Biblioteca digitale

delle Fraternità

di Gerusalemme

di Firenze

                                                                                            

Le Letture Patristiche

TEMPO ORDINARIO

anno liturgico "B"

 

Le letture patristiche sono fornite dalle Sorelle delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme di Firenze, che con affetto  ringraziamo!

In alcune occasioni potrebbero differire da quelle effettivamente lette durante la Liturgia in Badia.

 

 

IA settimana Tempo Ordinario - Battesimo del Signore - Domenica - LODI

 

Omelie per l’Epifania, 34 ; CCL 9A, 156-157

 

 

 

Dal battesimo del Signore al nostro battesimo

 San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

 

 

         Quale grande mistero nel battesimo del nostro Signore e Salvatore! Il Padre si fa sentire dall’alto del cielo, il Figlio si fa vedere sulla terra, lo Spirito si mostra sotto la forma di una colomba. Non c’è infatti vero battesimo né vera remissione dei peccati, dove non c’è la verità della Trinità... Il battesimo dato dalla Chiesa è unico e vero, è dato una sola volta e, nell’esservi immersi una volta, siamo purificati e rinnovati. Purificati, per aver deposto la sozzura dei peccati; rinnovati perché risorgiamo per una vita nuova, dopo esserci spogliati del vecchiume del peccato.

 

         Quindi al battesimo del Signore i cieli si sono aperti affinché, per il lavacro della nuova nascita, scoprissimo che i regni dei cieli sono aperti ai credenti, secondo questa parola del Signore: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio”(Gv 3,5). È dunque entrato, colui che rinasce e non ha trascurato di preservare il suo battesimo...

 

         Poiché il nostro Signore è venuto a  dare il battesimo nuovo per la salvezza del genere umano e la remissione di tutti i peccati, egli ha voluto essere battezzato per primo, non però per spogliarsi del peccato, poiché non aveva commesso peccato, ma per santificare le acque del battesimo per distruggere i peccati di tutti i credenti che sarebbero rinati mediante il battesimo.

 

IA settimana Tempo Ordinario - Battesimo del Signore - Domenica - VESPRI

 

Quando il Salvatore si immerse nell’acqua consacrò tutte le acque

San Massimo di Torino nel quarto secolo

 

         L’ininterrotto susseguirsi dei benefici, il gaudio di cui continuamente ci inonda, ci fanno capire quanto dobbiamo a Cristo Signore. Ecco, siamo ancora esultanti per la nascita del Salvatore, e viene già a rallegrarci a sua rinascità; non è ancora finita la festa del Natale, e già incalza la solennità del suo battesimo; è appena nato tra gli uomini, che già rinasce nel sacramento.

 

         Oggi infatti, sebbene già grande, egli viene consacrato nel Giordano. Il Signore ha voluto mostrarci ininterrotta la serie dei suoi benefici, unendo nelle realtà di un unico avvenimento la sua nascita da una vergine e la sua rigenerazione nel battesimo; e ha voluto che senza soluzione di tempo si festeggiassero la sua nascita nella carne e quella nel battesimo, affinché, come allora abbiamo ammirato il suo concepimento da una madre vergine, così oggi lo contempliamo immerso in un’acqua pura e ci rallegriamo del duplice prodigio: che una madre abbia generato un figlio rimanendo intatta e che un’acqua abbia lavato il Cristo e ne sia stata santificata. Infatti, come dopo il parto è stata glorificata la perpetua verginità di Maria, così dopo il battesimo è stata riconosciuta la consacrazione dell’acqua. In un certo senso, anzi, questa è stata arricchita di un dono ancor più grande: perché Maria meritò la gloria della verginità solo per sé, l’acqua ha comunicato la santità anche a noi; Maria fu preservata dal peccato, l’acqua lava dai peccati; Maria fu madre una sola volta, rimanendo casta; l’acqua resta pura anche se rigenera tante volte; Maria non conosce altro figlio che Cristo; l’acqua, con Cristo, è madre dei popoli.

        

         Oggi dunque è come un secondo natale del Salvatore. Vediamo in questa sua generazione gli stessi segni, gli stessi prodigi: il mistero però è più profondo. Lo Spirito Santo, che fu con lui nel seno di Maria, ora nell’acqua lo circonda di luce: allora consacrò per lui la verginità della Madre, ora per lui santifica le acque. Il Padre, che allora aveva steso la sua ombra onnipotente, ora gli rende testimonianza con la voce; e quasi con più immediato intervento egli che allora ne aveva adombrata la natività, ora dà testimonianza alla verità. Dio dice infatti: «Questo è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto: ascoltatelo» (MT 17, 5).

        

         Oggi dunque viene battezzato nel Giordano. Quale battesimo è mai questo, ove chi viene battezzato è più puro dell’acqua in cui si immerge? Quando mai l’acqua, lavando, non viene insozzata, ma piuttosto arricchita di benedizione? Quale battesimo è – dico – quello del Salvatore, in cui le acque, invece di purificare vengono purificate? In modo veramente prodigioso, l’acqua non monda Cristo, ma è da lui mondata.

        

         Da quel momento il Salvatore, col mistero del suo battesimo, consacrò le acque di tutte le sorgenti, cosicché chiunque vorrà esser battezzato nel nome del Signore, non sarà più mondato dall’acqua di questo mondo, ma dalle acque di Cristo.

 

IA settimana Tempo Ordinario LODI Martedì

Mc 1, 21-28

 

Commento al vangelo

 secondo Luca, IV, 57 ; SC 45, 174

 

 

« Di sabato… insegnava come uno che ha autorità »

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Di sabato il Signore comincia ad operare guarigioni, per significare che la nuova creazione inizia nel momento in cui l’antica si era fermata, per marcare fin da principio che il Figlio di Dio non è sottomesso alla Legge, ma è superiore alla Legge, che egli non abolisce la Legge, bensì le dà compimento (Mt 5,17). Il mondo non è stato fatto per mezzo della Legge bensì per mezzo del Verbo secondo ciò che leggiamo : « Dalla parola del Signore furono fatti i cieli » (Sal 32,6). La Legge dunque non è abolita bensì compiuta, per rinnovare l’uomo decaduto. Per questo l’Apostolo Paolo dice : « Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo che si rinnova… ad immagine del suo creatore » (Col 3,9).

 

         A buon diritto egli comincia di sabato, per mostrare che lui è proprio il Creatore, … proseguendo l’opera che aveva iniziato un tempo. Come l’operaio che sta per riparare una casa, non comincia con le fondamenta, bensì con i tetti… ; mette mano prima al quello con cui un tempo aveva terminato. Inizia con ciò che è minimo per arrivare a ciò che è più importante ; liberare dal demonio infatti, possono farlo anche gli uomini - mediante la parola di Dio, s’intende - invece spetta alla sola potenza di Dio ordinare ai morti di risuscitare.

 

IA settimana Tempo Ordinario  VESPRI Martedì

Mc 1, 21-28

 

Trattati 6 ; PL 204, 451-453

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2102)

 

 

 

« Gesù lo sgridò : Taci ! Esci da quell’uomo »

 

Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

         « La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb 4,12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella Parola di Dio ! Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio… Quando questa parola viene predicata, il Cristo dona alla voce del predicatore, che si percepisce esteriormente, la virtù di operare interiormente, per cui i morti riacquistano la vita (Lc 7,22), e rinascono nella gioia dei figli di Abramo (Mt 3,9). Questa parola è dunque viva nel cuore di chi crede e di chi ama. E appunto perché questa parola è così viva, non v’è dubbio che sia anche efficace.

 

         È efficace nella creazione, è efficace nel governo del mondo, è efficace nella redenzione. Che cosa potrebbe essere più efficace e più potente ? « Chi può narrare i prodigi del Signore e far risuonare tutta la sua lode ? » (Sal 105,2). È efficace quando opera, è efficace quando viene predicata. Infatti non ritorna indietro vuota, ma produce i suoi frutti dovunque viene annunziata (Is 55,11).

 

         La parola è efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio quando viene creduta e amata. Che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama ?

 

IA settimana Tempo Ordinario - LODI - Mercoledì

Mc 1, 29-39

 

Meditazioni 1, 1-49

 

 

« Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava »

Guido il Certosino nel dodicesimo secolo

 

 

         Gesù stesso, che è Dio e Signore, la cui fortezza non aveva bisogno di trovare appoggio in alcun ritiro, e non veniva intralciata dalla compagnia degli uomini, purtuttavia ebbe cura di lasciarci un esempio. Prima del suo ministero di predicazione e prima di fare miracoli, si è sottomesso, nella solitudine, alla prova della tentazione e del digiuno (Mt 4, 1s). La Scrittura ci riferisce che, trascurata la folla dei discepoli, saliva sul monte a pregare, solo (Mc 6, 46). Poi, nell’ora in cui la sua Passione si avvicina, abbandona i suoi discepoli per andare a pregare solo (Mt 26, 36). Questo è un esempio adatto per farci capire quanti vantaggi la preghiera trae dalla solitudine, visto che egli non vuole pregare accanto a dei compagni, fossero anche i suoi apostoli.

 

         Non bisogna passare sotto silenzio tale mistero che ci riguarda tutti. Lui, il Signore, il Salvatore del genere umano, offre nella sua persona un esempio vivo : Solo, nel deserto, si dedica alla preghiera e agli esercizi della vita interiore – il digiuno, le veglie, e altri frutti di penitenza – superando così le tentazioni dell’ Avversario con le armi dello Spirito.

 

         O Gesù, accetto che all’esterno, non ci sia nessuno con me ; ma purché dentro di me, io sia maggiormente con te. Guai all’uomo solitario, se non sei con lui ! Quanti uomini mentre stanno nella folla, sono veramente soli, perché non sono con te. Vorrei, con te, non essere mai solo. Poiché in questo momento, anche se nessuno è con me, io non sono solo : da solo sono una folla.

 

IA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mc 1, 29-39

 

Dal trattato sul Padre nostro, 29-30

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1352,1357)

 

  

« Al mattino si alzò quando era ancora buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto »

 

di San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         Dio ci ha insegnato a pregare non solo con le parole, ma anche coi fatti, pregando e supplicando egli stesso frequentemente e dimostrando con la testimonianza del suo esempio come dobbiamo fare anche noi ; sta scritto infatti : « Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare » (Lc 5,16) ; e ancora : « In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione » (Lc 6,12). Se pregava lui che era senza peccato, quanto più è necessario che preghiamo noi peccatori ; e se lui passava l’intera notte vegliando in continua orazione, quanto più noi dobbiamo vegliare nella notte, in preghiera !

 

         Certo il Signore pregava e intercedeva non per sé – che cosa infatti poteva domandare per sé egli che era innocente ? – ma per i nostri peccati. Lo dichiara egli stesso quando dice rivolto a Pietro : « Ecco, Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede » (Lc 22,31). E dopo questo supplica il Padre per tutti dicendo : « Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me ; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola » (Gv 17,20-21).

 

         Grande fu la bontà di Dio per la nostra salvezza, grande la sua misericordia ! Egli non si accontentò di redimerci col suo sangue, ma volle anche pregare per noi. E guardate quale fu il suo desiderio mentre pregava : che come il Padre e il Figlio sono una cosa sola, così anche noi rimaniamo nella stessa unità.

 

IA settimana Tempo Ordinario LODI Giovedì

Mc 1, 40-45

 

Fiamma d’amore viva, strofa 2

 

 

« Gesù stese la mano e lo toccò »

 San Giovanni della Croce nel sedicesimo secolo

 

 

O vita divina, tu dai la morte solo per dare la vita, ferisci solo per guarire. Mi hai ferito per guarirmi, o mano divina! Hai ucciso in me ciò che mi teneva nella morte! Ero allora privo della vita di Dio, in cui ora, invece, mi trovo a vivere! Debbo questo favore alla liberalità della tua generosa grazia verso di me quando mi hai fatto sentire il tocco di Colui che è « irradiazione della tua gloria e impronta della tua sostanza » (Eb 1,3), cioè il tuo Figlio unigenito, nel quale, come tua Sapienza, tu tocchi « da un confine all’altro della terra con forza per la sua purezza » (Sap 8,1).

 

O tocco delicato, o Verbo, Figlio di Dio, che con la delicatezza del tuo essere divino penetri sottilmente la sostanza della mia anima e, toccandola tutta con delicatezza, l’assorbi completamente in te e adoperi mezzi del tutto divini per colmarla di soavità  « mai sentita in terra di Canaan né mai viste in Teman » (Bar 3,22)! O tocco delicato, divinamente delicato del Verbo, tanto più delicato in me in quanto tu facevi sobbalzare i monti e spaccavi le rocce sul monte Oreb con l’ombra del tuo potere e la forza che lo precedeva, ti facesti sentire dal profeta « nel soffio leggero del vento » (1Re 19,11-12)! O soffio leggero, che sei così fine e delicato, dimmi: come puoi toccare così sottilmente e delicatamente, o Verbo, Figlio di Dio, pur essendo così terribile e potente? O felice, mille volte felice, Signor mio, l’anima che tocchi così delicatamente e dolcemente… « Tu nascondi queste anime nel segreto del tuo volto, che è il tuo divin Figlio, lontano dagli intrighi degli uomini » (Sal 30,21).

 

IA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì 1

Mc 1, 40-45

 

 

Signore, se tu vuoi puoi guarirmi

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

«Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mc 1, 40). È grande la prudenza e la fede di questo lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il discorso, né si fa strada tra la folla degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi piedi, con fede sincera e con una giusta opinione di lui.

 

         Gesù non si accontentò di dire: «Lo voglio, guarisci!» ma contemporaneamente “stese la mano e lo toccò» (Mc1, 14); la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti, mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che l’abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe stato di immondo per i puri.

 

         Il Signore infatti non era venuto solo per guarire i corpi, ma anche per condurre le anime all’amore della sapienza. Perciò come altrove dice che non è più proibito mangiare senza lavarsi le mani, e come istituisce quell’ottima legge che permette di cibarsi di qualunque cibo, così agisce in questo caso per insegnare che bisogna curare l’anima mantenendola pura, senza far caso delle esteriori purificazioni e temendo soltanto la lebbra spirituale che è il peccato.

 

         Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale infatti non era corrotto, e la folla che ne era spettatrice non era guastata dall’invidia. Perciò non solo non lo criticano, ma, presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua inestimabile potenza che si manifesta nelle parole e nelle opere.

 

IA settimana Tempo Ordinario - LODI  Venerdì

Mc 2, 1-12

 

La Vita in Cristo,

Libro 6; PG 150, 682-683

 

 

«Un paralitico portato da quattro persone»

  San Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

 

 

         In ogni momento invochiamo Cristo, il principio di ogni nostro pensiero. Per invocarlo, non c’è bisogno di alcuna preparazione alla preghiera, o di alcun luogo particolare, o di grida. Infatti, in nessun luogo egli è assente. È impossibile che lui non sia in noi, perché è più vicino a colore che lo cercano nel loro stesso cuore. Pertanto dobbiamo credere che egli ci esaudirà al di là delle nostre richieste, e non dubitare di questo malgrado in nostri difetti. Piuttosto abbiamo fiducia, perché egli è buono con gli ingrati e con i peccatori che lo invocano.

 

         Lungi dal disprezzare le preghiere dei suoi servi ribelli, egli è disceso sulla terra e, per primo, ha chiamato coloro che non lo avevano ancora chiamato, anzi, che non avevano mai pensato a lui: «Sono venuto, dice, a chiamare i peccatori» (Mt 9, 13). Se egli ha cercato coloro che non lo desideravano, quanto più farà per coloro che lo pregano. Se egli ha amato coloro che lo odiavano, come potrebbe respingere coloro che lo amano? « Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita »

 

IA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mc 2, 1-12

 

Esposizione sul salmo 36, no. 3, § 3

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

«Si recarono da lui con un paralitico»

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

     Possiamo, fratelli, sollevare costui che ha perduto in tutte le membra interiori la facoltà di compiere opere buone, quasi fosse un paralitico, e aprire il tetto di questa Scrittura, e presentarlo al Signore?

 

     Io intravedo un certo paralitico nell’anima. E vedo questo tetto (della Scrittura), e sotto il tetto riconosco Cristo nascosto. Farò, per quanto posso, ciò che si loda in coloro che, aperto il tetto, presentarono a Cristo il paralitico, affinché Egli dicesse: «Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati». Perché così salvò l’uomo interiore dalla paralisi, rimettendo i peccati, e rinsaldando la fede.

 

     Ma vi erano là uomini che non avevano occhi capaci di vedere che il paralitico interiore era già guarito, e credettero che il Medico che lo curava bestemmiasse. «Chi è questi – dicono – che rimette i peccati? Costui bestemmia. Chi può rimettere i peccati,,se non il solo Dio? » E poiché egli era Dio, intendeva ciò che essi pensavano. Pensavano queste cose di Dio, ma non vedevano il Dio presente. Compì allora quel medico qualcosa anche nel corpo del paralitico, in modo da risanare l’interiore paralisi di coloro che tali cose avevano detto. Compì cose che esse potessero vedere, e dette loro modo di credere.

 

     Orsù, chiunque tu sia, tanto infermo e debole di cuore da attenerti agli esempi umani e voler perciò rinunziare alle opere buone, ed essere come colpito da una interiore paralisi, fatti forza per vedere se possiamo, aperto questo tetto, presentarti al Signore

 

IA settimana Tempo Ordinario - LODI - sabato

Discorsi,  30. CCL 24, p. 173-177. PL 52, 284

Mc 2,13-17

 

« L’uomo, alzatosi, lo seguì »

 San Pietro Crisologo nel quinto secolo

  

 

         Fratelli, seduto al suo banco delle imposte, questo povero pubblicano era in una situazione peggiore di quella del paralitico di cui vi ho parlato l’altro giorno, che giaceva sul suo lettuccio. Uno era affetto da una paralisi nel suo corpo ; l’altro nella sua anima. Nel primo, tutte le membra erano deformi ; nel secondo, il giudizio, nel suo insieme, era nella confusione. Il primo giaceva, prigioniero della sua carne ; l’altro era seduto, schiavo nella sua anima e nel suo corpo. Il paralitico soccombeva alle sofferenze suo malgrado. Invece il pubblicano era spontaneamente schiavo dei suoi vizi. Questo, che si riteneva innocente, era accusato di cupidigia dagli altri. Quello, in mezzo alle sue sofferenze, si sapeva peccatore. Uno accumulava guadagni su guadagni, e tutti erano peccati. L’altro cancellava i suoi peccati gemendo nei dolori. Perciò, erano giuste queste parole rivolte al paralitico : « Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati » ; infatti, con le sue sofferenze compensava le sue colpe. Quanto al pubblicano, udì questa parola : « Seguimi », cioè « Otterrai riparazione seguendomi, tu che ti sei smarrito, seguendo il denaro ».

 

         Sicuramente si dirà : perché il pubblicano, che sembra più colpevole, riceve un dono più grande ? Infatti egli diventa subito apostolo… Ha ricevuto lui il perdono ; e concede ad altri la remissione dei peccati e illumina tutta la terra con lo splendore della predicazione evangelica. Invece il paralitico è appena ritenuto degno di ricevere il solo perdono. Vuoi sapere perché il pubblicano ha ottenuto grazie più numerose ? È perché, secondo la parola dell’Apostolo : « Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5, 20).

 

IA settimana Tempo Ordinario PRIMI VESPRI Sabato

 

Dal trattato «Contro le eresie»

 

 

Le primizie della risurrezione del Cristo

 Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Il Verbo di Dio si è fatto uomo e il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo perché l’uomo, unito al Verbo e ricevendo l’adozione, diventi figlio di Dio. In nessun altro modo avremmo potuto ricevere l’incorruzione e l’immortalità se non con l’essere uniti all’Incorrotto e all’Immortale. E come poi avremmo potuto essere uniti all’incorruzione e all’immortalità se prima l’Incorrotto e l’Immortale non si fosse fatto quello che siamo noi, perché ciò che era corruttibile fosse assorbito dall’incorruzione, e ciò che era mortale dall’immortalità e noi potessimo ricevere l’adozione a figli? Il Figlio di Dio e nostro Signore è Verbo del Padre e Figlio dell’uomo, poiché fu generato come uomo da Maria, che apparteneva al genere umano ed era lei stessa creatura umana.

 

         Perciò fu lo stesso Signore a darci un segno nelle profondità della terra e nelle altezze del cielo, un segno che l’uomo non aveva richiesto, perché egli non aveva mai sperato che una vergine potesse diventare madre, partorendo un figlio pur restando vergine. Mai si sarebbe potuto immaginare che questo figlio fosse «Dio con noi» (cfr. Is 7, 14; Mt 1, 23) e discendesse nelle profondità della terra alla ricerca della pecora che s’era smarrita, e che era poi sua creatura. Nessuno avrebbe potuto pensare che risalendo in cielo per offrire e raccomandare al Padre l’uomo che era stato ritrovato, facesse di se stesso la primizia della risurrezione dell’uomo. Infatti come il capo è risuscitato dai morti, così risorgerà anche il resto del corpo cioè ogni uomo (…). Il corpo poi riceve coesione e unità grazie ai vari legami che lo alimentano e lo attivano secondo la funzione e la posizione di ciascun membro. Nella casa di Dio ci sono dimore, perché vi sono anche molte membra nel corpo.

 

         Generoso fu dunque Dio il quale, venendo meno l’uomo, preordinò la vittoria che gli avrebbe resa per mezzo del Verbo. Infatti poiché la potenza trionfava nella debolezza, il Verbo mostrava la bontà e la magnifica potenza di Dio.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

 

LA CHIESA COME FIGURA DI GESU’ CRISTO

di Dietrich Bonhoeffer

 

 

         In Cristo la figura dell’uomo è stata creata di nuovo dinanzi a Dio. Riconoscere in Cristo la propria immagine e la propria speranza non era questione di luogo e di tempo, di clima, di razza, di singolo, di società di religione o di inclinazione, era invece questione di vita o di morte per l’umanità. Ciò che è accaduto a Cristo è accaduto all’umanità intera. Il fatto che soltanto una parte dell’umanità riconosca la figura del suo redentore è un mistero inspiegabile. Il desiderio di colui che divenne uomo, di prendere forma in ogni singolo uomo, è rimasto finora insoddisfatto. Egli, che portava la forma umana, può prender forma soltanto in una piccola schiera di uomini: nella sua Chiesa. “Formazione” significa dunque in primo luogo che Cristo prende forma nella sua Chiesa. La persona stessa di Gesù Cristo prende forma in essa: per indicare in modo chiaro e profondo questa realtà il Nuovo Testamento chiama la Chiesa corpo di Cristo. Il corpo è la persona. La Chiesa dunque non è la comunità religiosa degli adoratori di Cristo, ma è il Cristo stesso che ha preso forma fra gli uomini. La Chiesa può legittimamente chiamarsi corpo di Cristo perché nel corpo di Gesù Cristo è veramente accolto l’uomo e quindi tutti gli uomini lo sono. La Chiesa ha dunque la forma che in realtà l’umanità intera dovrebbe avere.

 

         La Chiesa è l’uomo divenuto uomo, giudicato e risorto a nuova vita in Cristo. Essa non riguarda dunque essenzialmente le cosiddette funzioni religiose dell’uomo, ma riguarda l’uomo tutto intero nella sua esistenza terrena e in tutti i suoi rapporti.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Domenica

 

 

Dall’invito all’OTTAVARIO DI PREGHIERA PER L’UNITA’ dei CRISTIANI

di Dom Paul Couturier nel gennaio 1938

 

 

         Senza chiudere volontariamente gli occhi sulle differenze per dissolverle in un sincretismo distruttore di qualunque vera fede, cercheremo innanzitutto ciò che ci avvicina per metterlo in rilievo. Così verranno alla luce prospettive di convergenza nella quali apparirà la necessità di negare tutto quanto c’è di negativo e di rivalutare il nostro rispettivo indirizzo dogmatico.

 

         Ne verrà di conseguenza che l’aspetto intellettuale eclisserà quello spirituale? No di certo. La preghiera rimarrà il centro, luminoso e vivo, ricco di uno splendido irraggiamento, di universalità e di simultaneità visibile attraverso la cristianità infranta, per trascinarla, durante questi giorni dal 18 al 25 gennaio, o nei giorni che seguono da vicino, sulle vie dell’unità.

 

         L’insegnamento irenico di ricerche convergenti dato in ciascun gruppo si arresterà sul limitare sacro di questa preghiera senza introdurvi la molteplicità delle sue precisazioni, ma, dimostrandoci la complessità del problema, ci getterà in ginocchio, nel Cuore di Cristo, per ripetere tutti insieme, in un atto di amore unico e immenso: “Venga, o Signore, quell’unità che Tu hai chiesto per tutti coloro che Ti amano”.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mc 2, 23-28

 

dimostrazioni, n°13, 1-2.13 ; SC 359, 589

 

 Il signore del sabato

 di Sant’Afraate nel quarto secolo

 

 

         Per mezzo di Mosè suo servo, il Signore ha domandato ai figli di Israele di osservare il sabato. Disse loro: “ Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore” (Es 20,9)... Li avvertì: “Non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame”. Aggiunse anche: “Perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero” (Es 23,12)... Il sabato non è stato imposto come una prova, una scelta da operare fra la vita e la morte, fra la giustizia e il peccato come gli altri precetti secondo  i quali l’uomo può vivere o morire. No, il sabato, a suo tempo è stato dato al popolo in vista del riposo – sia degli uomini che degli animali...

         Ascoltate ora quale è il sabato gradito al Signore. L’ha detto Isaia: “Fate riposare lo stanco” (28,12). E altrove: “Quanti si guardano dal profanare il sabato, restano fermi alla mia alleanza” (56,4)... Il sabato non approfitta affatto ai cattivi, agli assassini, ai ladri. Dio invece abita in coloro che scelgono quello che piace a Dio e non commettono il male; in essi Dio fa la sua dimora secondo la sua parola: “Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò” (Lv 26,12; 2 Cor 6,16)... Noi dunque, custodiamo fedelmente il sabato di Dio, cioè quello che piace al suo cuore. Così entreremo nel sabato del grande riposo, il sabato del cielo e della terra in cui ogni creatura si riposerà.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 Mc 2, 23-28         

          Omelie di Quaresima 1981

  

 Il sabato è stato fatto per l’uomo

di Papa Benedetto XVI

 

  

         Nel racconto della creazione, il sabato è descritto come il giorno in cui, nella libertà dell’adorazione, l’uomo partecipa della libertà, del riposo e della pace di Dio. Celebrare il Sabato, è celebrare l’Alleanza. Questo significa il ritorno alle origini, l’eliminazione delle impurità che le nostre molte attività hanno trascinato con sè. Questo vuole dire incamminarsi verso il mondo nuovo in cui non ci saranno più né schiavi né padroni, ma soltanto dei figli di Dio liberi, verso un mondo in cui l’uomo, gli animali e la terra parteciperanno insieme e fraternamente della pace di Dio e della sua libertà…

 

         L’uomo però, ha rifiutato il riposo, il benessere che venivano di Dio, l’adorazione con la sua pace e per la sua libertà, e così ha finito col sottomettersi all’azione. Ha reso il mondo schiavo della sua attività e così ha reso se stesso schiavo. Per questo motivo, Dio doveva dare all’uomo il sabato che egi disdegnava. Rifiutando il ciclo della libertà e del riposo che viene da Dio, l’uomo si è allontanato dalla sua condizione di immagine di Dio e così ha calpestato il mondo. Ecco perché occorreva strapparlo dalla schiavitù al proprio lavoro. Per questo, Dio doveva fargli ritrovare la sua autenticità, liberarlo dalla dominazione dell’azione. « Nulla deve essere preferito al servizio di Dio » [scrive san Benedetto] - in primo luogo l’adorazione, la libertà e il riposo che viene da Dio. A questa condizione, l’uomo può vivere veramente.

 

IIA settimana Tempo Ordinario LODI Mercoledì

Mc 3, 1-6

 

Trattato sui salmi, 91, 3,4-5,7 ; PL 9, 495-498

 

 

 È lecito in giorno di sabato fare il bene ?... salvare una vita ?

di Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo


         Opera Dio in giorno di sabato? Certo che sì. Perché altrimenti il cielo scomparirebbe, la luce del sole si spegnerebbe, la terra perderebbe la sua consistenza, tutti i frutti si appassirebbero e la vita degli uomini perirebbe se, a causa del sabato, la forza costitutiva dell’universo cessasse di agire. Ma in effetti, non c’è tregua. Sia durante il sabato che durante gli altri sei giorni, gli elementi dell’universo continuano ad adempiere la loro  funzione. In questo modo
il Padre opera dunque in ogni tempo, agisce nel Figlio nato da lui, e mediante il quale ha fatto ogni cosa... Mediante il Figlio, l’azione del Padre prosegue dunque anche  in giorno di sabato. Pertanto non c’è riposo in Dio, poiché nessun giorno vede cessare la sua opera.

         Questo è quanto riguarda l’azione di Dio. Ma in cosa consiste il suo riposo? L’opera di Dio, è l’opera di Cristo. E il riposo di Dio, è Dio, il Cristo, poiché quanto appartiene a Dio è veramente in Cristo, a tal punto che il Padre può riposarsi in lui.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

TU, AMICO DELLA PACE

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

E’ il momento questo di esortarvi ad amare la pace

secondo tutte le forze di cui il Signore vi fa dono,

e a pregare il Signore per la pace.

La pace sia nostra diletta, la nostra amica.

Vi sia con essa indissolubile amicizia.

Sia il suo abbraccio pieno di dolcezza.

Se ami, tieni, possiedi la pace, puoi invitarne quanti vuoi

alla partecipazione di questo possesso.

Anzi, i suoi confini si allargano quanto più cresce

il numero di coloro che la posseggono.

Una casa terrena non contiene più di un certo numero di abitanti.

In quanto alla pace essa cresce in proporzione del numero di abitanti.

In quanto alla pace essa cresce in proporzione del numero di chi ne usufruisce.

Che cosa buona è amare! Amare è già possedere.

E chi non vorrebbe veder crescere ciò che ama?

Se vuoi con te pochi partecipi della pace,

avrai una pace ben limitata.

Allora che prezzo avrà quel bene che potrai possedere

appena lo amerai?

L’acquisto del nostro tesoro non richiede prezzo.

Non devi andare in cerca di un protettore

per conseguirlo.

Eccolo lì dove tu sei: basta che tu ami la pace,

ed essa istantaneamente è con te.

La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici,

ma non come il pane.

Se vuoi distribuire il pane,

quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi,

tanto meno te ne resta da dare.

La pace invece

è simile al pane del miracolo che cresceva nella mani dei discepoli

mentre lo spezzavano e lo distribuivano.

E intanto abbiate la pace tra voi, fratelli.

Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela tra voi per primi;

siate voi innanzitutto saldi nella pace.

Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all’interno, il lume acceso.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì                 

Mc 3, 7-12         

Diatèssaron, preghiera finale ; SC 12, 404

 

 

 Una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui

di Sant’Efrem  nel quarto secolo

 

 

         O misericordie, elargite e dispensate su tutti gli uomini. Esse dimorano in te, Signore, che nella tua compassione per tutti gli uomini sei andato loro incontro. Con la tua morte, hai aperto loro i tesori delle tue misericordie… Il tuo essere profondo infatti è nascosto alla vista degli uomini, ma abbozzato nei loro minimi movimenti. Le tue opere ci procurano lo schizzo del loro Autore, e le creature ci indicano il loro Creatore (Sap 13,1 ; Rm 1,20), perché noi potessimo toccare colui che si sottrae alla ricerca intellettuale, ma si lascia vedere nei suoi doni. È difficile giungere ad essergli presenti faccia a faccia, ma è facile avvicinarsi a lui.

 

         Le nostre azioni di grazie non bastano, ma ti adoriamo in ogni cosa per il tuo amore verso tutti gli uomini. Tu distingui ognuno di noi, nel fondo del nostro essere invisibile, mentre siamo tutti uniti fondamentalmente mediante l’unica natura di Adamo… Adoriamo te, che hai posto ognuno di noi in questo mondo, che ci hai affidato tutto ciò che vi si trova, e che ce ne separerai, nell’ora che non conosciamo. Adoriamo te, che hai messo la parola sulla nostra bocca perché potessimo presentarti le nostre richieste. Ti acclama Adamo, che riposa nella pace, e anche noi che siamo la sua posterità, perché siamo tutti beneficiari della tua grazia. I venti ti lodano,… la terra ti loda,… i mari ti lodano,… gli alberi ti lodano,… anche le piante e i fiori ti benedicono… Tutte le cose si raccolgano e uniscano la loro voce per lodarti, rivaleggiando in azioni di grazie per tutte le tue bontà, e unite nella pace per benedirti ; tutte le cose alzino insieme per te un’opera di lode.

         Spetta a noi tendere verso di te ogni nostra volontà, e spetta a te riversare su di noi un po’ della tua pienezza, perché la tua verità ci converta e così scompaia la nostra debolezza che, senza la tua grazia, non può giungere a te, Maestro di ogni dono.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

 

Il mistero dell’unità della Chiesa

 da “Unitatis Redintegratio”

 

  

  Lo Spirito Santo che abita nei credenti e riempie e regge tutta la Chiesa, produce questa meravigliosa comunione dei fedeli e li unisce tutti così intimamente in Cristo, da essere il principio dell’unità della Chiesa. Egli realizza la diversità di grazie e di ministeri, e arricchisce di funzioni diverse la Chiesa di Gesù Cristo “per rendere atti i santi a compiere il loro ministero, affinché sia edificato il corpo di Cristo (Ef 4, 12).

 

  Gesù Cristo vuole che il suo popolo, per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo amorevole da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito Santo, cresca e perfezioni la sua comunione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio.

 

  Così la Chiesa, unico gregge di Dio, quale segno elevato alla vista delle nazioni, mettendo a servizio di tutto il genere umano il Vangelo della pace, compie nella speranza il suo pellegrinaggio verso la meta che è la patria celeste.

 

  Questo è il sacro mistero dell’unità della Chiesa, in Cristo e per mezzo di Cristo, mentre lo Spirito Santo opera la varietà  dei ministeri. Il supremo modello e principio di questo mistero è l’unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo.

 

IIA settimana Tempo Ordinario - LODI - venerdì

 

LIBRO DI VITA

Capitolo “Gerusalemme” § 174

 

IIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

 

da “Dialoghi con Athenagoras “ O. Clement,p.173-174

 

Ritornare all’Evangelo

del Patriarca Athenagoras

 

 

         Bisogna ritenere di ogni cosa ciò che è buono, dice Apostolo. La ricerca di libertà, di giustizia, di collaborazione fraterna, la ricostruzione del mondo per mezzo della tecnica e dell’intelligenza dell’uomo, una più equa ripartizione dei beni della terra, la rinascita di popolazioni e di culture da molto tempo asservite, l’emancipazione della donna, la valorizzazione dei lavoratori: tutto deve essere segretamente vivificato dalla risurrezione, tutto deve convergere verso la trasfigurazione finale.

         Ci vuole un rinnovamento che fiorisca un po’ dappertutto nel mondo cristiano. Ma io credo che la condizione principale, basilare, non possa essere che l’unione dei cristiani, chiamati a uscire insieme nel mondo per porsi al servizio dell’uomo. Cristo ha pregato perché noi fossimo  una cosa sola, affinché il mondo creda. Poco per volta la fiducia viene a sostituire la paura e il disprezzo che così a lungo hanno dominato fra le Chiese, o meglio all’interno della Chiesa, o meglio all’interno della Chiesa di Cristo, poiché non esiste che una sola Chiesa.

         Ci parliamo come fratelli, preghiamo insieme. L’amore nasce sul volto della Chiesa e la trasfigura: Chiesa e cristianesimo cominciano ad unificarsi nella loro comune sorgente, che è l’Evangelo e l’Eucaristia .

 

IIA settimana Tempo Ordinario LODI Sabato

Mc 3, 7-12

 

Conferenza 13

 

 Venite a me voi tutti

di Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

  

         Dio non ha creato l’uomo perché si perdesse, bensì perché vivesse in eterno ; questo disegno rimane immutabile… Infatti, « Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2, 4). Questa è la volontà del Padre vostro celeste, dice Gesù, « che non si perda neanche uno solo di questi piccoli » (Mt 18, 14). E altrove sta scritto : « Dio non vuole che alcuna anima perisca ; usa pazienza affinché tutti abbiano modo si pentirsi » (2 Sm 14, 14 ; 2 Pt 3, 9). Dio è veritiero ; non mentisce quando dichiara sotto giuramento : « Com’è vero ch’io vivo, io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva » (Ez 33, 11).

         Possiamo allora pensare, senza commettere un sacrilegio enorme, che egli voglia la salvezza soltanto di alcuni, e non di tutti in generale ? Chiunque si perda, si perde contro la volontà di Dio. Ogni giorno egli grida verso di lui : « Convertitevi dalla vostra condotta perversa ! Perché volete perire, o casa d’Israele ? » (Ez 33, 11). E di nuovo, insiste : « Perché allora questo popolo si ribella con continua ribellione ? Hanno indurito la faccia più di una rupe, non vogliono convertirsi » (Ger 8, 5 ; 5, 3).  Quindi la grazia di Cristo è sempre a vostra disposizione. Poiché egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, li chiama tutti, nessuno escluso. « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28).

 

IIA settimana Tempo Ordinario - PV  Sabato

 

Dal trattato «Contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo

(Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554)

 

La proclamazione della verità

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

         La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell'unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo la terra e il mare e tutto ciò che in essi è contenuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa accolse la fede nell'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: e cioè la venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per «ricapitolare tutte le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile «ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tutti il suo giudizio insindacabile.

         Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca.

         Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.

         Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti insegnano la medesima verità.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - UR  - Domenica

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

 

Venite a vedere il luogo dove era deposto

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

IIIA settimana Tempo Ordinario -  VESPRI Domenica

Mc 1,14-20

 

Convertitevi e credete al Vangelo

di Paolo VI

 

 

         Cristo, che sempre nella sua vita fece quello che insegnò, prima di iniziare il suo ministero, passò quaranta giorni e quaranta notti nella preghiera e nel digiuno, e inaugurò la sua missione pubblica col lieto messaggio: “Il regno di Dio è vicino”, cui tosto aggiunse il comando: “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15). Queste parole costituiscono in certo modo il compendio di tutta la vita cristiana. Al regno annunciato da Cristo si può accedere soltanto mediante la “metànoia”, cioè attraverso quell’intimo e totale cambiamento e rinnovamento di tutto l’uomo, di tutto il suo sentire, giudicare e disporre, che si attua in lui alla luce della santità e della carità di Dio, santità e carità che, nel Figlio, a noi si sono manifestate e comunicate con pienezza.

 

         L’invito del Figlio alla “metànoia” diviene più indeclinabile in quanto egli non soltanto lo predica, ma in se stesso ne offre l’esempio. Cristo infatti è il modello supremo dei penitenti: ha voluto subire la pena per i peccati non suoi, ma degli altri.

 

         Dinanzi a Cristo, l’uomo è illuminato da una luce nuova, e per conseguenza riconosce sia la santità di Dio, sia la gravità del peccato; attraverso la parola di Cristo viene trasmesso il messaggio che invita alla conversione e concede il perdono dei peccati, doni questi che egli pienamente consegue nel battesimo. Tale sacramento, infatti, lo configura alla Passione, alla Morte e alla Risurrezione del Signore, e sotto il sigillo di questo Mistero pone tutta la vita futura del battezzato.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario -  LODI martedì

 

 

IO SONO LA PORTA

di Guglielmo di St.Thierry al XII secolo

 

 

         Signore, odo parlare di quel Giorno di Festa…in cui si trovano riuniti in una stessa assemblea tutti quei giusti che, dal principio del mondo ti sono stato graditi, tutte le sante e tutti i santi.

 

         Per sempre hanno fissato la loro dimora in seno a questa Festa eterna. Se basta vederne due o tre riuniti nel tuo nome quaggiù, e tu in mezzo a loro, per constatare il fascino di questa coabitazione, tutta penetrata di Spirito Santo, che dire di questo luogo nel quale hai riunito tutti i santi che hanno posto la tua alleanza al di sopra dei sacrifici e che divenuti come cieli, annunciano la tua giustizia?

