parola del Signore: “In verità vi dico, vi
sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il
Figlio dell’uomo venire nel suo regno”
(Mt 16, 28).
La gloria del suo corpo che veniva al regno fu manifestata agli
apostoli: il Signore si mostrò nella trasfigurazione gloriosa,
rivelando loro lo splendore del suo corpo regale. E, nel promettere
agli apostoli una partecipazione alla sua gloria disse “Così avverrà
alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i
quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli
operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace ardente, dove
sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come
il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi intenda!”
(Mt 13, 40-43).
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VA
settimana T.O. - UR Domenica
Le
testimonianze della Risurrezione
di San Leone Magno nel quinto secolo
La
risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno,
né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della
carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse
intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura
dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per
propria potestà aveva separato.
Molte
testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva
essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il
sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che
raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con
abbondanza la verità della risurrezione del Signore.
Egli
con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui
le proprietà della natura divina e quelle della natura umana
persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo
non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio
di Dio è Verbo e carne.
Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e
comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a
sua volta accolto.
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VA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Discorsi, 39
Lc 5,1-11
D’ora in poi sarai
pescatore di uomini
di
San Massimo il Confessore nel settimo secolo
Quando il Signore, seduto nella barca, dice a Pietro: “Prendi il
largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di
calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto
di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San
Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola:
“O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di
Dio!” (Rm 11,33)...
Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha
presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli
uomini che ha radunati.
Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale,
Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo
preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la
Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia
la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza
secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del
suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più
efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione,
bensì gli uomini.
“Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.
Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta
la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli
ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i
suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a
causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo
soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata,
il giorno è vicino” (Rm
13,12).
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VA
settimana T.O. - LODI
Martedì
Isacco di
Ninive:
Tratto da:
"La Saggezza dei Padri della Chiesa. La Preghiera".
Piero
Gribaudi Ed. Srl. 2000 MILANO p. 91
Mc
7,1-13
DAVANTI A
DIO
del
Beato Isacco di Ninive
nel Settimo Secolo
Ricordatevi di
Dio, affinché in ogni istante egli si ricordi di voi. Se si ricorda
di voi, vi concederà salvezza.
Non
dimenticatelo, lasciandovi sedurre da distrazioni vane. Volete forse
che vi dimentichi nei momenti delle vostre tentazioni?
Rimanetegli
vicini e obbedienti nei giorni della prosperità. Potrete contare
sulla sua parola nei giorni difficili, perché la preghiera vi
renderà sicuri della sua presenza costante.
Rimanete
incessantemente dinanzi al suo volto, pensatelo, custoditelo nel
vostro cuore. Se lo incontrate solo di tanto in tanto, rischiate di
perdere la vostra intimità con lui.
La familiarità
tra gli uomini avviene mediante la presenza fisica. La familiarità
con Dio, invece, consiste nella meditazione e nell'abbandono in lui
durante la preghiera.
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VA
settimana T.O. - VESPRI
martedì
Dalle «Omelie» attribuite a san Macario, vescovo
(Om. 28; PG 34, 710-711)
Mc 7,1-13
L'anima che non è dimora di Cristo è infelice
di S.
Macario nel quarto secolo
Povera quella strada
che non è percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna voce
d'uomo! Essa finisce per essere il ritrovo preferito di ogni genere
di bestie. Povera quell'anima in cui non cammina il Signore, che con
la sua voce ne allontani le bestie spirituali della malvagità! Guai
alla terra priva del contadino che la lavori! Guai alla nave senza
timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalla tempesta, andrà in
rovina.
Guai all'anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo! Avvolta
dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti
malsani, sconquassata dagli spiriti maligni come da un uragano
invernale, andrà miseramente in rovina.
Guai all'anima priva di Cristo, l'unico che possa coltivarla
diligentemente perché produca i buoni frutti dello Spirito! Infatti,
una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e da rovi e,
invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai a quell'anima che
non avrà Cristo in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno
fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina
di vizi.
Il
contadino, quando si accinge a lavorare la terra, sceglie gli
strumenti più adatti e veste anche l'abito più acconcio al genere di
lavoro. Così Cristo, re dei cieli e vero agricoltore, venendo verso
l'umanità, devastata dal peccato, prese un corpo umano, e, portando
la croce come strumento di lavoro, dissodò l'anima arida e incolta,
ne strappò via le spine e i rovi degli spiriti malvagi, divelse il
loglio del male e gettò al fuoco tutta la paglia dei peccati. La
lavorò così col legno della croce e piantò in lei il giardino
amenissimo dello Spirito. Esso produce
ogni
genere di frutti soavi e squisiti per Dio, che ne è il padrone.
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VA
settimana T.O. -
LODI
MERCOLEDI’
IRENEO di Lione,
Contro le
eresie, vol. I, Siena,
ed.
Cantagalli, 1984, p. 320-321. Testo adattato.
IL DONO
DELLA SALVEZZA
di sant'Ireneo di Lione nel Secondo
Secolo
Colui che ha
una retta conoscenza del Creatore - che è Dio il quale a tutti dà
l'esistenza - se rimane nel suo amore, sottomesso e riconoscente,
riceverà da lui una gloria sempre maggiore, avanzando fino ad essere
simile a colui che morì per noi.
Cristo,
infatti, venne ad esistere "nella somiglianza della carne del
peccato" (Rm 8, 3)
per condannare il peccato e come tale espellerlo dalla carne, per
stimolare così l'uomo assegnandogli il compito d'imitare Dio e
riconducendolo all'obbedienza del Padre affinché veda Dio,
facendogli la grazia di conoscere intimamente il Padre.
Egli è il Verbo
di Dio che abitò in mezzo agli uomini divenendo figlio dell'uomo
perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre,
e Dio si familiarizzasse ad abitare con l'uomo, secondo il
beneplacito del Padre. Per questo, segno della nostra salvezza è lo
stesso Signore, Emmanuele nato dalla Vergine, perché era lui che
doveva salvare coloro che da sé non avrebbero potuto salvarsi.
In questo senso
Paolo afferma la debolezza dell'uomo: "So che nella mia carne non
abita il bene" (Rm 7 18),
significando che non da noi, ma da Dio viene il bene della nostra
salvezza. E ancora: "Povero me, chi mi libererà da questo corpo di
morte?" (Rm 7, 24).
Quindi addita il liberatore: "La grazia di Gesù Cristo Signore
nostro" (Rm 8, 25).
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VA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Omelie sulla
Genesi, n° 13, 3-4 ; PG 12,233
Tu vuoi la
sincerità del cuore (Sal
50,8)
Di Origene
nel terzo secolo
Cristo ci ha insegnato che non si deve cercare Dio in un luogo
determinato e che “in ogni luogo è offerta un’oblazione pura”
(Ml 1,11).
Infatti, “è giunto il momento, ed è questo, in cui né sul monte
Garizim né in Gerusalemme adorerete il Padre” ma “in spirito e
verità” (Gv 4,21.24).
Dio non abita in un luogo qualsiasi, nemmeno sulla terra, ma nel
cuore. Cercate allora dove dimora Dio? Dio dimora in un cuore puro.
In questo cuore infatti farà la sua dimora, secondo ciò che ha detto
per mezzo del profeta: “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi.
Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio
popolo, dice il Signore” (Lv
26,12).
Notate bene che ciascuna delle nostre anime contiene, in qualche
modo, un pozzo di acqua viva; in ognuna c’è un certo senso celeste,
un’immagine di Dio nascosta... Sta lì, il Verbo di Dio, e la sua
opera attuale è togliere la sabbia dalla nostra anima, per fare
sgorgare la sorgente. Questa sorgente è dentro di voi e non viene da
fuori. Infatti, “Il regno di Dio è in mezzo a voi”
(Lc 17,21).
Non
fuori bensì nella casa la donna ha ritrovato la dramma che aveva
perduta. “Accende la luce e spazza la casa”
(Lc 15,8)
dalle sozzure e dalle sporcizie che vi si erano accumulate per la
sua trascuratezza E lì ha ritrovato la sua dramma. Da parte vostra,
se accenderete la vostra luce, se vi servirete dell’illuminazione
dello Spirito Santo, se “alla sua luce vedete la luce”
(Sal 36,10),
troverete la dramma dentro di voi. Infatti dentro di voi sta
l’immagine del re celeste.
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VA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Omelia «
Cristo sia annunziato »,
12-13; PG 51,
319-320
La preghiera umile e insistente
San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Una
donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran
voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era
questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità
ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ?
« Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai
cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere
esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata
innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di
elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la
tua fede ! Ti sia fatto come desideri »
(Mt 15, 28).
Quando udiamo Cristo dire :
« La tua fede è grande », non dobbiamo cercare altrove altre prove
della grandezza di animo di questa donna. Vedi come lei ha
cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza. Inoltre, nota
che otteniamo di più dal Signore con la nostra preghiera che con la
preghiera degli altri.
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VA
settimana T.O. - VESPRI
Giovedì
S.
Bonaventura:
da "I sette
doni dello Spirito Santo" 6, 20
Tratto da
"Maria" a cura della Comunità di Bose; 2000
Mondadori
editore S.p.a. Milano p. 664
IL POPOLO CRISTIANO HA COME MADRE
LA VERGINE
di
S. Bonaventura da Bagnoregio
nel Tredicesimo Secolo
La beata Vergine ha pagato il prezzo, come donna forte e pia, con
amore misericordioso per il mondo e specialmente per il popolo
cristiano. Dice Isaia: «Può forse una madre dimenticare suo figlio,
non aver compassione del frutto del suo seno? Ma anche se essa lo
dimenticasse, io non ti dimenticherò!»
(Is 49,15).
Questo è detto di Cristo e lo si può intendere nel senso che tutto
il popolo cristiano è generato dal seno della Vergine, cosa che è
simboleggiato nella donna formata dalla costola dell'uomo, la quale
rappresenta la Chiesa [...] Come l'uomo fu formato dalla terra
ancora vergine, così il Cristo dalla Vergine gloriosa. E come dalla
costola di Adamo dormiente fu formata la donna, così la Chiesa dal
costato di Cristo che pendeva dalla croce. E come da Adamo e da Eva
furono formati Abele e i suoi discendenti, così da Cristo e dalla
Chiesa fu formato tutto il popolo di Dio.
Ora, come Eva è madre di Abele e di tutti noi, così il popolo
cristiano ha come madre la Vergine. Quale madre compassionevole
abbiamo! Configuriamoci alla nostra madre e imitiamone la
compassione.
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settimana T.O. -
LODI
Venerdì
Discorso « Sul Signore », 10-11
« Gli pose le dita sugli occhi »
Sant’Efrem
Siro nel quarto secolo
La
fortezza divina che non può essere toccata dall’uomo è discesa, si è
avvolta di un corpo palpabile, affinché i poveri possano toccarla e,
toccando l’umanità di Cristo, percepiscano la sua divinità.
Attraverso le dita di carne il sordomuto ha sentito che gli si
toccavano gli occhi e la lingua. Attraverso le dita palpabili, ha
percepito la divinità intoccabile quando il nodo della sua lingua
venne sciolto e le porte chiuse dei suoi occhi vennero aperte.
Infatti l’architetto e l’artigiano del corpo è venuto fino a lui e,
con una parola dolce, ha creato senza dolore, delle aperture nei
suoi orecchi sordi ; allora, anche questa bocca chiusa, finora
incapace di dare alla luce la parola, ha messo al mondo la lode di
colui che ha fatto portare frutto alla sua sterilità.
Allo
stesso modo, il Signore fece del fango con la saliva e spalmò il
fango sugli occhi del cieco nato
(Gv 9,6)
per farci capire che, come al sordo muto, qualcosa gli mancava.
Un’imperfezione innata della nostra pasta umana è stata soppressa
grazie al lievito che veniva dal suo corpo perfetto… Per colmare ciò
che mancava a questi corpi umani, ha dato qualcosa della sua
persona, proprio come dà se stesso in cibo [nell’eucaristia]. Con
questo mezzo fa scomparire i difetti e risuscita i morti, perché
possiamo riconoscere che, grazie al suo corpo in cui « abita tutta
la pienezza della divinità »
(Col 2,9), i difetti della
nostra umanità sono corretti e che, mediante questo corpo in cui
abita la vera vita, la vera vita viene data ai mortali.
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VA
settimana T.O. -
VESPRI Venerdì
PER PRIMO
IL SIGNORE CI HA AMATI
di Guglielmo
di St. Thierry nel dodicesimo secolo
Tu solo sei veramente il
Signore: il tuo dominio su di noi è la nostra salvezza e servire te
significa per noi essere da te salvati.
E
qual’é la tua salvezza, o Signore, al quale appartiene la salvezza e
la benedizione sul tuo popolo, se non ottenere da te di amarti ed
essere da te amati? Perciò, Signore, hai voluto che il figlio della
tua destra e l’uomo che per te hai reso forte, fosse chiamato Gesù,
cioè Salvatore, infatti è lui che “salverà il suo popolo dai suoi
peccati” (Mt 1, 21) e “in nessun altro c’è salvezza” (At
4, 12). Egli ci ha insegnato ad amarlo, quando per primo ci ha
amati fino alla morte di croce, incitandoci con l'amore e la
predilezione ad amare lui, che per primo ci ha amati fino alla fine.
Proprio così: ci ha amati per primo, perché noi ti amassimo; non che
tu avessi bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo
essere ciò per cui ci hai creati se non amandoti.
Per
questo aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi
modi ai padri per mezzo dei profeti; ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 5, 2), del tuo
Verbo, dal quale “furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca
ogni loro schiera” (Sal 32, 6). Il tuo parlare per mezzo del
Figlio altro non fu che porre alla luce del sole, ossia manifestare
chiaramente quanto e come ci hai amati, tu che non hai risparmiato
il tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi, ed egli pure ci ha
amati e ha dato se stesso per noi (cfr Rm 8, 32; Ef 5, 2).
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settimana T.O. - LODI
sabato
Libro di Vita
Cap. "Nella
Chiesa", § 149
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VA
settimana T.O. -
Primi Vespri
Sabato
“In Cristo
risorto la nostra natura è trasformata”
di San Leone
Magno nel quinto secolo
Tramontino le cose vecchie e nascano le nuove; e siccome, secondo la
parola della verità, “non si può servire a due padroni”(Mt 6,
24), il padrone nostro non sia chi precipitò in rovina quelli che
erano eretti nella propria dignità, ma colui che sollevò alla gloria
i precipitati.
È
l’Apostolo che dice “Il primo uomo, essendo tratto dalla terra,
era terrestre; il secondo uomo viene dal cielo. Qual era il
terrestre; tali sono pure i terrestri: qual è il celeste, tali
saranno pure i celesti. E a quel modo che portammo l’immagine del
celeste” (1 Cor 15, 47-49). Dobbiamo molto
esultare per questa trasformazione, per la quale siamo trasportati
dalla bassa condizione terrestre a una dignità celeste dalla
misericordia di chi, per sollevarci alla sua natura divina, è
disceso nella nostra natura, non assumendo solo la sostanza, ma
anche la condizione della natura peccatrice. In tal modo la divinità
impassibile si lasciò infliggere quelle cose che l’umanità, soggetta
alla morte, esperimenta molto infelicemente.
Per
non lasciare lungo tempo l’animo degli apostoli nella tristezza,
abbreviò lo spazio dei tre giorni, con tanta sollecitudine
preannunciati: mentre il secondo giorno fu intero, del primo
soltanto l’ultima parte e del terzo solo la prima parte concorse al
computo.
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VIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Omelie
sull'umiltà, 5-6
L’abbassamento del
Figlio dell’Uomo
di
San Basilio nel quarto secolo
« Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si
innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Imitiamo il Signore che
scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento, e di rimando, fu
innalzato dall’ultimo posto all’altezza che gli si addiceva.
Scopriamo tutto ciò che il Signore ci insegna per condurci
all’umiltà.
Da
bimbo, eccolo già in una grotta, sdraiato non in una culla, ma in
una mangiatoia. Nella casa di un artigiano e di una madre senza
risorse, è sottomesso a sua madre e al suo sposo. Lasciandosi
insegnare, ascoltando coloro di cui non aveva alcun bisogno,
interrogava, in tal modo che, all’udire le sue interrogazioni, si
meravigliavano della sua saggezza. Si sottomette a Giovanni, e il
Maestro riceve il battesimo dal suo servo. Mai resistette a coloro
che insorgevano contro di lui, e non diede prova della sua potenza
invincibile per liberarsi dalle mani che lo incatenavano, ma si
lasciò convincere, come se fosse impotente, e nella misura in cui lo
giudicò opportuno, diede adito a un potere effimero. Comparve
davanti al sommo sacerdote, in qualità di imputato ; condotto
davanti al governatore, si sottomise al suo giudizio, e mentre era
in grado di rispondere ai calunniatori, sopportò in silenzio le loro
calunnie. Coperto di sputi dagli schiavi e da volgari valletti, fu
infine consegnato alla morte, ad una morte infamante agli occhi
degli uomini. Tale fu la sua vita di uomo dalla sua nascita fino
alla sua fine. Ma dopo un tal abbassamento, fece risplendere la sua
gloria… Imitiamolo
per giungere, anche noi, alla gloria eterna.
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VIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Il nostro vanto,
la Croce di Cristo
di San
Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo
« Quanto a me invece, disse san Paolo, non ci sia altro vanto che
nella croce del Signore nostro Gesù Cristo » (Gal 6,14). Vedi, nota
sant’Agostino, là dove il saggio secondo questo mondo ha creduto di
trovare la vergogna, l’apostolo Paolo scopre un tesoro ; ciò che
questi riteneva una stoltezza, per lui è divenuto sapienza (1 Cor
1,17s) e vanto.
Ognuno infatti si gloria di ciò che lo rende grande ai propri occhi.
Se si crede un grande uomo perché è ricco, si gloria dei propri
beni. Chi non vede in sé altra grandezza se non in Gesù Cristo, si
gloria in Gesù solo ; così faceva l’apostolo Paolo : « Non sono più
io che vivo, ma Cristo vive in me » diceva (Gal 2,20). Per questo
non si gloria se non in Gesù Cristo, e innanzi tutto nella croce di
Cristo. Perché in essa sono riuniti tutti i motivi di gloria.
Ci
sono delle persone che si gloriano dell’amicizia dei grandi e dei
potenti ; Paolo non ha bisogno di nulla se non della croce di
Cristo, per scoprirvi il segno più evidente dell’amicizia di Dio.
« Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo
ancora peccatori, Cristo è morto per noi » (Rm 5,8). Proprio nulla
manifesta maggiormente l’amore di Dio per noi, che la morte di
Cristo. « O testimonianza inestimabile dell’amore ! esclama san
Gregorio. Per riscattare lo schiavo, hai consegnato il Figlio. »
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VIIA
settimana T.O. - LODI mercoledì
Il festino
della Parola celeste
di san Pier
Damiani nel XI secolo
Leggi con Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con
lui per la preghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia
tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua
vita.
Respira Cristo, dì incessantemente Cristo, media la vita di Cristo.
Che il
vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri
testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia,
una tenacia sempre all’erta.
Al
vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza
fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in
tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle
intuizioni dell’intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in
qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci
della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la
magnificenza dei festini, l’eterno banchetto delle vivande celesti.
L’anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall’alimento della
lettura assidua, non cessa di fortificarsi, di crescere.
Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente
nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di
un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della
tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino
addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al
desiderio del banchetto eterno.
Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana
di rimorsi, in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto
semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parole di Dio,
per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro che
l’intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello
Spirito Santo.
Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia !
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VIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Il cristiano
può vincere le tentazioni
di San
Gregorio Nazianzeno nel IV secolo
Se
dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà
assalito, e certo ti assalirà – infatti tentò anche il Verbo mio Dio
nascosto nella carne, ossia la stessa luce velata dall’umanità – tu
sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l’acqua, opponigli
lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di
quel maligno.
Se ti
farà presente la tua povertà – non dubitò infatti di farlo anche con
Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le
pietre – ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che
non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo
e dà la vita al mondo. Se t’insidia con la vanagloria – come fece
con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Gettati
giù” per mostrare la tua divinità (Mt 4, 6) – non lasciarti
trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà
qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l’aspetto della
bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di
combattere.
Quel
ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel “sta
scritto” riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta
scritto : “Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno
con le mani” (Lc 4, 10.11). O sofista del vizio! Perché passi
sotto silenzio quel che segue ? Lo comprendo esattamente, anche se
tu l’hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e
basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni; protetto e fortificato,
ben inteso, dalla Trinità.
Se ti
assalirà con l’avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi
tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua
adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della
croce, digli: anch’io sono immagine di Dio; non sono stato ancora
scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste ; sono
rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità:
sei tu che mi devi adorare. Credimi, vinto e svergognato da queste
parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è
allontanato dal Cristo, principio della luce.
Il
battesimo conferisce questi beneficio a chi ne riconosce la forza.
Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna
di lode.
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VIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Dimostrazioni, n° 6 ; SC 349, 388
Seguire
l’ultimo di tutti e il servo di tutti
di
Sant’Afraate nel quarto secolo
Amico mio, diventiamo simili a colui che ci dona la vita. Da ricco
che era, si è fatto povero. Mentre era alto locato, si è abbassato.
Pur abitando sulle alture, non ha avuto dove posare il capo.
Nonostante debba venire sulle nubi, è salito su un piccolo d’asino
per entrare a Gerusalemme. Pur essendo Dio e Figlio di Dio, ha
portato la somiglianza del servo.
Lui
che è il riposo di tutte le fatiche, si è stancato per la durezza
del cammino. Lui che è la fonte che disseta, ha avuto sete e ha
domandato acqua da bere; lui che è la pienezza che sazia la nostra
fame, ha avuto fame quando digiunava nel deserto per essere tentato.
Lui che è la sentinella che veglia, si è addormentato e si è
coricato nella barca in mezzo al mare. Lui che viene servito nella
tenda di suo Padre, si è lasciato servire dalle mani degli uomini. A
lui che è il medico di tutti gli uomini malati, hanno trafitto le
mani con i chiodi. A lui che annunziava con la bocca cose buone,
hanno dato del fiele. Lui che non fece male a nessuno, è stato
percosso e ha sopportato l’oltraggio. Lui che fa vivere tutti i
morti, ha consegnato se stesso alla morte di croce.
Il
nostro Vivificatore in persona ha dato prova di tale abbassamento.
Abbassiamoci anche noi, amici miei.
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VIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Commento al vangelo di Marco ; PG 123, 588-589
Se uno vuol
essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti
di
Teolifilatto nel undicesimo secolo
“Giunsero intanto a Cafàrnao. E quando fu in casa, chiese loro: Di
che cosa stavate discutendo lungo la via?” I discepoli che
intrattenevano dentro di sé pensieri ancora molto umani, avevano
discusso tra loro su chi fosse il più grande e su chi fosse tenuto
in maggior stima da Cristo.
Il
Signore non contraddice il loro desiderio di godere della sua
massima stima. Vuole infatti che desideriamo giungere al posto più
elevato. Eppure non vuole che ci impadroniamo del primo posto, bensì
che vi giungiamo mediante l’umiltà. Di fatto pose un bambino in
mezzo a loro, e vuole che anche noi gli diventiamo simili. Infatti
il bambino non ricerca la propria gloria, non è invidioso né porta
rancore. “Non soltanto, dice, otterrete una grande ricompensa
assomigliandogli, ma se, per causa mia, onorate anche coloro che gli
assomigliano, riceverete in cambio il Regno dei cieli. Quindi
accogliendolo, accogliete me, e accogliendo me, accogliete Colui che
mi ha mandato.”
Vedi
dunque quale immenso potere ha l’umiltà, congiunta alla semplicità
di vita e alla sincerità: essa ha il potere di fare abitare in noi
il Figlio e il Padre, e anche, con ogni evidenza,
lo Spirito
Santo.
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VIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Monaci e Monache" §
68 e 69
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VIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
« Chi vorrà salvare la propria
vita, la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la
troverà »
del
Papa Benedetto XVI
Signore Gesù Cristo, … noi siamo attaccati alla nostra vita. Non
vogliamo abbandonarla, ma tenerla tutta per noi stessi. Vogliamo
possederla, non offrirla. Ma tu ci precedi e ci mostri che possiamo
salvare la nostra vita soltanto donandola… La croce – l’offerta di
noi stessi – ci pesa molto. Ma sulla tua Via crucis tu hai portato
anche la mia croce, e non l’hai portata in un qualche momento del
passato, perché il tuo amore è contemporaneo alla mia vita. La porti
oggi con me e per me, e, in modo mirabile, vuoi che adesso anch’io,
come allora Simone di Cirene, porti con te la tua croce e,
accompagnandoti, mi ponga con te a servizio della redenzione del
mondo…
Aiutaci ad
accompagnarti non solo con nobili pensieri, ma a percorrere la tua
via con il cuore, anzi, con i passi concreti della nostra vita
quotidiana… Liberaci dalla paura della croce, dalla paura di fronte
all’altrui derisione, dalla paura che la nostra vita possa sfuggirci
se non afferriamo tutto ciò che essa offre. Aiutaci a smascherare le
tentazioni che promettono vita, ma le cui profferte, alla fine, ci
lasciano soltanto vuoti e delusi. Aiutaci a non impadronirci della
vita, ma a donarla. Aiutaci, accompagnandoti sulla via del chicco di
grano, che cade in terra e muore per produrre molto frutto (Gv 12,
24), a trovare, nel “perdere la vita”, la via dell’amore, la via che
veramente ci dona vita, vita in abbondanza (Gv 10, 10).
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VIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
L’invincibile
speranza nella vita eterna
di San Cirillo
d’Alessandria nel quinto secolo
Il
Signore nostro Gesù Cristo affrontò la morte per i bene di tutti gli
uomini, ma risuscitò il terzo giorno e fu la primizia dei risorti,
il primo di coloro che per mezzo di lui sono trasformati per la vita
eterna; egli è come un nuovo principio della natura umana che,
guarita dalla sua corruzione, possiede con invincibile speranza la
vita eterna.
Perciò
i morti vivranno una vita del tutto nuova in modo assoluto, e il
regno della morte sarà definitivamente annientato. Ma intanto,
poiché non è ancora venuto il tempo della risurrezione futura, la
natura dell’uomo soccombe, e deve morire: e, finché dura il tempo,
soggiace a quella morte che Cristo un giorno ha destituito per
sempre di ogni forza, e che anche in noi stessi ha perduto ogni
vigore.
Ma
allora, si domanda, il fatto che gli uomini viventi sulla terra
debbano morire, è in contrasto con i nostri discorsi e le nostre
predicazioni sulla salvezza ? No certamente: i morti risorgeranno, i
corpi che stanno nei sepolcri riavranno vita.
E in
che modo avverrà? “La tua rugiada è rugiada luminosa, la terra
darà alla luce le ombre”. Per qui s’intende l’efficacia
vivificatrice e la potenza dello Spirito che, secondo la parola del
santo Davide, risusciterà i morti. Egli dice a Dio in un salmo : “Se
nascondi il tuo volto, vengono meno e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra”.
(Sal 103, 29-30).
È
rugiada vivificante lo Spirito che procede dal Padre per il Figlio:
a lui è attribuita la liberazione dei corpi umani dalla corruzione:
perciò i sepolti nella terra riavranno la vita.
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VIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
«
Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro »
Sant’Isacco
Siriano nel settimo secolo
Non
provare a distinguere colui che è degno da colui che non è degno.
Tutti gli uomini siano pari ai tuoi occhi, per amarli e servirli.
Così potrai condurli tutti al bene. Il Signore non ha forse
condiviso la tavola dei pubblicani e delle donne di malaffare, senza
allontanare da sé gli indegni ? Anche tu, concederai gli stessi
benefici, gli stessi onori all’infedele, all’assassino, tanto più
che anche lui è un fratello per te, poiché partecipa dell’unica
natura umana. Ecco, figlio mio, il mio comandamento : la tua
misericordia prevalga sempre nella tua bilancia, fino al momento in
cui sentirai dentro di te la misericordia che Dio prova per il
mondo.
Quando
l’uomo riconosce che il suo cuore è giunto alla purezza ? Quando
considera ogni uomo buono, e nessuno gli appare impuro o macchiato.
Allora, in verità, è puro di cuore (Mt 5, 8)...
Cos’è la
purezza ? In poche parole, è la misericordia del cuore nei confronti
dell’universo intero. E cos’è la misericordia del cuore ? È il fuoco
che lo infiamma per tutta la creazione, per gli uomini, gli uccelli,
le bestie, i demoni, per ogni essere creato. Quando pensa a loro o
quando li guarda, l’uomo sente i suoi occhi riempirsi delle lacrime
di una profonda, di una intensa pietà che gli stringe il cuore e lo
rende incapace di tollerare, di sentire, di vedere il minimo torto o
la minima afflizione sopportata da una creatura. Perciò, la
preghiera nelle lacrime si allarga, in ogni momento, sugli esseri
privi di parola, come pure sui nemici della verità, o su coloro che
le nuocciono, affinché siano custoditi e purificati. Una compassione
immensa e senza misura nasce nel cuore dell’uomo, ad immagine di
Dio.
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VIIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Commento al
vangelo di Luca, IV, 7-12 ; PL 15,1614
« Allora, Gesù fu
condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo »
di Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Bisogna ricordarti come il primo Adamo è stato cacciato fuori dal
paradiso nel deserto, perché la tua attenzione sia richiamata sul
modo in cui il secondo Adamo torna dal deserto al paradiso. Vedi
infatti come la prima condanna viene sciolta nello stesso modo in
cui era stata legata, e come i benefici divini sono ristabiliti
sulle tracce degli antichi. Adamo viene da una terra vergine, Cristo
viene dalla Vergine ; quello è stato fatto a immagine di Dio, questo
è l’Immagine di Dio (Col 1,15). Quello è stato posto sopra tutti gli
animali senza ragione, questo al di sopra di ogni essere vivente.
Mediante una donna è venuta la stoltezza, mediante una vergine, la
sapienza ; la morte è venuta da un albero, la vita dalla croce. Uno,
spogliato del vestito spirituale, si è tessuto una tunica con le
foglie di un albero ; l’altro, spogliato del vestito di questo
mondo, non ha più voluto nessun vestito materiale (Gv 19,23).
Adamo
è stato cacciato nel deserto, Cristo viene nel deserto : infatti
sapeva dove trovare il condannato che sarebbe stato ricondotto al
paradiso, liberato dalla sua colpa… Senza guida, come avrebbe potuto
ritrovare nel deserto la strada smarrita, colui che nel paradiso
aveva perso per mancanza di una guida, la strada che stava
seguendo ?
Là,
le tentazioni sono numerose, lo sforzo verso la virtù difficile, e
facili i passi falsi nell’errore… Seguiamo quindi Cristo secondo la
Scrittura : « Seguirete il Signore vostro Dio, e gli resterete
fedeli » (Dt 13,5)… Seguiamo dunque le sue orme, e potremo tornare
dal deserto al paradiso.
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VIIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Il cristiano
può vincere le tentazioni
di San
Gregorio Nazianzeno nel IV secolo
Se
dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà
assalito, e certo ti assalirà – infatti tentò anche il Verbo mio Dio
nascosto nella carne, ossia la stessa luce velata dall’umanità – tu
sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l’acqua, opponigli
lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di
quel maligno.
Se ti
farà presente la tua povertà – non dubitò infatti di farlo anche con
Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le
pietre – ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che
non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo
e dà la vita al mondo. Se t’insidia con la vanagloria – come fece
con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Gettati
giù” per mostrare la tua divinità (Mt 4, 6) – non lasciarti
trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà
qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l’aspetto della
bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di
combattere.
Quel
ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel “sta
scritto” riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta
scritto : “Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno
con le mani” (Lc 4, 10.11). O sofista del vizio! Perché passi
sotto silenzio quel che segue ? Lo comprendo esattamente, anche se
tu l’hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e
basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni; protetto e fortificato,
ben inteso, dalla Trinità.
Se ti
assalirà con l’avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi
tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua
adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della
croce, digli: anch’io sono immagine di Dio; non sono stato ancora
scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste ; sono
rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità:
sei tu che mi devi adorare. Credimi, vinto e svergognato da queste
parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è
allontanato dal Cristo, principio della luce.
Il
battesimo conferisce questi beneficio a chi ne riconosce la forza.
Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna
di lode.
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VIIIA
settimana T.O.
- LODI martedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "povertà - § 93
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VIIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
PPS, vol. 8, n° 2 «
Divine Calls »
Noi abbiamo
lasciato tutto e ti abbiamo seguito
Cardinal
John Henry Newman nel diciannovesimo secolo
Non
veniamo chiamati una sola volta, ma tante volte ; per tutta la
nostra vita, Cristo ci chiama. Ci ha chiamati dapprima nel
battesimo, ma anche dopo ; sia che ubbidiamo alla sua voce oppure
no, ci chiama ancora nella sua misericordia. Se veniamo meno alle
promesse battesimali, ci chiama al pentimento. Se ci sforziamo di
rispondere alla nostra vocazione, ci chiama sempre più avanti, di
grazia in grazia, di santità in santità finché ci sarà lasciata la
vita per questo.
Abramo è stato chiamato a lasciare la sua casa e il suo paese (Gen
12,1), Pietro le sue reti (Mt 4,18), Matteo il suo lavoro (Mt 9,9),
Eliseo la sua fattoria (1 Re 19,19), Natanaele il suo luogo in
disparte (Gv 1,47). Senza sosta tutti siamo chiamati, da una cosa ad
un’alta, sempre più avanti, senza avere nessun luogo per riposarci,
ma salendo verso il nostro riposo eterno, e ubbidendo ad una
chiamata interiore nell’unico scopo di essere pronti a sentirne
un’altra.
Cristo ci chiama senza sosta, per giustificarci senza sosta ; senza
sosta e sempre di più, egli vuole santificarci e glorificarci.
Occorre che lo capiamo, ma siamo lenti ad accorgerci di questa
grande verità, che cioè Cristo cammina, in un certo senso, in mezzo
a noi, e con la mano, gli occhi, la voce, ci fa cenno di seguirlo.
Non comprendiamo che la sua chiamata ha luogo proprio in questo
momento. Pensiamo che ha avuto luogo al tempo degli apostoli ; ma
non ci crediamo, non l’aspettiamo veramente per noi stessi.
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VIIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)
Cristo doveva
patire e così entrare nella sua gloria
di
sant'Anastasio di Antiochia nel sesto secolo
Cristo, dopo aver mostrato con l'insegnamento e con le sue opere di
essere il vero Dio e il Signore dell'universo, mentre stava per
recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo
a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo verrà dato in mano ai pagani, ai
sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e
crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano
conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato
la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la
Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la
sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al
suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era
impassibile e immortale.
Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per
proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la
passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio,
impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non
poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui
anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce
tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2,
10) cioè i misteri impenetrabili.
Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo,
come egli stesso affermò.…La salvezza era l'evento che doveva
maturare attraverso la passione dell'autore della vita. Lo insegna
san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le
sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli
aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della
croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel
suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il
Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse
riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui:
infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in
croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire
la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella
gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.
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VIIIA
settimana T.O. - VESPRI
mercoledì
(Disc. 45, 23-24; PG 36, 654-655)
Saremo partecipi
del mistero pasquale
di san Gregorio Nazianzeno nel quarto
secolo
Saremo partecipi della Pasqua, presentemente ancora in figura (certo
già più chiara di quella dell'antica legge, immagine più oscura
della realtà figurata), ma fra non molto ne godremo di una più
trasparente e più vera, quando il Verbo festeggerà con noi la nuova
Pasqua nel regno del Padre. Allora ci manifesterà e insegnerà quelle
realtà che non ci mostra ora se non di riflesso.
Infatti quali siano la bevanda e il cibo del nuovo banchetto
pasquale, il nostro compito è solo di apprenderlo. Spetta al Verbo
di insegnarcelo e comunicarcene il significato. L'insegnamento
effettivamente è come un cibo, il cui possessore è colui che lo
distribuisce… Facciamo nostra capitale adottiva non la Gerusalemme
terrena, ma la metropoli celeste, non quella che viene calpestata
dagli eserciti, ma quella acclamata dagli angeli….
…Offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività.
Facciamo come le parole stesse ci suggeriscono. Con le nostre
sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo. Con
il nostro sangue onoriamo il sangue di Cristo. Saliamo anche noi di
buon animo sulla sua croce. Dolci sono infatti i suoi chiodi, benché
duri…
Se sei Simone di Cirene prendi la croce e segui Cristo. Se sei il
ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito, fai come
il buon ladrone e riconosci onestamente Dio, che ti aspettava alla
prova. Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo
peccato, e tu diventa giusto per lui. Adora colui che è stato
crocifisso per te. Se vieni crocifisso per tua colpa, trai profitto
dal tuo peccato. Compra con la morte la tua salvezza, entra con Gesù
in paradiso e così capirai di quali beni ti eri privato. Contempla
quelle bellezze e lascia che il mormoratore, del tutto ignaro del
piano divino, muoia fuori con la sua bestemmia.
Se sei Giuseppe d'Arimatèa, richiedi il corpo a colui che lo ha
crocifisso, assumi cioè quel corpo e rendi tua propria, così,
l'espiazione del mondo.
Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, seppellisci il suo
corpo e ungilo con gli unguenti di rito, cioè circondalo del tuo
culto e della tua adorazione.
E se tu sei una delle Marie, spargi al mattino le tue lacrime. Fa’
di vedere per prima la pietra rovesciata, vai incontro agli angeli,
anzi allo stesso Gesù.
Ecco che cosa significa rendersi partecipi della Pasqua di Cristo.
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VIIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Attribuita a
torto a San Gregorio di Neocesarea, detto il Taumaturgo, no. 2 ; PG
10, 1156
A che debbo che la
madre del mio Signore venga a me?
Omelia
greca del IV secolo
“Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le
sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo”. Così
opera la voce di Maria, che riempie Elisabetta dello Spirito Santo.
Come una sorgente eterna, essa enuncia a sua cugina, dalla sua
lingua profetica, un fiume di grazia, e fa muoversi e trasalire i
piedi del bambino contenuto nel suo grembo: figura di una danza
meravigliosa! Quando viene Maria, piena di grazia, tutto trabocca di
gioia.
“Allora Elisabetta esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio
Signore venga a me?” Tu sei benedetta fra le donne. Tu sei il
principio della loro rigenerazione. Ci hai aperto il libero accesso
al paradiso e hai scacciato i nostri dolori antichi. No, dopo di te,
la moltitudine delle donne non soffrirà più. Le eredi di Eva non
temeranno più l’antica maledizione, né i dolori del parto. Perché...
Gesù Cristo, il redentore della nostra umanità, il Salvatore di
tutta la natura, l’Adamo spirituale che guarisce le ferite dell’uomo
terreno, Gesù Cristo esce dalle tue viscere. “Benedetta tu fra le
donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”
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VIIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Grandi cose ha
fatto in me l’Onnipotente
di
San Francesco di Sales nel diciassettesimo secolo
È
caratteristico dello Spirito Santo, quando colpisce un cuore,
cacciarne ogni tiepidezza. Egli ama la prontezza, ed è nemico degli
indugi, dei ritardi nell’adempiere la volontà di Dio… « Maria partì
in fretta » …
Quante grazie si riversarono sulla casa di Zaccaria, quando Maria vi
entrò ! Se Abramo ricevette tante grazie per aver ospitato tre
angeli nella sua casa, quante benedizioni inondarono la casa di
Zaccaria nella quale entrò l’angelo del superno consiglio, l’arca
vera dell’alleanza, il divino profeta, Nostro Signore portato nel
seno di Maria ! Tutta la casa fu piena di gioia : il bambino
sussultò, il padre riebbe la vista, la madre fu piena dello Spirito
Santo e ricevette il dono di profezia. Vedendo la Madonna entrare
nella sua casa, esclamò : « A che debbo che la madre del mio Signore
venga a me ? »… E Maria, udito quello che sua cugina diceva a sua
lode, umiliò se stessa e rese gloria a Dio per tutto. Confessando
che la sua felicità procedeva dal fatto che Dio « aveva guardato
l’umiltà della sua serva », intonò il suo bel e mirabile cantico del
Magnificat.
Quanto, anche noi, dobbiamo essere pieni di gioia, quando quel
divino Salvatore ci visita nel Santissimo e nelle grazie interiori,
le parole che dice ogni giorno nel nostro cuore !
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VIIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Discorsi, 46
La mia casa sarà
chiamata casa di preghiera
Giovanni
Taulero nel quattordicesimo secolo
Il
nostro Signore entrò nel Tempio e, con l’aiuto di una sferza,
scacciò fuori dal Tempio tutti coloro che compravano e vendevano e
disse : « La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne
avete fatto una spelonca di ladri ». Quale tempio è questo, divenuto
una spelonca di ladri ? È l’anima e il corpo dell’uomo, i quali sono
ben più realmente il tempio di Dio, di tutti i templi mai edificati
(1 Cor 3,17 ; 6,19).
Quando il Nostro Signore vuole entrare in questo tempio, lo trova
mutato in una spelonca di ladri e in un luogo di mercato. Chi sono
questi mercanti ? Sono coloro che danno quello che hanno – il libero
arbitrio – per ciò che non hanno – le cose di questo mondo. Quanto
il mondo intero è pieno di tali mercanti ! Ce ne sono fra i
sacerdoti e i laici, fra i religiosi, i monaci e le monache. Che
vasto argomento di ricerca per chi volesse studiare come tanta gente
sia così piena della propria volontà !… Dappertutto non vi si trova
altro se non natura e volontà propria ; tanti sono coloro che
cercano in ogni cosa il proprio interesse. Se volessero, invece,
concludere con Dio un contratto, donandogli la loro volontà, che
felice affare farebbero !
Occorre che l’uomo voglia, segua, cerchi Dio in tutto quello che
fa ; e quando avrà fatto tutto questo – bere, dormire, mangiare,
parlare, ascoltare – lasci allora interamente le immagini delle
cose, cosicché il suo tempio rimanga vuoto. Una volta che il tempio
sarà vuotato, una volta che ne avrai scacciato questa frotta di
ladri, cioè le immagini che lo ingombrano, potrai essere una casa di
Dio (Ef 2,19), ma non prima, qualunque altra cosa tu faccia. Avrai
allora la pace e la gioia del cuore, e nulla potrà più turbarti,
nulla di ciò che ora ti preoccupa senza sosta, ti deprime e ti fa
soffrire.
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VIIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Discorsi per
la Quaresima, 5, 5
Se chiederete
qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà
San
Bernardo nel dodicesimo secolo
Ogni
volta mentre parlo a proposito della preghiera, mi sembra di sentire
nel vostro cuore certi pensieri umani che ho sentito tante volte,
anche nel mio cuore. Anche se non cessiamo mai di pregare, come
accade che così raramente ci sembra di sperimentare il frutto della
preghiera? Abbiamo l’impressione di uscire dalla preghiera così come
ne siamo entrati; nessuno ci risponde una parola, nessuno ci dà
niente, abbiamo l’impressione di avere faticato invano. Cosa dice
però il Signore nel Vangelo? “Non giudicate secondo le apparenze, ma
giudicate con giusto giudizio” (Gv 7,24). Cos’è un giusto giudizio
se non un giudizio di fede? Infatti “ il giusto vivrà in virtù della
fede” (Gal 3,11). Segui dunque il giudizio della fede piuttosto che
la tua esperienza, perché la fede non inganna, mentre l’esperienza
può indurti in errore.
E
quale è la verità della fede, se non ciò che il Figlio stesso
promette: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede
di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24). Quindi nessuno
fra di voi, fratelli, ritenga poca cosa la sua preghiera! Affermo
infatti che colui al quale viene rivolta non la ritiene poca cosa;
prima che essa fosse uscita dalla nostra bocca, egli l’ha iscritta
nel suo libro. Senza il minimo dubbio, possiamo essere sicuri che
Dio ci accorderà ciò che gli chiediamo, oppure ci darà qualche cosa
che egli sà esserci più vantaggioso. Infatti “non sappiamo che cosa
sia conveniente domandare” (Rm 8,28) ma Dio ha compassione della
nostra ignoranza e accoglie la nostra preghiera con bontà... Allora
“cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore” (Sal
36,4).
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VIIIA
settimana T.O. - LODI
sabato
De Trinitate,
VII, 26-27
Con quale autorità
fai queste cose?
Sant’Ilario
di Poitiers nel quarto secolo
Dipende dal Padre, il fatto che il Figlio gli assomigli. Viene da
lui, quel Figlio che gli si può paragonare, perché è simile a lui. È
pari a lui, il Figlio che compie le stesse opere di lui (Gv 5,36)…
Sì, il Figlio compie le opere del Padre ; perciò ci chiede di
credere che egli è il Figlio di Dio. Non si arroga in questo un
titolo che non gli sarebbe dovuto ; non fonda la sua rivendicazione
sulle sue opere. No, rende testimonianza che queste non sono le sue
opere, bensì quelle del Padre suo. E attesta così che lo splendore
delle sue azioni è dovuto alla sua divina nascita. Ma come gli
uomini avrebbero potuto riconoscere in lui il Figlio di Dio, nel
mistero di questo corpo che aveva assunto, in questo uomo nato da
Maria ? Il Signore compieva dunque tutte queste opere allo scopo di
fare penetrare nel loro cuore la fede in lui : « Se compio le opere
del Padre mio, anche se non volete credere in me, credete almeno
alle opere ! » (Gv
10,38).
Se l’umile
condizione del suo corpo sembra costituire un ostacolo per credere
alla sua parola, ci chiede di credere almeno alle sue opere. Perché,
infatti, il mistero della sua nascita umana ci impedirebbe di
percepire la sua nascita divina ? … « Se non volete credere a me,
credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in
me e io nel Padre »…
Tale
è la natura che egli possiede fin dalla sua nascita ; tale è il
mistero di una fede che ci garantirà la salvezza : occorre non
dividere coloro che sono una cosa sola, non privare il Figlio dalla
sua natura e proclamare la verità del Dio Vivo nato dal Dio Vivo…
« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me, così io vivo per il
Padre » (Gv 6,57). « Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha
concesso al Figlio di avere la vita in se stesso » (Gv 5,26).
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VIIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
La Vita in
Cristo, 2; PG 150, 532-533
Battezzateli nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
Nicola Cabasilas
nel quattordicesimo secolo
Benché la Santa Trinità abbia dato la salvezza al genere umano per
un solo ed unico amore degli uomini, la fede ci dice che ciascuna
persona divina vi dà il proprio contributo. Il Padre si riconciliò
con noi. Il Figlio operò la riconciliazione, e lo Spirito Santo fu
il dono concesso a quelli che erano diventati gli amici di Dio. Il
Padre ci ha liberati, il Figlio fu il riscatto per la nostra
liberazione ; quanto allo Spirito, egli è la libertà in persona (cf
2 Cor 3, 17). Se il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha ri-creati,
ed « è lo Spirito che dà la vita » (Gv 6, 63). Infatti nella
creazione iniziale, la Trinità era iscritta come in filigrana. Il
Padre era il modellatore, il Figlio era la sua mano, lo Spirito
Paraclito il soffio di chi ispirava la vita. Tuttavia è soltanto
nella nuova creazione che ci sono state rivelate queste distinzioni
che esistono in Dio.
Nel
piano della salvezza secondo il quale essa ha restaurato il nostro
genere umano, rinnovandolo, è proprio la Trinità tutta intera che ha
voluto la mia salvezza e che ha previsto come essa si sarebbe
realizzata. Però non l’ha realizzata la Trinità tutta intera. Il suo
artefice è solo il Verbo, solo il Figlio unico. E’ da lui che la
natura ha ricevuto una vita nuova, che il battesimo fu istituito
come nascita nuova e creazione nuova. Ecco perché quando uno
battezza, conviene invocare Dio, distinguendo le persone : il Padre,
il Figlio, lo Spirito Santo che solo questa nuova creazione viene a
rivelarci.
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IXA
settimana T.O. - U.R.
Domenica
- Santissimo Corpo e Sangue di
Cristo
Opere, sulla
festa del Corpo del Signore, opusc. 57, lett. 1-4
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 876)
Il mistero
dell’Eucaristia
di
San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo
L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità,
assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini
dèi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza.
Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare
della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue
facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla
umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché
rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande
beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo
sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino…
O
inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza
e gioia senza fine ! Che cosa mai vi può essere di più prezioso ?
Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come
nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che
cosa di più sublime di questo sacramento ?… Nessun sacramento in
realtà è più salutare di questo : per sua virtù vengono cancellati i
peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita
di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa, l’Eucaristia viene
offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo
stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento… Per
mezzo di esso si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo
ha dimostrato nella sua passione. Egli istituì l’Eucaristia come
memoriale della passione, il compimento delle figure dell’Antica
Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo, il
mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini. A coloro
che la sua assenza avrebbe riempito di tristezza, egli ha lasciato
questo conforto incomparabile.
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IXA
settimana T.O. - VESPRI
Domenica -
Festa del Santissimo Sacramento del
Corpo e del Sangue di Cristo
Discorso 272
(Nuova Biblioteca Agostiniana)
Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete.
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Ciò
che vedete sopra l'altare di Dio è il pane e il calice: ve lo
assicurano i vostri stessi occhi. Invece secondo la fede che si deve
formare in voi, il pane è il corpo di Cristo, il calice è il sangue
di Cristo. Quanto ho detto in maniera molto succinta forse è anche
sufficiente per la fede: ma la fede richiede l'istruzione… Questo
pane come può essere il suo corpo ? E questo calice, o meglio ciò
che è contenuto nel calice, come può essere il sangue suo ?
Queste
cose, fratelli, si chiamano sacramenti proprio perché in esse si
vede una realtà e se ne intende un'altra. Ciò che si vede ha un
aspetto materiale, ciò che si intende produce un effetto spirituale.
Se vuoi comprendere il mistero del corpo di Cristo, ascolta
l'Apostolo che dice ai fedeli: « Voi siete il corpo di Cristo e sue
membra, ciascuno per la sua parte » (1 Cor 12, 27). Se voi
dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore
è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che
siete rispondete: « Amen » e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si
dice infatti: « Il Corpo di Cristo », e tu rispondi: « Amen ». Sii
membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen.
Perché
dunque il corpo di Cristo nel pane ? Non vogliamo qui portare niente
di nostro; ascoltiamo sempre l'Apostolo il quale, parlando di questo
sacramento, dice: « Pur essendo molti formiamo un solo pane, un solo
corpo » (1 Cor 10, 17). Cercate di capire ed esultate. Unità,
verità, pietà, carità. Un solo pane: chi è questo unico pane? « Pur
essendo molti, formiamo un solo corpo ». Ricordate che il pane non è
composto da un solo chicco di grano, ma da molti. Siate ciò che
vedete e ricevete ciò che siete.
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IXA
settimana T.O. - LODI
martedì
Instruzioni
11, 1-4 : PL 80, 250-252
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2706)
Di chi è questa
immagine?
di San Colombano
nel sesto secolo
Mosè
ha scritto nella Legge : « Dio creò l’uomo a sua immagine e
somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di
questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile,
ineffabile, inestimabile, plasmò l’uomo dal fango della terra e lo
nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere
di comune tra l’uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio,
infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata
questa, che Dio abbia dato all’uomo l’immagine della sua eternità e
la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva
all’uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…
Se
l’uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla
sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo
restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando
eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con
i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore
nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1
Gv 4, 19) fin dall’inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo
alla luce di questo mondo. L’amore di Dio è la rinnovazione della
sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…
Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non
deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita,
perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi,
perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella
carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è
carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella
verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di
una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo
nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e
tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.
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IXA
settimana T.O. - VESPRI
martedì
Dialogo
della Divina Provvidenza, cap. 13
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1833)
Dio rinnova in noi
l’immagine della Trinità
di
Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo
Eterno Amore..., ti chiedo misericordia per il tuo popolo nel nome
della carità increata che mosse te medesimo a creare l’uomo a tua
immagine e somiglianza (Gen 1,26)... Questo hai fatto, o Trinità
eterna, perché volevi fare partecipare l’uomo a tutto il tuo essere.
Per questo gli hai dato la memoria, affinché egli ricordasse i tuoi
benefici e partecipasse così alla tua potenza, o Padre eterno. Per
questo gli hai dato l’intelligenza perché egli potesse afferrare la
tua bontà e partecipasse così alla Sapienza del tuo Figlio
unigenito. Per questo gli hai dato la volontà, affinché potesse
amare ciò che vede e conosce della tua verità, e partecipasse così
del tuo Spirito Santo. Quale fu la ragione per cui tu hai dato
all’uomo tanta dignità? Certo l’amore inestimabile col quale hai
guardato in te medesimo la tua creatura...
Ma
poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale
l’avevi elevata. Tu, mosso dal quel medesimo fuoco col quale ci hai
creati... ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio... Egli ha compiuto
la tua volontà, Padre eterno, quando l’hai rivestito della nostra
umanità, a immagine e somiglianza della nostra natura. O abisso di
carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere
tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della
nostra umanità? Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per
l’unione che hai stabilito fra te e l’uomo, velando la dignità
eterna con la povera nube dell’umanità di Adamo (Gen 2,7)... Quale
il motivo? Certo l’amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti
sollecito a usare misericordia alle tue creature.
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IXA
settimana T.O. - LODI
mercoledì
Proslògion,
25-26
La risurrezione :
pienezza di vita
Sant’Anselmo
d’Aosta nell’undicesimo secolo
Perché smarrirti così lontano alla ricerca dei beni dell’anima e del
corpo ? Ami dunque l’unico Bene in cui sono tutti i beni : questo
basta… Lassù si trova tutto ciò che si può amare e desiderare.
Ami
la bellezza ? « I giusti splenderanno come il sole » (Mt 13,43).
Oppure l’agilità o la forza di un corpo libero e svincolato da ogni
ostacolo? « Saranno come angeli nei cieli »… Oppure una vita lunga e
sana ? Lassù ti aspetta l’eterna salute, perché « i giusti vivono
per sempre » (Sap 5,16)… Desideri essere saziato ? Lo sarai quando
Dio ti mostrerà il suo volto nella gloria (Sal 16,15). Essere
inebriato ? « Si saziano dell’abbondanza della casa di Dio » (Sal
35,9). Ami forse un canto melodioso ? Lassù, i cori angelici cantano
senza fine la lode di Dio. Cerchi pure delizie ? Dio ti disseti al
torrente delle sue delizie (Sal 35,9). Ami la sapienza ? La sapienza
di Dio in persona si manifesterà. L'amicizia ? Ameranno Dio più di
se stessi, si ameranno gli uni gli altri come se stessi, e Dio li
amerà più di quanto potranno mai amare… Ami la concordia ? Avranno
tutti una sola volontà, perché non avranno altra volontà che quella
di Dio… Gli onori e le ricchezze ? Dio stabilirà i suoi buoni e
fedeli su molto (Mt 25,21) ; anzi, « saranno chiamati figli di Dio»
(Mt 5,9) e lo saranno veramente, perché dov’è il Figlio, saranno
anche « gli eredi di Dio e coeredi di Cristo » (Rm 8,17).
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IXA
settimana T.O. - VESPRI
mercoledì
Trattato
sulla risurrezione, 2.4.7-9
Credo la
risurrezione della carne (Credo)
di San Giustino
nel secondo secolo
Coloro che sono in errore dicono che non c’è risurrezione della
carne, che è impossibile che essa, dopo esser stata distrutta e
ridotta in polvere, ritrovi la sua integrità. Ancora, secondo loro,
la salvezza della carne sarebbe non soltanto impossibile, ma pure
nociva; biasimano la carne, denunciando i suoi difetti, la rendono
responsabile dei peccati; dicono quindi che se questa carne dovesse
risuscitare, anche i suoi difetti risusciterebbero... Inoltre, il
Salvatore ha detto: “Quando risusciteranno dai morti, non
prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.”