 

         Hai dichiarato a tutti apertamente: “Io sono la Porta, se qualcuno entra attraverso di me avrà la salvezza”. Dunque sei tu la Porta e secondo ciò che aggiungi apri a coloro che vogliono entrare. Ma a che serve avere una porta aperta in cielo se non c’è modo di salirvi? Paolo ci dà la risposta: “Colui che ascende è Colui che ne è disceso”. Ed è l’amore che dai nostri cuori sale verso di te: è l’amore che da te è disceso fino a noi. Tu sei disceso per amore; se ti amiamo potremo salire fino a te. Ma tu che dici “sono la Porta!” te ne scongiuro, nel tuo Nome, apriti davanti a noi! E allora noi vedremo di quale dimora tu sei la Porta.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedi

 

 

CRISTO E’ RISORTO E ATTIRA A SE’ LA STORIA INTERA

di Giorgio La Pira

 

         Se Cristo è risorto (e lo è), allora il “punto propulsivo” il “punto di Archimede” della storia intiera del mondo (cosmica e umana; individuale e collettiva) è Lui; il corso intiero dei secoli fa centro in Lui (Alfa e Omega; principio e fine; primo e ultimo: Ap. 22,13); allora, è “vera” la grazia che da Lui – per tutti gli uomini e tutti i popoli – deriva (Gv. 1,16; 4,15); allora è “vera” – “necessitante”, in un certo senso, per tutti gli uomini e per tutti i popoli, per tutta la storia – la Chiesa, da Lui disegnata a Cesarea (Mt. 16,18) e lanciata – per opera dello Spirito Santo – a Pentecoste (At. 2,2ss) e da Lui sostenuta ogni giorno, nel corso intiero dei secoli (Mt. 28,20); allora sono “vere”, “valide”, ineliminabili – nella struttura e nella dinamica della Chiesa e della storia – le “missioni” da Lui affidate per tutte le genti (Mt. 28,19), a Pietro e Paolo (At. 9,15), a tutti gli apostoli (alla Chiesa, perciò) per pervenire sino alla “pienezza degli ebrei” ed alla “pienezza dei gentili” (Rm.11,25); allora è fondamentalmente “vero”, fondamentalmente “valido” (nonostante tutti i limiti e tutte le deficienze) l’intiero corso bimillennario della storia della Chiesa in “espansione missionaria” verso le genti (investito l’impero romano; investiti i barbari; investita l’Europa; investita l’Asia; l’America; investiti tutti i popoli nuovi; e “l’investimento” odierno degli stati cosiddetti atei).

 

         Allora, in conclusione, la storia intiera – e quella del nostro tempo, perciò – va vista (per essere interpretata nel suo fondo, nel suo valore, nella sua struttura e nel suo fine) da un solo angolo visuale: quello di Cristo Risorto e del “progetto di signoria” che Egli, mediante la Chiesa, deve realizzare (nonostante la libertà, la indocilità e la responsabilità degli uomini) nel corso dei millenni (Ap. 20,1ss)

 

IIIA settimana Tempo Ordinario -  LODI mercoledì

 

 

ESORTAZIONE ALLA VIGILANZA

di San Pier Damiano all’XI secolo

 

 

         Lo sapete bene, fratelli, è proprio là dove resta una scintilla di fuoco che si avvicina la paglia. Perché si dovrebbe soffiare là dove il calore si è spento? Se io non avessi fiducia nel fatto che da voi sta per realizzarsi un rinnovamento per grazia di Cristo, troverei superfluo continuare ad esortarvi… Dunque, carissimi, riprendete forza con l’aiuto di Cristo e fedeli all’impegno che avete preso con Lui, combattete con le sue armi, non con mollezza, debolmente, ma con fervore e audacia…

 

         Ricordate ciò che viene detto all’Angelo della Chiesa di Sardi: “Svegliati! Rianima e rinvigorisci ciò che resta della tua vita e che sta per morire. Perché non ho trovato le tue opere perfette di fronte al mio Dio!…

 

         Poiché lo spirito umano non può astenersi dall’amare qualche cosa, se lo si circonda con la muraglia delle virtù, non potendosi in nessun modo dilatare all’intorno, è necessariamente attratto al di sopra di sé. Quando il nostro spirito comincia a riposare in tal modo nel suo Autore e a gustare la soavità delle delizie interiori, subito vomita tutto ciò che giudica contrario alla legge divina, aborrisce tutto ciò che stona con la regola della giustizia celeste.

 

         Se la parola dell’apostolo vivesse in noi quando dice “portiamo sempre nel nostro corpo il morire di Gesù”, nel momento in cui l’amore carnale non trovasse più spazio per spandersi, necessariamente la nostra gioia sarebbe trasportata e sospesa in Dio e il nostro fuoco brucerebbe ardente perché non avrebbe più lo spazio per disperdersi.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

 

 

PORTANDO IN NOI CRISTO POSSIAMO GIUNGERE ALLA VITA SENZA FINE

dagli scritti attribuiti a Pseudomacario

 

         L’anima, quando viene ritenuta degna di avere parte alla chiarità luminosa dello Spirito, venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce, tutto viso, tutto occhio, nessuna parte in lei è priva dello spirituale occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora.

 

         Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti il volto, cosicché quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae, ma se il re è girato dalla parte opposta il pittore non può compiere l’opera sua, perché il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati… Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà di se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

 

         Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinché nel nostro intimo s’imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

 

 

SULL’ORAZIONE

di S.Teresa d’Avila nel XVI secolo

 

 

         Del bene che attinge chi pratica l’orazione, intendo dire l’orazione mentale, hanno parlato molti santi e buoni scrittori. Ne sia ringraziato il Signore! E se così non fosse, per poco umile che io sia, non sono però tanto superba d’arrischiarmi io a parlarne.

 

         Posso dire soltanto quello di cui ho fatto esperienza, ed è che, per quanti peccati faccia, chi ha incominciato a praticare l’orazione non deve abbandonarla, essendo il mezzo con il quale potrà riprendersi, mentre senza di essa sarà molto più difficile. E che il demonio non abbia a tentarlo, come ha fatto con me, a lasciare l’orazione per umiltà; sia convinto che la parola di Dio non può mancare, che con un sincero pentimento e con il fermo proposito di non ritornare ad offenderlo si ristabilisce l’amicizia di prima ed egli ci fa le stesse grazie, anzi, a volte, molte di più, se il nostro pentimento lo merita.

 

         Quanto a coloro che non hanno ancora incominciato, io li scongiuro, per amore del Signore, di non privarsi di tanto bene. Qui non c’è nulla da temere, ma tutto da desiderare, perché, anche se non facessero progressi né si sforzassero d’esser perfetti, così da meritare le grazie e i favori che Dio riserva agli altri, per poco che guadagnassero, giungerebbero a conoscere il cammino del cielo; e, perseverando nell’orazione, spero molto per essi nella misericordia di Dio, che nessuno ha mai preso per amico senza esserne ripagato; per me l’orazione mentale non è altro se non un rapporto d’amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiano che ci ama. E se voi ancora non l’amate (infatti, perché l’amore sia vero e l’amicizia durevole dev’esserci parità di condizioni e invece sappiamo che quella del Signore non può avere alcun difetto, mentre la nostra consiste nell’essere viziosi, sensuali, ingrati), cioè se non potete riuscire ad amarlo quanto si merita, non essendo egli della vostra condizione, nel vedere, però, quanto vi sia di vantaggio avere la sua amicizia e quanto egli vi ami, sopportate questa pena di stare a lungo con chi è tanto diverso da voi.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI giovedì

 

 

DIO NON CI CHIEDE ALTRO CHE LA CONVERSIONE

di Anfilochio, vescovo

 

 

            “Uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola” (Lc 7,36). O grazia infinita, o ineffabile bontà! Egli è il medico che cura tutte le malattie, per giovare a tutti, cattivi e buoni, ingrati e riconoscenti. Per questo, invitato dal fariseo, entra in quella casa finora frequentata da empi. Dove c’era un fariseo, c’era una sentina del male, un covo di peccatori, la dimora della superbia. E nonostante quella casa fosse in simile stato, il Signore non rifiuta di entrarvi, e con ragione.

 

            Acconsente volentieri all’invito del fariseo, e lo fa con delicatezza, senza rimproverare la sua condotta, anzitutto perché vuole santificare gli invitati, l’ospite con la sua famiglia e la gioia della mensa. Poi perché sarebbe venuta la peccatrice e avrebbe manifestato il suo fervido e ardente anelito di penitenza; perciò acconsentì all’invito del fariseo, perché quella donna, deplorando i suoi peccati davanti agli scribi e ai farisei, insegnasse in che modo i peccatori devono riconciliarsi con Dio.

 

            “Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo cominciò a bagnarli di lacrime” (Lc 7, 37-38). Lodiamo dunque questa donna, che s’è meritata l’onore di tutto il mondo: ha toccato quei piedi immacolati, ha ricevuto in sorte con Giovani il corpo di Cristo. Questi, infatti, riposò sul Suo petto, dal quale doveva attingere la dottrina divina; lei invece abbracciò quei piedi che camminavano per noi. Cristo poi, che non giudica il peccato ma loda il pentimento, non punisce le colpe passate, ma guarda al futuro, non ricordando i peccati di lei onora la donna e loda il pentimento, giustifica le lacrime e premia il proposito. Il fariseo invece, vedendo il miracolo, ne ha l’anima scossa e spinto dall’invidia non crede al pentimento della donna, tacciandolo di ignoranza: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca” (Lc 7, 39).

 

            Ma Cristo parla in questo modo al fariseo mormoratore: “Simone, ho una cosa da dirti” (Lc 7, 40). O grazie ineffabile, o bontà infinita! Dio e l’uomo parlano insieme; Cristo gli presenta un problema e un insegnamento di bontà per vincere la malvagità di lui: “Ed egli: Maestro, dì pure”. “Un creditore aveva due debitori” (Lc 7, 40-41). Ammira la sapienza di Dio: non parla della donna, perché costui non giri malignamente la risposta. “L’uno, dice, gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta denari. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due” (Lc 7, 41-42).

 

            Condonò a chi non aveva, non a chi non voleva. Altro infatti è non avere, altro non volere. Per esempio: Dio non chiede niente a noi se non il pentimento, perché vuole che siamo sempre lieti e che ci affrettiamo alla penitenza. Se quindi perdona a chi vuole pentirsi, dimostra che la nostra penitenza non è adeguata alla gravità dei nostri peccati: non riusciamo a pagare il debito non perché non vogliamo, ma perché non abbiamo la possibilità. “Non avendo essi da restituire condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più? Simone rispose: Suppongo quello a cui ha condonato di più. Gli disse Gesù: Hai giudicato bene; e, volgendosi verso la donna, disse a Simone: Vedi questa donna peccatrice, respinta da te e da me accolta? Da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati (Lc 7, 42-44.45.47). Tu, quando mi hai ricevuto come convitato, non mi hai onorato con un bacio, non mi hai profumato con l’unzione: questa invece, chiedendo perdono di tanti peccati, mi ha reso onore anche con le lacrime. Tutti voi dunque, qui presenti, imitate ciò che avete ascoltato ed emulate il pianto della peccatrice. Lavate il vostro corpo non con l’acqua ma con le lacrime: rivestitevi non di seta ma con la veste incorrotta della continenza, per conseguire la stessa gloria, rendendo grazie all’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A lui sia gloria, onore e adorazione col Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli eterni. Amen.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

 

 

AMA E AVRAI IL REGNO: AMA E POSSEDERAI

di Sant’Anselmo Vescovo (dalle “Lettere”)

 

 

         Fratelli carissimi, Dio proclama che ha messo in vendita il regno dei cieli; e questo regno è così eccelso che la sua beatitudine e gloria “occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo” (1 Cor 2,9). Ma affinché tu possa pensarlo in qualche maniera, sappi che chiunque meriterà di regnare lassù, troverà in cielo e in terra tutto ciò che vorrà; quello invece che non vorrà, non lo troverà né in cielo né in terra. Sarà infatti così grande l’amore fra Dio e quelli che vi si troveranno, e l’unione vicendevole, che tutti si ameranno l’un l’altro come se stessi; e tutti però ameranno Dio più di se stessi. Perciò in cielo nessuno vorrà se non ciò che Dio vuole e quello che uno vorrà lo vorranno tutti; e ciò che vorrà uno o tutti insieme, lo vorrà Dio. Perciò chiunque avrà un desiderio lo vedrà realizzato, sia riguardo a se stesso che a tutti gli altri e a ogni creatura, come pure riguardo a Dio. E così i singoli saranno del perfetti sovrani perché tutto ciò che essi vorranno si effettuerà; e tutti insieme con Dio saranno un solo re e come un sol uomo, perché tutti vorranno una cosa sola e ciò che vorranno si realizzerà.

 

         Da cielo Dio proclama che tutto ciò è in vendita.

 

         Se uno domanda a quale prezzo, gli vien risposto: non ha bisogno di un compenso terreno chi vuol dare il regno del cielo, né alcuno può dare a Dio ciò che non possiede, perché tutto ciò che esiste appartiene a lui. D’altra parte Dio non dà del tutto gratuitamente una cosa di tanto valore, perché non la dà a chi non ama. Nessuno infatti dà ciò che ha più caro a chi non l’ama. Dio quindi non ha bisogno di qualcosa di tuo, né deve dare una cosa tanto grande a chi non si cura di amarla: non cerca che l’amore, senza il quale non è tenuto a dare nulla. Dagli dunque l’amore e otterrai il segno: ama ed avrai.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

 

 

 

L’OPERA DELLO SPIRITO SANTO NELL’UOMO

di Sant’Antonio il Grande nel III Secolo

  

 

         Lo Spirito santo unendosi con l’intelletto…gli insegna a tenere il corpo in ordine, il corpo tutto intero dalla testa ai piedi: gli occhi affinché guardino con purezza; le orecchie perché ascoltino in pace. La lingua affinché non dica che il bene; le mani affinché si mettano in movimento solamente per essere elevate nella preghiera e per compiere le opere di carità. Il ventre perché mantenga i suoi limiti dovuti all’uso del cibo e delle bevande, i piedi perché camminino diritti nella volontà di Dio. In tal modo tutto il corpo si abitua al bene e si trasforma, assoggettandosi al potere delle Spirito Santo, in modo tale che finisce per partecipare, in una certa misura, a quelle proprietà del corpo spirituale che deve ricevere nella resurrezione dei giusti.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

 

 

CRESCERE NELLA SPERANZA DELL’IMMORTALITA’

di S.Gemma Galgani

 

 

         Quante volte diciamo d’esser naufraghi in un tempo che fugge da noi, inesorabilmente. E non vediamo il sole che ancora irraggia fecondo, l’atmosfera che aiuta la nostra sopravvivenza, e rende possibile la continuità di un frutto interminabile… Ma s’abbandona in Dio, chi ha compreso la vera povertà; questi, pur spogliato di tutto, si sente interiormente arricchito. Cade sotto le forbici del vendemmiatore il tralcio infruttuoso, ma la potatura fa germogliare misteriosi gettiti di vita. Distaccati da ciò che è accessorio, non essenziale, diveniamo più liberi e ricchi interiormente. La vera ricchezza è all’interno, la vera felicità, dobbiamo confessare con realismo soprannaturale, la portiamo in noi, inestimabile dono di Dio. Ogni nostro limite può, se vogliamo, estendersi all’infinito; ogni nostra esigenza reale può essere appagata eternamente. La malinconia si dissolve, la tristezza svanisce quando abbiamo in noi “bello costante”. Se l’anima è docile alla grazia, un vento serenatore dirada le nuvole e rinsalda le radici. La povertà del passato diventa ansia di possesso per l’avvenire. Le spine fioriscono in rose. Non dobbiamo meravigliarci”, scrive un poeta francese “che le rose abbiano le spine. Dobbiamo piuttosto meravigliarci che dalle spine fioriscano le rose”. Un cristiano vive in questa divina certezza. La sua casa, è pur sempre la casa di un figlio, il cui Padre è Dio. Anzi, “poverello” che sia, nel suo corpo scende a convivere insieme la Famiglia trinitaria. E tutto il suo essere cresce nella speranza dell’immortalità.

 

IIIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI sabato

 

 

IL DONO DELLA PREGHIERA

di Jean Lafranche

 

         Più si progredisce nella vita di preghiera o nell’educazione alla preghiera, più ci si convince che vi è una sola cosa da dire a coloro che vogliono imparare a pregare: PERSEVERATE. “Dio, dice san Giovanni Climaco, fa dono della preghiera a colui che prega”. Non si può insegnare a qualcuno a pregare, così come non si può insegnargli ad amare, a gioire o a piangere. Occorre semplicemente lasciare che la vita trinitaria respiri in noi. E’ soltanto lo Spirito Santo nascosto in fondo al nostro cuore che può insegnarci a pregare. La sola cosa che noi possiamo fare è disporci ad accogliere il dono della preghiera.

 

         A proposito della preghiera, il Cristo ci dice ben poche cose: bisogna entrare nella propria camera, tacere, chiudere la porta e pregare il Padre in segreto, cioè far uscire dal proprio cuore tutte le preoccupazioni che ci assalgono legittimamente e molto spesso anche, dobbiamo riconoscerlo, illegittimamente. Invece insiste moltissimo sulla fiducia e la perseveranza; bisogna chiedere, cercare, bussare e soprattutto non scoraggiarsi, né stancarsi mai. Per farci ben comprendere questa perseveranza, egli prende il paragone dell’amico importuno e del giudice iniquo: bisogna chiedere “senza vergognarsi” (Lc 11,8) e anche “annoiare” Dio al punto di rompergli la testa” (Lc 18,5). Osserviamo la forza delle espressioni utilizzate da Gesù e al tempo stesso la bontà del Padre che si lascia commuovere nella misura stessa della fiducia di colui che lo prega (Lc 18, 7-8).

 

         Del resto questa perseveranza è direttamente collegata alla fede e alla fiducia: la preghiera piena di fede è capace di spostare le montagne e gli alberi: “Abbiate fede in Dio! Uno potrebbe anche dire a questa montagna: ‘Levati e buttati nel mare!’. Se nel suo cuore egli non ha dubbi, ma crede che accadrà quello che dice, state certi che gli accadrà veramente. Perciò vi dico: tutto quello che domanderete nella preghiera, abbiate fiducia di ottenerlo e vi sarà dato!.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

CRISTO E’ RISORTO E ATTIRA A SE’ LA STORIA INTERA

di Giorgio La Pira

 

         Se Cristo è risorto,e lo è, allora il “punto propulsivo” il “punto di Archimede” della storia intiera del mondo - cosmica e umana; individuale e collettiva - è Lui; il corso intiero dei secoli fa centro in Lui, Alfa e Omega; principio e fine; primo e ultimo: (Ap. 22,13); allora, è “vera” la grazia che da Lui – per tutti gli uomini e tutti i popoli – deriva (Gv. 1,16; 4,15); allora è “vera” – “necessitante”, in un certo senso, per tutti gli uomini e per tutti i popoli, per tutta la storia – la Chiesa, da Lui disegnata a Cesarea (Mt. 16,18) e lanciata – per opera dello Spirito Santo – a Pentecoste (At. 2,2ss) e da Lui sostenuta ogni giorno, nel corso intiero dei secoli (Mt. 28,20); allora sono “vere”, “valide”, ineliminabili – nella struttura e nella dinamica della Chiesa e della storia – le “missioni” da Lui affidate per tutte le genti (Mt. 28,19), a Pietro e Paolo (At. 9,15), a tutti gli apostoli  per pervenire sino alla “pienezza degli ebrei” ed alla “pienezza dei gentili” (Rm.11,25); allora è fondamentalmente “vero”, fondamentalmente “valido”, nonostante tutti i limiti e tutte le deficienze,  l’intiero corso bimillennario della storia della Chiesa in “espansione missionaria” verso le genti…

         Allora, in conclusione, la storia intiera – e quella del nostro tempo, perciò – va vista - per essere interpretata nel suo fondo, nel suo valore, nella sua struttura e nel suo fine - da un solo angolo visuale: quello di Cristo Risorto e del “progetto di signoria” che Egli, mediante la Chiesa, deve realizzare, nonostante la libertà, la indocilità e la responsabilità degli uomini, nel corso dei millenni (Ap. 20,1ss)

 

IVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

Commento sul vangelo di Marco, PL 2, 137-138

 

Mc 1,21-28

 

  Una dottrina nuova insegnata con autorità

 di San Girolamo nel quinto secolo

 

 

          Gesù si recò dunque nella sinagoga di Cafàrnao e si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché parlava loro “come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Non diceva per esempio: “Parola del Signore!” oppure: “Così dice colui che mi ha mandato”. No. Gesù parlava in nome proprio: era lui infatti ad aver parlato una volta attraverso la voce dei profeti. È già bello poter dire, fondandosi su un testo: “Sta scritto...” È meglio ancora proclamare, nel nome del Signore stesso: “Parola del Signore!” Ma è tutt’altra cosa poter affermare, come Gesù in persona: “In verità, vi dico!...” Come osi dire, tu: “In verità vi dico!” se non sei colui che un tempo ha dato la Legge e parlato attraverso i profeti?...

         “Erano stupiti del suo insegnamento”. Che cosa insegnava che fosse così nuovo. Non faceva nulla se non ridire ciò che aveva già dichiarato tramite la voce dei profeti. Eppure erano stupiti, perché non insegnava alla maniera degli scribi. Insegnava come se avesse in prima persona l’autorità; non da rabbi ma in quanto Signore. Non parlava riferendosi ad uno più grande di lui. No, la parola che diceva era sua; e infine, usava questo linguaggio di autorità poiché affermava presente colui di cui aveva parlato per mezzo dei profeti: “Io dicevo. Eccomi qua” (Is 52,6)... Perciò, Gesù minaccia lo spirito immondo che si esprime nel posseduto nella sinagoga: “Taci! Esci da quell’uomo”. Cioè: “Esci da casa mia; cosa fai in costui che è la mia dimora? Io voglio entrarvi. Taci! Esci da quell’uomo. Lascia quella dimora che è stata preparata per me... Dio la vuole. Lascia l’uomo; mi appartiene. Non voglio che sia tuo. Io abito nell’uomo; questo è il mio Corpo. Vattene!”

 

IVA settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

Commento sul vangelo di Luca 6, 58-61

Mc 5,21-43

 

 

 Io dico a te, alzati !

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Prima di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all’una, l’altra è già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere nella nostra vita eterna…

 

         I servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro » non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel Vangelo. Perciò Gesù prende con sé soltanto pochi testimoni della risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte non è vista come una fine ma come un riposo…

 

         E Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa credere che sia un’illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli dimora, distolga il mio spirito dall’errore, e così riconduca colui che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull’altare il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato : « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi » ( Pr 9, 5).

 

IVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

Mc 5,21-43

 

IL SIGNORE E’ NOSTRA GIOIA E NOSTRA SPERANZA

di San Cirillo d’Alessandria nel quarto secolo

 

         “Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto (Is 25, 8). All’insegnamento dei misteri della fede va unito molto opportunamente il necessario discorso sulla risurrezione dei morti. Perciò anche nel conferimento del battesimo, con la professione di fede affermiamo di aspettare la risurrezione futura, e vi crediamo.

 

         La morte colse il nostro progenitore Adamo a causa del peccato, lo assalì come una fiera selvaggia e crudele, e lo rapì; da allora comparvero fra gli abitanti della terra i lamenti, i lutti, le lacrime e i canti funebri. Ma cessarono in Cristo; il terzo giorno egli risuscitò calpestando la morte, e divenne per tutta l’umanità la via per vincerla definitivamente.

 

         Egli è il primogenito dei redivivi, la primizia di quanti sono morti: alla primizia seguirà tutto il resto, cioè noi. Perciò il lamento funebre si è mutato in gaudio, il sacco si è lacerato, e siamo rivestiti da Dio della gioia di Cristo.  In tal modo ogni lacrima è asciugata.

 

         Voi conoscerete, dice, colui che dà la gioia e perfino il vino, e che unge con unguento quelli che in Sion hanno minore facoltà di intendere; e conoscerete che è veramente Dio, il Figlio, della stessa natura di Dio, sebbene si presenti nella natura di servo, fatto uomo per la salvezza e la vita di tutti gli uomini, e simile in tutto agli altri uomini, eccetto il peccato. Ecco il nostro Dio nel quale abbiamo sperato, ed esultato per la nostra salvezza.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Cap. “Umiltà” § 124

 

IVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mc 6,1-6

 

La fede ci fa’ riconoscere Gesù come Signore

di San Teofilo di Antiochia

 

 

         Se dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l’uomo che è in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.

         Tu hai gli occhi dell’anima annebbiati per i tuoi peccati e per le tue cattive azioni. Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l’anima dell’uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell’uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell’uomo, egli non può più vedere Dio.

         Mostra dunque te stesso. Fa’ vedere se per caso non sei operatore di cose indegne, ladro, calunniatore, iracondo, invidioso, superbo, avaro, arrogante con i tuoi genitori. Dio non si mostra a coloro che operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia. Queste cose ti ottenebrano, come se le tue pupille avessero un diaframma che impedisse loro di fissarsi sul sole.

         Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della  tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? E’ Dio, il quale per mezzo del Verbo e della sapienza guarisce e dà la vita.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

 

Sulla Prescrizione degli eretici 19-21 ; SC 46, p.111

(in l’Ora dell’Ascolto p. 2403)

 

  

 Credo nella Chiesa…apostolica

 di Tertulliano nel secondo secolo

 

 

         Cristo Gesù, Signore nostro, per tutto il tempo che visse sulla terra manifestò chi egli era, chi era stato, qual era la volontà del Padre, che cosa l’uomo dovesse fare. Questa rivelazione la fece apertamente al popolo e separatamente ai discepoli, fra i quali scelse i Dodici, come partecipi del suo magistero universale… Gli apostoli, il cui nome significa « mandati »…avendo ricevuto, secondo la promessa, lo Spirito Santo che doveva renderli capaci di fare i miracoli e predicare, testimoniarono la fede in Gesù Cristo prima in Giudea e poi in tutto il mondo, istituendo ovunque chiese particolari. Ovunque fecero risuonare il medesimo insegnamento e annunziarono la medesima fede. Così fondarono chiese in ogni città.

 

Da queste ricevettero la linfa della fede e i segni della dottrina tutte le altre chiese e tutte le altre popolazioni che tendono a divenire chiese. Tutte queste chiese venivano considerate apostoliche, in quanto figlie delle chiese degli apostoli…Tra tante e tanto grandi chiese, unica è la prima fondata dagli apostoli e dalla quale derivano tutte le altre… Che cosa poi gli apostoli abbiano predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli apostoli hanno fondato.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Giovedì

                                                                    
 

 Incominciò a mandarli

del Beato Charles de Foucauld



 

         Essere apostolo, in che modo? Nei modi che Dio ci mette a disposizione: i sacerdoti hanno dei superiori che dicono loro cosa devono fare. I laici devono essere apostoli verso tutti quelli che riescono a  raggiungere: i parenti e gli amici, ma non soltanto loro; la carità non ha nulla di stretto, abbraccia tutti coloro che abbraccia il Cuore di Gesù.

         Con quali mezzi? Con i mezzi migliori, tenendo conto delle persone alle quali sono indirizzati: verso tutti quelli con cui sono in relazione, nessuno escluso, con la bontà, con la tenerezza, con l’affetto fraterno, con l’esempio della virtù, con l’umiltà e la mitezza, sempre attraenti e così cristiane. Con alcuni occorre non dire mai una parola su Dio o sulla religione, pazientando come Dio pazienta, essendo buono come Dio è buono, essendo per loro come  un tenero fratello e pregando. Con altri, è opportuno parlare di Dio nella misura che possono portare; e quando giungono al punto di cercare la verità mediante lo studio della religione, occorre metterli in rapporto con un sacerdote ben scelto e capace di fare loro del bene. Soprattutto vedere in ogni essere umano un fratello.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Omelie sul vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347

 

Mc 6,14-29

 

Precursore di Cristo nella nascita e nella morte

di Origene nel terzo secolo

 

 

         Ammiriamo Giovanni Battista sopratutto a motivo di questa testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni » (Lc 7,28) ; ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che molta gente pensava che fosse Cristo (Lc 3,15). Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto. Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si preoccupa della morte  né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.

 

         Non potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro ? » (Lc 7,19). Notate bene che, persino nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda dunque alcuni discepoli…

         I discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista. 

 

IVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Omelia per la Decollazione di San Giovanni Battista,

Opera omnia, t. 2, p. 514-515, 518-519

 

Mc 6,14-29

 

  

 

 Beati i perseguitati per causa della giustizia

di Lanspergo il Certosino nel sedicesimo secolo

  

 

         La morte di Cristo è all’origine di una folla innumerevole di credenti. Per la potenza dello stesso Signore Gesù, e grazie alla sua bontà, la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere una grande moltitudine di cristiani. Infatti, la religione cristiana non è mai stata annientata dalla persecuzione dei tiranni e nemmeno dall’omicidio ingiustificabile degli innocenti , piuttosto essa ne ha tratto ogni volta un grande accrescimento.

                   San Giovanni, che ha battezzato Cristo, ne è per noi un esempio. Erode, questo re infedele, volle, in fedeltà alla propria promessa, cancellare completamente dalla memoria degli uomini, il ricordo di Giovanni. Invece, non soltanto Giovanni non fu annientato, ma migliaia di uomini, infiammati dal suo esempio, accolsero la morte con gioia per la giustizia e la verità… Quale cristiano, degno di questo nome, non venera oggi Giovanni, colui che ha battezzato il Signore ? Ovunque nel mondo, i cristiani celebrano la sua memoria, tutte le generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono la Chiesa del loro profumo. Giovanni non ha vissuto solo per se stesso, e non è morto solo per se stesso.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Commento sul vangelo secondo Matteo, 10, 23 ; SC 162, 257

Mc 6,30-34

 

Si commosse per loro

di Origene nel terzo secolo

 

         Gesù, il Verbo di Dio, era in Giudea. Saputa l’esecuzione del profeta Giovanni il Battista, partì su una barca - simbolo del suo corpo - « verso un luogo solitario, in disparte ». In quel luogo solitario, Gesù si trovava « in disparte » poiché la sua parola vi era isolata, e il suo insegnamento contrastava con i costumi e con le idee diffuse fra la gente. Allora la folla delle persone, saputo che colui che è la Parola di Dio era venuto ad abitare nel loro deserto…, lo seguirono, lasciando le loro città, lasciando cioè ciascuno i costumi superstiziosi della propria patria e aderirono alla legge di Cristo… Gesù venne loro incontro ; loro infatti erano incapaci di andargli incontro ; mescolandosi a « quelli di fuori » (Mc 4,11), li condusse dentro.

 

         È molta questa folla di fuori che egli viene ad incontrare. Spargendo su di essa la luce della sua presenza, la guarda e, vedendo quale genere di persone lo circondino, li trova maggiormente degni di pietà. Lui che, in quanto Dio, è al di là della sofferenza, soffre a causa del suo amore per gli uomini ; la commozione lo prende alle viscere. Non soltanto si commuove, ma anche li guarisce da ogni loro malattia, li libera dal male.

 

IVA settimana Tempo Ordinario - PV SABATO

Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium»

del Concilio ecumenico Vaticano II sulla sacra Liturgia  (Nn. 5-6)

 


L'opera della salvezza

Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium»

 


         Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità»
(1 Tm 2, 4), perciò, egli «che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1, 1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti (cfr. Is 61, 1; Lc 4, 18) «medico nella carne e nello spirito» , Mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1 Tm 2, 5). Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu lo strumento della nostra salvezza. Per cui in Cristo avvenne il perfetto riscatto della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino.


         Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine, operate nel popolo del Vecchio Testamento, fu compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata Passione, Risurrezione da morte e gloriosa Ascensione, mistero per il quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha ridato a noi la vita. Infatti dal costato di Cristo morente sulla croce è nato il mirabile sacramento di tutta la Chiesa.
Pertanto, come Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché, predicando il Vangelo a tutti gli uomini, annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte, e ci ha trasferiti nel regno del Padre, ma anche perché, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali s'impernia tutta la vita liturgica, attuassero l'opera della salvezza, che annunziavano.

 

VA settimana Tempo Ordinario -  UR Domenica

 

 

 

Dal Salvatore venne la risurrezione e Cristo vive: anzi egli è la vita

Dal “Discorso sull’Incarnazione del Verbo”

di sant’Atanasio, vescovo nel quarto secolo

 

 

   Se col vessillo della croce e la fede nel Cristo la morte viene calpestata, bisogna concludere con certezza assoluta che non c’è nessun altro all’infuori di Cristo, che abbia riportato la palma e il trionfo sulla morte e l’abbia ridotta così all’impotenza. Se la morte che prima dominava ed era perciò causa di terrore, dopo la venuta e la morte e risurrezione del Salvatore vien disprezzata, appare evidente che essa è stata distrutta e vinta dallo stesso Cristo, quando salì sulla croce. Dopo la notte sorge il sole e illumina con i suoi raggi la terra, e nessuno potrebbe dubitare che sia il sole, diffondendo ovunque la sua luce, a scacciare le tenebre e illuminare tutte le cose. Così, poiché la morte cominciò a essere disprezzata e calpestata quando il Salvatore, venuto fra noi in forma umana per salvarci, morì sulla croce, da ciò e evidente che lo stesso Salvatore, apparendo nel corpo, ha distrutto la morte e ogni giorno ne trionfa attraverso i suoi discepoli.

 

   Che poi la risurrezione di un corpo mortale sia stata compiuta dal Cristo, salvatore di tutti e vera vita, risulta più evidente dai fatti che dalle parole a coloro che hanno sano l’occhio interiore. Se infatti la morte è stata annientata e tutti hanno il potere di vincerla per mezzo di Cristo, tanto più egli stesso la vinse e l’annientò per primo nel proprio corpo. Avendo egli abolita la morte, che cosa rimaneva ancora se non che il corpo risorgesse, diventando come un vessillo contro di essa? Come si sarebbe potuto vedere che la morte era distrutta, se il corpo del Signore non fosse risorto?

 

   Se poi a qualcuno tutto ciò non bastasse a provare la risurrezione di lui, creda almeno per quelle cose che si possono scorgere con gli occhi.

   Chi è morto, infatti, non può più fare assolutamente nulla, e il suo ricordo resta vivo appena fino al sepolcro e poi svanisce; solo i vivente possono agire ed essi soli hanno influenza sugli uomini. Osservi dunque chi lo desidera, e giudicando da se stesso riconosca la verità da ciò che avrà visto: se il Salvatore compie tra gli uomini tante e così grandi  cose e dappertutto persuade ogni giorno silenziosamente greci e barbari ad abbracciare la sua fede e obbedire alla sua legge, vi sarà ancora chi dubiti della sua risurrezione e che il Cristo sia vivo, anzi sia la stessa vita?

 

VA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

 

SUL DOVERE DI AMARE DIO

 di San Bernardo di Clairvaux  nel dodicesimo secolo

 

 

         La ragione per cui bisogna amare Dio è Dio stesso. E ho detto la verità, perché egli è la causa efficiente e quella finale. Egli offre l’occasione, egli crea il sentimento, egli appaga il desiderio. Egli ha fatto in modo, o meglio si è fatto, perché lo si amasse; egli ci suscita la speranza di doverlo amare più felicemente, perché l’amore per lui non risulti vano. L’amore che egli ha per noi prepara e ricompensa il nostro. E’ fin troppo benevolo nel prevenirci, è fin troppo giusto nel farsi ripagare, è fin troppo dolce nel farsi attendere. E’ assai ricco di beni per tutti quelli che lo invocano, ma pure non ha da dare nulla di meglio che se stesso. Si è offerto per ottenere in ricompensa il nostro amore, si conserva per essere a sua volta la ricompensa per noi, si associa alle anime sante per nutrirle, si prodiga alle anime prigioniere del male per redimerle. Sei buono, o Signore, con l’anima che ti ricerca. Come sarai dunque con quella che ti avrà trovato? Ma in questo c’è da stupirsi che nessuno è capace di cercarti se non ti ha prima trovato. Vuoi insomma essere trovato per essere cercato, vuoi essere cercato per essere trovato. Puoi però essere cercato ed essere trovato, ma non puoi mai essere prevenuto. Perché anche se diciamo: “Di mattino la mia preghiera ti preverrà”, pure non c’è dubbio che riesce tiepida ogni preghiera che non sia stata preceduta da un’ispirazione. Ma ora è tempo di dire donde incominci il nostro amore, dato che è stato già detto dove si compie.

 

VA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mc 7, 1-13

 

Prayer : Seeking the Heart of God, con Fr.Roger

 

 « Il suo cuore è lontano da me »

Beata Teresa di Calcutta nel ventesimo secolo

 

 

         Lasciare  che l’amore di Dio prenda pieno e assoluto possesso di un cuore; così l’amore diventa per questo cuore come una seconda natura; che il cuore non lasci entrare dentro di sé nulla che gli sia contrario; che si applichi continuamente ad accrescere questo amore di Dio, cercando di essergli gradito in tutto e non rifiutandogli nulla; che accolga tutto ciò che gli succede come se venisse dalla mano di Dio.

 

         La conoscenza di Dio produce l’amore, e la conoscenza di sé produce l’umiltà. L’umiltà è null’altro che la verità. “Che cosa mai possediamo che non abbiamo ricevuto?” (1 Cor 4,7). Poiché ho ricevuto tutto, non possiedo nulla di mio. Se saremo convinti di questo non alzeremo mai la testa con superbia. Se sarete umili nulla vi toccherà, né la lode, né l’ignominia poiché saprete chi siete. Se vi biasimeranno, non vi scoraggerete. Se vi proclameranno santo, non vi metterete su un piedestallo. La conoscenza di noi stessi ci mette in ginocchio.

 

VA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mc 7, 1-13

Libro II, cap 5-6 

 

« Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me »

 dall’ Imitazione di Cristo, trattato spirituale del 15o secolo

 

         Spesso non ci accorgiamo neppure di essere così ciechi interiormente: facciamo il male e, cosa ancora peggiore, ci andiamo scusando. Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo; rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi. Avvertiamo con prontezza, e pesiamo ben bene ciò che gli altri ci fanno soffrire, ma non ci accorgiamo di quanto gli altri soffrono per causa nostra. Chi riflettesse bene e a fondo su se stesso, non giudicherebbe severamente gli altri.

 

L'uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé; e, intento diligentemente a se stesso, è portato a tacere degli altri. Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso, giungerai a una vera e devota interiorità… L'anima che ama Dio disprezza tutto ciò che sia inferiore a Dio. Conforto dell'anima e vera letizia del cuore è soltanto Dio, l'eterno, l'incommensurabile, colui che riempie di sé l'universo.

 

 Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima, giacché « non c'è pace per gli empi », dice il Signore (Is 57,21)… Chi ha la coscienza pulita, si sentirà facilmente contento e tranquillo. Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a ciò che possano dire di te gli uomini. « L'uomo vede in superficie, Dio invece vede nel cuore » (1 Sam 16,7).

 

VA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mc 7, 14-23

 

Libro di Vita di Gerusalemme

Pagina 97-98; § 108

 

Dal Libro di vita di Gerusalemme

 Al Capitolo Obbedienza

 

         La vera obbedienza è dunque innanzitutto una conversione. Per mezzo suo volta le spalle all’uomo vecchio e al mondo e volgiti verso le cose di lassù e verso la ricerca di Dio nel più profondo di te stesso. Così purificato e spogliato, ti renderai trasparente alla sua volontà.

 

         La vera obbedienza è al tempo stesso ascolto e azione. Suppone dunque in te una docilità attenta – porgi l’orecchio, vieni a Dio, ascolta e vivrai – e l’attuazione pratica di ciò che hai ascoltato. L’obbedienza è immediata e senza compromessi. I veri monaci abbandonano subito le cose loro e rinunziano alla propria volontà, liberandosi sull’istante di quanto avevano fra mano…L’obbedienza allora sarà gradito a Dio e soave agli uomini quando il comando sarà eseguito senza esitazione, senza indugio, senza tiepidezza, senza mormorazione, senza rispondere con il rifiuto. Medita queste parole del grande maestro dell’obbedienza. Vivendole, diventerà perfetto a immagine del Figlio.

 

VA settimana Tempo Ordinario - VESPRI MERCOLEDI’

 

 

 

dagli scritti di sant'Ireneo vescovo di Lione nel Secondo Secolo

  

IL DONO DELLA SALVEZZA

 

 

Colui che ha una retta conoscenza del Creatore - che è Dio il quale a tutti dà l'esistenza - se rimane nel suo amore, sottomesso e riconoscente, riceverà da lui una gloria sempre maggiore, avanzando fino ad essere simile a colui che morì per noi.

 

Cristo, infatti, venne ad esistere "nella somiglianza della carne del peccato" (Rm 8, 3) per condannare il peccato e come tale espellerlo dalla carne, per stimolare così l'uomo assegnandogli il compito d'imitare Dio e riconducendolo all'obbedienza del Padre affinché veda Dio, facendogli la grazia di conoscere intimamente il Padre.