Ora, dicono, gli angeli non hanno carne, né mangiano né si uniscono.
Dunque, dicono, non ci sarà risurrezione della carne...
Quanto sono ciechi gli occhi del solo intelletto! Non hanno visto
infatti sulla terra “i ciechi ricuperare la vista, gli storpi
camminare” (Mt 11,5) grazie alla parola del Salvatore..., allo scopo
di farci credere che, alla risurrezione, l’intera carne risusciterà.
Se sulla terra, egli ha guarito le infermità della carne e ha reso
al corpo la sua integrità, quanto più lo farà al momento della
risurrezione, affinché la carne risusciti senza difetto,
integralmente... Questa gente mi sembra ignorare l’operare divino
nel suo insieme, all’origine della creazione, quando l’uomo è stato
plasmato; ignorano il motivo per il quale le cose terrene sono state
fatte.
Il
Verbo ha detto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza (Gen 1,26)... È ovvio che l’uomo, pur plasmato a
immagine di Dio, era di carne. Quanto è assurdo allora considerare
disprezzabile e senza alcun merito, la carne plasmata da Dio secondo
la sua immagine! Che la carne sia preziosa agli occhi di Dio, questo
è evidente, poiché essa è opera sua. E poiché proprio in questo si
trova il principio del suo progetto per il resto della creazione,
essa è ciò che c’è di più prezioso agli occhi del creatore.
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IXA
settimana T.O. - LODI
giovedì
Omelie sulla
prima lettera ai Corinzi, n°24, 4 ; PG 61, 204-205
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 881)
Adorare il Corpo di Cristo
di San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
Cristo ci ha dato il suo corpo per saziarci, attirandoci a sé in
un’amicizia sempre più grande. Accostiamoci dunque a lui con fervore
e ardente carità... Anche i magi hanno adorato questo corpo adagiato
nel presepe. Uomini pagani che non conoscevano il vero Dio, lasciata
la patria e la casa, hanno percorso grandi distanze e sono venuti ad
adorarlo pieni di timore e tremore. Imitiamo almeno questi
stranieri, noi che siamo cittadini dei cieli...
Tu,
non ti volgi a un presepe ma a un altare; e non vedi una donna che
lo porta, ma un sacerdote che sta in piedi alla sua presenza, e lo
Spirito, ricco di ogni fecondità, che si libra sulle offerte. Non
vedi semplicemente quello stesso corpo, come lo videro loro, ma hai
conosciuto la sua potenza e tutto il suo disegno e non ignori nulla
di quanto lui ha fatto, poiché essendo stato iniziato hai appreso
diligentemente ogni cosa. Esortiamo quindi noi stessi, con un santo
timore, e mostriamo una pietà molto maggiore di quegli stranieri...
Questa mensa è la forza della nostra anima, la fonte di unità di
tutti i nostri pensieri, il motivo della nostra fiducia: è speranza,
salvezza, luce, vita. Se ci saremo allontanati con tutto questo dal
santo sacrificio, andremo con fiducia verso i suoi atrii santi...
Parlo forse di cose future? Fin da quaggiù questo mistero è per te
il cielo e la terra. Apri quindi le porte del cielo e guarda... e
allora contemplerai quello che è stato detto. Ciò che lì si trova è
la più preziosa di tutte le cose e io te la mostrerò, deposta sulla
terra... Infatti non ti mostro angeli né arcangeli, non cieli né
cieli dei cieli, ma ti offro lo stesso Signore di tutto questo.
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IXA
settimana T.O. - VESPRI
Giovedì
Mc 12,
28-34
Regole
più ampie, Q 1-2
I due comandamenti dell’amore
di san
Basilio nel quarto secolo
Domanda: Vi preghiamo prima di dirci se i comandamenti di Dio si
seguono secondo un certo ordine. Cioè se c’è un primo comandamento,
un secondo, un terzo e così via?
Risposta: Il Signore in persona ha determinato l’ordine da osservare
nei suoi comandamenti. Il primo e il più grande è quello che
riguarda alla carità verso Dio, e il secondo, che è simile al primo,
o piuttosto ne è il compimento e la conseguenza, riguarda all’amore
per il prossimo.
Domanda: Parlateci prima dell’amore per Dio. Siamo d’accordo che si
deve amare Dio, ma come dobbiamo amarlo?... Risposta: L’amore verso
Dio non si insegna. Nessuno ci ha insegnato a godere della luce né a
custodire la vita al di sopra di tutto; allo stesso modo nessuno ci
ha insegnato ad amare coloro che ci hanno dati alla luce e ci hanno
educati. Allo stesso modo, o piuttosto, a maggior ragione, non
impariamo ad amare Dio per mezzo di un insegnamento esteriore. Nella
natura stessa degli essere viventi – voglio dire dell’uomo – è stato
deposto una sorta di germoglio che contiene in sé il principio di
questa disposizione ad amare. Alla scuola dei comandamenti di Dio
conviene cogliere questo germoglio, coltivarlo diligentemente,
nutrirlo con cura, e portarlo al suo sbocciare mediante la grazia
divina. Approvo il vostro zelo. Esso è indispensabile per giungere
alla meta.
Si
deve sapere che questa virtù di carità è una, ma in potenza
abbraccia tutti i comandamenti. “Se uno mi ama, dice il Signore,
osserverà la mia parola” (Gv 14,23), e ancora: “Da questi due
comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,20).
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IXA
settimana T.O. - LODI
venerdì
Libro di Vita
Cap. “ Monaci e
monache “ § 54
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IXA
settimana T.O. - VESPRI
venerdì
Catechesi
battesimale 10, 2,4,5 : PG 33, 662.663-667
Il suo nome è Re
dei re e Signore dei signori
San Cirillo di Gerusalemme nel quarto
secolo
Chi
vuole onorare Dio, si prosterni davanti a suo Figlio. Altrimenti, il
Padre non accetta di essere adorato. Dall’alto del cielo, il Padre
ha fatto udire queste parole : « Questi è il Figlio mio prediletto,
nel quale mi sono compiaciuto »
(Mt 3, 17).
Il Padre si è compiaciuto nel Figlio, …chiamato « Signore »
(Lc 2, 11)
non impropriamente come lo sono i signori umani, bensì perché la
signoria appartiene a lui per natura, da sempre…
Pur
rimanendo se stesso e conservando veramente la gloria immutabile del
suo essere Figlio, si aggiusta alle nostre debolezze, come un medico
abilissimo e un maestro compassionevole. E tutto ciò, l’ha fatto
mentre era realmente Signore, senza dover a nessun avanzamento il
suo potere ; infatti la gloria della signoria era sua per natura.
Non era Signore alla maniera dei signori umani ; era Signore in
tutta verità, esercitando la signoria sulle proprie creature con il
consenso del Padre. Noi, infatti, possiamo esercitare un dominio su
uomini che sono i nostri pari, sia in dignità che nelle sofferenze,
anzi sovente che ci sono superiori. Invece, la signoria di Nostro
Signore non è di questa natura : egli è innanzi tutto Creatore, e in
secondo luogo Signore. Ha creato tutto secondo la volontà del Padre,
ora esercita la signoria su quanto esiste solo per mezzo di lui.
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IXA
settimana T.O. - LODI
sabato
Omelie
spirituali
Consegnarci
totalmente a Gesù
di San Macario
nel quarto secolo
Com’è
possibile che, malgrado tanti incoraggiamenti e tante promesse da
parte del Signore, rifiutiamo di offrirci a lui totalmente e senza
riserva, di rinunciare a ogni cosa e perfino alla nostra vita,
secondo il Vangelo (Lc 14, 26),
per amare lui solo, e nient’altro insieme con lui?
Considera quanto è stato fatto per noi: quale gloria ci è stata
data, quanti interventi ha predisposto il Signore, in vista della
salvezza, dai padri ed i profeti, quante promesse, quante
esortazioni, quanta compassione da parte del nostro Maestro fin
dalle origini! Alla fine, egli ha manifestato la sua indicibile
benevolenza nei nostri confronti, venendo dimorare con noi e morendo
sulla croce per convertirci e ricondurci alla vita. E noi, non
lasciamo da parte la nostra volontà propria, l’amore del mondo, le
nostre predisposizioni e abitudini cattive, mostrando così quanto
siamo uomini di poca fede, anzi senza fede alcuna!
Eppure, vedi come, malgrado tutto questo, Dio si mostra pieno di una
dolce bontà. Ci protegge e ci cura invisibilmente. Malgrado le
nostre colpe, non ci abbandona definitivamente alla malvagità e alle
illusioni del mondo; nella sua grande pazienza, ci impedisce di
perire e aspetta, da lontano, il momento in cui ci volgeremo verso
di lui.
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IXA
settimana T.O. - PRIMI
VESPRI sabato
(Tratt. 2; CSL 68, 26. 29-30)
L'Eucaristia,
Pasqua del Signore
di san Gaudenzio di Brescia nel quinto
secolo
Cristo è lui solo che è morto per tutti. E' lui il medesimo che si
trova nel sacramento del pane e del vino anche se sono molte le
assemblee nelle quali si riunisce la Chiesa. E' il medesimo che
immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i
consacranti.
La carne del sacrificio è quella dell'Agnello divino, il sangue è
quello suo. Infatti il Pane disceso dal cielo ha detto: «Il pane che
io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6, 52).
Molto giustamente il suo sangue viene indicato anche sotto il segno
del vino. Lo disse egli stesso nel vangelo: «Io sono la vera vite» (Gv
15, 1). Il vino offerto nella Messa come sacramento della passione
di Cristo è suo sangue.
Per questa ragione il patriarca Giacobbe aveva profetizzato di
Cristo, dicendo: Egli laverà nel vino la sua veste e nel sangue
dell'uva il suo mantello (cfr. Gn 49, 11). Avrebbe infatti lavato
nel proprio sangue la veste del nostro corpo, di cui egli stesso si
era rivestito. Egli, creatore e Signore di tutte le cose, produce il
pane dalla terra e dal pane produce sacramentalmente il suo corpo,
poiché lo ha promesso e lo può fare. Egli inoltre che ha fatto
dell'acqua vino, dal vino fa il suo sangue.
«E' la Pasqua del Signore» (Es 12, 11), cioè il passaggio del
Signore. Queste parole ti ammoniscono di non credere terrestre
quello che è diventato celeste. Il Signore «passa» nella realtà
terrestre e la fa suo corpo e suo sangue.
Quello che ricevi è il corpo di colui che è pane celeste e il sangue
di colui che è la sacra vite. Infatti mentre porgeva ai suoi
discepoli il pane consacrato ed il vino, così disse: «Questo è il
mio corpo, questo è il mio sangue» (Mt 26, 26-27). Crediamo dunque a
colui al quale ci siamo affidati: la verità non conosce menzogna.
Quando infatti diceva alle turbe sbigottite che il suo corpo era da
mangiare e il suo sangue da bere, molti sussurravano: «Questo
linguaggio è duro, chi può intenderlo?» (Gv 6, 60). Per cancellare
con il fuoco celeste quei pensieri aggiunse: «E' lo Spirito che dà
la vita; la carne invece non giova a nulla. Le parole che vi ho
dette, sono spirito e vita» (Gv 6, 63).
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XA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
*
Contra Haereses, Liber V, 2, 3; 3, 1 - Sources Chrétiennes, Le
Cerf - Parigi 1969, pp. 35-41.
L'EUCARISTIA,
PEGNO DELLA RISURREZIONE
di Sant'lreneo
nel secono secolo
Se, ricevendo
la parola di Dio, il calice riempito e il pane preparato diventano
l'Eucaristia, cioè l'azione di grazie del sangue e del corpo di
Cristo, e se da essi è arricchita e fortificata la sostanza della
nostra carne, come possono affermare che la carne non è capace di
ricevere il dono di Dio, che è la vita eterna? Essa infatti è
nutrita del sangue e del corpo di Cristo ed è membro di Lui, come
dice bene l'Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del
suo corpo, formati della sua carne e delle
sue ossa (Ef. 5, 30).
Non dice questo di un individuo spirituale e invisibile, poiché lo
spirito non ha né ossa né carne (Le. 24, 39); ma parla
dell'organismo autenticamente umano, formato di carne, di nervi e di
ossa, l'organismo cioè che è nutrito dal calice del sangue di Cristo
ed è fortificato dal pane del suo corpo.Il legno della vite, deposto
in terra, dà frutto a suo tempo e il grano di frumento, caduto in
terra
(Gv. 12, 24),
dopo essersi disfatto, risorge
moltiplicato per opera dello Spirito di Dio che regge ogni cosa.
Poi, in virtù della sapienza, il pane e il vino sono dati in uso
all'uomo e, ricevendo la parola di Dio, diventano l'Eucaristia, che
è il corpo e il sangue di Cristo. Allo stesso modo i nostri corpi,
nutriti dall'Eucaristia, dopo essere stati deposti in terra ed
essersi disfatti in essa, a suo tempo risorgeranno, quando il Verbo
di Dio darà loro la Risurrezione per la gloria di Padre
(Fil. 2, 11).
Egli darà
l'immortalità a ciò che è mortale e - gratuitamente - renderà
incorruttibile ciò che è
corruttibile, perché la forza di Dio si manifesta nella debolezza
(cfr. 2 Coro 12, 9).
.Nella
consapevolezza della nostra condizione mortale, ci guarderemo
dall'inorgoglirei e dall'innalzarci contro Dio con pensieri di
ingratitudine, quasi ci dessimo la vita da noi stessi! Sapendo
invece, per esperienza, che dalla sua grandezza e non dalla nostra
natura abbiamo il dono di poter vivere per sempre, non negheremo a
Dio la gloria che gli spetta e, nello stesso tempo, non ignoreremo
la nostra natura. Conosceremo quale sia la potenza di Dio e quali
benefici l'uomo riceva da lui. Non ci inganneremo sulla vera natura
ed essenza di Dio e dell'uomo. Non ha forse Dio permesso - come
abbiamo detto prima - la dissoluzione dei nostri corpi, perché,
istruiti da ogni avvenimento, potessimo osservarli tutti con
scrupolosa attenzione, non ignorando né Dio né noi stessi?...Come
infatti l'uomo avrebbe potuto conoscere la sua natura inferma e
mortale e, nello stesso tempo, l'immortalità e la potenza di Dio, se
non sapesse per esperienza la diversità di entrambe le condizioni?
Non c'è infatti niente di male nel conoscere - per fatica di
esperienza - la propria infermità: mentre è un bene tanto maggiore
avere una retta cognizione di quello che realmente siamo.
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settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Catechesi
mistagogica, 1, 3-6, 9, PG 33, 1098-1102, 1103.
IL PANE E IL
VINO DELLA NUOVA ALLEANZA
San Cirillo di
Gerusalemme nel quarto secolo
La notte in cui fu tradito, il Signore Gesù prese del pane e, dopo
aver reso grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo:
Prendete e mangiate: questo è il mio corpo. Poi
prese il calice e disse: Prendete e bevete: questo è
il mio sangue (cf. 1 Coro 11, 23-25). Se, dunque,
egli stesso, parlando del pane, ha apertamente dichiarato: Questo
è il mio corpo, chi oserà d'ora in avanti dubitare? E se
egli stesso a questo punto dice in tono affermativo: Questo è
il mio sangue, chi potrà avere ancora delle esitazioni o dirà
che quello non è il suo sangue?...
E' dunque con
certezza piena che noi partecipiamo in tal modo del corpo e del
sangue di Cristo. Infatti, sotto forma di pane ti viene dato il
corpo, e sotto forma di vino ti viene dato il sangue, affinché tu
divenga, partecipando del corpo e del sangue di Cristo, un solo
corpo ed un solo sangue con lui. In questo modo, noi diventiamo
portatori di Cristo, in quanto il suo corpo ed il suo sangue si
diffondono nelle nostre membra. E così, secondo San Pietro, noi
diventiamo partecipi della natura divina
(2 Pt. 1, 4).
Una volta
Cristo disse, conversando con i Giudei: Se non mangerete la mia
carne e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita
(Gv. 6, 53).
Ma essi non ascoltarono queste parole con l'orecchio dello spirito,
e se ne andarono scandalizzati, pensando che il Signore li invitasse
a un normale pasto.
Già nell'Antico
Testamento c'erano i pani di proposizione. : ora non vi è più posto
per offrire questi pani dell'Antica Alleanza. Nella Nuova Alleanza,
vi è un pane celeste un calice di salvezza
(cf. Sal. 115, 4)
che santificano lima e il corpo. Infatti come il pane si accorda col
corpo, ;ì il Verbo si armonizza con l'anima. Non fissare dunque la
tua attenzione sul pane e sul o come se si trattasse di essi soli,
perché secondo l'affermazione del Maestro si tratta di corpo e di
sangue. La fede ti aiuti per ciò che la percezione dei sensi ti
suggerisce. Non giudicare la realtà in base al gusto, al sapore, ma
in base alla fede. Quanto tu hai imparato ti dà questa certezza: ciò
che sembrava pane, pane non è, anche se ne possiede il sapore, ma il
corpo di Cristo; e ciò che ritenevi vino, vino non è, anche se tale
dovesse sembrare al palato, ma il sangue di Cristo. Davide ha detto
una volta in un salmo: ...ch'ei possa d'olio far nitido il volto;
e il pane gli rinfranchi il cuore
(Sal., 15).
Rinfranca dunque il tuo cuore prendendo questo le spirituale e rendi
nitido il volto della tua anima. E possa tu, a viso scoperto e con
purezza di coscienza, riflette come uno specchio la gloria del
Signore.
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settimana T.O. -
LODI martedì
Quesito
63 a Talassio: PG
90, 668-669.
Mt 5,13-16
LA LUCERNA SUL
CANDELABRO
San Massimo il
confessore nel settimo secolo
La lampada posta sul candelabro è la vera luce del Padre, quella che
illumina ogni uomo che viene nel mondo: il nostro Signore Gesù
Cristo, che prendendo la nostra carne, s'è fatto e s'è chiamato
lampada. Colui cioè che è per natura Sapienza e Parola del Padre;
colui che nella Chiesa di Dio è proclamato dalla fede; colui che è
esaltato e fatto risplendere tra i popoli con una vita virtuosa
grazie all'osservanza dei comandamenti, e che brilla per tutti
quelli che sono nella casa, cioè in questo mondo. Così infatti
afferma lo stesso Dio e Verbo: Nessuno accende una lucerna e la
mette sotto il moggio, ma sul candelabro, dove brilla per
tutti quelli che sono nella casa (Mt. 5, 15).
Egli chiama evidentemente se
stesso lucerna, in quanto è Dio per natura e s'è fatto carne secondo
l'economia della salvezza... Credo che anche il grande Davide
pensasse a questo quando chiamò lucerna il Signore, dicendo:
Lucerna per i miei piedi è la tua legge, e luce sui
miei sentieri (Sal. 118,
105). Il mio Salvatore e mio
Dio è liberatore dalle tenebre dell'ignoranza e del vizio: è per
questo che anche dalla Scrittura è stato detto lucerna. Lui solo,
dissipando quale lucerna la caligine dell'ignoranza e le tenebre del
peccato, si è fatto per tutti cammino di salvezza. Mediante la virtù
e la conoscenza, egli porta al Padre quelli che vogliono percorrere
questa via di giustizia con l'osservanza dei comandamenti di Dio.
Quanto al candelabro, è la
Santa Chiesa. Basata sulla sua predicazione, la Parola di Dio
splende e illumina con lo sfavillio della verità tutti quelli che si
trovano in questo mondo, come fossero in una casa, riempiendo le
menti di tutti della conoscenza di Dio...
La Parola non
vuole in nessun modo essere tenuta sotto il moggio: essa vuoi essere
posta ben in alto, dove più sublime è la bellezza della Chiesa.
Tenuta infatti sotto la lettera della Legge come sotto un maggio, la
Parola lasciò tutti privi della luce eterna, senza dare la
contemplazione spirituale a quanti cercavano di svestirsi del senso
ingannevole, capace soltanto d'illusione, atto a percepire solo le
cose corruttibili. Ma posta sul candelabro che è la Chiesa, cioè sul
culto razionale nello Spirito, essa illumina tutti... Perché la
lettera, se non è compresa spiritualmente, ha solo il senso limitato
della sua espressione, e non permette alla forza di quel che è stato
scritto di aprirsi una strada verso l'intelligenza... Se accendiamo
dunque la lucerna, cioè la Parola luminosa della conoscenza, con la
contemplazione e con la azione, non mettiamola sotto il maggio, al
fine di non essere condannati per aver circoscritto entro la lettera
!'incomprensibile forza della Sapienza. Mettiamola piuttosto sopra
il candelabro, cioè sulla santa Chiesa, sulla sommità della vera
contemplazione, perché possa far risplendere su tutti la luce della
divina verità.
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settimana T.O. -
VESPRI martedì
Discorsi, 289,
6 ; PL 38, 1311-1312
La
luce di Cristo sopra il lucerniere
di Sant’Agostino
nel quinto secolo
Fratelli, gli apostoli sono le lucerne che ci permettono di
aspettare il giorno di Cristo. Il Signore dichiara loro : «Voi siete
la luce del mondo». E perché non possano credere che sono una luce
simile a quella di cui è detto: «Egli è la luce vera, quella che
illumina ogni uomo» (Gv 1, 9),
insegna loro subito quale è la vera luce. Dopo aver annunciato loro:
«Voi siete la luce del mondo », continua: «Non si accende una
lucerna per metterla sotto il moggio». Io vi ho chiamato luce, dice,
ma preciso : siete solo una lucerna. Non lasciatevi prendere dai
sussulti dell’orgoglio, se non volete che si spenga questa
scintilla. Non vi metto sotto il moggio, ma sopra il lucerniere
perché illuminiate tutto con i vostri raggi.
Quale
è questo lucerniere che porta questa luce? Sto per insegnarvelo.
Siate, voi stessi, delle lucerne, e avrete un posto sopra questo
lucerniere. La croce di Cristo è un immenso lucerniere. Chi vuole
essere raggiante non deve vergognarsi di questo lucerniere di legno.
Ascolta e capirai : il lucerniere è la croce di Cristo.
«Così
risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le
vostre opere buone e rendano gloria». Rendano gloria a chi? Non a
te, perché cercare la tua gloria è volere spegnerti ! «Rendano
gloria a vostro Padre che è nei cieli». Sì, glorifichino lui, il
Padre dei cieli, vedendo le vostre opere buone… Ascolta l’apostolo
Paolo: «Quanto a me non sia altro vanto che nella croce del Signore
nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato
crocifisso, come io per il mondo»
(Gal 6, 14).
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settimana T.O. -
LODI
Mercoledì
Mt 5,17-19
Trattato :
la gelosia e l’invidia, 12-15; CSEL 3, 427-430
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1126)
Il compimento
della Legge : l’amore in atto.
di San
Cipriano nel terzo secolo
Portare il nome di Cristo e non camminare sulle orme di Cristo non è
forse un tradire il nome di Dio, e abbandonare la via della
salvezza ? Lui stesso infatti insegna e afferma che giungerà alla
vita chi avrà osservato i comandamenti
(Mt 19,17),
e che è sapiente chi avrà ascoltato e obbedito alle sue parole
(Mt 7,24) ;
e ancora che sarà chiamato il più grande maestro nel Regno dei cieli
chi avrà insegnato e operato come insegnava ; e che quando ciò che
si annunciava con la bocca è confermato dalle azioni, tornerà a
vantaggio di chi predica l’aver predicato bene e con profitto.
Che
cosa mai il Signore tanto spesso ha inculcato nell’animo dei suoi
discepoli, qual cosa maggiormente comandò di custodire e osservare
tra le ammonizioni salutari e i precetti celesti, se non che ci
amiamo a vicenda con lo stesso amore con cui egli ha amato i
discepoli ? Ma come può mantenere la pace e la carità del Signore
chi a causa della gelosia non può essere né operatore di pace né
amabile ?
Perciò anche Paolo apostolo, enumerando i meriti della pace e della
carità, dopo aver affermato con forza che non gli avrebbero giovato
né la fede, né le elemosine, né la stessa sofferenza del confessore
e del martire se non avesse mantenuto integre e inviolate le
esigenze della carità, aggiunse : « La carità è paziente, è
benigna ; non è invidiosa »
(1 Cor 13,4).
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settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Omelie sul
vangelo di Matteo, n° 16
Mt 5,17-19
Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti, ma per dare
compimento
di
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Volete sapere come, lungi da distruggere la Legge e i profeti, Gesù
Cristo viene piuttosto a confermali ? Per prima cosa, riguardo ai
profeti, egli conferma con le sue opere ciò che loro avevano
annunciato. Per cui incontriamo spessissimo nel vangelo di Matteo
questa espressione : « Affinché questa parola del profeta si
adempisse »…
Riguardo alla Legge, egli le ha dato compimento in tre modi. In
primo luogo, non tralasciando nessuna delle prescrizioni legali.
Dichiara infatti a Giovanni Battista : « Conviene che così adempiamo
ogni giustizia » (Mt 3,15) ;
e ai Giudei diceva : « Chi di voi può convincermi di peccato ? »
(Gv 8,46)…
In secondo luogo, dà
compimento alla Legge volendo sottomettersi ad essa per la nostra
salvezza. O prodigio ! Sottomettendosi ad essa, ci ha comunicato la
grazia di adempirla a nostra volta. San Paolo ce l’insegna con
queste parole : « Il termine della Legge è Cristo, perché sia data
la giustizia a chiunque crede »
(Rm 10,4).
Dice anche che il Salvatore ha condannato il peccato nella carne
« perché la giustizia della Legge si adempisse in noi, che non
camminiamo secondo la carne »
(Rm 8,4).
Dice ancora : « Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la
fede ? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge »
(Rm 3,31).
Infatti la Legge tendeva a rendere l’uomo giusto, ma non ne aveva la
forza. Allora è venuto Cristo, il termine della Legge, e ci ha
mostrato la strada che conduce alla giustizia, cioè la fede. Così,
ha compiuto le intenzioni delle Legge. La lettera della Legge non
poteva giustificare il peccatore ; la fede in Gesù Cristo lo
giustificherà. Ecco perché egli può dire : « Non sono venuto ad
abolire la Legge ».
Prestandovi finemente attenzione, scorgiamo un terzo modo nel quale
la Legge viene adempiuta da Cristo. Qual’è questo modo ? Consiste
nei precetti stessi che Cristo avrebbe dato : lungi dal rovesciare
quelli di Mosè, ne sono la giusta conseguenza e il complemento
naturale.
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settimana T.O. -
LODI giovedì
Sulla
preghiera, 8-9 ; PG 11, 442-443
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1931/1936)
Mt 5 ,20-26
Va’ prima a
riconciliarti con il tuo fratello
di Origene nel
terzo secolo
Nessuno potrà ottenere qualsiasi cosa nella preghiera, se non
pregherà con buone disposizioni e con una fede retta… Non bisogna
parlare molto… e neanche mettersi in preghiera adirati e con l’animo
sconvolto. Ma non si può capire come ci si possa dedicare
all’orazione senza la purezza del cuore, né è possibile che chi
prega ottenga la remissione dei suoi peccati, se prima non ha
perdonato di cuore al fratello che gli chiede scusa per il torto che
gli ha arrecato…
Prima
di tutto sarà della massima utilità se colui che si dedica alla
preghiera, per questo stesso fatto si mette di fronte a Dio e parla
con lui con la consapevolezza che egli è presente e lo guarda.
Sappiamo che certe immagini delle cose rievocate nella memoria
turbano i pensieri che ne nascono quando la mente vi riflette. È da
credere invece che sia molto utile il ricordo di Dio presente, che
scorge tutti i moti dell’anima, anche i più riposti, mentre questa
si dispone a piacergli, considerando colui che esamina i cuori e
scruta le reni (Sal 7,10), in atto di penetrare ogni spirito…
Bisogna che chi prega alzi al cielo mani pure, perdonando tutte le
ingiurie ricevute e allontanando dal suo animo ogni passione in modo
da non essere adirato con alcuno… E chi dubiterà che questo stato
d’animo sia il migliore, dato che lo insegna san Paolo nella prima
lettera a Timoteo quando dice: «Voglio che gli uomini preghino,
dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza
contese » (1 Tm 2,8)?
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settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Omelie sulla
prima lettera ai Corinzi, n° 27
Mt 5,20-26
La Chiesa unico
Corpo di Cristo
di San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
La
Chiesa non esiste perché rimaniamo divisi pur radunandoci, bensì
perché le nostre divisioni vi siano spente; è questo il senso
dell’assemblea. Se veniamo per l’eucaristia, non facciamo nulla che
contraddica l’eucaristia, non causiamo dispiacere al nostro
fratello. Poiché venite per rendere grazie per i benefici ricevuti,
non separatevi dal vostro prossimo.
A
tutti senza distinzione, Cristo offre il suo corpo dicendo:
“Prendete e mangiatene tutti”. Perché dunque non ammetti tutti alla
tua mensa? ... Fai memoria di Cristo e disprezzi il povero?...
Prendi parte a quella divina cena; devi essere il più
compassionevole degli uomini. Hai bevuto il sangue del Signore e non
riconosci il tuo fratello?
Anche se fin’ora non l’avessi
riconosciuto, a quella tavola devi riconoscerlo. Ci occorre essere
tutti nella Chiesa come in una casa comune: formiamo un unico Corpo.
Abbiamo un solo battesimo, una sola mensa, una sola sorgente, e
anche un solo Padre (cfr Ef
4,5 ; 1Cor 10,17).
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LODI venerdì
2003-06-27
L'albero di
vita, 29-30, 47. Opera omnia 8,79
Ecco il cuore che
ha tanto amato il mondo
di
San Bonaventura nel tredicesimo secolo
Contempla, uomo salvato, colui che per te è inchiodato alla croce…
Alzati, tu che ami Cristo, sii come la colomba « che fa il nido
nelle pareti d’una gola profonda » (Ger 48, 28), e qui, « come il
passero che ha trovato la casa » (Sal 83, 4), non cesserai di
vegliare. Come la tortora, vi riparerai i tuoi piccoli e presenterai
la tua bocca per « attingere acqua alle sorgenti della salvezza » (Is
12, 3). E’ lui, infatti, « il fiume che usciva da Eden, si divideva
e formava quattro corsi » (Gen 2, 10) e, sparso nel cuore dei
credenti, annaffia e feconda la terra intera…
Corri
dunque a questa sorgente di vita e di luce con un vivo desiderio,
chiunque tu sia, e nel tuo amore di Dio, gridagli con tutta la forza
del tuo cuore : " O bellezza indicibile dell’Altissimo, splendore
della luce eterna, vita che vivifichi ogni vita, chiarore che
illumini ogni luce e conservi nell’eterno splendore i vari astri che
brillano davanti al trono della tua divinità dall’origine dei tempi.
O fiume
eterno e inaccessibile, limpido e dolce, la cui sorgente è nascosta
agli occhi di ogni mortale ! La tua profondità è senza fondo, la tua
altezza senza limiti, la tua larghezza senza confini, la tua purezza
senza alcunché di torbido. Da te scorre « il fiume che rallegra la
città di Dio » (Sal 45, 5)… affinché cantiamo inni di lode, « in
mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa » (Sal 41, 5),
perché sappiamo per esperienza che « in te è la sorgente della vita
e alla tua luce, vedremo la luce » (Sal 35, 10). "
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VESPRI venerdì
L’ammirabile
cuore di Gesù, libro 12 ; 8, 350-352
Dio ci ha amati
per primo
San
Giovanni Eudes nel diciasettesimo secolo
Il
Cuore del nostro Salvatore è un fuoco di amore per noi : di amore
purificante, di amore illuminante, di amore santificante, di amore
trasformante, di amore deificante. Di amore purificante nel quale i
cuori sono purificati più perfettamente dell’oro nel fuoco. Di amore
illuminante, che scaccia le tenebre dell’inferno che ricoprono la
terra, e che ci fa entrare nell’ammirabile luce del cielo : « Ci ha
chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » (1 Pt 2,9). Di
amore santificante, che distrugge il peccato nelle nostre anime, per
stabilirvi il regno della grazia. Di amore trasformante, che
trasforma i serpenti in colombe, i lupi in agnelli, le bestie in
angeli, i figli del diavolo in figli di Dio, i figli dell’ira e
della maledizione in figli della grazia e della benedizione. Di
amore deificante, che da uomini fa dèi rendendoli partecipi della
santità di Dio, della sua misericordia, della sua pazienza, della
sua bontà, del suo amore, della sua carità e delle altre divine
perfezioni. : « partecipi della natura divina » (2 Pt 1,4).
Il
Cuore di Gesù è un fuoco che diffonde le sue fiamme da ogni parte,
in cielo, sulla terra, e in tutto l’universo ; fuoco e fiamme che
infiammano i cuori dei serafini, e infiammerebbero tutti i cuori
della terra se il ghiaccio del peccato non vi si opponesse.
Egli
ha un amore straordinario per gli uomini, sia per i buoni e per i
suoi amici, che per i cattivi e i suoi nemici, per i quali ha una
carità così ardente che tutti i torrenti delle acque dei loro
peccati non sono capaci di spegnerlo.
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LODI sabato
Opusculi di
pietà, 1002 ; Vita di Gesù 497, 502
Sua madre serbava
tutte queste cose nel suo cuore
del
Cardinal Pierre de Bérulle nel diciasettesimo secolo
Ora
Gesù è vivente in Maria e fa come parte di lei, e il cuore di Gesù è
vicinissimo al cuore di Maria. Ora Maria è vivente in Gesù e Gesù è
il suo tutto ; e il cuore di Maria è vicinissimo al cuore di Gesù e
vi fa scorrere la vita ; ora sembra Gesù e Maria siano una cosa sola
e vivente sulla terra. Il cuore dell’uno vive e respira solo
per l’altro.
Questi due cuori così vicini e così divini, e viventi insieme di una
vita così alta, cosa non sono l’uno per l’altro, e cosa non fanno
l’uno nell’altro ? Solo l’amore può pensarlo, anzi solo l’amore
divino e celeste ; però solo l’amore di Gesù stesso può
comprenderlo… O cuore di Gesù vivente in Maria e per Maria ! O cuore
di Maria vivente in Gesù e per Gesù ! O legame delizioso fra questi
due cuori !
Il
cuore della Vergine è il primo altare sul quale Gesù ha offerto il
suo cuore, il suo corpo, il suo spirito come ostia di lode perpetua,
e dove Gesù offre il suo primo sacrificio e fa la sua prima
oblazione di se stesso…
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PRIMI VESPRI sabato
Dal «Commento alla Lettera ai Galati»
(Introduzione; PL 35, 2105-2107)
Comprendere la
grazia di Dio
di sant'Agostino nel quinto secolo
L'Apostolo scrive ai Galati perché capiscano che la grazia li ha
sottratti dal dominio della Legge. Quando fu predicato loro il
Vangelo, non mancarono alcuni venuti dalla circoncisione i quali,
benché cristiani, non capivano ancora il dono del Vangelo, e quindi
volevano attenersi alle prescrizioni della Legge che il Signore
aveva imposto a chi non serviva alla giustizia, ma al peccato. In
altre parole, Dio aveva dato una legge giusta a uomini ingiusti.
Essa metteva in evidenza i loro peccati, ma non li cancellava. Noi
sappiamo infatti che solo la grazia della fede, operando attraverso
la carità, toglie i peccati. Invece i convertiti dal giudaismo
pretendevano di porre sotto il peso della Legge i Galati, che si
trovavano già nel regime della grazia, e affermavano che ai Galati
il Vangelo non sarebbe valso a nulla se non si facevano circoncidere
e non si sottoponevano a tutte le prescrizioni formalistiche del
rito giudaico…
Si rivolge a coloro che erano già stati turbati dal prestigio dei
giudaizzanti che li costringevano all'osservanza della Legge. Essi
avevano incominciato a credere a costoro, come se l'apostolo Paolo
avesse predicato menzogne, invitandoli a non circoncidersi. Perciò
così incomincia: «Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi
ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro Vangelo»
(Gal 1, 6).
Con questo esordio ha voluto fare un riferimento discreto alla
controversia. Così nello stesso saluto, proclamandosi apostolo, «non
da parte di uomini, né per mezzo di uomo» (Gal 1, 1)… mostra
abbastanza chiaramente che quei banditori di idee false non venivano
da Dio ma dagli uomini. Non bisognava trattare lui come inferiore
agli altri apostoli per quanto riguardava la testimonianza
evangelica. Egli sapeva di essere apostolo non da parte di uomini,
né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre
(cfr. Gal 1, 1).
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U.R. Domenica
Omelia sul
cimitero e sulla croce
La liberazione dei prigionieri
di San
Giovanni Crisostomo quarto secolo
In
quel giorno Cristo è entrato da conquistatore negli abissi degli
inferi. In quel giorno « ha spezzato le porte di bronzo, ha rotto le
spranghe di ferro », come dice Isaia (Is 45, 2). Notate queste
espressioni. Non dice che « ha aperto » le porte di bronzo, né che
le ha tolte, ma che le ha « spezzate », per fare capire che non c’è
più nessun carcere, per dire che Gesù ha annientato questo soggiorno
dei prigionieri. Queste porte, spezzate da Cristo, chi potrebbe
ristabilirle ? Queste spranghe, che lui ha infranto, chi potrebbe
rimetterle ?
Quando i principi della terra rilasciano dei prigionieri mandando
lettere di grazia, mantengono le porte e le guardie, per mostrare a
coloro che escono, che possono ancora entrarvi, loro o altri. Cristo
non agisce così. Spezzando le porte di bronzo, manifesta che non c’è
più né prigionia, né morte.
Perché delle porte « di bronzo » ? Perché la morte era spietata,
inflessibile, dura come il diamante. Mai, per tutti i secoli prima
di Gesù Cristo, nessuno dei suoi prigionieri aveva potuto sfuggirla,
fino al giorno in cui il Sovrano del cielo scese nell’abisso per
strapparle le sue vittime.
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VESPRI Domenica
Omelie
anonime sulla peccatrice, 1, 4.5.19.26.28
Le sono perdonati
i suoi molti peccati
da un autore
siriaco anonimo del sesto secolo
L’amore di Dio, uscito in cerca dei peccatori, ci viene
proclamato da una donna peccatrice. Perché chiamando lei, Cristo
chiamava all’amore la nostra razza tutta intera ; e nella sua
persona, attirava al suo perdono tutti i peccatori. Parlava a lei,
ma invitava alla sua grazia la creazione tutta intera…
Chi
non potrebbe essere raggiunto dalla misericordia di Cristo, se lui,
per salvare una peccatrice, accettò l’invito di un fariseo ? A causa
di quella donna affamata di perdono, vuole in prima persona avere
fame della mensa di Simone il fariseo, mentre sotto le apparenze di
una mensa di pane, aveva preparato, per la peccatrice, la mensa del
pentimento… Affinché tu possa partecipare alla stessa mensa, divieni
consapevole che il tuo peccato è grande ; però disperare del perdono
perché il tuo peccato ti sembra troppo grande, è bestemmiare contro
Dio e fa torto a te stesso. Perché se Dio ha promesso di perdonare i
tuoi peccati per quanto numerosi fossero, gli dirai forse che non
puoi crederlo dichiarandogli : « Il mio peccato è troppo grande
perché tu lo perdoni. Non puoi guarirmi dalle mie malattie » ?
Smettila e grida con il profeta : « Ho peccato contro di te,
Signore » (2 Sam 12, 13). Subito ti risponderà : « Io ho perdonato
il tuo peccato ; tu non morirai ». A lui sia la gloria, da noi tutti
per i secoli. Amen.
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LODI martedì
Omelie sul
vangelo di Matteo, 5, 1.3-4 : CCL 9, 405-407
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2442)
Risplenda la
vostra luce davanti agli uomini
di San Cromazio di Aquileia nel terzo
secolo
Il
Signore ha chiamato i suoi discepoli « sale della terra », perché
hanno dato sapore, per mezzo della sapienza celeste, ai cuori degli
uomini resi insipidi dal diavolo. Ora li chiama anche « luce del
mondo » perché illuminati da lui stesso che è la luce vera ed
eterna, son diventati, a loro volta, luce che splende nelle tenebre
(Gv 1,5). Egli è « il sole di giustizia » (Mal 4,2). Molto
giustamente quindi chiama « luce del mondo » anche i suoi discepoli,
in quanto, per mezzo loro, come attraverso raggi splendenti, ha
illuminato tutta la terra con la luce della sua verità. Diffondendo
la luce della verità, essi hanno tolto le tenebre dell’errore dai
cuori degli uomini.
Anche
noi siamo stati illuminati per mezzo loro, così da trasformarci da
tenebre in luce, come dice l’Apostolo : « Se un tempo eravate
tenebra, ora siete luce nel Signore : comportatevi come figli della
luce » (Ef 5,8). E ancora : « Voi non siete figli della notte e
delle tenebre, ma figli della luce e del giorno » (1 Tes 5,5). Ben a
ragione quindi anche san Giovanni ha lasciato scritto nella sua
lettera : « Dio è luce » e chi rimane in Dio si trova nella luce (1
Gv 1,5-7). Poiché dunque ci rallegriamo di essere stati liberati
dalle tenebre dell’errore, è logico che quali figli della luce
dobbiamo camminare sempre in essa.
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VESPRI martedì
Discorsi, 289,
6 ; PL 38, 1311-1312
La luce di Cristo
sopra il lucerniere
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Fratelli, gli apostoli sono le lucerne che ci permettono di
aspettare il giorno di Cristo. Il Signore dichiara loro : « Voi
siete la luce del mondo ». E perché non possano credere che sono una
luce simile a quella di cui è detto : « Egli è la luce vera, quella
che illumina ogni uomo » (Gv 1, 9), insegna loro subito quale è la
vera luce. Dopo aver annunciato loro : « Voi siete la luce del
mondo », continua : « Non si accende una lucerna per metterla sotto
il moggio ». Io vi ho chiamato luce, dice, ma preciso : siete solo
una lucerna. Non lasciatevi prendere dai sussulti dell’orgoglio, se
non volete che si spenga questa scintilla. Non vi metto sotto il
moggio, ma sopra il lucerniere perché illuminiate tutto con i vostri
raggi.
Quale
è questo lucerniere che porta questa luce ? Sto per insegnarvelo.
Siate, voi stessi, delle lucerne, e avrete un posto sopra questo
lucerniere. La croce di Cristo è un immenso lucerniere. Chi vuole
essere raggiante non deve vergognarsi di questo lucerniere di legno.
Ascolta e capirai : il lucerniere è la croce di Cristo.
« Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano
le vostre opere buone e rendano gloria ». Rendano gloria a chi ? Non
a te, perché cercare la tua gloria è volere spegnerti ! « Rendano
gloria a vostro Padre che è nei cieli ». Sì, glorifichino lui, il
Padre dei cieli, vedendo le vostre opere buone… Ascolta l’apostolo
Paolo : « Quanto a me non sia altro vanto che nella croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è
stato crocifisso, come io per il mondo » (Gal 6, 14).
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LODI mercoledì
Tract. in Marc,
9, 1-7
Cristo, compimento
della Legge e dei profeti
di San Girolamo
nel quarto secolo
Quando
leggo il Vangelo e incontro in esso testimonianze tratte dalla
Legge o dei profeti, considero solo Cristo. Se ho visto Mosè, se ho
visto i profeti, era solo per capire ciò che essi dicono riguardo a
Cristo. Quando, un giorno, sarò entrato nello splendore di Cristo, e
la sua luce, abbagliante quanto il sole, splenderà ai miei occhi,
non potrò più vedere la luce di una lampada. Se una lampada viene
accesa in pieno giorno, forse essa farà luce ? Quando sorge il sole,
la luce della lampada svanisce. Così quando si gode della presenza
di Cristo, la Legge e i profeti scompaiono. Non voglio togliere
nulla alla gloria della Legge e dei profeti ; al contrario, li lodo
di essere stati annunciatori di Cristo. Infatti quando leggo la
Legge e i profeti, il mio scopo non è di fermarmi alla Legge e ai
profeti, ma piuttosto, per mezzo della Legge e dei profeti, di
giungere a Cristo.
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VESPRI mercoledì
Omelie sul
vangelo di Matteo, n° 16
Non sono venuto ad
abolire la Legge e i Profeti, ma per dare compimento
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Volete sapere come, lungi da distruggere la Legge e i profeti, Gesù
Cristo viene piuttosto a confermali ? Per prima cosa, riguardo ai
profeti, egli conferma con le sue opere ciò che loro avevano
annunciato. Per cui incontriamo spessissimo nel vangelo di Matteo
questa espressione : « Affinché questa parola del profeta si
adempisse »…
Riguardo alla Legge, egli le ha dato compimento in tre modi. In
primo luogo, non tralasciando nessuna delle prescrizioni legali.
Dichiara infatti a Giovanni Battista : « Conviene che così adempiamo
ogni giustizia » (Mt 3,15) ; e ai Giudei diceva : « Chi di voi può
convincermi di peccato ? »
(Gv 8,46)…
In secondo luogo, dà
compimento alla Legge volendo sottomettersi ad essa per la nostra
salvezza. O prodigio ! Sottomettendosi ad essa, ci ha comunicato la
grazia di adempirla a nostra volta. San Paolo ce l’insegna con
queste parole : « Il termine della Legge è Cristo, perché sia data
la giustizia a chiunque crede » (Rm 10,4). Dice anche che il
Salvatore ha condannato il peccato nella carne « perché la giustizia
della Legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la
carne » (Rm 8,4). Dice ancora : « Togliamo dunque ogni valore alla
Legge mediante la fede ? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge »
(Rm 3,31). Infatti la Legge tendeva a rendere l’uomo giusto, ma non
ne aveva la forza. Allora è venuto Cristo, il termine della Legge, e
ci ha mostrato la strada che conduce alla giustizia, cioè la fede.
Così, ha compiuto le intenzioni delle Legge. La lettera della Legge
non poteva giustificare il peccatore ; la fede in Gesù Cristo lo
giustificherà. Ecco perché egli può dire : « Non sono venuto ad
abolire la Legge ».
Prestandovi finemente attenzione, scorgiamo un terzo modo nel quale
la Legge viene adempiuta da Cristo. Qual’è questo modo ? Consiste
nei precetti stessi che Cristo avrebbe dato : lungi dal rovesciare
quelli di Mosè, ne sono la giusta conseguenza e il complemento
naturale.
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settimana T.O. -
LODI giovedì
Sulla
preghiera, 8-9 ; PG 11, 442-443
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1931/1936)
Va’ prima a
riconciliarti con il tuo fratello
di Origene nel
terzo secolo
Nessuno potrà ottenere qualsiasi cosa nella preghiera, se non
pregherà con buone disposizioni e con una fede retta… Non bisogna
parlare molto… e neanche mettersi in preghiera adirati e con l’animo
sconvolto. Ma non si può capire come ci si possa dedicare
all’orazione senza la purezza del cuore, né è possibile che chi
prega ottenga la remissione dei suoi peccati, se prima non ha
perdonato di cuore al fratello che gli chiede scusa per il torto che
gli ha arrecato…
Prima
di tutto sarà della massima utilità se colui che si dedica alla
preghiera, per questo stesso fatto si mette di fronte a Dio e parla
con lui con la consapevolezza che egli è presente e lo guarda.
Sappiamo che certe immagini delle cose rievocate nella memoria
turbano i pensieri che ne nascono quando la mente vi riflette. È da
credere invece che sia molto utile il ricordo di Dio presente, che
scorge tutti i moti dell’anima, anche i più riposti, mentre questa
si dispone a piacergli, considerando colui che esamina i cuori e
scruta le reni (Sal 7,10), in atto di penetrare ogni spirito…
Bisogna che chi prega alzi al cielo mani pure, perdonando tutte le
ingiurie ricevute e allontanando dal suo animo ogni passione in modo
da non essere adirato con alcuno… E chi dubiterà che questo stato
d’animo sia il migliore, dato che lo insegna san Paolo nella prima
lettera a Timoteo quando dice : « Voglio che gli uomini preghino,
dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza
contese » (1 Tm 2,8) ?
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settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Omelie sulla
prima lettera ai Corinzi, n° 27
La Chiesa unico
Corpo di Cristo
di San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
La
Chiesa non esiste perché rimaniamo divisi pur radunandoci, bensì
perché le nostre divisioni vi siano spente; è questo il senso
dell’assemblea. Se veniamo per l’eucaristia, non facciamo nulla che
contraddica l’eucaristia, non causiamo dispiacere al nostro
fratello. Poiché venite per rendere grazie per i benefici ricevuti,
non separatevi dal vostro prossimo.
A
tutti senza distinzione, Cristo offre il suo corpo dicendo:
“Prendete e mangiatene tutti”. Perché dunque non ammetti tutti alla
tua mensa? ... Fai memoria di Cristo e disprezzi il povero?...
Prendi parte a quella divina cena; devi essere il più
compassionevole degli uomini. Hai bevuto il sangue del Signore e non
riconosci il tuo fratello?
Anche se fin’ora non l’avessi
riconosciuto, a quella tavola devi riconoscerlo. Ci occorre essere
tutti nella Chiesa come in una casa comune: formiamo un unico Corpo.
Abbiamo un solo battesimo, una sola mensa, una sola sorgente, e
anche un solo Padre (cfr Ef 4,5 ; 1Cor 10,17).
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settimana T.O. -
LODI venerdì
Su Nabaoth,
58
Mt 6,19-23
Accumulatevi
tesori in cielo
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Tu
che seppellisci il tuo oro sottoterra (Mt 25,25), sei il suo servo e
non il suo padrone : « Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo
cuore ». In quest’oro, hai quindi sepolto il tuo cuore. Vendi
piuttosto il tuo oro e compra la salvezza ; vendi il minerale e
acquista il Regno di Dio, vendi il campo e riscatta per te la vita
eterna.
Dico
questo in verità, poiché mi baso sulla parola stessa di colui che è
la Verità : « Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che
possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo » (Mt 19,21).
Non rattristarti all’udire queste parole, per paura che ti sia detto
come al giovane ricco : « Difficilmente un ricco entrerà nel regno
dei cieli » (Mt 19,23). Anzi, mentre leggi questa frase, considera
che la morte può strapparti questi beni, che la violenza di un
potente può rapirteli. Alla fin fine, avrai mirato solo a dei beni
minuscoli in luogo di grandi ricchezze ; questi sono soltanto tesori
di moneta invece di essere tesori di grazia. Per questo stesso
fatto, sono corruttibili invece di rimanere per sempre.
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settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Omelia sulla
carità : PG 31, 266 - 267; 275
Mt 6,19-23
Non accumulatevi
tesori sulla terra
di
San Basilio Magno nel quarto secolo
Perché
tormentarti e fare tanti sforzi per mettere la tua ricchezza al
riparo dietro la malta e i mattoni ? « Un buon nome vale più di
grandi ricchezze » (Pr 22 ,1). Ami il denaro per la considerazione
che esso ti procura. Pensa quanto più grande sarà la tua fama se ti
si può chiamare il padre, il protettore di migliaia di figli,
piuttosto che tenere nelle tue borse migliaia di monete d’oro. Che
tu lo voglia o no, dovrai ben lasciare qui il tuo denaro, un giorno.
Invece, la gloria di tutto il bene che avrai fatto, la porterai con
te fino davanti al sovrano Maestro, quando tutto un popolo,
accalcandosi per difenderti presso il giudice comune, ti chiamerà
per nomi che diranno che l’hai nutrito, che l’hai assistito, che sei
stato buono.
Quanto dovresti essere grato, felice e fiero dell’onore che ti viene
fatto. Non sarai tu a dover importunare gli altri alla loro porta.
Saranno loro ad accalcarsi alla tua. Però a questo punto, si
rabbuia il tuo viso, diventi inabbordabile, fuggi gli incontri per
paura di dovere lasciare un po’ di quello che tieni così
gelosamente. Non sai dire altro che : « non ho niente, non vi darò
niente, perché sono povero ». Povero lo sei, in realtà, e povero di
ogni bene : povero di amore, povero di bontà, povero di fiducia in
Dio, povero di speranza eterna.
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XIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Omelia sul
Vangelo di San Matteo, 1 ; PG 57, 294-296
Mt 6,24-34
Non
potete servire a Dio e a Mammona
di San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
Vedete quali vantaggi Gesù
Cristo ci promette e quanto i suoi precetti ci sono utili, poiché ci
liberano da mali così grandi. Il male che vi causano le ricchezze,
dice, non è soltanto fornire arme ai ladri contro di voi e riempire
la vostra mente di spesse tenebre. La grande piaga che fanno è
staccarvi dalla beata servitù di Gesù Cristo per rendervi schiavi di
un metallo insensibile e inanimato.
« Non
potete servire a Dio e al Denaro ». Tremiamo, fratelli, al pensiero
che costringiamo Gesù Cristo a parlarci del denaro come di una
divinità opposta a Dio ! Però, direte voi, gli antichi patriarchi
non hanno forse trovato il modo di servire insieme a Dio e al
denaro ? Niente affatto. Ma come Abramo, come Giobbe hanno emanato
tanto splendore per la loro magnificenza ? Vi rispondo che non
bisogna considerare qui coloro che hanno posseduto ricchezze, bensì
coloro che sono stati posseduti da esse. Giobbe era ricco ;
si serviva del denaro, però non serviva al denaro, ne era il padrone
e non l’adoratore. Considerava il suo bene, come se fosse stato
altro, si riteneva come suo dispensatore e non come suo
proprietario. Ecco perché non si afflisse quando lo perse.
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XIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI
SABATO
Catechesi 21, 1-3
Battezzati
in Cristo
di
San Cirillo di
Gerusalemme nel quarto secolo
Fratelli, battezzati in Cristo, rivestiti di Cristo
(Gal 3, 27),
siete stati configurati al Figlio di Dio. Infatti, Dio, che ci ha
predestinati all’adozione (Rm
8, 29), ci ha plasmati
(Gen 2, 7)
sul modello del corpo glorioso di Cristo… Siete divenuti dei
« cristi » poiché siete stati segnati con lo Spirito Santo. Tutto
quello che vi è successo è immagine di quello che è successo a
Cristo, del quale siete l’immagine
(Gen 1, 27).
Quando, dopo esser stato immerso nelle acque del Giordano, … Cristo
ne è uscito, lo Spirito Santo in persona è sceso su di lui. Così,
anche voi, usciti dal fonte battesimale, avete ricevuto la cresima ;
anche voi siete stati unti con il sacro crisma. Questo segno con il
quale Cristo stesso è stato unto è lo Spirito Santo… Infatti, Cristo
non è stato cresimato, né è stato unto dagli uomini. Il Padre in
persona lo ha stabilito Salvatore di tutto l’universo e unto con lo
Spirito Santo, come ha proclamato il profeta Davide : « Dio, il tuo
Dio ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi
eguali » (Sal 44, 8).
Come
Cristo che è stato veramente crocifisso, sepolto e risuscitato,
anche a voi, mediante il battesimo, è stato concesso di partecipare
simbolicamente alla sua croce, al suo sepolcro e alla sua
risurrezione. Ed è lo stesso per la cresima : Come Cristo è stato
unto con olio di letizia dallo spirito Santo…, perché esso è fonte
di gioia spirituale, anche voi siete stati unti con un olio santo,
dal quale siete stati resi partecipi e compagni di Cristo. Siete
stati dapprima unti sulla fronte per essere liberati dall’onta del
primo Adamo e poter contemplare, a viso scoperto, come in uno
specchio (2 Cor 3, 18),
la gloria di Cristo.