 

Egli è il Verbo di Dio che abitò in mezzo agli uomini divenendo figlio dell'uomo perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre, e Dio si familiarizzasse ad abitare con l'uomo, secondo il beneplacito del Padre. Per questo, segno della nostra salvezza è lo stesso Signore, Emmanuele nato dalla Vergine, perché era lui che doveva salvare coloro che da sé non avrebbero potuto salvarsi.

 

In questo senso Paolo afferma la debolezza dell'uomo: "So che nella mia carne non abita il bene" (Rm 7 18), significando che non da noi, ma da Dio viene il bene della nostra salvezza. E ancora: "Povero me, chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7, 24). Quindi addita il liberatore: "La grazia di Gesù Cristo Signore nostro" (Rm 8, 25).

  

IRENEO di Lione,

Contro le eresie, vol. I, Siena,

ed. Cantagalli, 1984, p. 320-321. Testo adattato.

 

VA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mc 7, 24-30

 

Omelia « Cristo sia annunziato »,

12-13; PG 51, 319-320

 

La preghiera umile e insistente

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Una donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ? « Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la tua fede ! Ti sia fatto come desideri » (Mt 15, 28). Quando udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo cercare altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna. Vedi come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza. Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la nostra preghiera che con la preghiera degli altri.

 

VA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mc 7, 24-30

 

 

«Grande è la tua fede ; ti sia fatto come desideri»

 San Beda il Venerabile nell’ottavo secolo

 

 

         Il Vangelo ci mostra quanto sia grande la fede, la pazienza, la perseveranza e l’umiltà della Cananèa…Questa donna era dotata di una pazienza proprio non comune. Alla sua prima richiesta, il Signore non risponde nemmeno con una parola. Nonostante ciò, lungi dallo smettere un istante di pregarlo, implora con un’insistenza accresciuta il soccorso della sua bontà… Vedendo l’ardore della nostra fede e la tenacia della nostra perseveranza, il Signore finirà per avere pietà di noi e ci darà ciò che desideriamo.

 

         La figlia della Cananèa era «tormentata da un demonio». Cacciata l’agitazione cattiva dei nostri pensieri e sciolti i nodi dei nostri peccati, ritroveremo la serenità dello spirito e la possibilità di agire correttamente… Se, come la Cananèa, persevereremo nella preghiera, con una fermezza incrollabile, la grazia del nostro Creatore ci sarà presente ; essa correggerà tutti i nostri errori, santificherà quanto è impuro, placherà ogni agitazione. Infatti il Signore è fedele e giusto. Egli ci perdonerà i nostri peccati e ci purificherà da ogni macchia, se grideremo verso di lui con la voce attenta del nostro cuore.

 

VA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mc 7, 31-37

 

Discorso « Sul Signore », 10-11

 

 

 

« Gli pose le dita sugli occhi »

 

Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         La fortezza divina che non può essere toccata dall’uomo è discesa, si è avvolta di un corpo palpabile, affinché i poveri possano toccarla e, toccando l’umanità di Cristo, percepiscano la sua divinità. Attraverso le dita di carne il sordomuto ha sentito che gli si toccavano gli occhi e la lingua. Attraverso le dita palpabili, ha percepito la divinità intoccabile quando il nodo della sua lingua venne sciolto e le porte chiuse dei suoi occhi vennero aperte. Infatti l’architetto e l’artigiano del corpo è venuto fino a lui e, con una parola dolce, ha creato senza dolore, delle aperture nei suoi orecchi sordi ; allora, anche questa bocca chiusa, finora incapace di dare alla luce la parola, ha messo al mondo la lode di colui che ha fatto portare frutto alla sua sterilità.

 

         Allo stesso modo, il Signore fece del fango con la saliva e spalmò il fango sugli occhi del cieco nato (Gv 9,6) per farci capire che, come al sordo muto, qualcosa gli mancava. Un’imperfezione innata della nostra pasta umana è stata soppressa grazie al lievito che veniva dal suo corpo perfetto… Per colmare ciò che mancava a questi corpi umani, ha dato qualcosa della sua persona, proprio come dà se stesso in cibo [nell’eucaristia]. Con questo mezzo fa scomparire i difetti e risuscita i morti, perché possiamo riconoscere che, grazie al suo corpo in cui « abita tutta la pienezza della divinità » (Col 2,9), i difetti della nostra umanità sono corretti e che, mediante questo corpo in cui abita la vera vita, la vera vita viene data ai mortali

 

VA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Omelia 1, Dom XI dopo Pent.

in “L’Ora dell’Ascolto” p. 1778-9

 

Il Signore ha fatto bene ogni cosa

di San Lorenzo da Brindisi nel diciassettesimo secolo

 

 

Come la divina legge mosaica narrando l’opera della creazione del mondo dice: “Dio vide quanto aveva creato ed ecco era cosa molto buona, così il Vangelo narrando l’opera della redenzione e della rigenerazione dice: “Ha fatto bene ogni cosa”. “Ogni albero buono produce frutti buoni; un albero buono non può produrre frutti cattivi”:

Come il fuoco non può emanare che calore ed è impossibile che emani freddo, come il sole irradia solo luce e non può emettere tenebre, così Dio non può fare che il bene, essendo bontà infinita, la luce stessa, sole di uno splendore immenso fuoco di un calore senza limiti: “Ha fatto bene ogni cosa”.

 

Oggi dobbiamo dire con semplicità assieme a questa folla santa: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”. Ma questa moltitudine di gente parlò certo per ispirazione dello Spirito Santo, come l’asina di Balaam.

Infatti è lo Spirito Santo che dice per bocca della folla: “Ha fatto bene ogni cosa”, cioè egli è il vero Dio, che fa bene ogni cosa, poiché fa udire i sordi e fa parlare i muti, cosa che solo la potenza divina può fare. Ma da un’opera si passa a tutte le altre: ha fatto un miracolo che solo Dio può fare, dunque è Dio che “ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti” cioè è dotato  di virtù e potenza divina.

E se Dio ha fatto tutte le sue opere bene e buone per noi, sapendo che il nostro animo si diletta delle cose buone, mi domando perché non procuriamo anche noi di compiere tutte buone azioni e bene, sapendo che Dio si compiace di tali opere?

 

Ma se domandaste: Che cosa dobbiamo fare per meritar di godere sempre i divini benefici? Risponderò con una sola parola: quel che fa la sposa e una buona moglie per il suo sposo: per questo, infatti, la Chiesa è detta sposa di Cristo e di Dio; e allora Dio si comporterà con noi come lo sposo buono verso la sposa, che ama  al di sopra di tutto. Per questo dice per bocca di Osea: “Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,  nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”:

 

Così, fratelli, saremo felici anche il questa vita, questo mondo sarà per noi il paradiso terrestre, ci nutriremo, come gli Ebrei, della manna del cielo nel deserto di questa vita se, seguendo l’esempio di Cristo ci sforzeremo di far bene ogni nostra azione, così che si possa dire, di ogni cosa fatta da noi: “Ha fatto bene ogni cosa".

 

VA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Ut unum sint, 19

 

 

 

Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi

 

di Papa Giovanni Paolo Secondo

 

 

La dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina. Nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli, ricordavo come Cirillo e Metodio, per questo stesso motivo, si adoperassero a tradurre le nozioni della Bibbia e i concetti della teologia greca in un contesto di esperienze storiche e di pensiero molto diversi.

 

Essi volevano che l'unica parola di Dio fosse « resa così accessibile secondo le forme espressive, proprie di ciascuna civiltà ». Compresero di non poter dunque « imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l'indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti ». Essi mettevano così in atto quella « perfetta comunione nell'amore [che] preserva la Chiesa da qualsiasi forma di particolarismo o di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, come da ogni alterigia nazionalistica ».

 

Cirillo, in punto di morte, pregava così : « Signore Dio, fa’ crescere la tua Chiesa, e raduna tutti gli uomini nell’unità ; stabilisci i tuoi eletti nella concordia della vera fede e della retta confessione di fede : fa’ penetrare le tue parole nel loro cuore affinché si consacrino a ciò che è buono e ti è gradito. »

 

VA settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri Sabato

 

 

DELLE VIRTU’ CHE DANNO LODE A DIO

dagli scritti di San Francesco d’Assisi nel XIII secolo

 

 

            Dove c’è carità e pazienza, ivi non c’è timore né ignoranza.

 

         Dove c’è pazienza e umiltà, ivi non c’è né ira né turbamento.

 

         Dove c’è povertà e letizia, ivi non c’è cupidità né avarizia.

 

         Dove c’è quiete e meditazione, ivi non c’è inquietudine.

 

         Dove c’è il timore di Dio a custodire la porta, ivi il nemico non può trovare il modo di entrare.

 

         Dove c’è misericordia e discrezione, ivi non c’è né superficialità, né durezza.

 

         Beato il servo che si fa un tesoro in cielo dei  beni che il Signore gli confida, e non desidera di manifestarli agli uomini con la speranza di mercede, perché l’Altissimo stesso manifesterà l’opera di costui a chiunque gli piacerà. Beato il servo che custodisce i segreti del Signore in cuor suo.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

AMA IL SIGNORE E CAMMINA PER LE SUE VIE

di San Giovanni il Mediocre

 

 

         “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?” (Sal 26, 1). Era un grande servo quello che sapeva come, da dove e da chi era illuminato. Egli vedeva la luce, non questa che volge al tramonto, ma la luce “che occhio non vede” (1Cor 2, 9). Le anime illuminate da questa luce non cadono nel peccato, non incorrono nei vizi. Infatti il Signore diceva: “Camminate mentre avete la luce” (Gv 12, 35).

 

         Di quale luce parlava, se non di se stesso, lui che disse “Io come la luce sono venuto nel mondo” (Giov 12, 46), perché chi vede non veda, e i ciechi ricevano la luce? E’ il Signore dunque la nostra luce, il sole di giustizia che illuminò la sua Chiesa diffusa in tutto il mondo, e che il profeta proclamava: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?”.

 

         L’uomo interiormente illuminato non zoppica, non si allontana dalla via, tollera tutto. Chi da lontano intravede la patria, è forte nelle avversità, non si rattrista per le difficoltà temporali, ma è stabilito in Dio: se il cuore è depresso sopporta ed è paziente per la sua umiltà. Questa “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9) si dona a coloro che lo temono, penetra chi vuole e dove vuole, si rivela a chi il Figlio voglia rivelarla (cfr. Mt 11, 27).

 

VIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 1, 40-45

dall’Ora dell’Ascolto p. 1089-1090

 

 

Gesù toccò il lebbroso per sanarlo

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Signore, se vuoi, puoi guarirmi (Mc 1, 40). È grande la prudenza e la fede di questo lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il suo discorso, né si fa strada tra la folla degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi piedi, con fede sincera e con une giusta opinione di lui.

 

         Gesù non si accontentò di dire : “Lo voglio, guarisce!” ma contemporaneamente “stese la mano e lo toccò (Mc 1, 14); la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti, mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che l’abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe stato di immondo per i puri.

 

         Il Signore infatti non era venuto solo per guarire i corpi, ma anche per condurre le anime all’amore della sapienza. Perciò come altrove dice che non è più proibito mangiare senza lavarsi le mani, e come istituisce quell’ottima legge che permette di cibarsi di qualunque cibo, così agisce in questo caso per insegnare che bisogna curare l’anima mantenendola pura, senza far caso delle esteriori purificazioni e temendo soltanto la lebbra spirituale che è il peccato.

 

         Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale infatti non era corrotto, e la folla che ne rea spettatrice non era guastata dall’invidia. Perciò non solo non lo criticano, ma presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua inestimabile potenza che si manifestava nelle parole e nelle opere.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

OP ; GF 174 ; Ep 4,418

 

« Perché questa generazione chiede un segno ? » : Credere, persino nell’oscurità

di San  Pio di Pietrelcina nel ventesimo secolo

 

          Lo Spirito Santo ci dice : Non lasciate il vostro spirito soccombere alla tentazione e alla tristezza, perché la gioia del cuore è vita dell’anima. La tristezza non giova a nulla e causa la morte spirituale.

 

         Succede a volte che le tenebre della prova soverchino il cielo della nostra anima ; ma sono proprio luce ! Grazie ad esse infatti, voi credete persino nell’oscurità ; lo spirito si sente sperso, teme di non vedere più, di non capire più. Eppure è proprio il momento in cui il Signore parla e si rende presente all’anima ; e questa ascolta, intende e ama nel timore di Dio. Per « vedere » Dio, non aspettate il Tabor (Mt 17,1) quando già lo contemplate sul Sinai (Es 24,18).

 

         Andate avanti nella gioia di un cuore sincero e spalancato. E se vi è impossibile mantenere questa gioia, almeno non perdete coraggio e conservate tutta la vostra fiducia in Dio.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

La grande scienza

di San Silvano del Monte Athos nel ventesimo secolo

 

         Finché viviamo sulla terra, è necessario imparare a condurre la lotta contro i nemici. La cosa più difficile è mortificare le passioni della carne, per amore di Dio, e vincere il nostro amor proprio.

         Per vincere l’amor proprio è indispensabile umiliarsi continuamente. Questa è la grande scienza, che non si può possedere facilmente.

         Non tutte le anime hanno la medesima resistenza: alcune sono forti come la roccia, altre deboli come il fumo. Simili a fumo sono le anime superbe. Come il vento disperde qua e là il fumo, così il nemico trascina dove vuole le anime orgogliose, perché o non hanno pazienza o si lasciano ingannare facilmente e cadono nella disperazione. Ma le anime umili osservano i comandamenti del Signore e restano incrollabili come uno scoglio contro il quale si infrangono tutte le onde. Esse di sono affidate alla volontà di Dio e Lo contemplano con la mente, e il Signore dà loro la grazia dello Spirito santo.

        

         L’amore verso Dio ha differenti gradi. Chi resiste ai pensieri malvagi ama Dio secondo la sua capacità. Chi combatte contro i peccati supplica Dio di dargli la forza di non peccare ma, per la sua debolezza, cade di nuovo in peccato e si affligge per questo e si pente: costui ha la grazia nel profondo dell’anima e della mente, ma le passioni non sono state ancora vinte del tutto. Chi ha sconfitto le passioni non deve ormai più lottare, ma solo vigilare su se stesso in tutto, per non cadere in peccato. Un tale uomo ha una grazia grande e sensibile. Chi sente la grazia nell’anima e nel corpo è un uomo perfetto, e se conserva questa grazia, il suo corpo è santificato e si trasforma in sacra reliquia.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Cap. “ Gioia” § 179

 

VIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mc 8, 22-26

 

 Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo

(Tratt. 34, 8-9; CCL 36, 315-316)

 

Cristo è via alla luce, alla verità, alla vita

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

       Il Signore in maniera concisa ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»  (Gv 8, 12), e con queste parole comanda una cosa e ne promette un'altra. Cerchiamo, dunque, di eseguire ciò che comanda, perché altrimenti saremmo impudenti e sfacciati nell'esigere quanto ha promesso, senza dire che, nel giudizio, ci sentiremmo rinfacciare: Hai fatto ciò che ti ho comandato, per poter ora chiedere ciò che ti ho promesso? Che cosa, dunque, hai comandato, o Signore nostro Dio? Ti risponderà: Che tu mi segua.

     Che cosa seguono quelli che sono stati liberati e rialzati, se non la luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre»? (Gv 8, 12). Sì, perché il Signore illumina i ciechi. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il collirio della fede.

      L'Apostolo dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1 Core 13, 12). E l'apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2). Questa è la grande promessa. Se lo ami, seguilo.

         Tu replichi: Sì, ho i piedi sani, ma non vedo la strada. Ebbene, sappi che egli ha illuminato perfino i ciechi.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì

Mc 8, 27-33

 

Omelie sul Vangelo di San Matteo 54, 1-3

 

 

 

 Ordinò loro severamente di non riferire a nessuno che era il Cristo di Dio

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Egli allora raccomanda ai discepoli di non riferire a nessuno che era il Cristo ». Perché quest’ordine ? Perché, scartato ogni motivo di scandalo, compiute la croce e la sua passione, respinto ogni ostacolo in grado di distogliere la folla dal credere in lui, possa imprimersi profondamente e per sempre nelle anime la conoscenza esatta di quello che era. La sua potenza non aveva ancora brillato in modo eclatante. Attendeva che, prima che lo predicassero, l’evidenza della verità e dell’autorità dei fatti potessero confermare la testimonianza degli Apostoli.

 

         Una cosa era vederlo ora moltiplicare i prodigi in Palestina, poi esposto alle persecuzioni e agli oltraggi – e la croce stava per seguire questi prodigi – ; tutt’altro era vederlo adorato, creduto da tutta la terra, al riparo dagli abusi che aveva subito un tempo. Per questo raccomanda loro di non dire niente a nessuno… Se gli Apostoli, che erano stati testimoni dei miracoli, che avevano partecipato a tanti misteri ineffabili, si scandalizzavano all’udire una sola parola, e con essi, Pietro stesso, il capo di tutti loro (Mt 16, 22), cosa avrebbero pensato i comuni mortali se, dopo aver sentito dire che Gesù era il Figlio di Dio, egli fosse stato riempito di sputi e inchiodato alla croce ; e tutto questo mentre non si conosceva ancora la ragione di quei misteri e prima della venuta dello Spirito Santo ?

 

VIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mc 8, 27-33

  

 

 E voi chi dite che io sia ?

di Paolo VI

 

 

         Devo proclamare il suo nome: Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Egli ci ha rivelato il Dio invisibile, egli è “generato prima di ogni creatura”, egli è il “primo di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15.17). Egli è il maestro dell’umanità, e il suo redentore; è nato, è morto, è risuscitato per noi.

 

         Egli è il centro della storia del mondo ; ci conosce e ci ama; egli è il compagno e l’amico della nostra vita, l’“uomo dei dolori” (Is 53,3) e della speranza; è lui che deve venire, e sarà infine il nostro giudice e anche, ne abbiamo la certezza, la nostra vita in pienezza e la nostra beatitudine.

 

         Non finirò mai di parlare di lui; egli è la luce, è la verità; anzi, è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Egli è il pane, la fonte di acqua viva che colma la nostra fame e la nostra sete. Egli è il nostro pastore, il nostro capo, il nostro modello, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, oppresso, sofferente.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Lettere ; 10 maggio 1546, 30 gennaio 1548

Mc 8, 34-9,1

 

 Perdere la vita per Cristo

di San Francesco Saverio nel sedicesimo secolo

  

         Nell’espormi a ogni sorta di pericoli di morte, ripongo tutta la mia fiducia e la mia speranza in Dio Nostro Signore, col desiderio di conformarmi, a seconda delle mie povere capacità, alla parola di Cristo, nostro Redentore e nostro Signore : « Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà ». Benché il senso generale di questa parola del Signore sia facile da capire, tuttavia quando si esamina il proprio caso personale e ci si dispone a volere perdere la propria vita per Dio, allora i pericoli si presentano alla nostra immaginazione. Si presenta il fatto che si potrebbe perdere la vita… Tutto diviene così oscuro, che il latino [del testo biblico], pur chiarissimo in sé, viene anch’esso ad oscurarsi.

 

         Infatti, secondo me, in tal caso, qualunque sia la propria scienza, ciascuno potrà capire soltanto se Dio Nostro Signore, nella sua infinita misericordia, si degna di spiegarglielo, nel suo caso particolare. Allora si riconosce la condizione della nostra carne, e quanto essa sia debole…

 

         Tuttavia, in queste isole, le consolazioni spirituali abbondano ; perché tutti questi pericoli, queste sofferenze abbracciate volontariamente per il solo amore e il solo servizio di Dio Nostro Signore sono dei tesori e delle fonti inesauribili di grandi gioie spirituali. Non ricordo di essere stato altrove così largamente e continuamente consolato come lo sono qui.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mc 8, 34 - 9, 1

  

Discorsi ascetici, 1a  parte,    n° 4

 

  

 Chi vorrà salvare la propria vita la perderà;  ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la salverà

di Sant’Isacco Siriano  nel settimo secolo


 

         La via di Dio è una croce quotidiana. Nessuno è salito al cielo comodamente; sappiamo dove porta la via dell’agio. Dio non lascia mai senza preoccupazione chi si consacra a lui con tutto il cuore; gli dà di stare in pensiero per la verità. Del resto, da questo si riconosce che Dio veglia su un tale uomo: lo conduce attraverso delle afflizioni.

 

         La provvidenza non lascia mai cadere fra le mani dei demoni coloro che passano la vita nelle prove. E soprattutto se abbracciano i piedi dei loro fratelli, se coprono le loro colpe (1 Pt 4,8) e le nascondono come se fossero le proprie colpe. Colui che vuole essere senza preoccupazione nel mondo, colui che nutre questo desiderio e allo stesso tempo cerca di camminare sulla via delle virtù, questi ha già abbandonato il cammino. Infatti i giusti non solo combattono con tutta la volontà per compiere opere buone, ma anche lottano loro malgrado nelle tentazioni; così è provata la loro pazienza.

 

VIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

LA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

di San Leone Magno nel quarto secolo

 

 

         Il Signore manifesta la sua gloria alla presenza di molti testimoni e fa risplendere quel corpo, che gli è comune con tutti gli uomini, di tanto splendore, che la sua faccia diventa simile al fulgore del sole e le sue veste uguagliano il candore della neve.

 

         Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l’umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata la loro grandezza sublime della dignità nascosta del Cristo.

 

         Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gloria, che era brillata nel Capo.

 

         Di questa gloria lo stesso Signore, parlando della maestà della sua seconda venuta, aveva detto: “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13,43). La stessa cosa affermava anche l’apostolo Paolo dicendo: “Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8, 18). In un altro passo dice ancora: “Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, nostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria (Col 3, 3-4).

 

VIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI sabato

 

 

SIAMO DI NUOVO ACCOLTI IN CRISTO

di San Cirillo di Alessandria nel quarto secolo

 

 

         Davvero il mistero di Cristo ci colma di stupore; e la grandezza della sua bontà verso di noi supera ogni capacità di ammirazione. Per questo il beato Abacuc, stupefatto per il modo dell’Incarnazione, esclama con chiare parole: “Signore, ho ascoltato il tuo annunzio; Signore, ho avuto timore della tua opera” (Ab 3, 2). Poiché l’Unigenito, uguale nella natura a Dio Padre, da ricco che era come Dio, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8, 9); e questo per salvare ciò che era perduto, dar vigore a ciò che era debole, fasciare le ferite, ridare vita a ciò che era morto e candore a quel ch’era macchiato; per elevare all’adozione in figli quelli che per natura erano servi. A lui dunque da tutti la lode: “Chi è come te o Dio?”. Tanto buono da dimenticare le offese, perdona i peccati al resto del suo popolo, gli Israeliti che hanno creduto; la moltitudine degli altri invece fu totalmente perduta, perché rifiutò di credere.

 

         Ma non chiuse la sua ira in testimonianza perenne. Fummo respinti in Adamo, ma di nuovo accolti in Cristo. Nel primo si ebbe la maledizione, nel secondo la benedizione. Come infatti per la caduta di uno solo morì la moltitudine degli uomini, così per la giustizia di uno solo molti vivranno (cfr. Rm 5,15).

 

VIIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

ADERIAMO A DIO, UNICO VERO BENE

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Dov’è il cuore dell’uomo ivi è anche il suo tesoro. Infatti il Signore non suole negare il buon dono a quanti lo pregano. Pertanto, poiché il Signore è buono e lo è soprattutto per quelli che lo aspettano pazientemente, aderiamo a lui, stiamo con lui con tutta la nostra anima, con tutto il cuore, con tutta la forza, per restare nella sua luce, vedere la sua gloria e godere della grazia della felicità suprema. Eleviamo dunque l’anima a quel Bene, restiamo in esso, aderiamo ad esso; a quel Bene, che è al di sopra di ogni nostro pensiero e di ogni considerazione e che elargisce pace e tranquillità senza fine, una pace che supera ogni nostra comprensione e sentimento.

 

         Questo è il Bene che pervade tutto, e tutti viviamo in esso e da esso dipendiamo, mentre esso non ha nulla al di sopra di sé, ma è divino. Nessuno infatti è buono se non Dio solo: perciò tutto quello che è buono è divino e tutto quel che è divino è buono, per cui è detto: “Tu apri la tua mano, si saziano di beni” (Sal 103, 28); a ragione, infatti, per la bontà di Dio ci vengono date tutte le cose buone perché a esse non è mischiato alcun male. Questi beni la Scrittura li promette ai fedeli dicendo: “Mangerete i frutti della terra” (Is 1, 19).

 

         Siamo morti con Cristo; portiamo sempre e in ogni luogo nel nostro corpo la morte di Cristo perché anche la vita di Cristo si manifesti in noi. Dunque, ormai non viviamo più la nostra vita, ma la vita di Cristo, vita di castità, di semplicità e di tutte le virtù. Siamo risorti con Cristo, viviamo dunque in lui, ascendiamo in lui perché il serpente non possa trovare sulla terra il nostro calcagno da mordere. Fuggiamo da qui. Anche se sei trattenuto dal corpo, puoi fuggire con l’anima, puoi essere qui e rimanere presso il Signore se la tua anima aderisce a lui, se cammini dietro a lui con i tuoi pensieri, se segui le sue vie nella fede, non nella visione, se ti rifugi in lui; perché è rifugio e fortezza colui al quale Davide dice: In te mi sono rifugiato e non mi sono ingannato (cfr. Sal 70, 1-3 Volg.).

 

VIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

            Mc 2, 1-12   

           

Omelie su Matteo, 29, 1-3

 

 Chi può rimettere i peccati se non Dio solo ?

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         “Si recarono da lui con un paralitico”. Gli evangelisti raccontano che, fatta un’apertura nel tetto, alcune persone calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico e lo deposero davanti a Cristo, senza chiedere nulla, lasciando che Gesù prendesse l’iniziativa. All’inizio del suo ministero, in tutta la Giudea, era Gesù a fare il primo passo e non esigeva una così grande fede. Ora invece, sono loro ad essere venuti verso di lui e vien chiesta loro una fede coraggiosa e viva. “Gesù, vista la loro fede” dice il vangelo, la fede cioè di coloro che avevano portato il paralitico... Anche il malato aveva una grande fede, poiché non si sarebbe lasciato trasportare se non si fosse fidato di Gesù.

         Davanti a tanta fede, Gesù mostra la sua potenza e, con una autorità divina, perdona i peccati del malato, dando così una prova della sua uguaglianza con suo Padre. Aveva già mostrato tale uguaglianza quando aveva guarito il lebbroso dicendo: “Lo voglio, guarisci”, quando aveva placato il mare scatenato e quando aveva cacciato i demoni che avevano riconosciuto nella sua persona il loro sovrano e il loro giudice... Ora, la mostra prima senza splendore: infatti non si è affrettato a guarire esternamente colui che gli era stato presentato. Ha cominciato con un miracolo invisibile; ha guarito prima l’anima di quell’uomo perdonandogli i suoi peccati. Certo, questa guarigione era infinitamente più vantaggiosa per quell’uomo, ma portava poca gloria a Cristo. Allora, spinti dalla loro malvagità, alcuni hanno voluto nuocergli; ma così facendo, loro malgrado, hanno reso il miracolo più lampante.

 

VIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

                                                               

Dimostrazioni, n° 6 ; SC 349, 388

 

  Seguire l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di Sant’Afraate nel quarto secolo

 

 

          Amico mio, diventiamo simili a colui che ci dona la vita. Da ricco che era, si è fatto povero. Mentre era alto locato, si è abbassato. Pur abitando sulle alture, non ha avuto dove posare il capo. Nonostante debba venire sulle nubi, è salito su un piccolo d’asino per entrare a Gerusalemme. Pur essendo Dio e Figlio di Dio, ha portato la somiglianza del servo.

 

          Lui che è il riposo di tutte le fatiche, si è stancato per la durezza del cammino. Lui che è la fonte che disseta, ha avuto sete e ha domandato acqua da bere; lui che è la pienezza che sazia la nostra fame, ha avuto fame quando digiunava nel deserto per essere tentato. Lui che è la sentinella che veglia, si è addormentato e si è coricato nella barca in mezzo al mare. Lui che viene servito nella tenda di suo Padre, si è lasciato servire dalle mani degli uomini. A lui che è il medico di tutti gli uomini malati, hanno trafitto le mani con i chiodi. A lui che annunziava con la bocca cose buone, hanno dato del fiele. Lui che non fece male a nessuno, è stato percosso e ha sopportato l’oltraggio. Lui che fa vivere tutti i morti, ha consegnato se stesso alla morte di croce.

 

          Il nostro Vivificatore in persona ha dato prova di tale abbassamento. Abbassiamoci anche noi, amici miei.

 

VIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

  Mc 9, 30-37


Commento al vangelo di Marco ; PG 123, 588-589

 

 Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di Teolifilatto nel undicesimo secolo

 

           “Giunsero intanto a Cafàrnao. E quando fu in casa, chiese loro: Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” I discepoli che intrattenevano dentro di sé pensieri ancora molto umani, avevano discusso tra loro su chi fosse il più grande e su  chi fosse tenuto in maggior stima da Cristo.

       

          Il Signore non contraddice il loro desiderio di godere della sua massima stima. Vuole infatti che desideriamo giungere al posto più elevato. Eppure non vuole che ci impadroniamo del primo posto, bensì che vi giungiamo mediante l’umiltà. Di fatto pose un bambino in mezzo a loro, e vuole che anche noi gli diventiamo similI. Infatti il bambino non ricerca la propria gloria, non è invidioso né porta rancore. “Non soltanto, dice, otterrete una grande ricompensa assomigliandogli, ma se, per causa mia, onorate anche coloro che gli assomigliano, riceverete in cambio il Regno dei cieli. Quindi accogliendolo, accogliete me, e accogliendo me, accogliete Colui che mi ha mandato.”

 

         Vedi dunque quale immenso potere ha l’umiltà, congiunta alla semplicità di vita e alla sincerità: essa ha il potere di fare abitare in noi il Figlio e il Padre, e anche, con ogni evidenza, lo Spirito Santo.

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mc 10, 28-31

Lettera Enciclica Rerum novarum, 21

 

 

 

« Già al presente cento volte tanto… e nel futuro la vita eterna »

 Papa Leone Tredicesimo

 

 

Queste verità [della dottrina sociale della Chiesa] sono molto efficaci ad abbassar l'orgoglio dei fortunati e togliere all'avvilimento i miseri, ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri. Così le distanze, tanto care all'orgoglio, si accorciano; né riesce difficile ottenere che le due classi, stringendosi la mano, scendano ad amichevole accordo. Ma esse, obbedendo alla legge evangelica, non saranno paghe di una semplice amicizia, ma vorranno darsi l'amplesso dell'amore fraterno. Poiché conosceranno e sentiranno che tutti gli uomini hanno origine da Dio, Padre comune; che tutti tendono a Dio, fine supremo, che solo può rendere perfettamente felici gli uomini e gli angeli; che tutti sono stati ugualmente redenti da Gesù Cristo e chiamati alla dignità della figliolanza divina, in modo che non solo tra loro, ma con Cristo Signore, « primogenito fra molti fratelli » (Rm 8,29), sono congiunti col vincolo di una santa fraternità. Conosceranno e sentiranno che i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano e che nessuno, senza proprio merito, verrà diseredato dal retaggio dei beni celesti: perché « se tutti figli, dunque tutti eredi; eredi di Dio, e coeredi di Gesù Cristo » (Rm 8,17).

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mc 10, 28-31

  PPS, vol. 8, n° 2

« Divine Calls »

 

 

« Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito »

 Cardinal John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

 

         Non veniamo chiamati una sola volta, ma tante volte ; per tutta la nostra vita, Cristo ci chiama. Ci ha chiamati dapprima nel battesimo, ma anche dopo ; sia che obbediamo alla sua voce sia che non obbediamo , ci chiama ancora nella sua misericordia. Se veniamo meno alle promesse battesimali, ci chiama al pentimento. Se ci sforziamo di rispondere alla nostra vocazione, ci chiama sempre più avanti, di grazia in grazia, di santità in santità finché ci sarà lasciata la vita per questo.

 

         Abramo è stato chiamato a lasciare la sua casa e il suo paese (Gen 12,1), Pietro le sue reti (Mt 4,18), Matteo il suo lavoro (Mt 9,9), Eliseo la sua fattoria (1 Re 19,19), Natanaèle il suo luogo in disparte (Gv 1,47). Senza sosta tutti siamo chiamati, da una cosa ad un’altra, sempre più avanti, senza avere nessun luogo per riposarci, ma salendo verso il nostro riposo eterno, e obbedendo ad una chiamata interiore nell’unico scopo di essere pronti a sentirne un’altra.

 

         Cristo ci chiama senza sosta, per giustificarci senza sosta ; senza sosta e sempre di più, egli vuole santificarci e glorificarci. Occorre che lo capiamo, ma siamo lenti ad accorgerci di questa grande verità, che cioè Cristo cammina, in un certo senso, in mezzo a noi, e con la mano, gli occhi, la voce, ci fa cenno di seguirlo. Non comprendiamo che la sua chiamata ha luogo proprio in questo momento. Pensiamo che ha avuto luogo al tempo degli apostoli ; ma non ci crediamo, non l’aspettiamo veramente per noi stessi.

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)

Mc 10, 32-45

 

Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria

di sant'Anastasio di Antiochia nel sesto secolo

 

  

         Cristo, dopo aver mostrato con l'insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il Signore dell'universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo verrà dato in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.

         Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.

         Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò.…

         La salvezza era l'evento che doveva maturare attraverso la passione dell'autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mc 10, 32-45

Opere, t.14

 

 

« Dare la propria vita in riscatto per molti »

 Sant Alfonso-Maria de Liguori nel diciottesimo secolo

 

 

         Un Dio che serve, che spazza la casa, che si dedica a lavori penosi – quanto uno solo di questi pensieri dovrebbe colmarci di amore! Quando il Salvatore ha cominciato a predicare il suo Vangelo, si è fatto “il servo di tutti”, dichiarando lui stesso che “non era venuto per essere servito, ma per servire”. È come se avesse detto che voleva essere il servitore di tutti gli uomini. E, al termine della sua vita, non si è contentato, dice san Bernardo, “di aver preso la condizione di servo per mettersi al servizio degli uomini; ha voluto prendere la forma del servo indegno, per lasciarsi colpire, e subire la pena che era dovuta a noi, a causa dei nostri peccati”.

 

         Ecco che il Signore, obbediente servo di tutti, si sottomette alla sentenza di Pilato, per quanto ingiusta sia, e si consegna ai suoi carnefici... Così, Dio ci ha tanto amato, da voler obbedire come schiavo, per amore nostro, fino a morire e a morire di una morte dolorosa e infame, il supplizio della croce (Fil 2,8).

 

         Ora, in tutto questo, obbediva non in quanto Dio, ma in quanto uomo, che aveva assunto la condizione di schiavo. Un certo santo si è consegnato come schiavo per riscattare un povero, e si è attirato l’ammirazione del mondo per questo atto eroico di carità. Ma cos’è questa carità in confronto a quella del Redentore? Essendo Dio e volendo riscattarci dalla schiavitù del diavolo e della morte che avevamo meritata, si fa lui stesso schiavo, si lascia legare e inchiodare sulla croce. “Perché il servo diventasse maestro, dice san Agostino, Dio ha voluto farsi servo”.

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo: Monaci e Monache

Paragrafo 60 e 61

Pagina 65

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

Liturgia delle ore

L’Ora dell’Ascolto

 

Accogliamo la luce e diventiamo discepoli del Signore

 Clemente Alessandrino  nel terzo secolo

 

 

 

«I comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi » ( Sal 18, 9). Ricevi Cristo, ricevi la vista, ricevi la luce per conoscere a un tempo Dio e l’uomo. È più desiderabile il Verbo dal quale siamo illuminati «dell’oro, di molto oro fino; più dolce del miele e di un favo stillante» (Sal 18, 11). E come potrebbe non essere desiderabile, dal momento che ha portato verso la luce la mente avvolta dalle tenebre e ha reso più luminosi e più acuti gli occhi dell’anima?

Se non ci fosse il sole, la notte sarebbe diffusa dovunque nonostante tutte le stelle; così, se non avessimo conosciuto il Verbo e non fossimo stati da lui illuminati, saremmo come galline nutrite al buio per poi subire la morte.

 

Apriamoci dunque alla luce per possedere Dio. Accogliamo la luce per diventare discepoli del Signore. Egli infatti la ha promesso al Padre: «Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea» (Sal 21,3). Esaltalo, e poi parlami di Dio tuo Padre: le tue parole apportano salvezza. Il tuo cantico mi insegnerà che nel cercare Dio, finora sono andando errando.

Quando invece sei tu, o Signore, a condurmi alla luce e per tuo mezzo trovo Dio e da te accolgo il padre divento tuo coerede, perché non ti sei vergognato di chiamarmi fratello (cfr. Eb 2,11).

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

L'albero di vita, 29-30, 47.

Opera omnia 8,79

 

 

Ecco il cuore che ha tanto amato il mondo

 San Bonaventura nel tredicesimo secolo

 

 

 

      Contempla, uomo salvato, colui che per te è inchiodato alla croce… Alzati, tu che ami Cristo, sii come la colomba « che fa il nido nelle pareti d’una gola profonda » (Ger 48, 28), e qui, « come il passero che ha trovato la casa » (Sal 83, 4), non cesserai di vegliare. Come la tortora, vi riparerai i tuoi piccoli e presenterai la tua bocca per « attingere acqua alle sorgenti della salvezza » (Is 12, 3). E’ lui, infatti, « il fiume che usciva da Eden, si divideva e formava quattro corsi » (Gen 2, 10) e, sparso nel cuore dei credenti, annaffia e feconda la terra intera…

 

      Corri dunque a questa sorgente di vita e di luce con un vivo desiderio, chiunque tu sia, e nel tuo amore di Dio, gridagli con tutta la forza del tuo cuore : " O bellezza indicibile dell’Altissimo, splendore della luce eterna, vita che vivifichi ogni vita, chiarore che illumini ogni luce e conservi nell’eterno splendore i vari astri che brillano davanti al trono della tua divinità dall’origine dei tempi.

 

      O fiume eterno e inaccessibile, limpido e dolce, la cui sorgente è nascosta agli occhi di ogni mortale ! La tua profondità è senza fondo, la tua altezza senza limiti, la tua larghezza senza confini, la tua purezza senza alcunché di torbido. Da te scorre « il fiume che rallegra la città di Dio » (Sal 45, 5)… affinché cantiamo inni di lode, « in mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa » (Sal 41, 5), perché sappiamo per esperienza che « in te è la sorgente della vita e alla tua luce, vedremo la luce » (Sal 35, 10). "

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Omelie sul Cantico dei cantici, n° 61, 3-5

(In l'Ora dell'Ascolto p. 360)

 

« Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza » (Is 12,3)

 San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Dove trovare per i deboli una sicura garanzia di salvezza e un’incrollabile pace, se non nelle piaghe del Salvatore?... Trapassarono le sue mani e i suoi piedi e con una lancia gli ferirono il costato. Da queste fenditure posso “succhiare miele dalla rupe” (Sal 80,7) e olio dai ciottoli della roccia, cioè gustare e vedere “quanto è buono il Signore” (Sal 33,9). Nutriva pensieri di pace e io non lo sapevo. “Infatti , chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?” (Rm 11,34). Ma il chiodo appuntito è divenuto per me come chiave che apre, perché io veda la volontà del Signore.

 

         Che cosa scorgerò attraverso la fenditura? Lo grida il chiodo, lo grida la piaga: veramente in Cristo c’è Dio che riconcilia a sé il mondo. La lancia penetra nel suo cuore, perché egli sappia compatire le mie infermità. Attraverso le ferite del corpo si svela il mistero del cuore, si manifesta il grande sacramento dell’amore, “la bontà misericordiosa del nostro Dio per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge” (Lc 1,78). In che modo la misericordia si manifesta attraverso le ferite? Dove più chiaramente che nelle tue ferite avrebbe potuto risplendere che tu, o Signore, sei dolce e mite, e pieno di misericordia? Nessuno infatti ha maggior amore di chi dà la sua vita (Gv 15,13) per i votati alla morte.

 

         Il mio merito quindi è la misericordia del Signore. Non mancherò di merito, finché egli non mancherà di misericordia. Ché, se le misericordie del Signore sono molte, io pure allora sono ricco di meriti. E se fossi consapevole di molti e gravi peccati? Ma “dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20). E se “ la grazia del Signore è da sempre e dura in eterno” (Sal 102,7), anch’io “canterò senza fine le grazie del Signore (Sal 88,2). Forse la mia giustizia? “Signore, ricorderò che tu solo sei giusto” (Sal 70,16). Ma la tua giustizia è anche la mia: naturalmente, perché tu ti sei fatto per bontà di Dio giustizia per me (Rm 1,17).