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XIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Omelie sui
vangeli, 26, 2-6
Andate a
dire ai suoi discepoli : ‘È risuscitato dai morti, e ora vi precede
in Galilea
di San
Gregorio Magno nel sesto secolo
Apposta è detto : « Vi precede in Galilea ; là lo vedrete, come vi
ha detto ». Galilea significa « fine della schiavitù ». Il Redentore
era già passato dalla passione alla risurrezione, dalla morte alla
vita, dal castigo alla gloria, dalla corruzione
all’incorruttibilità. Ma se i discepoli, dopo la risurrezione, lo
vedono prima in Galilea, è perché, dopo, noi contemplassimo nella
gioia, la gloria della sua risurrezione soltanto dopo aver lasciato
i nostri vizi per i vertici della virtù. C’è da fare uno
spostamento : se l’annuncio è fatto al sepolcro, Cristo si mostra
altrove…
Ci
sono due vite; ne conoscevamo una, ma non l’altra. C’era una vita
mortale e una vita immortale, una corruttibile e l’altra
incorruttibile, una di morte e l’altra di risurrezione. Allora venne
il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo
(1 Tm 2, 5),
che prese su di sé la prima vita e ci rivelò l’altra, che perse la
prima morendo, e ci rivelò l’altra risuscitando. Se avesse promesso,
a noi che conoscevamo la vita mortale, una risurrezione della carne
senza darcene una prova tangibile, chi avrebbe potuto prestare fede
alle sue promesse ?
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XIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Catechesi
13, 1-4 : PG 33, 771-778
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 1110 alt.)
Lc 9,18-24
La
via della salvezza
di San
Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo
Non
dobbiamo vergognarci della croce del Salvatore, ma anzi gloriarcene.
Perché se è vero che la parola della croce è « scandalo per i Giudei
e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 18.23), per noi è fonte di
salvezza. Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi
che siamo stati salvati è fortezza di Dio. Infatti, non era un
semplice uomo chi diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio
fatto uomo. Se una volta quell’agnello, immolato secondo la
prescrizione di Mosè, teneva lontano l’angelo sterminatore, non
dovrebbe avere maggior efficacia per liberaci dai peccati
« l’Agnello che toglie il peccato del mondo » (Gv 1, 29) ?
Sì,
Gesù ha veramente sofferto per tutti gli uomini. La croce non era un
simulacro. Altrimenti anche la redenzione sarebbe stata un
simulacro. La morte non era un’illusione. La Passione fu reale.
Cristo è stato veramente crocifisso ; non dobbiamo vergognarcene. È
stato crocifisso ; non dobbiamo negarlo. Anzi, lo dico con fierezza…
Riconosco la croce perché ho conosciuto la risurrezione. Se il
crocifisso fosse rimasto nella morte, forse non avrei riconosciuto
la croce e l’avrei nascosta, come pure avrei nascosto il mio
Maestro. Invece la risurrezione ha fatto seguito alla croce, e non
mi vergogno di parlare di essa.
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XIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Dai «Discorsi», papa
(Disc. per il Natale del Signore, 7, 2. 6; PL 54, 217-218. 220-221)
Conosci la dignità
della tua natura
di san Leone Magno nel quinto secolo
Nostro Signore
Gesù Cristo, nascendo vero uomo, senza cessare mai di essere vero
Dio, diede inizio, in se stesso, ad una nuova creazione e, con
questa nascita, comunicò al genere umano un principio spirituale.
Quale mente potrebbe comprendere questo mistero, o quale lingua
potrebbe esprimere questa grazia? L'umanità peccatrice ritrova
l'innocenza, l'umanità invecchiata nel male riacquista una nuova
vita; gli estranei ricevono l'adozione e degli stranieri entrano in
possesso dell'eredità.
Dèstati, o
uomo, e riconosci la dignità della tua natura! Ricordati che sei
stato creato ad immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è
deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo. Delle
creature visibili serviti in modo conveniente, come ti servi della
terra, del mare, del cielo, dell'aria, delle sorgenti, dei fiumi.
Quanto di bello e di meraviglioso trovi in essi, indirizzato a lode
e a gloria del Creatore.
Con il senso
corporeo della vista accogli pure la luce materiale, ma insieme
abbraccia, con tutto l'ardore del tuo cuore, quella vera luce che
illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9). Di
questa luce il profeta dice: «Guardate a lui e sarete raggianti, non
saranno confusi i vostri volti» (Sal 33, 6). Se noi infatti siamo
tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi, vale molto più
quello che ciascun fedele porta nel suo cuore, di quanto può
ammirare nel cielo.
Non vogliamo
con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le
opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede
nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo
esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la
bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti,
come dice l'Apostolo: «Le cose visibili son d'un momento, quelle
invisibili sono eterne» (2 Cor 4, 18).
Quindi, poiché
siamo nati per la vita presente, ma poi siamo rinati per quella
futura, non dobbiamo essere tutti dediti ai beni temporali, ma
tendere ai beni eterni. Per poter anzi contemplare più da vicino ciò
che speriamo, riflettiamo a quanto la grazia divina ha conferito
alla nostra natura.
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XIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Quanto stretta è
la porta e angusta la via che conduce alla vita
di
Papa Giovanni Paolo II
Sono
venuto ad incoraggiarvi sulla via del Vangelo, una via certo
stretta, eppure la via regale, sicura, provata da generazioni di
cristiani, insegnata dai santi… È la via sulla quale, come voi, i
vostri fratelli nella Chiesa universale si sforzano di camminare.
Questa via non passa dalla rassegnazione, dalle rinunce o dagli
abbandoni. Non si rassegna all’insulsaggine del senso morale, ed
auspicherebbe che la legge civile stessa aiutasse ad innalzare
l’uomo. Non cerca di sottrarsi, di rimanere inosservata ; richiede
invece l’audacia gioiosa degli apostoli. Bandisce quindi la
pusillanimità, pur mostrandosi perfettamente rispettosa verso coloro
che non condividono lo stesso ideale.
« Riconosci, o cristiano, la tua dignità ! » diceva il grande papa
San Leone. Ed io, suo indegno successore, dico a voi, fratelli miei
e sorelle mie : Riconoscete la vostra dignità ! Siate fieri della
vostra fede, del dono dello Spirito che il Padre vi ha fatto. Vengo
da voi come un povero, con l’unica ricchezza della fede, pellegrino
del Vangelo. Date alla Chiesa e al mondo l’esempio della vostra
fedeltà senza difetto e del vostro zelo missionario. La mia visita
da voi vuole essere… una chiamata ad uno slancio nuovo di fronte
alle responsabilità numerose che si offrono a voi.
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XIIA
settimana T.O. - LODI mercoledì
Libro di Vita di Gerusalemme
capitolo "Castità" paragrafo 84 |
XIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Sul Discorso
dalla montagna, 24, 81-82
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Dai loro
frutti li riconoscerete
di Sant’Agostino nel quinto secolo
L’Apostolo
insegna quali sono i frutti, riconosciuti i quali, riconosciamo
l’albero cattivo: « Son ben note le opere della carne: fornicazione,
impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie,
discordia, gelosia, dissensi, eresie, fazioni, invidie, ubriachezze,
orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho
detto, che chi le commette non erediterà il regno di Dio ». Ed egli
di seguito insegna quali sono i frutti, dai quali possiamo
riconoscere l’albero buono: « Frutto dello spirito è invece amore,
gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio
di sé » (Gal 5,19-23).
È opportuno riflettere che nel brano gioia è stata usata in senso
proprio, poiché non si può dire con proprietà che i cattivi
gioiscono ma che sono ebbri di gioia… Secondo questa proprietà, per
cui la gioia si dice soltanto dei buoni, anche il profeta afferma:
« Non c’è gioia per i malvagi, dice il Signore » (Is 48,22). Così la
fede, di cui si è parlato, certamente non una fede qualunque ma la
vera fede, e gli altri concetti, di cui si è parlato, hanno una
certa apparenza negli uomini cattivi e impostori, sicché ingannano
se l’altro non ha ormai l’occhio puro e sincero, con cui è
consapevole di questi fatti.
Nell’enumerazione dei frutti dello Spirito, il termine gioia è
stato usato in senso forte : solo i giusti possono godere di questa
gioia. Invece quella che rallegra l’empio non è nient’altro che
un’agitazione della mente.
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XIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Discorso 179,
8-9 ; PL 38, 970-971 (Nuova Biblioteca Agostiniana)
Ascoltare e
mettere in pratica
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Non
ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con
desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che
avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è
attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se
trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in
pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica
equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un
edificare.
« Chi
invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette
in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche
costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa;
ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur
ascoltando edifica sulla sabbia.
« Quale
necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora
qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò
mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In
realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle
toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa
vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi
sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non
edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in
rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di
alcun tetto se nulla ascolti…
Considera
dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai
sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia
sepolto, asportato, sommerso.
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XIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Lo Spirito
Santo plasma la Chiesa
di San
Ireneo di Lione nel secondo secolo
Il Signore
concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio,
diceva loro: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).
E' questo lo
Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere
negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché
ricevessero il dono della profezia. Perciò il Signore promise di
mandare lui stesso il Paraclito per renderci graditi a Dio. Infatti
come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, né diventa
un unico pane senza l'acqua, così neppure noi, moltitudine disunita,
potevamo diventare un'unica Chiesa in Cristo Gesù senza l'«Acqua»
che scende dal cielo. E come la terra arida se non riceve l'acqua
non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco,
non avremmo mai portato frutto di vita senza la «Pioggia» mandata
liberamente dall'alto.
Il lavacro
battesimale con l'azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti
nell'anima e nel corpo in quell'unità che preserva dalla morte.
Lo Spirito di
Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di
intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza
e di pietà, Spirito del timore di Dio (cfr. Is 11, 2).
Il Signore poi
a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il
Paraclito su tutta la terra, da dove, come disse egli stesso, il
diavolo fu cacciato come folgore cadente (cfr. Lc 10, 18). Perciò è
necessaria a noi la rugiada di Dio, perché non abbiamo a bruciare e
a diventare infruttuosi e, là dove troviamo l'accusatore, possiamo
avere anche l'avvocato.
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XIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Discorsi
82/69 per la festa degli apostoli Pietro e Paolo ; SC 200, 53
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2462)
Quando sarai
vecchio…, un altro ti porterà dove tu non vuoi
di
San Leone Magno nel quinto secolo
In
questa città di Roma, o beato Pietro, tu non temi di venire!... Non
temi Roma, maestra del mondo, tu che nella casa di Caifa hai avuto
paura davanti alla serva del sommo sacerdote. La potenza degli
imperatori Claudio e Nerone era forse minore del giudizio di Pilato
o del furore dei giudei? Poiché la forza dell’amore superava in te i
motivi della paura, non temevi coloro che la tua missione ti
chiamava ad amare. Avevi già ricevuto questa carità intrepida quando
l’amore che avevi confessato per il Signore era stato rafforzato
dalla sua triplice domanda (Gv 21,15)...
È
vero che a infonderti forza e fiducia concorrevano tanti miracoli,
carismi e prerogative di cui eri dotato... Così, senza dubitare del
felice successo dell’opera e consapevole dei limiti della tua età,
portavi il vessillo glorioso della croce nella roccaforte
dell’impero romano. In questo tuo ingresso ti precedeva per divina
disposizione sia l’onore del potere, che la gloria della tua futura
passione.
In questa
città ti venne incontro Paolo, tuo compagno di apostolato e vaso di
elezione (At 9,19), dottore destinato in modo speciale ai pagani (1
Tm 2,7). E questi si associò a te proprio in quel tempo in cui
qualsiasi vestigio di onestà, di rispetto, di libertà andava
scomparendo sotto la tirannia di Nerone. Il furore di costui,
consumato dal fuoco di tutti i vizi, lo trascinò a tal punto di
follia, che fu il primo a perseguitare atrocemente dovunque il nome
cristiano, credendo stoltamente che la grazia di Dio potesse essere
soffocata con l’uccisione dei fedeli... Ma “preziosa agli occhi del
Signore è la morte dei suoi fedeli” (Sal 115,15) e da nessuna forza
di crudeltà potrebbe mai essere distrutta la religione fondata sul
mistero della croce di Cristo. La Chiesa non viene diminuita dalle
persecuzioni: si accresce anzi e il campo del Signore si riveste di
messe sempre più abbondante, poiché i chicchi di frumento, mentre
cadono in terra, a uno a uno, rinascono moltiplicati. Migliaia di
santi martiri imitano il trionfo di questi due apostoli... hanno
coronato questa città di un diadema unico tempestato di innumerevoli
pietre preziose.
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XIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Primo discorso
per la festa di san Pietro e san Paolo, 1, 3, 5
Io ho pregato
per te, che non venga meno la tua fede ; e tu una volta ravveduto,
conferma i tuoi fratelli
di San
Bernardo nel dodicesimo secolo
Cristo mediatore « non commise peccato e non si trovò inganno sulla
sua bocca » (1 Pt 2, 22). Come oserei avvicinarmi a lui, io che sono
peccatore, anzi grande peccatore, i cui peccati sono più numerosi
della sabbia del mare ? Egli è estremamente puro, e io estremamente
impuro… Per questo Dio mi ha dato questi apostoli, che sono uomini e
peccatori, anzi grandi peccatori, che hanno imparato dalla loro
personale esperienza quanto dovevano essere misericordiosi nei
confronti degli altri. Colpevoli di grandi colpe, concederanno alle
grandi colpe un perdono facile e con la misura con la quale è stato
misurato per loro, misureranno per noi.
L’apostolo Pietro ha commesso un grande peccato, anzi forse non ce
n’è di più grande. Ha ricevuto per questo un perdono, così pronto e
facile, tanto da non aver perso nulla del privilegio del suo
primato. E Paolo che aveva scatenato una persecuzione senza limite
contro la Chiesa appena nata è condotto alla fede dalla chiamata del
Figlio di Dio in persona ; e in cambio di tanti mali viene colmato
di beni così grandi da divenire « lo strumento eletto per portare il
nome del Signore dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele »
(At 9, 15)…
Pietro e Paolo sono i nostri maestri : hanno pienamente imparato dal
solo Maestro di tutti gli uomini i sentieri della vita, e ci
ammaestrano ancora oggi.
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XIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Omelie sul
vangelo di Matteo, 27,1
Guarì molti
malati
San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
« Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò
gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati ». Vedi come la
fede della folla si accresce a poco a poco ? Nonostante l’ora
avanzata, non hanno voluto lasciare il Signore, hanno pensato che la
sera permetteva loro di portargli dei malati. Pensi a tutte le
guarigioni che gli evangelisti tralasciano ; non le raccontano tutte
una a una, ma in una sola frase, ci fanno vedere un oceano infinito
di miracoli. E affinché la grandezza del prodigio non ci porti
all’incredulità, affinché non siamo sconcertati al pensiero che tale
folla colpita da mali così diversi sia guarita in un istante, il
vangelo porta la testimonianza del profeta, tanto straordinaria e
sorprendente quanto i fatti stessi : « Perché si adempisse ciò che
era stato detto per mezzo del profeta Isaia : Egli ha preso le
nostre infermità e si è addossato le nostre malattie » (Is 53,4).
Non dice : « Egli ha distrutto », ma : « Egli ha preso » e « si è
addossato », dimostrando così, secondo me, che il profeta parla più
del peccato che delle malattie del corpo, ciò che è conforme alla
parola di Giovanni : « Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie
il peccato del mondo » (Gv 1,29).
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XIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Dal trattato «Su lo Spirito Santo»
(Cap. 9, 22-23; PG 32, 107-110)
Le operazioni
dello Spirito Santo
di san Basilio Magno nel quarto secolo
Lo Spirito Santo… è sorgente di santificazione e luce intelligibile.
Offre ad ogni creatura ragionevole se stesso e con se stesso luce e
aiuto per la ricerca della verità.
Inaccessibile per natura, può essere percepito per sua bontà. Tutto
riempie con la propria forza, ma si rende manifesto solo a quelli
che ne sono degni. Ad essi tuttavia egli non si dà in ugual misura,
ma si concede in rapporto all'intensità della fede.
Semplice nell'essenza, e molteplice nei poteri, è presente ai
singoli nella sua totalità ed è contemporaneamente e tutto dovunque.
Egli viene partecipato senza tuttavia subire alcuna alterazione. Di
lui tutti sono partecipi, ma egli resta integro, allo stesso modo
dei raggi del sole, i cui benefici vengono sentiti da ciascuno come
se risplendessero solo per lui e tuttavia illuminano la terra e il
mare e si confondono con l'aria…
Per lui i cuori si elevano in alto, i deboli vengono condotti per
mano, i forti giungono alla perfezione. Egli risplende su coloro che
si sono purificati da ogni bruttura e li rende spirituali per mezzo
della comunione che hanno con lui.
E
come i corpi molto trasparenti e nitidi al contatto di un raggio
diventano anch'essi molto luminosi ed emanano da sé nuovo bagliore,
così le anime che hanno in sé lo Spirito e che sono illuminate dallo
Spirito diventano anch'esse sante e riflettono la grazia sugli
altri…
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XIIIA
settimana T.O. -
Ufficio della Risurrezione
Domenica
Commento sul
Vangelo di Giovanni, 11, 7; PG 74, 497-499
Padre, ho fatto
conoscere il tuo nome agli uomini
di San Cirillo
Alessandrino nel quinto secolo
Il
Nostro Salvatore afferma di aver glorificato il nome di Dio suo
Padre. Cioè di aver reso la sua gloria illustre e sfolgorante su
tutta la terra. Come ? Mostrandosi egli stesso suo testimone e suo
annunciatore, compiendo opere straordinarie. Infatti, il Padre è
glorificato nel Figlio, come in un’immagine e un’impronta della sua
forma e della sua figura. Infatti le impronte riflettono sempre la
bellezza dei loro archetipi.
Il
Figlio ha fatto conoscere il nome del Padre non soltanto rivelandolo
e lasciandoci un insegnamento esatto sulla sua divinità. In fatti,
tutto ciò era stato proclamato prima della venuta del Figlio, dalla
Scrittura ispirata. Ma è anche insegnandoci che, pure essendo vero
Dio, è anche veramente Padre, e è qualificato così in verità, poiché
ha in sé e produce fuori di sé suo Figlio, coeterno alla sua natura.
Il
nome di Padre si confà a Dio più propriamente del nome di Dio :
questo è un nome di dignità, quello significa una proprietà
sostanziale. Infatti dire Dio vale a dire il Signore dell’universo.
Pero, chi lo chiama Padre, precisa la proprietà della sua persona.
Indica che lui genera. Che il nome di Padre sia più vero e più
proprio del nome di Dio, il Figlio stesso ce lo mostra quando lo
usa. Diceva infatti non « Io e Dio » ma proprio « Io e il Padre
siamo una cosa sola » (Gv 10, 30). E diceva anche « E’ il Figlio. Su
di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo » (Gv 6, 27).
E
quando ha prescritto ai suoi discepoli di battezzare tutte le
nazioni, ha espressamente ordinato di farlo non nel nome di Dio, ma
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
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XIIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Lc 9, 57-62
Vita di
Sant’Antonio, 19-20
Seguire
Cristo sulla via retta
Di Sant’Atanasio
nel quarto secolo
Un giorno, tutti i monaci
vennero a vedere Antonio e lo pregarono di rivolgere loro la parola.
Egli disse: ... Eccoci iniziati, ecco che ci siamo incamminati sulla
via della virtù. Ora, camminiamo sempre avanti per giungere alla
meta (Fil 3,14).
Nessuno si volga indietro come la moglie di Lot
(Gen 9,26),
perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e
poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Volgendosi
indietro è null’altro che cambiare parola e riprendere gusto nelle
cose di questo mondo. Non temete quando sentite parlare di virtù e
non stupitevi di questa parola. Infatti la virtù non è lontano da
noi: non nasce fuori di noi; è affar nostro, e la cosa è semplice
purché lo vogliamo.
I
pagani lasciano il proprio paese e attraversano il mare per studiare
le lettere. Noi invece non abbiamo bisogno di lasciare il nostro
paese per giungere al Regno dei cieli, né di attraversare il mare
per acquistare la virtù. Infatti il Signore ha detto: “Il Regno dei
cieli è in mezzo a voi” (Lc
17,21). Quindi la virtù non
ha bisogno di nulla se non del nostro volere, poiché è in mezzo a
noi e nasce dentro di noi. Se conserveremo la parte intelligente
della nostra anima conforme alla sua natura, la virtù nascerà.
L’anima è nel suo stato naturale quando dimora così come è stata
fatta; è stata fatta bellissima e rettissima. Per questo Giosuè,
figlio di Nun, esortava il popolo dicendo: “Raddrizzate il vostro
cuore davanti il Signore, Dio di Israele”
(Gs 24,23).
E Giovanni Battista : “Raddrizzate i suoi sentieri”
(Mt 3,3).
L’essere diritta, per
l’anima, è custodire la sua intelligenza così come è stata creata.
Al contrario, quando devia e si svia dal suo stato naturale, allora
si parla di vizio dell’anima. La cosa non è quindi difficile... Se
dovessimo cercare la cosa fuori di noi, questa sarebbe davvero
difficile. Ma poiché essa è dentro di noi, guardiamoci dai pensieri
impuri e custodiamo la nostra anima per il Signore, come se avessimo
ricevuto un deposito, affinché egli riconosca la sua opera, trovando
la nostra anima tale quale egli l’ha fatta.
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XIIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Commento sul
vangelo di Giovanni, 12, 22; PG 74, 729-736
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 647)
Beati quelli che
pur non avendo visto crederanno
di
San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo
Questa espressione del Salvatore è piena di una singolare
provvidenza e ci può essere di massima utilità. Infatti anche in ciò
ha provveduto non poco alle nostre anime, perché è buono, e « vuole
che tutti gli uomini si salvino e giungano alla coscienza della
verità » (1 Tm 2, 4).
Tutto
ciò è veramente degno di ammirazione. Per offrire indistintamente a
tutti gli uomini la credibilità della fede, era necessario aver
pazienza con Tommaso che parlava in quel modo e con gli altri
discepoli che ritenevano Cristo uno spirito e un fantasma ; e
mostrare i segni dei chiodi e la ferita del costato, e prender cibo
in modo inconsueto e senza necessità ; affinché non rimanesse
assolutamente nessun motivo di incredulità in coloro che cercavano
queste cose per poter credere.
Ma
chi invece accoglie ciò che non ha visto e crede vero ciò che il
Maestro gli fa giungere alle orecchie, questi onora con grande fede
colui che viene predicato. Perciò è detto beato chiunque crederà
alla voce dei santi apostoli che, come dice Luca, furono « testimoni
dei fatti e ministri della parola » (Lc 1, 2). Ad essi dobbiamo
anche obbedire, se bramiamo la vita eterna e stimiamo cosa grande
abitare nelle celesti dimore.
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XIIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Mt 8,23-27
Dai “Discorsi”
A un
comando di Cristo viene la tranquillità
di
sant’Agostino nel quinto secolo
Vi
parlo, con l’aiuto di Dio, della lettura appena terminata del santo
vangelo, per esortavi affinché non dorma la fede nei vostri cuori
all’infuriare delle tempeste e dei marosi di questo mondo. Non
sembrerebbe certo che Cristo Signore avesse la morte e il sonno in
suo potere, se il sonno si impadronì dell’Onnipotente mentre era
sulla barca in alto mare. Se credere questo, la fede dorme in voi:
ma se in voi veglia Cristo, la vostra fede è desta. L’Apostolo dice
: “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori”
(Ef 3, 17).
Dunque anche il sonno di Cristo è segno di un mistero. I naviganti
sono le anime, che passano in questa vita come sopra une barca.
Anche quella nave raffigura la Chiesa. Tutti certo sono tempio di
Dio; ciascuno poi naviga nel suo cuore, e non naufraga se pensa a
cose buone.
È
giunta al tuo orecchio un’ingiuria; è vento; sei adirato, è un
maroso. Quando il vento soffia e i flutti si agitano è in pericolo
la nave; è in pericolo il tuo cuore e va alla deriva. Desideri
vendicarti dell’oltraggio udito: ed ecco ti vendichi e, cedendo al
male altrui, hai fatto naufragio. Come mai? Perché Cristo dorme in
te. E perché dorme in te ? Ti sei dimenticato di lui. Sveglia dunque
Cristo, ricordati di Cristo, vigili in te Cristo; pensa a lui. Che
cosa volevi? Essere vendicato. Ti è accaduto questo, mentre egli
quando veniva crocifisso disse “Padre, perdonali, perché non
sanno quello che fanno” (Lc
23, 34)
Dormiva nel tuo cuore colui che non volle essere vendicato.
Sveglialo, ricordati di lui. Il suo ricordo sia la tua parola: suo
ricordo sia il suo comandamento. E se in te veglia Cristo, di’ a te
stesso : Che uomo sono io da voler essere vendicato? Chi sono io da
permettermi di minacciare un altro? Forse morirò prima di
vendicarmi. Ma quando col respiro affannoso, ardente d’ira e
assetato di vendetta, uscirò dal corpo, non mi riceverà colui che
non ha voluto vendicarsi; non mi accoglierà colui che disse : “Date
e vi sarà dato, perdonate e vi sarà perdonato”
(Lc 6, 38-39).
Dunque, frenerò la mia ira e tornerò alla pace del mio cuore. Cristo
ha comandato al mare ed è venuta la bonaccia.
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XIIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Vegliamo che il
tempio del Dio vivente sia puro
di san Leone Magno nel quinto secolo
Carissimi, l’insegnamento degli apostoli ci ammonisce affinché,
deposto l’uomo vecchio con le sue azioni, ogni giorno ci rinnoviamo
con uno stile di vita santa (cfr. Col 3, 9-10). Se infatti siamo il
tempio di Dio e lo Spirito Santo abita nella nostra anima come dice
l’Apostolo : “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6,
16), dobbiamo stare molto attenti a che la dimora del nostro cuore
sia indegna di tanto ospite.
E
come nelle abitazioni umane si provvede con lodevole diligenza a
riparare tempestivamente le lesioni dovuto all’infiltrazione delle
piogge, alla furia delle intemperie o alla stessa antichità, con
uguale sollecitudine dobbiamo preoccuparci affinché nei nostri animi
nulla vi sia di scomposto, nulla di impuro. Quantunque infatti il
nostro edificio non sussista senza l’opera del suo artefice, e la
nostra fabbrica non possa essere incolume senza l’anticipata
protezione del costruttore, tuttavia, poiché siamo pietre razionali
e il materiale vivente, la mano del nostro autore ci ha strutturati
in modo tale che chi subisce riparazioni lavori anch’esso con chi le
opera.
La
sottomissione umana dunque non si sottragga alla grazia divina, né
si allontani da quel Bene senza il quale i beni non esistono. E se
nel praticare i comandamenti troviamo qualcosa che chi è
personalmente impossibile o difficile a eseguirsi, non restiamo in
noi stessi, ma ricorriamo a colui che ce l’impone; egli infatti ci
dà il precetto proprio per suscitare il nostro desiderio e offrirci
l’aiuto, come dice il profeta: “Getta nel Signore il tuo affanno,
ed egli ti darà sostegno” (Sal 54, 23).
O
forse c’è qualcuno tanto insolente e superbo, che si ritiene così
intatto e puro da non aver bisogno di nessun rinnovamento? È molto
ingannevole simile persuasione, e chiunque tra le tentazioni di
questa vita si crede immune da ogni ferita, invecchia in una grande
stoltezza.
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XIIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Constituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes),
9-10
Lo pregarono che
si allontanasse dal loro territorio
dalla costituzione “Gaudium et Spes del
Concilio Vaticano II
Il mondo si
presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il
meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della
libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della
fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende coscienza che dipende
da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono
schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.
In verità gli
squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel
più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È
proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si combattono a
vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille
modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini
nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato
da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a
rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa
quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (Rm 7,14). Con
tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano
sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova
acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?
Qual è il
significato del dolore, del male, della morte, che continuano a
sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste
pagate a così caro prezzo? Che apporta l'uomo alla società, e cosa
può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco: la
Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre
all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla
sua altissima vocazione; né “è dato in terra un altro Nome agli
uomini, mediante il quale possono essere salvati” (At 4,12). Essa
crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il
centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma
che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse
trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che “è sempre lo
stesso: ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8).
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XIIIA
settimana T.O. -
LODI giovedi
Omelie sul
vangelo secondo Matteo, n°29, 2 ; PG 57, 359-360
« Coraggio,
figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati »
di
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
I
giudei confessavano che Dio solo può rimettere i peccati. Pertanto
Gesù, anche prima di rimettere i peccati, rivela i segreti dei
cuori, mostrando così che egli possiede anche questo potere, che è
riservato a Dio... Sta scritto infatti: “Solo tu, Signore, conosci
il cuore dei figli dell’uomo” (2 Cr 6,30)... Gesù rivela dunque la
sua divinità e la sua uguaglianza con il Padre svelando agli scribi
il fondo del loro cuore, divulgando i pensieri che loro non osavano
dichiarare apertamente per paura della folla. E questo, egli fece
con grande mitezza.
Il
paralitico avrebbe potuto manifestare la sua delusione a Cristo
dicendo: “E sia! Sei venuto per curare un’altra malattia e guarire
un altro male, cioè il peccato. Ma quale prova avrò che i miei
peccati sono stati perdonati?” Eppure non dice nulla di questo, ma
si fida di colui che ha il potere di guarirlo...
Agli
scribi, Cristo ha detto: “Che cosa è più facile, dire: Ti sono
rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?” In altri termini: Cosa
vi sembra più facile? Mostrare il proprio potere su un corpo inerte,
o perdonare a un’anima le sue colpe? Certamente è guarire un corpo,
poiché il perdono dei peccati supera quella guarigione, tanto
l’anima è superiore al corpo. Ma poiché una di queste opere è
visibile, e non l’altra, compirò ugualmente l’opera visibile e in
forma minore, per provare quella più grande e invisibile. In quel
momento, Gesù testimonia con le sue opere che è lui colui “che
toglie i peccati del mondo” (Gv 1,29).
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XIIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
La folla rese
gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini
di
San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo
Il paralitico,
incurabile, era steso sul suo letto. Avendo esaurito l’arte dei
medici, venne, portato dai suoi, verso l’unico vero medico, il
medico che viene dal cielo. Ma quando fu posto davanti a colui che
poteva guarirlo, fu la sua fede ad attirare lo sguardo del Signore.
Per mostrare bene che questa fede era capace di distruggere il
peccato, Gesù dichiarò subito : « Ti sono rimessi i tuoi peccati ».
Forse uno mi dirà : « Quest’uomo voleva essere guarito dalla sua
malattia, perché dunque Cristo gli annuncia la remissione dei suoi
peccati ? » Questo avvenne affinché tu imparassi che Dio vede il
cuore dell’uomo nel silenzio, e senza rumore contempla i sentieri di
tutti i viventi. La Scrittura dice infatti : « Gli occhi del Signore
osservano le vie dell’uomo, ed egli vede tutti i suoi sentieri » (Pr
5, 21).
Eppure mentre
Gesù diceva « Ti sono rimessi i tuoi peccati », lasciava il campo
libero all’incredulità ; infatti il perdono dei peccati non si vede
con i nostri occhi di carne. Quindi quando il paralitico si alza e
cammina, manifesta con evidenza che Cristo possiede la potenza di
Dio…
Chi possiede
questo potere ? Lui solo o anche noi ? Anche noi, con lui. Lui,
perdona i peccati perché è l’uomo Dio, il Signore della Legge.
Quanto a noi, abbiamo ricevuto questa grazia ammirabile e
meravigliosa, perché egli ha voluto dare questo potere all’uomo. Ha
detto infatti agli apostoli : « In verità vi dico : tutto quello che
scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo » (Mt 18,
18) ; E ancora : « A chi rimetterete i peccati saranno rimessi » (Gv
20, 23).
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XIIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Omelie sui
vangeli, I, 21 ; CCL 122, 149-151
(In l'Ora
dell'Ascolto p.2610)
A tavola con Gesù
di San Beda il
Venerabile nel settimo secolo
« Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti
pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i suoi
discepoli ». Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di
ciò che è accaduto, capiremo che Matteo non si limitò ad offrire al
Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione
materiale ma, con la fede e l’amore, gli preparò un convito molto
più gradito nell’intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice :
« Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi
apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap
3, 20).
Gli
apriamo la porte per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo
volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci
applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi
per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo
amore, viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con
la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare
sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui
ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli
offrissero vivande gustosissime.
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XIIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Seguimi
di Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Ecco
la misteriosa vocazione del pubblicano. Il Cristo gli da l’ordine di
seguirlo, non con un passo materiale, bensì con il moto del
suo cuore. E quest’uomo che fino a quel momento aveva tratto
avidamente il suo profitto dalle merci, che sfruttava duramente le
fatiche e i pericoli dei marinai, lascia tutto su una parola di
chiamata. Lui che prendeva i beni altrui, abbandona i propri beni.
Lui che stava seduto dietro il suo triste banco, cammina con tutta
l’anima dietro il Signore. E prepara un grande banchetto : l’uomo
che riceve il Cristo nella sua dimora interiore viene saziato di
delizie senza misura, di sovrabbondanti gioie. Quanto al Signore,
entra volentieri, e si mette alla tavola apparecchiata dall’amore di
colui che ha creduto.
Allo
stesso momento, si rivela la differenza fra i sostenitori della
Legge e i discepoli della grazia. Fermarsi alla Legge, equivale a
subire, in un cuore a digiuno, una fame senza rimedio. Accogliere
interiormente la Parola, riceverla nell’anima, è trovare il
rinnovamento nell’abbondanza del cibo e della sorgente eterni, cioè
non avere più fame, non avere più sete.
Se il
Signore mangia con i peccatori, sarebbe forse per vietare a noi, di
condividere la tavola e la vita con i pagani ? Ci dice : "non sono i
sani che hanno bisogno del medico, ma i malati." Il medico nuovo ci
porta un rimedio nuovo. Non si tratta di un prodotto che la terra fa
germogliare, e tutte le scienze della creazione non lo saprebbero
preparare.
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XIIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Il digiuno degli
amici dello Sposo
di
San Pietro Crisologo nel quinto secolo
« Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo spesso, i tuoi discepoli
non digiunano ? » Perché per voi il digiuno è questione di legge e
non un dono spontaneo. In se stesso, il digiuno non ha nessun
valore. Ciò che importa è il desiderio di colui che digiuna. Quale
profitto pensate trarre, voi che digiunate solo perché costretti ?
Il digiuno è un aratro stupendo per arare il campo della santità :
rivolta i cuori, sradica il male, estirpa il peccato, sotterra il
vizio, semina la carità ; mantiene la fecondità e prepara la
mietitura dell’innocenza. I discepoli di Cristo, invece, sono posti
al cuore stesso del campo maturo della santità, raccolgono i covoni
delle virtù, gioiscono del Pane della nuova raccolta : non possono
dunque praticare digiuni ormai sorpassati.
« Perché i tuoi discepoli non digiunano ? » Il Signore risponde
loro : « Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo
Sposo è con loro ? » Chi prende moglie lascia il digiuno da parte,
abbandona l’austerità ; si dedica completamente alla gioia,
partecipa ai banchetti ; si mostra in tutto affabile, amabile e
allegro ; fa tutto ciò che gli ispira il suo affetto per la sua
sposa. Il Cristo celebrava allora le sue nozze con la Chiesa :
perciò accettava di prendere parte a dei convivi, e non si rifiutava
a coloro che lo invitavano ; pieno di benevolenza e di amore, si
mostrava umano, abbordabile, amabile. Voleva infatti unire l’uomo a
Dio, e fare dei suoi compagni i membri della famiglia divina.
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XIIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Dalle «Catechesi»
(Catech. 13, 1. 3. 6. 23; PG 33,
771-774. 779. 799. 802)
La croce sia la tua gioia anche in tempo di persecuzione
di
san Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo
Senza dubbio ogni azione di Cristo è fonte di gloria per la Chiesa
cattolica; ma la croce è la gloria delle glorie. E' proprio questo
che diceva Paolo: Lungi da me il gloriarmi se non nella croce di
Cristo (cfr. Gal 6, 14).
La gloria della croce ha illuminato tutti coloro che erano ciechi
per la loro ignoranza, ha sciolto tutti coloro che erano legati
sotto la tirannide del peccato e ha redento il mondo intero…
Non dobbiamo vergognarci dunque della croce del Salvatore, anzi
gloriamocene. Perché se è vero che la parola «croce» è scandalo per
i Giudei e stoltezza per i pagani, per noi è fonte di salvezza.
Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi, che
siamo stati salvati, è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice
uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio
stesso, fattosi uomo…
Egli non morì contro la sua volontà, né fu la violenza a
sacrificarlo, ma si offrì di propria volontà. Ascolta quello che
dice: Io ho il potere di dare la mia vita e il potere di riprenderla
(Gv 10, 18). Egli dunque andò incontro alla sua passione di propria
volontà, lieto di un'opera così sublime, pieno di gioia dentro di sé
per il frutto che avrebbe dato, cioè la salvezza degli uomini. Non
arrossiva della croce, perché procurava la redenzione al mondo. Né
era un uomo da nulla colui che soffriva, bensì Dio fatto uomo, e
come uomo tutto proteso a conseguire la vittoria nell'obbedienza.
Perciò la croce non sia per te fonte di gaudio soltanto in tempo di
tranquillità, ma confida che lo sarà parimenti nel tempo della
persecuzione. Non ti avvenga di essere amico di Gesù solo in tempo
di pace e poi nemico in tempo di guerra.
Ora ricevi il perdono dei tuoi peccati e i grandi benefici della
donazione spirituale del tuo re e così, quando si avvicinerà la
guerra, combatterai da prode per il tuo re…
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XIVA
settimana T.O. - UFFICIO DI
RISURREZIONE Domenica
Commento morale a GIOBBE XXXV, 17
L’ottavo giorno
di San
Gregorio Magno nel sesto secolo
Il numero sette simboleggia l’universalità del tempo. Ecco perché
tutto il tempo della vita presente si svolge al ritmo di sette
giorni. Ecco perché l’arca del Signore, profezia della santa chiesa,
che in tutto questo tempo gira il mondo predicando, abbatté le mura
di Gerico dopo aver girato attorno ad esse per sette giorni al suono
delle trombe. Ecco perché il profeta dice: “Sette volte al giorno io
ti lodo” (Sal 118, 16.).
Egli stesso, facendo intendere che dice questo in ordine a ogni
istante di tutto il tempo della sua preghiera, aggiunge: “Sulla mia
bocca sempre la sua lodo” (Sal
33, 2).
Che poi
il numero sette indichi la totalità della vita presente risulta più
chiaramente quando ad esso si aggiunge l’ottavo. Quando al sette si
aggiunge uno, con questa aggiunta si vuol significare che il tempo
destinato a finire si conclude con l’eternità. Ecco perché Salomone
esorta: “Fanne sette od otto parti”
(Qo 11, 2).
Col numero sette fa riferimento al tempo presente che è legato al
ritmo di sette giorni, col numero otto invece indica la vita eterna,
che il Signore ci ha manifestato con la sua risurrezione. Egli è
risorto di domenica, che, facendo seguito al settimo giorno, cioè al
sabato, risulta l’ottavo giorno in ordine alla creazione. Dicendo:
“Fanne sette od otto parti”, Salomone intendeva dire. Disponi le
cose temporali in modo da non dimenticarti di aspirare a quelle
eterne.
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XIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Lc 10, 1-12
“Come
agnelli in mezzo a lupi”
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Quando manda i suoi discepoli nella sua messe…, Gesù dice loro:
“Ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Questi sono animali
nemici, ma il buon pastore non teme i lupi per il suo gregge; i suoi
discepoli non sono mandati per essere una preda, bensì per
diffondere la grazia. La sollecitudine del buon pastore fa sì che i
lupi non possono intraprendere nulla contro gli agnelli. Li manda
quindi perché si realizzi questa parola: “Il lupo e l’agnello
pascoleranno insieme” (Is
65, 25).
Del
resto, ai discepoli mandati è stato dato di non prendere il bastone
per il viaggio. Cos’è il bastone se non l’insegna del potere, lo
strumento che vendica il dolore? Perciò quello che l’umile Signore
ha prescritto, i suoi discepoli lo compiono nel praticare l’umiltà.
Infatti li manda a seminare la fede, non per forza, bensì per mezzo
dell’insegnamento. Non dispiegando la forza del loro potere, bensì
esaltando la dottrina dell’umiltà. E ha ritenuto bene unire l’umiltà
alla pazienza, come testimonia Pietro: “Oltraggiato non
rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta”
(1 Pt 2, 23).
Questo equivale a dire: “Siate i miei imitatori, lasciate perdere il
gusto per la vendetta, rispondete ai colpi dell’arroganza non
rendendo il cattivo modo di agire, bensì mostrando una pazienza
piena di bontà. Nessuno deve imitare personalmente ciò che
rimprovera negli altri; la mitezza infligge colpi più duri agli
insolenti”. Il Signore ha risposto a tale colpo dicendo: “Se uno
ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra”
(Mt 5, 39).
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XIVA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Mt 9, 32-38
« La messe è molta »
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Il
Cristo era pieno di ardore per la sua opera e stava per mandare
operai… manderà dunque mietitori. « Qui infatti si realizza il
detto : uno semina e uno miete. » Io vi ho mandati a mietere ciò che
non avete lavorato ; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel
loro lavoro » (Gv 4, 37-38).Come ?
Ha mandato mietitori senza mandare seminatori ? Dove ha mandato
mietitori ? Dove altri avevano lavorato. Dove i profeti avevano
prima predicato. Infatti erano loro stessi i seminatori…Quindi chi
sono quelli che hanno lavorato ? Abramo, Isacco, Giacobbe. Leggete
il racconto delle loro imprese : in ognuna si trova una profezia di
Cristo ; sono stati dunque seminatori. Quanto a Mosè, agli altri
patriarchi, a tutti i profeti, quanto hanno sopportato nel freddo,
nel tempo in cui seminavano ! In Giudea pertanto, la messe era già
pronta. E si capisce che la messe era matura nel momento in cui
tante migliaia di uomini consegnavano l’importo dei loro beni, lo
deponevano ai piedi degli Apostoli (At 4, 35) e con le spalle
liberate dal peso del secolo (Sal
81, 7), si mettevano alla
sequela di Cristo, Signore. La messe era veramente giunta a
maturazione.
Cosa
ne è risultato ? Da questa messe, alcuni chicchi sono stati tolti e
hanno seminato l’universo. Ed ecco che spunta un’altra messe
destinata ad essere raccolta alla fine dei secoli… Per raccogliere
questa messe, non saranno più gli Apostoli ad essere mandati, ma gli
angeli.
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XIVA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Sermons on Subjects of the Day, § 21
Mt 9,32-38
Vedendo le folle
ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore
senza pastore
del Cardinal John Henry Newman nel
diciannovesimo secolo
Guardatevi intorno, fratelli miei… ; perché tanti cambiamenti e
lotte, tanti partiti e sette, tante credenze ? Perché gli uomini
sono insoddisfatti e inquieti. E perché sono inquieti, ognuno con il
proprio salmo, la propria dottrina, la propria lingua, la propria
rivelazione, la propria interpretazione ? Sono inquieti perché non
hanno trovato. Purtroppo ! è proprio così in questo paese, detto
cristiano : tanti uomini non hanno tratto quasi nulla dalla
religione, se non una sete per ciò che non possiedono, una sete cioè
della vera pace, insieme con la febbre e l’agitazione generate dalle
sete. Eppure tutto ciò non li ha ancora portato alla presenza di
Cristo che è « pienezza della gioia » (Gv 15,11) e « dolcezza senza
fine » (Sal 15,11)…
Triste spettacolo : il popolo di Cristo erra sui colli « come pecore
senza pastore ». Invece di cercarlo nei luoghi che egli ha sempre
frequentato e nella dimora che egli ha stabilita, si affaccenda con
espedienti umani, segue guide straniere e si lascia affascinare da
opinioni nuove, diventa il burattino del caso e dell’umore del
momento e la vittima della volontà propria. È pieno di ansietà, di
perplessità, di gelosia e di allarme, « sballottato dalle onde e
portato qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno
degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre
nell’errore » (Ef 4,14). Tutto ciò perché non cercano questo « unico
Corpo, questo unico Spirito, questa unica Speranza della loro
vocazione, questo unico Signore, questa unica fede, questo unico
battesimo, questo unico Dio Padre di tutti » (Ef 4, 5-6) per poter
trovarvi « ristoro per le loro anime » (Mt 11,29).
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XIVA
settimana T.O. -
LODI
Mercoledì
Mt 10, 1-7
Prima Apologia, 39-42
« Strada
facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino »
San
Giustino nel secondo secolo
Quando lo Spirito profetico annuncia il futuro, ecco come parla :
« Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli.
Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci ; un
popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si
eserciteranno più nell’arte della guerra »
(Is 2, 3).
Queste parole si sono realizzate in un modo molto convincente.
Dodici uomini sono partiti via da Gerusalemme per percorrere la
terra. Erano uomini semplici e non sapevano parlare. Eppure, in
virtù della potenza divina, hanno annunciato a tutti gli uomini che
erano stati mandati da Cristo per insegnare a tutti la parola di
Dio. E noi, che un tempo non sapevamo far altro che ucciderci l’un
l’altro, non soltanto non combattiamo più i nostri nemici, ma, per
non mentire, né ingannare i nostri giudici, confessiamo Cristo con
gioia e moriamo martiri…
Ascoltate ciò che è stato detto riguardo a coloro che avrebbero
annunciato la sua venuta. Parla il re profeta Davide, ispirato dallo
Spirito profetico : « Il giorno al giorno ne affida il messaggio e
la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non
sono parole, di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si
diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola »
(Sal 18, 2)…
In un’altra profezia, lo Spirito profetico annuncia allo stesso
Davide : « Da tutta la terra, cantate al Signore un canto nuovo,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza”
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XIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Mt 10, 1-7
« Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele »
di Isacco
della Stella nel
dodicesimo secolo
Cristo è venuto a cercare l’unica pecora che si era persa
(Mt
18, 12).
È per lei che il Buon Pastore è stato mandato nel tempo, lui, che da
sempre è stato promesso ; per lei è nato ed è stato inviato. È
unica, proveniente sia dei giudei che dalle nazioni, proveniente da
tutte le nazioni, unica nel mistero, molteplice nelle persone,
molteplice nel corpo, secondo la natura, unica nello Spirito secondo
la grazia, insomma, una sola pecora, e una folla senza numero.
Questo è il motivo per cui, Colui che è venuto a cercare l’unica
pecora, è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele »
(Mt 15, 24).
Ora ciò che il pastore riconosce come suo « nessuno lo rapirà dalla
sua mano » (Gv 10, 28).
Poiché non si può costringere la potenza, ingannare la saggezza,
distruggere la carità.
Perciò egli
parla con franchezza, dicendo : « Di coloro che mi hai dato, nessuno
è andato perduto » (Gv 17, 12).
Ed è stato mandato come verità per coloro che erano stati ingannati,
come vita per coloro che erano morti, come saggezza per coloro che
erano insensati, come rimedio per i malati, come riscatto per i
prigionieri e come cibo per quelli che morivano di fame. In tutti
loro, si può dire che è stato mandato « alle pecore perdute della
casa d’Israele », affinché, non fossero perdute per sempre.
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XIVA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Sull’unità
della Chiesa cattolica
« La vostra
pace scenda sopra di essa »
San
Cipriano nel terzo secolo
Lo
spirito Santo ci dà questo avvertimento : « Cerca la pace e
perseguila »
(Sal 34, 15).
Il figlio di pace deve cercare e perseguire la pace. Chi conosce e
ama il vincolo della carità deve preservare la sua lingua dal
peccato della discordia. Fra le sue prescrizioni divine e i suoi
comandamenti di salvezza, il Signore, la vigilia della sua Passione,
ha aggiunto questo : « Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. »
(Gv 14,
27)
Tale è l’eredità che ci ha lasciata : la promessa di tutti i doni,
di tutte le ricompense che vediamo in prospettiva, è stata legata
alla custodia della pace. Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella
pace di Cristo. Se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici :
« Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di
Dio. »
(Mt 5, 9)
Bisogna che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici
nelle parole, in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente
con il vincolo di un pensiero unanime.
Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli.
In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle
prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge
l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di
ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.
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XIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Commento sul Diatèssaron 8,3-4 ;
SC
121, 159
« Se
quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenderà sopra di essa »
Sant’Efrem
Siro nel quarto secolo
« In qualunque casa entriate, prima dite : Pace a questa casa »
(Lc 10,5)
affinché il Signore stesso vi entri e vi soggiorni, come presso
Maria… Questo saluto è il mistero della fede che illumina il mondo ;
in esso, l’inimicizia viene spenta, la guerra fermata e gli uomini
si riconoscono a vicenda. L’effetto di questo saluto era nascosto da
un velo, nonostante la prefigurazione del mistero della risurrezione…
quando sorge la luce e l’aurora caccia la notte. A partire da questo
invio di Cristo, gli uomini hanno cominciato a dare e a ricevere
questo saluto, fonte di guarigione e di benedizione…
Tale saluto, con la sua potenza nascosta… basta ampiamente
per tutti gli uomini. Per questo il Nostro Signore l’ha mandato con
i suoi discepoli come annunciatori, affinché esso realizzasse la
pace e, portato dalla voce degli apostoli, suoi inviati, preparasse
la via davanti a loro. Esso era seminato in ogni casa… ; entrava in
tutti coloro che lo intendevano, per separare e mettere da parte i
suoi figli che esso riconosceva. In essi rimaneva, mentre denunziava
coloro che gli erano stranieri, poiché non lo accoglievano.
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XIVA
settimana T.O. -
LODI VENERDI
Libro di Vita
Cap. “Nel cuore del mondo”
§
138
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XIVA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Giornale
dell’anima
Siate prudenti
come i serpenti e semplici come le colombe
del Beato Giovanni
XXIII
Occorre trattare ognuno con rispetto, con prudenza e con una
semplicità evangelica… Questo è conforme all’esempio di Gesù : dar
prova della semplicità più attraente, senza pure abbandonare la
prudenza dei sapienti e dei santi che Dio aiuta. La semplicità può
suscitare, non dico dello sdegno, ma una minore considerazione da
parte dei furbi. Non importa se i furbi, di cui non si deve tenere
alcun conto, infliggono qualche umiliazione con i loro giudizi e le
loro battute di spirito ; tutto torna a loro danno e confusione. Chi
è « semplice, retto e temendo Dio » è sempre il più degno e il più
forte. A condizione naturalmente, che sia sempre sostenuto da una
prudenza saggia e piena di grazia.
È
semplice chi non si vergogna di confessare il Vangelo anche davanti
a uomini che vedono in esso soltanto una debolezza e una puerilità,
e di confessarlo in ogni sua parte, in ogni occasione e in presenza
di chiunque. Non si lascia ingannare o trascinare dal prossimo nel
suo giudizio, e non perde la serenità dell’anima qualunque sia
l’atteggiamento che gli altri assumono nei suoi confronti.
È
prudente chi sa tacere una parte della verità che sarebbe
inopportuno manifestare, e che può tacere senza che il suo silenzio
alteri o falsifichi la parte della verità che ha detta ; egli sa
raggiungere li buoni fini che si propone, scegliendo i mezzi più
efficaci… ; in ogni circostanza distingue l’essenziale e non si
lascia ingombrare dall’accessorio… ; all’inizio di tutto ciò, egli
spera la riuscita da Dio solo.
Non
c’è nulla nella semplicità che contraddica la prudenza, e vice
versa. La semplicità è amore ; la prudenza è pensiero. L’amore
prega, l’intelligenza veglia : « Vegliate e pregate » (Mt 26,41). In
una conciliazione perfetta. L’amore è come la colomba che geme ;
l’intelligenza, rivolta all’azione, è come il serpente che non cade
mai a terra, né si urta, perché avanza tastando con il capo ogni
asperità del terreno.
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XIVA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Mt 10,
24-33
Commento
sul salmo 118, 20 ; CSEL 62, 467s
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2639)
Riconoscere
Cristo davanti agli uomini
Di Sant
‘Ambrogio nel quarto secolo
Ogni
giorno tu sei testimone di Cristo. Sei stato tentato dallo spirito
di impurità, ma... hai conservato la castità dell’anima e del corpo:
sei martire, cioè testimone, di Cristo... Sei stato tentato dallo
spirito di superbia, ma, vedendo il misero e il povero, ne hai
sentito profonda pietà e hai amato l’umiltà più che l’arroganza: sei
testimone di Cristo. E, quel che è più, hai reso testimonianza non
soltanto a parole, ma anche con le opere.
Quale
uomo infatti, è testimone più autorevole e credibile di chi attesta
“che Gesù Cristo è venuto nella carne” (1 Gv 4,2) proprio osservando
le norme del Vangelo?... Dio solo sa quanti soffrono quotidianamente
il martirio in segreto e confessano nel loro cuore il Signore Gesù
Cristo! L’Apostolo conobbe questo martirio e questa fedele
testimonianza a Cristo, egli che disse: “Questo infatti è il nostro
vanto e la testimonianza della coscienza” (2 Cor 1,12). Si verifica
anche il contrario. Quanti hanno confessato esternamente e negato
internamente! Perciò sii fedele e forte nelle persecuzioni interne,
per essere approvato anche in quelle che sono pubbliche. Anche nelle
persecuzioni interne ci sono re e prèsidi e giudici terribili per il
loro potere. Hai un esempio nella tentazione che ha subìto il
Signore (Mt 4,1).
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XIVA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Discorso
contro i pagani ; SC 18, 190
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2051)
Cristo, immagine
del Dio invisibile
di
Sant’Atanasio nel quarto secolo
È
giusto che lo cose siano fatte così come lo sono, e che si compiano
come noi le vediamo compiute. Poiché è lui che ha voluto che tutto
accada in questo modo e nessuno può avere un motivo ragionevole per
negarlo. Infatti se il movimento delle cose create avvenisse senza
ragione e il mondo girasse alla cieca, non si dovrebbe più credere
nulla di quanto è stato detto. Ma se il mondo è stato organizzato
con sapienza e conoscenza ed è stato riempito di ogni bellezza,
allora si deve dire che il creatore e l’artista è il Verbo di Dio…
È lui il Verbo buono del Padre buono. È lui che ha dato ordine a
tutto il creato, conciliando fra loro gli opposti elementi e
componendo ogni cosa armonicamente. Egli è l’unico, l’Unigenito, il
Dio buono, che procede dal Padre come da fonte di bontà e ordina e
contiene l’universo.
Dopo aver fatto tutte le cose per mezzo del Verbo eterno e aver dato
esistenza alla creazione, Dio Padre non lascia andare alla deriva
ciò che ha fatto, né lo abbandona a un cieco impulso naturale che lo
faccia ricadere nel nulla. Ma buono com’è, con il suo Verbo, che è
anche Dio, guida e sostenta il mondo intero, perché la creazione,
illuminata dalla sua guida, dalla sua provvidenza e dal suo ordine,
possa persistere nell’essere. Anzi il mondo diviene partecipe dal
Verbo del Padre, per essere da questi sostenuto e non cessare di
esistere. Ciò certamente accadrebbe se non fosse conservato dal
Verbo, perché egli è « immagine del Dio invisibile, generato prima
di ogni creatura, poiché per mezzo di lui ed in lui hanno
consistenza tutte le cose, sia quelle visibili che quelle
invisibili, poiché egli è il capo della Chiesa » (Col 1,15-18).