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

 

« Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente »

 

San Francesco di Sales nel sedicesimo secolo

 

 

         È caratteristico dello Spirito Santo, quando colpisce un cuore, cacciarne ogni tiepidezza. Egli ama la prontezza, ed è nemico degli indugi, dei ritardi nell’adempiere la volontà di Dio… « Maria partì in fretta » …

 

         Quante grazie si riversarono sulla casa di Zaccaria, quando Maria vi entrò ! Se Abramo ricevette tante grazie per aver ospitato tre angeli nella sua casa, quante benedizioni inondarono la casa di Zaccaria nella quale entrò l’angelo del superno consiglio, l’arca vera dell’alleanza, il divino profeta, Nostro Signore portato nel seno di Maria ! Tutta la casa fu piena di gioia : il bambino sussultò, il padre riebbe la vista, la madre fu piena dello Spirito Santo e ricevette il dono di profezia. Vedendo la Madonna entrare nella sua casa, esclamò : « A che debbo che la madre del mio Signore venga a me ? »… E Maria, udito quello che sua cugina diceva a sua lode, umiliò se stessa e rese gloria a Dio per tutto. Confessando che la sua felicità procedeva dal fatto che Dio « aveva guardato l’umiltà della sua serva », intonò il suo bel e mirabile cantico del Magnificat.

 

         Quanto, anche noi, dobbiamo essere pieni di gioia, quando quel divino Salvatore ci visita nel Santissimo e nelle grazie interiori, le parole che dice ogni giorno nel nostro cuore !

 

VIIIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Liturgia delle ore

Prima Settimana T O

Fin da principio Dio ha giustificato tutti  per mezzo della fede

 

di San Clemente I, Papa  nel primo secolo

 

 

         Meditiamo attentamente il mistero della benedizione che Dio dà agli uomini e vediamo quali sono le vie che conducono ad essa. Ripercorriamo gli avvenimenti fin dall’inizio.

        

         Per qual motivo il nostro patriarca Abramo fu benedetto? Non forse perché operò la giustizia e la verità mediante la fede? Isacco, pieno di fiducia si lasciò condurre di buon grado al sacrificio, conoscendo il futuro. Giacobbe in umiltà, a motivo del fratello, abbandonò la sua terra e si recò da Libano cui prestò servizio, e gli furono dati i dodici scettri di Israele.

        

         Ora se qualcuno, con animo sincero, passa in rassegna a uno a uno i doni che Dio ha concesso, ne riconoscerà  la magnificenza. Da Giacobbe infatti ebbero origine tutti i sacerdoti e i leviti che servono all’altare di Dio, da lui viene il Signore Gesù secondo la carne, da lui i re, i principi e i condottieri della tribù di Giuda. E neppure le altre sue tribù si trovano in minore onore, per il fatto che il Signore promette: «La tua discendenza sarà numerosa come le stelle del cielo» ( Gn 15, 5; 22, 17; 26, 4).

        

         Tutti costoro dunque si sono acquistati gloria e grandezza non da se stessi o per le loro opere o per la giustizia con cui hanno agito, ma piuttosto per la volontà di Dio. Anche noi perciò, chiamati nel Cristo Gesù, in grazia della sua volontà, siamo giustificati non per nostro merito, né per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o altra opera che possiamo aver compiuto sia pure con santità di intenzione, ma per mezzo della fede, con la quale Dio onnipotente ha giustificato tutti fin da principio. A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

        

         Che cosa faremo allora, o fratelli? Cesseremo dalle buone opere e abbandoneremo la carità? Il Signore mai permetta che ci succeda tale sventura, ma affrettiamoci a compiere ogni opera buona. Anzi siano proprio le opere sante fonte della nostra gioia. Imitiamo in ciò il Creatore e Signore di tutte le cose che gioisce di quanto compie. (…)

        

         Teniamo presente come tutti i giusti si adornarono di buone opere, e come lo stesso Signore se ne ornò per parte sua e ne gioì. Davanti a un tal modello, aderiamo con prontezza alla sua volontà e con ogni energia compiamo le opere della giustizia.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Discorso 179, 8-9 ; PL 38, 970-971

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

Ascoltare e mettere in pratica

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Non ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un edificare.

 

« Chi invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa; ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur ascoltando edifica sulla sabbia. 

 

« Quale necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di alcun tetto se nulla ascolti…

 

Considera dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia sepolto, asportato, sommerso.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Discorsi 1, 4-8 ;

SC 44, 27-31

 

« Svégliati, o tu che dormi » (Ef 5,14)

 Filosseno di Mabbug nel quinto secolo

 

 

         « Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia ». Occorre dunque, secondo le parole del nostro Maestro, che ci applichiamo non soltanto ad ascoltare la parola di Dio, ma anche a conformarvi la nostra vita… L’ascolto della legge è cosa buona, perché ci spinge alle opere virtuose. A ragione, leggiamo e meditiamo le Scritture, perché così purifichiamo il fondo del nostro animo dai pensieri cattivi.

 

         Tuttavia, leggere e meditare assiduamente la parola di Dio senza metterla in pratica, è una colpa che lo Spirito di Dio ha condannata in anticipo… Anzi ha vietato a colui che si trova in tali disposizioni di tenere in mano il libro santo. All’empio dice Dio : « Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te li getti alle spalle ? » (Sal 49, 16-17)… Chi legge assiduamente le Scritture senza metterle in pratica trova la sua accusa nella sua stessa lettura ; merita una condanna tanto più grande in quanto disprezza e trascura ogni giorno ciò che ascolta ogni giorno. È come un morto, un cadavere senz’anima. Migliaia di trombe e di corni possono suonare agli orecchi di un morto, non li sentirà. Così, l’anima che è morta a causa del peccato, il cuore che ha perso il ricordo di Dio, non sente il suono né le grida delle parole divine, e la tromba della morte spirituale non lo impressiona ; tale anima è immersa nel sonno della morte…

 

         Occorre dunque che il discepolo di Dio porti, radicato nel suo animo, il ricordo del suo Maestro, Gesù Cristo, e che pensi a lui giorno e notte.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

 

Dai «Discorsi», papa

(Disc. per il Natale del Signore, 7, 2. 6; PL 54, 217-218. 220-221)

 

 

Conosci la dignità della tua natura

di san Leone Magno nel quinto secolo

 

     Nostro Signore Gesù Cristo, nascendo vero uomo, senza cessare mai di essere vero Dio, diede inizio, in se stesso, ad una nuova creazione e, con questa nascita, comunicò al genere umano un principio spirituale. Quale mente potrebbe comprendere questo mistero, o quale lingua potrebbe esprimere questa grazia? L'umanità peccatrice ritrova l'innocenza, l'umanità invecchiata nel male riacquista una nuova vita; gli estranei ricevono l'adozione e degli stranieri entrano in possesso dell'eredità.

     Dèstati, o uomo, e riconosci la dignità della tua natura! Ricordati che sei stato creato ad immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo. Delle creature visibili serviti in modo conveniente, come ti servi della terra, del mare, del cielo, dell'aria, delle sorgenti, dei fiumi. Quanto di bello e di meraviglioso trovi in essi, indirizzato a lode e a gloria del Creatore.

     Con il senso corporeo della vista accogli pure la luce materiale, ma insieme abbraccia, con tutto l'ardore del tuo cuore, quella vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9). Di questa luce il profeta dice: «Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti» (Sal 33, 6). Se noi infatti siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi, vale molto più quello che ciascun fedele porta nel suo cuore, di quanto può ammirare nel cielo.

     Non vogliamo con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti, come dice l'Apostolo: «Le cose visibili son d'un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4,18).

     Quindi, poiché siamo nati per la vita presente, ma poi siamo rinati per quella futura, non dobbiamo essere tutti dediti ai beni temporali, ma tendere ai beni eterni. Per poter anzi contemplare più da vicino ciò che speriamo, riflettiamo a quanto la grazia divina ha conferito alla nostra natura. Ascoltiamo l'Apostolo, che ci dice: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 34) che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Instruzioni 11, 1-4 : PL 80, 250-252  

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2706)

 

 

Di chi è questa immagine?

di San Colombano nel sesto secolo

 

         Mosè ha scritto nella Legge : « Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l’uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l’uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio, infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio abbia dato all’uomo l’immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva all’uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…

         Se l’uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1 Gv 4, 19) fin dall’inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L’amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…

         Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi, perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

dall’O. dell’A. pp 2147-2148

 

Il Dio dei Padri è il Dio dei vivi

di Sant’Ireneo di Lione, nel secondo sec.

 

  

            Il Signore nostro maestro, rispondendo ai sadducei che negavano la risurrezione e oltre a ciò offendevano Dio denigrando la legge, conferma la realtà della risurrezione e rende testimonianza a Dio dicendo: “Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti non avete letto quello che vi è stato detto da Dio. Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?” (Mt 22, 29. 31-32). E aggiunge: “Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui” (Lc 20, 38). Con queste parole mostrò che colui che aveva parlato a Mosè dal roveto dichiarando di essere il Dio dei padri, è il Dio dei vivi.

 

         Chi è il Dio dei vivi, se non l’unico Dio al di sopra del quale non c’è altro Dio? Lui annunziò il profeta Daniele quando Ciro re dei Persiani gli disse: “Perché non adori Bel?” (Dn 14, 23); e Daniele: “Il adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente” (Dn 14, 23). Colui che era adorato dai profeti come Dio vivo è il Dio dei vivi, e lo è anche il suo Verbo, che parlò a Mosè, redarguì i sadducei, donò la risurrezione e manifestò a coloro che erano ciechi due fondamentali verità: la risurrezione e la vita di Dio. Se dunque egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, allora quei padri di cui egli si è proclamato il Signore vivono certamente in lui e non sono morti, “perché sono figli della risurrezione” (Lc 20, 36).

 

         Lo stesso Signore Gesù è la risurrezione, come egli stesso affermò: “Il sono la risurrezione e la vita” (Gv 11, 25). E i padri sono i suoi figli, perché il profeta disse: “Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli” (Sal 44, 17). Lo stesso Cristo perciò, insieme al Padre, è il Dio dei vivi, parlò a Mosè, si manifestò ai padri. Questo insegnò ai giudei quando disse : “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne rallegrò”.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Proslògion, 25-26

 

 

 

La risurrezione : pienezza di vita

Sant’Anselmo d’Aosta nell’undicesimo secolo

 

 

         Perché smarrirti così lontano alla ricerca dei beni dell’anima e del corpo ? Ami dunque l’unico Bene in cui sono tutti i beni : questo basta… Lassù si trova tutto ciò che si può amare e desiderare.

         Ami la bellezza ? « I giusti splenderanno come il sole » (Mt 13,43). Oppure l’agilità o la forza di un corpo libero e svincolato da ogni ostacolo ? « Saranno come angeli nei cieli »… Oppure una vita lunga e sana ? Lassù ti aspetta l’eterna salute, perché « i giusti vivono per sempre » (Sap 5,16)… Desideri essere saziato ? Lo sarai quando Dio ti mostrerà il suo volto nella gloria (Sal 16,15). Essere inebriato ? « Si saziano dell’abbondanza della casa di Dio » (Sal 35,9). Ami forse un canto melodioso ? Lassù, i cori angelici cantano senza fine la lode di Dio. Cerchi pure delizie ? Dio ti disseti al torrente delle sue delizie (Sal 35,9).

Ami la sapienza ? La sapienza di Dio in persona si manifesterà. L'amicizia ? Ameranno Dio più di se stessi, si ameranno gli uni gli altri come se stessi, e Dio li amerà più di quanto potranno mai amare… Ami la concordia ? Avranno tutti una sola volontà, perché non avranno altra volontà che quella di Dio… Gli onori e le ricchezze ? Dio stabilirà i suoi buoni e fedeli su molto (Mt 25,21) ; anzi, « saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9) e lo saranno veramente, perché dov’è il Figlio, saranno anche « gli eredi di Dio e coeredi di Cristo » (Rm 8,17).

 

IXA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

            Mc 12, 28-34

  

De Trinitate, VIII, 12 ; PL 42, 958B-959A

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

  

 

« Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.  E il secondo è simile al primo »

di S. Agostino nel quinto secolo

  

 

     « Carissimi, amiamoci vicendevolmente perché l’amore viene da Dio; colui che ama è nato da Dio, e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore » (1 Gv 4,7-8). Questo contesto mostra in maniera sufficiente e chiara che questo amore fraterno - infatti l’amore fraterno è quello che ci fa amare vicendevolmente - non solo viene da Dio, ma che, secondo una così grande autorità, è Dio stesso.

 

     Di conseguenza, amando secondo l’amore il fratello, lo amiamo secondo Dio. Né può accadere che non amiamo principalmente questo amore, con cui amiamo il fratello. Da ciò si conclude che quei due precetti non possono esistere l’uno senza l’altro. Poiché in verità « Dio è amore », ama certamente Dio, colui che ama l’amore ed è necessario che ami l’amore colui che ama il fratello. Perciò poco più innanzi l’apostolo Giovanni afferma: « Non può amare Dio, che non vede, colui che non ama il prossimo che vede » (1 Gv 4,20) perché la ragione per cui non vede Dio è che non ama il fratello. Infatti chi non ama il fratello, non è nell’amore e chi non è nell’amore non è in Dio, perché « Dio è amore ».

 

IXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mc 12, 28-34

  

Regole più ampie, Q 1-2

 

 

I due comandamenti dell’amore

di san Basilio nel quarto secolo

 

         Domanda: Vi preghiamo prima di dirci se i comandamenti di Dio si seguono secondo un certo ordine. Cioè se c’è un primo comandamento, un secondo, un terzo e così via?

 

         Risposta: Il Signore in persona ha determinato l’ordine da osservare nei suoi comandamenti. Il primo e il più grande è quello che riguarda alla carità verso Dio, e il secondo, che è simile al primo, o piuttosto ne è il compimento e la conseguenza, riguarda all’amore per il prossimo.

 

         Domanda: Parlateci prima dell’amore per Dio. Siamo d’accordo che si deve amare Dio, ma come dobbiamo amarlo?...

         Risposta: L’amore verso Dio non si insegna. Nessuno ci ha insegnato a godere della luce né a custodire la vita al di sopra di tutto; allo stesso modo nessuno ci ha insegnato ad amare coloro che ci hanno dati alla luce e ci hanno educati. Allo stesso modo, o piuttosto, a maggior ragione, non impariamo ad amare Dio per mezzo di un insegnamento esteriore. Nella natura stessa degli essere viventi – voglio dire dell’uomo – è stato deposto una sorta di germoglio che contiene in sé il principio di questa disposizione ad amare. Alla scuola dei comandamenti di Dio conviene cogliere questo germoglio, coltivarlo diligentemente, nutrirlo con cura, e portarlo al suo sbocciare mediante la grazia divina. Approvo il vostro zelo. Esso è indispensabile per giungere alla meta.

         Si deve sapere che questa virtù di carità è una, ma in potenza abbraccia tutti i comandamenti. “Se uno mi ama, dice il Signore, osserverà la mia parola” (Gv 14,23), e ancora: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,20).

 

IXA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

LIBRO DI VITA

 

 

cap. “ Monaci e monache” § 54

 

 

IXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Catechesi battesimale 10, 2,4,5 : PG 33, 662.663-667

 

 

 

 

Il suo nome è Re dei re e Signore dei signori

San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Chi vuole onorare Dio, si prosterni davanti a suo Figlio. Altrimenti, il Padre non accetta di essere adorato. Dall’alto del cielo, il Padre ha fatto udire queste parole : « Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto » (Mt 3, 17). Il Padre si è compiaciuto nel Figlio, …chiamato « Signore » (Lc 2, 11) non impropriamente come lo sono i signori umani, bensì perché la signoria appartiene a lui per natura, da sempre…

 

         Pur rimanendo se stesso e conservando veramente la gloria immutabile del suo essere Figlio, si aggiusta alle nostre debolezze, come un medico abilissimo e un maestro compassionevole. E tutto ciò, l’ha fatto mentre era realmente Signore, senza dover a nessun avanzamento il suo potere ; infatti la gloria della signoria era sua per natura. Non era Signore alla maniera dei signori umani ; era Signore in tutta verità, esercitando la signoria sulle proprie creature con il consenso del Padre. Noi, infatti, possiamo esercitare un dominio su uomini che sono i nostri pari, sia in dignità che nelle sofferenze, anzi sovente che ci sono superiori.  Invece, la signoria di Nostro Signore non è di questa natura : egli è innanzi tutto Creatore, e in secondo luogo Signore. Ha creato tutto secondo la volontà del Padre, ora esercita la signoria su quanto esiste solo per mezzo di lui.

 

IXA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Clemente I             "Lettera ai Corinzi" Nn. 49-50.

                               da "L'Ora dell'Ascolto", 1997

                               Ed. PIEMME - Casale Monferrato (Al)

                               pp. 297-298

 

CHI PUÒ ESPRIMERE L'AMORE DI DIO ?

di san Clemente Primo, papa al primo secolo.

 

 

            Chi ama Cristo osserva i suoi comandamenti.

         Chi è in grado di parlare della carità di Dio ? Chi saprebbe dire la sua incomparabile bellezza ? l'altezza a cui giunge la carità è inenarrabile. La carità ci rende una cosa sola con Dio, "la carità copre la moltitudine dei peccati" (1 Pt 4,8). La carità sopporta tutto, tollera ogni causa con pazienza (Cfr. 1 Cor 13, 4-7). Nella carità, tutto è puro, non c'è orgoglio ; la carità non suscita divisioni, non genera dissensi, tutto opera nella concordia ; gli eletti di Dio sono tutti perfetti nella carità, perché senza di essa nulla è accetto a Dio. Nella sua carità il Signore ci unì a sé ; per la carità che ebbe verso di noi, il nostro Signore Gesù Cristo diede per volontà divina il suo sangue per noi e il suo corpo per il nostro, e la sua vita per la nostra vita. Voi capite, carissimi, quanto grande e meravigliosa sia la carità, e come non sia possibile spiegare la sua perfezione.

       Chi merita di essere trovato in essa all'infuori di quelli che Dio avrà stimati degni ? Preghiamo dunque, e chiediamo alla sua misericordia di essere trovati nella carità perfetta, senza alcuna parzialità umana. Tutte le generazione, di Adamo fino a oggi, sono passate: ma quelli che per grazia di Dio si sono perfezionati nella carità ottengono il posto riservato ai giusti e all'avvento del Regno di Dio saranno riconosciuti. Infatti è scritto : "Va, popolo mio, entra nelle tue stanze e chiudi la porta dietro di te. Nasconditi per un momento finché non sia passato lo sdegno"(Is 26,20), "e ricorderò la mia alleanza"(Gn 9,15), "e vi risusciterò dai vostri sepolcri" (Ez 37,13).Amici, beati noi se avremo adempiuto nell'unione della carità i precetti del Signore…

 

IXA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI sabato

 

La Vita in Cristo, 2; PG 150, 532-533

 

Battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

 

Di Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

 

 

          Benché la Santa Trinità  abbia dato la salvezza al genere umano per un solo ed unico amore degli uomini, la fede ci dice che ciascuna persona divina vi dà il proprio contributo. Il Padre si riconciliò con noi. Il Figlio operò la riconciliazione, e lo Spirito Santo fu il dono concesso a quelli che erano diventati gli amici di Dio. Il Padre ci ha liberati, il Figlio fu il riscatto per la nostra liberazione ; quanto allo Spirito, egli è la libertà in persona (cf 2 Cor 3, 17). Se il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha ri-creati, ed « è lo Spirito che dà la vita » (Gv 6, 63). Infatti nella creazione iniziale, la Trinità era iscritta come in filigrana. Il Padre era il modellatore, il Figlio era la sua mano, lo Spirito Paraclito il soffio di chi ispirava la vita. Tuttavia è soltanto nella nuova creazione che ci sono state rivelate queste distinzioni che esistono in Dio.

         Nel piano della salvezza secondo il quale essa ha restaurato il nostro genere umano, rinnovandolo, è proprio la Trinità tutta intera che ha voluto la mia salvezza e che ha previsto come essa si sarebbe realizzata. Però non l’ha realizzata la Trinità tutta intera. Il suo artefice è solo il Verbo, solo il Figlio unico. E’ da lui che la natura ha ricevuto una vita nuova, che il battesimo fu istituito come nascita nuova e creazione nuova. Ecco perché quando uno battezza, conviene invocare Dio, distinguendo le persone : il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo che solo questa nuova creazione viene a rivelarci.

 

XA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

CIRILLO di GERUSALEMME, Le Catechesi ,  Città Nuova ed. ,

                                                Roma 1993,   pp.  428

 

 

 

VITA ETERNA VUOL DIRE ESSERE SEMPRE COL SIGNORE

 di Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

     La vera vita realmente è il Padre, benché egli la riversi su tutti gli esseri a mò di sorgente in doni celesti: per  il Figlio nello  Spirito Santo. Noi uomini, per sua misericordia, ne abbiamo pure ricevuto la promessa.

 

     Tale promessa di vita eterna non può venir meno, e noi non possiamo non darle credito, dicendo impossibile che egli la mantenga. Non ci basiamo infatti sulla nostra pochezza ma sulla sua onnipotenza: "A Dio tutto è possibile".

 

     Che la promessa della vita eterna sia realizzabile e da attendere con fiducia, l'aveva detto Daniele: "Coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per i secoli e per sempre". Paolo lo confermò con quelle parole: "Saremo sempre col Signore". E la sua espressione: "Saremo sempre col Signore" non si riferisce altro che alla vita eterna. Ma lo leggiamo anche nel Vangelo, dove il Signore l'afferma nella maniera più chiara: "E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".

 

XA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Dalle «Lettere» di sant'Atanasio, vescovo
(Lett. 1 a Serap. 28-30; PG 26, 594-595. 599)
 

Luce, splendore e grazia della Trinità

di S.Atanasio nel quarto secolo

 

     La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa.

     Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l'operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l'unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6).

     E' al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo. Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio.

     Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).

     Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi c'è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia. Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo.

     Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l'amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.

 

XA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Omelie sul vangelo di Matteo, 5, 1.3-4 : CCL 9, 405-407

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2442)

 

 

 

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini

di San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

 

 

         Il Signore ha chiamato i suoi discepoli « sale della terra », perché hanno dato sapore, per mezzo della sapienza celeste, ai cuori degli uomini resi insipidi dal diavolo. Ora li chiama anche « luce del mondo » perché illuminati da lui stesso che è la luce vera ed eterna, son diventati, a loro volta, luce che splende nelle tenebre (Gv 1,5). Egli è « il sole di giustizia » (Mal 4,2). Molto giustamente quindi chiama « luce del mondo » anche i suoi discepoli, in quanto, per mezzo loro, come attraverso raggi splendenti, ha illuminato tutta la terra con la luce della sua verità. Diffondendo la luce della verità, essi hanno tolto le tenebre dell’errore dai cuori degli uomini.

 

         Anche noi siamo stati illuminati per mezzo loro, così da trasformarci da tenebre in luce, come dice l’Apostolo : « Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore : comportatevi come figli della luce » (Ef 5,8). E ancora : « Voi non siete figli della notte e delle tenebre, ma figli della luce e del giorno » (1 Tes 5,5). Ben a ragione quindi anche san Giovanni ha lasciato scritto nella sua lettera : « Dio è luce » e chi rimane in Dio si trova nella luce (1 Gv 1,5-7). Poiché dunque ci rallegriamo di essere stati liberati dalle tenebre dell’errore, è logico che quali figli della luce dobbiamo camminare sempre in essa.

 

XA settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Discorsi,  289, 6 ; PL 38, 1311-1312

Mt 5,13-16

 

 

La luce di Cristo sopra il lucerniere

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Fratelli, gli apostoli sono le lucerne che ci permettono di aspettare il giorno di Cristo. Il Signore dichiara loro : « Voi siete la luce del mondo ». E perché non possano credere che sono una luce simile a quella di cui è detto : « Egli è la luce vera, quella che illumina ogni uomo » (Gv 1, 9), insegna loro subito quale è la vera luce. Dopo aver annunciato loro : « Voi siete la luce del mondo », continua : « Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio ». Io vi ho chiamato luce, dice, ma preciso : siete solo una lucerna. Non lasciatevi prendere dai sussulti dell’orgoglio, se non volete che si spenga questa scintilla. Non vi metto sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché illuminiate tutto con i vostri raggi.

         Quale è questo lucerniere che porta questa luce ? Sto per insegnarvelo. Siate, voi stessi, delle lucerne, e avrete un posto sopra questo lucerniere. La croce di Cristo è un immenso lucerniere. Chi vuole essere raggiante non deve vergognarsi di questo lucerniere di legno. Ascolta e capirai : il lucerniere è la croce di Cristo.

         « Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria ». Rendano gloria a chi ? Non a te, perché cercare la tua gloria è volere spegnerti ! « Rendano gloria a vostro Padre che è nei cieli ». Sì, glorifichino lui, il Padre dei cieli, vedendo le vostre opere buone… Ascolta l’apostolo Paolo : « Quanto a me non sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo » (Gal 6, 14).

 

XA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 5,17-19

 

Trattato : la gelosia e l’invidia, 12-15; CSEL 3, 427-430

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1126)

 

 

Il compimento della Legge : l’amore in atto.

di San Cipriano nel terzo secolo

 

         Portare il nome di Cristo e non camminare sulle orme di Cristo non è forse un tradire il nome di Dio, e abbandonare la via della salvezza ? Lui stesso infatti insegna e afferma che giungerà alla vita chi avrà osservato i comandamenti (Mt 19,17), e che è sapiente chi avrà ascoltato e obbedito alle sue parole

(Mt 7,24) ; e ancora che sarà chiamato il più grande maestro nel Regno dei cieli chi avrà insegnato e operato come insegnava ; e che quando ciò che si annunciava con la bocca è confermato dalle azioni, tornerà a vantaggio di chi predica l’aver predicato bene e con profitto.

         Che cosa mai il Signore tanto spesso ha inculcato nell’animo dei suoi discepoli, qual cosa maggiormente comandò di custodire e osservare tra le ammonizioni salutari e i precetti celesti, se non che ci amiamo a vicenda con lo stesso amore con cui egli ha amato i discepoli ? Ma come può mantenere la pace e la carità del Signore chi a causa della gelosia non può essere né operatore di pace né amabile ?

         Perciò anche Paolo apostolo, enumerando i meriti della pace e della carità, dopo aver affermato con forza che non gli avrebbero giovato né la fede, né le elemosine, né la stessa sofferenza del confessore e del martire se non avesse mantenuto integre e inviolate le esigenze della carità, aggiunse : « La carità è paziente, è benigna ; non è invidiosa » (1 Cor 13,4).

 

XA settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Omelie sul vangelo di Matteo, n° 16

Mt 5,17-19

 

Non sono venuto ad abolire la Legge e i Profeti, ma per dare compimento

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Volete sapere come, lungi da distruggere la Legge e i profeti, Gesù Cristo viene piuttosto a confermali ? Per prima cosa, riguardo ai profeti, egli conferma con le sue opere ciò che loro avevano annunciato. Per cui incontriamo spessissimo nel vangelo di Matteo questa espressione : « Affinché questa parola del profeta si adempisse »…

         Riguardo alla Legge, egli le ha dato compimento in tre modi. In primo luogo, non tralasciando nessuna delle prescrizioni legali. Dichiara infatti a Giovanni Battista : « Conviene che così adempiamo ogni giustizia » (Mt 3,15) ; e ai Giudei diceva : « Chi di voi può convincermi di peccato ? » (Gv 8,46)…

         In secondo luogo, dà compimento alla Legge volendo sottomettersi ad essa per la nostra salvezza. O prodigio ! Sottomettendosi ad essa, ci ha comunicato la grazia di adempirla a nostra volta. San Paolo ce l’insegna con queste parole : « Il termine della Legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede » (Rm 10,4). Dice anche che il Salvatore ha condannato il peccato nella carne « perché la giustizia della Legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne » (Rm 8,4). Dice ancora : « Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede ? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge » (Rm 3,31). Infatti la Legge tendeva a rendere l’uomo giusto, ma non ne aveva la forza. Allora è venuto Cristo, il termine della Legge, e ci ha mostrato la strada che conduce alla giustizia, cioè la fede. Così, ha compiuto le intenzioni delle Legge. La lettera della Legge non poteva giustificare il peccatore ; la fede in Gesù Cristo lo giustificherà. Ecco perché egli può dire : « Non sono venuto ad abolire la Legge ».

         Prestandovi finemente attenzione, scorgiamo un terzo modo nel quale la Legge viene adempiuta da Cristo. Qual’è questo modo ? Consiste nei precetti stessi che Cristo avrebbe dato : lungi dal rovesciare quelli di Mosè, ne sono la giusta conseguenza e il complemento naturale.

 

XA settimana Tempo Ordinario -  LODI Giovedì

 

Omelie sui vangeli, 6

 

« Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date »

di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Potete anche voi, se lo volete, meritare quel bel nome di messaggero di Dio. Infatti, se ognuno di voi, secondo le sue possibilità, nella misura in cui ne ha ricevuto l’ispirazione dal cielo, distoglie il suo prossimo dal male, si prende cura di portarlo al bene, richiama allo smarrito il Regno o il castigo che lo aspettano nell’eternità, è certamente un messaggero delle sante parole di Gesù. E nessuno venga a dirmi: Sono incapace di ammaestrare gli altri, di esortarli. Fate almeno il possibile, perché un giorno non vi sia domandato il conto del talento ricevuto e disgraziatamente conservato. Infatti, il servo della parabola non aveva neanche lui ricevuto più di un talento, ed ha preferito nascondere in suo talento invece di farlo fruttare (Mt 25,14)...

 

         Trascinate gli altri con voi; siano i vostri compagni sulla strada che conduce a Dio. Quando, andando sulle piazze, incontrate qualche sfaccendato, invitatelo dunque ad accompagnarvi. Infatti le vostre stesse azioni quotidiane servono a unirvi agli altri. Stavate andando a Dio? Provate di non arrivarvi soli. Che colui che ha già sentito nel suo cuore la chiamata dell’amore divino, ne tragga per il suo prossimo una parola di incoraggiamento.

 

XA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Contro le eresie 1, 10, 1-3  

(In l'Ora dell'Ascolto p.2389)

 

« In qualunque città o villaggio entriate… »

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che in essi è contenuto. La Chiesa accolse la fede nell’unico Gesù Cristo Figlio di Dio, incarnato per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza : e cioè la venuta di Cristo nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la sua passione e risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora verrà per « ricapitolare tutte le cose » (Ef 1, 10) e risuscitare ogni uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, Salvatore e Re, secondo il beneplacito del Padre invisibile, « ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua lo proclami » (Fil 2, 10-11)

         Avendo ricevuto tale messaggio e tale fede, la Chiesa li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in un’unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna e li trasmette all’unisono, come possedesse un’unica bocca. Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in Egitto o in Libia o al centro del mondo. Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l’universo, così la predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono giungere alla conoscenza della verità.

 

XA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

Contre le eresie IV,13,3 ; SC 100, 525

 

 La Legge radicata nei nostri cuori

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Ci sono dei precetti naturali della Legge che già conferiscono la giustizia; anche prima che la Legge fosse stata  data a Mosè, degli uomini osservavano questi precetti, e sono stati giustificati dalla loro fede e sono stati graditi a Dio. Questo è confermato dalle parole: “Fu detto agli antichi: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. E ancora: “Fu detto: Non uccidere. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio” (Mt 5,21)... e così via. Tutti questi precetti non implicano né la contraddizione, né l’abolizione dei precetti precedenti, ma il loro compimento e la loro estensione. Come ha detto il Signore stesso: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt 5,20).

         In cosa consiste questo superare? Prima nel credere non più soltanto nel Padre, ma anche nel Figlio suo, ormai manifestato. Lui infatti conduce l’uomo all’unione con Dio. Poi, nel fare, invece che dire senza fare – perché loro “dicono e non fanno” (Mt 23,3) –, e nell’evitare non soltanto le opere cattive, ma anche il desiderarle. Insegnando questo, non contraddiceva la Legge bensì compiva la Legge e radicava dentro di noi le prescrizioni della Legge... Prescrivere di astenersi non solo dagli atti vietati dalla Legge, ma persino dal loro desiderio, non indica  un atteggiamento  che contraddice e abolisce la Legge; ma che la compie e la estende.

 

XA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Contro le eresie, IV, 13, 2-4 ; SC 100, 529

 

 

Non più servi ma amici

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         La Legge è stata promulgata dapprima per degli schiavi, per educare l’anima per mezzo delle cose esteriori e corporali, conducendola, in un certo senso, come per mezzo di una catena alla docilità ai comandamenti, affinché l’uomo imparasse ad obbedire a Dio. Il Verbo di Dio però, ha liberato l’anima; le ha insegnato a purificare liberamente, volontariamente, anche il corpo. Sin d’allora, occorreva che fossero sciolte le catene della schiavitù grazie alle quali l’uomo aveva potuto formarsi, e che ormai egli seguisse Dio senza catene. Ma allo stesso tempo in cui i precetti della libertà venivano redatti, occorreva rinforzare la sottomissione al Re, affinché nessuno tornasse indietro e si mostrasse indegno del suo Liberatore....

         Per questo il Signore ci ha dato come parola d’ordine, al posto di non commettere l’adulterio, di neppure desiderarlo; in luogo di non uccidere, di neppure adirarsi; al posto di pagare semplicemente la decima, di distribuire i beni ai poveri; di amare non soltanto i nostri vicini, ma anche i nostri nemici; non solo di essere “generosi e pronti a dare” (1 Tm 6,18), ma ancora di dare gratuitamente  i nostri beni a coloro che ce li prendono...

         Nostro Signore dunque, il Verbo di Dio, prima condusse gli uomini a servire Dio, poi da servi li rese suoi amici, come disse egli stesso ai discepoli: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15)... Facendo dei suoi discepoli gli amici di Dio, mostra chiaramente di essere il Verbo, la Parola di Dio. È infatti per avere seguito la sua chiamata spontaneamente e senza catene, nella generosità della sua fede che Abramo è diventato “amico di Dio” (Gc 2,23; Is 41,8).

 

XA settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

 

LIBRO DI VITA

 

CAP. “OBBEDIENZA” § 109

 

XA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Opere, sulla festa del Corpo del Signore, opusc. 57, lett. 1-4

(In l'Ora dell'Ascolto p. 876)

 

Il mistero dell’Eucaristia

di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

         L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini dèi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino…

         O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine ! Che cosa mai vi può essere di più prezioso ? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento ?… Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo : per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa, l’Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.

         Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento… Per mezzo di esso si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione. Egli istituì l’Eucaristia come memoriale della passione, il compimento delle figure dell’Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini. A coloro che la sua assenza avrebbe riempito di tristezza, egli ha lasciato questo conforto incomparabile.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - UFFICIO DI RISURREZIONE  Domenica

Discorso 272

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete.

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Ciò che vedete sopra l'altare di Dio è il pane e il calice: ve lo assicurano i vostri stessi occhi. Invece secondo la fede che si deve formare in voi, il pane è il corpo di Cristo, il calice è il sangue di Cristo. Quanto ho detto in maniera molto succinta forse è anche sufficiente per la fede: ma la fede richiede l'istruzione… Questo pane come può essere il suo corpo ? E questo calice, o meglio ciò che è contenuto nel calice, come può essere il sangue suo ?

 

Queste cose, fratelli, si chiamano sacramenti proprio perché in esse si vede una realtà e se ne intende un'altra. Ciò che si vede ha un aspetto materiale, ciò che si intende produce un effetto spirituale. Se vuoi comprendere il mistero del corpo di Cristo, ascolta l'Apostolo che dice ai fedeli: « Voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte » (1 Cor 12, 27). Se voi dunque siete il corpo e le membra di Cristo, sulla mensa del Signore è deposto il mistero di voi: ricevete il mistero di voi. A ciò che siete rispondete: « Amen » e rispondendo lo sottoscrivete. Ti si dice infatti: « Il Corpo di Cristo », e tu rispondi: « Amen ». Sii membro del corpo di Cristo, perché sia veritiero il tuo Amen.

 

Perché dunque il corpo di Cristo nel pane ? Non vogliamo qui portare niente di nostro; ascoltiamo sempre l'Apostolo il quale, parlando di questo sacramento, dice: « Pur essendo molti formiamo un solo pane, un solo corpo » (1 Cor 10, 17). Cercate di capire ed esultate. Unità, verità, pietà, carità. Un solo pane: chi è questo unico pane? « Pur essendo molti, formiamo un solo corpo ». Ricordate che il pane non è composto da un solo chicco di grano, ma da molti. Siate ciò che vedete e ricevete ciò che siete.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi,

 n°24, 4 ; PG 61, 204-205

(In l' Ora dell'Ascolto p. 881)

 

  

Adorare il Corpo di Cristo

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Cristo ci ha dato il suo corpo per saziarci, attirandoci a sé in un’amicizia sempre più grande. Accostiamoci dunque a lui con fervore e ardente carità... Anche i magi hanno adorato questo corpo adagiato nel presepe. Uomini pagani che non conoscevano il vero Dio, lasciata la patria e la casa, hanno percorso grandi distanze e sono venuti ad adorarlo  pieni di timore e tremore. Imitiamo almeno questi stranieri, noi che siamo cittadini dei cieli...

 

         Tu, non ti volgi a un presepe ma a un altare; e non vedi una donna che lo porta, ma un sacerdote che sta in piedi alla sua presenza, e lo Spirito, ricco di ogni fecondità, che si libra sulle offerte.

 

         Questa mensa è la forza della nostra anima, la fonte di unità di tutti i nostri pensieri, il motivo della nostra fiducia: è speranza, salvezza, luce, vita. Se ci saremo allontanati con tutto questo dal santo sacrificio, andremo con fiducia verso i suoi atrii santi... Parlo forse di cose future? Fin da quaggiù questo mistero è per te il cielo e la terra. Apri quindi le porte del cielo e guarda... e allora contemplerai quello che è stato detto. Ciò che lì si trova è la più preziosa di tutte le cose e io te la mostrerò, deposta sulla terra... Infatti non ti mostro angeli né arcangeli, non cieli né cieli dei cieli, ma ti offro lo stesso Signore di tutto questo.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mt 5, 43-48

Discorsi, 223, 3.6

 

 

« Amate i vostri nemici »

 San Cesario di Arles nel quinto secolo

 

 

         Fratelli carissimi, nessuno può esimersi dall’amore dei suoi nemici. Uno può dirmi : « Non posso digiunare, non posso pregare di notte ». Ma può forse dire : « non posso amare » ? Si può dire : « non posso dare tutti i miei beni ai poveri e servire Dio in un monastero », ma non si può dire : « Non posso amare ».