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XVA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
LP0016
Le Catechesi
,
Città Nuova ed., Roma 1993, pp.298-299
Il giardino della prima e seconda creazione
di
Cirillo di Gerusalemme nel IV secolo
Fu seppellito in
un giardino, piantato come vite secondo quanto egli aveva detto di
se stesso : "Io sono la vera vite".
Fu piantato
nella terra come vite perché dalla terra maledetta a causa di Adamo
fosse sradicata la maledizione. La terra era stata condannata a non
produrre che spine e triboli, ma allora dalla terra sorse la vera
vite, e si avverò la profezia: " Dalla terra sorgerà la verità e dal
cielo si affaccerà la giustizia".
Ma del giardino
cosa aveva detto colui che vi fu sepolto? Sta scritto: "Lì ho
raccolto la mia mirra e i miei aromi", "mirra, aloe e ogni profumo
di prima qualità". Sono gli aromi simboli della sua sepoltura, di
cui leggiamo nei Vangeli: " Vennero al sepolcro le donne e vi
portarono gli aromi che avevano preparato; venne anche Nicodemo e vi
portò mirra e aloe".
Lo aveva detto
lo Sposo, predicendo l'amaro della passione e il dolce della
risurrezione: "Mangio il mio pane con il mio miele". Quando infatti
dopo la risurrezione Gesù entrò a porte chiuse e i discepoli non
credettero ai loro occhi perché sembrava loro di vedere uno spirito,
Gesù disse loro: "Toccatemi, guardate e mettete le vostre dita nel
posto dei chiodi come ha chiesto Tommaso". Tanto erano pieni di
gioia e di meraviglia, non credevano per la gioia. Quando poi Gesù
domandò: "Avete qualche cosa da mangiare?", si avverarono le parole:
"Mangio il mio pane con il mio miele", perché allora essi gli
diedero del pesce cotto e del miele preso da un favo.
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XVA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Esposizioni
sui salmi penitenziali, PL 79, 581
Lo vide e ne ebbe
compassione
di San Gregorio Magno nel sesto secolo
O
Signore Gesù, possa tu, spinto dalla pietà, avere la bontà di
avvicinarti a me. Scendendo da Gerusalemme a Gèrico, caddi dalle
alture nei nostri bassifondi, da un luogo dove gli esseri sono pieni
di vita, ad un paese di malati. Vedi: sono incappato negli angeli di
tenebra che non soltanto mi hanno spogliato del vestito della
grazia, ma dopo avermi percosso, mi hanno lasciato mezzo morto.
Possa tu fasciare le ferite dei miei peccati, dopo avermi dato la
speranza di ritrovare la salute, per paura che esse peggiorino se io
dovessi perdere la speranza della guarigione. Possa tu ungermi con
l’olio del tuo perdono e versare sopra di me il vino della
compunzione. Se tu mi caricassi sopra il tuo giumento, allora
“solleveresti l’indigente dalla polvere” e “dall”immondizia
rialzeresti il povero” (Sal 112,7).
Sei
infatti colui che ha portato i nostri peccati, colui che ha pagato
per noi un debito che non avevi contratto. Se tu mi conducessi nella
locanda della tua Chiesa, ivi mi nutriresti della cena del tuo Corpo
e del tuo Sangue. Se tu ti prendessi cura di me, io non disobbedirei
più ai tuoi ordini, non attirerei più la rabbia delle bestie
infuriate. Io infatti ho un grande bisogno di te finché io porto
questa carne soggetta al peccato. Dunque ascolta me, che sono il
Samaritano spogliato e ferito, che piange e geme, chiamandoti e
gridando con Davide: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua
misericordia!”
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XVA
settimana T.O. -
LODI martedì
Commento di
Gioele 2, 12-14 ; PL 25, 967-968
Ritornate a me
di San Girolamo nel quinto secolo
« Ora, ritornate a me con tutto il cuore, » esprimete la vostra
conversione « con digiuni, con pianti e lamenti » (Gl 2, 12). Se
digiunate ora, sarete poi saziati ; se piangete ora, riderete in
seguito ; se ora siete in lutto, sarete più tardi consolati (cf. Lc
6, 21 ; Mt 5,5)… Vi chiedo di « non lacerarvi le vesti ma i cuori »
(Gl 2, 13), perché sono così pieni di peccati che scoppieranno da
soli come un otre se non li lacererete voi.
Quando l’avrete fatto, tornate al Signore vostro Dio a cui i vostri
peccati passati vi hanno resi stranieri. Non disperate del perdono a
causa dell’enormità delle vostre colpe, perché la sua misericordia
cancellerà grandi peccati. Egli è benigno e misericordioso,
preferendo la conversione dei peccatori alla loro morte (Ez 33, 11).
« Tardo all’ira e ricco di misericordia » (Gl 2, 13), non imita
l’impazienza degli uomini ma aspetta con perseveranza la nostra
conversione.
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XVA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Exposizioni
sui 7 salmi penitenziali ; PL 79, 581s
Gesù si mise a
rimproverare le città... che non si erano convertite
di San Gregorio Magno nel sesto secolo
Gridiamo con Davide; ascoltiamolo piangere e versiamo lacrime
insieme con lui. Vediamo come egli si rialza e rallegriamoci con
lui: “Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà” (Sal 50,3).
Poniamo davanti agli occhi della nostra anima un uomo gravemente
ferito, in procinto di esalare l’ultimo respiro, che giace nudo
nella polvere. Desiderando che giunga il medico, geme e prega di
aver pietà colui che capisce il suo stato. Ora il peccato è una
ferita dell’anima. Tu che sei questo ferito, impara che dentro di te
sta il tuo medico e svela per lui le piaghe dei tuoi peccati. Che
senta il gemito del tuo cuore, lui che conosce ogni pensiero
segreto. Che le tue lacrime lo scuotano, e se bisogna cercarlo con
insistenza, dal fondo del tuo cuore fa salire verso di lui profondi
sospiri. Il tuo dolore salga a lui e ti sia detto, come a Davide:
“Il Signore ha cancellato il tuo peccato” (2 Sam 12,13).
“Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà”. Coloro che sminuiscono
le loro colpe perché non conoscono questa grande bontà, attirano
verso di loro poco bontà. Quanto a me, sono caduto pesantemente, ho
peccato con cognizione di causa. Ma tu, medico Onnipotente, correggi
coloro che ti disprezzano, istruisci coloro che ignorano la loro
colpa, e perdoni a coloro che te la confessano.
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XVA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Contro le
eresie, IV, 6,3-7 ; SC 100, 443
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2017)
Ogni cosa mi è
stata affidata dal Padre mio
di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
Nessuno può conoscere il Padre senza il Verbo di Dio, cioè senza la
rivelazione del Figlio, né alcuno può conoscere il Figlio senza la
benevolenza del Padre. Il Figlio, poi, porta a compimento la
benevolenza del Padre ; infatti il Padre manda, mentre il Figlio è
mandato e viene. Il Verbo conosce il Padre, per quanto invisibile e
indefinibile per noi, e anche se è inesprimibile, viene da lui
espresso. A sua volta, poi, solo il Padre conosce il suo Verbo…
Il
Verbo per la sua stessa natura rivela Dio creatore, per mezzo del
mondo il Signore creatore del mondo, per mezzo della creatura
l’artefice che l’ha plasmata, e per la sua condizione di Figlio
rivela quel Padre che lo ha generato. Certo tutti discutono allo
stesso modo queste verità, ma non tutti vi credono allo stesso modo.
Così il Verbo predicava se stesso e il Padre, per mezzo della Legge
e dei Profeti, e tutto il popolo ha sentito allo stesso modo, ma non
tutti hanno creduto allo stesso modo. Il Padre era manifestato per
mezzo dello stesso Verbo reso visibile e palpabile (1 Gv 1,1),
quantunque non tutti credessero allo stesso modo ; ma tutti videro
il Padre nel Figlio (Gv 14,9)…
Il
Figlio, poi, mettendosi al servizio del Padre, porta a compimento
ogni cosa dal principio alla fine, e senza di lui nessuno può
conoscere Dio… Infatti fin da principio il Figlio, vicino alla
creatura da lui plasmata, rivela a tutti il Padre, a chi vuole,
quando vuole e come vuole il Padre. In tutto e per tutto non c’è che
un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola
salvezza per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino.
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XVA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Specchio 6 ;
PL 180, 384 ; SC 301
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2853)
« Le hai
rivelate ai piccoli »
Guglielmo di
Saint-Thierry nel dodicesimo secolo
Tu, o
anima fedele, quando nella tua fede si presentano misteri troppo
profondi per la debole tua natura, abbi il santo coraggio e di’, non
per spirito di contraddizione, ma per amore di obbedienza come
Maria: « Come possono darsi tali cose ? » (cfr. Lc 1,34). La tua
domanda sia preghiera, sia amore, sia pietà e umile desiderio ; non
voler scrutare la maestà di Dio nelle sue altezze, ma ricerca la
salvezza nei mezzi salvifici di Dio, nostro Salvatore.
« I
segreti di Dio, nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito
di Dio » (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello
Spirito Santo. Quando lo si invoca si fa presente, né lo si potrebbe
invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi
giunge con l’abbondanza della benedizione di Dio. È infatti « un
fiume in piena che allieta la città di Dio » (Sal 45,5). E quando
sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante
davanti alle parole di Dio, riposerà su di te (Is 11,2) e ti
rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti
di questo mondo. Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito
quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma
che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di
verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità (Gv 16,12-13).
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XVA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Venite a me, voi
tutti che siete affaticati
di Filosseno di Mabbug nel sesto secolo
Venite a me, e
io vi ristorerò… Avete assaggiato la via del mondo ; assaggiate ora
la mia, e se non vi piace, la fuggirete ; avete portato i fardelli
pesanti del mondo, e avete sentito quanto sono pesanti : lasciatevi
persuadere e prendete il mio giogo sopra di voi ; imparerete con
l’esperienza quanto esso sia dolce e leggero. Non farò di voi dei
ricchi come quelli che hanno bisogno di tante cose, ma dei veri
ricchi che non hanno bisogno di nulla ; perché il ricco non è colui
che possiede molto, ma colui a cui non manca nulla. Con me, se
rinuncerete a tutto, sarete ricchi… Invece se cercherete di saziare
le vostre cupidigie, esse vi affameranno. La fame vien mangiando :
quanto più il ricco si arricchisce, tanto più è povero ; quanto più
il denaro si accumula, tanto più vuole accumularsi ; quanto più si
acquista, tanto più si vuole acquistare…
Venite a me, voi tutti che siete affaticati dalla ricchezza, e
riposatevi nella povertà ; venite, padroni di beni e di averi e
provate il piacere della rinuncia. Venite, amici del mondo che passa
e provate il gusto del mondo eterno. Avete sperimentato il vostro
mondo : venite a sperimentare il mio. Avete provato la vostra
ricchezza, venite a provare la mia povertà. La vostra ricchezza è
una ricchezza, la mia povertà è la ricchezza. Non è grande cosa che
la ricchezza sia chiamata una ricchezza. Invece è ammirabile e
grande che la povertà sia la ricchezza, e l’umiltà, la grandezza.
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XVA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Preghiera
per ottenere l’umiltà, Preghiera n° 20
Imparate da me
di Santa Teresa del Bambin Gesù nel
diciannovesimo secolo
O
Gesù! Quando eri pellegrino sulla terra, hai detto: “Imparate da me,
che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre
anime”. O potente Re dei cieli, sì, la mia anima trova ristoro
vedendo te rivestito della forma e della natura di schiavo (Fil
2,7) abbassarti fino a lavare i piedi dei tuoi apostoli. Ricordo
allora queste parole che hai pronunciate per insegnarmi a praticare
l’umiltà: “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate
anche voi. Un discepolo non è più grande del maestro. Sapendo queste
cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13,15-17).
Signore, so queste parole uscite dal tuo cuore mite e umile, e le
voglio mettere in pratica con l’aiuto della tua grazia.
Voglio abbassarmi umilmente e sottomettere la mia volontà a quella
delle mie sorelle, non contraddicendole in nulla, e non cercando se
hanno il diritto di comandarmi. Nessuno, o mio Amato, aveva questo
diritto nei tuoi confronti, eppure hai obbedito non soltanto alla
Vergine santa e a san Giuseppe, ma pure ai tuoi carnefici. Ora,
nell’ostia, ti vedo portare al culmine i tuoi annientamenti. Quanto
è grande la tua umiltà, o divino Re di gloria... O, mio Amato, sotto
il velo della bianca ostia, quanto mi appari mite e umile di
cuore!... O Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile
al tuo cuore!
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XVA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Discorsi sul
libro dei Numeri, 23 ; SC 29, 444
Il Figlio
dell’Uomo è Signore del sabato
di Origene nel
terzo secolo
Non
vediamo che le parole della Genesi : « Dio cessò nel settimo giorno
da ogni suo lavoro » (2,2), si siano realizzate in quel settimo
giorno della creazione, neppure che si realizzino oggi. Vediamo
infatti sempre Dio al lavoro. Non c’è sabato in cui Dio cessi di
lavorare, né giorno in cui non faccia « sorgere il suo sole sopra i
malvagi e sopra i buoni, e piovere sopra i giusti e sopra gli
ingiusti » (Mt 5,45), in cui non faccia « germogliare l’erba sui
monti » (Sal 146,8)…, in cui non faccia « morire e vivere » (1 Sam
2,6).
Perciò il Signore risponde a coloro che lo accusavano di lavorare e
di guarire il giorno di sabato : « Il Padre mio opera sempre e
anch’io opero » (Gv 5,17). Mostrava così che, durante il tempo di
questo mondo, non c’è sabato in cui Dio cessi di vegliare sulla
marcia del mondo e sui destini del genere umano… Nella sua sapienza
creatrice, egli non cessa di esercitare sulle sue creature la sua
provvidenza e benevolenza, « fino alla fine del mondo » (Mt 28,20).
Quindi il vero sabato in cui Dio cesserà da ogni suo lavoro sarà il
mondo futuro, quando « fuggiranno tristezza e pianto » (Is 35,10), e
Dio sarà « tutto in tutti » (Col 3,11).
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XVA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Le
Confessioni, Libro 13, cap. 35-38
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Il sabato della
vita eterna
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito, donaci la pace (Is 26,12),
la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto.
Tutta questa stupenda armonia di cose ‘molto buone’ (Gen 1,31), una
volta colmata la sua misura, è destinata a passare. Esse ebbero un
mattino, e una sera. Ma il settimo giorno è senza tramonto e non ha
occaso. L'hai santificato per farlo durare eternamente. Il riposo
che prendesti al settimo giorno, dopo compiute le tue opere buone
assai pur rimanendo in riposo, è una predizione che ci fa l'oracolo
del tuo Libro: noi pure, dopo compiute le nostre opere, buone assai
per tua generosità (Is 26,12), nel sabato della vita eterna
riposeremo in te. Anche allora sarai tu a riposare in noi, come ora
sei tu a operare in noi. Sarà, quello, un riposo tuo per mezzo
nostro, come sono, queste, opere tue per mezzo nostro.
Tu però,
Signore, operi sempre e riposi sempre... Noi ora siamo spinti a fare
il bene, dopo che il nostro cuore ne ebbe il concetto dal tuo
spirito, mentre prima eravamo spinti a fare il male abbandonandoti;
ma tu, Dio unico buono, mai cessasti di fare il bene. Possono alcune
opere nostre essere buone, certamente per tuo dono, ma non eterne;
eppure dopo di esse speriamo di riposare nella tua grandiosa
santità. Tu però, Bene mancante di nessun bene, riposi eternamente,
poiché tu stesso sei il tuo riposo.
La
comprensione di questa verità quale uomo potrà darla a un uomo?
quale angelo a un angelo? quale angelo a un uomo? Chiediamo a te,
cerchiamo in te, bussiamo da te. Cosi, così otterremo, così
troveremo, così ci sarà aperto (Mt 7,8).
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XVA
settimana T.O. -
LODI sabato
Omelia per la
Pasqua 9, 22,26,28 ; PG 6,633-661
Ecco il mio servo
che io ho scelto, il mio prediletto
di San Gregorio
Nazianzeno nel quarto secolo
Il Verbo di
Dio che è eterno, invisibile, incomprensibile, incorporeo, principio
nato dal principio, luce nata dalla luce, fonte della vita e
dell’immortalità, impronta esatta del primo modello, segno
incancellabile, somiglianza identica del Padre (Eb 1, 3), sua
intenzione e suo pensiero, progredisce verso la sua immagine (Gen 1,
27). Prende carne per salvare la carne, si unisce a un’anima
ragionevole per salvare la mia anima ; vuole purificare il simile
con il simile e diventa totalmente uomo, tranne ciò che riguarda il
peccato… Lui che arricchisce gli altri, si impoverisce. Adotta
infatti la povertà della mia carne perché io mi arricchisca della
sua divinità. Lui che è pienezza si annienta, si spoglia della
propria gloria per poco tempo, affinché io partecipi alla sua
pienezza.
Che
tesoro di bontà ! Che grande mistero in mio favore ! Io ho ricevuto
l’immagine e non l’ho conservata. Il Verbo ha partecipato alla mia
carne per salvare l’immagine e rendere la carne immortale ! Si unì a
noi per mezzo di una seconda unione, molto più stupenda della prima…
Bisognava che l’uomo fosse santificato grazie a un Dio divenuto
uomo ; dopo aver distrutto il nostro tiranno, ci liberasse e ci
riconducesse verso di lui grazie alla mediazione del Figlio, a onore
del Padre. Così il Figlio si mostra al suo cospetto ubbidiente in
ogni cosa, per compiere il suo piano di salvezza.
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XVA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Commento alla
lettera ai Galati, 6
Il Figlio
dell’uomo si gloria della sua croce
di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo
Certi
si gloriano del loro sapere; l’apostolo Paolo invece trova nella
croce la conoscenza suprema: “Io ritenni di non sapere altro in
mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1 Cor 2,2). La
croce non è forse il compimento di tutta la legge, e l’arte di
vivere bene? A coloro che si gloriano della loro potenza, Paolo può
rispondere che ha ricevuto dalla croce una potenza senza pari: “La
parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in
perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio”
(1 Cor 1,18). Vi gloriate della libertà che avete acquistata? Paolo
invece si gloria della croce: “Il nostro uomo vecchio è stato
crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e
noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,6).
Altri
ancora si gloriano per essere stati eletti membri di qualche gruppo
illustre; quanto a noi, per mezzo della croce di Cristo, siamo
invitati all’assemblea dei cieli. “Piacque a Dio di riconciliare a
sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, le
cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,20). Certi
infine si gloriano dei distintivi del trionfo concessi a quelli che
hanno vinto; la Croce è il vessillo trionfale della vittoria di
Cristo sui demoni: “Egli ha privato della loro forza i Principati e
le Potestà, ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo
trionfale di Cristo” (Col 2,15)...
Di
cosa l’apostolo vuole gloriarsi prima di tutto? Di ciò che può
unirlo a Cristo; questo egli desidera: essere con Cristo.
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XVIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Dalle «Omelie sui vangeli» papa
(Om 25, 1-2. 4-5; PL 76, 1189-1193)
Ardeva del
desiderio di Cristo
di san Gregorio Magno nel sesto secolo
Maria
Maddalena, venuta al sepolcro, e non trovandovi il corpo del
Signore, pensò che fosse stato portato via e riferì la cosa ai
discepoli. Essi vennero a vedere, e si persuasero che le cose
stavano proprio come la donna aveva detto. Di loro si afferma
subito: «I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa»; poi
si soggiunse: «Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e
piangeva» (Gv 20, 10-11).
In questo fatto
dobbiamo considerare quanta forza d'amore aveva invaso l'anima di
questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche
dopo che i discepoli se ne erano allontanati. Cercava colui che non
aveva trovato, piangeva in questa ricerca e, accesa di vivo amore
per lui, ardeva di desiderio, pensando che fosse stato trafugato.
Accadde perciò
che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la
forza dell'opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce
stessa della verità: «Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato»
(Mt 10, 22).
Cercò dunque
una prima volta, ma non trovò, perseverò nel cercare, e le fu dato
di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e
crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri
crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono, è
segno che non erano veri desideri.
Ha provato
questo ardente amore chiunque è riuscito a giungere alla verità…
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XVIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Marta e Maria
di Aelredo di Rievaulx nel dodicesimo
secolo
« Una
donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa ; Ella aveva una
sorella, di nome Maria ». Se il nostro cuore è il luogo dove Dio
abita, bisogna che queste due donne vi abitino : l’una che si siede
ai piedi di Gesù per ascoltarlo, l’altra che si occupa di nutrirlo.
Finché Cristo sarà sulla terra povero, in preda alla fame, alla
sete, alla tentazione, bisognerà che queste due donne abitino la
stessa casa, che nello stesso cuore convivano queste due attività…
Così,
durante questa vita di fatica e di miserie, bisogna che Marta abiti
la vostra casa…Finché avremo bisogno di mangiare e di bere, dovremo
anche domare la nostra carne e il nostro corpo con le opere della
veglia, del digiuno e del lavoro. Tale è la parte di Marta. Però
bisogna pure che in noi sia presente Maria, l’azione spirituale.
Perché non dobbiamo applicarci senza sosta agli esercizi corporali.
Bisogna pure talvolta riposarci, e gustare quanto è buono il
Signore, sederci per questo ai piedi di Gesù e ascoltare la sua
Parola.
Amici, non trascurate Maria per Marta, né Marta per Maria ! Se
trascurate Marta, chi servirà Gesù ? Se trascurate Maria, a cosa vi
servirà la visita di Gesù, dato che non ne gusterete la dolcezza.
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XVIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Chi è mia madre?
di san Gregorio Magno, nel sesto secolo
“Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è
me fratello, sorella e madre” (…) Ma quando si dice che chi fa
la volontà del Padre è sorella e fratello del Signore, non c’è da
meravigliarsi per il fatto che tutti, uomini e donne, sonno condotti
alla fede, bisogna meravigliarsi invece, e molto, per il fatto che
vengono chiamati anche “madre”. Il Signore infatti si è degnato di
chiamare fratelli i discepoli fedeli quando dice : “andate ad
annunciare ai miei fratelli. Bisogna chiedersi piuttosto come colui
che, giungendo alla fede, è diventato fratello del Signore, possa
essere anche madre. Ma dobbiamo sapere questo : colui che, credendo,
diventa fratello e sorella di Cristo, predicando diventa madre.
Quando infonde il Signore nel cuore di chi lo ascolta è come se lo
generasse. E diventa madre di Cristo se, per mezzo della sua parola,
fa nascere nel cuore del prossimo del Signore.
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XVIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
(in l' Ora
dell'Ascolto p. 2702)
Discorso 25; PL
46, 937
Costui è mio
fratello, sorella e madre
di Sant’Agostino
nel quinto secolo
Fate
attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo,
stendendo la mano verso i suoi discepoli: “Ecco mia madre ed ecco i
miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Forse che non ha
fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in
virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei
dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu
creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto,
sì, certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima, e
perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che
esser stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore
dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che
esser stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche
prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo...
Santa
è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine
Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro
santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in
dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo...
Perciò, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo,
anche voi siete corpo di Cristo (1 Cor 12,27). Osservate in che modo
lo siete, perché egli dice: ‘Ecco mia madre, ed ecco i miei
fratelli”. Come potrete essere madre di Cristo? Chiunque ascolta e
“chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per
me fratello, sorella e madre”.
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XVIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Libro di Vita
Capitolo PREGHIERA § 21
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XVIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Mt 13, 1-9
MercoledìDiscorso su Lazzaro § 2
« Chi ha orecchi intenda ! »
San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
Un seminatore andò a
seminare, e una parte del seme cadde sulla strada, un’altra in un
luogo sassoso, un’altra sulle spine, e un’altra sulla terra buona.
Tre parti furono perse, una sola diede frutto. Eppure il seminatore
non cessò di coltivare il suo campo ; per lui è sufficiente che una
parte sia conservata per non sospendere i lavori. In questo momento,
è impossibile che il seme che sto lanciando in mezzo a un uditorio
così numeroso non germogli. Se non tutti mi ascoltano, un terzo
ascolterà. Se non un terzo, almeno un decimo ; se neanche un decimo
ascolta, purché ascolti un solo membro di questa assemblea, io non
cesserò di parlare.
Non è
poca cosa la salvezza, anche di una sola pecora. Il Buon Pastore
lasciò le novantanove per correre dietro a quella perduta (Lc 15,
4). Io non posso disprezzare nessuno. Anche se ce n’è uno solo,
questi è comunque un uomo, una persona tanto cara agli occhi di Dio.
Fosse anche uno schiavo, non lo disdegnerei ; infatti non cerco la
condizione sociale, bensì il valore personale, non il potere o la
schiavitù, ma un uomo. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque
l’uomo, per il quale il sole, l’aria, le fonti e il mare sono stati
creati, i profeti sono stati mandati, la Legge è stata data. È
comunque per questa persona che il Figlio unico di Dio si è fatto
uomo. Il mio Maestro è stato immolato, il suo sangue è stato versato
per l’uomo, e io oserei disprezzare qualcuno ?
No,
non cesserò di seminare la parola, anche se nessuno mi ascoltasse.
Sono medico, propongo i miei rimedi. Devo insegnare, mi è stato
ordinato di ammaestrare ; infatti sta scritto : « Ti ho posto come
sentinella alla casa d’Israele » (Ez 3, 17).
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XVIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Discorsi 147
; PL 52, 594-596
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 69
Molti profeti e
giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete
di San Pietro Crisologo nel quinto secolo
Dio,
vedendo il mondo sconvolto dalla paura, interviene sollecitamente
per richiamarlo con l’amore, invitarlo con la grazia, trattenerlo
con la carità, stringerlo a sé con l’affetto. Per questo nel
diluvio... egli chiama Noé padre del mondo rinnovato e lo esorta con
parole amorevoli, gli accorda la sua confidenza e la sua amicizia,
lo informa con benevolenza sul presente, lo conforta con la sua
grazia per il futuro... Offre la sua collaborazione e accomuna la
sua opera a quella delle realtà create. Con un patto di amore toglie
il timore che rendeva schiavi gli uomini. Così Dio e l’umanità,
associati nell’amore, conservano insieme ciò che avevano acquistato
con azione comune...
Per
questo egli chiama Abramo di mezzo ai pagani, lo nobilita con un
nome nuovo, lo costituisce padre della fede, lo accompagna nel
cammino, lo protegge tra gli stranieri, lo arricchisce di beni, lo
onora con successi, lo impegna con promesse, lo sottrae alle offese,
lo blandisce con l’ospitalità, lo esalta con un erede insperato,
perché colmato di tanti beni, avvinto da tanta soavità di divino
amore, imparasse ad adorare Dio... con amore, non con paura.
Per
questo conforta in sogno Giacobbe nella fuga, lo provoca alla lotta
nel ritorno, lo serra nell’amplesso del lottatore, perché ami il
Padre con cui aveva lottato e non ne abbia timore. Per questo chiama
Mosè con la lingua dei padri, gli parla con paterno amore, l’invita
a essere il liberatore del suo popolo.
Per i
fatti ricordati, la fiamma della divina carità accese i cuori
umani... Feriti nell’anima, gli uomini cominciarono a voler vedere
Dio con gli occhi del corpo... L’amore non può trattenersi dal
vedere ciò che ama; per questo tutti i santi stimarono ben poco ciò
che avevano ottenuto, se non arrivavano a vedere Dio... Nessuno
dunque ritenga che Dio sbagliato a venire presso gli uomini per
mezzo di un uomo. Egli ha preso carne fra di noi per essere visto da
noi.
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XVIA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Trattato sui
misteri,
Prefazio ;
SC 19, 72
« A voi è
dato di conoscere i misteri del regno dei cieli »
Sant’Ilario di
Poitiers nel quarto secolo
Tutta
l'opera contenuta nei santi libri annuncia con le parole, rivela con
i fatti, stabilisce con gli esempi, la venuta di Gesù Cristo nostro
Signore che, inviato da suo Padre, si è fatto uomo nascendo da una
vergine per l’intervento dello Spirito Santo. Infatti, durante tutta
la durata della creazione, mediante prefigurazioni vere e manifeste,
egli, nei patriarchi, genera, lava, santifica, sceglie, separa e
riscatta la Chiesa: attraverso il sonno di Adamo, attraverso il
diluvio di Noè, attraverso la giustificazione di Abramo, attraverso
la nascita di Isacco, attraverso la schiavitù di Giacobbe. Durante
tutto lo svolgersi del tempo, in una parola, l'insieme delle
profezie, lo attuazione del piano segreto di Dio, ci sono state date
per benevolenza affinché conoscessimo la sua incarnazione che stava
per realizzarsi...
In ogni
personaggio, in ogni epoca, in ogni fatto, l'insieme delle profezie
proietta, come in uno specchio, l'immagine della sua venuta, della
sua predicazione, della sua Passione, della sua risurrezione e del
nostro raduno nella Chiesa... A cominciare da Adamo, punto di
partenza della nostra conoscenza del genere umano, troviamo
annunciato fin dall'origine del mondo, in molte prefigurazioni,
tutto ciò che, nel Signore, ha ricevuto il suo pieno compimento.
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XVIA
settimana T.O. -
LODI
Venerdì
Dalle “Orazioni” attribuite a santa Brigida
(In l' Ora dell'Ascolto p. 2494)
Contemplazione della Passione e della Risurrezione di Cristo
di Santa
Brigida nel quattordicesimo secolo
Lode
eterna a te, Signor mio Gesù Cristo, per ogni ora in cui hai
sopportato per noi peccatori sulla croce le più grande amarezze e
sofferenze; infatti i dolori acutissimi delle tue ferite penetravano
orribilmente nella tua anima beata e trapassavano crudelmente il tuo
cuore sacratissimo, finché venuto meno il cuore, esalasti
felicemente lo spirito e, inclinato il capo, lo consegnasti in tutta
umiltà nelle mani di Dio Padre, rimanendo poi, morto, tutto freddo
nel corpo...
Onore
eterno a te, Signor mio Gesù, per essere risuscitato dai morti il
terzo giorno e per esserti incontrato con chi hai prescelto; per
essere salito, dopo quaranta giorni, al cielo, alla vista di molti
e, per avere collocato lassù, tra gli onori, i tuoi amici che avevi
liberati dagli inferi.
Giubilo e lode eterna a te, Signore Gesù, per aver mandato nel cuore
dei discepoli lo Spirito santo e per aver comunicato al loro spirito
un immenso e divino amore.
Sii
benedetto, lodato e glorificato nei secoli, mio Signore Gesù, che
siedi sul trono nel tuo regno dei cieli, nella gloria della tua
maestà, corporalmente vivo con tutte le tue santissime membra, che
prendesti dalla carne della Vergine. E così verrai nel giorno del
giudizio per giudicare le anime di tutti i vivi e di tutti i morti:
tu che vivi e regni col Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei
secoli. Amen.
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XVIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Discorsi, n°
7, 1 ; SC 175, 338
Accogliere la
parola nella terra buona
di San Cesario di Arles nel sesto secolo
Cristo vi aiuti, fratelli carissimi, ad accogliere sempre la lettura
della parola di Dio con un cuore bramoso ed assetato; allora la
vostra obbedienza fedelissima vi colmerà di gioia spirituale. Ma se
volete che le sante Scritture abbiano per voi questa dolcezza, e che
i precetti divini vi giovino quanto occorre, sottraetevi per alcune
ore dalle vostre preoccupazioni materiali. Rileggete nelle vostre
case le parole di Dio, dedicatevi interamente alla sua misericordia.
Così riuscirete a realizzare in voi ciò che sta scritto dell’uomo
beato: “La legge del Signore medita giorno e notte” (Sal 1,2) e
ancora: “Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con
tutto il cuore” (Sal 118,2).
I
commercianti non cercano di ricavare interessi da una sola merce
bensì da diverse merci. I coltivatori cercano una resa migliore
seminando varie specie di semi. Voi che cercate benefici spirituali,
non accontentatevi di ascoltare i testi sacri in chiesa. Leggete i
testi sacri in casa; quando i giorni sono brevi, approfittate delle
lunghe serate. Così potrete ammassare del frumento spirituale nel
granaio del vostro cuore e raccogliere nel tesoro delle vostre anime
le perle preziose delle Scritture.
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XVIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Omelie sul
Vangelo di San Matteo, 46, 1-2
La parabola
della zizzania
di San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
Il
metodo del diavolo è quello di mescolare sempre alla verità,
l’errore rivestito delle apparenze e dei colori della verità, per
poter sedurre facilmente coloro che si lasciano ingannare. Ecco
perché Nostro Signore parla soltanto della zizzania, poiché questa
pianta assomiglia al grano. Poi, indica come costui ci sappia fare a
ingannare : « Mentre tutti dormivano ». Qui, si vede il grave
pericolo che corrono i capi, soprattutto coloro ai quali è stata
affidata la guardia del campo. Questo pericolo del resto, non
minaccia soltanto i capi, ma anche i loro subordinati. Ci mostra
pure che l’errore viene dopo la verità…
Cristo ci dice tutto ciò per insegnarci a non addormentarci…, ne
consegue la necessità di una guardia vigilante. Perciò diceva :
« Chi persevererà sino alla fine sarà salvato » (Mt 10, 22)… Ora
considera lo zelo dei servi. Vogliono sradicare la zizzania
immediatamente. Anche se manca loro la riflessione, questo prova la
loro sollecitudine per il seme. Cercano una cosa sola, non trarre
vendetta da costui che ha seminato la zizzania, ma salvare la messe.
Ecco perché cercano come scacciare totalmente il male… Cosa risponde
allora il Padrone ? … Glielo impedisce per due motivi : il primo, il
timore di nuocere al grano ; il secondo, la certezza che un castigo
inevitabile si abbatterà su quelli che sono colpiti da questa
malattia mortale. Se vogliamo la loro punizione senza che ne soffra
la messe, aspettiamo il momento opportuno…Forse, una parte di quella
zizzania si muterà in grano ? Se quindi la sradicate ora, nocerete
alla messe prossima, sradicando quelli che potranno cambiare a
diventare migliori.
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XVIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Catechesi 21,
1-3
Battezzati in
Cristo
di San Cirillo di
Gerusalemme nel quarto secolo
Fratelli, battezzati in Cristo, rivestiti di Cristo, siete stati
configurati al Figlio di Dio. Infatti, Dio, che ci ha predestinati
all’adozione, ci ha plasmati sul modello del corpo glorioso di
Cristo… Siete divenuti dei « cristi » poiché siete stati segnati con
lo Spirito Santo. Tutto quello che vi è successo è immagine di
quello che è successo a Cristo, del quale siete l’immagine.
Come
Cristo che è stato veramente crocifisso, sepolto e risuscitato,
anche a voi, mediante il battesimo, è stato concesso di partecipare
simbolicamente alla sua croce, al suo sepolcro e alla sua
risurrezione. Ed è lo stesso per la cresima : Come Cristo è stato
unto con olio di letizia dallo spirito Santo…, perché esso è fonte
di gioia spirituale, anche voi siete stati unti con un olio santo,
dal quale siete stati resi partecipi e compagni di Cristo. Siete
stati dapprima unti sulla fronte per essere liberati dall’onta del
primo Adamo e poter contemplare, a viso scoperto, come in uno
specchio, la gloria di Cristo.
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XVIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Il gaudio della
beatitudine eterna
di San Pier Damiani nel XI secolo
Il tuo
spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che
con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano
lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro
scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello
stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona.
Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito
nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio
perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode
serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei
suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della
vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né
la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono
tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza,
la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della
salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la
gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso
Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando
egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo
come egli è” (1 Gv 3, 2). Perciò: “la morte è stata ingoiata
per la vittoria” (1 Co 15, 54; Is 25, 8) e ogni corruzione della
natura umana è stata vinta.
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XVIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Lc 11, 1-13
Dal
trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1300, 1306)
I suoi figli nel
Figlio suo
di San
Cipriano nel terzo secolo
Quali
e quante sono, fratelli carissimi, le rivelazioni della preghiera
del Signore! Esse si trovano raccolte in una invocazione brevissima,
ma carica di spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non
si trovi racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda.
Essa, perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto:
“Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.
L’uomo
nuovo, rinato e rifatto dal suo Dio per mezzo della grazia, in primo
luogo dice: “Padre”, perché ha già incominciato ad essergli figlio.
“Venne fra la sua gente” è scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di
Dio, a quelli che credono nel suo nome”
(Gv 1, 11-12).
Chi dunque ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio,
deve cominciare di qui, dal rendere grazie e professarsi figlio di
Dio... Non basta, fratelli carissimi, prendere coscienza che
invochiamo il Padre che è nei cieli, aggiungiamo “Padre nostro”,
cioè Padre di quanti credono, di quanti sono stati santificati da
lui, e sono rinati per mezzo della grazia spirituale: questi hanno
incominciato ad essere figli di Dio.
Quanto
è preziosa la grazia del Signore, quanto alta è la sua degnazione e
magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi
celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col
nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci
chiamassimo figli di Dio. Questo nome,
nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso
non ci avesse permesso di pregare così.
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XVIIA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Mt 13,
36-43
Cap
8 ; SC 33, 71
La pazienza
di Dio
dalla
Lettera a Diogneto
nel secondo secolo
Dio,
Signore e Creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha
stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche
magnanimo. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e
veritiero, il solo buono. Avendo pensato un piano grande e
ineffabile lo comunicò solo al Figlio. Finché lo teneva nel mistero
e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non
pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e
manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse
insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli
e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?
Dio dunque
avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino
all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo,
fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva
affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel
tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia
perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre
opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne
siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era
impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne
diventiamo capaci... Dio non ci odiò, non ci respinse e non si
vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò.
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XVIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Martedì
Mt 13,
36-43
Il progresso terreno e il Regno
dei cieli
Dalla
Costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano
Secondo
Certo, siamo
avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma
perde se stesso (Lc 9, 25).
Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì
piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra
presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce
ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso
terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale
progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare
l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.
Ed infatti
quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la
libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra
operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del
Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma
purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando
il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è
regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di
giustizia, di amore e di pace »
(Rm 8, 19-21).
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la
venuta del Signore, giungerà a perfezione.
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XVIIA
settimana T.O. - LODI Mercoledì
Mt 13,44-46
La croce di
Cristo svela e spiega i piani di Dio
di sant’Ireneo,
nel II sec.
Chi
legge attentamente le Scritture sentirà parlare di Cristo e vi
troverà prefigurata la nuova vocazione. Ė lui il tesoro nascosto nel
campo cioè in questo mondo – “il campo è questo mondo ” (Mt
13, 38) – e Cristo è nascosto nelle Scritture nel senso che vi è
indicato per tipi e parabole. Ciò non poteva essere compreso
dall’uomo prima che venisse l’adempimento della realtà, l’avvento di
Cristo. Questo significava ciò che fu detto a Daniele Profeta: “Sigilla
i discorsi e segna il libro fino al tempo del compimento, affinché
molti intendano e si adempia la lettera. Quando avverrà la
dispersione comprenderanno tutte queste cose” (Dan 12, 4.7).
Anche Geremia dice : “Negli ultimi tempi le comprenderanno (Ger
23, 20).
Ogni
profezia prima che si avveri è enigmatica ed ambigua agli uomini; ma
giunto il tempo e adempiutosi ciò che è predetto, allora le profezie
hanno un senso limpido e certo. La venuta del Figlio di Dio nella
natura umana, letta dai cristiani è un tesoro nascosto nel campo,
svelato e spiegato dalla croce di Cristo che mostra la sapienza di
Dio e i suoi piani a riguardo degli uomini, prepara il regno di
Cristo e annuncia l’eredità della santa Gerusalemme, afferma che
l’uomo deve progredire continuamente nell’amare Dio finché vedrà Dio
e ascolterà la sua voce e che ascoltando la sua parole sarà tanto
glorificato che gli altri non potranno fissare il suo volto come fu
detto da Daniele: “I saggi risplenderanno come stelle del
firmamento e molti giusti saranno come stelle per secoli e secoli”
(Dan 12, 3).
Adv. Haer.
IV, 26, 1
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XVIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Mt 13,
44-46
Omelie sul
Vangelo di San Matteo, 47, 2
Le parabole
del tesoro e della perla
San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
La somiglianza
che si può vedere tra la parabola del granello di senapa e quella
del lievito si ritrova fra quelle del tesoro e della perla : tutte e
due significano che bisogna preferire il messaggio evangelico ad
ogni altra cosa… Infatti il Vangelo si sviluppa come il granello di
senapa e impone la sua forza come il lievito ; come la perla, è di
grande valore ; in fine, come il tesoro, procura i più preziosi
vantaggi.
A questo
riguardo, conviene sapere, non soltanto che bisogna spogliarsi di
tutto per accogliere il Vangelo, ma pure che bisogna farlo con
gioia… Nota quanto la predicazione del Vangelo passa inosservata nel
mondo, e come il mondo non vede i numerosi beni che ne sono la
ricompensa… Due condizioni sono quindi necessarie : la rinuncia dei
beni del mondo e un coraggio saldo. Si tratta infatti di « un
mercante in cerca di perle preziose » che « trovata una perla di
grande valore, va, vende tutti i suoi averi » per comprarla. La
verità è una, non si divide. Come il possessore della perla conosce
la sua ricchezza, quando sovente, mentre la tiene in mano, coloro
che la guardano non lo sospettano nemmeno, a causa della piccolezza
della perla, così coloro che sono stati istruiti dal Vangelo
conoscono la loro felicità, mentre gli infedeli, ignorando questo
tesoro, non hanno alcuna idea della nostra ricchezza.
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XVIIA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Mt 13,
47-53
« Il Regno dei cieli è simile a
una rete gettata nel mare »
Dalla
Costituzione “Gaudium et Spes”Del Concilio Vaticano
Secondo
Certo, siamo
avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma
perde se stesso (Lc 9, 25).
Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì
piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra
presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce
ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso
terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale
progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare
l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.
Ed infatti
quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la
libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra
operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del
Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma
purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando
il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è
regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di
giustizia, di amore e di pace »
(Rm 8, 19-21).
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la
venuta del Signore, giungerà a perfezione.
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XVIIA
settimana T.O. -
VESPRI Giovedì
Mt 13,
47-53
Esposizione
sul salmo 95, 14-15
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Sulla
riva… raccolgono i buoni »
Sant’Agostino nel quinto
secolo
« Giudicherà il mondo secondo giustizia, i popoli secondo la sua
verità » (Sal 95,13).
In che cosa consisteranno la giustizia e la verità? Prima sceglierà
quelli, tra i suoi eletti (Mc
13,27), che dovranno essere
giudici insieme con lui; poi separerà gli altri in due gruppi,
ponendone uno alla destra e uno alla sinistra
(Mt 25,33).
E potrà esserci cosa più giusta, più conforme a verità, che quei
tali che prima della venuta del giudice si ricusarono di agire con
misericordia, non si attendano misericordia dal giudice? Viceversa,
quelli che si impegnarono per agire con misericordia saranno
giudicati con misericordia (Lc
6,37). A quelli che si
troveranno a destra sarà detto: « Venite, benedetti del Padre mio!
Possedete il regno che vi è stato preparato fin dalla creazione del
mondo ». Ed elenca le opere di misericordia: « Ebbi fame e mi deste
da mangiare; ebbi sete e mi dissetaste », eccetera
(Mt 25,31s)…
Pensi forse
che, perché tu sei iniquo, abbia ad esserlo anche il giudice? O,
perché tu sei bugiardo, pensi che non sia vera la verità? Al
contrario! Se vuoi incontrarlo pieno di misericordia, sii tu
misericordioso prima che egli venga. Se qualcuno ha mancato contro
di te, perdonalo. Se hai qualcosa d'avanzo, dallo al prossimo… Dai
della roba avuta da lui, non fai altro che una restituzione. (Che
cosa hai infatti che tu non l'abbia ricevuto? »
(1
Cor 4,7).
Ecco allora le vittime che
tornano più gradite a Dio: la compassione, l'umiltà, la confessione,
la pace, la carità. Rechiamo all'altare queste ostie e attenderemo
tranquilli la venuta del giudice, che « giudicherà il mondo secondo
giustizia e i popoli secondo la sua verità ».
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XVIIA
settimana T.O. - LODI
Venerdì
Mt 13, 54-58
“Concittadini di Cristo nella patria celeste”
di San Pier
Crisologo nel quinto secolo
Venne nella sua
patria, Se è nato, come può non essere cittadino? Se è cittadino,
come uno potrebbe meravigliarsi che egli abbia una patria? Ma questa
è una condizione umana, che riconosce, non uno stato divino; perché
Colui che è e che era prima dei secoli, nostro Dio, negli ultimi
tempi volle essere nostro padre, per salvare con pietà quelli che
aveva creato con la sua potenza; e per recuperare con la compassione
quelli che con le sue punizioni e i suoi comandi aveva reso privi di
patria. Infatti, tutto quello che leggiamo che Cristo fece o compì
mediante l’umanità assunta, dobbiamo intendere che egli l’abbia
compiuto non come offesa per la Divinità, ma come motivo di gloria
per l’uomo.
E lo seguivano,
dice, i suoi discepoli. Ben a ragione i discepoli seguono Cristo che
ritorna nella sua patria, perché, ormai iscritti com’erano nell’albo
del consorzio del cielo, una così ambita scelta e la pienezza di una
grazia così grande li aveva resi cittadini e membri della patria
celeste, come dice il Signore: Rallegratevi, perché i vostri nomi
sono scritti nel libro della vita.
Opportunamente
il Signore aggiunse: Un Profeta non è disprezzato se non nella sua
patria. Ecco quale saggezza hanno i concittadini secondo la carne,
ecco in che modo pensano e onorano i parenti del mondo! Beato colui,
che avendo meritato di avere Dio per Padre, non cerca nulla
all’infuori della patria celeste!
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XVIIA
settimana T.O. - VESPRI
Venerdì
Mt 13, 54-58
“Gesù in
mezzo ai suoi”
di San Pier
Crisologo nel quinto secolo
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.
Cristo appunto andò nella sua patria, perché sta scritto: Venne
fra la sua gente, e i suoi non lo accolsero. Ma dicendo: Un
profeta non è disprezzato se non nella sua patria, insegna che à
motivo d’invidia essere potente fra propri conterranei… E non fece,
dice, che pochi miracoli per la loro incredulità. Non si
compiono prodigi, dove l’incredulità non li merita. E se Cristo,
quando guarisce non esige una ricompensa, si sdegna tuttavia quando,
invece dell’onore, gli sono rivolte offese.
Dicevano:
costui è figlio del carpentiere, ma non dicevano di quale
carpentiere fosse figlio. Dicevano figlio del carpentiere, affinché
da un’umile arte fosse nascosta l’arte del Creatore e affinché il
nome artigianale nascondesse il nome della divinità. Cristo era
figlio di un carpentiere, ma di quello che aveva compiuto la
costruzione del mondo non con un maglio, ma con un suo ordine; che
aveva messo insieme le parti degli elementi non con l’ingegno, ma
col suo comando; che aveva fuso la massa del mondo non col carbone,
ma col suo potere; che aveva acceso il sole non col fuoco terreno,
ma col calore celeste; che aveva creato la luna, le tenebre, i tempi
della notte; che aveva distinto le stelle con la diversità della
loro luce; che tutto aveva fatto dal nulla; e lo aveva fatto per te,
o uomo, perché tu compensassi col tuo apprezzamento l’Artefice
dell’opera.
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XVIIA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Omelie sul
vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347
Precursore di
Cristo nella nascita e nella morte
di
Origene nel terzo secolo
Ammiriamo Giovanni Battista soprattutto a motivo di questa
testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di
Giovanni » (Lc 7,28) ;
ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che
molta gente pensava che fosse Cristo
(Lc 3,15).
Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca
godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto.
Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè
sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di
lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere
regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha
biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il
suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si
preoccupa della morte né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur
incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.
Non
potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a
informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un
altro ? » (Lc 7,19).
Notate bene che, persino
nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo
aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo
dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo
contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda
dunque alcuni discepoli…
I
discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore
li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni
un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran
cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore
stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di
Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la
follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima
la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista.
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XVIIA
settimana T.O. -
Primi Vespri Sabato
PORTANDO IN
NOI CRISTO POSSIAMO GIUNGERE ALLA VITA SENZA FINE
dagli
scritti dello Pseudomacario nel quarto secolo
L’anima, quando viene
ritenuta degna di avere parte alla chiarità luminosa dello Spirito,
venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella
dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce, tutto viso,
tutto occhio, nessuna parte in lei è priva dello spirituale
occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e
capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa
dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora.
Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne
deve avere davanti il volto, cosicché quando il re posa davanti a
lui con abilità e grazia lo ritrae, ma se il re è girato dalla parte
opposta il pittore non può compiere l’opera sua, perché il suo
occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge
i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono
verso di Lui costantemente orientati… Se qualcuno non lo fissa di
continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà di se
stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.
Il
nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando
tutto per essere solo in Lui intenti, affinché nel nostro intimo
s’imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo
giungere alla vita senza fine.
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....RITIRO
DEI MONACI.... |
XXIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Omelia,
10-12 ; PG 88, 1860-1866
Gesù venne
loro incontro dicendo : Salute a voi
di
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
« Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a
vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra
risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata
sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non
seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per
l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in
Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che
avete contemplati. »
Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della
piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia
i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro
anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti
della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono
stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene
loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale.
Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo,
ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si
può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ;
voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »
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XXIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Sul Cantico
dei cantici, 37
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1790)
Il segreto
dell’ultimo posto
di San Bernardo nel dodicesimo secolo
Se
sapessimo chiaramente a quale posto Dio mette ciascuno di noi,
dovremmo acconsentire alla verità senza mai crederci più grandi o
più piccoli di quello che siamo. Ora, poiché i decreti di Dio sono
avvolti nelle tenebre, e la sua volontà ci è nascosta, è più sicuro,
secondo il consiglio della Verità stessa, scegliere l’ultimo posto,
dal quale saremo chiamati con onore per ricevere un posto più alto.
Quando devi passare per una porta il cui architrave è troppo basso,
tu puoi abbassarti quanto vuoi senza farti male; ma se ti alzerai
sia pure dello spessore di un dito al di sopra dell’altezza della
porta, ci sbatterai contro e ti romperai la testa. Allo stesso modo
non bisogna temere alcuna umiliazione, per grande che sia, ma avere
un gran timore e orrore anche del minimo moto di presunzione.
Quindi non ci paragoniamo con quelli che sono superiori o inferiori
a noi, non ci confrontiamo con alcuno, neanche con un solo uomo. Che
ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per
un mutamento operato dalla potenza dell’Altissimo, non diventerà
migliore di te e degli altri o se non lo è già realmente in Dio?
Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il
penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: “Va’ a metterti
all’ultimo posto”, in modo che solo tu sia l’ultimo di tutti e non
ti preferisca, anzi neanche osi paragonarti ad alcuno.
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XXIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Catechesi
battesimali, 11, 5-10
La tua parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, si lanciò
di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto
secolo
Dio è
spirito (Gv 5, 24) ; colui che è spirito ha generato spiritualmente…
in una generazione semplice e incomprensibile. Il Figlio stesso
disse del Padre : « Il Signore mi ha detto : Tu sei mio Figlio, io
oggi ti ho generato » (Sal 2, 7). Quest’oggi non è nel tempo, ma
prima di tutti i secoli. « Dal seno dell’aurora come rugiada, io ti
ho generato » (Sal 109, 3).
Credi
dunque in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, ma Figlio unigenito
secondo la parola del Vangelo : « Dio ha tanto amato il mondo da
dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non
muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3, 16)… Giovanni dà questa
testimonianza a suo riguardo : « Noi vedemmo la sua gloria, gloria
come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1,
14).
Perciò, i demoni stessi, tremando davanti a lui gridavano :
« Basta ! che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno ? Tu sei il
Figlio del Dio vivente ! » Egli è dunque Figlio di Dio secondo la
natura, e non soltanto per mezzo dell’adozione, poiché è nato dal
Padre… Il Padre, Dio vero, ha generato il Figlio simile a lui, Dio
vero… Cristo è stato generato « Parola viva ed eterna » (1 Pt 1,
23) non solo pronunciata con le labbra, bensì proprio nata dal Padre
eternamente, ineffabilmente… Parola che comprende la volontà del
Padre e fa ogni cosa per ordine suo … Parola piena di autorità e
regge tutto, perché « il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio »
(Gv 13, 3).
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XXIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Sesto trattato
: PL 204, 451-453
Parlava con autorità
di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo
« La
Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a
doppio taglio » (Eb 4, 12). L’Apostolo mostra con queste parole,
tutta la grandezza, la fortezza e la saggezza della Parola di Dio, a
coloro che cercano Cristo, parola, fortezza e saggezza di Dio.
Questa Parola era in principio presso il Padre, eterna con lui. Essa
fu rivelata a suo tempo agli apostoli, annunciata da loro, e
ricevuta umilmente dal popolo dei credenti… È viva questa parola a
cui il Padre ha concesso di avere la vita in se stessa, come Egli la
possiede in se stesso. (Gv 5, 26). Perciò, essa non è soltanto viva,
ma è pure vita, come è scritto : « Sono la via, la verità e la
vita » (Gv 14, 6). Essendo vita, è viva e vivificante, perché « come
il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la
vita a chi vuole » (Gv 5, 21). È vivificante quando chiama Lazzaro
fuori dal sepolcro e gli dice : « Vieni fuori » (Gv 11, 43). Quando
questa Parola viene proclamata, la voce che la pronuncia, risuona
fuori con una forza che, percepita dentro, fa rivivere i morti, e
svegliando la fede suscita veri figli ad Abramo (Mt 3, 9). Sì, è
viva questa Parola, viva nel cuore del Padre, nella bocca di chi la
proclama, nel cuore di chi crede e ama.
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XXIIA
settimana T.O. - LODI
mercoledì
LIBRO DI VITA DI GERUSALEMME
Capitolo "Nel cuore della
città" - § 128
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XXIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Omelie, 84
sul Cantico dei cantici, 3
Le folle lo
cercavano…
di San Bernardo nel dodicesimo secolo
Ogni
anima che cerca il Signore sappia che è stata preceduta da colui che
l’ha cercata per primo… « Lungo la notte, ho cercato l’amato del mio
cuore » (Ct 3,1). L’anima cerca il Verbo, eppure è il Verbo ad
averla cercata per primo… Se fosse lasciata a se stessa, la nostra
anima non sarebbe altro che un soffio che se ne va a caso e non
torna più. Ascoltate i gemiti e le suppliche dell’anima che erra e
ha perso la strada : « Come pecora smarrita vado errando ; cerca il
tuo servo » (Sal 118,176). O uomo, vuoi tornare ; eppure se questo
dipendesse dalla tua sola volontà, perché chiederesti aiuto ?… È
chiaro che la nostra anima vuole tornare ma non lo può ; non è che
un soffio errando e da sola, non potrà tornare… Ma da dove gli viene
tale volontà ? Dal fatto che già il Verbo l’ha visitata e cercata.
Questa ricerca non è stata vana, poiché ha suscitato la volontà
senza la quale non c’è ritorno possibile.
Ma
non le basta essere stata cercata una volta ; l’anima è troppo
debole, e la difficoltà del ritorno è troppo grande. « C’è in me il
desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Cosa
domanda l’anima, nel salmo che ho citato ? Nient’altro che essere
cercata ; infatti non cercherebbe infatti se non fosse stata
cercata, e non ricomincerebbe a cercare, se fosse stata a
sufficienza cercata.