 

         Mi dici : « Non posso privarmi di beni e di carne », e ti credo, ma se dici che non puoi perdonare a coloro che ti hanno fatto del male, non ti credo affatto. E non abbiamo nessuna scusa per non farlo, poiché non dobbiamo compiere questa elemosina tirandola dalla nostra dispensa, bensì dal nostro cuore : amiamo dunque non soltanto i nostri amici, ma anche i nostri nemici…

 

         Ma mi dici : « Il mio nemico mi ha fatto sopportare un male così grande che non posso assolutamente amarlo ». Osservi ciò che quell’uomo ha fatto a te, e non vedi quello che tu hai fatto a Dio ? Esamina con cura la tua coscienza : hai commesso contro Dio, senza ripararle, colpe molto più numerose di quante quell’uomo non abbia commesse contro di te. Con quale audacia allora vorresti che Dio perdoni molto a te, mentre tu non accetti nemmeno di perdonare un poco.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 5, 43-48

Scritti

 

 

 

« Io vi dico : amate i vostri nemici »

 San Silvano, monaco ortodosso, nel diciannovesimo secolo


 

         Dio è amore (1 Gv 4,8). Egli ci ha dato il comandamento di amarci gli uni gli altri e persino i nostri nemici ; ed è lo Spirito Santo ad insegnarci tale amore. Custodisci la pace dello Spirito Santo e non perdere mai questa pace per delle futilità. Se causi della pena a tuo fratello, affliggi in effetti lo stesso tuo cuore ; se fai la pace con tuo fratello, il Signore ti dà infinitamente di più…

 

         Non ha detto forse il Signore stesso : « Il Regno di Dio è in mezzo a voi ? » (Lc 17,21). Adesso comincia la vita eterna, adesso gettiamo anche il seme dei tormenti eterni. Vi prego fratelli miei, fatene la prova ! Se qualcuno vi offende, vi calunnia, vi toglie ciò che è vostro, persino se questi è un persecutore della santa Chiesa, pregate Dio e dite : « Signore, tutti siamo le tue creature, abbi pietà dei tuoi servi e porta il loro cuore alla penitenza ». Allora sentirai la grazia nel tuo animo. Certo, all’inizio devi sforzarti di amare i tuoi nemici ; ma il Signore vedendo la tua bontà ti aiuterà in ogni cosa e l’esperienza stessa ti indicherà la strada. Chi invece medita cattivi pensieri contro i suoi nemici, non può possedere l’amore, e quindi conoscere Dio.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 6, 1-6. 16-18

 

Spiegazione del Discorso dalla montagna,

3,11 (Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Prega il Padre tuo nel segreto »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

« Quando pregate, dice Gesù, entrate nella vostra camera da letto ». Evidentemente la camera è il cuore stesso che viene anche indicato in un salmo, in cui si dice: « Di quel che dite nel vostro cuore pentitevi anche sul vostro letto » (Sal 4, 5). « E chiudendo la porta, continua Gesù, pregate il Padre vostro nel segreto ». È troppo poco entrare nelle camere da letto, se la porta è aperta agli sfacciati, perché attraverso la porta le cose esterne irrompono dentro a frotte e disturbano la nostra interiorità. Ho detto che sono fuori tutte le cose poste nel tempo e nello spazio, le quali attraverso la porta, cioè attraverso il senso esteriore, s’introducono nei nostri pensieri e con la confusione delle varie immaginazioni ci disturbano mentre preghiamo. Si deve quindi chiudere la porta, cioè opporsi al senso esteriore, affinché la preghiera proveniente dallo spirito si levi al Padre perché essa avviene nel profondo del cuore, quando si prega il Padre nel segreto.

« E il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà ». E l’argomento doveva aver termine con una simile conclusione. Difatti con esso non ci esorta a pregare ma a come dobbiamo pregare; e precedentemente non affinché facciamo l’elemosina, ma con quale intenzione dobbiamo farla. Difatti ingiunge di purificare il cuore e lo purifica soltanto il solo e schietto anelito alla vita eterna in un unico e puro amore della sapienza.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 6, 1-6.16-18

 Cantico spirituale B,1, 8-9

  

 

« Prega il Padre tuo nel segreto »

 San Giovanni della Croce nel sedicesimo secolo

 

 

Cosa cerchi fuori di te, se dentro di te hai la tua ricchezza, il tuo piacere, la tua soddisfazione, la tua pienezza e il tuo regno, cioè il tuo Amato, che la tua anima cerca e desidera ? … Ricorda solo una cosa, che cioè, anche se è dentro di te, rimane nascosto…

 

Ma tu insisti : « Se è in me colui che la mia anima ama, perché non lo trovo e non lo sento ? » Il motivo è che egli è nascosto e tu non ti nascondi come lui per trovarlo e sentirlo. Chi vuole trovare una cosa nascosta, infatti, deve addentrarsi altrettanto nascostamente fino al nascondiglio dove si trova questa cosa e, trovatala, anch’egli si ritrova nascosto come quella cosa. Il tuo Sposo amato è il tesoro nascosto nel campo della tua anima, per il quale l’accorto mercante diede tutti i suoi averi (Mt 13, 44) ; per poterlo trovare, sarà opportuno che abbandoni tutti i tuoi beni e, allontanandoti da tutte le creature, ti nasconda nel rifugio interiore del tuo spirito.

 

Poi, chiusa la porta dietro di te, cioè distolta la volontà da tutte le cose, « preghi il Padre tuo nel segreto ». Solo così, nascosta con lui, lo sentirai in segreto, lo amerai e ne godrai in segreto e in segreto con lui ti diletterai, più di quanto la lingua possa esprimere e i sensi comprendere.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 6, 7-15

 L'Orazione domenicale 8, 11

 

« Voi dunque pregate così : Padre nostro… »

 San Cipriano nel terzo secolo

 

     Prima di tutto Gesù, il Dottore della pace e il Maestro dell’unità non ha voluto che la preghiera fosse individuale e privata, cosicché pregando, ognuno preghi solo per sé. Non diciamo : « Padre mio che sei nei cieli » ; né « dammi il mio pane ». Ognuno domanda non che il debito sia rimesso soltanto a lui, e non è per lui solo che sollicita di non essere indotto in tentazione e di essere liberato dal male. Per noi la preghiera è pubblica e comunitaria. E quando preghiamo, intercediamo non per uno solo ma per tutto il popolo. Perché noi, popolo tutto intero, siamo una cosa sola.

 

     Il Dio della pace e il Maestro della concordia, che ci ha insegnato l’unità, ha voluto che uno solo pregasse per tutti, come lui stesso ha portato tutti gli uomini. I tre giovani Ebrei circondati dalla fornace ardente hanno osservato questa legge della preghiera (cf Dn 3, 51). E gli Apostoli e i discepoli, dopo l’Ascensione del Signore, pregavano in tal modo. « Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui » (At 1, 14). Erano assidui e concordi nella preghiera ; per il loro fervore e il loro amore reciproco, testimoniavano che Dio, che fa abitare in una stessa casa gli uomini unanimi, ammette nella sua dimora soltanto quelli la cui preghiera traduce l’unione delle anime (cf Sal 67,7).

 

     Fratelli carissimi, quando chiamiamo Dio « Padre », dobbiamo sapere e ricordarci che dobbiamo agire come figli di Dio ; Come noi ci rallegriamo di aver Dio per Padre, così che lui si rallegri di avere noi per figli.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 6, 7-15

 Sul Padre nostro, 14-15

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1311-1316)

 

 

« Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra »

 San Cipriano nel terzo secolo

 

         Nella preghiera diciamo : « Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra », non perché Dio faccia ciò che vuole, ma perché noi possiamo fare ciò che vuole Dio. Infatti chi può impedire a Dio di fare ciò che vuole ? Siamo noi invece che non facciamo ciò che vuole Dio, perché il diavolo fa di tutto per impedirci di orientare il nostro cuore e le nostre azioni secondo il volere divino. Per questo preghiamo e chiediamo che si faccia in noi la volontà di Dio. E perché questo avvenga abbiamo bisogno della stessa volontà di Dio, cioè della sua potenza e protezione, poiché nessuno è forte per le proprie forze, ma lo diviene per la benevolenza e la misericordia di Dio…

 

         La volontà di Dio è quella che Cristo ha compiuto e insegnato. È umiltà nella conversazione, fermezza nella fede, discrezione nelle parole, nelle azioni giustizia, nelle opere misericordia, nei costumi austerità. Volontà di Dio è non fare dei torti e tollerare il torto subìto, mantenere la pace con i fratelli, amare Dio con tutto il cuore : amarlo perché Padre, temerlo perché è Dio ; nulla assolutamente anteporre a Cristo, poiché neppure lui ha preferito qualcosa a noi. Volontà di Dio è restare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere fedelmente accanto alla sua croce con coraggio, dargli ferma testimonianza quando è in discussione il suo nome e il suo onore, mostrarci sicuri della buona causa quando ci battiamo per lui, accettare con lieto animo la morte che ci porterà al premio. Questo significa voler essere coeredi di Cristo, questo è compiere il comando di Dio, adempiere la volontà del Padre.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

L’ammirabile cuore di Gesù,

libro 12 ;  8, 350-352

 

  

« In questo sta l’amore : non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo unigenito Figlio » (1Gv 4,10)

 

San Giovanni Eudes nel diciassettesimo secolo

 

 

         Il Cuore del nostro Salvatore è un fuoco di amore per noi : di amore purificante, di amore illuminante, di amore santificante, di amore trasformante, di amore deificante. Di amore purificante nel quale i cuori sono purificati più perfettamente dell’oro nel fuoco. Di amore illuminante, che scaccia le tenebre dell’inferno che ricoprono la terra, e che ci fa entrare nell’ammirabile luce del cielo : « Ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » (1 Pt 2,9). Di amore santificante, che distrugge il peccato nelle nostre anime, per stabilirvi il regno della grazia. Di amore trasformante, che trasforma i serpenti in colombe, i lupi in agnelli, le bestie in angeli, i figli del diavolo in figli di Dio, i figli dell’ira e della maledizione in figli della grazia e della benedizione. Di amore deificante, che da uomini fa dèi rendendoli partecipi della santità di Dio, della sua misericordia, della sua pazienza, della sua bontà, del suo amore, della sua carità e delle altre divine perfezioni. : « partecipi della natura divina » (2 Pt 1,4).

 

         Il Cuore di Gesù è un fuoco che diffonde le sue fiamme da ogni parte, in cielo, sulla terra, e in tutto l’universo ; fuoco e fiamme che infiammano i cuori dei serafini, e infiammerebbero tutti i cuori della terra se il ghiaccio del peccato non vi si opponesse.

 

         Egli ha un amore straordinario per gli uomini, sia per i buoni e per i suoi amici, che per i cattivi e i suoi nemici, per i quali ha una carità così ardente che tutti i torrenti delle acque dei loro peccati non sono capaci di spegnerlo.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Omelie sul Cantico dei cantici, n° 61, 3-5

(In l'Ora dell'Ascolto p. 360)

 

« Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza » (Is 12,3)

San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         Dove trovare per i deboli una sicura garanzia di salvezza e un’incrollabile pace, se non nelle piaghe del Salvatore?... Trapassarono le sue mani e i suoi piedi e con una lancia gli ferirono il costato. Da queste fenditure posso “succhiare miele dalla rupe” (Sal 80,7) e olio dai ciottoli della roccia, cioè gustare e vedere “quanto è buono il Signore” (Sal 33,9). Nutriva pensieri di pace e io non lo sapevo. “Infatti , chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?” (Rm 11,34). Ma il chiodo appuntito è divenuto per me come chiave che apre, perché io veda la volontà del Signore.

 

         Che cosa scorgerò attraverso la fenditura? Lo grida il chiodo, lo grida la piaga: veramente in Cristo c’è Dio che riconcilia a sé il mondo. La lancia penetra nel suo cuore, perché egli sappia compatire le mie infermità. Attraverso le ferite del corpo si svela il mistero del cuore, si manifesta il grande sacramento dell’amore, “la bontà misericordiosa del nostro Dio per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge” (Lc 1,78). In che modo la misericordia si manifesta attraverso le ferite? Dove più chiaramente che nelle tue ferite avrebbe potuto risplendere che tu, o Signore, sei dolce e mite, e pieno di misericordia? Nessuno infatti ha maggior amore di chi dà la sua vita (Gv 15,13) per i votati alla morte.

 

         Il mio merito quindi è la misericordia del Signore. Non mancherò di merito, finché egli non mancherà di misericordia. Ché, se le misericordie del Signore sono molte, io pure allora sono ricco di meriti. E se fossi consapevole di molti e gravi peccati? Ma “dove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20). E se “ la grazia del Signore è da sempre e dura in eterno” (Sal 102,7), anch’io “canterò senza fine le grazie del Signore (Sal 88,2). Forse la mia giustizia? “Signore, ricorderò che tu solo sei giusto” (Sal 70,16). Ma la tua giustizia è anche la mia: naturalmente, perché tu ti sei fatto per bontà di Dio giustizia per me (Rm 1,17).

 

XIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Sermone 8, nella festa della purificazione della B.V. Maria:

 Opera, 2, Venezia 1751, 38-39

 

Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore

 di San Lorenzo Giustiniani

 

     Maria meditava nel suo cuore tutto ciò che assimilava con la lettura, la vista, l'udito, e che crescita grande realizzava nella fede, che acquisto faceva in meriti, di quanta saggezza veniva illuminata e di quale incendio di carità andava sempre più avvampando! Schiudeva verso di sé la porta dei misteri celesti e si colmava di gioia, si arricchiva copiosamente del dono dello Spirito, orientandosi verso Dio, e nel medesimo tempo si conservava nella sua profonda umiltà. L'opera del dono divino ha questo di caratteristico, che eleva dagli abissi al vertice e porta di gloria in gloria.


     Beato il cuore della Vergine Maria che, avendo in sé lo Spirito e godendo del suo insegnamento, rimaneva docile alla volontà del Verbo di Dio! Maria non era mossa da un suo sentimento o da proprie voglie, ma seguiva esternamente le vie della fede che la sapienza le suggeriva interiormente. E veramente si addiceva a quella Sapienza divina, che si costruisce a propria abitazione la casa della Chiesa, di servirsi di Maria santissima per inculcare l'osservanza della legge, la norma dell'unità e l'esigenza dell'offerta spirituale.
 

     O anima fedele, imita la Vergine Maria. Entra nel tempio del tuo cuore per essere spiritualmente rinnovata ed ottenere il perdono dei tuoi peccati. Ricordati che Dio ricerca piuttosto l'intenzione, con la quale compiamo le nostre azioni, che l'opera medesima che noi facciamo. Perciò sia che ci rivolgiamo con l'anima a Dio mediante la contemplazione e ci dedichiamo a lui, sia che attendiamo al progresso delle virtù e ci occupiamo assiduamente in opere buone a servizio del prossimo, tutto facciamo in modo da sentirci sempre spinti dalla carità. Ripetiamo, infatti, che l'offerta spirituale che purifica noi e sale gradita a Dio, non é tanto l'opera delle nostre mani in se stessa, quanto il sacrificio spirituale che si immola nel tempio del cuore, ravvivato dalla presenza e dal compiacimento di Cristo Signor nostro.

 

XIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Dalla «Lettera ai cristiani di Magnesia»

(Capp. 10,1-15; Funk 1, 199-203)

 

 

Avete Cristo in voi

 di Sant’Ignazio di Antiochia nel primo secolo

 

 

Non ci avvenga di essere insensibili alla bontà di Cristo. Se egli ci trattasse secondo le nostre opere, saremmo perduti.

 

Facciamoci davvero suoi discepoli e impariamo a vivere secondo le esigenze del cristianesimo. Chi si chiama con un altro nome fuori di questo non appartiene a Dio. Gettate via il cattivo fermento, vecchio e inacidito, e trasformatevi nel nuovo che è Gesù Cristo. Sia lui il sale della vostra vita e nessuno di voi si corrompa, perché sarete riconosciuti per quello che siete realmente.(...)

 

Cercate di essere ben saldi nella dottrina del Signore e degli apostoli, perché riesca tutto quello che fate (cfr, Sal 1, 3) per la vita del corpo e dello spirito, nella fede e nella carità, nel Figlio, nel Padre e nello Spirito Santo, all’inizio e alla fine. Siate sottomessi (...) gli uni agli altri, come Gesù Cristo, in quanto uomo, fu sottomesso al Padre e gli apostoli a Cristo, al Padre e allo Spirito Santo, perché ci sia unione perfetta in carne e spirito.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - Ufficio della Risurrezione Domenica

 

Omelie sui vangeli, 26, 2-6

 

 

Andate a dire ai suoi discepoli : ‘È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea 

 

di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

          Apposta è detto : « Vi precede in Galilea ; là lo vedrete, come vi ha detto ». Galilea significa « fine della schiavitù ». Il Redentore era già passato dalla passione alla risurrezione, dalla morte alla vita, dal castigo alla gloria, dalla corruzione all’incorruttibilità. Ma se i discepoli, dopo la risurrezione, lo vedono prima in Galilea, è perché, dopo, noi contemplassimo nella gioia, la gloria della sua risurrezione soltanto dopo aver lasciato i nostri vizi per i vertici della virtù. C’è da fare uno spostamento : se l’annuncio è fatto al sepolcro, Cristo si mostra altrove…

 

         Ci sono due vite ; ne conoscevamo una, ma non l’altra. C’era una vita mortale e una vita immortale, una corruttibile e l’altra incorruttibile, una di morte e l’altra di risurrezione. Allora venne il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo (1 Tm 2, 5), che prese su di sé la prima vita e ci rivelò l’altra, che perse la prima morendo, e ci rivelò l’altra risuscitando. Se avesse promesso, a noi che conoscevamo la vita mortale, una risurrezione della carne senza darcene una prova tangibile, chi avrebbe potuto prestare fede alle sue promesse ?

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Discorsi per la domenica

 

 Vi fu una grande bonaccia

di Sant’Antonio di Padova nel tredicesimo secolo

 

         “Gesù salì in una barca”. Appena uno sale nella barca della penitenza, si solleva un gran turbamento nel mare. Il mare, è il nostro cuore. “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?” dice Geremia (17,8); “Potenti sono le voci delle acque” (Sal 92,4). La superbia le gonfia, l’ambizione le porta fuori dei loro argini, la tristezza le copre delle sue nuvole, i pensieri vani le intorpidiscono, la lussuria e la gola le fanno schiumare. Ora solo coloro che salgono nella barca della penitenza sentono questo movimento del mare, questa violenza del vento, questa agitazione delle onde. Coloro che rimangono a terra non si accorgono di nulla... Il diavolo, appena si sente disprezzato dal penitente, ne resta scandalizzato e solleva la tempesta; e soltanto “gridando e scuotendo fortemente”, se ne va (Mc 9,26).

         “Allora Gesù sgridò il vento e il mare”. Disse Dio a Giobbe: “Chi ha chiuso tra due porte il mare?... E ho detto “fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (38,8-11). Solo il Signore può chiudere tra due porte l’amarezza della persecuzione e della tentazione... Quando fa cessare la tentazione, dice: “Qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”. La tentazione cederà davanti alla misericordia di Gesù Cristo. Quando il diavolo ci tenta, dobbiamo dire, con tutta la devozione della nostra anima: “In nome di Gesù Cristo che ha ordinato ai venti e al mare, io ti ordino di allontanarti da me” (cfr At 16,18).

         “E vi fu una grande bonaccia”. Questo leggiamo nel libro di Tobia: “Chiunque ti teme sa che, se la sua vita è stata messa alla prova, riceverà anche la corona; se è passato attraverso la tribolazione, otterrà la liberazione, se ha sperimentato la correzione, potrà conoscere la tua misericordia. Perché tu certo non sei contento che noi andiamo perduti, ma, dopo la burrasca, fai venire il sereno e dopo lacrime di pianto diffondi la gioia” (3,21-22 volg).

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

 

STRETTA E ANGUSTA LA VIA CHE CONDUCE ALLA VITA

di Origene nel terzo secolo

 

 

         Tu forse credevi che le cose mostrate da Dio fossero facili e piacevoli, senza difficoltà e fatica. E’ un’ascesa la via della virtù, un’ascesa faticosa. Non è una discesa, ma una salita stretta e ardua. Ascolta, lo dice anche il Signore nel vangelo: “Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita!” (Mt 7, 11).

 

         Da qui puoi notare come il vangelo concordi con la legge. Nella legge la via della virtù è mostrata come una salita tortuosa. Nel vangelo è scritto che la via che conduce alla vita è stretta e angusta. Non possono vedere chiaramente anche i ciechi che un solo Spirito scrisse la legge e i Vangeli? Il percorso da seguire è dunque un’ascesa faticosa, l’ascensione di una vetta, o che porta a una vetta. L’ascesa riguarda l’azione, la vetta è la fede.

 

         Quando proclamerai che vi è un solo Dio, e nello stesso tempo asserirai che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, tutto ciò non sembrerà oscuro, difficile e inestricabile agli infedeli? E tanto più quando dirai che il Signore della maestà è stato crocifisso, e che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, come tutto questo non sembrerà inspiegabile e difficile? Chi ascolta, se non ha fede, dice che i giusti sbagliano; ma tu sta’ saldo, non dubitare di questa fede, riconoscendo che Dio stesso ti ha mostrato tale via.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

 

Passare attraverso la porta stretta al Regno dei cieli

di Simone il Nuovo Teologo, nell’ undicesimo secolo

 

 

         Poiché il regno dei cieli è soggetto a violenza e i violenti lo rapiscono, e non vi è i fedeli altro modo di entrarvi se non per la porta stretta delle prove e delle tribolazioni, giustamente la Parola di Dio comanda: “Lottate per entrare per la porta stretta”, e ancora: “Con la vostra sopportazione acquistate le anime vostre”, e : “Attraverso molte tribolazioni dovete entrare nel regno dei cieli”. Chi infatti distribuisce le proprie ricchezze ai bisognosi e si ritira dal mondo e dagli affari del mondo nella speranza della ricompensa grava la propria coscienza del grande piacere che ne prova, e può accadere anche che la vanagloria lo defraudi della ricompensa. Chi invece, dopo aver dato tutto ai poveri, sopporta anche le cose penose rendendo grazie nella sua anima e persevera nelle difficoltà, sente, sì, tutta l’amarezza e la pena delle sofferenze, ma serba inviolato il suo pensiero nel presente e la sua ricompensa sarà grande nel futuro, perché ha imitato i patimenti del Cristo e lo ha atteso con pazienza nei giorni in cui lo assalivano le prove e le tribolazioni.

 

         Bisogna che ti spogli del sentire della carne, come un tempo dei tuoi abiti, per assumere, in conformità dell’abito, che hai rivestito per Cristo, gli atteggiamenti dell’anima e anche un sentire spirituale; e non solo, ma anche rivestire, mediante la penitenza, quella tunica luminosa che è lo stesso Spirito Santo. E questo si attua unicamente mediante la pratica costante della virtù e la sopportazione delle tribolazioni, Poiché quando l’anima è tribolata dalle prove è spinta alle lacrime, e le lacrime, purificando il cuore, ne fanno un tempio e una dimora del Spirito Santo. Non è infatti sufficiente per la nostra salvezza e perfezione il solo fatto di portare l’abito monastico e ornare all’esterno la statua; ma, come facciamo per l’uomo esteriore, così bisogna che adorniamo l’uomo interiore con il vestito dello Spirito e che ci sacrifichiamo integralmente a Dio.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - Mercoledì

Mt 7, 15-20

 

Sul Discorso dalla montagna, 24, 81-82

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

  

« Dai loro frutti li riconoscerete »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

L’Apostolo insegna quali sono i frutti, riconosciuti i quali, riconosciamo l’albero cattivo: « Son ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, eresie, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le commette non erediterà il regno di Dio ». Ed egli di seguito insegna quali sono i frutti, dai quali possiamo riconoscere l’albero buono: « Frutto dello spirito è invece amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé » (Gal 5,19-23).

 

        È opportuno riflettere che nel brano gioia è stata usata in senso proprio, poiché non si può dire con proprietà che i cattivi gioiscono ma che sono ebbri di gioia… Secondo questa proprietà, per cui la gioia si dice soltanto dei buoni, anche il profeta afferma: « Non c’è gioia per i malvagi, dice il Signore » (Is 48,22). Così la fede, di cui si è parlato, certamente non una fede qualunque ma la vera fede, e gli altri concetti, di cui si è parlato, hanno una certa apparenza negli uomini cattivi e impostori, sicché ingannano se l’altro non ha ormai l’occhio puro e sincero, con cui è consapevole di questi fatti.

 

        Nell’enumerazione dei frutti dello Spirito, il termine  gioia è stato usato in senso forte : solo i giusti possono godere di questa gioia. Invece quella che rallegra l’empio non è nient’altro che un’agitazione della mente.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 7, 15-20

 

Il castello interiore,

5a dimora, 3,10-11

 

 « Dai loro frutti li riconoscerete »

 Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Quanto è facile riconoscere coloro che hanno il vero amore per il prossimo, da coloro che l’hanno in una misura minore. Se capiste bene quanto questa virtù sia importante, non avreste altra preoccupazione. Quando vedo delle persone tutte preoccupate ad esaminare il loro raccoglimento e così incappucciate mentre lo praticano, da non osare muoversi per non distoglierne il loro pensiero, per timore di perdere il gusto e la devozione che trovano in esso, dico tra me che non hanno capito bene il cammino verso l’unione. Si immaginano che, in questo, sia la perfezione. No, no ; non è questo il cammino.

 

         Il Signore ci domanda delle opere. Se per esempio, vedete una malata alla quale possiate procurare qualche sollievo, egli vuole che lasciate qui le vostre devozioni per assisterla e mostrarle compassione – e se lei soffre, condividere il suo dolore ; e digiunare, se occorre, perché lei abbia il cibo necessario. E tutto questo, non solo per amore di lei, ma piuttosto perché questa è la volontà del nostro Maestro. Ecco l’unione veritiera alla sua volontà.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Discorsi 1, 4-8 ; SC 44, 27-31

 

 

Svégliati, o tu che dormi

 

di Filosseno di Mabbug nel sesto secolo

 

         « Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia ». Occorre dunque, secondo le parole del nostro Maestro, che ci applichiamo non soltanto ad ascoltare la parola di Dio, ma anche a conformarvi la nostra vita… L’ascolto della legge è cosa buona, perché ci spinge alle opere virtuose. A ragione, leggiamo e meditiamo le Scritture, perché così purifichiamo il fondo del nostro animo dai pensieri cattivi.

 

         Tuttavia, leggere e meditare assiduamente la parola di Dio senza metterla in pratica, è una colpa che lo Spirito di Dio ha condannata in anticipo… Anzi ha vietato a colui che si trova in tali disposizioni di tenere in mano il libro santo. All’empio dice Dio : « Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te li getti alle spalle ? » (Sal 49, 16-17)… Chi legge assiduamente le Scritture senza metterle in pratica trova la sua accusa nella sua stessa lettura ; merita una condanna tanto più grande in quanto disprezza e trascura ogni giorno ciò che ascolta ogni giorno. È come un morto, un cadavere senz’anima. Migliaia di trombe e di corni possono suonare agli orecchi di un morto, non li sentirà. Così, l’anima che è morta a causa del peccato, il cuore che ha perso il ricordo di Dio, non sente il suono né le grida delle parole divine, e la tromba della morte spirituale non lo impressiona ; tale anima è immersa nel sonno della morte…

 

         Occorre dunque che il discepolo di Dio porti, radicato nel suo animo, il ricordo del suo Maestro, Gesù Cristo, e che pensi a lui giorno e notte.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 7, 21-29

 Discorsi, 26 ; PG 35, 1238

 

Fondati sopra la roccia

di  San Gregorio Nazianzeno nel quarto secolo

 

  

         Un giorno, stavo passeggiando lungo il mare; come dice la Scrittura, “il mare era agitato, perché soffiava un forte vento”

 (Gv 6,18). Le onde si sollevavano da lontano e invadevano la riva, sbattendo gli scogli, spezzandosi e trasformandosi in schiuma e in goccioline. Piccoli sassi, alghe e le conchiglie più leggere erano strascinati dalle acque e gettati sulla sponda, mentre le rocce rimanevano ferme e incrollabili, come se tutto fosse calmo, pur in mezzo ai flutti che appena le  avevano battute...

 

         Ho imparato una lezione da questo spettacolo. Questo mare, non è forse la nostra vita e la nostra condizione umana? Anche lì si trova molta amarezza e instabilità. E i venti non sono forse le tentazioni che ci assalgono e tutti i colpi imprevisti della vita? Questo, secondo me, meditava Davide quando esclamò: “Salvami, o Dio: l`acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e l`onda mi travolge” (Sal 68, 2-3). Tra gli uomini che vengono provati, gli uni mi sembrano essere come questi oggetti leggeri e senza vita che si lasciano strascinare senza opporre la minima resistenza; non hanno nessuna fermezza; non hanno una ragione saggia che possa fare da contrappeso contro gli assalti. Gli altri mi sembrano delle rocce, degne di questa Roccia sulla quale sono fondati e che adoriamo; sono formati dai ragionamenti della vera sapienza, coloro si elevano al di sopra della comune debolezza e sopportano tutto con una costanza incrollabile.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mt 8, 1-4

Giovedì 11 Gennaio 2007

 dall’Ora dell’Ascolto p. 1089-1090

 

 

Gesù toccò il lebbroso per sanarlo

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Signore, se vuoi, puoi guarirmi(Mc 1, 40). È grande la prudenza e la fede di questo lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il suo discorso, né si fa strada tra la folla degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi piedi, con fede sincera e con une giusta opinione di lui.

 

         Gesù non si accontentò di dire: “Lo voglio, guarisci!” ma contemporaneamente “stese la mano e lo toccò (Mc 1, 14); la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti, mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che l’abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe stato di immondo per i puri.

 

         Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale, infatti, non era corrotto, e la folla che ne rea spettatrice non era guastata dall’invidia. Perciò non solo non lo criticano, ma presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua inestimabile potenza che si manifestava nelle parole e nelle opere.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

SIAMO DI NUOVO ACCOLTI IN CRISTO

 

di San Cirillo di Alessandria nel quarto secolo

 

 

         Davvero il mistero di Cristo ci colma di stupore; e la grandezza della sua bontà verso di noi supera ogni capacità di ammirazione. Per questo il beato Abacuc, stupefatto per il modo dell’Incarnazione, esclama con chiare parole: “Signore, ho ascoltato il tuo annunzio; Signore, ho avuto timore della tua opera” (Ab 3, 2). Poiché l’Unigenito, uguale nella natura a Dio Padre, da ricco che era come Dio, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8, 9); e questo per salvare ciò che era perduto, dar vigore a ciò che era debole, fasciare le ferite, ridare vita a ciò che era morto e candore a quel ch’era macchiato; per elevare all’adozione in figli quelli che per natura erano servi. A lui dunque da tutti la lode: “Chi è come te o Dio?”. Tanto buono da dimenticare le offese, perdona i peccati al resto del suo popolo, gli Israeliti che hanno creduto; la moltitudine degli altri invece fu totalmente perduta, perché rifiutò di credere.

 

         Ma non chiuse la sua ira in testimonianza perenne. Fummo respinti in Adamo, ma di nuovo accolti in Cristo. Nel primo si ebbe la maledizione, nel secondo la benedizione. Come, infatti, per la caduta di uno solo morì la moltitudine degli uomini, così per la giustizia di uno solo molti vivranno. (cfr. Rm 5,15).

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mt 8, 5-17

 Discorsi,  231

  

 Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo»

 

         Venendo da un altro paese, Cristo ha potuto trovare qui solo ciò che vi era in abbondanza : pene, dolori e morte. Ecco quello che hai qui, ecco ciò che c’è qui in abbondanza. Egli ha mangiato con te ciò che nella povera casa della tua disgrazia c’era in abbondanza. Ha bevuto l’aceto, ha gustato il fiele (Gv 19, 29). Questo ha trovato nella tua povera casa !

 

         Ma egli ti ha invitato alla sua mensa magnifica, alla sua mensa del cielo, alla mensa degli angeli dove egli stesso è il pane (Gv 6, 34). Salito a casa tua e trovata la disgrazia nella tua povera casa, non si è disdegnato di sedersi alla tua mensa, così come era, e ti ha promesso la sua… Ha preso su di sé la tua disgrazia e ti darà la sua felicità. Sì, te la darà: ci ha promesso la sua vita.

 

         Più incredibile ancora è quello che ha realizzato : ci ha dato in pegno la propria morte. È come se dicesse : « Vi invito alla mia mensa, dove nessuno muore, dove si trova la vera felicità, dove il cibo non si corrompe, dove ristora, non manca mai e colma ogni cosa. Vedete dove io vi invito. Nel paese degli angeli, all’amicizia del Padre e dello Spirito Santo, ad un pranzo di eternità, nella mia amicizia fraterna. Infine, vi invito a me stesso, vi invito alla mia stessa vita.

 

XIIA settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri SABATO

 

Enchiridion Vaticanum, Gaudium et Spes, 93

, Bologna, ed. Devoniane. 1970, p. 963-965.

 

  

La testimonianza dei cristiani

 dalla Costituzione “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano II

 

 

          I cristiani, ricordando le parole del Signore: “In questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri” (Gv 13, 35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo.

 

         Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e usufruendo della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e cercano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a Colui che tutti giudicherà nell’ultimo giorno.

 

         Non tutti infatti quelli che dicono “Signore, Signore (Mt 7, 21), entreranno nel Regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre e lavorano sul serio. Perché il Padre vuole che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello, con la parola e con l’azione, rendendo così testimonianza alla Verità, e comunicando agli altri il mistero dell’amore del Padre celeste.

 

         Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché finalmente essi vengano assunti nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore.

 

        “A Colui che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a Lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen (Ef 3, 20-21).

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

 

Gesù venne loro incontro dicendo : Salute a voi

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

Commento sul vangelo di Luca 6, 58-61

Mc 5,21-43

 

  Io dico a te, alzati !

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Prima di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all’una, l’altra è già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere nella nostra vita eterna…

 

         I servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro » non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel Vangelo. Perciò Gesù prende con sé soltanto pochi testimoni della risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte non è vista come una fine ma come un riposo…

 

         E Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa credere che sia un’illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli dimora, distolga il mio spirito dall’errore, e così riconduca colui che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull’altare il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato : « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi » ( Pr 9, 5).

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

 

 

Si fece una grande bonaccia

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Il sonno di Cristo è il segno di un mistero. Gli occupanti della barca rappresentano le anime che attraversano la vita di questo mondo sul legno della croce. Inoltre, la barca simboleggia la Chiesa. Sì, veramente… il cuore di ogni fedele è una barca che naviga sul mare ; non può affondare se l’animo intrattiene buoni pensieri.

          Sei stato offeso : ti sferza il vento ; Ti sei adirato ; salgono le onde. Sorge la tentazione ; ecco che soffia il vento. Sveglia Cristo, lascia che ti parli. « Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono ? » Imita i venti e il mare : obbedisci al Creatore.

          Il mare ascolta l’ordine di Cristo, e tu rimarrai sordo ? Il mare obbedisce, il vento si calma, e tu continuerai a soffiare ? Cosa vogliamo dire ? Parlare, agitarsi, meditare la vendetta, non è forse continuare a soffiare e rifiutare di placarsi al comando di Cristo ? Quando il vostro cuore è turbato, non lasciatevi sommergere dalle onde.

         Se tuttavia il vento ci rovescia – perché siamo uomini – e eccita le passioni cattive del nostro cuore, non disperiamo. Svegliamo Cristo, per poter proseguire il nostro viaggio su un mare calmo e giungere alla nostra vera patria.

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Dai “Discorsi”

 

A un comando di Cristo viene la tranquillità

di sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Vi parlo, con l’aiuto di Dio, della lettura appena terminata del santo vangelo, per esortavi affinché non dorma la fede nei vostri cuori all’infuriare delle tempeste e dei marosi di questo mondo. Non sembrerebbe certo che Cristo Signore avesse la morte e il sonno in suo potere, se il sonno si impadronì dell’Onnipotente mentre era sulla barca in alto mare. Se credere questo, la fede dorme in voi: ma se in voi veglia Cristo, la vostra fede è desta. L’Apostolo dice : “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori (Ef 3, 17). Dunque anche il sonno di Cristo è segno di un mistero. I naviganti sono le anime, che passano in questa vita come sopra une barca. Anche quella nave raffigura la Chiesa. Tutti certo sono tempio di Dio; ciascuno poi naviga nel suo cuore, e non naufraga se pensa a cose buone.

                              

         È giunta al tuo orecchio un’ingiuria; è vento; sei adirato, è un maroso. Quando il vento soffia e i flutti si agitano è in pericolo la nave; è in pericolo il tuo cuore e va alla deriva. Desideri vendicarti dell’oltraggio udito: ed ecco ti vendichi e, cedendo al male altrui, hai fatto naufragio. Come mai? Perché Cristo dorme in te. E perché dorme in te ? Ti sei dimenticato di lui. Sveglia dunque Cristo, ricordati di Cristo, vigili in te Cristo; pensa a lui. Che cosa volevi? Essere vendicato. Ti è accaduto questo, mentre egli quando veniva crocifisso disse “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno(Lc 23, 34)

 

          Dormiva nel tuo cuore colui che non volle essere vendicato. Sveglialo, ricordati di lui. Il suo ricordo sia la tua parola: suo ricordo sia il suo comandamento. E se in te veglia Cristo, di’ a te stesso : Che uomo sono io da voler essere vendicato? Chi sono io da permettermi di minacciare un altro? Forse morirò prima di vendicarmi. Ma quando col respiro affannoso, ardente d’ira e assetato di vendetta, uscirò dal corpo, non mi riceverà colui che non ha voluto vendicarsi; non mi accoglierà colui che disse : “Date e vi sarà dato, perdonate e vi sarà perdonato (Lc 6, 38-39). Dunque, frenerò la mia ira e tornerò alla pace del mio cuore. Cristo ha comandato al mare ed è venuta la bonaccia.

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI MERCOLEDI

 

Libro di Vita

 

Cap. “ Preghiera” § 15

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

Mt 8,28-34

 

 

Vegliamo che il tempio del Dio vivente sia puro

di san Leone Magno nel quinto secolo

 

 

         Carissimi, l’insegnamento degli apostoli ci ammonisce affinché, deposto l’uomo vecchio con le sue azioni, ogni giorno ci rinnoviamo con uno stile di vita santa (cfr. Col 3, 9-10). Se infatti siamo il tempio di Dio e lo Spirito Santo abita nella nostra anima come dice l’Apostolo :

Noi siamo il tempio del Dio vivente (2 Cor 6, 16), dobbiamo stare molto attenti a che la dimora del nostro cuore sia indegna di tanto ospite.

          E come nelle abitazioni umane si provvede con lodevole diligenza a riparare tempestivamente le lesioni dovuto all’infiltrazione delle piogge, alla furia delle intemperie o alla stessa antichità, con uguale sollecitudine dobbiamo preoccuparci affinché nei nostri animi nulla vi sia di scomposto, nulla di impuro. Quantunque infatti il nostro edificio non sussista senza l’opera del suo artefice, e la nostra fabbrica non possa essere incolume senza l’anticipata protezione del costruttore, tuttavia, poiché siamo pietre razionali e il materiale vivente, la mano del nostro autore ci ha strutturati in modo tale che chi subisce riparazioni lavori anch’esso con chi le opera.

         La sottomissione umana dunque non si sottragga alla grazia divina, né si allontani da quel Bene senza il quale i beni non esistono.

E se nel praticare i comandamenti troviamo qualcosa che chi è personalmente impossibile o difficile a eseguirsi, non restiamo in noi stessi, ma ricorriamo a colui che ce l’impone; egli infatti ci dà il precetto proprio per suscitare il nostro desiderio e offrirci l’aiuto, come dice il profeta: “Getta nel Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno (Sal 54, 23).

         O forse c’è qualcuno tanto insolente e superbo, che si ritiene così intatto e puro da non aver bisogno di nessun rinnovamento? È molto ingannevole simile persuasione, e chiunque tra le tentazioni di questa vita si crede immune da ogni ferita, invecchia in una grande stoltezza.

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

Omelie sul vangelo secondo Matteo, n°29, 2 ; PG 57, 359-360

 

Mt 9,1-8

 

 

 Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         I giudei confessavano che Dio solo può rimettere i peccati. Pertanto Gesù, anche prima di rimettere i peccati, rivela i segreti dei cuori, mostrando così che egli possiede anche questo potere, che è riservato a Dio... Sta scritto infatti: “Solo tu, Signore, conosci il cuore dei figli dell’uomo” (2 Cr 6,30)... Gesù rivela dunque la sua divinità e la sua uguaglianza con il Padre svelando agli scribi il fondo del loro cuore, divulgando i pensieri che loro non osavano dichiarare apertamente per paura della folla.

E questo, egli fece con grande mitezza.

        

Il paralitico avrebbe potuto manifestare la sua delusione a Cristo dicendo: “E sia! Sei venuto per curare un’altra malattia e guarire un altro male, cioè il peccato. Ma quale prova avrò che i miei peccati sono stati perdonati?” Eppure non dice nulla di questo, ma si fida di colui che ha il potere di guarirlo...

 

         Agli scribi, Cristo ha detto: “Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?” In altri termini: Cosa vi sembra più facile? Mostrare il proprio potere su un corpo inerte, o perdonare a un’anima le sue colpe? Certamente è guarire un corpo, poiché il perdono dei peccati supera quella guarigione, tanto l’anima è superiore al corpo. Ma poiché una di queste opere è visibile, e non l’altra, compirò ugualmente l’opera visibile e in forma minore, per provare quella più grande e invisibile. In quel momento, Gesù testimonia con le sue opere che è lui colui “che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,29).

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

 

La folla rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini

di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

Il paralitico, incurabile, era steso sul suo letto. Avendo esaurito l’arte dei medici, venne, portato dai suoi, verso l’unico vero medico, il medico che viene dal cielo. Ma quando fu posto davanti a colui che poteva guarirlo, fu la sua fede ad attirare lo sguardo del Signore. Per mostrare bene che questa fede era capace di distruggere il peccato, Gesù dichiarò subito : « Ti sono rimessi i tuoi peccati ». Forse uno mi dirà : « Quest’uomo voleva essere guarito dalla sua malattia, perché dunque Cristo gli annuncia la remissione dei suoi peccati ? » Questo avvenne affinché tu imparassi che Dio vede il cuore dell’uomo nel silenzio, e senza rumore contempla i sentieri di tutti i viventi. La Scrittura dice infatti : « Gli occhi del Signore osservano le vie dell’uomo, ed egli vede tutti i suoi sentieri » (Pr 5, 21).