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XXIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Discorsi, 39
D’ora in poi sarai
pescatore di uomini
di San Massimo il Confessore nel settimo
secolo
Quando il Signore, seduto nella barca, dice a Pietro: “Prendi il
largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di
calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto
di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San
Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola:
“O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di
Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la
nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso
il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.
Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale,
Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo
preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la
Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia
la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza
secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del
suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più
efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione,
bensì gli uomini.
“Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.
Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta
la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli
ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i
suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a
causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo
soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata,
il giorno è vicino” (Rm 13,12).
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XXIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Discorso 43,
5-6 ; CCL 41, 510-511
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
1929
Non temere, d’ora
in poi sarai pescatore di uomini
Sant’Agostino nel quinto secolo
Quanta fu la
degnazione di Cristo! Questo Pietro che parla così era stato un
pescatore; ma adesso gran lode merita ogni oratore che riesca a
comprendere il pescatore. Al riguardo, parlando ai primi cristiani,
diceva l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata, o
fratelli. In mezzo a voi non ci sono molti sapienti secondo la
carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Iddio ha scelto le cose
deboli del mondo per confondere le forti, e le cose stolte del mondo
ha scelto Dio per confondere i sapienti, e le cose ignobili e
disprezzate del mondo ha scelto Dio, e quelle che non sono, quasi
che fossero, per ridurre al nulla quelle che sono”(1 Cor 1, 26-28).
Se infatti
Cristo avesse scelto per primo il retore, questo retore avrebbe
detto: “Sono stato scelto in grazia della mia eloquenza”. Se avesse
scelto il senatore, il senatore avrebbe detto: “Sono stato scelto
per la mia dignità”. In fine, se avesse scelto l'imperatore,
l'imperatore avrebbe detto: “Sono stato scelto in vista del mio
potere”. Stiano dunque calmi tutti costoro e si lascino rimandare a
dopo! Stiano calmi! Non saranno scartati né disprezzati ma solo
posti in seconda linea, in quanto potrebbero in se stessi trovare
come gloriarsi di se stessi.
Dammi, dice
Cristo, quel pescatore, dammi quell'illetterato, quell'ignorante;
dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure
quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò un uomo come
questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero
– e il retore e l'imperatore io renderò miei discepoli..., ma è più
convincente l'aver io agito nel pescatore. Il senatore potrebbe
gloriarsi di se stesso, e così il retore e l'imperatore, mentre il
pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque il
pescatore e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare.
Venga per primo il pescatore.
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XXIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Conferenze
Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo Sposo è con
loro?
di San Giovanni Cassiano nel quinto secolo
Avevamo
lasciato la Siria per la Provincia d’Egitto, con il desiderio di
imparare i principi dei monaci anziani, e ci meravigliavamo della
grande cordialità con la quale eravamo accolti. Contrariamente a
quel che ci era stato insegnato nei monasteri di Palestina, non si
osservava quella regola di aspettare l’ora fissata per il pranzo,
ma, eccetto il mercoledì e il venerdì, dovunque andassimo, si
rompeva il digiuno. Uno degli antichi a cui domandavamo perché, da
loro, si omettessero così facilmente i digiuni quotidiani, ci
rispose : « Il digiuno è sempre con me. Voi, invece, che fra poco
congederò, non potrò tenervi sempre con me. E il digiuno, benché
utile e necessario, è tuttavia l’offerta di un dono volontario,
mentre il compimento dell’opera della carità è l’esigenza assoluta
del precetto. Perciò, accogliendo in voi Cristo, devo ristorarlo e,
dopo avervi congedato, potrò compensare in me, con un digiuno più
rigoroso, l’umanità che vi ho manifestata per riguardo a Cristo.
Infatti, « gli amici dello Sposo non possono digiunare mentre lo
Sposo è con loro », ma quando si sarà allontanato, allora potranno
farlo.
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XXIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Commento al
vangelo di Matteo, 10, 22 ; CCM 56 B, 1072-1073
Cristo Sposo
di San Pascasio
Radberto nel nono secolo
Un’unione strana e straordinaria ebbe luogo quando « il Verbo si
fece carne » nel seno della Vergine e « venne ad abitare in mezzo a
noi » (Gv 1,14). Come tutti gli eletti sono risuscitati in Cristo
quando egli risuscitò, così queste nozze sono state celebrate in lui
e la Chiesa è stata unita allo Sposo mediante i legami del
matrimonio, quando l’uomo-Dio ricevette in pienezza i doni dello
Spirito Santo e tutta la divinità venne ad abitare nel suo corpo…
Cristo è divenuto uomo per mezzo dello Spirito Santo e, in quanto
Sposo, è uscito dal seno della Vergine, che infatti fu la sua stanza
nuziale. E la Chiesa, nel rinascere dall’acqua per mezzo dello
stesso Spirito, diviene un solo corpo in Cristo, sicché i due « sono
una carne sola » (Mt 19,5) il che, « in riferimento a Cristo e alla
Chiesa, è un grande mistero » (Ef 5,31).
Questo matrimonio dura fin dall’inizio dell’incarnazione di Cristo
fino al momento in cui Cristo tornerà e tutti i riti dell’unione
nuziale saranno compiuti. Allora, coloro che saranno pronti e
avranno compiuto come conviene le condizioni di una tale unione,
entreranno con lui, pieni di rispetto, alle nozze eterne (Mt 25,10).
Nell’attesa, la sposa promessa a Cristo cammina verso il suo Sposo,
e custodisce l’alleanza con lui ogni giorno nella fede e nella
tenerezza, finché egli venga.
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XXIIA
settimana T.O. - LODI
sabato
Lc 6, 1-5
Commento
sulla Genesi
Ricordati
del giorno di sabato per santificarlo
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Ora che è giunto
il tempo della grazia che ci è stata rivelata, l’osservanza del
sabato, una volta simboleggiata dal riposo di un solo giorno, è
stata abolita per i fedeli. In questo tempo di grazia, infatti, il
cristiano osserva un sabato perpetuo, se tutto il bene fatto da lui
viene fatto nella speranza del riposo futuro, e se non si gloria
delle proprie opere buone come di un bene che venisse da sè, senza
averlo ricevuto.
Così, comprendendo e ricevendo il sacramento del battesimo
come un sabato, cioè come il riposo del Signore nella sepoltura
(Rm 6, 4),
il cristiano si riposa dalle sue opere antiche per camminare ormai
in una vita nuova, riconoscendo che Dio agisce in lui.
Dio infatti nello stesso tempo
agisce e si riposa, quando concede alla sua creatura la gestione che
gli si addice, e nello stesso tempo gode in se stesso di un’eterna
tranquillità.
Dio
né si è faticato creando il mondo, né si è riposato cessando di
creare, ma ha voluto con queste parole della Scrittura « Dio cessò
nel settimo giorno da ogni suo lavoro »
(Gen 2, 2)], invitarci a
desiderare questo riposo, donandoci il comandamento di santificare
questo giorno (Es 20, 8).
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XXIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI Sabato
L’amore del
prossimo
dagli
scritti di San Basilio di Cesarea al quarto secolo
Abbiamo
ricevuto l'ordine di amare il nostro prossimo come noi stessi; Dio
non ci ha forse dato una naturale propensione a farlo? Chi è colui
che non si rende conto che l'uomo, naturalmente socievole e dolce,
non è fatto per la vita solitaria e selvaggia? Nulla è più conforme
alla nostra natura che vivere insieme, ricercarci reciprocamente ed
amare il nostro simile.
Il Signore
chiede, dunque, i frutti di ciò di cui ha posto il seme in noi,
quando dice : "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli
uni gli altri". Nello scopo di spingere la nostra anima ad obbedire
a questo precetto, non ha voluto che si cercasse il segno dei suoi
discepoli in opere straordinarie, benché ne ricevessero il potere
nello Spirito Santo.
Cosa dice,
invece: "Riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli
uni gli altri".
E mette un
vincolo tale ai due comandamenti da considerare come fatta a Lui
stesso ogni buona azione rivolta al prossimo: "Perché ho avuto fame,
dice, e mi avete dato da mangiare..." e aggiunge: "Tutto quello che
avete fatto al più piccolo dei miei fratelli è a me che l'avete
fatto".
Quindi colui
che ama Dio amerà di conseguenza il suo prossimi: "Chi mi amerà,
dice il Signore, compirà i miei comandamenti. ora, "il mio
comandamento eccolo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho
amati".
Ve lo ripeto,
quindi: chi ama il suo prossimo adempie al suo dovere di amare Dio,
poiché Dio considera questo dono come fatto a Lui.
Da: Sources
Vives 63, settembre 1995.
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XXIIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Le
testimonianze della Risurrezione
di San Leone Magno nel V secolo
La
risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno,
né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della
carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse
intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura
dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per
propria potestà aveva separato.
Molte
testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva
essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il
sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che
raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con
abbondanza la verità della risurrezione del Signore.
Egli
con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui
le proprietà della natura divina e quelle della natura umana
persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo
non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio
di Dio è Verbo e carne.
Riconosca il popolo di Dio di essere una nuova creatura in Cristo, e
comprenda con diligenza da chi sia stata accolta e chi essa abbia a
sua volta accolto.
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XXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Conferenze
3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1780)
Rinunciare a
tutti i propri averi
di Giovanni Cassiano nel quinto secolo
Ora
dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei Padri
e come afferma l’autorità della sacra Scrittura son tre... Con la
prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del mondo,
con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e passioni
dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere la
nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per contemplare e
desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E tutte e tre queste
rinunzie devono essere attuate contemporaneamente, come leggiamo che
ordinò il Signore ad Abramo dicendogli: “Esci dalla tua terra e
dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1).
Prima
disse: “dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo mondo e
alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua parentela”,
rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai vizi del
passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci fossero
affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo padre”,
cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che hai
sotto gli occhi...
Fissiamo lo
sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su
quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle
invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei
cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo
tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra
mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena
dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri
spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.
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XXIIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Commento al
Vangelo di San Luca 5, 41ss ; SC 45 p. 198-199
Passò la notte in
orazione
di Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Il
Signore prega, non per implorare per se stesso, bensì per
intercedere per me. Benché il Padre abbia messo ogni cosa a
disposizione del Figlio, il Figlio tuttavia, per attuare pienamente
la sua condizione di uomo, ha giudicato opportuno implorare il Padre
per noi ; perché è il nostro avvocato. Non rizzate degli orecchi
insidiosi immaginando che sia per debolezza che Cristo domanda per
ottenere ciò che non potrebbe compiere, lui che è l’autore di ogni
potere. Maestro di ubbidienza, Cristo ci plasma con il suo esempio
ai precetti della virtù. « Abbiamo un avvocato presso il Padre » è
stato detto (1 Gv 2, 1). Se è avvocato, deve interporsi per i miei
peccati. Non è quindi per debolezza bensì per bontà che implora.
Volete sapere
fino a che punto può tutto ciò che vuole ? È nello stesso tempo
avvocato e giudice : il primo consiste in un ufficio di compassione,
l’altro è l’insegna del potere. « Passò la notte in orazione ». Vi
lascia un esempio, vi traccia un modello da imitare. Cosa conviene
fare per la vostra salvezza quando per voi, Cristo passa la notte in
orazione ? Cosa conviene fare nel momento di intraprendere un’opera
di pietà, quando Cristo, nel momento di mandare i suoi Apostoli, ha
pregato e ha pregato da solo ? In nessun’altra parte, se non erro, è
detto che abbia pregato con i suoi Apostoli ; dovunque, implora da
solo. Infatti il grande disegno di Dio non può essere colto con
desideri umani, e nessuno può aver parte al pensiero intimo di
Cristo. D’altronde, volete sapere che è proprio per me e non per lui
che Cristo ha pregato ? « Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse
dodici » per mandarli, seminatori della fede, a diffondere il
soccorso e la salvezza degli uomini nell’universo intero.
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XXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
La preghiera
della Chiesa
Gesù se ne andò
sulla montagna a pregare
di Santa Teresa Benedetta della Croce
[Edith Stein]
Ogni
anima umana è un tempio di Dio: Questo ci apre una prospettiva vasta
e veramente nuova. La vita di preghiera di Gesù è la chiave per
capire la preghiera della Chiesa. Vediamo che Cristo ha partecipato
al servizio divino, alla liturgia del suo popolo...; ha portato la
liturgia dell’antica alleanza a compiersi in quella della nuova
alleanza.
Tuttavia, Gesù non ha semplicemente preso parte al servizio divino
pubblico prescritto dalla Legge. I vangeli fanno accenni più
numerosi ancora alla sua preghiera solitaria nel silenzio della
notte, sulle vette selvagge dei monti, nei luoghi deserti. Quaranta
giorni e quaranta notti di preghiera hanno preceduto la vita
pubblica di Gesù (Mt 4, 1-2). Si è ritirato nella solitudine della
montagna per pregare, prima di scegliere i suoi dodici apostoli e di
mandarli per la missione. Nell’ora del monte degli Ulivi, si è
preparato ad andare fino al Golgota. Il grido che ha rivolto al
Padre nell’ora più penosa della sua vita ci è svelato da alcune
brevi parole che brillano come stelle anche nelle nostre ore sul
monte degli Ulivi. “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!
Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Sono
come un lampo che illumina per noi, in un istante, la vita più
intima dell’anima di Gesù, il mistero insondabile del suo essere
uomo-Dio e del suo dialogo col Padre. Questo dialogo è durato
certamente per tutta la sua vita, senza mai interrompersi.
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XXIIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Discorsi per
Tutti i Santi 2, 13-20
Beati voi che ora
piangete
d’Isacco della Stella nel dodicesimo secolo
« Beati gli afflitti, perché saranno consolati » (Mt 5,5). Con
questa parola il Signore vuole farci intendere che la via verso la
gioia, è il pianto. Attraverso la desolazione, si va alla
consolazione : perdendo la propria vita, la si trova, rigettandola,
la si possiede, odiandola, la si ama, disprezzandola, la si
conserva. Se vuoi conoscere te stesso e dominarti, entra dentro di
te, e non cercarti fuori… Rientra in te stesso, peccatore, rientra
là dove sei, nel tuo animo… L’uomo che rientra in sé non si scoprirà
forse lontano, come il figlio prodigo, in una regione di
dissomiglianza, in una terra straniera, dove sta seduto e piange nel
ricordo di suo padre e della sua patria (Lc 15,17) ?…
« Adamo, dove sei ? » (Gen 3,9). Forse ancora nell’ombra, allo scopo
di non vedere te stesso ; stai cucendo insieme foglie di vanità per
coprire la tua vergogna, guardando ciò che è attorno a te e ciò che
è tuo…. Guarda dentro di te, guarda te stesso… Rientra dentro di te,
peccatore, torna alla tua anima.…
Fratelli, gemiamo davanti al Signore che con la sua bontà è portato
a perdonare ; volgiamoci verso di lui « con digiuni, con pianti e
lamenti » (Gl 2,12) affinché un giorno… le sue consolazioni
rallegrino le nostre anime. Beati infatti gli afflitti, non perché
piangono, ma perché saranno consolati : I pianti, sono la via ; la
consolazione, è la beatitudine.
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XXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Beati voi poveri
di San Leone Magno nel quinto secolo
« Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli »
(Mt 5, 3). Avremmo potuto domandarci di quali poveri la Verità aveva
voluto parlare, se dicendo « Beati i poveri », non avesse aggiunto
niente rispetto al genere di poveri che si sarebbe dovuto
intendere ; sarebbe allora sembrato che, per meritare il Regno dei
cieli, sarebbe bastata quella indigenza che tanti subiscono a causa
di una penosa e dura necessità. Però dicendo : « Beati i poveri in
spirito », il Signore mostra che il Regno dei cieli sarà dato a
coloro che sono raccomandati dall’umiltà dell’anima piuttosto che
dalla scarsezza delle risorse.
Eppure, non si
può dubitare che i poveri acquistino più facilmente dei ricchi quel
bene dell’umiltà, perché per i primi la dolcezza è un’amica nella
loro indigenza, mentre per i secondi la superbia è la compagna della
loro opulenza. Tuttavia questa disposizione d’animo si trova pure in
tanti ricchi, che sono condotti ad usare dell’abbondanza non per
gonfiarsi di superbia bensì per esercitare la bontà, e che
considerano ciò che spendono per alleggerire la miseria e la pena
altrui come uno tra i più grandi beni. A ogni specie e classe di
uomini, è stato dato di partecipare a quella virtù, perché possano
essere nello stesso tempo eguali nell’intenzione, e ineguali nella
fortuna ; non importa quanto essi siano diversi riguardo alle loro
risorse terrene, in effetti sono uomini eguali riguardo ai beni
spirituali. Beati quindi quella povertà che non può essere
incatenata dall’amore delle ricchezze temporali ; non desidera fare
crescere la sua fortuna in questo mondo, ma brama diventare ricca
dei beni celesti.
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XXIIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Nel cuore della
città" - § 129
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XXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Omelie sulla
prima lettera di san Giovanni, § 8,10
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Misericordia io
voglio
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Amando il tuo
nemico, desidera che egli sia tuo fratello. Quando lo ami, ami tuo
fratello. Non ami in lui ciò che è, ma quel che desideri che
divenga. Ti darò un esempio: c'è qui davanti agli occhi legna di
quercia; un buon falegname vede questo legno non ancora livellato,
appena tagliato dal bosco, e se ne interessa; non so che cosa voglia
farne. Certo non s'è preso interesse a quel legno perché esso
rimanga sempre lo stesso. E' la sua arte che gli mostra ciò che il
legno sarà, non l'interesse per il quale vede ciò che è ora; e lo ha
amato per quel che ne avrebbe fatto, non per quello che è.
Così Dio ci ha
amato, pur essendo noi peccatori. Diciamo che Dio ha amato i
peccatori. Disse infatti: “Non i sani hanno bisogno del medico ma
gli ammalati”. Dio ha forse amato noi peccatori perché restassimo
tali? Egli ha guardato a noi come quel falegname al legno tagliato
nel bosco, e pensò a ciò che avrebbe fatto e non già al legno
informe che era.
Così tu vedi
il nemico che ti avversa, ti aggredisce e ti morde colle sue parole,
ti esaspera coi suoi insulti, non ti dà pace col suo odio. Ma in lui
tu vedi un uomo. Tu vedi tutte queste cose, che ti contrastano,
fatte da un uomo; ma vedi in lui ciò che è stato fatto da Dio. Il
fatto che egli è creatura umana, proviene da Dio. Il fatto che ti
odia e ti invidia proviene da lui. Che cosa dici nel tuo animo?
"Signore, sii a lui propizio, perdona i suoi peccati, incutigli
terrore, cambialo". Non ami in lui ciò che è, ma ciò che vuoi che
divenga. Perciò quando ami il nemico, ami il fratello.
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XXIIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Libro di Vita di Gerusalemme
Capitolo “Nel
cuore della città” paragrafo 130
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XXIIIA
settimana T.O. -
Vespri
Venerdì
Lc 6, 39-42
Spiegazione
del discorso dalla montagna, 19
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
La
pagliuzza e la trave
di Sant’Agostino
nel quarto secolo
Come puoi
dire a un tuo fratello : Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo
occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave ? Ipocrita, togli prima
la trave dal tuo occhio e poi vedrai di togliere la pagliuzza
dall’occhio di tuo fratello », ossia : Prima rimuovi l’odio e poi
potrai correggere l’uomo che ami. E ha detto bene : « Ipocrita ».
Infatti biasimare i vizi è compito di uomini buoni e benevoli, ma,
quando lo fanno i cattivi, recitano la parte degli altri, come gli
attori che nascondono sotto la maschera quel che sono…
E quindi
con tenerezza e prudenza si deve stare attenti che se la emergenza
costringerà a riprendere o rimproverare qualcuno, per prima cosa
riflettiamo se è un vizio che non abbiamo mai avuto o che ce ne
siamo liberati. E se non l’abbiamo mai avuto, riflettiamo che anche
noi siamo uomini e abbiamo potuto averlo ; se invece l’abbiamo avuto
e non l’abbiamo più, la comune debolezza renda attenta la memoria in
modo che non l’odio ma la compassione preceda la riprensione o il
rimprovero, sicché tanto se contribuiscono al suo ravvedimento come
alla sua ostinazione, giacché il risultato è incerto, noi tuttavia
siamo tranquilli sulla sincerità del nostro giudizio.
Se poi riflettendo riscontreremo che anche noi ci troviamo in quel
vizio, in cui si trova colui che ci apprestavamo a riprendere,
non
riprendiamo e non rimproveriamolo, ma proviamone insieme dolore e
invitiamolo non ad ascoltarci ma a tentare insieme.
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XXIIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Discorso 179,
8-9 ; PL 38, 970-971 (Nuova Biblioteca Agostiniana)
Ascoltare e
mettere in pratica
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Non
ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con
desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che
avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è
attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se
trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in
pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica
equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un
edificare.
« Chi
invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette
in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche
costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa;
ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur
ascoltando edifica sulla sabbia.
« Quale
necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora
qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò
mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In
realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle
toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa
vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi
sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non
edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in
rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di
alcun tetto se nulla ascolti…
Considera
dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai
sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia
sepolto, asportato, sommerso.
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XXIIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI Sabato
Uniti a
Cristo nello Spirito Santo
di San Cirillo
di Alessandria nel quarto secolo
In
realtà sappiamo che il nostro ritorno a Dio è stato possibile
unicamente per opera di Cristo Salvatore, che ci ha partecipato lo
Spirito di santificazione. E’ lo spirito infatti a metterci in
rapporto con Dio e a unirci a lui: ricevendolo, siamo resi partecipi
e consorti della natura divina. E lo riceviamo appunto per mezzo del
Figlio e, nel Figlio, riceviamo anche il Padre.
Scrive
infatti Giovanni: “Da questo si riconosce che noi rimaniamo in lui
ed egli in noi; egli ci ha fatto dono del suo Spirito” (1Gv 4,
13). E che cosa dice Paolo? “Che voi siete figli ne è prova il
fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio,
che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4, 6). Tanto che, fossimo privi
dello Spirito, non si potrebbe minimamente conoscere che Dio è in
mezzo a noi, poiché, se non ci fosse donato lo Spirito che ci
annovera tra i figli di Dio, non saremmo affatto suoi figli.
In
qual modo siamo stati assunti, o resi consorti della natura divina,
se non perché Dio è in noi e noi siamo uniti a lui per la
partecipazione dello Spirito? Per questo siamo chiamati consorti di
quella natura che supera tutte le cose, e templi di Dio. Per i
nostri peccati l’Unigenito santificò se stesso, cioè si consacrò e
si offerse a Dio Padre come ostia santa in odore di soavità;
affinché, tolto ciò che separa la natura dell’uomo da Dio, cioè il
peccato, più nulla ci impedisse di essere a lui uniti partecipando
alla sua natura, per opera, s’intende, dello Spirito Santo, che ci
riporta all’immagine primitiva rinnovandoci nella giustizia e nella
santità.
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XXIVA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Dal Discorso
sull’Incarnazione del Verbo
Cristo vive:
anzi egli è la vita
di sant’Atanasio nel quarto secolo.
Se col
vessillo della croce e la fede nel Cristo la morte viene calpestata,
bisogna concludere con certezza assoluta che non c’è nessun altro
all’infuori di Cristo, che abbia riportato la palma e il trionfo
sulla morte e l’abbia ridotta così all’impotenza. Se la morte che
prima dominava ed era perciò causa di terrore, dopo la venuta e la
morte e risurrezione del Salvatore vien disprezzata, appare evidente
che essa è stata distrutta e vinta dallo stesso Cristo, quando salì
sulla croce. Dopo la notte sorge il sole e illumina con i suoi raggi
la terra, e nessuno potrebbe dubitare che sia il sole, diffondendo
ovunque la sua luce, a scacciare le tenebre e illuminare tutte le
cose. Così, poiché la morte cominciò a essere disprezzata e
calpestata quando il Salvatore, venuto fra noi in forma umana per
salvarci, morì sulla croce, da ciò e evidente che lo stesso
Salvatore, apparendo nel corpo, ha distrutto la morte e ogni giorno
ne trionfa attraverso i suoi discepoli….
Avendo egli
abolita la morte, che cosa rimaneva ancora se non che il corpo
risorgesse, diventando come un vessillo contro di essa? Come si
sarebbe potuto vedere che la morte era distrutta, se il corpo del
Signore non fosse risorto?
Se poi a
qualcuno tutto ciò non bastasse a provare la risurrezione di lui,
creda almeno per quelle cose che si possono scorgere con gli occhi.
Chi è
morto, infatti, non può più fare assolutamente nulla, e il suo
ricordo resta vivo appena fino al sepolcro e poi svanisce; solo i
vivente possono agire ed essi soli hanno influenza sugli uomini.
Osservi dunque chi lo desidera, e giudicando da se stesso riconosca
la verità da ciò che avrà visto: se il Salvatore compie tra gli
uomini tante e così grandi cose e dappertutto persuade ogni giorno
silenziosamente greci e barbari ad abbracciare la sua fede e
obbedire alla sua legge, vi sarà ancora chi dubiti della sua
risurrezione e che il Cristo sia vivo, anzi sia la stessa vita?
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XXIVA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
Commento sul
Vangelo di Luca, 7, 207-209
Le tre parabole
della misericordia
di Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Non
senza motivo, san Luca ci presenta di seguito tre parabole : la
pecora che si era smarrita ed è stata ritrovata, la dramma che una
aveva perduta, poi ritrovata, il figlio prodigo morto, poi tornato
in vita. Cosicché, sollecitati da questo triplice rimedio, curiamo
le nostre ferite. Chi sono questo padre, questo pastore, questa
donna ? Non sono forse Dio Padre, Cristo, la Chiesa ? Cristo ha
preso su di lui i tuoi peccati, ti porta nel suo corpo ; la Chiesa
ti cerca ; il Padre ti accoglie. Come un pastore, ti riporta ; come
una madre, ti ricerca ; come un Padre, ti riveste. Prima la
misericordia, poi l’assistenza, infine, la riconciliazione.
Ogni
dettaglio conviene a ciascuno : il Redentore viene in aiuto, la
Chiesa assiste, il Padre si riconcilia. La misericordia dell’opera
divina è la stessa, ma la grazia cambia a seconda dei nostri meriti.
La pecora stanca è riportata dal pastore, la dramma perduta è
ritrovata, il figlio ritorna sui propri passi verso suo padre, e
torna pienamente pentito da uno smarrimento che condanna…
Rallegriamoci quindi che questa pecora, che era perita in Adamo sia
rialzata in Cristo. Le spalle di Cristo sono le braccia della
croce ; lì, ho posato i miei peccati, lì sul nobile legno di questa
croce ho riposato.
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XXIVA
settimana T.O. -
LODI martedì
Discorsi,
98
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Giovinetto, dico a te, alzati »
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Nessuno ch'è cristiano deve dubitare che ancora adesso vengono
risuscitati dei morti. Orbene, ogni persona ha occhi con cui può
vedere i morti risorgere, come risuscitò il figlio di quella vedova
di cui parla il brano del Vangelo letto poc'anzi, ma non tutti hanno
la possibilità di vedere risorgere persone morte quanto allo
spirito, tranne quelli già risorti nello spirito. È più importante
risuscitare uno destinato a vivere eternamente che risuscitare uno
destinato a morire nuovamente.
Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova ;
della risurrezione spirituale d'ogni giorno di tante persone si
rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle
invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto
era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone
invece né ci si pensava, né si vedeva. Ci pensava però Colui che
conosceva i morti; conosceva i morti solo Colui che poteva dar loro
la vita. Se infatti il Signore non fosse venuto per risuscitare i
morti, l'Apostolo non direbbe: « Svégliati, tu che dormi; sorgi dai
morti e t'illuminerà Cristo » (Ef 5,14).
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XXIVA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
2006-09-19
Commento sul
vangelo di Luca, V, 89 ; SC 45, 214
I pianti di nostra
madre
di Sant’Ambrogio nel quarto secolo
La
divina misericordia si è lasciata persuadere velocemente dai gemiti
di quella madre. Lei è vedova; le sofferenze o la morte del suo
unico figlio l’hanno spezzata... Mi sembra che quella vedova,
circondata dalla folla del popolo sia più di una semplice donna che
meriti con le sue lacrime la risurrezione di un figlio, giovane e
unico. Lei è proprio l’immagine della santa Chiesa che, con le sue
lacrime, ottiene di richiamare in vita, in mezzo al corteo funebre e
fin quasi dentro al sepolcro, il giovane popolo del mondo...
Infatti all’udire la parola di Dio, i morti risorgono, ritrovano la
voce e la madre ritrova suo figlio. Egli è richiamato dalla tomba, è
strappato dal sepolcro. Qual’è, per voi, questa tomba, se non la
vostra cattiva condotta? Il vostro sepolcro è la mancanza di fede...
Da quel sepolcro, Cristo vi libera. Uscirete dal sepolcro se
ascolterete la parola di Dio. E se il vostro peccato è troppo grave
perché possano lavarlo le lacrime della vostra penitenza,
intervengano per voi i pianti della vostra madre Chiesa... Lei
intercede per ognuno dei suo figli, come altrettanti figli unici. È
infatti piena di compassione e prova un dolore spirituale tutto
materno quando vede i suoi figli trascinati nella morte dal peccato.
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XXIVA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Regole più
ampie, Prologo
Dio ci
chiama instancabilmente alla conversione
di San Basilio Magno nel quarto secolo
Fratelli, non rimaniamo nella spensieratezza e nella rilassatezza;
non rimandiamo sempre con leggerezza, a domani o a più tardi, il
cominciare a metterci all’opera. “Ecco il momento favorevole, dice
l’apostolo Paolo, ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6,2).
Ora è il tempo della perseveranza, verrà il giorno della
consolazione. Ora Dio viene in aiuto a coloro che si distolgono dal
male; poi egli sarà il giudice degli atti, della parole e dei
pensieri degli uomini. Oggi approfittiamo della sua pazienza; poi
conosceremo la giustizia dei suoi giudizi, alla risurrezione, quando
avremo la ricompensa ciascuno secondo le proprie opere.
Fino
a quando rimanderemo dunque la nostra obbedienza a Cristo che ci
chiama nel suo Regno celeste? Non ci purificheremo? Non ci
decideremo ad abbandonare il nostro solito modo di vivere, per
seguire fino in fondo il Vangelo?
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XXIVA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Omelia 38
sul Cantico dei cantici
L’ignoranza di
coloro che non si convertono
di San Bernardo nel dodicesimo secolo
L’Apostolo dice : « Alcuni dimostrano di non conoscere Dio » (1 Cor
15, 34). Io dico che sono in questa ignoranza tutti coloro che non
vogliono convertirsi a Dio. Perché rifiutano questa conversione per
l’unico motivo che immaginano solenne e severo quel Dio che è tutta
mitezza ; immaginano duro ed implacabile colui che è solo
misericordia ; pensano violento e terribile colui che è adorabile.
Così, l’empio mentisce a se stesso quando si fabbrica un idolo
invece di riconoscere Dio così come egli è. Cosa teme, quella gente
di poca fede ? Che Dio non voglia perdonare i loro peccati ? Ma li
ha inchiodati alla croce con le proprie mani. Cosa temono dunque
ancora ? Di essere, loro stessi, deboli e vulnerabili ? Ma egli
conosce bene l’argilla dalla quale ci ha plasmati. Di cosa hanno
paura ? di essere troppo avvezzi al male per poter sciogliere le
catene dell’abitudine ? Ma il Signore ha liberato coloro che erano
incatenati. Temono dunque che Dio, irritato dall’immensità delle
loro colpe, esiti a tendere loro una mano caritatevole ? Ma laddove
abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (Rm 5, 20). Oppure,
la preoccupazione per il loro vestito, il cibo o le altre necessità
della vita impedisce forse loro di lasciare i loro beni ? Ma Dio sa
che abbiamo bisogno di tutte queste cose (Mt 6, 32). Cosa
vogliono di più ? Cosa ostacola la loro salvezza ? È il fatto che
ignorano Dio, che non credono alle sue parole. Che si fidino,
dunque, dell’esperienza degli altri.
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XXIVA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Libro di vita di
Gerusalemme
capitolo "Accoglienza" -
paragrafi 42-43
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XXIVA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Omelie spirituali,
30, 9
L’accoglienza del fariseo e l’accoglienza della peccatrice
di
San Macario nel quarto secolo
Accogliamo
il nostro Dio e Signore, il vero medico, l’unico che, venendo da
noi, è capace di guarire le nostre anime, lui che ha tanto faticato
per noi. Bussa senza stancarsi alla porta dei nostri cuori perché
gli apriamo, affinché entri, riposi nelle nostre anime, laviamo i
suoi piedi e li cospargiamo di olio profumato e faccia in noi la sua
dimora. In un passo infatti, Gesù rimprovera uno che non gli aveva
lavato i piedi, e altrove dice : « Ecco, sto alla porta e busso. Se
qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui » (Ap
3, 20). Per questo infatti ha sopportato tante sofferenze,
consegnato il suo corpo alla morte, e ci ha riscattati dalla
schiavitù : per entrare nelle nostre anime e fare in esse la sua
dimora.
Per questo,
nel giudizio finale, il Signore dice a quelli che stanno alla sua
sinistra e saranno mandati nel fuoco eterno : « Ero forestiero e non
mi avete ospitato ; ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare ;
ho avuto sete e non mi avete dato da bere » (Mt 25, 42-43). Infatti
il suo cibo, la sua bevanda, il suo vestito, il suo tetto, il suo
riposo sono nei nostri cuori. Per questo bussa senza sosta, volendo
entrare da noi. Accogliamolo dunque e introduciamolo dentro di noi,
poiché anche lui è il nostro cibo, la nostra bevanda, la nostra vita
eterna.
E ogni
anima che non lo accoglie ora dentro di sé, affinché egli vi trovi
riposo, o piuttosto affinché essa si riposi in lui, non erediterà il
Regno dei cieli con i santi, e non potrà entrare nella città
celeste. Ma tu, Signore Gesù Cristo, concedi a noi di entrarvi, che
glorifichiamo il tuo nome con il Padre e lo Spirito Santo, nei
secoli.
Amen.
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XXIVA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Libro di Vita
di Gerusalemme
Capitolo “Castità” § 86
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XXIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
Lc 8, 1-3
Mulieris
Dignitatem, § 27
« C’erano
con lui i Dodici e alcune donne »
dall’
Enciclica “Mulieris Dignitatem” di Papa Giovanni Paolo II
Nella
storia della Chiesa, sin dai primi tempi c'erano - accanto agli
uomini - numerose donne, per le quali la risposta della Sposa
all'amore redentore dello Sposo assumeva piena forza espressiva.
Come prime vediamo quelle donne, che personalmente avevano
incontrato Cristo, l'avevano seguito e, dopo la sua dipartita,
insieme con gli apostoli « erano assidue nella preghiera »
(At 1,14) nel cenacolo di
Gerusalemme sino al giorno di Pentecoste. In quel giorno lo Spirito
Santo parlò per mezzo di « figli e figlie » del Popolo di Dio…
(At 2,17 ; Gl 3,1).
Quelle donne, ed in seguito
altre ancora, ebbero parte attiva ed importante nella vita della
Chiesa primitiva, nell'edificare sin dalle fondamenta la prima
comunità cristiana - e le comunità successive - mediante i propri
carismi e il loro multiforme servizio… L'apostolo parla delle loro
« fatiche » per Cristo, e queste indicano i vari campi del servizio
apostolico della Chiesa, iniziando dalla « chiesa domestica ». In
essa, infatti, la « fede schietta » passa dalla madre nei figli e
nei nipoti, come appunto si verificò nella casa di Timoteo (2
Tm 1, 5).
Lo stesso si
ripete nel corso dei secoli, di generazione in generazione, come
dimostra la storia della Chiesa. La Chiesa, infatti, difendendo la
dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e
gratitudine per coloro che - fedeli al Vangelo - in ogni tempo hanno
partecipato alla missione apostolica di tutto il Popolo di Dio.
Anche ai
nostri giorni la Chiesa non cessa di arricchirsi della testimonianza
delle numerose donne che realizzano la loro vocazione alla santità.
Le donne sante sono un’incarnazione dell'ideale femminile, ma sono
anche un modello per tutti i cristiani, un modello di « sequela
Christi », un esempio di come la Sposa deve rispondere con l'amore
all'amore dello Sposo.
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settimana T.O. -
LODI Sabato
LA TUA PAROLA,
SIGNORE, E' SORGENTE INESAURIBILE DI VITA
di
Sant'Efrem nel quarto secolo
Chi è capace di comprendere, Signore, la ricchezza di una sola delle
tue parole? E' molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a
comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una
fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono
le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la
sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano
possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua
parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in
ciò che contempla.
La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei
frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che
divenne per ogni uomo da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi
mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una
bevanda spirituale (1 Cor 10, 2).
Colui al quale
tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella
parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto
piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una cosa
sola fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non
creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la
ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallegrati perché
sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza
della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si
rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. E' meglio che la
fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la
fonte.
Se la tua sete è
spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni
volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la
sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per
quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato.
Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è
ancora tua eredità.
Ciò che non hai
potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in
altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di
voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se
non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere
solo un po’ alla volta.
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PRIMI VESPRI Sabato
Omelia 7 sulla conversione
La misericordia di Dio verso
l’Apostolo Paolo
di
San Giovanni Crisostomo nel
quarto secolo
Dobbiamo sempre tenere a mente quanto tutti gli uomini siano
circondati da tante testimonianze del medesimo amore di Dio. Se la
giustizia avesse preceduto la penitenza, l’universo sarebbe stato
annientato. Se Dio fosse stato pronto al castigo, la Chiesa non
avrebbe conosciuto l’apostolo Paolo; non avrebbe ricevuto un tale
uomo nel suo seno. La misericordia di Dio ha trasformato il
persecutore in apostolo; ha cambiato il lupo in pastore, e ha fatto
di un pubblicano un evangelista (Mt 9,9). È la misericordia di Dio,
commossa dal nostro destino, che ci ha trasformati tutti; e ci
converte .
Vedendo l’ingordo di ieri mettersi oggi a digiunare, il
bestemmiatore di un tempo parlare di Dio con rispetto, l’ignobile di
una volta non aprire più la bocca se non per lodare Dio, possiamo
ammirare la misericordia del Signore. Sì, fratelli, se Dio è buono
con tutti, lo è particolarmente nei riguardi dei peccatori.
Volete anche sentire qualcosa di strano dal punto di vista delle
nostre abitudini, ma di vero dal punto di vista della pietà?
Ascoltate: mentre Dio si mostra esigente con i giusti, mostra per i
peccatori soltanto clemenza e mitezza. Quale rigore con il giusto!
Quale indulgenza con il peccatore! Questa è la novità, il
rovesciamento che ci offre la condotta di Dio... E questo ne è il
motivo: spaventare il peccatore, soprattutto il peccatore incallito,
sarebbe privarlo di ogni fiducia, farlo affondare nella
disperazione; Adulare il giusto, sarebbe diminuire il vigore della
sua virtù, spingerlo ad allentare il suo zelo. Dio è infinitamente
buono! Il suo timore è la salvaguardia del giusto, e la sua clemenza
converte il peccatore.
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UR
Domenica
Dal «Commento
sulla seconda lettera ai Corinzi»
(Cap. 5, 5 - 6;
PG 74, 942-943)
Dio ci ha
riconciliati per mezzo di Cristo
di san Cirillo
di Alessandria nel quinto secolo
Chi ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della
risurrezione, tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può
dire con ragione di non conoscere alcuno secondo la carne, di
sentirsi, cioè, fin d`ora partecipe della condizione del Cristo
glorioso. Ciò vale per tutti noi che siamo spirituali ed estranei
alla corruzione della carne. Infatti, brillando a noi l'Unigenito,
siamo trasformati nel Verbo stesso che tutto vivifica. Quando
regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle catene della morte.
Ora che è subentrata al peccato la giustizia di Cristo, ci siamo
liberati dall'antico stato di decadenza.
Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo
riferirci a quella condizione connaturale alla creatura umana che
comprende, fra l'altro, la particolare caducità propria dei corpi.
Vi fa cenno san Paolo quando dice: «Infatti anche se abbiamo
conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così»
(2 Cor 5, 16).
In altre parole: «Il Verbo si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi»
(Gv 1, 14),
e per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo. La nostra
fede prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto, ma
vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il
Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai
corpi che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore
più, la morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda
la sua morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece
per il fatto che egli vive, vive per Dio
(cfr. Rm 6, 8-9).
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XXVA
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VESPRI
Domenica
Lc 16,1-13
Agire con scaltrezza
di San Basilio
nel quarto secolo
Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni. Ricordati di
te stesso. Ricordati di quello che sei, di quali faccende conduci,
di chi te le ha affidate, dei motivi per cui sei stato preferito a
molti. Sei il servo del Dio buono; hai la responsabilità dei tuoi
compagni di servizio. Non credere che tutti questi beni siano
destinati al tuo ventre. Disponi dei beni che hai in mano come se
appartenessero a qualcun altro; essi ti procureranno piacere per un
qualche tempo, poi svaniranno e scompariranno. Ma di essi ti sarà
chiesto un conto dettagliato.
“Cosa
farò?” La risposta è semplice: sazierò gli affamati; aprirò i miei
granai e inviterò i poveri. Voi tutti che mancate di pane, venite a
me. Ognuno prenda una parte sufficiente dei doni che Dio mi ha
concesso. Venite, attingete, come ad una fontana pubblica.
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settimana T.O. -
LODI martedì
La santa
verginità, 5
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Maria, madre di
Cristo, madre della Chiesa
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Il
parto di quella Vergine singolare e santa è la gloria di tutte le
sante vergini: esse sono, in Maria, madri del Cristo, a condizione
però che facciano la volontà del Padre. È infatti a questo titolo
che Maria è madre di Cristo in senso più encomiabile e felice,
secondo la parola evangelica sopra ricordata: « Chi fa la volontà
del Padre mio, che è nei cieli, costui mi è fratello e sorella e
madre » (Mt 12,50).
Elenca tutti
questi vincoli di parentela, ma, trattandosi del popolo dei redenti,
li presenta elevati all'ordine soprannaturale, cioè riferiti a se
stesso. Egli ritiene per fratelli e sorelle i santi e le sante con i
quali condivide l'eredità celeste. Sua madre è la Chiesa universale,
in quanto, mediante la grazia divina, genera le sue membra, cioè i
suoi fedeli. Inoltre, di ogni anima devota si può dire che essa è
madre di Cristo, nel senso che, facendo la volontà del Padre,
mediante la carità - che è virtù fecondissima - dà la vita a tutti
coloro in cui imprime la forma di Cristo (Gal 4,19)…
Maria è senza
alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha
cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che
formano le membra di quel capo. Per quanto invece concerne il suo
corpo, essa è la madre proprio del capo.
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XXVA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Omelie 51 ;
PL 194, 1862 ; SC 339
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 78
Ecco mia madre e i
miei fratelli
d’Isacco della Stella nel dodicesimo secolo
A
buon diritto la Vergine Maria occupa il primo posto nell’assemblea
dei giusti, lei che ha generato il primo di tutti loro. Cristo è
infatti il “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29)... Perciò
giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in
generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della
Vergine Madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della
Vergine Madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre
Chiesa; e quanto si dice di una delle due, può essere inteso
indifferentemente dell’una e dell’altra.
Anche
la singola anima fedele può essere considerata come sposa del Verbo
di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Vien
detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria,
in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa sapienza di
Dio che è il Verbo del Padre: “Fra tutti questi cercai un luogo di
riposo” e “nell’eredità del Signore mi stabiliì” (Sir 24, 7.12).
Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale
Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del
grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede
della Chiesa sino alla fine del mondo; nella conoscenza e nell’amore
dell’anima fedele per l’eternità.
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XXVA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Omelie sulla
prima lettera ai Corinzi (PG 61, 34-36)
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 2559)
Li mandò ad annunciare il Regno di
Dio
di San Giovanni Crisostomo nel quarto
secolo
La croce ha
esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha
fatto non servendosi di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto
di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole
vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella
sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò
gli illetterati in dotti. Dai mezzi usati da Dio si vede come « la
stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come
la sua debolezza sia più forte della fortezza umana » (1 Cor 1, 25).
In
che senso più forte ? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini,
si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sé tutti gli
uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma
hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di
più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono
periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un
morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere… I filosofi, i re
e, per così dire, tutto il mondo che si perde in mille faccende, non
possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori
poterono fare con la grazia di Dio… Pensando a questo fatto, Paolo
esclamava : « Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini »
(1 Cor 1, 25). Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri
uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui
laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera ?
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XXVA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Redemptoris
missio, §30
Annunciare il
Regno di Dio
di Papa Giovanni Paolo II
Il nostro
tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato
impulso nell'attività missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le
possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo
sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello
Spirito. E lui il protagonista della missione!
Sono numerose
nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il
dinamismo missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha
sempre risposto con generosità e lungimiranza. Né i frutti sono
mancati. È stato celebrato... il millennio dell'evangelizzazione
della Rus' e dei popoli slavi, e... il cinquecentesimo anniversario
dell'evangelizzazione delle Americhe. Parimenti, sono stati di
recente commemorati i centenari delle prime missioni in diversi
paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'Oceania. Oggi la Chiesa deve
affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia
nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di
popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i
cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale sono
richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la
stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito.
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LODI giovedì
Contro le
Eresie, libro IV, 20, 4-5 : SC 100, p. 639s
Erode cercava di
vedere Gesù
di
Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
I
profeti annunziavano in anticipo che Dio sarebbe stato visto dagli
uomini come lo dice anche il Signore : « Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio » (Mt 5, 8). Certo, secondo la sua grandezza e
la sua inenarrabile gloria, « nessun uomo può vedere Dio e restare
vivo » (Es 33, 20), perché il Padre è inafferrabile. Ma grazie al
suo amore, alla sua bontà verso gli uomini e alla sua onnipotenza,
giunge fino a concedere a coloro che lo amano il privilegio di
vedere Dio – ciò che, precisamente, profetizzavano i profeti –
poiché « ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio » (Lc
18, 27).
Da sé
stesso, infatti, l’uomo non potrà mai vedere Dio ; invece Dio, se lo
vuole, potrà essere visto dagli uomini, da coloro che egli vuole,
quando lo vuole e nel modo in cui egli vuole. Perché Dio può tutto :
visto, un tempo, con la mediazione dello Spirito secondo il modo
profetico, visto poi tramite il Figlio, secondo l’adozione, sarà
visto ancora nel Regno dei cieli secondo la paternità, poiché lo
Spirito prepara in anticipo l’uomo indirizzandolo verso il Figlio di
Dio, il Figlio lo conduce al Padre, e il Padre dona
l’incorruttibilità e la vita eterna, che risultano dalla visione di
Dio per coloro che lo vedono. Perché, così come coloro che vedono la
luce sono nella luce e partecipano al suo splendore, così coloro che
vedono Dio sono in Dio e partecipano al suo splendore. Ora,
vivificante è lo splendore di Dio. Dunque parteciperanno alla sua
vita, coloro che vedono Dio.
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XXVA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Colloqui spirituali ai Missionari, ed. 1960, p. 905-907
Portare
frutto
di
San Vincenzo de’ Paoli nel diciassettesimo secolo
Amiamo Dio,
fratelli miei, amiamo Dio, che sia però a spese delle nostre
braccia, che sia con il sudore dei nostri visi. Perché spessissimo,
tanti atti di amore di Dio, di compiacenza, di benevolenza e altri
simili affetti e pratiche di un cuore tenero, anche se buonissimi e
molto desiderabili sono per lo meno molto sospetti se non si viene
alla pratica dell’amore effettivo. “In questo, dice nostro Signore,
è glorificato il Padre mio. che portiate molto frutto” (Gv 15, 8).
E a questo
dobbiamo stare molto attenti, perché sono parecchi, per quanto ben
composto sia il loro esteriore, e riempito di grandi sentimenti per
Dio il loro interiore, a fermarsi qui. E quando vengono ai fatti e
si trovano in occasioni di agire, vengono meno. Vanno fieri della
loro immaginazione infervorata, si accontenta dei dolci colloqui che
hanno con Dio nell’orazione, anzi ne parlano come angeli. Però, alla
fine, se si tratta di lavorare per Dio, di soffrire, di
mortificarsi, d’istruire i poveri, di andare a cercare la pecora
smarrita, d’amare che manchi loro qualche cosa, di consentire alle
malattie o a qualunque altra disgrazia, purtroppo! non c’è più
nessuno, il loro coraggio vien meno. No, non ci inganniamo. Tutto il
nostro compito consiste nel passare dalle parole ai fatti.
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settimana T.O. -
LODI venerdì
Omelie sul
Vangelo di San Matteo 54, 1-3
Il Cristo di Dio
di San Giovanni Crisostomo nel quarto
secolo
« Egli allora raccomanda ai discepoli di non riferire a nessuno che
era il Cristo ». Perché quest’ordine ? Perché, scartato ogni motivo
di scandalo, compiute la croce e la sua passione, respinto ogni
ostacolo in grado di distogliere la folla dal credere in lui, possa
imprimersi profondamente e per sempre nelle anime la conoscenza
esatta di quello che era. La sua potenza non aveva ancora brillato
in modo eclatante. Attendeva che, prima che lo predicassero,
l’evidenza della verità e dell’autorità dei fatti potessero
confermare la testimonianza degli Apostoli.
Una
cosa era vederlo ora moltiplicare i prodigi in Palestina, poi
esposto alle persecuzioni e agli oltraggi – e la croce stava per
seguire questi prodigi – ; tutt’altro era vederlo adorato, creduto
da tutta la terra, al riparo dagli abusi che aveva subito un tempo.
Per questo raccomanda loro di non dire niente a nessuno… Se gli
Apostoli, che erano stati testimoni dei miracoli, che avevano
partecipato a tanti misteri ineffabili, si scandalizzavano all’udire
una sola parola, e con essi, Pietro stesso, il capo di tutti loro
(Mt 16, 22), cosa avrebbero pensato i comuni mortali se, dopo aver
sentito dire che Gesù era il Figlio di Dio, egli fosse stato
riempito di sputi e inchiodato alla croce ; e tutto questo mentre
non si conosceva ancora la ragione di quei misteri e prima della
venuta dello Spirito Santo ?
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settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Der Gott
Jesu Christi
Il Figlio
dell’uomo deve soffrire…
di Papa Benedetto XVI
Essere uomo significa : essere in vista della morte ; essere uomo
significa : dovere morire… Vivere, in questo mondo, vuole dire
morire. « Si è fatto uomo » (Credo) ; questo significa dunque che
anche Cristo è andato alla morte. La contraddizione propria della
morte dell’uomo raggiunge in Cristo un’estrema acutezza, poiché in
lui, che è in una comunione di scambio totale col Padre,
l’isolamento assoluto della morte è pura assurdità. Inoltre, in lui
la morte ha anche la sua necessità ; infatti, il fatto di essere col
Padre è all’origine dell’incomprensione che gli uomini gli
testimoniano, all’origine della sua solitudine in mezzo alle folle.
la sua condanna è stata l’atto ultimo dell’incomprensione, del
rigetto di quell’Incompreso in una zona di silenzio.
Allo
stesso tempo, si può intravvedere qualcosa della dimensione
interiore della sua morte. Nell’uomo, morire è sempre nello stesso
tempo un avvenimento biologico e spirituale. In Gesù, la distruzione
dei supporti della comunicazione rompe il suo dialogo col Padre.
Dunque quello che si rompe nella morte di Gesù Cristo è più grave
che in qualsiasi morte umana. Quello che è strappato qui, è il
dialogo che è l’asse vero del mondo intero.
Però,
così come questo dialogo lo aveva reso solitario ed era stato alla
base della mostruosità di questa sua morte, così in Cristo la
Risurrezione è già fondamentalmente presente. In essa, la nostra
condizione umana si inserisce nello scambio trinitario dell’amore
eterno. Non può mai più scomparire ; al di là della soglia della
morte, essa sorge nuovamente e ricrea la sua pienezza. Solo dunque
la Risurrezione svela il carattere ultimo, decisivo di questo
articolo della nostra fede : « Si è fatto uomo »… Cristo è
pienamente uomo ; lo rimane per sempre. La condizione umana è
entrata, in lui, nell’essere proprio di Dio ; è questo il frutto
della sua morte.
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XXVA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Lc 9, 43-45
Peri
Archôn, II, § 6, 2 ; PG 11, 210-211
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 203 alt.)
Non
comprendevano queste parole
di
Origene nel terzo secolo
Tra
tutti i miracoli e prodigi che riguardano Cristo, uno specialmente
eccede la capacità della mente umana e la riempie di stupore. La
fragilità della nostra intelligenza non riesce a comprendere e
neppure ad intuire come si debba credere che sì grande potenza della
divina maestà, lo stesso Verbo del Padre, la stessa Sapienza di Dio,
per mezzo della quale sono state create tutte le cose visibili e
invisibili (Col 1, 16),
sia potuta essere contenuta in quell’uomo che apparve in Giudea; che
la Sapienza di Dio sia entrata nel seno di una vergine e sia nata
come una piccola creatura che vagiva e piangeva come tutti gli altri
bambini. Che abbia poi potuto provare i terrori della morte come
egli stesso affermò dicendo: “La mia anima è triste fino alla morte”
(Mt 26, 38) e, infine, che
sia stato condannato alla morte più ignominiosa tra gli uomini,
anche se poi, dopo tre giorni, risuscitò...
In verità far udire ad orecchi umani tali cose, provare ad esprimerle
con le parole, supera il linguaggio degli uomini... e probabilmente
anche quello degli angeli.
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XXVA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Omelie al
ritorno dall’esilio, sulla Cananea
Il seminatore
semina a piene mani
di
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Oggi
non ho convinto il mio ascoltatore, ma forse lo convincerò domani,
forse fra tre o quattro giorni o fra qualche tempo. Il pescatore che
ha calato le reti inutilmente durante un giorno intero, a volte
prende sul far della sera, al momento di tornare, tutto il pesce che
non aveva potuto prendere durante il giorno. Colui che ara non
smette di coltivare le sue terre, pur non avendo fatto buoni
raccolti per parecchi anni, e in seguito, in un solo anno, ripara
sovente abbondantemente a tutte le perdite anteriori.
Dio
non ci chiede di riuscire, bensì di lavorare; ora, il nostro lavoro
non sarà meno ricompensato perché non saremo stati ascoltati...
Cristo sapeva bene che Giuda non si sarebbe convertito, eppure fino
alla fine, ha cercato di convincerlo, rimproverando la sua colpa nei
termini più commoventi: “Amico, per questo tu sei qui?” (Mt 26,50).
Ora se Cristo, il modello dei pastori, ha lavorato fino alla fine
per la conversione di un uomo disperato, quanto più noi dobbiamo
fare nei confronti di coloro dei quali ci è stato ordinato di
sperare sempre.
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XXVIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Dai «Discorsi», (Manila, 29 novembre 1970)
Noi predichiamo
Cristo a tutta la terra
di Papa Paolo VI
«Guai a me se
non predicassi il Vangelo!» (1
Cor 9,16). Io sono mandato da
lui, da Cristo stesso per questo. Io sono apostolo, io sono
testimone. Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la
mia missione, tanto più urgente è l'amore che a ciò mi spinge. Io
devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo
(Mt 16,16).
Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d'ogni
creatura (Col 1,15).