 

Eppure mentre Gesù diceva « Ti sono rimessi i tuoi peccati », lasciava il campo libero all’incredulità ; infatti il perdono dei peccati non si vede con i nostri occhi di carne. Quindi quando il paralitico si alza e cammina, manifesta con evidenza che Cristo possiede la potenza di Dio…

 

Chi possiede questo potere ? Lui solo o anche noi ? Anche noi, con lui. Lui, perdona i peccati perché è l’uomo Dio, il Signore della Legge. Quanto a noi, abbiamo ricevuto questa grazia ammirabile e meravigliosa, perché egli ha voluto dare questo potere all’uomo. Ha detto infatti agli apostoli : « In verità vi dico : tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo » (Mt 18, 18) ; E ancora : « A chi rimetterete i peccati saranno rimessi » (Gv 20, 23).

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Commento sul vangelo di Giovanni, 12, 22; PG 74, 729-736

(In l'Ora dell'Ascolto p. 647)

 

 

 

Beati quelli che pur non avendo visto crederanno

di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

         Questa espressione del Salvatore è piena di una singolare provvidenza e ci può essere di massima utilità. Infatti anche in ciò ha provveduto non poco alle nostre anime, perché è buono, e « vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla coscienza della verità » (1 Tm 2, 4).

 

         Tutto ciò è veramente degno di ammirazione. Per offrire indistintamente a tutti gli uomini la credibilità della fede, era necessario aver pazienza con Tommaso che parlava in quel modo e con gli altri discepoli che ritenevano Cristo uno spirito e un fantasma ; e mostrare i segni dei chiodi e la ferita del costato, e prender cibo in modo inconsueto e senza necessità ; affinché non rimanesse assolutamente nessun motivo di incredulità in coloro che cercavano queste cose per poter credere.

 

         Ma chi invece accoglie ciò che non ha visto e crede vero ciò che il Maestro gli fa giungere alle orecchie, questi onora con grande fede colui che viene predicato. Perciò è detto beato chiunque crederà alla voce dei santi apostoli che, come dice Luca, furono « testimoni dei fatti e ministri della parola » (Lc 1, 2). Ad essi dobbiamo anche obbedire, se bramiamo la vita eterna e stimiamo cosa grande abitare nelle celesti dimore.

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Omelie per la Risurrezione, 1-4

 

 

Mio Signore e mio Dio

di Basilio di Seleucia nel quinto secolo

 

         “Metti il dito nel posto dei chiodi”. Mi cercavi quando io non c’ero, ora approfitta della mia presenza. Io conosco il tuo desiderio nonostante il tuo silenzio. Prima che tu me lo dica, io so quel che pensi. Ti ho sentito parlare e, pur invisibile, ero vicino a te, vicino ai tuoi dubbi; senza farmi vedere, ti ho fatto aspettare, per scrutare meglio la tua impazienza. “Metti il dito nel posto dei chiodi; e non essere più incredulo ma credente”.

 

         Allora Tommaso lo tocca, e s’infrange tutta la sua diffidenza;  pieno di una fede sincera e di tutto l’amore dovuto al suo Dio, grida: “Mio Signore e mio Dio!” E il Signore gli dice: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Tommaso, porta la novella della mia risurrezione a coloro che non mi hanno visto. Porta tutta la terra a credere non a quello che vede, bensì alla tua parola. Percorri i popoli e le città lontane. Insegna loro a portare la croce sulle spalle invece delle armi. Non fare null’altro che annunciare me: crederanno e mi adoreranno. Non esigeranno altra prova.  Di’ loro che sono chiamati per grazia, e tu, contempla la loro fede: Beati, in verità, coloro che pur non avendo visto hanno creduto!

 

         Tale è l’esercito che arruola il Signore; tali sono i figli del fonte battesimale, le opere della grazia, la messe dello Spirito. Hanno seguito Cristo, pur senza averlo visto, l’hanno cercato e hanno creduto. L’hanno riconosciuto con gli occhi della fede, non con quelli del corpo. Non hanno messo il dito nel posto dei chiodi, ma si sono attaccati alla sua croce e hanno abbracciato le sue sofferenze. Non hanno visto il costato del Signore ma, per la grazia, si sono uniti alle sue membra e hanno fatto propria questa parola del Signore: “Beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto!”

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mt 9, 14-17

 

Discorso sull’battesimo ; PL 13, 1092

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1726)

 

 

 Lo Sposo è con loro

di San Paciano nel quarto secolo»

 

 

         Il peccato di Adamo era passato a tutto il genere umano...

        È quindi necessario che anche la giustizia di Cristo passi a tutto il genere umano e, come Adamo col suo peccato fu causa di rovina per tutta la sua discendenza, così Cristo sarà causa di salvezza per la sua giustizia ( Rm 5,19s)...

 

         Nella pienezza dei tempi Cristo prese da Maria l’anima e la carne. Questa è la carne che egli venne a salvare, che non abbandonò negli inferi (Sal 15,10) e che unì al suo spirito e fece sua. Queste sono le nozze del Signore, contratte con una sola carne, perché “Cristo e la Chiesa”, secondo quel “grande mistero”, fossero “due in una sola carne” (Ef 5,31). Da queste nozze nasce il popolo cristiano, mentre dall’alto discende lo Spirito del Signore. Il germe celeste viene infuso e unito alla sostanza della nostra anima; cominciamo così a svilupparci nel seno materno; quindi, venendo alla luce, entriamo nella vita che ci viene data dal Cristo. Per questo l’apostolo Paolo dice: “Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (1 Cor 15,45).

 

         In questo modo Cristo genera la Chiesa per mezzo dei suoi sacerdoti, come si esprime lo stesso apostolo: “Io vi ho generato in Cristo” (1 Cor 4,15). Così Cristo, mediante lo Spirito di Dio, per il ministero del sacerdote e la forza della fede dà alla luce l’uomo nuovo, formato nel seno della Madre e accolto nella Chiesa  col parto del fonte battesimale... Bisogna quindi accogliere Cristo, perché egli possa rigenerarci. Lo afferma l’apostolo Giovanni: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).

 

XIIIA settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri Sabato

Serafino di Sarov,

Vita, colloquio con Motilov, scritti spirituali,

Gribaudi-Torino, 1981, pp. 182.184

 

Dammi il tuo cuore

di San Serafino di Sarov nel dicianovesimo secolo.

 

  

         “Il Signore è vicino a quanti lo invocano(Sal 114, 18). Non fa distinzione di persone. “Il Padre ama il Figlio e ha affidato tutto nelle sue mani (cfr. Gv 13, 3).

 

         Questo a condizione che noi amiamo lui, il nostro Padre celeste, come figli. Il Signore ascolta sia un monaco che un uomo di mondo, un semplice cristiano, a condizione che essi amino Dio nel profondo del cuore e abbiano una fede autentica, una fede grande come un granello di senape; entrambi saranno in grado di sollevare montagne (cfr. Mt 17, 20). “Come può un uomo solo inseguirne mille o due soli, metterne in fuga diecimila?(Dt 32, 30). Il Signore stesso ha affermato : “Tutto è possibile a colui che crede (Mc 9, 23). E l’apostolo Paolo esclama: “Tutto posso in colui che mi dà forza(Fil 4, 13). Ancora più sorprendenti sono le parole del Signore a riguardo di quanti credono in lui: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre ; qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome, la farò(Gv 14, 12-14). (…)

 

         Quanto alle nostre condizioni diverse di monaco e di laico, non preoccuparti. Dio cerca anzitutto un cuore pieno di fede in lui e nel suo Figlio unigenito, ed è in risposta a questa fede che manda dall’alto la grazia dello Spirito Santo. Il Signore cerca un cuore ricolmo d’amore per lui e per il prossimo: è questo il trono sul quale ama sedersi e manifestarsi nella pienezza della sua gloria. “Figlio, dammi il tuo cuore, e il resto te lo darò in sovrappiù (Pr 23, 26). Il cuore dell’uomo è capace di contenere il regno dei cieli. “Cercate anzitutto il regno dei cieli e la sua giustizia, - dice il Signore ai suoi discepoli -, e il resto vi sarà dato in aggiunta, perché Dio vostro Padre sa ciò di cui avete bisogno (Mt 6, 33).

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - UFFICIO DI RISURREZIONE Domenica

 

 

Commento morale a GIOBBE XXXV, 17

 

L’ottavo giorno

 di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

Il numero sette simboleggia l’universalità del tempo. Ecco perché tutto il tempo della vita presente si svolge al ritmo di sette giorni. Ecco perché l’arca del Signore, profezia della santa chiesa, che in tutto questo tempo gira il mondo predicando, abbatté le mura di Gerico dopo aver girato attorno ad esse per sette giorni al suono delle trombe. Ecco perché il profeta dice: “Sette volte al giorno io ti lodo” (Sal 118, 16.). Egli stesso, facendo intendere che dice questo in ordine a ogni istante di tutto il tempo della sua preghiera, aggiunge: “Sulla mia bocca sempre la sua lodo” (Sal 33, 2).

 

        Che poi il numero sette indichi la totalità della vita presente risulta più chiaramente quando ad esso si aggiunge l’ottavo. Quando al sette si aggiunge uno, con questa aggiunta si vuol significare che il tempo destinato a finire si conclude con l’eternità. Ecco perché Salomone esorta: “Fanne sette od otto parti” (Qo 11, 2). Col numero sette fa riferimento al tempo presente che è legato al ritmo di sette giorni, col numero otto invece indica la vita eterna, che il Signore ci ha manifestato con la sua risurrezione. Egli è risorto di domenica, che, facendo seguito al settimo giorno, cioè al sabato, risulta l’ottavo giorno in ordine alla creazione. Dicendo: “Fanne sette od otto parti”, Salomone intendeva dire. Disponi le cose temporali in modo da non dimenticarti di aspirare a quelle eterne.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 6, 1-6

 Dal Trattato «Sul vangelo di Giovanni»

 

Il Padre stesso mi ha mandato

 di sant’Agostino nel quinto secolo

 

Ascoltate la parola del Signore, fratelli, e considerate in che modo la confermò e come risposero: «Costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia» (Gv 7, 27). Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete» (Gv 7, 28). È come dire: Mi conoscete e non mi conoscete. Sapete da dove vengo e non lo sapete. Da dove vengo le sapete: sono Gesù di Nazaret, conoscete anche i miei genitori. In questo era velato soltanto il mistero del parto della Vergine, del quale tuttavia poteva testimoniare lo sposo; lui solo infatti avrebbe potuto fedelmente indicare com’era avvenuto, essendo l’unico che poteva conoscerlo in qualità di marito.

 

Fatta dunque eccezione del parto della Vergine, conoscevano tutto di Gesù in quanto uomo: era noto il suo volto, era nota la sua patria, la sua origine, si sapeva dove era nato. A ragione dunque disse: « Certo voi mi conoscete e sapete di dove sono» riguardo alla sua natura umana e al suo aspetto fisico. Ma in rapporto alla sua divinità: «Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete». Per conoscerlo, credete in colui che l’ha mandato e saprete; infatti «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18); e «nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11, 27)

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mt 9, 32-38

  

 

« La messe è molta »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Il Cristo era pieno di ardore per la sua opera e stava per mandare operai… manderà dunque mietitori. « Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. » Io vi ho mandati a mietere ciò che non avete lavorato ; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro » (Gv 4, 37-38).Come ? Ha mandato mietitori senza mandare seminatori ? Dove ha mandato mietitori ? Dove altri avevano lavorato. Dove i profeti avevano prima predicato. Infatti erano loro stessi i seminatori… Quindi chi sono quelli che hanno lavorato ? Abramo, Isacco, Giacobbe. Leggete il racconto delle loro imprese: in ognuna si trova una profezia di Cristo; sono stati dunque seminatori. Quanto a Mosè, agli altri patriarchi, a tutti i profeti, quanto hanno sopportato nel freddo, nel tempo in cui seminavano! In Giudea pertanto, la messe era già pronta. E si capisce che la messe era matura nel momento in cui tante migliaia di uomini consegnavano l’importo dei loro beni, lo deponevano ai piedi degli Apostoli (At 4, 35) e con le spalle liberate dal peso del secolo (Sal 81, 7), si mettevano alla sequela di Cristo, Signore. La messe era veramente giunta a maturazione.

 

         Cosa ne è risultato ? Da questa messe, alcuni chicchi sono stati tolti e hanno seminato l’universo. Ed ecco che spunta un’altra messe destinata ad essere raccolta alla fine dei secoli… Per raccogliere questa messe, non saranno più gli Apostoli ad essere mandati, ma gli angeli.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 9, 32-38

Omelia del 3/5/1850,

in Omelie, istruzioni e allocuzioni, 1885, t.II

 

 

 « La messe è molta, ma gli operai sono pochi »

 di Lacordaire nel diciannovesimo secolo

 

 

         È forse stata rivolta a uomini poco numerosi e scelti questa parola : « Andate ed ammaestrate » (Mt 28, 19) ? L’apostolato è forse una particolarità nella Chiesa cattolica, oppure è una generalità ? Cristo ha forse detto soltanto ai suoi discepoli « andate ed ammaestrate » ? No, la Chiesa tutta intera è solidale con tutto ciò che viene fatto nella Chiesa. C’è una comunione di tutto e in tutto fra tutti i membri della famiglia di Cristo. Dire : « Questo è il dovere di tali cristiani nella Chiesa e non è il mio dovere » è dire una parola anticristiana. San Pietro, rivoltandosi ai primi fedeli, diceva loro : « Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » (1 Pt 2, 9). Eredi della luce dai nostri antenati, siamo i dispensatori della luce ai nostri contemporanei e alla nostra posterità.

 

         Non soltanto per voi il « sole di giustizia » (Mal 4, 2) è stato acceso in voi ; ma affinché risplenda tutto attorno a voi. Nella natura, i vostri occhi non hanno ricevuto la luce allo scopo di tenerla ; la riflettono. Portano fuori il vostro animo e chiunque vuole comunicare con voi vi guarda negli occhi per discernervi la luce che vi si trova, che è il vostro spirito. Tutto quello che siete risplende. Perciò, se le vostre facoltà naturali, e tutte le vostre potenze risplendono, quanto più dovete risplendere nell’ordine soprannaturale !

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Prima Apologia, 39-42

 

« Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino »

 San Giustino nel secondo secolo

 

         Quando lo Spirito profetico annuncia il futuro, ecco come parla : « Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci ; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra » (Is 2, 3).

 

         Queste parole si sono realizzate in un modo molto convincente. Dodici uomini sono partiti via da Gerusalemme per percorrere la terra. Erano uomini semplici e non sapevano parlare. Eppure, in virtù della potenza divina, hanno annunciato a tutti gli uomini che erano stati mandati da Cristo per insegnare a tutti la parola di Dio. E noi, che un tempo non sapevamo far altro che ucciderci l’un l’altro, non soltanto non combattiamo più i nostri nemici, ma, per non mentire, né ingannare i nostri giudici, confessiamo Cristo con gioia e moriamo martiri…

 

         Ascoltate ciò che è stato detto riguardo a coloro che avrebbero annunciato la sua venuta. Parla il re profeta Davide, ispirato dallo Spirito profetico : « Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola » (Sal 18, 2)… In un’altra profezia, lo Spirito profetico annuncia allo stesso Davide : « Da tutta la terra, cantate al Signore un canto nuovo, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza… dite tra i popoli : « Il Signore regna con il legno » (Sal 95)…

 

Davide ha fatto questa profezia millecinquecento anni prima che Cristo fatto uomo fosse crocifisso ; ora prima di lui, nessuno è stato crocifisso per la salvezza delle nazioni, e neanche dopo di lui. Invece, Gesù Cristo è stato crocifisso, è morto, è risuscitato, è salito in cielo dove regna e questa buona notizia, sparsa nel mondo intero dagli apostoli, è la gioia di coloro che aspettano l’immortalità che egli ha promessa.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

« Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele »

 di Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

 

         Cristo è venuto a cercare l’unica pecora che si era persa (Mt 18, 12). È per lei che il Buon Pastore è stato mandato nel tempo, lui, che da sempre è stato promesso ; per lei è nato ed è stato inviato. È unica, proveniente sia dei giudei che dalle nazioni, proveniente da tutte le nazioni, unica nel mistero, molteplice nelle persone, molteplice nel corpo, secondo la natura, unica nello Spirito secondo la grazia, insomma, una sola pecora, e una folla senza numero. Questo è il motivo per cui, Colui che è venuto a cercare l’unica pecora, è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele » (Mt 15, 24). Ora ciò che il pastore riconosce come suo « nessuno lo rapirà dalla sua mano » (Gv 10, 28). Poiché non si può costringere la potenza, ingannare la saggezza, distruggere la carità.

 

Perciò egli parla con franchezza, dicendo : « Di coloro che mi hai dato, nessuno è andato perduto » (Gv 17, 12). Ed è stato mandato come verità per coloro che erano stati ingannati, come vita per coloro che erano morti, come saggezza per coloro che erano insensati, come rimedio per i malati, come riscatto per i prigionieri e come cibo per quelli che morivano di fame. In tutti loro, si può dire che è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele », affinché, non fossero perdute per sempre.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 10, 7-15

Sull’unità della Chiesa cattolica

 

 

 « La vostra pace scenda sopra di essa »

 San Cipriano nel terzo secolo

 

         Lo spirito Santo ci dà questo avvertimento : « Cerca la pace e perseguila » (Sal 34, 15). Il figlio di pace deve cercare e perseguire la pace. Chi conosce e ama il vincolo della carità deve preservare la sua lingua dal peccato della discordia. Fra le sue prescrizioni divine e i suoi comandamenti di salvezza, il Signore, la vigilia della sua Passione, ha aggiunto questo : « Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. » (Gv 14, 27) Tale è l’eredità che ci ha lasciata : la promessa di tutti i doni, di tutte le ricompense che vediamo in prospettiva, è stata legata alla custodia della pace. Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo. Se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici : « Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. » (Mt 5, 9) Bisogna che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nelle parole, in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente con il vincolo di un pensiero unanime.

 

         Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli. In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 10, 7-15

Commento sul Diatèssaron 8,3-4 ;

SC 121, 159

 

« Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenderà sopra di essa »

 Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         « In qualunque casa entriate, prima dite : Pace a questa casa » (Lc 10,5) affinché il Signore stesso vi entri e vi soggiorni, come presso Maria… Questo saluto è il mistero della fede che illumina il mondo ; in esso, l’inimicizia viene spenta, la guerra fermata e gli uomini si riconoscono a vicenda. L’effetto di questo saluto era nascosto da un velo, nonostante la prefigurazione del mistero della risurrezione… quando sorge la luce e l’aurora caccia la notte. A partire da questo invio di Cristo, gli uomini hanno cominciato a dare e a ricevere questo saluto, fonte di guarigione e di benedizione…

 

         Tale saluto, con la sua potenza nascosta… basta ampiamente per tutti gli uomini. Per questo il Nostro Signore l’ha mandato con i suoi discepoli come annunciatori, affinché esso realizzasse la pace e, portato dalla voce degli apostoli, suoi inviati, preparasse la via davanti a loro. Esso era seminato in ogni casa… ; entrava in tutti coloro che lo intendevano, per separare e mettere da parte i suoi figli che esso riconosceva. In essi rimaneva, mentre denunziava coloro che gli erano stranieri, poiché non lo accoglievano.

 

         Questo saluto di pace non inaridiva, sgorgando dagli apostoli verso i loro fratelli, svelando i tesori inesauribili del Signore… Presente in coloro che lo davano e in coloro che lo accoglievano, quest’annuncio di pace non ne subiva né diminuzione, né divisione. Dal Padre, annunciava che egli è vicino a tutti e in tutti ; dalla missione del Figlio, rivelava che egli è in persona presso tutti, anche se la sua dimora è presso il Padre suo. Non smette di proclamare che le figure sono ormai compiute e che la verità caccia finalmente le ombre.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mt 10, 16-23

 Sui vantaggi della pazienza,

13.16 SC 291, 213

(In l' Ora dell'Ascolto p. 38)  

 

« Come pecore in mezzo ai lupi »

 San Cipriano nel Terzo secolo

 

 

         “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato”: questo è comando salutare del nostro Signore e Maestro. E ancora: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Bisogna perciò aver pazienza e perseverare, fratelli carissimi, perché, ammessi alla speranza della verità e della libertà, possiamo davvero arrivare alla verità e alla libertà. Il fatto stesso di essere cristiani è questione di fede e di speranza. Ma perché la speranza e la fede possano arrivare a portare frutto, è necessaria la pazienza...

 

Non lavoriamo dunque nell’impazienza, non lasciamoci abbattere sulla via del Regno, distratti e vinti dalle tentazioni. Non giurare, non maledire, non esigere ciò che ci è tolto con la forza, porgere l’altra guancia, perdonare ai fratelli tutti i loro torti, amare i nostri nemici e pregare per coloro che ci perseguitano: come riusciremo a fare tutto ciò se non saremo saldi nella pazienza e nella tolleranza? Questo vediamo in Stefano... Non domanda la vendetta bensì il perdono per i suoi omicidi: “Signore, non imputar loro questo peccato” (At 7,59). Così il primo martire di Cristo... non era soltanto il predicatore della passione del Signore, ma anche l’imitatore della sua estrema mitezza. Quando il nostro cuore è abitato dalla pazienza, non c’è più posto per l’ira, per la discordia o per la rivalità. La pazienza di Cristo caccia tutto questo per costruire nel nostro cuore una dimora pacifica in cui il Dio di pace si compiace di abitare.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mt 10, 16-23

Giornale dell’anima

 

« Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe »

 Beato Giovanni Ventitreesimo, papa

 

         Occorre trattare ognuno con rispetto, con prudenza e con una semplicità evangelica… Questo è conforme all’esempio di Gesù : dar prova della semplicità più attraente, senza pure abbandonare la prudenza dei sapienti e dei santi che Dio aiuta. La semplicità può suscitare, non dico dello sdegno, ma una minore considerazione da parte dei furbi. Non importa se i furbi, di cui non si deve tenere alcun conto, infliggono qualche umiliazione con i loro giudizi e le loro battute di spirito ; tutto torna a loro danno e confusione. Chi è « semplice, retto e temendo Dio » è sempre il più degno e il più forte. A condizione naturalmente, che sia sempre sostenuto da una prudenza saggia e piena di grazia.

 

        È semplice chi non si vergogna di confessare il Vangelo anche davanti a uomini che vedono in esso soltanto una debolezza e una puerilità, e di confessarlo in ogni sua parte, in ogni occasione e in presenza di chiunque. Non si lascia ingannare o trascinare dal prossimo nel suo giudizio, e non perde la serenità dell’anima qualunque sia l’atteggiamento che gli altri assumono nei suoi confronti.

 

         È prudente chi sa tacere una parte della verità che sarebbe inopportuno manifestare, e che può tacere senza che il suo silenzio alteri o falsifichi la parte della verità che ha detta ; egli sa raggiungere li buoni fini che si propone, scegliendo i mezzi più efficaci… ; in ogni circostanza distingue l’essenziale e non si lascia ingombrare dall’accessorio… ; all’inizio di tutto ciò, egli spera la riuscita da Dio solo.

 

         Non c’è nulla nella semplicità che contraddica la prudenza, e vice versa. La semplicità è amore ; la prudenza è pensiero. L’amore prega, l’intelligenza veglia : « Vegliate e pregate » (Mt 26,41). In una conciliazione perfetta. L’amore è come la colomba che geme ; l’intelligenza, rivolta all’azione, è come il serpente che non cade mai a terra, né si urta, perché avanza tastando con il capo ogni asperità del terreno.

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Bref « Pacis nuntium »

 

San Benedetto, patrono dell’Europa

 di Papa Paolo Sesto

 

 

Messaggero di pace, artefice dell’unione, maestro di civilizzazione, e prima di tutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in occidente, ecco i titoli che giustificano la glorificazione di San Benedetto, abate. Mentre crollava l’Impero romano ormai al suo termine, e affondavano nelle tenebre parecchie regioni dell’Europa, quando altre non conoscevano ancora la civilizzazione e i valori spirituali, egli, con uno sforzo costante e assiduo, fece sorgere sul nostro continente l’aurora di un’era nuova. Egli, principalmente, insieme ai suoi figli, con la croce, il libro e l’aratro, porteranno il progresso cristiano alle popolazioni che si estendevano dal mare Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda alle pianure della Polonia.

 

         Con la croce, cioè con la legge di Cristo, consolidò e sviluppò l’organizzazione della vita pubblica e privata. Conviene ricordare che insegnò agli uomini il primato del culto divino con l’Ufficio divino, cioè la preghiera liturgica e assidua. Con il libro poi, cioè con la cultura, nel momento in cui il patrimonio umanista stava per perdersi, San Benedetto, donando a tanti monasteri fama e autorità, ha salvato con una sollecitudine provvidenziale la tradizione classica degli antichi, trasmettendola intatta alla posterità e restaurando il culto del sapere. Infine con l’aratro, cioè con l’agricoltura e altre iniziative simili, riuscì a trasformare terreni desertici e incolti in campi fertili e graziosi giardini. Unendo la preghiera al lavoro materiale, secondo la sua famosa parola : « Ora et labora » (prega e lavora), nobilita ed eleva il lavoro dell’uomo. Perciò, Pio XII salutò a ragione in San Benedetto, il « padre dell’Europa ».

 

XIVA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Dal «Commento sulla lettera agli Efesini»

 

 

Grande cosa è il perdono dei peccati, ma più grande ancora che ci sia dato per il sangue del Signore

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         «Ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi», volendo pienamente manifestare in tal modo la gloria della sua grazia. «Secondo il beneplacito della sua volontà, dice, a lode e gloria della sua grazia che ci ha dato nel suo figlio diletto», (Ef 1, 5-6). Se dunque ci ha così glorificati a lode e gloria della sua grazia perché essa fosse manifestata, rimaniamo saldi in essa.

 

         Perché poi vuole essere da noi lodato e glorificato? Perché così il nostro amore verso di lui sia più fervente. Da noi infatti non desidera altro che la nostra salvezza; non il servizio, non la gloria, né altro, e tutto compie a questo scopo. Infatti chi loda e ammira la grazia che gli è stata donata, sarà più sollecito e premuroso. (…)

 

         «Grazia che ci ha dato nel suo figlio prediletto, dice, nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue» (Ef 1, 6-7). E in che modo? È cosa meravigliosa non solo che ci abbia donato il Figlio, ma anche il modo con cui ce lo ha dato, cioè lasciandolo uccidere per noi. È un incredibile paradosso: ha consegnato il suo diletto per coloro che lo odiavano. Vedi dunque di quanto prezzo ci ha stimati. Se quando eravamo chiusi nell’odio e nemici ci ha donato il suo diletto, cosa non farà ora che siamo stati riconciliati per sua grazia?

 

         Dalle realtà più elevate scende a quelle più spregevoli: mentre prima aveva parlato dell’adozione a figli, della santificazione e della chiamata a essere immacolati, ora parla anche del peccato; ma non abbassa il discorso dalle cose eccelse alle infime, piuttosto da queste si eleva a quelle. Nulla infatti è tanto grande quanto il fatto che per noi sia sparso lo stesso sangue di Dio; ed è più grande dell’adozione a figli e degli altri doni, fatto che non abbia risparmiato neppure il suo proprio Figlio. Gran cosa è il perdono dei peccati, ma più grande ancora che esso sia donato grazie al sangue del Signore.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Discorso 1 sulla resurrezione del Signore ; PL 185, 143-144 ; SC 202

 

 

 

Il vivere è Cristo

del Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo

 

 

         Per me, fratelli, « il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1, 21). Parto dunque per la Galilea, per il monte che Gesù ci ha indicato (Mt 28, 10.16). Lo vedrò e lo adorerò affinché io non muoia più, perché chiunque vede il Figlio dell’Uomo e crede in lui ha la vita eterna ; « anche se muore, vivrà » (Gv 11, 25).

 

         Oggi, fratelli, quale testimonianza sull’amore di Cristo, vi rende la gioia del vostro cuore ? Se vi è successo un solo giorno, di amare Gesù, sia vivo, sia morto, sia tornato alla vita, oggi in cui i messaggeri proclamano la sua risurrezione nella Chiesa, il vostro cuore esulta e esclama : « Mi hanno portato questa novella : Gesù, mio Dio, è vivo ! Sentite queste parole, il mio cuore che si era assopito dalla tristezza, che languiva nella tiepidezza e lo scoraggiamento, ha ritrovato la vita. » Oggi, la dolce musica di questo lieto annuncio rianima i peccatori che giacevano nella morte. Altrimenti, non si potrebbe far altro che disperare e seppellire nell’oblio coloro che Gesù, tornando dagli inferi, avrebbe lasciati nell’abisso.

 

         A questo riconoscerai che il tuo spirito ha ritrovato pienamente la vita in Cristo – se dice : « Se Gesù è vivo, questo mi basta ! Se lui vive, io vivo, poiché la mia vita dipende di lui. Egli è la mia vita, è il mio tutto. Cosa dunque potrebbe mancarmi, se Gesù è vivo ? Ancora meglio : Che tutto il resto mi manchi, non mi importa, purché Gesù sia vivo ! »

 

XVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 6,7-13

 Commento al vangelo di San Giovanni 12,1 

 

  

Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi

di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

         Il Signore nostro Gesù Cristo ha istituito delle guide e dei maestri per il mondo intero, e degli « amministratori dei misteri divini » (1 Cor 4, 1). Ha prescritto loro di risplendere e rischiarare come fiaccole non soltanto nel paese dei giudei… ma ovunque sotto il sole, per gli uomini che abitano su tutta la superficie della terra…

 

         Se riteneva di dover mandare così i suoi discepoli come il Padre aveva mandato lui (Gv 20, 21), non era forse necessario che loro, destinati ad essere i suoi imitatori, scoprissero il compito per il quale il Padre aveva mandato suo Figlio ? Egli ci ha dunque spiegato in diversi modi il carattere della sua missione. Ha detto un giorno : « Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi » (Lc 5, 32). E ancora : « Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato » (Gv 6, 38). E un’altra volta : « Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv 3, 17).

 

         Riassumeva in poche parole la funzione degli Apostoli dicendo che li ha mandato come il Padre aveva mandato lui : Con questo avrebbero compreso che spetta a loro chiamare i peccatori a convertirsi, curare i malati, corporalmente e spiritualmente ; nella loro carica di amministratori, non cercare affatto di fare la propria volontà, ma la volontà di colui che li ha mandati ; e in definitiva, salvare il mondo nella misura in cui riceverà gli insegnamenti del Signore.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - LODI MARTEDI

 

Libro di Vita

 

Cap.”Nel cuore della città” § 129

 

XVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 11, 20-24

 Su Gioele ; PL 25,667

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2005)

   

 

Gesù chiama le città di Galilea alla conversione

 di San Girolamo nel quinto secolo

 

 

         “Il Signore è buono e misericordioso”. Vuole piuttosto la penitenza che la morte del peccatore (Gl 2,13). “È paziente e ricco di compassione” e non imita l’impazienza degli uomini, anzi aspetta per lungo tempo la nostra conversione. Il Signore è pienamente disposto a perdonare e a pentirsi della sentenza di condanna che aveva preparata per i nostri peccati. Se noi ci pentiamo di quanto abbiamo fatto di male, egli si pentirà della decisione di castigo che aveva preso e del male che aveva minacciato di farci... Se noi cambiamo vita, anch’egli cambierà...

 

         Il profeta, dopo aver rivelato la misericordia di Dio verso chi si pente, soggiunge: “Chi sa che non cambi e si plachi e lasci dietro a sé una benedizione?” . Il profeta intende dire: Io assolvo il mio mandato, vi esorto alla penitenza perché so che Dio è oltremodo clemente, come si ricava anche dalla preghiera di Davide: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà, cancella il mio peccato” (Sal 50,3). Però siccome non possiamo conoscere la profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio (Rm 11,33), il profeta mitiga la sua affermazione e, più che presumere, esprime un voto: “Chi sa?”, per indicare che la cosa se non impossibile, è per lo meno difficile.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

Specchio 6 ; PL 180, 384 ; SC 301

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2853)

Mt 11,25-27

 

 

I segreti di Dio rivelati ai piccoli

Guglielmo di Saint-Thierry nel dodicesimo secolo

 

         Tu, o anima fedele, quando nella tua fede si presentano misteri troppo profondi per la debole tua natura, abbi i santo coraggio e di’, non per spirito di contraddizione, ma per amore di obbedienza [come Maria] : « Come possono darsi tali cose ? »

 (cfr. Lc 1,34). La tua domanda sia preghiera, sia amore, sia pietà e umile desiderio ; non voler scrutare la maestà di Dio nelle sue altezze, ma ricerca la salvezza nei mezzi salvifici di Dio, nostro Salvatore.

 

         « I segreti di Dio, nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio » (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello Spirito Santo. Quando lo si invoca si fa presente, né lo si potrebbe invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi giunge con l’abbondanza della benedizione di Dio. È infatti « un fiume in piena che allieta la città di Dio » (Sal 45,5). E quando sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante davanti alle parole di Dio, riposerà su di te (Is 11,2) e ti rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti di questo mondo. Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità (Gv 16,12-13).

 

XVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 11, 25-27

 Il Cielo nella fede

 

  

 Proclamo la tua lode

di Beata Elisabetta della Trinità  nel diciannovesimo secolo

 

 

         Siamo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo “a lode della sua gloria” (Ef 1, 6.11.12). Parla così san Paolo, istruito da Dio stesso. Come realizzare questo grande sogno del Cuore del nostro Dio, questo suo volere immutabile sulle nostre anime? Come, in una parola, rispondere alla nostra vocazione e diventare cioè perfette “lodi della gloria” della santissima Trinità?

 

         In cielo, ogni anima è lode di gloria al Padre, al Verbo, allo Spirito Santo, essendo ogni anima fissata nel puro amore, e non vivendo più della propria vita, ma della vita di Dio. Allora lo conosce, dice ancora San Paolo, come anch’essa è conosciuta da lui (1 Cor 13,12); in altri termini, il suo intendimento è l’intendimento di Dio, la sua volontà è la volontà di Dio, il suo amore è l’amore stesso di Dio. In realtà, è lo Spirito di amore e di fortezza che trasforma l’anima; infatti, essendole stato dato per sopperire alla sua mancanza, come dice ancora san Paolo, opera in essa questa gloriosa trasformazione (cfr Rm 8,26)...

 

         Lode di gloria, è un’anima che dimora in Dio, che lo ama di un amore puro e disinteressato, senza cercarsi nella dolcezza di tale amore; è un’anima che lo ama più di tutti i suoi doni, quand’anche non avesse ricevuto nulla da lui... Una lode di gloria è un essere sempre in azione di grazie. Ogni suo atto, ogni suo moto, ogni suo pensiero, ogni sua aspirazione allo stesso tempo la radica più profondamente nell’amore, ed è un’eco del Sanctus eterno.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì  

 

 

 

Chi è mia madre ?

di san Gregorio Magno nel sesto secolo

 

  

         “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è me fratello, sorella e madre” (…) Ma quando si dice che chi fa la volontà del Padre è sorella e fratello del Signore, non c’è da meravigliarsi per il fatto che tutti, uomini e donne, sonno condotti alla fede, bisogna meravigliarsi invece, e molto, per il fatto che vengono chiamati anche “madre”. Il Signore infatti si è degnato di chiamare fratelli i discepoli fedeli quando dice : “andate ad annunciare ai miei fratelli. Bisogna chiedersi piuttosto come colui che, giungendo alla fede, è diventato fratello del Signore, possa essere anche madre. Ma dobbiamo sapere questo : colui che, credendo, diventa fratello e sorella di Cristo, predicando diventa madre. Quando infonde il Signore nel cuore di chi  lo ascolta è come se lo generasse. E diventa madre di Cristo se, per mezzo della sua parola, fa nascere nel cuore del prossimo il Signore.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

Discorsi ascetici, 1a  parte n° 20

  

 

Imparate da me che sono mite e umile di cuore

di Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

 

         Voglio aprire la bocca, fratelli, per parlarvi dell’altissimo argomento dell’umiltà. Sono pieno di timore, come uno che sa di dover parlare di Dio nel linguaggio dei propri pensieri. L’umiltà infatti è l’ornamento della Divinità. Fattosi uomo, il Verbo l’ha rivestita. Per mezzo di essa, ha vissuto con noi in un corpo. E chiunque si è avvolto in essa, si è reso simile in verità a Colui che è disceso dalla sua altezza e ha ricoperto la sua grandezza e la sua gloria con l’umiltà, perché vedendolo la creazione non fosse consumata. La creazione infatti non avrebbe potuto contemplarlo se egli non avesse preso su di sé  l’umiltà per poter così vivere con lei. Non ci sarebbe stato incontro faccia a faccia con lui. La creazione non avrebbe udito le parole della sua bocca...

 

         Per questo quando la creazione vede un uomo rivestito della somiglianza del suo Maestro, lo venera e lo onora come il suo Maestro, che essa ha visto vivere in lei, rivestito di umiltà. Quale creatura infatti non si lascia intenerire alla vista dell’umile? Eppure, finché la gloria dell’umiltà non si era rivelata a tutti in Cristo, si disdegnava tale visione piena di santità. Ora invece, la sua grandezza è sorta agli occhi del mondo. È stato dato alla creazione di ricevere nella mediazione di un uomo umile la visione del suo Creatore. Per questo l’umile non è disprezzato da nessuno, nemmeno dai nemici della verità. Chi ha imparato l’umiltà è venerato, come se portasse la corona e la porpora.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mt 12, 1-8

 La Genesi alla lettera, IV, 13-14

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

Entrare nel riposo di Dio

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona... E cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Gen 1,31 – 2,2). Le opere buone di Dio noi le vediamo, ma il suo riposo lo vedremo quando avremo compiuto le nostre opere buone. Per simboleggiare questo riposo Dio prescrisse l'osservanza d'un dato giorno al popolo ebraico: precetto che gli Ebrei eseguivano in modo così carnale che incolparono il Signore, nostro Salvatore, quando lo videro compiere delle azioni in quel giorno, e perciò diede loro una risposta del tutto giusta ricordando loro l'attività del Padre, con il quale anch'egli operava ugualmente non solo per governare tutte le creature ma anche per procurare la stessa nostra salvezza.

 

Ora invece, nel tempo in cui è stata rivelata la grazia, l'osservanza del sabato, ch'era simboleggiata nel riposo d'un giorno determinato, è stata abrogata per i fedeli. Infatti nel presente ordine della grazia è ormai osservato un sabato eterno da chi compie tutto il bene che fa nella speranza del riposo futuro e non si vanta delle proprie azioni buone come d'un bene ch'egli possederebbe senza averlo ricevuto. In tal modo quando egli riceve il sacramento del battesimo nel suo vero significato, intendendolo cioè come il giorno del sabato, ossia come il giorno del riposo di nostro Signore nel sepolcro (Rm 6,4), egli si riposa dalle sue opere precedenti sicché, percorrendo ormai il cammino d'una vita nuova, riconosca che ad agire in lui è Dio il quale è attivo e si riposa nello stesso tempo somministrando da una parte il governo conveniente alla creatura e dall'altra possedendo in se stesso un'eterna tranquillità.

 

Dio non sentì stanchezza quando creò, né ristorò le sue forze quando cessò di creare, ma per mezzo della sua Scrittura volle solo esortarci a bramare il riposo... Dio volle dichiarare sacro questo giorno, come se anche per lui, che non prova alcuna fatica nell'agire, il riposo è più importante dell'azione. Questa verità riferita all'uomo ci è insegnata dal Vangelo quando il nostro Salvatore afferma che la parte di Maria, la quale seduta ai suoi piedi si riposava nell'ascoltare la sua parola, era migliore di quella di Marta, sebbene questa fosse occupata in molte faccende per servirlo, e così facesse un'opera buona (Lc 10,39).

 

XVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mt 12, 1-8

 Specchio della carità, III, 3,4

  

 

Osservare il sabato

di Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

 

         Dapprima, occorre sudare facendo buone opere, per riposarci poi nella pace della coscienza... Questa è la celebrazione gioiosa del primo sabato, quando ci riposiamo dalle opere servili del mondo... e non trasportiamo più i fardelli delle passioni.

 

         Possiamo però lasciare la stanza intima dove abbiamo celebrato questo primo sabato, per raggiungere la dimora del cuore, dove conviene “rallegrarci con quelli che sono nella gioia, piangere con quelli che sono nel pianto” (Rm 12,15), “essere debole con chi è debole, fremere con chi riceve scandalo” (2 Cor 11,29). Lì sentiremo la nostra anima unita a quella di tutti i fratelli con il cemento della carità; non vi siamo più turbati dai pungiglioni della gelosia, bruciati dal fuoco dell’ira, colpiti dalle frecce del sospetto; siamo liberati dai morsi divoratori della tristezza. Se attiriamo tutti gli uomini nel grembo pacificato del nostro spirito, dove tutti sono raccolti, riscaldati da un dolce affetto e dove abbiamo “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32), allora assaporando questa meravigliosa dolcezza, il tumulto delle cupidigie fa subito silenzio, il chiasso delle passioni si placa, e dentro di noi si opera un completo distacco da ogni cosa nociva, un riposo gioioso e calmo nella dolcezza dell’amore fraterno. Nella pace di questo secondo sabato, la carità fraterna non lascia più sussistere alcun vizio... Pervaso dalla dolcezza pacifica di tale sabato, Davide è scoppiato in un canto di giubilo: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme” (Sal 132,1).

 

XVA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mt 12,14-21

 Omelia per la Pasqua 9, 22,26,28 ; PG 6,633-661

 

 

 Ecco il mio servo che io ho scelto, il mio prediletto

di San Gregorio Nazianzeno nel quarto secolo

 

 

Il verbo di Dio che è eterno, invisibile, incomprensibile, incorporeo, principio nato dal principio, luce nata dalla luce, fonte della vita e dell’immortalità, impronta esatta del primo modello, segno incancellabile, somiglianza identica del Padre (Eb 1, 3), sua intenzione e suo pensiero, progredisce verso la sua immagine (Gen 1, 27). Prende carne per salvare la carne, si unisce a un’anima ragionevole per salvare la mia anima ; vuole purificare il simile con il simile e diventa totalmente uomo, tranne ciò che riguarda il peccato… Lui che arricchisce gli altri, si impoverisce. Adotta infatti la povertà della mia carne perché io mi arricchisca della sua divinità. Lui che è pienezza si annienta, si spoglia della propria gloria per poco tempo, affinché io partecipi alla sua pienezza.

 

         Che tesoro di bontà ! Che grande mistero in mio favore ! Io ho ricevuto l’immagine e non l’ho conservata. Il Verbo ha partecipato alla mia carne per salvare l’immagine e rendere la carne immortale ! Si unì a noi per mezzo di una seconda unione, molto più stupenda della prima… Bisognava che l’uomo fosse santificato grazie a un Dio divenuto uomo ; dopo aver distrutto il nostro tiranno, ci liberasse e ci riconducesse verso di lui grazie alla mediazione del Figlio, a onore del Padre. Così il Figlio si mostra al suo cospetto ubbidiente in ogni cosa, per compiere il suo piano di salvezza.

 

XVA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI sabato

Sull’unità della Chiesa cattolica

 

 

Il Signore ci dona la sua Pace

di San Cipriano nel terzo secolo

 

          « Cerca la pace e perseguila » (Sal 34, 15). Il figlio di pace deve cercare e perseguire la pace. Chi conosce e ama il vincolo della carità deve preservare la sua lingua dal peccato della discordia. Fra le sue prescrizioni divine e i suoi comandamenti di salvezza, il Signore, la vigilia della sua Passione, ha aggiunto questo : « Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. » (Gv 14, 27) Tale è l’eredità che ci ha lasciata : la promessa di tutti i doni, di tutte le ricompense che vediamo in prospettiva, è stata legata alla custodia della pace. Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo. Se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici : « Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. » (Mt 5, 9) Bisogna che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nelle parole, in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente con il vincolo di un pensiero unanime.

 

         Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli. In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Discorsi,  235 ; PL 38, 1117

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Resta con noi

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Fratelli, quand'è che il Signore volle essere riconosciuto? All'atto di spezzare il pane. È una certezza che abbiamo: quando spezziamo il pane riconosciamo il Signore. Non si fece riconoscere in altro gesto diverso da quello; e ciò per noi, che non lo avremmo visto in forma umana ma avremmo mangiato la sua carne. Sì, veramente, se tu - chiunque tu sia - sei nel novero dei fedeli, se non porti inutilmente il nome di cristiano, se non entri senza un perché nella chiesa, se hai appreso ad ascoltare la parola di Dio con timore e speranza, la frazione del pane sarà la tua consolazione. L'assenza del Signore non è assenza. Abbi fede, e colui che non vedi è con te.

 

Quanto invece a quei discepoli, quando il Signore parlava con loro, essi non avevano più la fede perché non lo credevano risorto e non speravano che potesse risorgere. Avevano perso la fede e la speranza: pur camminando con uno che viveva, loro erano morti. Camminavano morti in compagnia della stessa Vita! Con loro camminava la Vita, ma nei loro cuori la vita non si era ancora rinnovata.

 

E ora mi rivolgo a te. Se vuoi ottenere la vita fa' quello che fecero quei discepoli, in modo che ti sia dato riconoscere il Signore. Essi lo invitarono a casa. Il Signore fece finta d'essere uno che doveva andare lontano, ma loro lo trattennero... Accogli l'ospite, se desideri riconoscere il Salvatore... Imparate dov'è da ricercarsi il Signore, dove lo si possiede, dove lo si riconosce: è quando lo mangiate.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 6, 30-34

 Commento sul Vangelo di Marco, 2 ; CCL 120, 510-511

 

 Venite in disparte e riposatevi un po’

San Beda il Venerabile nell’ottavo secolo

 

Per far capire quanto fosse necessario concedere ai discepoli un po’ di riposo, l’evangelista prosegue dicendo : « era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. » La fatica di coloro che insegnavano, come l’ardore di coloro che si istruivano, mostra bene quanto erano felici in quel tempo.

        

Volesse il cielo che fosse così ancora nel nostro tempo, che un gran numero di fedeli si accalcasse attorno ai ministri della Parola per ascoltare, senza neppure lasciare loro il tempo necessario per riprendere le forze ! Perché quando manca loro il tempo necessario per prendersi cura di se stessi, hanno ancora meno la possibilità di abbandonarsi alle seduzioni dell’anima e del corpo. O piuttosto, per il fatto che si esige da loro, in ogni momento opportuno e non opportuno, la parola di fede e il ministero della salvezza, essi brucino dal desiderio di meditare i pensieri celesti e di metterli senza sosta in pratica, cosicché i loro atti non smentano i loro insegnamenti.

        

« Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte »… La gente li ha seguiti. Hanno preso in fretta il cammino del deserto, non con asini o con qualsiasi altro veicolo, ma a piedi, e hanno mostrato, con questo sforzo personale, quanto avessero cura della loro salvezza. In cambio, Gesù ha accolto questa gente affaticata. Come salvatore e medico pieno di potenza e di bontà, ha istruito gli ignoranti, guarito i malati e nutrito gli affamati, manifestando così quanta gioia gli procura l’amore dei credenti.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - LODI MARTEDI

 

LIBRO DI VITA

 CAP.” Castità” § 86

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 12, 46-50

                   Colloqui spirituali 

 

« Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre »

di Maestro  Eckhart nel quattordicesimo secolo

    

 

         Tanti dicono : « Siamo di buona volontà ». Ma non sono della volontà di Dio ; vogliono essere della loro volontà propria ; vogliono avvertire il Signore che occorre agire in tale modo o tal altro… In ogni cosa, questo è il disegno di Dio, che rinunciamo alla nostra volontà. San Paolo conversava spesso con il Signore e il Signore con lui, eppure tutto ciò non era servito a nulla finché non fosse riuscito a dirgli : « Che devo fare, Signore ? » (At 22,10). Il Signore infatti sapeva benissimo quello che era necessario che facesse con Paolo.

 

         Fu lo stesso quando l’angelo apparve alla Vergine Maria. Quanto avevano detto l’uno e l’altra non avrebbe mai potuto fare di lei la Madre di Dio. Invece non appena lei aveva rinunciato alla volontà propria, è divenuta subito la vera Madre del Verbo eterno. Immediatamente ha concepito Dio, che è divenuto suo figlio secondo la natura.

 

         Nulla nel mondo può fare di noi degli uomini veri, come il fatto di rinunciare alla volontà propria davanti a Dio… Se riusciremo ad abbandonare la volontà propria, se per amore di Dio oseremo lasciare ogni cosa dentro di noi, come pure al di fuori di noi, allora realizzeremo il nostro essere intimo. Devi dunque abbandonare te stesso completamente a Dio, con tutto quello che sei, e non preoccuparti più di ciò che egli farà con ciò che è suo… Quanto più avanzeremo su questa via, tanto più saremo veramente in Dio.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

Omelie sulla Genesi 1,7 ; SC 7,  72-73

 

San Giacomo, testimone della luce.

 di Origene nel terzo secolo

 

         Tutti coloro che vedono Cristo non sono illuminati da lui allo stesso modo, ma ognuno nella misura in cui può ricevere la luce. Gli occhi del nostro corpo non sono sempre rischiarati allo stesso modo dal sole ; quanto più saliamo in luoghi elevati, quanto più il punto da cui contempliamo il suo sorgere è alto, tanto meglio percepiamo il suo chiarore e il suo calore. È lo stesso per il nostro spirito : Quanto più salirà e si eleverà vicino a Cristo, quanto più si esporrà da vicino allo splendore del suo chiarore, tanto più magnificamente e più brillantemente sarà irradiato dalla sua luce. Lo dice il Signore stesso per bocca del profeta : « Avvicinatevi a me, e io mi avvicinerò a voi » (Zac 1,3)…

         Quindi non nello stesso modo noi tutti andiamo a lui, ma ognuno « secondo la sua capacità » (Mt 25,15). O andiamo a lui insieme con le folle, e lui ci nutre con parabole affinché non veniamo meno per via a causa del digiuno (Mc 8,3). O rimaniamo sempre seduti ai suoi piedi, preoccupandoci solo di ascoltare la sua parola, senza mai lasciarci prendere dai molti servizi (Lc 10,38)… ; senza dubbio, coloro che si avvicinano a lui in questo modo ricevono ben maggiormente la sua luce.

Ora se, come gli apostoli, senza mai allontanarci, « perseveriamo con lui nelle sue prove » (Lc 22,28), allora ci spiega nel segreto ciò che aveva detto alle folle, e con più chiarezza ancora ci illumina (Mt 13,11s). Infine, se egli trova qualcuno capace di salire con lui fino sul monte, come Pietro, Giacomo e Giovanni, questi non è più illuminato soltanto dalla luce di Cristo, ma proprio dalla voce del Padre.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

Il martirio di San Giacomo, Apostolo

 Eusebio di Cesarea nel quarto secolo

   

     Fu senza dubbio grazie alla potenza e all’assistenza del cielo, che la dottrina, come un raggio di sole, rischiarò improvvisamente tutta la terra. Secondo le divine Scritture, infatti, per tutta la terra si diffuse la voce dei divini Evangelisti e degli Apostoli ; le loro parole giunsero ai confini dell’universo. E in ogni città, in ogni borgo, come in una aia piena, si costituivano in massa Chiese che contavano migliaia di uomini, piene di fedeli…

     Però, sotto il regno dell’imperatore Claudio, il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni (At 12, 2). A proposito di Giacomo, Clemente riporta il racconto seguente, degno di memoria : Colui che l’aveva portato al tribunale fu commosso al vederlo render testimonianza e confessò che era cristiano anche lui. Tutti e due, dice, furono condotti insieme al supplizio; e lungo il cammino, egli domandò a Giacomo di perdonalo. Giacomo rifletté un attimo, poi lo abbracciò dicendo : « La pace sia con te ! » E tutti e due, contemporaneamente, furono decapitati.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

Dalle “Orazioni” attribuite a santa Brigida

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2494)

 

 

Contemplazione della Passione e della risurrezione di Cristo

di Santa Brigida nel quattordicesimo secolo

 

 

         Lode eterna a te, Signor mio Gesù Cristo, per ogni ora in cui hai sopportato per noi peccatori sulla croce le più grande amarezze e sofferenze; infatti i dolori acutissimi delle tue ferite penetravano orribilmente nella tua anima beata e trapassavano crudelmente il tuo cuore sacratissimo, finché venuto meno il cuore, esalasti felicemente lo spirito e, inclinato il capo, lo consegnasti in tutta umiltà nelle mani di Dio Padre, rimanendo poi, morto, tutto freddo nel corpo...

         Onore eterno a te, Signor mio Gesù, per essere risuscitato dai morti il terzo giorno e per esserti incontrato con chi hai prescelto; per essere salito, dopo quaranta giorni, al cielo, alla vista di molti e, per avere collocato lassù, tra gli onori, i tuoi amici che avevi liberati dagli inferi.

         Giubilo e lode eterna a te, Signore Gesù, per aver mandato nel cuore dei discepoli lo Spirito santo e per aver comunicato al loro spirito un immenso e divino amore.

         Sii benedetto, lodato e glorificato nei secoli, mio Signore Gesù, che siedi sul trono nel to regno dei cieli, nella gloria della tua maestà, corporalmente vivo con tutte le tue santissime membra, che prendesti dalla carne della Vergine. E così verrai nel giorno del giudizio per giudicare le anime di tutti i vivi e di tutti i morti: tu che vivi e regni col Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

 

Lettera apostolica Spes aedificandi

 

Santa Brigida, una luce per l’Europa

di Giovanni Paolo II

 

 

Indicando Santa Brigida come compatrona d'Europa, intendo far sì che la sentano vicina non soltanto coloro che hanno ricevuto la vocazione ad una vita di speciale consacrazione, ma anche coloro che sono chiamati alle ordinarie occupazioni della vita laicale nel mondo e soprattutto all'alta ed impegnativa vocazione di formare una famiglia cristiana.

Senza lasciarsi fuorviare dalle condizioni di benessere del suo ceto sociale, ella visse col marito Ulf un'esperienza di coppia in cui l'amore sponsale si coniugò con la preghiera intensa, con lo studio della Sacra Scrittura, con la mortificazione, con la carità. Insieme fondarono un piccolo ospedale, dove assistevano frequentemente i malati. Brigida poi era solita servire personalmente i poveri. Al tempo stesso, fu apprezzata per le sue doti pedagogiche, che ebbe modo di esprimere nel periodo in cui fu richiesto il suo servizio alla corte di Stoccolma. Da questa esperienza matureranno i consigli che in diverse occasioni darà a principi e sovrani per la retta gestione dei loro compiti. Ma i primi a trarne vantaggio furono ovviamente i figli, e non a caso una delle figlie, Caterina, è venerata come Santa.…

Dopo la morte dello sposo, avvertì la voce di Cristo che le affidava una nuova missione, guidandola passo passo con una serie di grazie mistiche straordinarie… In Brigida si avverte la forza della profezia. Talvolta i suoi toni sembrano un'eco di quelli degli antichi grandi profeti. Ella parla con sicurezza a principi e pontefici, svelando i disegni di Dio sugli avvenimenti storici. Non risparmia ammonizioni severe anche in tema di riforma morale del popolo cristiano e dello stesso clero

 In particolare, poi, essendosi le terre scandinave, patria di Brigida, distaccate dalla piena comunione con la sede di Roma nel corso delle tristi vicende del secolo XVI, la figura della Santa svedese resta un prezioso « legame » ecumenico, rafforzato anche dall'impegno in tal senso svolto dal suo Ordine.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Discorsi, n° 7, 1 ; SC 175, 338

 

 

Accogliere la parola nella terra buona

di San Cesario di Arles nel sesto secolo

  

 

                  Cristo vi aiuti, fratelli carissimi, ad accogliere sempre la lettura della parola di Dio con un cuore bramoso ed assetato; allora la vostra obbedienza fedelissima vi colmerà di gioia spirituale. Ma se volete che le sante Scritture abbiano per voi questa dolcezza, e che i precetti divini vi giovino quanto occorre, sottraetevi per alcune ore dalle vostre preoccupazioni materiali. Rileggete nelle vostre case le parole di Dio, dedicatevi interamente alla sua misericordia. Così riuscirete a realizzare in voi ciò che sta scritto dell’uomo beato: “La legge del Signore medita giorno e notte” (Sal 1,2) e ancora: “Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore” (Sal 118,2).

 

         I commercianti non cercano di ricavare interessi da una sola merce bensì da diverse merci. I coltivatori cercano una resa migliore seminando varie specie di semi. Voi che cercate benefici spirituali, non accontentatevi di ascoltare i testi sacri in chiesa. Leggete i testi sacri in casa; quando i giorni sono brevi, approfittate delle lunghe serate. Così potrete ammassare del frumento spirituale nel granaio del vostro cuore e raccogliere nel tesoro delle vostre anime le perle preziose delle Scritture.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Venerdì

 

Dagli scritti

 

IL FESTINO DELLA PAROLA CELESTE

Di S. Pier Damiani nell'undicesimo secolo

 

      Leggi con Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con lui per la preghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua vita.

      Respira il Cristo, dì incessantemente il Cristo, medita la vita di Cristo. Che il vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia, una tenacia sempre all'erta.

      Al vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle intuizioni dell'intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la magnificenza dei festini, l'eterno banchetto delle vivande celesti. L'anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall'alimento della lettura assidua, non cessa di fortificarsi, di crescere.

      Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al desiderio del banchetto eterno.

      Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana di rimorsi, in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parola di Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro che l'intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello Spirito Santo.

      Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia!

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

 

Immensa è la bontà di Dio che non risparmiò suo Figlio

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         «Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8, 29). Vedi qual è il culmine della gloria? Ciò che l’Unigenito è per nature, quelli lo diventano per grazia. Ma non gli è stato sufficiente averli conformi, ha aggiunto ancora dell’altro dicendo: «perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8, 29), volendo con ciò mostrare una parentela manifesta sotto ogni aspetto. Credo fermamente che tutto ciò si riferisca all’incarnazione: infatti secondo la natura divina egli è l’Unigenito.

        

         Vedi quante e quali cose egli ci ha donato? Non avere quindi dubbi per il futuro; anche altrove ci mostra la sua sollecitudine, quando ci rivela che tutte queste cose sono state già prefigurate un tempo. Infatti gli uomini mutano il loro giudizio su un medesimo argomento a seconda delle circostanze, ma il pensiero di Dio rimane immutato nei secoli e il suo atteggiamento verso di noi è sempre colmo di bontà, per questo ci dice: «Quelli che ha chiamati li ha anche giustificati» (Rm 8, 30): li ha giustificati con il battesimo rigenerandoli. «E quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8, 30). Li ha glorificai con la grazia di adozione, rendendoli suoi figli. «Che diremo dunque in proposito?» (Rm 8, 31). Come dicesse: non parlarmi più di pericoli, né delle insidie dovunque preparate. Anche se alcuni non credono nelle realtà future, non possono però negare tutti i beni che hanno ricevuto; per esempio, tu non puoi dubitare dell’amore di Dio per te, della giustificazione, della gloria.

        

         Tutto questo ti è stato dato attraverso cose che sembravano amare, e quello che tu ritenevi ignominioso, la croce, i flagelli, le catene, è proprio ciò che ha restituito all’ordine primitivo tutto l’universo. Come dunque egli si è servito delle cose che patì, per quanto sembrassero funeste, per rendere la libertà e la salvezza a tutta la natura, così suole agire in quello che tu soffri, servendosene per procurarti gloria e splendore.

 

XVIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Clemente I            "Lettera ai Corinzi" Nn. 49-50.

                               da "L'Ora dell'Ascolto", 1997

                               Ed. PIEMME - Casale Monferrato (Al)

                               pp. 297-298

 

 

CHI PUÒ ESPRIMERE L'AMORE DI DIO ?

di san Clemente Primo, papa al primo secolo.

 

 

          Chi ama Cristo osserva i suoi comandamenti.

         Chi è in grado di parlare della carità di Dio ? Chi saprebbe dire la sua incomparabile bellezza ? l'altezza a cui giunge la carità è inenarrabile. La carità ci rende una cosa sola con Dio, "la carità copre la moltitudine dei peccati" (1 Pt 4,8). La carità sopporta tutto, tollera ogni causa con pazienza (Cfr. 1 Cor 13, 4-7). Nella carità, tutto è puro, non c'è orgoglio ; la carità non suscita divisioni, non genera dissensi, tutto opera nella concordia ; gli eletti di Dio sono tutti perfetti nella carità, perché senza di essa nulla è accetto a Dio. Nella sua carità il Signore ci unì a sé ; per la carità che ebbe verso di noi, il nostro Signore Gesù Cristo diede per volontà divina il suo sangue per noi e il suo corpo per il nostro, e la sua vita per la nostra vita. Voi capite, carissimi, quanto grande e meravigliosa sia la carità, e come non sia possibile spiegare la sua perfezione.

        Chi merita di essere trovato in essa all'infuori di quelli che Dio avrà stimati degni ? Preghiamo dunque, e chiediamo alla sua misericordia di essere trovati nella carità perfetta, senza alcuna parzialità umana. Tutte le generazione, di Adamo fino a oggi, sono passate : ma quelli che per grazia di Dio si sono perfezionati nella carità ottengono il posto riservato ai giusti e all'avvento del Regno di Dio saranno riconosciuti. Infatti è scritto: "Va, popolo mio, entra nelle tue stanze e chiudi la porta dietro di te. Nasconditi per un momento finché non sia passato lo sdegno"(Is 26,20), "e ricorderò la mia alleanza"(Gn 9,15), "e vi risusciterò dai vostri sepolcri" (Ez 37,13).Amici, beati noi se avremo adempiuto nell'unione della carità i precetti del Signore…

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

Omelie su Ezechiele II, IV, 2

 

 

Il mistero pasquale impresso in noi

 di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

Venerdì è il giorno in cui il Signore ha portato a compimento la sua passione; sabato si è riposato nel sepolcro; domenica è risuscitato da morte. La vita presente in noi è ancora venerdì, perché si svolge tra i dolori ed è afflitta dalle tribolazioni. Sabato è come riposassimo nel sepolcro, perché troviamo il riposo dell’anima oltre quello del corpo. Domenica, che è il terzo giorno dopo la passione ed è l’ottavo dopo la creazione, ormai risorgiamo da morte anche con il corpo, per godere anche con la carne la gloria dell’anima.

 

Ciò che mirabilmente il nostro Redentore fece nella sua persona, lo ha impresso nella realtà della nostra vita; cosicché, come nel sesto giorno ci accompagna il dolore e nel settimo ci attende il riposo, così nel giorno ottavo ci accoglierà la gloria.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Gv 6, 1-15

 

 

La moltiplicazione dei pani

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

        I miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, sono opere divine, che sollecitano la mente umana a raggiungere Dio attraverso le cose visibili. Siccome Dio non è una realtà che si possa vedere con gli occhi, e siccome i suoi miracoli, con i quali regge il mondo intero e provvede ad ogni creatura, per la loro frequenza finiscono per passare, inosservati, al punto che quasi nessuno si accorge dell’opera di Dio che anche nel più piccolo seme appare mirabile e stupenda ; Dio si è riservato, nella sua misericordiosa bontà, di compiere a tempo opportuno talune opere fuori del normale corso degli avvenimenti naturali, affinché, quanti hanno fatto l’abitudine alle cose di tutti i giorni, rimanessero impressionati, vedendo, non opere maggiori, ma insolite.

 

Governare il mondo intero, infatti, è un miracolo più grande che saziare cinquemila persone con cinque pani. Tuttavia, di quel fatto nessuno si stupisce, di questo gli uomini si stupiscono, non perché sia più grande, ma perché è raro. Chi, infatti, anche adesso nutre il mondo intero, se non colui che con pochi grani crea le messi ? Cristo operò, quindi, come Dio. Allo stesso modo, infatti che con pochi grani moltiplica le messi, così nelle sue mani ha moltiplicato i cinque pani. La potenza era nelle mani di Cristo ; e quei cinque pani erano come semi, non affidati alla terra, ma moltiplicati da colui che ha fatto la terra. E’ stato dunque offerto ai sensi tanto di che elevare lo spirito, è stato offerto agli occhi tanto di che impegnare l’intelligenza, affinché fossimo presi da ammirazione, attraverso le opere visibili, per l’invisibile Iddio ; ed elevati alla fede purificati, sentissimo il desiderio di vedere spiritualmente, con gli occhi della fede, l’invisibile, che già conosciamo attraverso le cose visibili.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mt 13, 36-43

 § 760-769

 

« Allora i giusti splenderanno come il sole nel Regno del Padre loro »

 dal Catechismo della Chiesa cattolica
 


         « Il mondo fu creato in vista della Chiesa », dicevano i cristiani dei primi tempi (Erma). Dio ha creato il mondo in vista della comunione alla sua vita divina, comunione che si realizza mediante la « convocazione » degli uomini in Cristo, e questa « convocazione » è la Chiesa. La Chiesa è il fine di tutte le cose e le stesse vicissitudini dolorose, come la caduta degli angeli e il peccato dell'uomo, furono permesse da Dio solo in quanto occasione e mezzo per dispiegare tutta la potenza del suo braccio (Lc 1,51), tutta l'immensità d'amore che voleva donare al mondo: « Come la volontà di Dio è un atto, e questo atto si chiama mondo, così la sua intenzione è la salvezza dell'uomo, ed essa si chiama Chiesa » (Clemente Alessandrino).

 

La convocazione del popolo di Dio ha inizio nel momento in cui il peccato distrugge la comunione degli uomini con Dio e quella degli uomini tra di loro. La convocazione della Chiesa è, per così dire, la reazione di Dio di fronte al caos provocato dal peccato. Questa riunificazione si realizza segretamente in seno a tutti i popoli: « Chi teme [...] [Dio] e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto » (At 10,35). La preparazione remota della riunione del popolo di Dio comincia con la vocazione di Abramo, al quale Dio promette che diverrà padre di un grande popolo (Gen 12,2). La preparazione immediata comincia con l'elezione di Israele come popolo di Dio (Es 19,5). Con la sua elezione, Israele deve essere il segno della riunione futura di tutte le nazioni (Is 2,2)…

 

È compito del Figlio realizzare, nella pienezza dei tempi, il piano di salvezza del Padre; è questo il motivo della sua « missione »… Cristo inaugurò il regno dei cieli sulla terra. La Chiesa è « il regno di Cristo già presente in mistero» (Vaticano II, LG 3). « La Chiesa [...] non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo » (LG 48), al momento del ritorno glorioso di Cristo… Quaggiù « anela al regno perfetto…». Il compimento della Chiesa – e per suo mezzo del mondo – nella gloria non avverrà se non attraverso molte prove. Allora soltanto, « tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale » (LG 2).

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 13, 36-43

 Cap 8 ; SC 33, 71

 

La pazienza di Dio

dalla Lettera a Diogneto nel secondo secolo

 

Dio, Signore e Creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

 

Dio dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci... Dio non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 13, 44-46 

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 47, 2

 

   

Le parabole del tesoro e della perla

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

La somiglianza che si può vedere tra la parabola del granello di senapa e quella del lievito si ritrova fra quelle del tesoro e della perla : tutte e due significano che bisogna preferire il messaggio evangelico ad ogni altra cosa… Infatti il Vangelo si sviluppa come il granello di senapa e impone la sua forza come il lievito ; come la perla, è di grande valore ; in fine, come il tesoro, procura i più preziosi vantaggi.

 

A questo riguardo, conviene sapere, non soltanto che bisogna  spogliarsi di tutto per accogliere il Vangelo, ma pure che bisogna farlo con gioia… Nota quanto la predicazione del Vangelo passa inosservata nel mondo, e come il mondo non vede i numerosi beni che ne sono la ricompensa… Due condizioni sono quindi necessarie : la rinuncia dei beni del mondo e un coraggio saldo. Si tratta infatti di « un mercante in cerca di perle preziose » che «  trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi » per comprarla. La verità è una, non si divide. Come il possessore della perla conosce la sua ricchezza, quando sovente, mentre la tiene in mano, coloro che la guardano non lo sospettano nemmeno, a causa della piccolezza della perla, così coloro che sono stati istruiti dal Vangelo conoscono la loro felicità, mentre gli infedeli, ignorando questo tesoro, non hanno alcuna idea della nostra ricchezza.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 13, 44-46

Contro le Eresie, IV, 26 ; SC 100, 711

 

 

Il tesoro nascosto nel campo delle Scritture

 Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Cristo era presente a tutti coloro ai quali, dal principio, Dio comunicava la sua Parola, il suo Verbo. E se qualcuno legge la Scrittura in questa prospettiva, troverà in essa un’espressione concernente Cristo e una prefigurazione della chiamata nuova. Infatti è lui « il tesoro nascosto nel campo » cioè nel mondo (Mt 13, 38). Tesoro nascosto nelle Scritture, perché veniva manifestato attraverso figure e parabole che, umanamente parlando, non potevano essere intese prima che le profezie fossero compiute, cioè prima della venuta del Signore. Perciò è stato detto al profeta Daniele : « Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine » (Dn 12, 4)… Anche Geremia dice : « Alla fine dei giorni comprenderete tutto ! » (Ger 22, 20)…

 

         Letta dai cristiani la legge è un tesoro, un tempo nascosto in un campo, ma rivelato e spiegato dalla croce di Cristo ; … essa manifesta la sapienza di Dio, rivela i suoi disegni di salvezza per l’uomo, prefigura il Regno di Cristo, preannuncia la Buona Novella dell’eredità della Gerusalemme santa, predice che l’uomo che ama Dio progredirà fino a vederlo ed a udire la sua parola, e sarà glorificato da questa parola…

 

         In questo modo, dopo la sua risurrezione, il Signore ha spiegato le Scritture ai suoi discepoli, dimostrando loro con esse che « bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria » (Lc 24, 26). Quindi se qualcuno legge le Scritture in questo modo, sarà un discepolo perfetto, « simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche » (Mt 13, 52).

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì

Mt 13, 47-53

 

 

« Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare »

 Dalla Costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano Secondo

 

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.

 

Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 13, 47-53

Esposizione sul salmo 95, 14-15

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Sulla riva… raccolgono i buoni »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         « Giudicherà il mondo secondo giustizia, i popoli secondo la sua verità » (Sal 95,13). In che cosa consisteranno la giustizia e la verità? Prima sceglierà quelli, tra i suoi eletti (Mc 13,27), che dovranno essere giudici insieme con lui; poi separerà gli altri in due gruppi, ponendone uno alla destra e uno alla sinistra (Mt 25,33). E potrà esserci cosa più giusta, più conforme a verità, che quei tali che prima della venuta del giudice si ricusarono di agire con misericordia, non si attendano misericordia dal giudice? Viceversa, quelli che si impegnarono per agire con misericordia saranno giudicati con misericordia (Lc 6,37). A quelli che si troveranno a destra sarà detto: « Venite, benedetti del Padre mio! Possedete il regno che vi è stato preparato fin dalla creazione del mondo ». Ed elenca le opere di misericordia: « Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi dissetaste », eccetera (Mt 25,31s)…

 

Pensi forse che, perché tu sei iniquo, abbia ad esserlo anche il giudice? O, perché tu sei bugiardo, pensi che non sia vera la verità? Al contrario! Se vuoi incontrarlo pieno di misericordia, sii tu misericordioso prima che egli venga. Se qualcuno ha mancato contro di te, perdonalo. Se hai qualcosa d'avanzo, dallo al prossimo… Dai della roba avuta da lui, non fai altro che una restituzione. (Che cosa hai infatti che tu non l'abbia ricevuto? » (1 Cor 4,7). Ecco allora le vittime che tornano più gradite a Dio: la compassione, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Rechiamo all'altare queste ostie e attenderemo tranquilli la venuta del giudice, che « giudicherà il mondo secondo giustizia e i popoli secondo la sua verità ».

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mt 13, 54-58

 

“Concittadini di Cristo nella patria celeste”

 di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

Venne nella sua patria, Se è nato, come può non essere cittadino? Se è cittadino, come uno potrebbe meravigliarsi che egli abbia una patria? Ma questa è una condizione umana, che riconosce, non uno stato divino; perché Colui che è e che era prima dei secoli, nostro Dio, negli ultimi tempi volle essere nostro padre, per salvare con pietà quelli che aveva creato con la sua potenza; e per recuperare con la compassione quelli che con le sue punizioni e i suoi comandi aveva reso privi di patria. Infatti, tutto quello che leggiamo che Cristo fece o compì mediante l’umanità assunta, dobbiamo intendere che egli l’abbia compiuto non come offesa per la Divinità, ma come motivo di gloria per l’uomo.

 

E lo seguivano, dice, i suoi discepoli. Ben a ragione i discepoli seguono Cristo che ritorna nella sua patria, perché, ormai iscritti com’erano nell’albo del consorzio del cielo, una così ambita scelta e la pienezza di una grazia così grande li aveva resi cittadini e membri della patria celeste, come dice il Signore: Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nel libro della vita.

 

Opportunamente il Signore aggiunse: Un Profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Ecco quale saggezza hanno i concittadini secondo la carne, ecco in che modo pensano e onorano i parenti del mondo! Beato colui, che avendo meritato di avere Dio per Padre, non cerca nulla all’infuori della patria celeste!

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mt 13, 54-58

 

“Gesù in mezzo ai suoi”

 di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

 

        Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Cristo appunto andò nella sua patria, perché sta scritto: Venne fra la sua gente, e i suoi non lo accolsero. Ma dicendo: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, insegna che à motivo d’invidia essere potente fra propri conterranei, è causa di ustioni emergere fra i propri concittadini; la gloria del vicino brucia i vicini; i parenti, se devono render onore a un parente, lo considerano servitù. E non fece, dice, che pochi miracoli per la loro incredulità. Non si compiono prodigi, dove l’incredulità non li merita. E se Cristo, quando guarisce non esige una ricompensa, si sdegna tuttavia quando, invece dell’onore, gli sono rivolte offese.

 

Dicevano: costui è figlio del carpentiere, ma non dicevano di quale carpentiere fosse figlio. Dicevano figlio del carpentiere, affinché da un’umile arte fosse nascosta l’arte del Creatore e affinché il nome artigianale nascondesse il nome della divinità. Cristo era figlio di un carpentiere, ma di quello che aveva compiuto la costruzione del mondo non con un maglio, ma con un suo ordine; che aveva messo insieme le parti degli elementi non con l’ingegno, ma col suo comando; che aveva fuso la massa del mondo non col carbone, ma col suo potere; che aveva acceso il sole non col fuoco terreno, ma col calore celeste; che aveva creato la luna, le tenebre, i tempi della notte; che aveva distinto le stelle con la diversità della loro luce; che tutto aveva fatto dal nulla; e lo aveva fatto per te, o uomo, perché tu compensassi col tuo apprezzamento l’Artefice dell’opera.

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Omelie sul vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347

 

 

Precursore di Cristo nella nascita e nella morte

di Origene nel terzo secolo

 

         Ammiriamo Giovanni Battista soprattutto a motivo di questa testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni » (Lc 7,28) ; ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che molta gente pensava che fosse Cristo (Lc 3,15). Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto. Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si preoccupa della morte  né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.

 

         Non potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro ? » (Lc 7,19). Notate bene che, persino nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda dunque alcuni discepoli…

 

         I discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista. 

 

XVIIA settimana Tempo Ordinario - PV Sabato

 

 

PORTANDO IN NOI CRISTO POSSIAMO GIUNGERE ALLA VITA SENZA FINE

dagli scritti dello Pseudomacario nel quarto secolo

 

         L’anima, quando viene ritenuta degna di avere parte alla chiarità luminosa dello Spirito, venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce, tutto viso, tutto occhio, nessuna parte in lei è priva dello spirituale occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora.

 

         Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti il volto, cosicché quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae, ma se il re è girato dalla parte opposta il pittore non può compiere l’opera sua, perché il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati… Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà di se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

 

         Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinché nel nostro intimo s’imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

 

Gesù venne loro incontro dicendo : Salute a voi

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Sul Cantico dei cantici, 37

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1790)

 

 

            

Il segreto dell’ultimo posto

 

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Se sapessimo chiaramente a quale posto Dio mette ciascuno di noi, dovremmo acconsentire alla verità senza mai crederci più grandi  o più piccoli  di quello che siamo. Ora, poiché i decreti di Dio sono avvolti nelle tenebre, e la sua volontà ci è nascosta, è più sicuro, secondo il consiglio della Verità stessa, scegliere l’ultimo posto, dal quale saremo chiamati con onore per ricevere un posto più alto. Quando devi passare per una porta il cui architrave è troppo basso, tu puoi abbassarti quanto vuoi senza farti male; ma se ti alzerai sia pure dello spessore di un dito al di sopra dell’altezza della porta, ci sbatterai contro e ti romperai la testa. Allo stesso modo non bisogna temere alcuna umiliazione, per grande che sia, ma avere un gran timore e orrore anche del minimo moto di presunzione.

 

         Quindi non ci paragoniamo con quelli che sono superiori o inferiori a noi, non ci confrontiamo con alcuno, neanche con un solo uomo. Che ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per un mutamento operato dalla potenza dell’Altissimo, non diventerà migliore di te e degli altri o se non lo è già realmente in Dio? Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: “Va’ a metterti all’ultimo posto”, in modo che solo tu sia l’ultimo di tutti e non ti preferisca, anzi neanche osi paragonarti ad alcuno.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI MARTEDI

 

LIBRO DI VITA

 CAP.” Amore” § 1-2

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Catechesi battesimali, 11, 5-10

 

La tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Dio è spirito (Gv 5, 24) ; colui che è spirito ha generato spiritualmente… in una generazione semplice e incomprensibile. Il Figlio stesso disse del Padre : « Il Signore mi ha detto : Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato » (Sal 2, 7). Quest’oggi non è nel tempo, ma prima di tutti i secoli. « Dal seno dell’aurora come rugiada, io ti ho generato » (Sal 109, 3).

         Credi dunque in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, ma Figlio unigenito secondo la parola del Vangelo : « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3, 16)… Giovanni dà questa testimonianza a suo riguardo : « Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1, 14).

         Perciò, i demoni stessi, tremando davanti a lui gridavano : « Basta ! che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno ? Tu  sei il Figlio del Dio vivente ! » Egli è dunque Figlio di Dio secondo la natura, e non soltanto per mezzo dell’adozione, poiché è nato dal Padre… Il Padre, Dio vero, ha generato il Figlio simile a lui, Dio vero… Cristo è stato generato «  Parola viva ed eterna » (1 Pt 1, 23) non solo pronunciata con le labbra, bensì proprio nata dal Padre eternamente, ineffabilmente… Parola che comprende la volontà del Padre e fa ogni cosa per ordine suo … Parola piena di autorità e regge tutto, perché « il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio » (Gv 13, 3).

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

I Soliloqui, L.1, cap.1, § 5-6

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Le folle lo cercavano

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Ormai, Signore,  io te solo amo, te solo seguo, te solo cerco e sono disposto ad essere soggetto a te soltanto, poiché tu solo con giustizia eserciti il dominio ed io desidero essere di tuo diritto. Comanda ed ordina ciò che vuoi, ti prego, ma guarisci ed apri le mie orecchie affinché possa udire la tua voce...

 

Riammetti, ti prego, il tuo schiavo fuggitivo, o Signore e Padre clementissimo. Dovrei ormai aver sufficientemente scontato, abbastanza dovrei esser stato schiavo dei tuoi nemici che tu conculchi sotto i tuoi piedi, abbastanza dovrei esser stato ludibrio di cose ingannevoli. Ricevi me tuo servo che fugge da queste cose... Sento che devo ritornare a te; a me che picchio si apra la tua porta; insegnami come si può giungere fino a te... A te io anelo e proprio a te chiedo i mezzi con cui il mio anelito sia soddisfatto. Infatti se tu abbandoni, si va in rovina; ma tu non abbandoni perché sei il sommo bene che sempre si è raggiunto se si è rettamente cercato; ed ha rettamente cercato chiunque sia stato da te reso capace di cercare rettamente. Fa', o Padre, che anche io ti cerchi, ma difendimi dall'errore affinché mentre io ti cerco, nessun'altra cosa mi venga incontro in vece tua. Se non desidero altra cosa che te, ti ritrovi al fine di grazia, o Padre.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Omelie,  84 sul Cantico dei cantici, 3

 

Le folle lo cercavano…

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Ogni anima che cerca il Signore sappia che è stata preceduta da colui che l’ha cercata per primo… « Lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore » (Ct 3,1). L’anima cerca il Verbo, eppure è il Verbo ad averla cercata per primo… Se fosse lasciata a se stessa, la nostra anima non sarebbe altro che un soffio che se ne va a caso e non torna più. Ascoltate i gemiti e le suppliche dell’anima che erra e ha perso la strada : « Come pecora smarrita vado errando ; cerca il tuo servo » (Sal 118,176). O uomo, vuoi tornare ; eppure se questo dipendesse dalla tua sola volontà, perché chiederesti aiuto ?… È chiaro che la nostra anima vuole tornare ma non lo può ; non è che un soffio errando e da sola, non potrà tornare… Ma da dove gli viene tale volontà ? Dal fatto che già il Verbo l’ha visitata e cercata. Questa ricerca non è stata vana, poiché ha suscitato la volontà senza la quale non c’è ritorno possibile.