E' il fondamento d'ogni cosa
(Col 1,12). Egli è il Maestro
dell'umanità, e il Redentore. Egli è nato, è morto, è risorto per
noi. Egli è il centro della storia e del mondo. Egli è colui che ci
conosce e che ci ama. Egli è il compagno e l'amico della nostra
vita. Egli è l'uomo del dolore e della speranza. E' colui che deve
venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, come noi
speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra
felicità. Io non finirei più di parlare di lui. Egli è la luce, è la
verità, anzi egli è «la via, la verità, la vita»
(Gv 14, 6).
Egli è il pane, la fonte d'acqua viva per la nostra fame e per la
nostra sete, egli è il pastore, la nostra guida, il nostro esempio,
il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, egli
è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore e paziente nella
sofferenza. Per noi egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha
fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è
principio di convivenza, dove i puri di cuore e i piangenti sono
esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono
rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti
sono fratelli…
A tutti io lo
annunzio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l'alfa e l'omega.
Egli è il re del nuovo mondo. Egli è il segreto della storia. Egli è
la chiave dei nostri destini. Egli è il mediatore, il ponte fra la
terra e il cielo; egli è per antonomasia il Figlio dell'uomo, perché
egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la
benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, madre nostra
nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico.
Gesù Cristo!
Ricordate: questo è il nostro perenne annunzio, è la voce che noi
facciamo risuonare per tutta la terra, e per tutti i secoli dei
secoli.
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XXVIA
settimana T.O. -
VESPRI Domenica
La vera ricchezza
di Clemente d'Alessandria nel secondo
secolo
C’è
una ricchezza che semina la morte dovunque essa domini :
liberatevene e sarete salvi. Purificate la vostra anima ; rendetela
povera per potere udire la chiamata del Salvatore che vi dice
nuovamente : « Vieni e seguimi » (Mc 10,21). Egli è la via su cui
cammina chi ha il cuore puro ; la grazia di Dio non si infila in un
animo ingombrato e lacerato da una moltitudine di possessi.
Chi
considera la sua fortuna, il suo oro e il suo argento, le sue case
come doni di Dio, costui testimonia a Dio la sua riconoscenza
venendo in aiuto ai poveri con i suoi averi. Egli sa di possederli
più per i suoi fratelli che per se stesso. Rimane padrone delle sue
ricchezze invece di diventarne schiavo ; non le rinchiude nel suo
animo, né rinchiude la sua vita in esse, ma prosegue senza stancarsi
un’opera tutta divina. E se un giorno la sua fortuna venisse a
scomparire, accetta la sua rovina con un cuore libero. Dio dichiara
che un tale uomo è « beato » ; lo chiama « povero in spirito »,
erede assicurato del Regno dei cieli (Mt 5,3)…
Invece, c’è chi serra la sua ricchezza nel suo cuore, al posto dello
Spirito. Costui tiene in lui le sue terre, accumula senza fine la
sua fortuna, non si preoccupa di nulla se non di ammassare sempre di
più. Non alza mai gli occhi verso il cielo ; sprofonda nelle cose
materiali. In effetti, non è altro che polvere e in polvere tornerà.
Come potrebbe provare il desiderio del Regno colui che, al posto del
cuore, porta in sé un campo o una mina, e che la morte sorprenderà
inevitabilmente in mezzo alle
passioni ? « Perché là dov’è il tuo
tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21).
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XXVIA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Lc 9, 51-56
Discorsi
ascetici, 2a parte, no. 10, 36
L’amore
perfetto in Cristo
di
Sant’Isacco Siriano nel settimo
secolo
Quando uno è stato reso degno di assaporare l’amore di Dio, è solito
dimenticare ogni cosa per la sua dolcezza ; infatti, assaporato
questo amore, ogni cosa visibile gli appare priva di interesse. La
sua anima si avvicina gioiosamente al bell’amore per gli uomini,
senza distinzioni. Non è mai turbato dalle loro debolezze, che non
gli fanno paura. Così è stato per i beati apostoli che, in mezzo a
tutti i mali che ebbero da sopportare da parte dei loro carnefici,
sono stati assolutamente incapaci di odiare questi ultimi, e non si
stancavano di amarli. Questo è stato manifestato nei fatti quando,
alla fine, hanno sopportato persino la morte per ritrovarli un
giorno, in cielo.
Eppure, erano loro che, poco tempo prima, avevano supplicato Cristo
di far scendere un fuoco dal cielo sui Samaritani che avevano
rifiutato di accoglierli nel loro paese. Infatti, una volta ricevuto
il dono di assaporare l’amore di Dio, essi sono stati resi perfetti
fino all’amore per gli empi.
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XXVIA
settimana T.O. -
VESPRI
Martedì
Lc 9,51-56
“Gesù si
diresse decisamente verso Gerusalemme”
di S Cirillo
di Gerusalemme nel quarto secolo
Gesù
non andò quindi incontro alla passione contro la sua volontà, ma
perché lo volle da sempre. Ancor oggi a chi volesse distoglierlo
dalla passione e gli dicesse: “Signore, abbi pietà di te”,
egli risponderebbe proprio come una volta: “Indietro, satana, va’
via da me”.
Per
convincertene, vuoi che ti provi come egli ebbe sempre questa
volontà di partire?
Eccoti una prova. Mentre gli altri uomini, al buio circa il loro
futuro, vogliono sottrarsi alla morte, egli prevedendo la sua
passione disse : “Ecco, il Figlio dell’uomo sarà consegnato per
essere crocifisso”, né cercò di evitarla. Sai perché non sfuggì
la morte? Per il suo amore per gli uomini. Questo lo indusse a
volere non la fuga dalla morte ma la liberazione del mondo dalla
morte del peccato. Perciò leggiamo che disse: “Ecco, stiamo
salendo a Gerusalemme, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato e
crocifisso”, e anche che “fermo nel suo volto, si diresse
decisamente verso Gerusalemme”.
Non
aveva vergogna di dare la vita per il mondo.
Non
rinunziò alla vita perché costretto, non fu neppure immolato da
altri ma fu lui a volersi immolare. Ascolta le sue parole: “Ho il
potere di lasciare la vita e il potere di riprenderla, cedo ai miei
nemici per mia spontanea volontà, se non lo volessi infatti non ne
avrei alcun male”. Andò quindi incontro alla passione per sua
libera scelta, lieto di realizzare il suo sublime progetto, gioioso
per la corona che a lui era proposta e soddisfatto per la salvezza
che offriva agli uomini.
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XXVIA
settimana T.O. -
Lodi mercoledì
Esortazione
ai pagani, 9 ; PG 8, 195-201 ; SC 2, 143
« Ascolta, popolo mio, voglio
parlare… Io sono Dio, il tuo Dio »
di Clemente di Alessandria nel terzo secolo
« Ascoltate oggi la sua voce : non indurite il cuore come nel giorno
del deserto dove mi tentarono i vostri padri…
Non entreranno nel luogo
del mio riposo » (Sal 94, 7-11).
La grazia della promessa di Dio è
abbondante, se oggi ascolteremo la sua voce, poiché quest’oggi si
estende ad ogni giorno nuovo finché si dirà « oggi ». Quest’oggi
perdura fino alla fine dei tempi, come pure la possibilità di
imparare. Allora, il vero oggi, il giorno senza fine di Dio, si
confonderà con l’eternità. Obbediamo dunque sempre alla voce del
Verbo divino, la Parola di Dio fatta carne, perché l’oggi eterno è
l’immagine dell’eternità e il giorno è il simbolo della luce ; ora,
per gli uomini, il Verbo è la luce (Gv 1,9) nella quale vediamo Dio.
È dunque naturale che la grazia
sovrabbondi per coloro che hanno creduto e obbedito, invece contro
coloro che sono stati increduli, … che non hanno riconosciuto le vie
del Signore…, è naturale che Dio sia irritato e che li minacci. Così
gli Ebrei hanno errato nel deserto ; non sono entrati nel luogo del
riposo a causa della loro incredulità…
Perché egli ama gli uomini, il Signore li invita tutti « alla
conoscenza della verità » (1 Tm 2,4), e manda loro lo Spirito Santo,
il Paraclito… Ascoltate dunque, voi che siete lontani e voi che
siete vicini (Ef 2,17). Il Verbo non si nasconde a nessuno. Egli è
la nostra luce comune, brilla per tutti gli uomini. Affrettiamoci
dunque verso la salvezza, verso la nuova nascita. Affrettiamoci a
radunarci numerosi in un solo gregge, nell’unità dell’amore. E
questa moltitudine di voci…, obbedendo ad un solo maestro, il Verbo,
troverà il suo riposo nella Verità stessa e potrà dire « Abba
Padre » (Rm 8,15).
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XXVIA
settimana T.O. -
Vespri Mercoledì
1a
Lettera a sant’Agnese di Boemia, §15-23 (Fonti Francescani)
«
Maestro, ti seguirò dovunque andrai »
Santa
Chiara nel tredicesimo secolo
O beata povertà, che
procura ricchezze eterne a chi l’ama e l’abbraccia ! O santa
povertà : a chi la possiede e la desidera è promesso da Dio il regno
dei cieli ed è senza dubbio concessa gloria eterna e vita beata ! O
pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, nel cui potere erano e sono
il cielo e la terra, il quale « disse e tutto fu creato » (Sal 32,
9), si degnò più di ogni altro di abbracciare. Disse egli infatti :
« Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i nidi, mentre il
Figlio dell’uomo – cioè Cristo – non ha dove posare il capo », ma
« chinato il capo [sulla croce] rese lo spirito » (Gc 19, 30).
Se
dunque tanto grande e tale Signore quando venne nel grembo verginale
volle apparire nel mondo disprezzato, bisognoso e povero, perché gli
uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano l’eccessiva
mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi col
possesso del regno celeste, esultate grandemente e gioite ricolma di
immenso gaudio e letizia spirituale ; poiché avendo voi preferito il
disprezzo del mondo agli onori, la povertà alle ricchezze temporali
e nascondere i tesori in cielo più che in terra, la « dove né la
ruggine consuma, né il tarlo distrugge, né i ladri rovistano e
rubano » (Mt 6, 20), « abbondantissima è la vostra ricompensa nei
cieli » (Mt 5, 12).
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XXVIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Libro di vita di
Gerusalemme
capitolo "Nella Chiesa" , § 149
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XXVIA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Lc 10,1-12
“Ti seguirò
col predicarti”
di Sant’Ilario
di Poitiers nel quarto secolo
Io
sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il
fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni
mio sentimento,esprima te.
L’esercizio della parola, di cui hai fatto dono, non può avere
ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di
mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che
sei Padre, Padre cioè dell’Unigenito Dio.
Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare
il dono del tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio
del tuo Spirito possa gonfiare le vele della nostra fede e della
nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa.
Non viene meno infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa
promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate
e vi sarà aperto” (Mt 7,7).
Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e
scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi
apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il
riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto
della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a
chi bussa.
Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce
per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo
esprimere ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e
l’unico Signore Gesù Cristo, secondo quanto ci è stato trasmesso dai
profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano,
sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e
sappiamo predicarne senza errori la divinità.
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XXVIA
settimana T.O. -
Lodi venerdì
Esortazione
ai pagani, 9 ; PG 8, 195-201 ; SC 2, 143
« Ascolta, popolo mio, voglio
parlare… Io sono Dio, il tuo Dio »
di Clemente di Alessandria nel terzo secolo
« Ascoltate oggi la sua voce : non indurite il cuore come nel giorno
del deserto dove mi tentarono i vostri padri…
Non entreranno nel luogo
del mio riposo » (Sal 94, 7-11).
La grazia della promessa di Dio è
abbondante, se oggi ascolteremo la sua voce, poiché quest’oggi si
estende ad ogni giorno nuovo finché si dirà « oggi ». Quest’oggi
perdura fino alla fine dei tempi, come pure la possibilità di
imparare. Allora, il vero oggi, il giorno senza fine di Dio, si
confonderà con l’eternità. Obbediamo dunque sempre alla voce del
Verbo divino, la Parola di Dio fatta carne, perché l’oggi eterno è
l’immagine dell’eternità e il giorno è il simbolo della luce ; ora,
per gli uomini, il Verbo è la luce (Gv 1,9) nella quale vediamo Dio.
È dunque naturale che la grazia
sovrabbondi per coloro che hanno creduto e obbedito, invece contro
coloro che sono stati increduli, … che non hanno riconosciuto le vie
del Signore…, è naturale che Dio sia irritato e che li minacci. Così
gli Ebrei hanno errato nel deserto ; non sono entrati nel luogo del
riposo a causa della loro incredulità…
Perché egli ama gli uomini, il Signore li invita tutti « alla
conoscenza della verità » (1 Tm 2,4), e manda loro lo Spirito Santo,
il Paraclito… Ascoltate dunque, voi che siete lontani e voi che
siete vicini (Ef 2,17). Il Verbo non si nasconde a nessuno. Egli è
la nostra luce comune, brilla per tutti gli uomini. Affrettiamoci
dunque verso la salvezza, verso la nuova nascita. Affrettiamoci a
radunarci numerosi in un solo gregge, nell’unità dell’amore. E
questa moltitudine di voci…, obbedendo ad un solo maestro, il Verbo,
troverà il suo riposo nella Verità stessa e potrà dire « Abba
Padre » (Rm 8,15).
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XXVIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
l libero
arbitrio
Acconsentire alla
conversione
Santa Caterina da Genova nel quindicesimo secolo
Dio incita l’uomo a
rialzarsi dal peccato, poi, con la luce della fede, illumina
l’intelligenza. Dopo, mediante un certo gusto e un certo sapore,
infiamma la volontà. Tutto ciò, Dio lo compie in un istante, benché
lo esprimiamo in molte parole e introducendovi un intervallo di
tempo.
Dio compie
questa opera più o meno negli uomini, a seconda del frutto che
prevede. A ognuno è dato luce e grazia affinché, compiendo ciò che è
in suo potere, possa salvarsi soltanto donando il proprio consenso.
Questo consenso si attua nel modo seguente : Quando Dio ha fatto la
sua opera, all’uomo basta dire : sono contento, Signore, fa’ di me
ciò che ti piace, mi decido a non più peccare e a lasciare, per il
tuo amore, ogni cosa del mondo.
Questo
consenso e questo moto della volontà si fanno così rapidamente che
la volontà dell’uomo si unisce a quella di Dio senza che lui stesso
se ne accorga, tanto più che questo si fa in silenzio. L’uomo non
vede il consenso, ma rimane in lui una impressione interiore che lo
spinge ad andare avanti. In questa opera, si trova così infiammato
che rimane sbalordito e stupefatto, e non può volgersi altrove. In
questa unione spirituale, l’uomo è legato a Dio con un vincolo quasi
indissolubile, perché Dio fa quasi tutto, avendo ricevuto il
consenso dell’uomo. Se egli si lascia portare, Dio lo stabilisce e
lo conduce fino a quella perfezione che gli ha destinato.
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XXVIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Lc 10, 17-24
Lettera
Enciclica « Dominum et vivificantum », § 20-21
« Io ti rendo lode, Padre, …le hai
rivelate ai piccoli »
Papa Giovanni Paolo II
«Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: ‘Io ti rendo
lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto
queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì,
Padre, perché così ti è piaciuto’». Gesù esulta per la paternità
divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità;
esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa
paternità divina sui «piccoli». E l'evangelista qualifica tutto
questo come «esultanza nello Spirito Santo»...
Ciò che durante la teofania del Giordano è venuto, per così dire,
«dall'esterno», dall'Alto, qui proviene «dall'interno», cioè dal
profondo di ciò che è Gesù. È un'altra rivelazione del Padre e del
Figlio, uniti nello Spirito Santo, Gesù parla solo della paternità
di Dio e della propria figliolanza - non parla direttamente dello
Spirito che è amore e, per questo, unione del Padre e del Figlio.
Nondimeno, quello che dice del Padre e di sé-Figlio scaturisce da
quella pienezza dello Spirito, che è in lui e che si riversa nel suo
cuore, pervade il suo stesso «io» ispira e vivifica dal profondo la
sua azione. Di qui quell'«esultare nello Spirito Santo». L'unione di
Cristo con lo Spirito Santo, di cui egli ha perfetta coscienza, si
esprime in quell'«esultanza», che in certo modo rende percepibile la
sua arcana sorgente. Si ha così una speciale manifestazione ed
esaltazione, che è propria del Figlio dell'uomo, di Cristo-Messia la
cui umanità appartiene alla Persona del Figlio di Dio,
sostanzialmente uno con lo Spirito Santo nella divinità.
Nella
magnifica confessione della paternità di Dio Gesù di Nazareth
manifesta anche se stesso, il suo «io» divino: egli, infatti, è il
Figlio «della stessa sostanza» (Credo) e, perciò, «nessuno sa chi è
il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio», quel
Figlio che «per noi uomini e per la nostra salvezza» (Credo) si è
fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato da una vergine,
il cui nome era Maria.
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XXVIA
settimana T.O. -
VESPRI sabato
Lumen
Gentium,
§ 4 e 12
Lo
Spirito santifica la Chiesa
dalla Costituzione
“Gaudium et spes “ del Concilio Vaticano II
Per mezzo dello Spirito che dà la vita, « sorgente di acqua
zampillante per la vita eterna » (Gv 4,14) il Padre ridà la vita
agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in
Cristo i loro corpi mortali (Rm 8,11). Lo Spirito dimora nella
Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (1 Cor 3,16) e in
essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di
Dio per adozione (Gal 4,6). Egli introduce la Chiesa nella pienezza
della verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la
provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la
abbellisce dei suoi frutti. Con la forza del Vangelo la fa
ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta
unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore
Gesù: « Vieni » (Ap 22,17)…
La totalità dei fedeli, avendo
l'unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi nel credere, e
manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale
della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi
fedeli laici » (S. Agostino) mostra l'universale suo consenso in
cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è
suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del
sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente,
di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio
(1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente « alla fede
trasmessa ai santi una volta per tutte » (Gd 3), con retto giudizio
penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita.
Inoltre lo Spirito Santo non si
limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei
sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma «
distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor
12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali,
con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e
uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa
secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito
è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7).
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XXVIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Il gaudio della
beatitudine eterna
di San Pier Damiani nel XI secolo
Il tuo
spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che
con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano
lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro
scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello
stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona.
Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito
nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio
perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode
serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei
suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della
vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né
la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono
tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza,
la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della
salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la
gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso
Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando
egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo
come egli è” (1 Gv 3, 2). Perciò: “la morte è stata ingoiata
per la vittoria” (1 Co 15, 54; Is 25, 8) e ogni corruzione della
natura umana è stata vinta.
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XXVIIA
settimana T.O. - VESPRI Domenica
Lc 17, 7-10
“Servire
alla Mensa del Signore”
di S. Pietro Crisologo nel V sec.
Chi di voi, se ha un servo che ara o
pascola il gregge, al suo ritorno dal campo gli dice subito: “Vieni,
mettiti a tavola”, e non gli dice: “Vieni, raccogliti le vesti e
servimi, finché io mangi e beva, e dopo anche tu mangerai e berrai”.
Dopo aver compiuto i loro lavori e dopo aver dato grandi e numerose
prove di potenza, gli apostoli si credevano veramente utili, ma
affondavano nel fango della carne e nella polvere di questo corpo e
non sapevano di essere inutili. Ma ciò si comprende quando Giuda
tradisce, Pietro nega, Giovanni fugge e tutti lo abbandonano,
affinché apparisse il solo nel quale era e dal quale era ogni
utilità.
Quanto all’aver detto: Dopo mangerai tu, ammonisce i
discepoli a desiderare ardentemente, dopo la sua ascensione, di
unirsi subito al Signore nella beatitudine superna. Infine conforta
i discepoli che stava per lasciare quaggiù, li rafforza per
affrontare la sofferenza e li rende idonei a sopportare la fatica di
servirlo. Infatti allora gli apostoli servirono il Signore a tavola
per tanto tempo, per quanto tra le cucine dei peccatori e i fuochi
dei pagani prepararono sulle mense della Chiesa la cena del Signore
a perpetuo ricordo. Conosce questa cena chi è fedele; chi non la
conosce, desideri di conoscerla per essere fedele.
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XXVIIA
settimana T.O. -
LODI martedì
Lc 10, 38-42
Omelia per
la festa dell'Assunzione
Marta e Maria
riunite
Oddone di Canterbury nel
dodicesimo secolo
Nel vangelo ci è presentato Gesù accolto da due sorelle, una lo
serviva mentre l’altra si dedicava all’ascolto della sua parola.
Questo si applica alla beata Vergine Maria.
In queste due donne di
cui parla la Scrittura, è solito vedere il simbolo delle due forme
di vita nella Chiesa. Marta rappresenta la vita attiva, e Maria la
vita contemplativa. Marta faticava nelle opere di misericordia;
Maria si riposava, guardando. Quella attiva si dedicava all’amore
per il prossimo, quella contemplativa all’amore per Dio. Ora, Cristo
è Dio e uomo. Ed è stato circondato dall’unico amore della beata
Vergine Maria, quando lei serviva la sua umanità e quando era
attenta alla contemplazione della sua divinità...
Altri servono le membra
del corpo di Cristo; Maria serviva Cristo in persona... e non
soltanto nelle azioni esteriori, ma nella propria sostanza: gli
offrì l’ospitalità del suo seno. Nella sua infanzia, aiutò la
debolezza della sua umanità, accarezzandolo, facendogli il bagno,
curandolo; lo portò in Egitto per sfuggire la persecuzione di Erode
e lo ricondusse; alla fine, dopo molti servizi, stette presso di lui
mentre moriva sulla croce e fu presente alla sua sepoltura... Così,
lei è stata Marta, e non ha uguali per il servizio.
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XXVIIA
settimana T.O. -
VESPRI martedì
Lc 10, 38-42
Ultimo ritiro
« Maria,
sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola »
Beata Elisabetta
della Trinità nel diciannovesimo secolo
“Nel silenzio sta la vostra salvezza” (cfr. Is 30,15)... Conservare
al Signore la sua forza, è fare l’unità in tutto il nostro essere
con il silenzio interiore, è raccogliere tutte le nostre potenze per
occuparle al solo esercizio dell’amore; è avere quello sguardo
semplice che permette alla luce di illuminarci (Mt 6,22). Un’anima
che discute con il suo io, che si occupa della sua sensibilità, che
persegue un pensiero inutile, un desiderio qualsiasi, tale anima
disperde le sue forze, non è tutta ordinata a Dio... È ancora troppo
umana, c’è in essa una dissonanza.
L’anima che tiene per sé ancora qualche cosa nel proprio regno
interiore, le cui potenze non sono tutte chiuse in Dio, non può
essere una perfetta “lode di gloria” (Ef 1,14); non è in grado di
cantare senza sosta il “canticum magnum”, il grande cantico di cui
parla san Paolo, perché l’unità non regna in lei; e, in luogo di
perseguire la sua lode attraverso tutte le cose nella semplicità, le
occorre riunire senza sosta le corde del suo strumento un po' perse
da ogni parte.
Quanto E’ indispensabile questa bella unità interiore all’anima che
vuole vivere quaggiù della vita dei beati, cioè degli esseri
semplici, degli spiriti. Mi sembra che a questo pensava il Maestro
quando parlava a Maria Maddalena della sola cosa di cui c’è bisogno.
Quanto l’avesse ben capito la grande santa! L’occhio della sua anima
illuminato dalla luce della fede, aveva riconosciuto il suo Dio
sotto il velo dell’umanità e nel silenzio, nell’unità delle sue
potenze, “ascoltava la sua parola”... Sì, non sapeva più nulla, se
non lui.
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XXVIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Lc
11, 1-4
Il
cammino di perfezione, cap. 30
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1462)
La preghiera ci introduce fin
d’ora nel riposo di Dio
Santa Teresa
d'Avila nel sedicesimo secolo
Sia
santificato il tuo nome, venga in noi il tuo regno”. Ammirate ora la
grande sapienza del nostro Maestro. Considerate che cosa chiediamo
con questo regno. Il buon Gesù fece queste domande una dopo l’altra,
vedendo che per la nostra miseria non avremmo potuto santificare,
lodare, esaltare e glorificare il nome santo dell’Eterno Padre, se
prima non avesse esteso in noi il suo regno...
Certamente uno dei beni più grandi, tra gli altri, che si godono in
cielo, è che lassù l’anima non farà più conto alcuno dei beni della
terra, ma sarà immersa nella tranquillità e nella gloria, si
rallegrerà della gioia di tutti: una pace inalterabile e una
soddisfazione senza confini le verrà, vedendo che tutti santificano
e lodano il Signore, benedicono il suo nome e non l’offendono più.
Tutti lo amano; e la stessa anima non si preoccuperà che di amarlo,
e non potrà cessare di amarlo, perché lo conoscerà.
Se
potessimo già conoscerlo, lo ameremmo così fin d’ora, sebbene non
con la perfezione e continuità del cielo, ma certamente lo ameremmo
in modo ben diverso da come lo amiamo attualmente... Questo è
possibile all’anima fin da questo esilio, con la grazia di Dio.
Eppure resta vero che essa non può giungervi perfettamente... perché
navighiamo ancora sul mare di questo mondo, e siamo sempre
viaggiatori. Ci sono momenti tuttavia in cui il Signore, vedendoci
affaticati per il cammino, mette tutte le nostre potenze nella calma
e la nostra anima nella quiete. Rivela allora chiaramente, con un
certo assaggio, qual’è il sapore della ricompensa riservata a coloro
che egli introduce nel suo regno.
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XXVIIA
settimana T.O. -
VESPRI mercoledì
Lc
11, 1-4
Dal
trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1300, 1306)
I suoi figli nel Figlio suo
San Cipriano nel
terzo secolo
Quali e quante sono, fratelli
carissimi, le rivelazioni della preghiera del Signore! Esse si
trovano raccolte in una invocazione brevissima, ma carica di
spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non si trovi
racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda. Essa,
perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto:
“Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.
L’uomo nuovo, rinato e rifatto dal
suo Dio per mezzo della grazia, in primo luogo dice: “Padre”, perché
ha già incominciato ad essergli figlio. “Venne fra la sua gente” è
scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno
accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che
credono nel suo nome” (Gv 1, 11-12). Chi dunque ha creduto nel suo
nome ed è diventato figlio di Dio, deve cominciare di qui, dal
rendere grazie e professarsi figlio di Dio... Non basta, fratelli
carissimi, prendere coscienza che invochiamo il Padre che è nei
cieli, aggiungiamo “Padre nostro”, cioè Padre di quanti credono, di
quanti sono stati santificati da lui, e sono rinati per mezzo della
grazia spirituale: questi hanno incominciato ad essere figli di Dio.
Quanto è preziosa la grazia del
Signore, quanto alta è la sua degnazione e magnifica la sua bontà
verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra
preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come
Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio.
Questo nome, nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera,
se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così.
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XXVIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Preghiera" - § 17
|
XXVIIA
settimana T.O. -
VESPRI giovedì
Lc
11, 5-13
Compendium
theologiae, II, ch. 1
All’uomo conviene pregare
San Tommaso
d'Aquino nel tredicesimo secolo
Secondo il disegno provvidenziale di Dio, a tutto ciò che esiste è
dato il mezzo per raggiungere il suo fine, come conviene alla
propria natura. Anche gli uomini hanno ricevuto, per ottenere ciò
che sperano da Dio, un mezzo adatto alla condizione umana. Questa
condizione vuole che l’uomo si serva della preghiera per ottenere
dagli altri ciò che spera, soprattutto se colui al quale si rivolge
gli è superiore. Perciò si raccomanda agli uomini di pregare per
ottenere da Dio ciò che sperano di ricevere da lui. Tuttavia, la
necessità della preghiera è differente a seconda che si tratti di
ottenere qualcosa da un uomo o da Dio.
Quando la preghiera si rivolge a un uomo, deve innanzi tutto
esprimere il desiderio e il bisogno di chi prega. Bisogna anche che
essa sia persuasiva, finché il cuore che si implora non abbia
ceduto. Ora, questi due elementi non hanno più posto nella preghiera
rivolta a Dio. Pregando infatti, non dobbiamo preoccuparci di
manifestare i nostri desideri o i nostri bisogni a Dio, lui che
conosce tutto. Così il salmista dice al Signore : « Davanti a te
ogni mio desiderio » (Sal 37, 10). E leggiamo nel Vangelo : « Il
Padre vostro sa di quali cose avete bisogno » (Mt 6, 8). Non si
tratta nemmeno di persuadere, con parole umane, la volontà divina
affinché voglia ciò che prima non voleva. Perché è detto nel libro
dei Numeri : « Dio non è un uomo da potersi smentire, non è figlio
di Adamo per ricredersi » (Num 23, 19).
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XXVIIA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Lc 11, 15-26
Omelia 33 ; PG 34,
741-743
« La sua casa siamo
noi »
Pseudo-Macario,
monaco anonimo del 6o secolo
Il
Signore si stabilisce in un’anima fervente. Fa di essa il suo trono
di gloria, vi si siede e vi dimora… Come la casa abitata dal suo
padrone è tutta grazia, ordine e bellezza, così l’anima con la quale
e nella quale il Signore dimora è tutta ordine e bellezza. Possiede
il Signore e tutti i suoi tesori spirituali. Egli ne è l’abitante,
ne è il capo.
Invece,
orrenda è la casa il cui padrone e assente, il cui Signore è
lontano ! Va in rovina, crolla, si riempie di sozzure e di
disordine. Diventa, secondo la parola del profeta, un covo di
serpenti e di demoni (Is 34, 14). La casa abbandonata si riempie di
gatti, di cani, di immondizie. Com’è infelice quell’anima che non
può rialzarsi dalla sua caduta funesta, che si lascia trascinare e
giunge ad odiare il suo sposo e strappare i suoi pensieri da Gesù
Cristo !
Ma
quando il Signore la vede raccogliersi e cercare giorno e notte il
suo Signore, gridare verso di lui com’egli stesso la invita :
« Pregate sempre, senza stancarvi », allora « Dio le farà
giustizia » (Lc 18, 1.7) – l’ha promesso – e la purificherà da ogni
cattiveria. La farà sua sposa « senza macchia, né ruga » (Ef 5, 27).
Credi nella sua promessa ; è verità. Guarda se la tua anima ha già
trovato la luce che rischiarerà i suoi passi e il Signore che è suo
cibo e bevanda. Queste cose ti mancano ancora ? Cercali giorno e
notte, li troverai.
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XXVIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Lc 11, 15-26
Capitoli sulla
perfezione spirituale, 6, 26 ; PG 65, 1169
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1105)
Lo Spirito Santo
vince in noi gli spiriti immondi
Diàdoco di Foticea
nel quarto secolo
È lume
della vera saggezza discernere il bene dal male senza sbagliare... È
necessario che coloro che combattono cerchino di conservare l’animo
libero da interno turbamento, perché la mente, discernendo i
pensieri che le si affacciano, possa conservare nel santuario della
memoria quelli che sono buoni e mandati da Dio, e scacciare invece
quelli che sono cattivi e suggeriti dal demonio. Anche il mare
quando è perfettamente calmo permette ai pescatori una visibilità
che arriva fino al fondo, di modo che i pesci non sfuggono al loro
sguardo. Ma quando è sconvolto dai venti, nasconde con le onde
torbide ciò che nella calma mostra chiaramente...
Ora solo
lo Spirito Santo può purificare le menti: infatti se non entra quel
forte per sopraffare il ladro, la preda non gli potrà essere tolta.
È necessario quindi custodire in ogni tempo la pace dell’anima per
favorire l’azione dello Spirito Santo; ossia dobbiamo tenere sempre
accesa in noi la lampada della chiaroveggenza. Infatti, quando essa
risplende nel segreto della coscienza, gli attacchi insidiosi dei
demoni vengono non solo scoperti ma anche resi impotenti da quella
santa e gloriosa luce. Per questo l’Apostolo raccomanda: “Non
spegnete lo Spirito” (1 Ts 5, 19).
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XXVIIA
settimana T.O. -
LODI sabato
Lc 11, 27-28
Omelie sul vangelo di Luca ; L. IV,
49
«Beati
coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la osservano
»
San Beda il
Venerabile nell’ottavo secolo
“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il
latte.” Grande è la pietà, grande è la fede che vengono espresse in
queste parole dalla donna del vangelo. Mentre gli scribi e i farisei
mettono il Signore alla prova e lo bestemmiano, davanti a tutti
questa donna riconosce la sua incarnazione con tanta fedeltà, la
confessa con tanta franchezza, da confondere la calunnia dei suoi
contemporanei e la fede sbagliata che ne sarebbe derivata dagli
eretici a venire. Offendendo le opere dello Spirito Santo, i
contemporanei di Gesù negavano che fosse veramente Figlio di Dio,
consustanziale al Padre. In seguito, degli uomini hanno anche negato
che Maria sempre vergine avesse, per opera dello Spirito Santo, dato
la sostanza della sua carne al Figlio di Dio che doveva nascere con
un vero corpo umano; hanno negato che egli fosse veramente Figlio
dell’uomo, della stessa natura di sua madre. L’apostolo Paolo
smentisce tale opinione, dicendo di Gesù che è “nato da donna, nato
sotto la legge” (Gal 4,4). Infatti concepito nel seno della vergine,
non ha preso la sua carne dal nulla, né da altro se non dal corpo di
sua madre. Altrimenti non sarebbe esatto chiamarlo veramente Figlio
dell’uomo...
Beata madre in verità che, secondo l’espressione del poeta, “ha dato
alla luce il Re che regge il cielo e la terra per tutti i secoli.
Lei conosce la gioia della maternità e l’onore della verginità.
Prima di lei non si è vista simile donna, né si vedrà dopo di lei” (Sedulius).
Eppure il Signore aggiunge: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la
parola di Dio e la osservano”. Il Salvatore dà alla testimonianza di
quella donna una conferma magnifica. Non soltanto dichiara beata
colei alla quale è stato dato di partorire corporalmente il Verbo di
Dio, ma beati anche quanti si applicano a concepire spiritualmente
lo stesso Verbo nell’ascolto della fede, a partorirlo e a nutrirlo
sia nel loro cuore che nel cuore degli altri, tenendolo presente
praticando il bene.
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XXVIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Gv 3, 31-36
Confessioni XI,
2.3
(Nuova Biblioteca
Agostiniana)
«
Colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito
senza misura »
Sant’Agostino nel
Quinto secolo
Dio mio, luce dei ciechi e virtù dei
deboli, e anche luce dei veggenti e virtù dei forti ; volgi la tua
attenzione sulla mia anima e ascolta chi grida dall'abisso (Sal 29,
1). Se non fossero presenti anche nell'abisso le tue orecchie, dove
ci volgeremmo ? A chi grideremmo ?
« Tuo è il giorno e
tua la notte » (Sal 73, 16), al tuo cenno trasvolano gli istanti.
Concedimene un tratto per le mie meditazioni sui segreti della tua
legge, non chiuderla a chi bussa (Mt 7, 7). Non senza uno scopo,
certo, facesti scrivere tante pagine di fitto mistero ; né mancano,
quelle foreste, dei loro cervi (Sal 28, 9), che vi si rifugiano e
ristorano, vi spaziano e pascolano, vi si adagiano e ruminano. O
Signore, compi la tua opera in me, rivelandomele.
Ecco, la tua voce è
la mia gioia, la tua voce una voluttà superiore a tutte le altre.
Dammi ciò che amo. Perché io amo, e tu mi hai dato di amare. Non
abbandonare i tuoi doni, non trascurare la tua erba assetata. Ti
confesserò quanto scoprirò nei tuoi libri. Oh, « udire la voce della
tua lode » (Sal 25, 7), abbeverarsi di te, contemplare le
meraviglie della tua legge (Sal 118, 18) fin dall'inizio, quando
creasti il cielo e la terra, e fino al regno eterno con te nella tua
santa città.
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XXVIIIA
settimana T.O. - UR
Domenica
Parteciperemo alla
resurrezione di Cristo
di Sant’Anastasio di
Antiochia nel sesto secolo
Il Cristo ha
conosciuto la morte, poi la vita, per divenire il Signore dei morti
e dei viventi. Poiché è vivente il Signore dei morti, allora anche i
morti non sono dei morti, ma dei viventi: questo significa che la
vita regna su di loro, vivono e non temono più la morte come il
Cristo che, resuscitato dai morti, non muore più. Risuscitati e
liberati dalla corruzione, non vedranno più la morte: parteciperanno
alla Resurrezione del Cristo, come Lui stesso ha avuto parte alla
loro morte. Se è venuto sulla terra, allora prigione eterna, è stato
per spezzare le porte di bronzo e le serrature di ferro, per
liberare la nostra vita dalla corruzione, attirandoci a Lui e per
comunicarci la libertà al posto della schiavitù.
Il fatto che questo
piano di salvezza non sia ancora realizzato, poiché si continua a
morire e il corpo si decompone a causa della morte, non deve essere
motivo di perdita della fede. Infatti noi abbiamo già ricevuto le
primizie di ciò che ci è stato promesso nella persona di Colui che è
il nostro Primogenito. “Con Lui ci ha risuscitati, con Lui ci ha
fatti regnare nei cieli, in Cristo Gesù”. Raggiungeremo la
realizzazione di questa promessa, quando verrà il tempo fissato dal
Padre nel quale ci spoglieremo dell’infanzia e saremo pervenuti allo
stato di uomo perfetto…
Ciò che Cristo ha
realizzato portando al Padre la propria umanità, lo farà per tutto
il genere umano, compiendo la Promessa: “Elevato da terra attirerò a
me tutto gli uomini”.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
Vespri
Domenica
Lc 17, 11-19
Commento
sul vangelo di Luca, 2, 40 ; PL 165, 426-428
(In l'Ora
dell'Ascolto p.1987)
La fede che
purifica
San Bruno di
Segni nel dodicesimo secolo
Cosa
possono rappresentare i dieci lebbrosi se non tutti i peccatori?
Tutti gli uomini infatti alla venuta di Cristo erano lebbrosi
nell’anima. Non tutti nel corpo. Certo è molto peggiore la lebbra
dell’anima che quella del corpo.
Ma
consideriamo ciò che segue: essi si fermano a distanza e “alzarono
la voce dicendo: Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Restavano a una
certa distanza perché in tali condizioni questi uomini non osavano
avvicinarsi. Anche noi stiamo a distanza quando ci ostiniamo nel
peccato. Se vogliamo essere guariti e risanati dalla lebbra dei
nostri peccati, gridiamo a gran voce e diciamo: “Gesù maestro, abbi
pietà di noi!”. Non gridiamo però con la bocca, ma col cuore. La
voce del cuore è più forte. Il grido del cuore trapassa i cieli e
giunge fino all’eccelso trono di Dio.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Lc 11,
37-41
Lettera ai
Corinzi, 14-16 ; SC 167, 123
«Purificare
l’interno del nostro cuore
»
di San
Clemente di Roma nel primo secolo
E'
giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto
che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda
gelosia... Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la
pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. Dice infatti:
"Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da
me"
(Is
29,13; Mc 7,6).
E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi
maledicevano"
(Sal
61,5).
Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli
mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli
alla sua alleanza"
(Sal
77,30)...
Cristo
è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. Lo scettro della
maestà di Dio
(Eb
1,8),
il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e
dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come
lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: "Signore, chi credette alla
nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi
l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una
radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo
vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era
spregevole
(Is
53, 1-3)...
Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è
umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo
venuti sotto il giogo della sua grazia?
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XXVIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Martedì
Lc 11,37-41
Liberàti per essere figli
di sant’Ireneo
di Lione, nel secondo secolo.
“Se
la vostra giustizia non sarà superiore a quella degli scribi e dei
farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. In che cosa
consisteva questa superiorità? In primo luogo nel credere non solo
nel Padre, ma anche nel Figlio suo ormai manifestato, perché questi
è colui che conduce l’uomo alla comunione e all’unione con Dio. In
secondo luogo consisteva nel non limitarsi a dire, ma anche fare –
quelli infatti dicevano, ma non facevano -, e nell’astenersi non
solo dalle opere cattive, ma anche dal desiderio di esse. Ora,
insegnando questo, egli non andava contro la Legge, ma completava la
Legge e faceva penetrare in noi le prescrizioni della Legge. Avrebbe
contraddetto la Legge, se avesse comandato ai suoi discepoli di fare
tutto ciò che la Legge proibiva. Invece il prescrivere di astenersi
non solo dalle opere che la Legge proibisce, ma anche dal desiderio
di esse non è l’atteggiamento di chi contraddice, né di chi abolisce
la Legge, ma di chi la completa o la estende.
La
Legge, infatti, essendo stata emanata per i servi, educava l’anima
per mezzo delle cose esteriori e corporali, trascinandola come con
une catena alla sottomissione ai precetti, affinché l’uomo imparasse
ad obbedire a Dio; mentre il Verbo, liberando l’anima, le insegnò a
purificare il corpo da sé volontariamente. Fatto questo,
inevitabilmente furono abolite le catene della schiavitù, alle quali
ornai l’uomo si era abituato, e l’uomo seguì Dio senza catene, ma si
dilatarono i precetti della libertà e crebbe la sottomissione al Re,
affinché nessuno, volgendosi indietro, si mostrasse indegno di colui
che lo ha liberato: infatti la pietà e l’obbedienza verso il padrone
di casa sono le stesse per i servi e per i figli, ma i figli hanno
une confidenza più grande, perché il servizio della libertà è più
grande e più glorioso della docilità della servitù.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Sull'incomprensibilità di Dio, 5, 6-7 : PG 48, 745-746
Lc 11,42-46
Guardatevi
dalla superbia
di San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Non
c’è umiltà nel considerarsi peccatore, se lo siamo effettivamente.
Ma l’umiltà esiste quando uno è consapevole di aver fatto quantità
di grandi cose, eppure non ne concepisce alcun’alta opinione di sé ;
quando, essendo simile a Paolo fino a poter dire : « Non sono
consapevole di colpa alcuna », aggiunge subito : « non per questo
sono giustificato » (1 Cor 4,
4) o anche : « Cristo Gesù è
venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono
io » (1 Tm 1, 15).
In questo consiste l’umiltà : a dispetto della grandezza dei nostri
atti, abbassarci in spirito.
Dio,
però, a motivo del suo amore indicibile per gli uomini, accoglie e
riceve non soltanto coloro che si umiliano in questo modo, ma anche
coloro che ammettono francamente le loro colpe, e si mostra
favorevole e benevolo verso coloro che sono in tali disposizioni. E
affinché tu impari quanto è buono non avere un’alta opinione di te
stesso, immaginati due carri. A uno, attacca la virtù e la superbia,
all’altro, il peccato e l’umiltà. Vedrai il tiro del peccato
distanziare quello della virtù, non certo grazie alla propria
potenza, ma grazie alla forza dell’umiltà che lo accompagna. E
vedrai l’altro sorpassato, non a causa della debolezza della virtù,
ma a causa del peso e dell’enormità della superbia. Infatti, come
l’umiltà, grazie alla sua immensa forza di elevazione, trionfa della
pesantezza del peccato e, per prima, sale al cielo, così la
superbia, a causa del suo gran peso e della sua enormità, riesce a
spuntarla sull’agilità della virtù e trascinarla facilmente verso il
basso.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Il cammino di perfezione, cap. 28
Colui che
ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ?
di Santa
Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo
Se io avessi
capito, come oggi, quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo
della mia anima, non l’avrei lasciato da solo così spesso ; sarei
rimasta di tanto in tanto accanto a lui, e avrei fatto il necessario
affinché il palazzo fosse meno sporco. Quanto è mirabile pensare che
colui la cui grandezza potrebbe riempire mille mondi e anche molto
di più, si rinchiude così in una così piccola dimora. È vero che, da
una parte, essendo sovrano Signore, porta con lui la libertà, e
dall’altra, essendo pieno di amore per noi, si fa alla nostra
misura.
Sapendo bene
che un’anima principiante potrebbe turbarsi al vedere se stessa,
così piccola, destinata a contenere tanta grandezza, egli non si fa
conoscere immediatamente; ma, poco a poco, fa crescere la capacità
dell’anima, alla misura dei doni che egli si propone di collocare in
essa. A motivo di questo suo potere di allargare il palazzo della
nostra anima, ho detto che porta con lui la libertà. Il punto
capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente,
affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, come in
una dimora che gli appartiene. A ragione, nostro Signore vuole che
così sia; non rifiutiamoci. Egli non vuole forzare la nostra
volontà; riceve quello che essa gli dà. Ma lui si dà interamente
solo quando anche noi ci diamo interamente.
La cosa è
certa, e ve la ripeto così spesso perché è importantissima. Finché
l’anima non è interamente sua, sgombrata di tutto, egli non agisce
in essa. Del resto, non so come potrebbe farlo, colui che ama tanto
l’ordine perfetto. Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni
sorta di ninnoli, come il sovrano, con la sua corte, potrebbe
trovarvi posto? È già molto che si degni di fermarsi qualche momento
in mezzo a tanto ingombro.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
LODI giovedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Monaci e Monache" - §
62
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XXVIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Lc 11,
47-54
Catechesi
33 ; SC 113, 257
La scienza
di Dio
di Simeone il
Nuovo Teologo nell’ undicesimo secolo
Cristo dice ai dottori della Legge: “Guai a voi che avete tolto la
chiave della scienza” (Lc
11,52). Che cos’è la chiave
della scienza se non la grazia dello Spirito Santo data dalla fede,
che grazie all’illuminazione produce la piena conoscenza e apre la
nostra mente chiusa e velata?... E dirò di più: la porta, è il
Figlio: “Io sono la porta”, dice. La chiave della porta, è lo
Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i
peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non
rimessi”. La casa, è il Padre: “Nella casa del Padre mio vi sono
molti posti”. Sii dunque accuratamente attento al senso spirituale
di queste parole... Se la porta non si apre, nessuno entrerà nella
casa del Padre, come dice Cristo: “Nessuno viene al Padre se non per
mezzo di me”.
Ora,
che sia lo Spirito Santo ad aprire per primo la nostra mente e ad
insegnarci ciò che riguarda il Padre e il Figlio, l’ha detto ancora
lui: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo
Spirito di Verità che procede dal Padre, egli mi renderà
testimonianza; e vi guiderà alla verità tutta intera”. Vedi come,
per mezzo dello Spirito o piuttosto nello Spirito, il Padre e il
Figlio si fanno conoscere inseparabilmente...
Infatti, chiamiamo chiave lo Spirito Santo perché è innanzi tutto
attraverso di lui e in lui che il nostro spirito viene rischiarato e
che, purificati, siamo illuminati dalla luce della conoscenza e
battezzati dall’alto, rigenerati e resi figli di Dio, come dice
Paolo: “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con
gemiti inesprimibili”, e ancora: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo
Spirito del suo Figlio che grida: ‘Abbà, Padre’ ”. Dunque ci mostra
lui la porta, porta che è luce, e la porta ci insegna che anche
colui che abita nella casa è luce inaccessibile.
(Riferimenti
biblici : Lc 11,52 ; Gv 10,7.9 ; 20,22-23 ; 14,2 ; 10,3 ; 14,6 ;
15,26 ; 6,13 ; Rm 8,26 ; Ga 4,6)
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XXVIIIA
settimana T.O. -
LODI Venerdì
PARLARE A DIO COME
A UN PADRE
di Santa Teresa
D'Avila nel sedicesimo secolo
Avete già
sentito affermare che Dio è dappertutto, e questa è una grande
verità. Ora, è ovvio che dove sta il re, là si dice sta anche la sua
corte; e pertanto, dove sta Dio, lì è il cielo. Potete quindi
credere senz'ombra di dubbio che dove dimora Sua Maestà, si trova
concentrata anche tutta la gloria.
Tenete poi
presente che Sant'Agostino, credo nel libro delle sue Meditazioni,
dice di aver cercato Dio in molti luoghi e di aver finito per
ritrovarlo dentro di sé. Ritenete che importi poco ad un'anima
estroversa comprendere questa verità, e sapere che per parlare col
suo eterno Padre non ha bisogno di salire al cielo, che per godere
la sua compagnia non è costretta a pregare alzando la voce, giacché
per quanto sommessamente parli egli la udirà, che per andare a
raggiungerlo non le occorrono ali?
Per trovarlo,
le basta invece ritirarsi in solitudine, contemplarlo dentro di sé e
non estraniarsi da un ospite così buono; le basta parlargli con
grande umiltà come a un padre, rivolgergli le sue richieste come a
un padre, goderne la compagnia e fargli festa come a un padre, con
la netta consapevolezza per altro di non essere degna di essere sua
figlia.
Si svincoli
da certe forme di rattrappimento in cui si chiudono alcune persone,
pensando che si tratti di umiltà. Sì, perché l'umiltà non consiste
nel rifiutare un favore che il re vi fa, bensì nell'accettarlo e
gioirne, riconoscendo al contempo quanto sia dovizioso e immeritato.
Badate che
per voi è essenziale tenere scolpita bene in mente questa verità:
che il Signore sta dentro di noi, e quindi è nel nostro intimo che
dobbiamo tenergli compagnia.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
VESPRI venerdì
Il cammino di perfezione, 17
Come Dio
guida le anime
di Santa
Teresa d’Avila nel sedicesimo secolo
Dio
non guida tutte le anime per la medesima strada. Chi crede di
camminare sulla via più umile, è forse il più elevato agli occhi di
Dio. Così, in questo monastero, anche se tutte si dedicano
all’orazione, non tutte sono contemplative. Questo è impossibile e
ignorare questa verità potrebbe spingere nella desolazione quelle
che non lo sono…
Per
quanto mi riguarda, ho trascorso quattordici anni, senza ch’io possa
meditare, se non leggendo. E sicuramente molte persone sono nella
stessa situazione. Altre sono incapaci di meditare, anche con
l’aiuto di un libro. Sono soltanto capaci di pregare a voce, il che
le fissa maggiormente… Tante sono in questa situazione. Ma, se sono
umili, credo che in definitiva, non saranno sfavorite. Andranno di
pari passo con le anime inondate di consolazioni. In un certo modo,
questa loro via è anzi più sicura, perché ignoriamo se queste
consolazioni vengono da Dio, o se il diavolo ne è l’autore…
Queste persone che non hanno consolazioni camminano nell’umiltà,
temendo sempre che sia per colpa loro, e hanno una cura continua
nell’andare avanti. Quando vedono altre versare una lacrima, subito
sembra loro che il fatto che esse non ne spargano è il segno che
sono in ritardo nel servizio di Dio, mentre forse sono molto più
avanzate delle altre. Infatti le lacrime, anche se sono buone, non
sono tutte perfette e c’è sempre più sicurezza nell’umiltà, la
mortificazione, il distacco e le altre virtù. Per cui non temete
nulla, e siate sicuri che giungerete anche voi alla perfezione, come
i grandi contemplativi.
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XXVIIIA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Lc 12, 8-12
Omelia per
la domenica di Tutti i santi ; PG 151, 322-323
Non v’è
nulla di nascosto che non debba essere svelato
di
Gregorio Palamas nel
quattordicesimo secolo
Dall’alto del cielo, Dio offre a tutti gli uomini le ricchezze della
sua grazia. Lui in persona è fonte di salvezza e di luce, dalla
quale scorre in eterno la misericordia e la bontà. Tuttavia non
tutti gli uomini mettono a profitto la sua forza e la sua grazia per
esercitare perfettamente la virtù e realizzare le sue meraviglie ;
lo fanno in effetti soltanto coloro che hanno messo in pratica i
loro propositi e, con i fatti, hanno dimostrato il loro attaccamento
a Dio, coloro che si sono completamente distolti dal male, che
aderiscono fermamente ai comandi di Dio e fissano lo sguardo dello
spirito su Cristo, Sole di giustizia (Mal 3,20).
Dall’alto del cielo, Cristo offre a coloro che combattono, il
soccorso del suo braccio, e li esorta con queste parole del
Vangelo : « Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo
riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli ». In quanto servo
di Dio, ognuno fra i santi riconosce Cristo in questa vita
passeggera e davanti a uomini mortali. Lo fa in un breve lasso di
tempo e davanti a pochi uomini, mentre il Signore nostro Gesù
Cristo… ci riconoscerà nel mondo dell’eternità, davanti a Dio suo
Padre, circondato dagli angeli e dagli arcangeli e da tutte le
potenze dei cieli, davanti a tutti gli uomini da Adamo fino alla
fine dei secoli. Infatti tutti risusciteranno e staranno davanti al
tribunale di Cristo. Allora in presenza di tutti e alla vista di
tutti, egli farà conoscere, glorificherà e incoronerà coloro che
avranno dimostrato la loro fede fino alla fine.
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XXVIIIA
settimana T.O. - PRIMI VESPRI
Sabato
PIETÀ
FONDATA SULLA ROCCIA
di S.
Ignazio di Antiochia nel
SECONDO SECOLO
Lodo la tua
pietà in Dio, fondata su una roccia incrollabile e rendo la massima
gloria (al Signore) perché sono stato fatto degno del suo volto
irreprensibile. Potessi goderne in Dio. Ti esorto nella carità che
hai a proseguire nel tuo cammino e ad incitare tutti a salvarsi.
Dimostra la rettitudine del tuo posto con ogni cura nella carne e
nello spirito. Preoccupati dell'unità di cui nulla è più bello.
Sopporta tutti, come il Signore sopporta anche te; sostieni tutti
nella carità, come già fai. Cura le preghiere che non si
interrompano; chiedi una saggezza maggiore di quella che hai; veglia
possedendo uno spirito insonne. Parla a ciascuno nel modo conforme a
Dio. Sostieni come perfetto atleta la infermità di tutti. Dove
maggiore è la fatica, più è il guadagno.
Se ami i
discepoli buoni, non hai merito; piuttosto devi vincere con la bontà
i più riottosi. Non si cura ogni ferita con uno stesso impiastro.
Calma le esacerbazioni (della malattia) con bevande infuse. In ogni
cosa sii prudente come un serpente e semplice come la colomba. Per
questo sei di carne e di spirito, perché tratti con amabilità quanto
appare al tuo sguardo; per ciò che è invisibile prega che ti sia
rivelato, perché non manchi di nulla e abbondi di ogni grazia. Il
tempo presente esige che tu tenda a Dio, come i naviganti invocano i
venti e coloro che sono sbattuti dalla tempesta il porto. Come
atleta di Dio sii sobrio; il premio è l'immortalità, la vita eterna
in cui tu credi. In tutto sono per te una ricompensa io e le mie
catene che tu hai amate.
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XXIXA
settimana T.O. -
UR
Domenica
IL SIGNORE E’
NOSTRA GIOIA E NOSTRA SPERANZA
di San Cirillo
d’Alessandria al IV secolo
“Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime
su ogni volto (Is 25, 8). All’insegnamento dei misteri della
fede va unito molto opportunamente il necessario discorso sulla
risurrezione dei morti. Perciò anche nel conferimento del battesimo,
con la professione di fede affermiamo di aspettare la risurrezione
futura, e vi crediamo.
La
morte colse il nostro progenitore Adamo a causa del peccato, lo
assalì come una fiera selvaggia e crudele, e lo rapì; da allora
comparvero fra gli abitanti della terra i lamenti, i lutti, le
lacrime e i canti funebri. Ma cessarono in Cristo; il terzo giorno
egli risuscitò calpestando la morte, e divenne per tutta l’umanità
la via per vincerla definitivamente.
Egli
è il primogenito dei redivivi, la primizia di quanti sono morti:
alla primizia seguirà tutto il resto, cioè noi. Perciò il lamento
funebre si è mutato in gaudio, il sacco si è lacerato, e siamo
rivestiti da Dio della gioia di Cristo, perché possiamo esclamare
esultanti; “Dov’è, o morte la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo
pungiglione?” (1 Cor 15, 55-56). “Pungiglione della morte”,
dice, “è il peccato”.
In
tal modo ogni lacrima è asciugata.
Voi
conoscerete, dice, colui che dà la gioia e perfino il vino, e che
unge con unguento quelli che in Sion hanno minore facoltà di
intendere; e conoscerete che è veramente Dio, il Figlio, della
stessa natura di Dio, sebbene si presenti nella natura di servo,
fatto uomo per la salvezza e la vita di tutti gli uomini, e simile
in tutto agli altri uomini, eccetto il peccato. Ecco il nostro Dio
nel quale abbiamo sperato, ed esultato per la nostra salvezza.
In
realtà con la fede in lui abbiamo gettato via da noi il molesto e
grave peso del peccato. Abbiamo avuto riposo anche in altro modo:
siamo stati liberati dal terrore del supplizio che avremmo dovuto
subire e della pena da scontare per i peccati. Né solo in questo
consiste la grazia di Cristo, nostro salvatore: vi si aggiungono i
beni che speriamo, il possesso del regno dei cieli, la vita eterna,
e la liberazione da ogni male.
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XXIXA
settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Lc 18, 1-8
Esposizioni sui Salmi, 37,14
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Disse
loro una parabola sulla necessità di pregare sempre »
di Sant’Agostino nel Quinto
secolo
« E dinanzi a te sta ogni mio desiderio » (Sal 37, 10)…
Il tuo desiderio è la tua preghiera; se continuo è il desiderio,
continua è la preghiera. Perché non invano ha detto l'Apostolo:
« Pregando senza interruzione » (1 Tes 5, 17). Forse noi senza
interruzione pieghiamo il ginocchio, prostriamo il corpo, o leviamo
le mani, per adempiere all'ordine: Pregate senza interruzione? Se
intendiamo il pregare in tal modo, credo che non lo possiamo fare
senza interruzione.
Ma c'è
un'altra preghiera interiore che non conosce interruzione, ed è il
desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato, non
smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere la preghiera, non
cessar mai di desiderare.
Il tuo
desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di
amare. Chi sono quelli che hanno taciuto? Coloro dei quali è detto:
« Poiché ha abbondato l'ingiustizia, si raggelerà la carità di
molti » (Mt 24, 12). Il gelo della carità è il silenzio del cuore;
l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la
carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se
desideri, ti ricordi della pace.
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XXIXA
settimana T.O. -
Lodi
Martedì
Lc 12,
35-38
Omelia
sul Cantico dei Cantici, PG 44, 996-997
In tenuta
di servizio e con le lucerne accese
San Gregorio
Nisseno nel quarto secolo
Il Verbo
ci invita a scuoterci dagli occhi dell’anima questo sonno pesante
affinché, con lo spirito liberato da ogni miraggio, non scivogliamo
al di là dalle vere realtà attaccandoci a ciò che non ha consistenza.
Perciò ci suggerisce il pensiero della vigilanza dicendo : « Siate
pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese »… Il
significato di questi simboli è chiarissimo. Chi è cinto dalla
temperanza, vive nella luce di una coscienza pura, perché la fiducia
filiale illumina la sua vita come una lucerna. Illuminata dalla
verità, la sua anima dimora fuori dal sonno dell’illusione poiché
non viene ingannata da nessun sogno vano. Se adempiremo questo,
secondo le indicazioni del Verbo, entreremo in una vita simile a
quella degli angeli…
Essi infatti sono coloro che aspettano il Signore quando torna
dalle nozze, e siedono, vigilanti, alle porte del cielo, affinché il
Re della gloria (Sal 23, 7) possa entrare nuovamente, quando tornerà
dalle nozze ed entrerà nella beatitudine che è al di sopra dei cieli.
« Uscendo come sposo dalla stanza nuziale » secondo il testo del
salterio (Sal 19, 6), si è unito come a una vergine, mediante la
rigenerazione sacramentale, alla nostra natura umana, che si era
prostituita agli idoli, e l’ha restituita alla sua incorruttibilità
verginale. A nozze ormai finite, poiché la chiesa è stata sposata
dal Verbo…e introdotta nella stanza dei misteri, gli angeli
aspettano il ritorno del Re della gloria nella beatitudine che gli è
naturale.
Perciò il testo dice che la nostra vita deve essere simile a
quella degli angeli affinché, come loro, viviamo lontani dal vizio e
dall’illusione, per essere pronti ad accogliere la parusia del
Signore e, vegliando anche noi alle porte delle nostre dimore,
stiamo pronti ad obbedire quando, alla sua venuta, busserà alla
porta.
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XXIXA
settimana T.O. -
Vespri
Martedì
Lc 12, 35-38
Discorso
sul Cantico dei cantici n°17, 2
Vegliare nello Spirito Santo
San Bernardo nel
dodicesimo secolo
Dobbiamo essere vigilanti e attenti all’opera della salvezza che sta
operandosi in noi, perché con mirabile finezza e con la delicatezza
di un’artista divino, il Santo Spirito compie continuamente questa
opera nel più intimo del nostro essere. Non ci sia mai tolta senza
che ce ne accorgiamo, questa unzione che ci insegna tutto, e non ci
colga mai all’improvviso la sua venuta. Invece occorre tener lo
sguardo sempre in agguato e il cuore spalancato per ricevere questa
benedizione generosa del Signore. In quali stati d’animo vuole
trovarci lo Spirito? “Siate simili a coloro che aspettano il padrone
quando torna dalle nozze”. Non torna mai a mani vuote dalla mensa
celeste e da tutte le gioie che essa prodiga.
Occorre dunque vegliare e pregare in ogni momento, perché non
sappiamo a che ora lo Spirito verrà, né a che ora andrà via di
nuovo. Lo Spirito viene e va (Gv 3, 81); se stiamo in piedi grazie a
lui, quando si ritira, cadiamo inevitabilmente, ma senza spezzarci,
perché il Signore ci trattiene per la sua mano. E lo Spirito non
cessa di fare vivere questa alternanza di presenza e di assenza a
quelli che sono spirituali, o piuttosto a quelli che vuole rendere
spirituali. Per questo li visita all’alba, poi improvvisamente li
mette alla prova.
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XXIXA
settimana T.O. -
Lodi
Mercoledì
Lc
12,39-48
Discorso 3 per l’Avvento, 1 ; SC 166, 119
Non siete nelle
tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro
Beato
Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo
« Prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele » (Am
4,12). E anche voi, fratelli miei, « tenetevi pronti, perché il
Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate ». Nulla di più
sicuro della sua venuta, ma nulla di più incerto del momento di
questa venuta. Infatti non spetta a noi conoscere i tempi o i
momenti che il Padre, nella sua potenza, ha fissato, poiché neanche
agli angeli che lo circondano è stato dato di saperne il giorno e l’ora
(Ac 1,7 ; Mt 24,36).
Verrà anche il nostro ultimo giorno, questa è cosa sicurissima ;
ma quando, dove e come, questa è cosa molto incerta. Sappiamo
soltanto, come è stato detto prima di noi che « con gli anziani, sta
sulla soglia, mentre coi giovani sta in agguato » (S. Bernardo)… Non
bisognerebbe che quel giorno ci prendesse alla sprovvista, non
preparati, come un ladro nella notte… Il timore rimanga sveglio così
da renderci sempre pronti, finché la sicurezza segua al timore, e
non il timore alla sicurezza. « Integro sono stato, dice il Saggio,
e mi sono guardato dalla colpa » (Sal 17,24), non potendo guardarmi
dalla morte. Egli sa infatti che « il giusto, anche se muore
prematuramente, troverà riposo » (Sap 4,7) ; anzi trionfano sulla
morte coloro che non sono stati schiavi del peccato durante la loro
vita. Che bello, fratelli miei, che felicità non soltanto essere al
sicuro davanti alla morte, ma anche trionfare su di essa con gloria,
forti della testimonianza della nostra coscienza.
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XXIXA
settimana T.O. -Vespri
Mercoledì
Lc 12,
39-48
PPS, t. 4, n°
22
Tenetevi
pronti
Cardinal John
Henry Newman nel diciannovesimo secolo
Il
nostro Signore ha dato questo avvertimento mentre stava per lasciare
questo mondo, per lo meno visibilmente.
Prevedeva le centinaia di
anni che sarebbero potute trascorrere prima del suo ritorno.
Conosceva il proprio disegno, quello del Padre suo : lasciare
gradualmente il mondo a se stesso, ritirare gradualmente i pegni
della sua presenza misericordiosa. Prevedeva l’oblio in cui egli
sarebbe caduto anche fra i suoi stessi discepoli …, lo stato del
mondo e della Chiesa come li vediamo oggi, in cui la sua assenza
prolungata ha fatto credere che non sarebbe più tornato…
Oggi, ci mormora misericordiosamente all’orecchio di non
fidarci di ciò che vediamo, di non partecipare all’incredulità
generale, di non lasciarci trascinare dal mondo, ma di « fare
attenzione, di vegliare e di pregare » (Lc 21, 36), e di aspettare
la sua venuta. Questo avvertimento misericordioso dovremmo tenerlo
sempre in mente, tanto è preciso, solenne e pressante.
Il nostro Signore aveva predetto la sua prima venuta, eppure
quando è venuto, ha sorpreso tutti. Verrà in un modo ancora più
improvviso la seconda volta, e sorprenderà gli uomini. Ora, senza
dire quanto tempo trascorrerà prima del suo ritorno, ha affidato la
nostra vigilanza alla guardia della fede e dell’amore… Infatti
dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare ; non soltanto amare, ma
vegliare ; non soltanto obbedire, ma vegliare. Perché vegliare ? Per
questo grande avvenimento della venuta di Cristo. In questo sembra
esserci affidato un dovere particolare : non soltanto credere,
temere, amare e obbedire, ma anche vegliare : vegliare per Cristo,
vegliare con Cristo.
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XXIXA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Lc 12, 49-53
Discorsi
ascetici, 1a parte, n°2
Sono
venuto a portare il fuoco sulla terra
di
Sant’Isacco Siriano nel settimo
secolo
Fatti
violenza (cfr Mt 11,12),
sforzati di imitare l’umiltà di Cristo, affinché si accenda sempre
di più il fuoco che egli ha gettato in te, questo fuoco nel quale
sono consumati tutti gli impulsi di questo mondo che distruggono
l’uomo nuovo e macchiano le dimore del Signore santo e potente.
Affermo infatti con san Paolo che “siamo il tempio di Dio”
(2 Cor 6,16).
Purifichiamo dunque il suo tempio “come egli è puro”
(1 Gv 3,3)
affinché egli abbia il desiderio di dimorarvi; santifichiamolo, come
egli è santo (1 Pt 1,16);
orniamolo di tutte le opere buone e degne. Riempiamolo del riposo
della sua volontà, come di un profumo, con la preghiera pura, cioè
la preghiera del cuore, che non si può acquistare abbandonandosi
agli impulsi continui di questo mondo.
Allora la nube
della sua gloria coprirà la tua anima, e la luce della sua grandezza
brillerà nel tuo cuore (cfr.
1 Re 8,10). Tutti coloro che
dimorano nella casa di Dio saranno ricolmi di gioia e si
rallegreranno. Invece gli insolenti e gli immondi scompariranno
sotto la fiamma dello Spirito Santo.
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XXIXA
settimana T.O. -
Vespri
Giovedì
Lc
12, 49-53
Trattato
su San Luca, 7:131-132 ; SC 52
Sono venuto
a portare il fuoco sulla terra
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che
fosse già acceso ». Il Signore vuole che siamo vigilanti, attenti in
ogni momento alla venuta del Salvatore…Ma poiché il guadagno è
misero, e debole il merito quando soltanto il timore del supplizio
impedisce di perdersi, mentre l’amore ha un valore superiore, il
Signore stesso…infiamma il nostro desiderio di acquistare Dio quando
dice : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ». Non certo il
fuoco che distrugge, bensì quello che produce la volontà buona,
quello che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore,
consumando il fieno e la paglia (1 Cor 3, 12), divorando tutta la
vanità del mondo, accumulata dalla passione del piacere terreno,
opera della carne che deve perire.
Questo fuoco divino bruciava le ossa dei profeti, come dichiara
Geremia : « C’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ». (Ger
20, 9). Infatti c’é un fuoco del Signore, di cui si dice : « Davanti
a lui cammina il fuoco » (Sal 96, 3). Il Signore stesso è un fuoco
« che arde senza consumarsi » (Es 3, 2). Il fuoco del Signore è luce
eterna ; le lucerne dei credenti si accendono a questo fuoco : « Siate
pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12, 35).
Una lucerna è necessaria perché i giorni di questa vita sono ancora
notte. Il Signore stesso, secondo la testimonianza dei discepoli di
Èmmaus, aveva messo questo fuoco nel loro cuore : « Non ci ardeva
forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino,
quando ci spiegava le Scritture ? » (Lc 24, 32) Ci mostrano con
evidenza qual’è l’azione di questo fuoco, che rischiara il profondo
del cuore dell’uomo. Perciò il Signore verrà con il fuoco (Is 66,
15) per consumare i vizi nel momento della risurrezione, per colmare
con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce
sui meriti e i misteri.
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XXIXA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Nel cuore della
città" - § 31
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XXIXA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
.
Lc
12, 54-59
Discorso di apertura del Concilio Vaticano II
Interpretare i segni dei tempi : un tema importante del Concilio
Vaticano II
Beato Papa Giovanni XXIII
Succede spesso che, nell’esercizio quotidiano del nostro
ministero apostolico, i nostri orecchi siano offesi sapendo ciò che
dicono alcuni che, pur infiammati da zelo religioso, mancano di
finezza nel giudizio e di ponderatezza nel modo di vedere le cose.
Nella situazione attuale della società, non vedono che rovina e
calamità ; sono soliti dire che la nostra epoca ha peggiorato
rispetto ai secoli passati ; si comportano come se la storia, che è
maestra di vita, non avesse nulla da insegnare loro e come se nel
tempo dei Concili di una volta, tutto fosse stato perfetto, riguardo
alla dottrina cristiana, ai costumi e alla giusta libertà della
Chiesa.
Ci sembra necessario dire il nostro totale disaccordo con
tali profeti di sventure, che annunciano sempre disastri, come se il
mondo si avvicinasse al suo termine.
Nel decorso attuale degli avvenimenti, mentre la società umana
sembra ad una svolta, è meglio riconoscere i disegni misteriosi
della Provvidenza divina che, attraverso la successione delle epoche
e delle occupazioni degli uomini, contraddicendo ogni attesa,
raggiungono il loro fine e dispongono ogni cosa con sapienza per il
bene della Chiesa, persino grazie ad eventi contrari.
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XXIXA
settimana T.O. -
Lodi
Sabato
Lc 13, 1-9
Omelia
sulla conversione (15) PG 40, 356-357,361
Imitare la
pazienza di Dio
Sant’Asterio di Amasea nel
quinto secolo
Poiché il modello, a immagine del quale siete stati fatti,
è Dio, procurate di imitare il suo esempio. Siete cristiani, e col
vostro stesso nome dichiarate che siete amici dell’uomo : perciò
siate imitatori dell’amore di Cristo. Considerate le ricchezze della
sua bontà… A coloro che risposero alla sua chiamata, concesse un
pronto perdono dei peccati e li liberò da quanto li angustiava…
Imitiamo l’esempio che ci ha dato il Signore, il buon Pastore…
Nelle parabole, infatti, vedo un pastore che ha cento pecore.
Essendosi una di esse allontanata dal gregge e vagando perduta, egli
non rimane con quelle che pascolavano in ordine, ma messosi alla
ricerca dell’altra, supera valli e foreste, scala monti grandi e
scoscesi e, camminando per lunghi deserti con grande fatica, cerca e
ricerca fino a che non trova la pecora smarrita. Dopo averla trovata,
non la bastona, né la costringe a forza a raggiungere il gregge, ma,
presala sulle spalle e trattatala con dolcezza, la riporta al gregge,
provando una gioia maggiore per quella sola ritrovata, che per la
moltitudine delle altre.
Consideriamo la realtà velata e nascosta della parabola… Sono
figure che contengono grandi realtà sacre. Ci ammoniscono, infatti,
che non è giusto disperare degli uomini, e che non dobbiamo
trascurare coloro che si trovano nei pericoli, né essere pigri nel
portare loro il nostro aiuto, ma che è nostro dovere ricondurre
sulla retta via coloro che da essa si sono allontanati e che si sono
smarriti. Dobbiamo rallegrarci del loro ritorno e ricongiungerli
alla comunità di quanti vivono nella fedeltà.
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XXIXA
settimana T.O. -
Primi Vespri
Sabato
Lettera 38,
3-4.6 : PL 61, 359-360
Nella croce del Signore la nostra forza
San Paolino di
Nola nel quinto secolo
Compiendo il misterioso disegno della sua bontà, il Signore
assume la condizione di servo e consente ad umiliarsi per noi fino
alla morte di croce (Fil 2, 8). Mediante questa umiliazione visibile,
attua la nostra elevazione al cielo, che è interiore e invisibile.
Guarda dove eravamo caduti fin dal principio ; comprendilo bene, è
grazie al disegno della saggezza e della bontà di Dio che siamo
stati resi alla vita. Con Adamo eravamo caduti a causa della
superbia ; per questo, ci umiliamo in Cristo per cancellare l’antica
colpa con la pratica della virtù opposta. Abbiamo offeso il Signore
con la nostra superbia, possiamo ora piacergli mediante la nostra
umiltà.
Rallegriamoci, glorifichiamoci nel Signore, che ha fatto nostri
il suo combattimento e la sua vittoria dicendo : « Abbiate fiducia ;
io ho vinto il mondo » (Gv 16, 33)… Lui che è invicibile, combatterà
per noi, e vincerà in noi. Allora il principe delle tenebre sarà
buttato fuori, perché, anche se non è scacciato dal mondo dove è
ovunque, è scacciato dal cuore dell’uomo ; la fede, quando penetra
in noi, lo respinge per fare largo a Cristo la cui presenza butta
fuori il peccato ed esilia il serpente…
Gli oratori conservino la loro eloquenza, i filosofi la loro
saggezza, i re i loro regni ; per noi, è Cristo la gloria, le
ricchezze e il regno ; la stoltezza del Vangelo è la nostra saggezza
; la debolezza della carne è la nostra forza, e lo scandalo della
croce è la nostra gloria.
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XXXA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Trattato sulla
verginità, 17-21
Avete visto
l’amato del mio cuore ?
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
« Perché piangi ? » Sei tu la causa delle tue lacrime ; fai tu
piangere te stessa… Piangi perché non credi in Cristo : credi e lo
vedrai. Cristo è qui, non viene mai meno a coloro che lo cercano.
« Perché piangi ? » Invece di lacrime, ti vuole una fede viva e
degna di Dio. Non pensare alle cose mortali e non piangerai… Perché
piangere ciò che rallegra gli altri ?
« Chi
cerchi ? » Non vedi che Cristo è la forza di Dio, che Cristo è la
sapienza di Dio, che Cristo è santità, che Cristo è castità, che
Cristo è purezza, che Cristo è nato da una vergine, che Cristo è
sempre del Padre e presso il Padre e nel Padre ; nato eppure non
creato, non decaduto, sempre amato, vero Dio da vero Dio ? « Hanno
portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto ». Sbagli,
donna ; pensi che Cristo sia stato portato via dal sepolcro da
altri, e non risorto con potenza propria. Eppure nessuno può portare
via la potenza di Dio, nessuno può portare via la sapienza di Dio,
nessuno può portare via la vera castità. Cristo non è stato portato
via dal sepolcro del giusto, né dall’intimo della vergine, né dal
segreto del suo animo fedele ; e anche se alcuni volessero rapirlo,
non possono portarlo via.
Allora il Signore le dice : « Maria, guardami ». Fino al momento in
cui non crede, lei è « una donna » ; appena ha cominciato a voltarsi
verso di lui, viene chiamata Maria. Riceve il nome di colei che ha
partorito Cristo ; è l’anima infatti che partorisce spiritualmente
Cristo. « Guardami », dice. Chi guarda Cristo corregge se stesso ;
chi non vede Cristo si smarrisce. Per cui, voltatasi verso di lui,
lo vede e gli dice : « Rabbunì », che significa : Maestro ! Chi
guarda si volge ; chi si volge, afferra più interamente ; chi vede
progredisce. Perciò chiama Maestro colui che pensava morto ; ha
trovato colui che pensava perduto.
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XXXA
settimana T.O. -
Vespri Domenica
Lc 18,9-14
Omelia
sull’umiltà, 5-6
Se uno vuol essere il primo, sia
l’ultimo di tutti e il servo di tutti
di
San Basilio nel quarto secolo»
Ricordati di quel proverbio : « Dio resiste ai superbi ; agli umili
invece dà la sua grazia » (Gc 4, 6). Sia presente nella tua mente la
parola del Signore : « Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si
innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Se ti sembra di avere
qualcosa di buono, mettilo sul tuo conto, ma senza dimenticare le
tue colpe ; non gonfiarti del bene che hai fatto oggi, non scartare
il male recente e passato ; se il presente è per te motivo di
vanagloria, ricordati il passato ; così inciderai questo stupido
ascesso ! E se vedi peccare il tuo prossimo, guardati dal
considerare in lui soltanto questa colpa, ma pensa pure al bene che
fa o ha fatto ; e sovente, lo scoprirai migliore di te, se esamini
l’insieme della tua vita, e non fai il calcolo di cose frammentarie,
perché Dio non esamina l’uomo in modo frammentario… Ricordiamoci
spesso tutto ciò per preservarci dalla superbia, abbassandoci per
essere innalzati.
Imitiamo il
Signore che scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento… Ma dopo un
tale abbassamento, fece risplendere la sua gloria, glorificando con
lui coloro che erano stati disprezzati con lui. Tali infatti erano i
suoi primi discepoli, che poveri e nudi, percorsero l’universo,
senza alcuna parola di Saggezza, senza scorta fastosa, ma soli,
erranti e nella pena, vagabondi sulla terra e sul mare, battuti con
le verghe, lapidati, perseguitati e in fine messi a morte. Tali sono
per noi gli insegnamenti divini del Padre nostro. Imitiamoli per
giungere, anche noi, alla gloria eterna, quel dono perfetto e vero
di Cristo.
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XXXA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Lc 13,
18-21
Omelie
sugli Atti degli Apostoli, 20,4 ; PG 60, 411-412
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2888)
Essere
lievito
di
San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza
degli altri. Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella
donnetta che mise le due monetine ti accuserà
(Mc 12,48).
Anche Pietro diceva: Non ho né argento né oro
(At 3,6).
Così Paolo era talmente povero da patire spesso la fame e mancare
del cibo necessario. Non puoi mettere avanti la tua umile
condizione; essi infatti erano di basse origini, nati da poveri. Non
puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano
illetterati. Fossi schiavo o fuggiasco, potresti fare ciò che
dipende da te. Così era la situazione di Onesimo di cui Paolo fa
l’elogio . Non puoi obiettare che sei debole; così era anche
Timoteo, che soffriva di frequenti infermità. Chiunque può essere
utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.
Non
vedete gli alberi delle foreste, come sono rigogliosi, come sono
belli, sviluppati, snelli e alti? Ma se avessimo un orto vorremmo
avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelli sterili... Così
sono coloro che vedono soltanto i propri interessi...
Se il
lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è
davvero lievito? E che dire di un profumo che non investa quanti si
accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? E non dire: “Non posso
indurre gli altri”; perché, se sarai cristiano, questo non potrà non
avvenire!... Infatti, come le cose che sono di eguale natura non
sono in contraddizione tra loro, così quanto stiamo dicendo fa parte
della natura stessa del cristiano... Non offendere Dio. Se dici che
il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano
non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo È più facile
che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non sia utile
al prossimo.
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XXXA
settimana T.O. -
VESPRI
Martedì
Lc 13,
18-21
Inno
17
Il regno
di Dio
di Simeone il
Nuovo Teologo nell’undicesimo secolo
Ti
mostrerò chiaramente che ti occorre ricevere quaggiù tutto il Regno
dei cieli, se vuoi entrarvi anche dopo la tua morte. Ascolta Dio che
ti parla in parabole : « A che cosa è simile il Regno dei cieli ? È
simile, ascolta bene, ad un granellino di senapa, che un uomo ha
preso e gettato nell’orto ; poi è cresciuto e, in verità, è
diventato un albero ». Questo granellino, è il Regno dei cieli, è la
grazia dello Spirito divino, mentre l’orto, è il cuore di ogni uomo,
là dove, chi l’ha ricevuto, nasconde lo Spirito nel profondo del suo
animo, nei recessi delle sue viscere, perché nessuno possa vederlo.
E lo custodisce con ogni cura perché cresca, e diventi un albero e
si innalzi verso il cielo.
Se
dunque dici : « Non quaggiù, ma dopo la morte, riceveranno il Regno
coloro che l’avranno desiderato con fervore », sconvolgi le parole
del Salvatore nostro Dio. E se non prenderai quel granellino, quel
granellino di senapa, come egli ha detto, se non lo getterai nel tuo
orto, rimarrai completamente sterile. In quale altro momento, se non
ora, pensi di poter ricevere quel seme ?
« Quaggiù, ricevi il pegno, dice il Maestro ; quaggiù, ricevi il
sigillo. Fin da quaggiù accendi la tua lampada. Se avrai buonsenso,
per te, quaggiù, diventerò la perla
(Mt 13,45),
quaggiù sarò il tuo chicco di grano e come il granellino di senapa.
Quaggiù divento per te il lievito che fa lievitare la pasta. Quaggiù
sono per te come acqua e divento un dolce fuoco. Quaggiù divento il
tuo vestito e il tuo cibo e la tua bevanda, se lo desideri ». Questo
dice il Maestro : « Se dunque, fin da quaggiù, mi riconoscerai come
tale, lassù allora mi possederai ineffabilmente, e diventerò tutto
per te ».
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XXXA
settimana T.O. -
LODI
Mercoledì
Lc 13,
22-30
Lettera
102 (a Deogratias), 8-12
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Vedrete Abramo, Isacco e
Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio »
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Se Cristo proclama sé stesso
la via della salvezza, la grazia, la verità e alle anime credenti in
lui presenta se stesso quale unico mediatore per il ritorno a Dio
(Gv 16, 6),
che cosa hanno fatto gli uomini di tanti secoli prima di Cristo?...
Noi affermiamo che Cristo è il vero Dio, dal quale è stata creata
ogni cosa; egli è il Figlio di Dio, perché suo Verbo. Non è un verbo
che appena pronunciato è già passato, ma il Verbo immutabile e
immutabilmente sussistente presso il Padre, anche esso immutabile.
Dal Verbo è diretta e guidata ogni creatura spirituale e corporea
nel modo più confacente ai tempi e ai luoghi. In lui risiede la
sapienza e la scienza capace di dirigere e guidare tutte le creature
e di determinare che cosa, in qual luogo o tempo sia più opportuno
fare per il loro bene. Il Verbo esisteva sempre uguale ... così pure
da adesso sino alla fine del mondo...
Perciò fin dai
primordi del genere umano tutti coloro, i quali hanno creduto in Lui
e in qualche modo l'hanno conosciuto e hanno menato una vita pia e
giusta conforme ai suoi precetti, in qualsiasi tempo e luogo siano
vissuti, senza dubbio si sono salvati per mezzo di Lui. Sì; come noi
crediamo in Lui non solo vivente col Padre ma anche già incarnato,
così gli antichi credevano in Lui e vivente col Padre e che sarebbe
venuto nel mondo. E se, conforme alla diversità dei tempi, viene
annunciato adesso come già avvenuto quel che un tempo era
preannunciato da avvenire, ciò non significa che la fede sia
cambiata o sia diversa l'unica e identica salvezza.
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XXXA
settimana T.O. -
VESPRI Mercoledì
Lc 13, 22-30
Discorso per l’Epifania, 3, 1-3 ; SC 22 bis, 229
Verranno da
oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e
siederanno a mensa nel Regno di Dio»
di San Leone
Magno nel Quinto secolo
La divina e misericordiosa provvidenza, avendo disposto di
portare aiuto in questi ultimi tempi
(1 Pt
1,20)
al
mondo, che altrimenti sarebbe andato perduto, pose in Cristo la
salvezza di tutte le genti… Un giorno era stata promessa al
beatissimo patriarca Abramo una innumerevole discendenza che doveva
essere generata non con il seme carnale, ma con la fecondità della
fede. Tale figliolanza fu paragonata alla moltitudine delle stelle
(Gen 15,5),
affinché dal padre di tutte le genti si attendesse una stirpe non
terrena, ma celeste…
Entrino, entrino pure le genti
(Rm
11,25)
nella famiglia dei patriarchi, e i figli della promessa ricevano nel
seme di Abramo la benedizione
(Rm
9,8)…
Tutti i popoli adorino l'autore dell'universo.
Dio
sia noto non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché dovunque
«in Israele sia grande il suo nome»
(Sal
75,2)…
Dilettissimi, ammaestrati da questi misteri della divina grazia,
celebriamo con gioia spirituale il giorno delle nostre primizie e
l'inizio della vocazione delle genti. Rendiamo grazie al
misericordioso Dio, che, come dice l'Apostolo, «ci ha fatto capaci
di partecipare all'eredità dei santi nella luce dei cieli. Perché
egli ci ha strappato al potere delle tenebre e ci ha trasportato nel
regno del Figlio suo diletto»
(Col 1,12-13). E già Isaia
aveva profetato… : «Ecco, chiamerai popoli che non conoscevi e
nazioni che t'ignoravano accorreranno»
(Is 55,5).
«Abramo ha visto questo giorno e ne ha goduto»
(Gv 8,56);
e quando ha conosciuto che i figli della sua fede sarebbero stati
benedetti nella sua discendenza, che è Cristo, e quando ha visto che
nella fede sarebbe stato padre di tutte le genti, «diede gloria a
Dio, sapendo benissimo che qualunque cosa Dio prometta, ha pure il
potere di portarla a compimento»
(Rm 4,18-21).
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XXXA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
La successione apostolica
di San
Clemente di Roma nel primo secolo
Gli apostoli hanno ricevuto
per noi dal Signore Gesù Cristo la Buona Novella ; Gesù Cristo è
stato mandato da Dio. Cristo, dunque, viene da Dio e gli apostoli da
Cristo : tutte e due le cose procedono ordinatamente dalla volontà
di Dio. E così, ricevuto il mandato, rafforzati dalla parola di Dio
e confermati con assoluta certezza dalla risurrezione di nostro
Signore Gesù Cristo, andarono ad annunciare l’avvento del Regno di
Dio con incrollabile fiducia nello Spirito Santo. Predicando il
Verbo per paesi e città, nominarono vescovi e diaconi per i futuri
credenti, quelli di cui avevano provato, nello Spirito Santo, la
genuina disponibilità alla fede… E che c’è di strano se coloro che
ricevettero da Dio in Cristo questo incarico ordinano i predetti
ministri ? …Gli apostoli sapevano per ispirazione di Cristo nostro
Signore, che sarebbero scoppiate contese per il titolo di vescovo ;
perciò, prevedendo perfettamente il futuro, nominarono i vescovi e
subito dopo istituirono la successione affinché, morti i primi,
altri uomini insigni succedessero nel loro ministero.
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XXXA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Trattato sulle opere dello Spirito Santo 4,9 ; SC 165, 157
Gli apostoli istruiti dallo Spirito
Santo
di Ruperto di
Deutz
A
tutti gli apostoli riuniti, la Verità ha detto: “Il Consolatore, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà
ogni cosa” (Gv 14, 26).
Infatti... nel momento in cui
apparvero agli apostoli lingue come di fuoco che si posarono su
ciascuno di loro (At 2, 3),
videro, in un batter d’occhio, grazie ad un’illuminazione interiore,
tutte le Scritture e tutti i profeti... Penetrarono questi segreti,
tenuti nascosti agli scribi e ai farisei, ai sapienti e ai dottori
della Legge. Così si compì la parola del Signore: “Hai tenuto
nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai
rivelate ai piccoli” (Mt 11,
25)... Quindi, questi uomini
illetterati non venivano ammaestrati da uomini, ma istruiti
meravigliosamente dallo Spirito Santo, lo Spirito di intelligenza
che apriva loro il tesoro delle Scritture.
Per
questo motivo hanno il diritto di essere ricevuti ed ascoltati da
noi, come la bocca di Dio stesso... Su di loro si fonda la nostra
fede, come pure sui patriarchi ed i profeti che hanno ascoltato la
parola di Dio per mezzo del medesimo Spirito, direttamente. E questo
è il fondamento su cui poggiamo.
Quanto
a tutti coloro che non erano presenti, che non hanno imparato in
questo modo, noi crediamo a quanto ci dicono non a motivo della loro
opinione personale, ma perché fondano le proprie affermazioni sulla
testimonianza degli apostoli. Infatti la Rivelazione è stata fatta
agli apostoli... a loro è stato rivelato, per mezzo dello Spirito
Santo, ciò che gli uomini non potevano né insegnare, né sapere.
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XXXA
settimana T.O. -
LODI venerdì
Libro di Vita di
Gerusalemme
Capitolo "Nella Chiesa",
148
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XXXA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
Gesù a
mensa con i farisei
di
Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo
Il
Creatore eterno e invisibile del mondo, accingendosi a salvare il
genere umano che si trascinava lungo i secoli sottomesso alle dure
leggi della morte, “ultimamente, in questi giorni”
(Eb 1,2)
si degnò di farsi uomo..., per riscattare nella sua clemenza coloro
che nella sua giustizia aveva condannato. Per mostrare quanto fosse
profondo il suo amore per noi, non si è semplicemente fatto uomo,
bensì uomo povero e umile, affinché, avvicinandosi a noi nella sua
povertà, ci desse di partecipare alle sue ricchezze
(2 Cor 8,9).
Per questo accettava di recarsi ai
pranzi ai quali era invitato, non perché avesse una passione per i
pranzi, bensì per insegnarvi la salvezza e suscitarvi la fede. Lì,
colmava i conviti di luce con i suoi miracoli. Lì, i servi, che
erano occupati a casa e non avevano la libertà di andare presso di
lui, udivano la parola della salvezza. Infatti, non disprezzava
nessuno, nessuno era indegno del suo amore perché “ha compassione di
tutti, ama tutte le cose esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato”
(Sap
11,24).
Per
compiere la sua opera di salvezza, il Signore entrò dunque nella
casa di uno dei capi dei farisei un sabato. Gli scribi e i farisei
lo osservavano per poter accusarlo di violare la Legge nel caso in
cui avesse guarito l’idropico che stava davanti a lui, e se non lo
avesse guarito, di accusarlo di empietà o di debolezza... Nella luce
purissima della sua parola di verità, vedono svanire tutte le
tenebre della loro menzogna.
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XXXA
settimana T.O. -
LODI sabato
Discorso
sull’Annunciazione del Signore, 2
Una donna forte? Chi potrà
trovarla?
di Elredo di
Rievaulx nel dodicesimo secolo
Adamo
aveva scalato la montagna della superbia ; il Figlio di Dio ha
voluto scendere nella valle dell’umiltà. Ha trovato una valle dove
scendere. Dove si trova ? Non si trova in te, Eva, madre della
nostra disgrazia, non si trova in te – ma nella beata Maria. Lei è
veramente questa valle di Ebron, per la sua umiltà e la sua
fortezza. Lei è forte in virtù della sua partecipazione alla forza
di cui sta scritto : « Il Signore è forte e potente » (Sal 24, 8).
Lei è quella donna forte auspicata da Salomone : « Una donna forte,
chi potrà trovarla ? » (Pr 31, 10)
Eva,
sebbene creata nel paradiso senza corruzione e senza sozzura, senza
infermità né dolore, si è rivelata tanto debole, tanto instabile.
« Chi troverà questa donna forte ? » Può forse essere trovata in
questa terra di miseria, mentre non si è potuto trovarla nella
beatitudine del paradiso ?… Chi potrebbe trovare quaggiù la donna
forte, quando la donna si è rivelata tanto debole nel paradiso ?
Ora,
Dio Padre ha trovato questa donna per santificarla ; il Figlio l’ha
trovata per abitarla ; lo Spirito Santo l’ha trovata per salutarla :
« Ave, o piena di grazia, il Signore è con te ». Eccola, la donna
forte, in cui la ponderatezza si sostituisce alla curiosità, in cui
l’umiltà esclude ogni vanità, in cui la virginità libera da ogni
cupidigia.
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XXXA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI Sabato
PER CHI CERCA DIO,
LA VIA E’ CRISTO
di
Sant’Ambrogio nel Quarto secolo
L’uomo
giusto che teme Dio, non sa desiderare altro se non la salvezza di
Dio, Cristo Gesù. A lui anela, lui brama, a lui tende con tutte le
forze; ne trattiene con ardore il ricordo, si apre a lui con
effusione, e teme una cosa sola: la possibilità di perderlo. Perciò,
quanto più grande è il desiderio dell’anima bramosa di unirsi al suo
Salvatore, tanto più essa langue. Ma questo languore diminuisce la
sua fragilità e accresce la sua virtù.
Perciò il giusto, dopo aver
detto in un altro testo: “Di te ha sete l’anima mia”, aggiunge: “A
te si stringe l’anima mia, e la forza della tua destra mi sostiene”
(Sal 62, 2.9).
Chi ha sete desidera stare
attaccato alla fonte e pare non cerchi avidamente e non senta altro
che l’acqua, per pascersi solo del suo contatto. Quando la tua
destra sostiene la mia anima e le comunica la sua forza, la fa
essere ciò che non era, sì da poter dire: “Non sono più io che vivo,
ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20).
Ha sperato nella parola,
annunziata come prossima a venire, il che può intendersi del Verbo
di Dio. Oppure ha sperato perché ha creduto nella parola celeste che
predice la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, o che proclama la
sua gloria.
A chi cerca Dio, la via è
Cristo. Desideriamo anche noi con ardore quell’eterna Salvezza di
Dio: non bramiamo il denaro, come gli avari. La nostra anima si
elevi, venga meno alla sua vitalità personale per aderire alla
Salvezza di Dio, che è il Cristo Signore, Gesù. Egli è la Salvezza,
la Verità, la Forza, la Sapienza. Chi vien meno a se stesso per
unirsi alla Forza, perde ciò che gli è proprio per ricevere ciò che
è eterno
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XXXIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Disc 88 1-2
Ora dell’Ascolto p 604-6045
Mio Signore
e mio Dio
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Ben
sapete, fratelli, che il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è il
medico della nostra salute eterna ; per questo prese su di sé
l’infermità della nostra natura, perché la nostra infermità non
durasse per sempre : assunse un corpo mortale in cui potesse
uccidere la morte. E benché sia stato crocifisso per la nostra
debolezza, ora, come dice l’Apostolo, “vive per la potenza di Dio”
(2 Co 13, 4). Dello stesso Apostolo sono le parole : “Cristo non
muore più e la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6, 9),
Queste cose sono ben note alla vostra fede.
La
debolezza dei discepoli li rendeva vacillanti a tal punto che quando
lo videro risorto ebbero bisogno di toccarlo per credere. Non bastò
loro vederlo con gli occhi, vollero toccare con le mani il suo corpo
e le cicatrici delle recenti ferite : cosicché il discepolo che
aveva dubitato, appena toccò e riconobbe le sue cicatrici esclamò :
“Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Le cicatrici indicavano
colui che aveva sanato tutte le ferite degli altri. Non avrebbe
potuto il Signore risorgere senza cicatrici ? Ma sapeva che nel
cuore dei discepoli c’erano delle ferite che le cicatrici conservate
nel suo corpo avrebbero sanato. E che cosa disse a colui che aveva
esclamato : “Mio Signore e mio Dio” ? “Perché mi hai
veduto, hai creduto. Beati quelli che pur non avendo visto
crederanno !” (Gv 20, 29). Di chi parlava, fratelli, se non di
noi ? E non solo di noi, ma anche di quelli che verranno dopo di
noi. Infatti poco tempo dopo, quando il Signore si sottrasse agli
occhi dei mortali perché nei loro cuori fosse confermata la fede,
tutti quelli che credettero in lui, non credettero perché lo videro,
perciò la loro fede ebbe più grande merito. Volendo fare un
paragone, diremo che aderirono alla fede con la devozione del cuore
e non per aver toccato con mano.
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XXXIA
settimana T.O. -
Vespri Domenica
Lc 19,
1-10
Omelie
68
« Zaccheo, scendi subito »
Giovanni
Taulero nel Quattordicesimo secolo
Leggiamo nel
vangelo che Zaccheo avrebbe voluto vedere il Nostro Signore, ma era
troppo piccolo. Cosa fece allora ? Salì su un fico essiccato. Così
fa anche l’uomo. Desidera vedere colui che opera meraviglie e
provoca tanto tumulto dentro di lui ; ma è troppo piccolo di statura
per questo. Cosa fare allora ? Deve salire sul fico essiccato. Il
fico morto simboleggia la morte dei sensi e della natura, e la vita
dell’uomo interiore raggiunta da Dio.
Cosa il Nostro Signore
dice a Zaccheo ? « Scendi subito ». Devi scendere ; non devi
trattenere neppure una sola goccia di consolazione proveniente da
tutte le tue impressioni nella preghiera, ma scendere nella tua pura
nullità, nella tua povertà, nella tua impotenza… Se ti resta ancora
qualche attaccamento alla natura, quando la verità ti ha già dato
qualche luce, non la possiedi ancora, non è divenuta il tuo bene
proprio. Natura e grazia lavorano ancora insieme, non sei giunto
all’abbandono perfetto… ; questa non è ancora la piena purezza. Per
questo Dio invita tale uomo a scendere, lo chiama cioè ad una piena
rinuncia, ad un pieno distacco da tutto ciò in cui la natura
possiede ancora qualcosa di proprio. « Perché oggi devo fermarmi a
casa tua ; oggi la salvezza è entrata in questa casa ».
Avvenga per noi quest’oggi d’eternità.
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XXXIA
settimana T.O. -
Lodi Martedi
Lc 14, 15-24
Sul
sacramento dell'altare :
PL 204, 691
(trad. Ora dell’Ascolto)
« Beato chi
mangerà il pane nel Regno di Dio »
Baldovino di
Ford nel dodicesimo secolo
Il salmista dice : « Il vino allieta il cuore dell’uomo e il pane
sostiene il suo vigore » (Sal 103, 15). Per quanti credono in lui,
il Cristo è cibo e bevanda, pane e vino ; è cibo e pane perché
irrobustisce e consolida secondo la parola di Pietro : « E il Dio di
ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in
Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza, vi
confermerà e vi renderà forti e saldi » (1 Pt 5, 10). È bevanda e
vino perché rende lieti, secondo la parola del profeta : « Rallegra
la vita del tuo servo, perché a te, Signore, innalzo l’anima mia » (Sal
85, 4).
Quanto vi è in noi di forte, valido e
costante, la gioconda letizia con cui osserviamo i comandamenti di
Dio, sopportiamo le sofferenze, obbediamo e lottiamo per la
giustizia : tanta forza e tanto coraggio ci vengono da quel pane, la
gioia da quella bevanda. Beati coloro che agiscono con fortezza e
gioia ! E poiché nessuno può farlo con le sue sole forze, beati
coloro che bramano ardentemente ciò che è giusto e onesto, e di
essere in tutto confortati e allietati da colui che dice : « Beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia » (Mt 5, 6). Che se
Cristo è pane e bevanda che fortifica e allieta i giusti nella vita
presente, quanto più sarà nel futuro la fonte della loro beatitudine
eterna !
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XXXIA
settimana T.O. -
Vespri Martedì
Lc 14, 15-24
Sul
Vangelo di Luca, 7, 202-203 ; SC 52, 84
« Spingili a entrare, perché la
mia casa si riempia »
Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Gli invitati si scusano, mentre il Regno non è chiuso per nessuno,
al di là di colui che esclude se stesso con la sua parola. Nella sua
clemenza, il Signore invita tutti, ma ci tiene fuori la nostra
vigliaccheria o il nostro smarrimento. Colui che preferisce comprare
un campo, è estraneo al Regno; nel tempo di Noè, quelli che
compravano e vendevano sono stati inghiottiti nel diluvio (Lc
17,28)... Lo stesso dicasi per colui che si scusa perché prende
moglie; infatti sta scritto: “Se uno viene a me e non odia suo
padre, sua madre, la moglie, non può essere mio discepolo” (Lc
14,26)...
Perciò, dopo il disdegno superbo dei ricchi, Cristo si rivolge verso
i pagani; fa entrare i buoni e i cattivi, per fare crescere i buoni,
per migliorare le disposizioni dei cattivi... Invita i poveri, gli
infermi, i ciechi, il che ci mostra che l’infermità fisica non
esclude nessuno dal Regno, oppure che l’infermità dei peccati viene
guarita dalla misericordia del Signore...
Manda dunque a cercare per le strade, perché “la sapienza grida per
le strade” (Pr 1,20). Manda per le piazze, perché ha detto ai
peccatori di lasciare le vie spaziose per raggiungere la via angusta
che conduce alla vita (Mt 7,3). Manda per le vie e lungo le siepi,
perché sono capaci di giungere al regno dei cieli coloro che, senza
essere trattenuti dai beni presenti, si affrettano verso i beni a
venire, incamminati sulla via della buona volontà..., opponendo il
baluardo della fede alle tentazioni del peccato.
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XXXIA
settimana T.O. -
Lodi Mercoledì
Lc 14, 25-33
Conferenze
3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1780)
Rinunciare
a tutti i propri averi
Giovanni
Cassiano nel quinto secolo
Ora dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei
Padri e come afferma l’autorità della sacra Scrittura sono tre...
Con la prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del
mondo, con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e
passioni dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere
la nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per
contemplare e desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E
tutte e tre queste rinunzie devono essere attuate
contemporaneamente, come leggiamo che ordinò il Signore ad Abramo
dicendogli: “Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa
di tuo padre” (Gen 12,1).
Prima disse: “dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo
mondo e alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua
parentela”, rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai
vizi del passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci
fossero affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo
padre”, cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che
hai sotto gli occhi...
Fissiamo lo
sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su
quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle
invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei
cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo
tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra
mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena
dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri
spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.
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XXXIA
settimana T.O. -
Vespri Mercoledì
Lc 14, 25-33
Omelie
spirituali
Offrirci
a lui totalmente
San Macario nel
quarto secolo
Com’è
possibile che, malgrado tanti incoraggiamenti e tante promesse da
parte del Signore, rifiutiamo di offrirci a lui totalmente e senza
riserva, di rinunciare a ogni cosa e perfino alla nostra vita,
secondo il Vangelo (Lc 14, 26), per amare lui solo, e nient’altro
insieme con lui?
Considera quanto è stato fatto per noi: quale gloria ci è stata
data, quanti interventi ha predisposto il Signore, in vista della
salvezza, dai padri ed i profeti, quante promesse, quante
esortazioni, quanta compassione da parte del nostro Maestro fin
dalle origini! Alla fine, egli ha manifestato la sua indicibile
benevolenza nei nostri confronti, venendo dimorare con noi e morendo
sulla croce per convertirci e ricondurci alla vita. E noi, non
lasciamo da parte la nostra volontà propria, l’amore del mondo, le
nostre predisposizioni e abitudini cattive, mostrando così quanto
siamo uomini di poca fede, anzi senza fede alcuna!
Eppure, vedi come, malgrado tutto questo, Dio si mostra pieno di una
dolce bontà. Ci protegge e ci cura invisibilmente. Malgrado le
nostre colpe, non ci abbandona definitivamente alla malvagità e alle
illusioni del mondo; nella sua grande pazienza, ci impedisce di
perire e aspetta, da lontano, il momento in cui ci volgeremo verso
di lui.
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XXXIA
settimana T.O. -
Lodi Giovedi
Lc 15, 1-10
Commento sul
Vangelo di Luca, 7, 207-209
Le tre parabole
della misericordia
Sant’Ambrogio
nel quarto secolo
Non senza motivo, san Luca ci presenta di seguito tre parabole : la
pecora che si era smarrita ed è stata ritrovata, la dramma che una
aveva perduta, poi ritrovata, il figlio prodigo morto, poi tornato
in vita. Cosicché, sollecitati da questo triplice rimedio, curiamo
le nostre ferite. Chi sono questo padre, questo pastore, questa
donna ? Non sono forse Dio Padre, Cristo, la Chiesa ? Cristo ha
preso su di lui i tuoi peccati, ti porta nel suo corpo ; la Chiesa
ti cerca ; il Padre ti accoglie. Come un pastore, ti riporta ; come
una madre, ti ricerca ; come un Padre, ti riveste. Prima la
misericordia, poi l’assistenza, infine, la riconciliazione.
Ogni dettaglio conviene a
ciascuno : il Redentore viene in aiuto, la Chiesa assiste, il Padre
si riconcilia. La misericordia dell’opera divina è la stessa, ma la
grazia cambia a seconda dei nostri meriti. La pecora stanca è
riportata dal pastore, la dramma perduta è ritrovata, il figlio
ritorna sui propri passi verso suo padre, e torna pienamente pentito
da uno smarrimento che condanna…
Rallegriamoci quindi che
questa pecora, che era perita in Adamo sia rialzata in Cristo. Le
spalle di Cristo sono le braccia della croce ; lì, ho posato i miei
peccati, lì sul nobile legno di questa croce ho riposato.
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XXXIA
settimana T.O. -
Vespri Giovedì
Lc 15, 1-10
Discorsi,
168, 4-6 ; CCL 24 B, 1032-1034
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1821)
«
Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta
»
San Pietro
Crisologo nel quinto secolo
Quell’uomo che aveva cento pecore è Cristo, il pastore buono, il pio
pastore che in Adamo, come in un’unica pecora, aveva compreso tutto
il gregge del genere umano, e l’aveva collocato tra i prati del
paradiso nei pascoli della vita; ma quella dimenticò la voce del
pastore e prestò fede agli ululati dei lupi; perdette così gli ovili
della salvezza e fu tutta ferita da piaghe mortali: venendo Cristo a
cercarla in terra, la trovò nel seno di un campo verginale. Venne
nella carne della sua nascita e, innalzandola sulla croce la prese
sulle spalle della sua passione; e pieno di gioia per il gaudio
della risurrezione, ascendendo al cielo la trasportò fino alla sua
dimora.
“Chiamò gli amici e i vicini”, cioè gli angeli, “e disse loro:
Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era
perduta”. Gli angeli si congratulano e gioiscono con Cristo per il
ritorno della pecora del Signore, né si sdegnano vedendola
presiedere dal trono della maestà; poiché l’invidia era già stata
bandita dal cielo insieme col diavolo, a causa dell’Agnello che ha
cancellato il peccato del mondo, né il peccato dell’invidia poteva
più penetrare nei superni tabernacoli.
Fratelli, cerchiamo in cielo colui che ci ha cercato sulla terra;
egli ci innalzò fino alla gloria della sua divinità, e noi
portiamolo nel nostro corpo con tutta santità.
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XXXIA
settimana T.O. -
Lodi Venerdi
Omelia IX, 1-2: PG 12, 871-872
Essere
una pietra viva
Origene
nel terzo secolo
Noi
tutti che crediamo in Cristo Gesù, siamo chiamati « pietre vive »
secondo le parole della Scrittura : « Anche voi venite impiegati
come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per
un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio,
per mezzo di Gesù Cristo » (1 P 2, 5).
In
effetti, quando si tratta di pietre terrene, sappiamo che si bada a
porre in primo luogo nelle fondazioni, le pietre più robuste, più
resistenti perché si possa porre, sopra, con fiducia, tutto
l’edificio. Le pietre impiegate in seguito, di qualità un pò
inferiore, sono poste accanto alle pietre di fondazione : E così via
a seconda della resistenza delle pietre… fino al tetto. Occorre
comprendere che questo riguarda anche le pietre vive, fra le quali
alcune sono nelle fondazioni del nostro edificio spirituale. E quali
sono queste pietre poste nelle fondazioni ? « Gli apostoli e i
profeti ». Tale è l’insegnamento di Paolo : « Edificati, dice, sopra
il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra
angolare lo stesso Cristo Gesù » (Ef 2, 20).
Per
prepararti più attivamente, tu che mi ascolti, alla costruzione di
questo edificio, per essere una pietra vicina al fondamento, devi
sapere che lo stesso Gesù è il fondamento dell’edificio che
descriviamo. È ciò che afferma l’apostolo Paolo : « Nessuno può
porre un fondamento diverso da quello che già si trova, che è Gesù
Cristo » (1 Cor 3, 11). Beati dunque coloro che hanno costruito
edifici religiosi e santi su quel nobilissimo fondamento !
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XXXIA
settimana T.O. -
Vespri Venerdi
Omelia
sull’Esodo
« Santo è il
tempio di Dio, che siete voi » (1 Cor 3,17)
Elredo
di Rievaulx nel dodicesimo secolo
Spesso
abbiamo sentito dire che, dopo aver fatto uscire Israele
dall’Egitto, Mosè costruì nel deserto un tabernacolo, la tenda di un
santuario, grazie ai doni dei figli di Giacobbe. Occorre capire
bene, come dice l’apostolo Paolo, che tutto ciò avvenne come esempio
per noi (1 Cor 10,6).
Siete
voi ormai, fratelli, il tabernacolo di Dio, il Tempio di Dio,
secondo l’apostolo: “Il Tempio di Dio, siete voi! ”. Siete il Tempio
in cui Dio regnerà in eterno, siete la sua tenda perché egli è con
voi sulla strada; in voi egli ha sete, in voi ha fame. Questa tenda,
fratelli, siete voi nel deserto di questa vita, finché non siate
giunti alla Terra della Promessa. Allora avrà luogo la vera
dedicazione, allora sarà edificata la vera Gerusalemme, non più
sotto l’apparenza di una tenda, ma di una città.
Ma già
da ora, se siamo veri figli di Israele secondo lo Spirito, se in
Spirito siamo usciti dalla terra d’Egitto, offriamo tutti i nostri
beni per la costruzione del tabernacolo: “A ciascuno è data una
manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1
Cor 12, 4). Tutto sia dunque comune a tutti. Nessuno consideri suo
proprio il carisma che ha ricevuto da Dio; nessuno invidi il carisma
ricevuto da suo fratello; ma consideri veramente come il bene di
tutti quanto è suo, e non dubiti che il bene di suo fratello sia
pure suo. Dio agisce in modo tale da far sì che ognuno abbia bisogno
degli altri. Ciò che manca a uno, questi lo può trovare in suo
fratello. Così sarà custodita l’umiltà, la carità crescerà, e
l’unità sarà manifestata, nell’intero Corpo di Cristo.
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XXXIA
settimana T.O. -
Lodi Sabato
Discorso 18 ;
PL 20, 973-975
«
Procuratevi amici con la disonesta ricchezza »
San Gaudenzio
da Brescia nel quinto secolo
Certamente gli amici che ci otterranno la salvezza sono i poveri,
perché, secondo la parola di Cristo, sarà lui in persona, l’autore
della ricompensa eterna, a ricevere in essi, i servizi loro
procurati dalla nostra carità. Di conseguenza, i poveri ci
riserveranno una buona accoglienza, non in proprio nome, bensì nel
nome di colui che, in essi, gode il frutto rinfrescante della nostra
ubbidienza e della nostra fede. Coloro che adempieranno questo
servizio della carità saranno ricevuti nelle dimore eterne del Regno
dei cieli poiché, allo stesso modo, Cristo dirà : « Venite,
benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per
voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi
avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere » (Mt
25, 34)...
Infine, il Signore aggiunge : « E se non siete stati fedeli nelle
ricchezze altrui, chi vi darà la vostra ? ». Infatti, niente di
quanto troviamo in questo mondo ci appartiene veramente. Perché noi
che aspettiamo la ricompensa futura, siamo invitati a comportarci
quaggiù da ospiti e pellegrini, in modo che tutti possiamo dire con
franchezza al Signore: « Io sono un forestiero e uno straniero come
tutti i miei padri » (Sal 38, 13).
I
beni eterni appartengono ai credenti. Si trovano nel cielo, là dove,
lo sappiamo, sono « il nostro cuore e il nostro tesoro » (Mt 6, 21),
e là dove – ne siamo convinti – abitiamo fin d’ora mediante la fede.
Perché secondo l’insegnamento di san Paolo : « La nostra patria è
nei cieli » (Fil 3, 20).
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XXXIA
settimana T.O. -
Primi Vespri Sabato
IL FESTINO DELLA PAROLA CELESTE
S. Pier Damiani
nell’undicesimo secolo
Leggi con
Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con lui per
ghiera. Che sia tuo
amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua
gioia, la tua saggezza, la tua vita. Respira Cristo. Dì
incessantemente Cristo. Medita la vita di Cristo.
Che il
vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri
testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia,
una tenacia sempre all’erta.
Al
vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza
fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in
tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle
intuizioni dell’intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in
qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci
della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la
magnificenza dei festini, l’eterno banchetto delle vivande celesti.
L’anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall’alimento della
lettura assidua, non cessa di fortificarsi, de crescere.
Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente
nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di
un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della
tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino
addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al
desiderio del banchetto eterno.
Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana
di rimorsi. in una dimora silenziosa dove, con una meditazione
molto semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parola di
Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro
che l’intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità
dello Spirito Santo.
Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia.
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XXXIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Dai «Discorsi», vescovo
(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)
Rallegratevi
nel Signore, sempre
di
sant'Agostino nel quinto secolo
L'Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo.
«Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio»
(Gc 4, 4),
come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due
padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e
nel Signore.
Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia
finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore,
mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi
affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo
nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo
già nel Signore.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo
gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo,
non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla
agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore
nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo»
(At 17, 28).
Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a
questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per
nulla»? (Fil 4, 5-6).
E' una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è
vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è
costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è
fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
Tutto il genere umano è quell'uomo che giaceva lungo la strada
semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando,
lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per
curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto,
egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per
diventare prossimo a noi.
«Non ci tratta secondo i nostri peccati»
(Sal 102, 10).
Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l'Unico,
per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo.
L'unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei
fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha
redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè
rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella
speranza dell'eternità, non nei fiori della vanità. Così
rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo
mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»
(Fil 4)
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XXXIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Lc 20,27-38
dall’O.
dell’A. pp 2147-2148
Il Dio dei
Padri è il Dio dei vivi
di Sant’Ireneo
di Lione, nel secondo secolo.
Il
Signore nostro maestro, rispondendo ai sadducei che negavano la
risurrezione e oltre a ciò offendevano Dio denigrando la legge,
conferma la realtà della risurrezione e rende testimonianza a Dio
dicendo: “Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la
potenza di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti non avete
letto quello che vi è stato detto da Dio. Io sono il Dio di
Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?” (Mt 22, 29.
31-32). E aggiunge: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché
tutti vivono per lui” (Lc 20, 38). Con queste parole mostrò che
colui che aveva parlato a Mosè dal roveto dichiarando di essere il
Dio dei padri, è il Dio dei vivi.
Chi è
il Dio dei vivi, se non l’unico Dio al di sopra del quale non c’è
altro Dio? Lui annunziò il profeta Daniele quando Ciro re dei
Persiani gli disse: “Perché non adori Bel?” (Dn 14, 23); e
Daniele: “Il adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio
vivente” (Dn 14, 23). Colui che era adorato dai profeti come Dio
vivo è il Dio dei vivi, e lo è anche il suo Verbo, che parlò a Mosè,
redarguì i sadducei, donò la risurrezione e manifestò a coloro che
erano ciechi due fondamentali verità: la risurrezione e la vita di
Dio. Se dunque egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, allora quei
padri di cui egli si è proclamato il Signore vivono certamente in
lui e non sono morti, “perché sono figli della risurrezione”
(Lc 20, 36).
Lo
stesso Signore Gesù è la risurrezione, come egli stesso affermò: “Il
sono la risurrezione e la vita” (Gv 11, 25). E i padri sono i
suoi figli, perché il profeta disse: “Ai tuoi padri succederanno
i tuoi figli” (Sal 44, 17). Lo stesso Cristo perciò, insieme al
Padre, è il Dio dei vivi, parlò a Mosè, si manifestò ai padri.
Questo insegnò ai giudei quando disse : “Abramo, vostro padre,
esultò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne
rallegrò”.
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XXXIIA
settimana T.O. -
LODI
Martedì
Trattato sul salmo 64 ; PL 9, 416
Egli
parlava del Tempio del suo Corpo
di
Sant’Ilario di Poitiers nel
quarto secolo
Il
Signore disse : « Questo è il mio riposo per sempre » e « qui
abiterò, perché l’ho desiderato »
(Sal 131, 14).
Eppure Sion e il suo tempio sono stati distrutti. Dove starà il
trono eterno di Dio ? Dove sarà il suo riposo per sempre ? Dove sarà
il suo tempio perché egli vi abiti ? Ci risponde l’apostolo Paolo :
« Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi »
(1 Cor 3,16).
Questa è la dimora di Dio, questo è il suo tempio : sono pieni della
sua dottrina e della sua potenza. Sono il soggiorno della santità
del cuore di Dio.
Questa dimora tuttavia viene edificata da Dio. Se fosse costruita da
mano d’uomo, non resisterebbe, e neppure se fosse fondata sulle
dottrine umane. Le nostre vane fatiche e le nostre inquietudini non
bastano a proteggerla. Il Signore procede ben diversamente : non
l’ha fondata sulla terra, né sulle sabbie mobili ; essa poggia sui
profeti e sugli apostoli (Ef
2,20) ; viene costruita senza
sosta con pietre vive (1 Pt
2,5). Si svilupperà fino alle
dimensioni ultime del corpo di Cristo. Senza tregua la sua
edificazione prosegue : intorno ad essa si elevano numerose case che
verranno radunate in una grande e beata città
(Sal 121,3).
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XXXIIA
settimana T.O. -
VESPRI MARTEDI’
Omelia 5 sul Vangelo : PL 76, 1093-1094.
« Avrai un
tesoro in cielo »
San Gregorio
Magno nel sesto secolo
Nessuno, vedendo qualcuno lasciare grandi beni, dica in se stesso :
vorrei imitare coloro che così si distaccano dal mondo, però non ho
niente da lasciare. Abbandonate molto, fratelli miei, quando
rinunciate ai desideri terreni. I nostri beni esteriori, anche
piccoli, bastano agli occhi del Signore. Egli guarda il cuore, non
le ricchezze. Non pesa il prezzo del sacrificio, bensì l’intenzione
di chi l’offre… Il Regno di Dio non ha prezzo, eppure ti costa
esattamente ciò che hai... È costato a Pietro e ad Andrea
l’abbandono di una barca e delle reti ; è costato alla vedova due
piccioli d’argento (Lc 21, 2) ; è costato a qualcun altro un
bicchiere di acqua fresca (Mt 10, 42). Il Regno di Dio, abbiamo
detto, ti costa ciò che hai. Trovate forse, fratelli, qualcosa di
più facile da acquistare, qualcosa di più prezioso da possedere ?
Ma
forse non hai neanche un bicchiere di acqua fresca da offrire al
povero che ne ha bisogno. Pure in questo caso, la Parola di Dio ci
placa… « Pace in terra agli uomini di buona volontà » (Lc 2, 14).
Infatti, agli occhi di Dio la mano non è mai sprovvista di doni se
il segreto del cuore è ricolmo di buona volontà… Anche se non ho
niente di esteriore da offrirti, Dio mio, trovo tuttavia in me
stesso ciò che deporrò sull’altare a tua lode…
Ti compiaci delle offerte
del cuore.
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XXXIIA
settimana T.O. -
LODI Mercoledì
Dalle «Regole più ampie»,(Risp. 2, 2-4; PG 31, 914-915)
Cosa daremo
in cambio al Signore per tutto quello che ci dà?
di san Basilio
il Grande
Quale lingua potrebbe mettere nel
dovuto risalto i doni di Dio? Il loro numero infatti è così grande
da sfuggire a qualunque elenco. La loro grandezza, poi, è tale e
tanta, che già uno solo di essi dovrebbe stimolarci a ringraziarne
senza fine il donatore. Ma c'è un favore che, pur volendolo, non
potremo in nessun modo passare sotto silenzio. Non potrebbe infatti
essere ammissibile che una persona qualsiasi, fornita di mente sana
e capace di riflessione, non facesse parola alcuna, sia pure molto
al di sotto del dovere, dell'insigne beneficio divino, che stiamo
per ricordare. Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Lo
fornì di intelligenza e di ragione a differenza di tutti gli altri
viventi della terra. Gli diede la facoltà di deliziarsi della
stupenda bellezza del paradiso terrestre. E finalmente lo costituì
sovrano di tutte le cose del mondo. Dopo l'inganno del serpente, la
caduta nel peccato e, per il peccato, nella morte e nelle
tribolazioni, non abbandonò la creatura al suo destino. Le diede
invece in aiuto la legge, a protezione e custodia gli angeli e inviò
i profeti per correggere i vizi e insegnare la virtù. Con minacce di
castighi represse ed estirpò l'irruenza del male. Stimolò con le
promesse l'alacrità dei buoni.
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XXXIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Lc 17,
11-19
Prima regola,
23
Tornare a rendere gloria a Dio
San
Francesco d’Assisi nel tredicesimo secolo
Onnipotente,
santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore, re
del cielo e della terra,
per te stesso
ti rendiamo grazie,
perché per la
tua santa volontà,
e mediante il
Figlio tuo unico con lo Spirito Santo,
hai creato
tutte le cose, spirituali e corporali.
E noi, fatti a
tua immagine e somiglianza, hai posto in paradiso ;
e noi, per
colpa nostra, siamo caduti.
Ti rendiamo
grazie perché,
come tu ci hai
creati per mezzo del Figlio tuo,
così, nel
santo amore con cui ci hai amati,
hai fatto
nascere tuo Figlio, vero Dio e vero uomo,
dalla gloriosa
sempre Vergine Beatissima santa Maria,
e, mediante la
sua croce, il suo sangue e la sua morte,
hai voluto
riscattarci dalla nostra schiavitù.
E ti rendiamo
grazie perché lo stesso tuo Figlio
tornerà nella
gloria della sua maestà,
per mandare i
reprobi che hanno rifiutato di pentirsi e di riconoscerti,
nel fuoco
eterno
e per dire a
tutti coloro che ti conobbero,
adorarono e
servirono nella penitenza :
« Venite,
benedetti del Padre mio, entrate in possesso del
regno
preparato per voi fin dalla fondazione del mondo » (Mt 25, 34).
Noi tutti,
miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti ;
supplici, ti
preghiamo,
che il nostro
Signore Gesù Cristo,
il Figlio tuo
prediletto in cui ti sei compiaciuto,
con lo Spirito
Santo Paraclito,
ti renda
grazie, lui stesso, per tutto, come a te, e a lui, piace
lui che sempre
ti basta in tutto,
e per il quale
a noi hai fatto cose tanto grandi.
Alleluia !
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XXXIIA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Lc 17,
20-25
Sulla
preghiera, 25 ; PG 11, 495-499
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2228)
Il regno
di Dio è in mezzo a voi e dentro di voi
di
Origene nel terzo secolo
“Il
regno di Dio” secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, “non
viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui o
eccolo là. Il regno di Dio è in mezzo a voi”, poiché “assai vicina è
la sua parola, sulla nostra bocca e nel nostro cuore”
(Dt 30,14).
Perciò, senza dubbio, chi prega che venga il regno di Dio, prega in
realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo
compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima
dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che abita
in loro. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben
governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre
anche Cristo, secondo quell’affermazione: “Verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui”
(Gv 14,23).
Ma
questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere
giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma
l’apostolo del Cristo. Quando cioè “egli, dopo aver sottomesso tutti
i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto
i tutti” (1 Cor 15,28).
Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione
interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo.
Diciamo al nostro Padre che è in cielo: “Sia santificato il tuo
nome; venga il tuo regno” (Mt
6,9).
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XXXIIA
settimana T.O. -
Vespri
Giovedì
Lc 17,20-25
Sul Padre
nostro, 13-14; CSEL 3, 275-277
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 1310)
« Il regno
dei cieli è vicino »
di San Cipriano nel terzo
secolo
“Venga il tuo regno” (Mt
6,10). Domandiamo che venga a
noi il regno di Dio, così come chiediamo che sia santificato in noi
il suo nome. Ma ci può essere un tempo in cui Dio non regna? O
quando presso di lui può cominciare ciò che sempre fu e mai cessò di
esistere? Non è questo che chiediamo, ma piuttosto che venga il
nostro regno, quello che Dio ci ha promesso e che ci è stato
acquistato dal sangue e dalla passione di Cristo, perché noi che
prima siamo stati schiavi del mondo, possiamo in seguito regnare
sotto la signoria di Cristo. Così egli stesso promette, dicendo:
“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno
preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”
(Mt 25,34).
In
verità, fratelli carissimi, lo stesso Cristo può essere considerato
il regno di Dio, del quale ogni giorno chiediamo la venuta e di cui
desideriamo vedere al più presto l’arrivo per noi. Infatti, essendo
egli “la risurrezione “ (Gv
11,25) poiché in lui
risorgiamo, egli ancora può essere chiamato regno di Dio, giacché in
lui regneremo.
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XXXIIA
settimana T.O. -
LODI
Venerdì
Lc 17,
26-37
omelia
11 sul Cantico dei cantici
La venuta
del Regno di Dio
San Gregorio
Nisseno nel quarto secolo
Il
Signore ha fatto grandi raccomandazioni ai suoi discepoli perché il
loro spirito scuotesse come la polvere quanto vi è di terreno nella
natura e così giungesse al desiderio delle realtà soprannaturali ;
secondo una di queste raccomandazioni, coloro che si indirizzano
verso la vita di lassù devono essere più forti del sonno e tenere
sempre vigilante il loro spirito… Voglio parlare di quella
sonnolenza suscitata in coloro che si sono sprofondati nella
menzogna della vita a causa di quei sogni illusori che sono gli
onori, le ricchezze, il potere, il fasto, il fascino dei godimenti,
l’ambizione, la sete dei piaceri, la vanità e tutto ciò che
l’immaginazione porta gli uomini superficiali a perseguire
follemente. Queste sono tutte cose che passano con la natura
effimera del tempo ; appartengono alla sfera dell’apparire… ; appena
sembra che esistano già scompaiono, come le onde sul mare…
Perché il nostro spirito sia libero da queste illusioni, il Verbo ci
invita a scuotere dagli occhi della nostra anima questo sonno
profondo, affinché non scivoliamo lontani dalle realtà vere,
attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Per questo ci propone la
vigilanza dicendo : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le
lucerne accese » (Lc 12,35).
Infatti la luce, brillando davanti agli occhi, caccia il sonno, e i
fianchi stretti nella cintura impediscono al corpo di cedere ad
esso… Chi ha la temperanza come cintura vive nella luce di una
coscienza pura ; la fiducia filiale illumina la sua vita come una
lampada… Se vivremo in questo modo, entreremo in una vita simile a
quella degli angeli.
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XXXIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
Lc 17,
26-37
Regola,
Prologo, 8-22
Svégliati,
o tu che dormi
San
Benedetto nel sesto secolo
Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della
Scrittura che esclama: « E' ora di scuotersi dal sonno! »
(Rm 13, 11).
E
aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione
ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio: « Se oggi
udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore! »
(Sal 94, 8).
E ancora: « Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo
Spirito dice alle Chiese! »
(Ap 2, 7).
E che
dice? « Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore di Dio. »
(Sal 33, 12)
« Correte, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le
tenebre della morte »
(Gv 12, 35).
Quando
poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo:
« Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere
giorni felici? »
(Sal 333, 13).
Se a
queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: « Se vuoi avere
la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le
tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene,
cerca la pace e seguila »
(Sal
33, 14-15).
Se
agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie
ascolteranno le vostre preghiere, anzi, « prima ancora che mi
invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!" »
(Is 58,
9).
Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa
voce del Signore che ci chiama? Guardate come nella sua
misericordiosa bontà ci indica la via della vita! Armati dunque di
fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci
per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha
chiamati nel suo regno.
(1 Tes
2, 12).
Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo
regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso
la meta, operando il bene.
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XXXIIA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Discorsi
ascetici, 1a parte,
n° 21
Crea in
me, o Dio, un cuore puro
Sant’Isacco
Siriano nel settimo secolo
E stato detto
che solo l’aiuto di Dio salva. Chi sa di non avere più nessun
soccorso, prega molto. E quanto più prega, tanto più il suo cuore
diventa umile. Infatti uno non può pregare e chiedere, se non è
umile. « Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi »
(Sal 50,19).
Infatti, finché il cuore non si sarà fatto umile, gli sarà
impossibile sfuggire dalla dispersione ; l’umiltà raccoglie il
cuore.
Quando l’uomo si è fatto umile, subito viene circondato dalla
compassione e il suo cuore allora sente il soccorso divino. Scopre
una forza che sale dentro di lui, la forza cioè della fiducia.
Quando l’uomo sente così il soccorso di Dio, quando sente che egli è
presente e viene in suo aiuto, subito il suo cuore è colmo di fede,
e capisce allora che la preghiera è il rifugio del soccorso, la
fonte della salvezza, il tesoro della fiducia, il porto libero dalla
tempesta, la luce di coloro che sono nelle tenebre, il sostegno dei
deboli, il sollievo nel tempo delle prove, l’aiuto in mezzo alla
malattia, lo scudo che libera nelle lotte, la freccia lanciata
contro il nemico. In una parola, la moltitudine dei beni entra in
lui mediante la preghiera. Trova dunque le sue delizie ormai nella
preghiera della fede.
Il suo cuore risplende di
fiducia.
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XXXIIA
settimana T.O. -
Primi Vespri
Sabato
Il lavoro
nella vita del monaco
Di Teodoreto di
Cirro nel quinto secolo
Il monaco
Teodosio, ricordandosi della parola dell’Apostolo che dice:
“Lavorando giorno e notte, per non essere di peso a nessuno”(2Ts
3,8) e: “Queste mie mani hanno
provveduto alle necessità mie e di quelli che erano con me”(At
20, 34), lavorava lui stesso
ed esortava i suoi compagni a unire agli sforzi dell’anima quelli
del corpo: “Poiché – diceva- sarebbe assurdo che, mentre coloro che
sono coinvolti nella vita del mondo sopportano grandi sacrifici e
fatiche per nutrire mogli e figli, pagare imposte e tributi, offrire
a Dio le primizie e alleviare per quanto possono la miseria dei
mendicanti, noi non ci procurassimo il necessario con il nostro
lavoro – pur mangiando poco e in modo frugale e vestendoci con
semplicità – ma ce ne restassimo seduti, a braccia conserte,
sfruttando il lavoro degli altri”.
Con queste e altre parole simili, li esortava al lavoro, e da parte
sua, celebrando i normali uffici divini alle ore stabilite, dedicava
al lavoro il tempo intermedio.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
U.R. Domenica
Disorso
Guelferbytanus 16, 1; PLS 2, 579
« Signore
tu sai tutto ; tu sai che ti voglio bene »
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Il
Signore, dopo la sua risurrezione, si presenta di nuovo ai suoi
discepoli. Interroga l’apostolo Pietro, costringe a confessare il
suo amore, colui che, dalla paura, lo aveva rinnegato tre volte.
Cristo è risuscitato secondo la carne, e Pietro secondo lo spirito.
Così come Cristo è morto soffrendo, Pietro è morto rinnegando. Il
Signore Cristo, essendo risuscitato dai morti, ha risuscitato Pietro
grazie all’amore che egli nutriva per lui. Ha interrogato l’amore di
colui che ora lo confessava, e ha affidato a lui il suo gregge.
Quale
vantaggio procura a Cristo il fatto che Pietro lo ami ? Se Cristo ti
ama, il profitto è per te, non per Cristo. Se tu ami Cristo, il
profitto è ancora per te, non per lui. Tuttavia, il Signore volendo
mostrarci come occorra che gli uomini gli diano una prova del loro
amore, ce lo rivela chiaramente : amando le sue pecore.
« Simone di Giovanni, mi vuoi bene ? – ti voglio bene. – Pasci le
mie pecorelle. » E questo una volta, due volte, tre volte. Pietro
non dice altro che il suo amore. Il Signore non gli chiede altro
che il suo amore ; non gli affida altro che le sue pecore.
Amiamoci dunque gli uni
gli altri, e ameremo Cristo.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Domenica
Discorso per l’Ascensione, 2
Il Figlio
dell’uomo verrà a prenderci con lui
di San
Bernardo nel dodicesimo secolo
“Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà
un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”
(At 1,11).
Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci
in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da
tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi
e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo
in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima
volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le
anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo
cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso”
(Fil 3,21)
e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in
tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la
sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza
della nostra carne...
Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre
a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere,
nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte
eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato”
(Fil 2,9).
L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche
tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con
lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà
esaltato” (Lc 14,11).
Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo
seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo
venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita”
(Gv 14,6).
La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita
perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna;
noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il
Figlio del Dio vivente” (Gv
6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più
alto di ogni cosa, benedetto in eterno.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
LODI Martedì
Lc 19,1-10
Tutta la mia
speranza è risposta nella tua grande misericordia
di San Agostino nel quinto secolo
Dove ti ho
trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia
memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per
conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per
nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero,
ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o
Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e
contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più
diverse.
Tu rispondi con
chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti
interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto
cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di
sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello
che ha udito da te. Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così
nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì
cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai
creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da
te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi
hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato
bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso
la tua fragranza, io l'ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho
assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente
alla tua pace.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
Vespri
Martedì
Lc 19, 1-10
Lo
specchio della beatitudine eterna
« Oggi devo
fermarmi a casa tua »
Beato Jan
Ruysbroeck nel quattordicesimo secolo
Assomigliano a Zaccheo coloro che desiderano vedere Gesù per sapere
chi egli sia, ma poiché questo non può essere afferrato da nessuna
ragione né luce naturale, sono troppo piccoli di statura. Corrono
dunque davanti alla folla e alla mischia. Con la fede e l’amore
salgono sui loro pensieri, dove lo spirito è libero da ogni immagine
e da ogni intralcio: là vedono Gesù, lo riconoscono e lo amano nella
sua divinità. Infatti egli è sempre presente agli spiriti liberi e
alti che, a motivo del loro amore, sono stati elevati al di là di sè
stessi. Là egli trabocca in una pienezza di doni e di grazie.
Tuttavia dice ad ognuno di essi: “Scendi subito, perché la libertà
dello spirito può mantenersi elevata soltanto grazie ad uno spirito
di umile ubbidienza. Infatti occorre che tu mi conosca e mi ami in
quanto Dio e in quanto uomo, nello stesso tempo esaltato al di sopra
di tutto e abbassato al di sotto di tutto. In questo modo
assaporerai la mia presenza, quando io ti innalzerò al di sopra di
tutto e al di sopra di te stesso, in me, e quando tu ti abbasserai
al di sotto di tutto e al di sotto di te stesso, con me e per me.
Dovrò allora fermarmi a casa tua, starvi e dimorarvi con te e in te,
e tu con me e in me.”
Quando
un uomo conosce questo, lo assapora e lo sperimenta, scende in
fretta, ritenendosi un nulla, e dicendo con un cuore umile, deluso
della sua vita e di tutte le sue opere: “Signore, non sono degno,
anzi sono indegno, che entri sotto il mio tetto
(Mt 8, 8),
nella dimora peccatrice del mio corpo e della mia anima, il tuo
corpo glorioso nel Santissimo Sacramento. Ma tu, Signore, mostrami
la tua grazia e abbi pietà della mia povera vita e di tutte le sue
debolezze.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
LODI mercoledì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Lavoro" - § 24
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XXXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Lc 19,
11-28
Colloqui
con Motovilov
I
doni di Dio da far fruttificare
San
Serafino di Sarov nel diciottesimo secolo
Il
vero scopo della nostra vita cristiana consiste nell’acquisizione
dello Spirito Santo; la preghiera, le veglie, il digiuno,
l’elemosina e le altre opere virtuose fatte nel nome di Cristo non
sono altro che i mezzi per acquistarlo... Sapete come fare per
acquistare il denaro? Per lo Spirito Santo, è lo stesso.
Per
la gente, lo scopo della vita consiste nell’acquisizione del denaro,
nel guadagno. I nobili, oltre a questo, desiderano ottenere degli
onori, dei segni di riconoscimento e altre ricompense concesse in
cambio di servizi resi allo Stato. Anche l’acquisizione dello
Spirito Santo è un capitale, però un capitale eterno, fonte di
grazie, simile ai capitali temporali, e che si ottiene con gli
stessi procedimenti. Il nostro Signore Gesù Cristo, l’uomo Dio,
paragona la nostra vita ad un mercato, e la nostra attività sulla
terra ad un commercio. Raccomanda a tutti noi: “Impiegatele fino al
mio ritorno”, e san Paolo scrive: “traete profitto dal tempo
presente, perché i giorni sono cattivi” (Ef 5,16) cioè:
Affrettatevi ad ottenere i beni celesti negoziando delle merci
terrene. Queste merci terrene non sono altro che le opere virtuose
che facciamo nel nome di Cristo e ci portano la grazia dello Spirito
Santo.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
LODI Giovedì
Lc 19, 41-44
“Il
pentimento è desiderato dal Signore”
di San Clemente
Primo nel secondo secolo
Siamo sulla stessa arena e uno stesso
combattimento ci attende. Lasciamo i vani ed inutili pensieri e
seguiamo la norma gloriosa e veneranda della nostra tradizione.
Vediamo ciò che è bello, ciò che è piacevole e gradito davanti a chi
ci ha creato. Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e consideriamo
quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza
portò al mondo la grazia del pentimento. Scorriamo tutte le
generazioni e notiamo che di generazione in generazione il maestro
“diede luogo al pentimento” per tutti quelli che volevano a lui
rivolgersi.
I
ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo
dello Spirito Santo. Anche il Signore di tutte le cose parlò del
pentimento col giuramento: “Io vivo - dice il Signore - e non
voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Lc 19,
41-44
Omelie
su Luca,
38, PG
13, 1896-1898
« Alla
vista della città, Gesù pianse su di essa
»
Origene
nel terzo secolo
Quando il nostro Signore e Salvatore fu vicino a Gerusalemme, alla
sua vista, pianse su di essa : « Se avessi compreso anche tu, in
questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi
occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di
trincee »… Forse qualcuno dirà : « Il senso di queste parole è
chiaro ; difatti, si sono realizzate riguardo a Gerusalemme ;
l’esercito romano l’ha assediata e devastata fino allo sterminio, e
verrà il tempo in cui non resterà pietra su pietra che non venga
distrutta. »
Non
nego che Gerusalemme sia stata distrutta a causa del suo
accecamento, eppure faccio la domanda : questi pianti non
riguardavano forse la nostra Gerusalemme ? Infatti la Gerusalemme
sulla quale Gesù pianse, siamo noi, che immaginiamo di avere uno
sguardo così penetrante. Se, una volta istruito dai misteri della
verità, dopo aver ricevuto la parola del vangelo e l’insegnamento
della Chiesa e quando gli è stato data la visione dei misteri di
Dio, uno fra di noi pecca, provocherà lamenti e pianti ; infatti non
si piange sui pagani, bensì su colui che, dopo aver fatto parte di
Gerusalemme, se ne è separato.
Lacrime sono versate sulla nostra Gerusalemme perché a causa dei
suoi peccati, « i nemici la cingeranno », cioè le forze avverse, gli
spiriti cattivi. Alzeranno contro di essa trincee ; la assedieranno,
e non lasceranno « pietra su pietra ». Questo succede quando, dopo
una lunga continenza e più anni di castità, un uomo soccombe, vinto
dalle seduzioni della carne… Ecco dunque la Gerusalemme sulla quale
sono sparse le lacrime.
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XXXIIIA
settimana T.O. - LODI
Venerdì
Lc 19,
45-48
Lettera
agli Efesini, 3-4, 9
(In
l'Ora dell'Ascolto p. 1735, 1744, 1750)
Sta
scritto : ‘La mia casa sarà casa di preghiera’
Sant’Ignazio
d’Antiochia nel secondo secolo
Vi
esorto a fare tutti uniti la volontà di Dio, perché anche Gesù
Cristo agisce in tutto secondo il volere del Padre… Allo stesso
modo, i vescovi, insediati fino ai confini della terra agiscono
secondo il volere di Gesù Cristo. Per cui è giusto che voi seguiate
le disposizioni dei vescovi, che vi guidano secondo Dio : ma questo
lo fate già, istruiti con sapienza dallo Spirito Santo. Infatti il
vostro collegio dei presbiteri, degno di essere nominato e della
lode di Dio, è così unito al vescovo come le corde alla cetra ;
perciò la vostra concordia è mutua dilezione è come un inno il cui
maestro è Gesù Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro.
Nell’armonia della concordia e all’unisono con il tono di Dio, a una
voce inneggiate al Padre e al suo dilettissimo Figlio Gesù Cristo…
Ci ha
liberati Gesù Cristo, fondandoci sulla roccia come pietre scelte
destinate al tempio di Dio Padre, elevate in alto da Cristo per noi
crocifisso ; confortati dallo Spirito Santo e introdotti nella fede,
siamo innalzati dalla terra al cielo per mezzo dell’amore, per una
strada pura da ogni macchia… Beati dunque siete voi, tempio di Dio e
dello Spirito Santo, adorni di tutte le ricchezze, secondo le parole
di Gesù Cristo… Mi rallegro perciò per voi, perché non dirigete il
cuore alle cose vane, né amate le opere della carne, ma le opere che
sono secondo Dio.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
VESPRI Venerdì
Lc 19, 45-48
Omelia 1 su
Mt 21,12
I venditori
del Tempio
Meister
Eckhart nel quattordicesimo secolo
“Portate via queste cose!” disse Gesù ai venditori
(Gv 2,16).
Sono “venditori del Tempio” coloro a cui piacerebbe essere gente
perbene, guardandosi dai peccati più grossolani, coloro che fanno
opere buone, ma allo scopo che il nostro Signore dia loro qualcosa
in cambio. Vogliono che Dio renda loro in cambio ciò che piace a
loro; vogliono mercanteggiare con il Signore. Ma, è sbagliato
cercare di fare questo commercio. Infatti anche se dessero tutto
quanto è in loro possesso, anche se sacrificassero tutto per Dio, il
Signore non sarebbe tenuto a dare o a fare qualcosa a meno che egli
non lo voglia gratuitamente, spontaneamente. Ciò che essi sono, lo
sono grazie a Dio; ciò che hanno, lo hanno ricevuto da Dio, e non da
se stessi...
D’altrove, come potrebbero agire di propria iniziativa, quando Gesù
ci dice: “Senza di me non potete fare nulla”
(Gv 15,5);
è proprio insensato volere commerciare con Gesù, corrisponde a non
sapere nulla della verità. Per questo il nostro Signore caccia i
venditori dal Tempio. La luce e le tenebre non possono abitare
insieme; ora Dio è luce, è verità e luce in se stesso. (...)
Dio
infatti non cerca il suo bene; in tutto caccia l’ignoranza; la
Verità non sopporta alcun altro spirito, egli è sgombro e libero,
egli fa tutto per amore. In questo modo agisce l’uomo unito a Dio;
anche lui è, per la grazia di Cristo, sgombro e libero in tutti i
suoi atti; li fa solo per l’onore di Dio e non per il proprio
interesse – o piuttosto, li compie in lui. Se dunque vuoi essere
totalmente sgombro dal mercantilismo spirituale, fa’ tutto per la
lode di Dio, senza domandare nulla in cambio. Allora le tue opere
sono spirituali, divine; solo Dio le abita, è l’unico sul tuo
orizzonte.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
LODI Sabato
Maria,
cielo nuovo e terra nuova
Di Nicola
Cabasilas nel quattordicesimo secolo
La Vergine ha creato un cielo nuovo e una terra nuova, o piuttosto è
lei stessa il cielo nuovo e la terra nuova; è terra poiché da essa
proviene, nuova perché in nessun modo è simile ai suoi progenitori,
né ha ereditato il lievito vecchio, poiché lei stessa, secondo
l’espressione di Paolo, è divenuta la nuova pasta e inaugura un
nuovo genere umano. Chi può ignorare che essa è cielo? Un cielo
nuovo, perché è lontana da ogni stato di vecchiaia, perché è
incomparabilmente superiore a ogni corruzione; lei sola ha trasceso
il tempo perché è stata data agli uomini in questi giorni, che sono
gli ultimi, secondo la promessa divina annunciata da Isaia: “Vi darò
un cielo nuovo e une terra nuova”.
Se vuoi, la Vergine è anche une terra e un cielo sublimi e
meravigliosi, perché si è innalzata al di sopra della terra e ha
trasceso il cielo sia in grandezza che in purezza. In grandezza,
perché ha contenuto colui che il cielo non poteva contenere; in
purezza, perché grazie e lei nulla impedisce agli uomini di godere
di quei misteri che non potevano contemplare senza che i cieli si
squarciassero e si aprissero. La Vergine è guida per tutti coloro
che si innalzano a Dio.
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XXXIIIA
settimana T.O. -
PRIMI VESPRI sabato
Lettera
Enciclica Quas Primas, 1925
« Principe
della pace » (Is 9,5)
del
Papa Pio XI nel ventesimo secolo
Se gli uomini privatamente e in pubblico avranno
riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente evidenti
benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica
concordia pervaderanno l'intero consorzio umano… Che se i principi
e i magistrati legittimi saranno persuasi che si comanda non tanto
per diritto proprio quanto per mandato del Re divino, si comprende
facilmente quale uso santo e sapiente essi faranno della loro
autorità, e quale interesse del bene comune e della dignità dei
sudditi prenderanno nel fare le leggi e nell'esigerne l'esecuzione.
Per
quello poi che si riferisce alla concordia e alla pace, è manifesto
che quanto più vasto è il regno e più largamente abbraccia il genere
umano, tanto più gli uomini diventano consapevoli di quel vincolo di
fratellanza che li unisce. E questa consapevolezza come allontana e
dissipa i frequenti conflitti, così ne addolcisce e ne diminuisce le
amarezze. E se il regno di Cristo, come di diritto abbraccia tutti
gli uomini, anche di fatto veramente li abbracciasse, perché
dovremmo disperare di quella pace che il Re pacifico portò in terra,
quel Re diciamo che venne « per riconciliare tutte le cose »
(Col
1,20),
che non venne « per farsi servire, ma per servire gli altri »
(Mt
20,28)
e che, pur essendo il « Signore di tutti »
(Ef
1,10),
si fece esempio di umiltà, e questa virtù principalmente inculcò
insieme con la carità e disse inoltre: « II mio giogo è soave e il
mio peso leggero » ?
(Mt
11,30)
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XXXIVA
settimana T.O. -
UR
Domenica
- Cristo Re
Omelia sul
vangelo di Giovanni, 115
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Il mio
regno non è di questo mondo »
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Ascoltate dunque, Giudei e gentili… ; ascoltate, regni tutti della
terra: Io non intralcio la vostra sovranità in questo mondo: « Il
mio regno non è di questo mondo »
(Gv 18,36).
Non lasciatevi prendere dall'assurdo timore di Erode che, alla
notizia della nascita di Cristo, si allarmò… « Il mio regno - dice
il Signore - non è di questo mondo. » Venite nel regno che non è di
questo mondo; venite credendo, e non vogliate diventare crudeli per
paura. E' vero che in una profezia, Cristo, riferendosi a Dio Padre,
dice: « Da lui io sono stato costituito re sopra Sion, il suo monte
santo » (Sal 2, 6),
ma questo monte e quella Sion, di cui parla, non sono di questo
mondo.
Quale è
infatti il suo regno se non i credenti in lui, a proposito dei quali
dice: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo »? anche
se egli voleva che essi rimanessero nel mondo, e per questo chiese
al Padre: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li
custodisca dal male ». Ecco perché anche qui non dice: « Il mio
regno non è in questo mondo », ma dice: « Il mio regno non è di
questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi
combatterebbero per me, affinché non fossi consegnato »
(Gv 18,36).
Il suo regno
infatti è quaggiù fino alla fine dei secoli, portando mescolata nel
suo grembo la zizzania fino al momento della mietitura
(Mt 13,24s)...
Tuttavia, esso non è di quaggiù, perché è peregrinante nel mondo. E'
precisamente agli appartenenti al suo regno che egli si riferisce
quando dice: « Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal
mondo » (Gv 15,19).
Erano dunque del mondo, quando ancora non facevano parte del suo
regno, e appartenevano al principe del mondo
(Gv 12,3).
E' quindi del mondo tutto ciò che è stato generato dalla stirpe
corrotta di Adamo; è diventato però regno di Dio, e non è più di
questo mondo, tutto ciò che in Cristo è stato rigenerato. E' in
questo modo che « Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre e ci
ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo »
(Col 1,13).
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XXXIVA
settimana T.O. -
Vespri Domenica - Solennita di
Cristo Re
Il Cammino di
perfezione, 22
« Il mio
regno non è di questo mondo »
di
Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo
Sei
re per l’eternità, o mio Dio ; e il tuo regno non è un regno a
prestito. Quando diciamo nel Credo che « il tuo regno non avrà
fine », è raro che il mio cuore non ne provi una gioia tutta
particolare. Ti lodo, Signore, ti benedico per sempre ! Infine, il
tuo regno durerà in eterno. Non tollerare, Maestro mio, che quando
ti si rivolge la parola, si creda che sia permesso di farlo solo con
le labbra… È chiaro che non si avvicina un principe con la stessa
naturalezza che si avrebbe con un paesano, o con delle povere donne
come noi, con cui è sempre lecito discorrere senza complimenti.
Nella
mia semplicità, non so come parlare a quel divino Re. Ma la sua
umiltà è così grande che egli non manca di ascoltarmi e mi permette
di avvicinarmi a lui. Non mi respingono neanche i suoi custodi,
poiché gli angeli che lo circondano conoscono i gusti del loro Re :
sanno che la semplicità di un piccolo, totalmente umile, che ne
direbbe di più – il Re lo vede bene – se ne sapesse di più, gli è
più gradevole di tutti i ragionamenti scelti dei più dotti e dei più
sapienti, quando manca loro l’umiltà.
Tuttavia, se il nostro Re è buono, questo non è un buon motivo per
noi per essere scortesi. E se fosse anche solamente per compensarlo
dal fetore causato dall’approssimarsi di una persona quale sono io,
è giusto che facciamo di tutto per conoscere bene la sua nobiltà e
la sua grandezza. In verità, basta avvicinarsi a lui per esserne
istruite… Se, figlie mie, avvicinandovi a lui, riflettete e vi
domandate con chi state per parlare, o con chi già state parlando,
mille vite come le nostre non basterebbero per concepire quanti
riguardi merita un tale Signore, davanti al quale gli angeli
tremano, lui che comanda a tutto, che può tutto e per il quale
volere è fare.
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XXXIVA
settimana T.O. -
LODI martedì
Istruzione
catechetica, 29-30
Lc 21, 5-11
« Odiati da
tutti »
di San
Gregorio Nisseno nel quarto secolo
Se il
dono fatto da Dio al mondo di inviargli il Figlio suo è tanto buono
e degno di Dio, perché egli ha tanto differito questo suo
beneficio ? Perché, mentre il male nel mondo era ancora ai suoi
primordi, Dio non ha impedito il suo sviluppo ulteriore ? Conviene
rispondere brevemente a questa obiezione, che è stata proprio la
Saggezza, la previdenza di Dio, l’Essere buono per natura, ad avere
fatto differire il beneficio. Infatti, come per le malattie fisiche
i medici aspettano che il male, prima nascosto nel corpo, si
manifesti apertamente, in modo che, una volta allo scoperto, essi
possano applicare la cura che occorre, così, abbattutasi la malattia
del peccato sulla razza umana, il Medico dell’universo aspettò
finché nessuna forma di perversità rimanesse dissimulata.
Perciò, non subito dopo la gelosia di Caino e l’omicidio di Abele,
suo fratello, Dio ha applicato la sua cura al mondo… Ma soltanto
quando il vizio giunse al suo culmine, quando gli uomini osarono
assolutamente tutte le perversità, Dio si mise a curare la malattia,
non più al suo inizio, ma nel suo pieno sviluppo. E così la cura
divina si è potuta estendere a tutta l’infermità umana.
Ma
allora, perché la grazia del vangelo non si è diffusa subito a tutti
gli uomini ? Certo, la chiamata divina si rivolge ugualmente a
tutti, senza alcuna distinzione di condizione, di età o di razza… Ma
colui che tiene nelle sue mani la libera disposizione di ogni cosa
ha spinto fino in fondo il suo rispetto per l’uomo. Ha permesso che
avessimo, ciascuno, il nostro campo di cui ognuno è l’unico
padrone : cioè la volontà, quella facoltà che ignora la schiavitù,
che rimane libera, fondata sull’autonomia della ragione. La fede
dunque è messa a libera disposizione di coloro che ricevono
l’annuncio del vangelo.
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XXXIVA
settimana T.O. - VESPRI
Martedì
Lc 21 ,5-11
RIEDIFICARE GERUSALEMME SULLA ROCCIA DI
SION
di Giorgio La
Pira
Sull’orizzonte del
tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. C’è
una “terra promessa” al termine della navigazione faticosa della
storia dell’uomo. I secoli e le generazioni nel loro corso storico,
edificano, preparandola per il Cielo, la Città di Dio: edificano,
preparando la Gerusalemme celeste.
Certo: a vedere le cose alla superficie, questa epoca nostra – che
porta al limite le sue capacità tecniche e le sue iniziative
terrestri e che sembra sradicata nella terra profonda dalla grazie
della preghiera – appare veramente come “epoca di esilio” pei valori
supremi del Cristianesimo.
Eppure: non è forse proprio in terra d’esilio, mentre le cetre
sospese sui salici di Babilonia (Sl 136), che rifiorisce nell’anima
di Israele prigioniero la bellezza misteriosa di Gerusalemme lontana
e distrutta?
Non
bisogna aver paura di dirlo: la civiltà cristiana e la città
cristiana sono essenzialmente civiltà monastica - città monastica
nel senso che, come nel monastero, anche in esse – in ultima
analisi - tutti i valori hanno una orientazione unica e una unica
finalità: Dio amato, contemplato, incessantemente lodato!
Quale
è, infatti, la crisi odierna – acuitasi in questi ultimi due secoli
– della civiltà cristiana, della città cristiana, e della intera
civiltà umana? La perdita di questo “sigillo” monastico, di questo
metro monastico: disancoraggio cioè, della civiltà e della città
della contemplazione e dalla liturgia dei Dio! La città staccata dal
suo tempio: Gerusalemme non più centrata e difesa dalla cittadella
di Sion.
Come
riparare? E’ così chiaro anche se così estremamente difficile e
complesso: ridimensionare civiltà e città; rimisurarle col solo
metro valido capace di conferire alle cose dell’uomo la bellezza, la
solidità e la luminosità delle cose di Dio.
Rimisurare col metro “monastico”: riedificare Gerusalemme sulla
roccia di Sion!
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XXXIVA
settimana T.O. -
LODI
Mercoledì
Lc 21,
12-19
(380),
raccolta canonica e liturgica
Ripresa
della Didascalia degli apostoli, testo dall’inizio del 3° secolo
cfr. SC
329
« Nemmeno
un capello del vostro capo perirà »
dalle
Costituzioni apostoliche nel terzo secolo
Se
siamo chiamati al martirio, dobbiamo confessare con costanza il
prezioso Nome, e se per questo motivo siamo castigati, rallegriamoci
perché corriamo verso l’immortalità. Se siamo perseguitati, non
rattristiamoci, “non preferiamo il secolo presente”, né “la gloria
che viene dagli uomini” (2 Tm
4,10; Rm 2,29), né la gloria
e l’onore dei principi, come fecero certi. Ammiravano le opere del
Signore ma non credevano in lui, per timore dei sommi sacerdoti e
degli altri capi; infatti “amavano la gloria degli uomini più della
gloria di Dio” (Gv 12,43).
Nel confessare “la bella professione di fede”
(1Tm 6,12),
non soltanto assicuriamo la nostra salvezza, ma anche rafforziamo i
nuovi battezzati e consolidiamo la fede dei catecumeni...
Chiunque è stato ritenuto degno del martirio, si rallegri di imitare
il maestro, poiché sta scritto: “Ognuno sia come il suo maestro”
(Lc 6,40).
Ora il nostro maestro, Gesù, il Signore, è stato colpito a causa
nostra, ha sopportato pazientemente calunnie e oltraggi, è stato
coperto di sputi, schiaffeggiato, pestato; dopo esser stato
flagellato, è stato inchiodato sulla croce, gli hanno fatto bere
l’aceto e il fiele, e dopo aver compiuto tutte le Scritture, ha
detto a Dio suo Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio
spirito” (Lc 23,48).
Perciò chiunque chiede di essere suo discepolo, cerchi di lottare
come lui, imiti la sua pazienza, sapendo bene che..., qualunque cosa
egli sopporti, sarà ricompensato da Dio se crede all’unico e solo
vero Dio.
Infatti, il Dio onnipotente ci risusciterà per mezzo del nostro
Signore Gesù Cristo, secondo la sua promessa infallibile, insieme
con tutti coloro che sono morti fin dall’inizio... Anche se moriamo
in mare, anche se siamo dispersi nella terra, anche se siamo
lacerati dalle bestie feroci o dai rapaci, egli ci risusciterà con
la sua potenza, perché l’universo intero è tenuto nella mano di Dio:
“Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Per questo ci esorta
con queste parole: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre
anime”.
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XXXIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Mercoledì
Lc 21, 12-19
pensieri
sull’amore di Dio, cap. 3, 4-6 LN/C
Mettetevi
bene in mente di non preparare prima la vostra difesa
di Santa
Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo
O amore potente
del mio Dio! Quanto è vero che nulla è impossibile a colui che ama.
Beato chi gode di una tale pace nel suo Dio, che domina ogni
sofferenza e ogni pericolo del mondo. Non ne teme nessuno, purché si
tratti di servire tale Maestro, e ha ragione... Mi viene un pensiero
a proposito delle persone per natura timorose e poco coraggiose...
Anche quando sono state elevate in quello stato di cui sto parlando,
la loro natura debole si spaventa. Occorre allora stare attente,
perché tale debolezza naturale potrebbe farci perdere una corona
magnifica. Quando sentirete, figlie mie, questi attacchi del timore,
ricorrete alla fede e all'umiltà; e, rafforzate dalla convinzione
che nulla è impossibile a Dio
(Lc 1,37), affrontate la
vostra impresa. Egli ha potuto fortificare tante giovani sante
rendendole capaci di sopportare tutti i tormenti che esse si erano
disposte a sopportare per lui!
Quello
che egli domanda è una determinazione che lo renda padrone del
nostro libero arbitrio. Infatti non ha bisogno dei nostri sforzi.
Invece il nostro Signore si compiace nel fare risplendere le sue
meraviglie nelle sue creature più deboli, perché può allora spiegare
più liberamente il suo potere e soddisfare il suo desiderio di
concederci i suoi benefici.
Lasciate da parte le obiezioni della ragione e disprezzate la vostra
debolezza. Essa infatti non farebbe altro se non crescere se vi
fermaste a riflettere se riuscirete, sì o no... Non è il momento di
pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte. Questa umiltà è
allora inopportuna, è proprio fuori luogo... Siate sicure che il
Signore non abbandona mai coloro che lo amano e si espongono per lui
solo.
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XXXIVA
settimana T.O. -
LODI
Giovedì
Catechesi,
15
« Segni
grandi dal cielo »
di San
Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo
“Il
Signore verrà dal cielo sulle nubi, come vi è salito sulle nubi”
(At 1,9).
Lo disse egli stesso: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle
nubi del cielo con potenza e gloria grande”
(Mt 24,30).
Ma quale segno della venuta del Signore sarà tale da impedire alla
tracotanza della potenza avversa di scimmiottarlo? La croce, vero e
proprio distintivo del Cristo. Secondo sta scritto, “allora apparirà
il segno del Figlio dell’uomo”
(Mt 24,30).
Il segno distintivo del Cristo è veramente la croce. Il segno di una
croce luminosa precederà il Re, perché riconoscano chi hanno
crocifisso, insidiato e angariato, e tutte le tribù battendosi il
petto dicano: “Ecco chi abbiamo schiaffeggiato, quel volto che
abbiamo coperto di sputi, colui che abbiamo legato e oltraggiato
fino a infliggergli l’ignominia della croce”. Diranno: “Dove avremo
scampo davanti alla tua ira?”
(Ap 6,16).
“Anche se avessimo a difesa schiere di angeli, non sapremmo dove
trovare rifugio dal tuo cospetto”.
Il
segno della croce terrorizzerà i nemici di Cristo! Sarà invece fonte
di gioia per i credenti suoi amici e araldi che per lui avranno
patito. Ma a chi toccherà allora questa beatitudine di essere
trovato amico di Cristo? Perché i suoi eletti non vadano confusi con
i suoi nemici, infatti, il re glorioso assiso sullo stesso trono del
Padre tra schiere di angeli no trascurerà i suoi servi: “Manderà i
suoi angeli con una grande tromba a radunare tutti i suoi eletti dai
quattro venti” (Mt 24,31).
Colui che non disdegnò di prendersi cura di un solo giusto, Lot,
potrà disinteressarsi di tanti giusti? Li farà chiamare a raccolta
dagli angeli e fattili venire su carri di nubi, dirà loro: “Venite,
benedetti dal Padre mio” (Mt
25,34).
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XXXIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Giovedì
Lc 21,
20-28
Discorso
per l’Ascensione, 2
Il Figlio
dell’uomo verrà a prenderci con lui
di San
Bernardo nel dodicesimo secolo
“Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà
un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”
(At 1,11).
Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci
in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da
tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi
e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo
in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima
volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le
anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo
cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso”
(Fil 3,21)
e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in
tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la
sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza
della nostra carne...
Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre
a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere,
nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte
eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato”
(Fil 2,9).
L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche
tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con
lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà
esaltato” (Lc 14,11).
Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo
seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo
venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita”
(Gv 14,6).
La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita
perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna;
noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il
Figlio del Dio vivente” (Gv
6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più
alto di ogni cosa, benedetto in eterno.
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XXXIVA
settimana T.O. -
LODI venerdì
LIBRO di VITA
di GERUSALEMME
Capitolo
“Monaci e monache” § 64
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XXXIVA
settimana T.O. -
VESPRI
Venerdì
Esposizione
sui salmi, Sal 95, §14
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Alzatevi e
levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina »
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
"Esulteranno
allora tutte le piante dei boschi, alla presenza del Signore, poiché
egli viene: viene a giudicare la terra"
(Sal 95, 12).
È venuto una prima volta e verrà ancora. La prima volta è venuto con
la sua presenza nella Chiesa e a portarlo erano le nubi
(Mt 26, 64).
E quali sono le nubi che l'hanno portato? Gli Apostoli, che ci hanno
recato il messaggio evangelico… È venuto una prima volta per bocca
dei suoi evangelizzatori e ha riempito l'universo. Non opponiamo
resistenza alla sua prima venuta, per non dover temere nella
seconda…
Cosa farà,
allora, il cristiano? Si servirà del mondo, ma non diverrà schiavo
del mondo. Cosa significa? Pur avendo le cose, si comporterà come se
non le avesse. Così dice l'Apostolo; … "Quanto al resto, fratelli,
il tempo è breve… coloro che comprano, siano come se non
conservassero avidamente; e coloro che usano delle cose del mondo,
come se non ne usassero. Passa, infatti, la figura di questo mondo,
e io vorrei che voi foste senza preoccupazioni
(1Cor 7,29-30):
Chi non ha preoccupazioni aspetta sereno la venuta del Signore.
Difatti, che sorta di amore abbiamo per Cristo se temiamo che venga?
E non ce ne vergogniamo, fratelli? Noi l'amiamo ed abbiamo paura che
venga. Ma l'amiamo per davvero? O non amiamo, per caso, più che non
Cristo i nostri peccati? Ebbene, odiamo i peccati, e amiamo colui
che verrà …
"Allora
esulteranno tutte le piante dei boschi dinanzi al volto del Signore,
poiché egli viene"… È venuto una prima volta: verrà in seguito a
giudicare la terra, e troverà colmi di gioia coloro che hanno
creduto alla sua prima venuta.
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XXXIVA
settimana T.O. -
LODI
Sabato
Paragrafi
10 e 16
« Vegliate,
perché non sapete il giorno »
dalla Didaché
nel secondo secolo
Una
volta saziati dell’Eucarestia, ringraziate così : Ti rendiamo
grazie, o Padre Santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare
nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che
ci rivelasti per mezzo di Gesù, tuo Servo. A te la gloria per i
secoli. Amen !…Sopra ogni cosa, ti rendiamo grazie, perché sei
onnipotente : A te la gloria per i secoli. Amen ! Ricordati, o
Signore, della tua Chiesa, preservala da ogni male e rendila
perfetta nel tuo amore, e santificata, dai quattro venti riuniscila
nel tuo regno che per essa hai preparato. Poiché tua è la potenza e
la gloria per i secoli. Amen. Venga la tua grazia e passi questo
mondo. Amen ! Chi è santo si avvicini ; chi non lo è si converta.
Maranà thà. Amen…
Sì,
vegliate sulla vostra vita ; non lasciate che si spengano le vostre
lampade, neppure che si sciolgano le cinture dai vostri fianchi.
State pronti, perché non sapete l’ora in cui il nostro Signore
verrà. Radunatevi frequentemente per cercare insieme ciò che
conviene alle vostre anime. Perché tutto il tempo della vostra fede
non vi servirà a niente, se nell’ultimo momento, non sarete divenuti
perfetti.
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XXXIVA
settimana T.O. - PRIMI
VESPRI sabato
ANDIAMO INCONTRO AL NOSTRO SIGNORE
del Beato
Guerrico nel dodicesimo secolo
Si levi dunque
il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro al suo
Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora sta
venendo da lontano: Vieni o Signore, “salvami e io sarò salvato”
(Ger 17,14); vieni, “fa’ risplendere il tuo volto, e noi saremo
salvi” (Sal 79,4). “In te speriamo: sii la nostra salvezza
nel tempo dell’angoscia” (Is33,2).
Penso che
l’esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli incontro si
riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche alla prima. In
che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo incontro
esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo andargli
incontro con l’amore e l’esultanza del cuore.
E certamente,
a seconda del merito e dell’amore, tale visita del Signore in ogni
anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra la prima e
l’ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima e ci prepara
all’ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana per noi la
sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi nella
seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità
superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò
venendo la prima volta; e lo fa per poi “trasfigurare il nostro
misero corpo e confermarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21),
che ci manifesterà al suo ritorno.
Noi
però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime
esperienza: perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del
Signore, ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che
con gioia possa dire fedelmente, con Paolo: “So a chi ho creduto, e
son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a
quel giorno” (Tm 1,12), cioè alla “manifestazione della
gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tm 2,13),
al quale sia gloria nei secoli eterni, Amen.
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