 

         Ma non le basta essere stata cercata una volta ; l’anima è troppo debole, e la difficoltà del ritorno è troppo grande. « C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Cosa domanda l’anima, nel salmo che ho citato ? Nient’altro che essere cercata ; infatti non cercherebbe infatti se non fosse stata cercata, e non ricomincerebbe a cercare, se fosse stata a sufficienza cercata.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

Discorsi, 39

 

 

 

D’ora in poi sarai pescatore di uomini

 di San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

         Quando il Signore, seduto nella  barca, dice a Pietro: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.

         Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale, Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione, bensì gli uomini.

         “Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12).

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI giovedì

Discorso 43, 5-6 ; CCL 41, 510-511

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

1929

 

 

Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Quanta fu la degnazione di Cristo! Questo Pietro che parla così era stato un pescatore; ma adesso gran lode merita ogni oratore che riesca a comprendere il pescatore. Al riguardo, parlando ai primi cristiani, diceva l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata, o fratelli. In mezzo a voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Iddio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose stolte del mondo ha scelto Dio per confondere i sapienti, e le cose ignobili e disprezzate del mondo ha scelto Dio, e quelle che non sono, quasi che fossero, per ridurre al nulla quelle che sono”(1 Cor 1, 26-28).

Se infatti Cristo avesse scelto per primo il retore, questo retore avrebbe detto: “Sono stato scelto in grazia della mia eloquenza”. Se avesse scelto il senatore, il senatore avrebbe detto: “Sono stato scelto per la mia dignità”. In fine, se avesse scelto l'imperatore, l'imperatore avrebbe detto: “Sono stato scelto in vista del mio potere”. Stiano dunque calmi tutti costoro e si lascino rimandare a dopo! Stiano calmi! Non saranno scartati né disprezzati ma solo posti in seconda linea, in quanto potrebbero in se stessi trovare come gloriarsi di se stessi.

 

Dammi, dice Cristo, quel pescatore, dammi quell'illetterato, quell'ignorante; dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò un uomo come questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero – e il retore e l'imperatore io renderò miei discepoli..., ma è più convincente l'aver io agito nel pescatore. Il senatore potrebbe gloriarsi di se stesso, e così il retore e l'imperatore, mentre il pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque il pescatore e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare. Venga per primo il pescatore.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Conferenze 

 

 

 

Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo Sposo è con loro?

 di San Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

  

Avevamo lasciato la Siria per la Provincia d’Egitto, con il desiderio di imparare i principi dei monaci anziani, e ci meravigliavamo della grande cordialità con la quale eravamo accolti. Contrariamente a quel che ci era stato insegnato nei monasteri di Palestina, non si osservava quella regola di aspettare l’ora fissata per il pranzo, ma, eccetto il mercoledì e il venerdì, dovunque andassimo, si rompeva il digiuno. Uno degli antichi a cui domandavamo perché, da loro, si omettessero così facilmente i digiuni quotidiani, ci rispose : « Il digiuno è sempre con me. Voi, invece, che fra poco congederò, non potrò tenervi sempre con me. E il digiuno, benché utile e necessario, è tuttavia l’offerta di un dono volontario, mentre il compimento dell’opera della carità è l’esigenza assoluta del precetto. Perciò, accogliendo in voi Cristo, devo ristorarlo e, dopo avervi congedato, potrò compensare in me, con un digiuno più rigoroso, l’umanità che vi ho manifestata per riguardo a Cristo. Infatti, « gli amici dello Sposo non possono digiunare mentre lo Sposo è con loro », ma quando si sarà allontanato, allora potranno farlo.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Commento al vangelo di Matteo, 10, 22 ; CCM 56 B, 1072-1073

 

Cristo Sposo

 di San Pascasio Radberto nel nono secolo

 

  

         Un’unione strana e straordinaria ebbe luogo quando  « il Verbo si fece carne » nel seno della Vergine e « venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14). Come tutti gli eletti sono risuscitati in Cristo quando egli risuscitò, così queste nozze sono state celebrate in lui e la Chiesa è stata unita allo Sposo mediante i legami del matrimonio, quando l’uomo-Dio ricevette in pienezza i doni dello Spirito Santo e tutta la divinità venne ad abitare nel suo corpo… Cristo è divenuto uomo per mezzo dello Spirito Santo e, in quanto Sposo, è uscito dal seno della Vergine, che infatti fu la sua stanza nuziale. E la Chiesa, nel rinascere dall’acqua per mezzo dello stesso Spirito, diviene un solo corpo in Cristo, sicché i due « sono una carne sola » (Mt 19,5) il che, « in riferimento a Cristo e alla Chiesa, è un grande mistero » (Ef 5,31).

 

         Questo matrimonio dura fin dall’inizio dell’incarnazione di Cristo fino al momento in cui Cristo tornerà e tutti i riti dell’unione nuziale saranno compiuti. Allora, coloro che saranno pronti e avranno compiuto come conviene le condizioni di una tale unione, entreranno con lui, pieni di rispetto, alle nozze eterne (Mt 25,10). Nell’attesa, la sposa promessa a Cristo cammina verso il suo Sposo, e custodisce l’alleanza con lui ogni giorno nella fede e nella tenerezza, finché egli venga.

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Commento sulla Genesi

 

 

 

« Ricordati del giorno di sabato per santificarlo »

di Sant Agostino nel quinto secolo

 

  

         Ora che è giunto il tempo della grazia che ci è stata rivelata, l’osservanza del sabato, una volta simboleggiata dal riposo di un solo giorno, è stata abolita per i fedeli. In questo tempo di grazia, infatti, il cristiano osserva un sabato perpetuo, se tutto il bene fatto da lui viene fatto nella speranza del riposo futuro, e se non si gloria delle proprie opere buone come di un bene che venisse da sè, senza averlo ricevuto.

 

         Così, comprendendo e ricevendo il sacramento del battesimo come un sabato, cioè come il riposo del Signore nella sepoltura (Rm 6, 4), il cristiano si riposa dalle sue opere antiche per camminare ormai in una vita nuova, riconoscendo che Dio agisce in lui. Dio infatti nello stesso tempo agisce e si riposa, quando concede alla sua creatura la gestione che gli si addice, e nello stesso tempo gode in se stesso di un’eterna tranquillità.

 

         Dio né si è faticato creando il mondo, né si è riposato cessando di creare, ma ha voluto con queste parole della Scrittura [« Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (Gen 2, 2)], invitarci a desiderare questo riposo, donandoci il comandamento di santificare questo giorno (Es 20, 8).

 

XXIIA settimana Tempo Ordinario - PV Sabato

 

 

E' A ME CHE L'AVETE FATTO

di San Basilio di Cesarea nel quarto secolo

 

 

      Abbiamo ricevuto l'ordine di amare il nostro prossimo come noi stessi; Dio non ci ha forse dato una naturale propensione a farlo? Chi è colui che non si rende conto che l'uomo, naturalmente socievole e dolce, non è fatto per la vita solitaria  e selvaggia? Nulla è più conforme alla nostra natura che vivere insieme, ricercarci reciprocamente ed amare il nostro simile.

      Il Signore chiede, dunque, i frutti di ciò di cui ha posto il seme in noi, quando dice : "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri". Nello scopo di spingere la nostra anima ad obbedire a questo precetto, non ha voluto che si cercasse il segno dei suoi discepoli in opere straordinarie, benché ne ricevessero il potere nello Spirito Santo.

      Cosa dice, invece: "Riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri".

      E mette un vincolo tale ai due comandamenti da considerare come fatta a Lui stesso ogni buona azione rivolta al prossimo: "Perché ho avuto fame, dice, e mi avete dato da mangiare..." e aggiunge: "Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli è a me che l'avete fatto".

      Quindi colui che ama Dio amerà di conseguenza il suo prossimi: "Chi mi amerà, dice il Signore, compirà i miei comandamenti. ora, "il mio comandamento eccolo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati".

      Ve lo ripeto, quindi: chi ama il suo prossimo adempie al suo dovere di amare Dio, poiché Dio considera questo dono come fatto a Lui.

 

Da: Sources Vives 63, settembre 1995.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

Ecco io sono con voi tutti giorni fino alla fine del mondo

di sant' Ireneo di Lione nel secondo secolo

 


Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).


E' questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò esso discese anche sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell'uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio, operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall'uomo vecchio alla novità di Cristo.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Vespri Domenica

Omelie sulla lettera ai Romani, 8 ; PG 60, 464-466

 

 

 

Il Signore è in mezzo al suo popolo

di  Giovanni Crisostomo nel IV secolo

 

 

         Se vi dico di imitare l’apostolo Paolo, non è per dirvi : Risuscitate i morti, guarite i lebbrosi. Fate ancora meglio : abbiate la carità. Abbiate l’amore che animava san Paolo. Questa virtù infatti è molto superiore al potere di compiere dei miracoli. Dove c’è la carità, Dio il Figlio regna con suo Padre, e lo Spirito Santo. L’ha detto lui : « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro ». Amare trovarsi insieme, questo è il carattere di un’amicizia tanto forte quanto reale.

 

         Ci sono forse persone così miserabili, direte, da non desiderare che Cristo sia in mezzo a loro ? Si, noi stessi, figlioli miei ; lo cacciamo di mezzo di noi quando siamo in lotta gli uni contro gli altri. Mi direte : Cosa dici ? Non vedi forse che siamo radunati nel suo nome, tutti fra gli stessi muri, nel recinto della stessa Chiesa, attenti alla voce del nostro pastore ? Senza nessun dissenso, nell’unità dei canti e delle voci, ascoltando insieme il nostro pastore. Dov’è la discordia ?

 

         So che siamo nello stesso ovile e dietro lo stesso pastore. Piango tanto più amaramente… Perché se siete calmi e tranquilli in questo momento, all’uscire della Chiesa, questo critica quello ; uno ingiuria pubblicamente l’altro, taluno è divorato dall’invidia, la gelosia o l’avarizia ; tale altro medita vendetta, talaltro la sensualità, la duplicità o la frode… Rispettate pure, rispettate questa tavola santa alla quale comunichiamo tutti ; rispettate Cristo immolato per noi ; rispettate il sacrificio offerto su questo altare in mezzo a noi.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

La preghiera della Chiesa

 

 

 

Gesù se ne andò sulla montagna a pregare

di Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]

 

 

 

         Ogni anima umana è un tempio di Dio: Questo ci apre una prospettiva vasta e veramente nuova. La vita di preghiera di Gesù è la chiave per capire la preghiera della Chiesa. Vediamo che Cristo ha partecipato al servizio divino, alla liturgia del suo popolo...; ha portato la liturgia dell’antica alleanza a compiersi in quella della nuova alleanza.

         Tuttavia, Gesù non ha semplicemente preso parte al servizio divino pubblico prescritto dalla Legge. I vangeli fanno accenni più numerosi ancora alla sua preghiera solitaria nel silenzio della notte, sulle vette selvagge dei monti, nei luoghi deserti. Quaranta giorni e quaranta notti di preghiera hanno preceduto la vita pubblica di Gesù (Mt 4, 1-2). Si è ritirato nella solitudine della montagna per pregare, prima di scegliere i suoi dodici apostoli e di mandarli per la missione. Nell’ora del monte degli Ulivi, si è preparato ad andare fino al Golgota. Il grido che ha rivolto al Padre nell’ora più penosa della sua vita ci è svelato da alcune brevi parole che brillano come stelle anche nelle nostre ore sul monte degli Ulivi. “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”

(Lc 22,42). Sono come un lampo che illumina per noi, in un istante, la vita più intima dell’anima di Gesù, il mistero insondabile del suo essere uomo-Dio e del suo dialogo col Padre. Questo dialogo è durato certamente per tutta la sua vita, senza mai interrompersi.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Commento al Vangelo di San Luca 5, 41ss ; SC 45 p. 198-199 

 

 

Passò la notte in orazione

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Il Signore prega, non per implorare per se stesso, bensì per intercedere per me. Benché il Padre abbia messo ogni cosa a disposizione del Figlio, il Figlio tuttavia, per attuare pienamente la sua condizione di uomo, ha giudicato opportuno implorare il Padre per noi ; perché è il nostro avvocato. Non rizzate degli orecchi insidiosi immaginando che sia per debolezza che Cristo domanda per ottenere ciò che non potrebbe compiere, lui che è l’autore di ogni potere. Maestro di ubbidienza, Cristo ci plasma con il suo esempio ai precetti della virtù. « Abbiamo un avvocato presso il Padre » è stato detto (1 Gv 2, 1). Se è avvocato, deve interporsi per i miei peccati. Non è quindi per debolezza bensì per bontà che implora.

 

Volete sapere fino a che punto può tutto ciò che vuole ?

 

         È nello stesso tempo avvocato e giudice : il primo consiste in un ufficio di compassione, l’altro è l’insegna del potere. « Passò la notte in orazione ». Vi lascia un esempio, vi traccia un modello da imitare. Cosa conviene fareper la vostra salvezza quando per voi, Cristo passa la notte in orazione ? Cosa conviene fare nel momento di intraprendere un’opera di pietà, quando Cristo, nel momento di mandare i suoi Apostoli, ha pregato e ha pregato da solo ?

 

        In nessun’altra parte, se non erro, è detto che abbia pregato con i suoi Apostoli ; dovunque, implora da solo. Infatti il grande disegno di Dio non può essere colto con desideri umani, e nessuno può aver parte al pensiero intimo di Cristo. D’altronde, volete sapere che è proprio per me e non per lui che Cristo ha pregato ? « Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici » per mandarli, seminatori della fede, a diffondere il soccorso e la salvezza degli uomini nell’universo intero.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Lodi Mercoledì

Lc 6,20-26

Le Beatitudini, 1

 

« Beati voi poveri »

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

      
Poiché tutti gli uomini sono portati quasi naturalmente alla superbia, il Signore comincia le Beatitudini respingendo il male originale
della sufficienza e consigliando di imitare il vero Povero volontario che é veramente beato – in modo da assomigliargli con una 
povertà volontaria, secondo quanto è in nostro potere, per partecipare alla sua beatitudine, alla sua felicità. “Abbiate gli stessi
 sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza 
con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2, 5-7).
 
Che cosa c'è di più miserabile per Dio che assumere la condizione di servo? Che cosa di più infimo per il Re dell'universo che 
condividere la nostra natura umana? Il Re dei re e il Signore dei signori, il Giudice dell'universo (1 Tm 6,17; Eb 12,23) paga le tasse
 a Cesare. Il Maestro della creazione abbraccia questo mondo, entra in una grotta, non trova posto nell’albergo e prende rifugio in
 una stalla, in compagnia di animali senza ragione. 

Colui che è puro e immacolato prende su di sé le sozzure della natura umana, e dopo avere condiviso tutta la nostra miseria, va fino a fare l'esperienza della morte. Considera la dismisura della sua povertà volontaria! La Vita assaggia la morte, il Giudice è trascinato davanti al tribunale, il Maestro di ogni vita si sottopone ad un magistrato, il Re delle potenze celesti non si sottrae alle mani dei carnefici. Con questo esempio, disse l'apostolo Paolo, si misura la sua umiltà (Fil 2, 5-7).

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Vespri Mercoledì

Lc 6, 20-26

  

 

« Beati voi che ora piangete, perché riderete »

da Esortazione apostolica «Gaudete in Domino» di Paolo VI

 

 

          La gioia di dimorare nell'amore di Dio incomincia fin da quaggiù. È quella del Regno di Dio. Ma essa è accordata su di una via scoscesa che richiede una totale fiducia nel Padre e nel Figlio, e una preferenza data al Regno. Il messaggio di Gesù promette innanzi tutto la gioia, questa gioia esigente ; non si apre essa attraverso le beatitudini ? « Beati, voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete ».

Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell'uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre un'obbedienza integra e filiale, accetta di morire per mano di empi, di morire su di una croce. Ma d'ora innanzi, Gesù è per sempre vivente nella gloria del Padre, ed è per questo che i discepoli furono stabiliti in una gioia inestinguibile nel vedere il Signore, la sera di Pasqua (Lc 24, 41).

         Ne deriva che, quaggiù, la gioia del Regno portato a compimento non può scaturire che dalla celebrazione congiunta della morte e della risurrezione del Signore. È il paradosso della condizione cristiana, che illumina singolarmente quello della condizione umana: né la prova né la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma esse acquistano un significato nuovo nella certezza di partecipare alla redenzione operata dal Signore, e di condividere la sua gloria.

Per questo il cristiano, sottoposto alle difficoltà dell'esistenza comune, non è tuttavia ridotto a cercare la sua strada come a tastoni, né a vedere nella morte la fine delle proprie speranze.

         Come lo annunciava il profeta: « Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia » (Is 9, 1-2).

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Lodi Giovedì

Lc 6, 27-38  

Istruzioni, IV, 76 ; SC 92, 281

 

 

« Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro »

di Doroteo di Gaza nel quinto secolo

 

 

         Se avessimo la carità, accompagnata dalla compassione e dalla pietà, non faremmo attenzione ai difetti del prossimo, secondo questa parola: “ La carità copre un moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8) e ancora: “La carità non tiene conto del male ricevuto, tutto copre” (1 Cor 13, 5-7). Se quindi avessimo la carità, la carità stessa coprirebbe ogni colpa, e saremmo come i santi quando vedono i peccati degli uomini. Sono forse ciechi i santi da non vedere i peccati? Ma chi detesta i peccati quanto i santi. Eppure non odiano il peccatore, non lo giudicano, non lo fuggano. Invece compatiscono, lo esortano, lo consolano, lo curano come un membro malato; fanno di tutto per salvarlo... Quando una madre ha un figlio handicappato, non gli volge le spalle con orrore, ma si compiace nel vestirlo, e fa di tutto per renderlo bello. Così i santi proteggono sempre il peccatore e se ne prendono cura per correggerlo al momento opportuno, per impedirgli di nuocere a chicchessia, e anche per progredire nella carità di Cristo...

 

         Acquistiamo dunque anche noi la carità, acquistiamo la misericordia per il prossimo, per evitare la terribile maldicenza, il giudizio e il disprezzo. Portiamoci soccorso a vicenda, come faremmo se si trattasse delle nostre membra... Infatti, “siamo membra gli uni degli altri” dice l’apostolo Paolo” (Rm 12,5); “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1 Cor 12,26)... In una parola, badate, secondo la possibilità di ciascuno, di essere uniti gli uni agli altri. Infatti, tanto più siamo uniti al prossimo, quanto più siamo uniti a Dio.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Vespri Giovedì

Lc 6, 27-38

Discorsi ascetici, § 81

 

  

« Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro »

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

 

         Non provare a distinguere colui che è degno da colui che non è degno. Tutti gli uomini siano pari ai tuoi occhi, per amarli e servirli. Così potrai condurli tutti al bene. Il Signore non ha forse condiviso la tavola dei pubblicani e delle donne di malaffare, senza allontanare da sè gli indegni ? Anche tu, concederai gli stessi benefici, gli stessi onori all’infedele, all’assassino, tanto più che anche lui è un fratello per te, poiché partecipa dell’unica natura umana. Ecco, figlio mio, il mio comandamento : la tua misericordia prevalga sempre nella tua bilancia, fino al momento in cui sentirai dentro di te la misericordia che Dio prova per il mondo.

 

         Quando l’uomo riconosce che il suo cuore è giunto alla purezza ? Quando considera ogni uomo buono, e nessuno gli appare impuro o macchiato. Allora, in verità, è puro di cuore (Mt 5, 8)...

 

         Cos’è la purezza ? In poche parole, è la misericordia del cuore nei confronti dell’universo intero. E cos’è la misericordia del cuore ? È il fuoco che lo infiamma per tutta la creazione, per gli uomini, gli uccelli, le bestie, i demoni, per ogni essere creato. Quando pensa a loro o quando li guarda, l’uomo sente i suoi occhi riempirsi delle lacrime di una profonda, di una intensa pietà che gli stringe il cuore e lo rende incapace di tollerare, di sentire, di vedere il minimo torto o la minima afflizione sopportata da una creatura. Perciò, la preghiera nelle lacrime si allarga, in ogni momento, sugli esseri privi di parola, come pure sui nemici della verità, o su coloro che le nuocciono, affinché siano custoditi e purificati. Una compassione immensa e senza misura nasce nel cuore dell’uomo, ad immagine di Dio.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

 

Capitolo “Nel cuore della città” paragrafo 130

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Vespri Venerdì

     

Spiegazione del discorso dalla montagna, 19

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

La pagliuzza e la trave

di Sant’Agostino nel quarto secolo

 

 

Come puoi dire a un tuo fratello : Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave ? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi vedrai di togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello », ossia : Prima rimuovi l’odio e poi potrai correggere l’uomo che ami. E ha detto bene : « Ipocrita ». Infatti biasimare i vizi è compito di uomini buoni e benevoli, ma, quando lo fanno i cattivi, recitano la parte degli altri, come gli attori che nascondono sotto la maschera quel che sono…

 

E quindi con tenerezza e prudenza si deve stare attenti che se la emergenza costringerà a riprendere o rimproverare qualcuno, per prima cosa riflettiamo se è un vizio che non abbiamo mai avuto o che ce ne siamo liberati. E se non l’abbiamo mai avuto, riflettiamo che anche noi siamo uomini e abbiamo potuto averlo ; se invece l’abbiamo avuto e non l’abbiamo più, la comune debolezza renda attenta la memoria in modo che non l’odio ma la compassione preceda la riprensione o il rimprovero, sicché tanto se contribuiscono al suo ravvedimento come alla sua ostinazione, giacché il risultato è incerto, noi tuttavia siamo tranquilli sulla sincerità del nostro giudizio.

 

          Se poi riflettendo riscontreremo che anche noi ci troviamo in quel vizio, in cui si trova colui che ci apprestavamo a riprendere, non riprendiamo e non rimproveriamolo, ma proviamone insieme dolore e invitiamolo non ad ascoltarci ma a tentare insieme.

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Lodi  sabato

                                      

 

« Beati voi che ora piangete, perché riderete »

da Esortazione apostolica «Gaudete in Domino» di Paolo VI

 

 

          La gioia di dimorare nell'amore di Dio incomincia fin da quaggiù. È quella del Regno di Dio. Ma essa è accordata su di una via scoscesa che richiede una totale fiducia nel Padre e nel Figlio, e una preferenza data al Regno. Il messaggio di Gesù promette innanzi tutto la gioia, questa gioia esigente ; non si apre essa attraverso le beatitudini ? « Beati, voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete ».

Misteriosamente, il Cristo stesso, per sradicare dal cuore dell'uomo il peccato di presunzione e manifestare al Padre un'obbedienza integra e filiale, accetta di morire per mano di empi, di morire su di una croce. Ma d'ora innanzi, Gesù è per sempre vivente nella gloria del Padre, ed è per questo che i discepoli furono stabiliti in una gioia inestinguibile nel vedere il Signore, la sera di Pasqua (Lc 24, 41).

          Ne deriva che, quaggiù, la gioia del Regno portato a compimento non può scaturire che dalla celebrazione congiunta della morte e della risurrezione del Signore. È il paradosso della condizione cristiana, che illumina singolarmente quello della condizione umana : né la prova né la sofferenza sono eliminate da questo mondo, ma esse acquistano un significato nuovo nella certezza di partecipare alla redenzione operata dal Signore, e di condividere la sua gloria.

Per questo il cristiano, sottoposto alle difficoltà dell'esistenza comune, non è tuttavia ridotto a cercare la sua strada come a tastoni, né a vedere nella morte la fine delle proprie speranze.

         Come lo annunciava il profeta: « Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia » (Is 9, 1-2).

 

XXIIIA settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri Sabato

 

 

 

La Croce principio di salvezza

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Oggi il nostro Signore Gesù Cristo è in croce e noi siamo in festa, affinché sappiate che la croce è una festa e una celebrazione spirituale. Un tempo la croce designava un castigo, ora è diventata oggetto di onore. Una volta simbolo di condanna, eccola ora principio di salvezza. Infatti essa è per noi causa di beni innumerevoli : ci ha liberati dall’errore, illuminati nelle tenebre e riconciliati con Dio ; eravamo divenuti per lui dei nemici e degli stranieri lontani, ed essa ci ha resi la sua amicizia e avvicinati a lui. È per noi la distruzione dell’inimicizia, il pegno della pace, il tesoro di beni.

 

         Grazie ad essa, non erriamo più nei deserti, perché conosciamo la vera strada. Non restiamo più fuori dal palazzo regale, perché abbiamo trovato la porta. Non temiamo più le armi infuocate del diavolo, perché abbiamo scoperto la fontana. Grazie ad essa, non siamo più nella vedovanza, perché abbiamo ritrovato lo Sposo. Non abbiamo paura del lupo, perché abbiamo il buon pastore. Grazie alla croce, non temiamo l’usurpatore, poiché sediamo accanto al Re.

 

         Per questo motivo siamo in festa nel celebrare la memoria della croce. San Paolo stesso ci invita alla festa in onore della croce : « Celebriamo dunque la festa, dice, non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità » (1 Cor 5, 8). Ne ha dato il motivo dicendo : « Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi » (1 Cor 5, 7).

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

 

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

« Venite a vedere il luogo dove era deposto »

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

Catechesi 13, 1-4 : PG 33, 771-778

(in l’Ora dell’Ascolto p. 1110 alt.)

 

Mc 8, 27-35

  

« E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire. »

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Non dobbiamo vergognarci della croce del Salvatore, ma anzi gloriarcene. Perché se è vero che la parola della croce è « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 18.23), per noi è fonte di salvezza. Se per quelli che vanno in perdizione è stoltezza, per noi che siamo stati salvati è fortezza di Dio. Infatti non era un semplice uomo colui che diede la vita per noi, bensì il Figlio di Dio, Dio fatto uomo. Se una volta quell’agnello, immolato secondo la prescrizione di Mosè, teneva lontano l’angelo sterminatore, non dovrebbe avere maggior efficacia per liberaci dai peccati « l’Agnello che toglie il peccato del mondo » (Gv 1, 29) ?

 

         Sì, Gesù ha veramente sofferto per tutti gli uomini. La croce non era un simulacro. Altrimenti anche la redenzione sarebbe stato un simulacro. La morte non era un’illusione ; la Passione fu reale. Cristo è stato veramente crocifisso ; non dobbiamo vergognarcene. È stato crocifisso ; non dobbiamo negarlo. Anzi, lo dico con fierezza… Riconosco la croce perché ho conosciuto la risurrezione. Se il crocifisso fosse rimasto nella morte, forse non avrei riconosciuto la croce e l’avrei nascosta, come pure avrei nascosto il mio Maestro. Invece la risurrezione ha fatto seguito alla croce, e non mi vergogno di parlare di essa.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

Discorsi,  98

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Giovinetto, dico a te, alzati »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Nessuno ch'è cristiano deve dubitare che ancora adesso vengono risuscitati dei morti. Orbene, ogni persona ha occhi con cui può vedere i morti risorgere, come risuscitò il figlio di quella vedova di cui parla il brano del Vangelo letto poc'anzi, ma non tutti hanno la possibilità di vedere risorgere persone morte quanto allo spirito, tranne quelli già risorti nello spirito. È più importante risuscitare uno destinato a vivere eternamente che risuscitare uno destinato a morire nuovamente.

 

       Della risurrezione di quel giovanetto si rallegrò la madre vedova ; della risurrezione spirituale d'ogni giorno di tante persone si rallegra la madre Chiesa. Quello era morto fisicamente, quelle invece erano morte spiritualmente. La morte visibile del giovanetto era pianta in modo visibile; quanto alla morte di quelle persone invece né ci si pensava, né si vedeva. Ci pensava però Colui che conosceva i morti; conosceva i morti solo Colui che poteva dar loro la vita. Se infatti il Signore non fosse venuto per risuscitare i morti, l'Apostolo non direbbe: « Svégliati, tu che dormi; sorgi dai morti e t'illuminerà Cristo » (Ef 5,14).

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Commento sul vangelo di Luca, V, 89 ; SC 45, 214

 

 

 

 

I pianti di nostra madre

 

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         La divina misericordia si è lasciata persuadere velocemente dai gemiti di quella madre. Lei è vedova; le sofferenze o la morte del suo unico figlio l’hanno spezzata... Mi sembra che quella vedova, circondata dalla folla del popolo sia più di una semplice donna che meriti con le sue lacrime la risurrezione di un figlio, giovane e unico. Lei è proprio l’immagine della santa Chiesa che, con le sue lacrime, ottiene di richiamare in vita, in mezzo al corteo funebre e fin quasi dentro al sepolcro, il giovane popolo del mondo...

 

         Infatti all’udire la parola di Dio, i morti risorgono, ritrovano la voce e la madre ritrova suo figlio. Egli è richiamato dalla tomba, è strappato dal sepolcro. Qual’è, per voi, questa tomba, se non la vostra cattiva condotta? Il vostro sepolcro è la mancanza di fede... Da quel sepolcro, Cristo vi libera. Uscirete dal sepolcro se ascolterete la parola di Dio. E se il vostro peccato è troppo grave perché  possano lavarlo le lacrime della vostra penitenza, intervengano per voi i pianti della vostra madre Chiesa... Lei intercede per ognuno dei suo figli, come altrettanti figli unici. È infatti piena di compassione e prova un dolore spirituale tutto materno quando vede i suoi figli trascinati nella morte dal peccato.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario -  LODI Mercoledì

Tratto da: "La Saggezza dei Padri della Chiesa. La Preghiera".

Piero Gribaudi Ed. Srl. 2000 MILANO p. 91

 

 

Davanti a Dio

del Beato Isacco di Ninive nel settimo secolo

 

 

        Ricordatevi di Dio, affinché in ogni istante egli si ricordi di voi. Se si ricorda di voi, vi concederà salvezza.

 

Non dimenticatelo, lasciandovi sedurre da distrazioni vane. Volete forse che vi dimentichi nei momenti delle vostre tentazioni?

 

Rimanetegli vicini e obbedienti nei giorni della prosperità. Potrete contare sulla sua parola nei giorni difficili,

perché la preghiera vi renderà sicuri della sua presenza costante.

 

Rimanete incessantemente dinanzi al suo volto, pensatelo, custoditelo nel vostro cuore. Se lo incontrate solo di tanto in tanto, rischiate di perdere la vostra intimità con lui.

 

La familiarità tra gli uomini avviene mediante la presenza fisica. La familiarità con Dio, invece, consiste nella meditazione

e nell'abbandono in lui durante la preghiera.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

dalla "Lettera ai monaci benedettini di Cervaie" Lett. 189

Tratto dall'Ora dell'Ascolto pp. 2394-2395

 

Lo Spirito Santo guida alla vera obbedienza

di Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo

 

 

Il dolce e buon Dio ha posto nell'uomo, mentre vive nel carcere corruttibile del suo corpo, un continuo rimedio che fortifica la ragione e la libertà dell'uomo, cioè la continua medicina del fuoco dello Spirito Santo, che non gli è mai tolto. Adopera anche continuamente la grazia e i doni suoi. Così ogni giorno tu puoi e devi adoperare questo battesimo dolce, che ti è dato per grazia e non per debito.

 

Quando dunque l'anima vede in sé tanta eccellenza e fuoco di Spirito Santo, si inebria per siffatto modo dell'amore del suo Creator, che perde tutta se stessa, e vivendo vive morta, e non sente in sé amore né piacere di creatura.

 

Infatti la memoria è già piena dell'affetto del suo Creatore, e l'intelletto non intende né vede nessuna cosa fuori di Dio. A questa perfezione, carissimi fratelli, voi siete invitati e tratti dallo Spirito Santo, dallo stato del secolo allo stato monastico; e siete legati con la guida della vera e santa obbedienza, condotti a mangiare favi di miele nel giardino della santa Chiesa.

 

Vi prego dunque di non mai volgere il capo all'indietro per qualsiasi fatica o tentazione; e non soggiaccia mai a tristezza o confusione l'anima vostra.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì       

 

Lc 7, 36-50

Inno 21 ; SC 114, 25

 

« Le sono perdonati i suoi molti peccati »

San Romano il Melode nel sesto secolo

 

 

             La peccatrice (…) quando vide le parole di Cristo diffondersi dappertutto come degli aromi,(…) si è affrettata verso la casa del fariseo, precipitandosi nella penitenza. “Sù anima mia, disse, ecco il tempo che chiedevi! È qui Colui che purifica, perché rimani nell’abisso delle tue opere? Io vado a lui, perché per me egli è venuto. Lascio i miei amici di prima, perché desidero appassionatamente colui che è qui oggi; e poiché egli mi ama, a lui il mio olio profumato e le mie lacrime. Il desiderio del Desiderato mi trasfigura e amo colui che mi ama come vuole essere amato. Mi pento e mi prosterno, questo egli attende; cerco il silenzio e il ritiro, questo gli piace. Rompo con il passato; rinuncio all’abisso delle mie opere.

 

         “Andrò a lui e sarò raggiante, come dice la Scrittura, mi avvicinerò a lui e non sarò confusa” (Sal 33,6; 1Pt 2,6). Non mi farà rimproveri; non mi dirà : ‘Fin ora eri nelle tenebre e sei venuta a vedere me, il sole’. Per questo prenderò l’olio profumato e farò della casa del fariseo un battistero dove laverò le mie colpe, dove mi purificherò dal mio peccato. Di lacrime, di olio e di profumo riempirò la vasca battesimale dove mi laverò, dove mi purificherò, e sfuggirò dall’abisso delle mie opere.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

            Lc 7, 36-50

 Omelie spirituali, 30, 9

 

 

L’accoglienza del fariseo e l’accoglienza della peccatrice

di San Macario nel quarto secolo

  

         Accogliamo il nostro Dio e Signore, il vero medico, l’unico che, venendo da noi, è capace di guarire le nostre anime, lui che ha tanto faticato per noi. Bussa senza stancarsi alla porta dei nostri cuori perché gli apriamo, affinché entri, riposi nelle nostre anime, laviamo i suoi piedi e li cospargiamo di olio profumato e faccia in noi la sua dimora. In un passo infatti, Gesù rimprovera uno che non gli aveva lavato i piedi, e altrove dice : « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui » (Ap 3, 20). Per questo infatti ha sopportato tante sofferenze, consegnato il suo corpo alla morte, e ci ha riscattati dalla schiavitù : per entrare nelle nostre anime e fare in esse la sua dimora.

 

         Per questo, nel giudizio finale, il Signore dice a quelli che stanno alla sua sinistra e saranno mandati nel fuoco eterno : « Ero forestiero e non mi avete ospitato ; ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare ; ho avuto sete e non mi avete dato da bere » (Mt 25, 42-43). Infatti il suo cibo, la sua bevanda, il suo vestito, il suo tetto, il suo riposo sono nei nostri cuori. Per questo bussa senza sosta, volendo entrare da noi. Accogliamolo dunque e introduciamolo dentro di noi, poiché anche lui è il nostro cibo, la nostra bevanda, la nostra vita eterna.

 

         E ogni anima che non lo accoglie ora dentro di sé, affinché egli vi trovi riposo, o piuttosto affinché essa si riposi in lui, non erediterà il Regno dei cieli con i santi, e non potrà entrare nella città celeste. Ma tu, Signore Gesù Cristo, concedi a noi di entrarvi, che glorifichiamo il tuo nome con il Padre e lo Spirito Santo, nei secoli. Amen.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Libro di Vita

 

Cap. : “Castità” § 86

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

                                                        

 

Mulieris Dignitatem, § 27

 

« C’erano con lui i Dodici e alcune donne »

dall’ Enciclica “Mulieris Dignitatem” di Papa Giovanni Paolo II

 

         Nella storia della Chiesa, sin dai primi tempi c'erano - accanto agli uomini - numerose donne, per le quali la risposta della Sposa all'amore redentore dello Sposo assumeva piena forza espressiva. Come prime vediamo quelle donne, che personalmente avevano incontrato Cristo, l'avevano seguito e, dopo la sua dipartita, insieme con gli apostoli « erano assidue nella preghiera » (At 1,14) nel cenacolo di Gerusalemme sino al giorno di Pentecoste. In quel giorno lo Spirito Santo parlò per mezzo di « figli e figlie » del Popolo di Dio… (At 2,17 ; Gl 3,1). Quelle donne, ed in seguito altre ancora, ebbero parte attiva ed importante nella vita della Chiesa primitiva, nell'edificare sin dalle fondamenta la prima comunità cristiana - e le comunità successive - mediante i propri carismi e il loro multiforme servizio… L'apostolo parla delle loro « fatiche » per Cristo, e queste indicano i vari campi del servizio apostolico della Chiesa, iniziando dalla « chiesa domestica ». In essa, infatti, la « fede schietta » passa dalla madre nei figli e nei nipoti, come appunto si verificò nella casa di Timoteo (2 Tm 1, 5).

Lo stesso si ripete nel corso dei secoli, di generazione in generazione, come dimostra la storia della Chiesa. La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e gratitudine per coloro che - fedeli al Vangelo - in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il Popolo di Dio.

Anche ai nostri giorni la Chiesa non cessa di arricchirsi della testimonianza delle numerose donne che realizzano la loro vocazione alla santità. Le donne sante sono un’incarnazione dell'ideale femminile, ma sono anche un modello per tutti i cristiani, un modello di « sequela Christi », un esempio di come la Sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello Sposo.

 

XXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 8,4-15

 

LA TUA PAROLA, SIGNORE, E' SORGENTE INESAURIBILE DI VITA

 di Sant'Efrem nel quarto secolo

 

       Chi è capace di comprendere, Signore, la ricchezza di una sola delle tue parole? E' molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla.

 

       La sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale (1 Cor 10, 2)

 

Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una cosa sola fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallegrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. E' meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte.

 

Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua eredità.

 

Ciò che non hai potuto ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo un po’ alla volta.  

XXIVA settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri   Sabato

 

  "Discorsi", disc. 14 sull'amore dei poveri, 23-25.

                                                               da "L'Ora dell'Ascolto", 1997

                                                               Ed. PIEMME, Casale Monferrato (Al) pp. 308-309

 

 

DIMOSTRIAMOCI VICENDEVOLMENTE L'AMORE DI DIO

di San Gregorio Nazianzeno nel quarto secolo.

 

         Riconosci l'origine della tua esistenza, del respiro, dell'intelligenza, della sapienza e, ciò che più conta, della conoscenza di Dio, della speranza del regno dei cieli, dell'onore che condividi con gli angeli, della contemplazione della gloria, ora certo come in uno specchio e in maniera confusa, ma a suo tempo in modo più pieno e più puro. Riconosci, inoltre, che sei divenuto figli di Dio, coerede di Cristo e per usare un'immagine ardita, sei lo stesso Dio !

 

         Chi ti ha posto signore e re di tutto ciò che è sulla terra ? E, per soffermarci solo sulle cose più importanti, chiedo ancora : chi ti fece dono di quelle caratteristiche tutte tue che ti assicurano la piena sovranità su qualsiasi essere vivente ? fu Dio. Ebbene, egli in cambio di tutto ciò che cosa ti chiede ? L'amore. Richiede da te continuamente e innanzitutto e soprattutto l'amore a lui e al prossimo.

 

         L'amore verso gli altri egli lo esige al pari del primo. Saremo restii a offrire a Dio questo dono dopo i numerosi benefici da lui ricevuti e quelli da lui promessi ? Oseremo essere così impudenti ? Egli, che è Dio e Signore, si fa chiamare nostro Padre, e noi verremmo rinnegare i nostri fratelli ?

 

         Guardiamoci, cari amici, dal diventare cattivi amministratori di quanto ci è stato dato in dono. Meriteremmo allora l'ammonizione di Pietro : "Vergognatevi, voi che trattenete le cose altrui, imitate piuttosto la bontà divina e così nessuno sarà povero".

 

         Non affatichiamoci ad accumulare e a conservare ricchezze, mentre altri soffrono la fame, per non meritare i rimproveri duri e taglienti già altra volta fatti dal profeta Amos, quando disse : "Orsù, voi che dite : "quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano, e il sabato per aprire i magazzini ?"" (Cfr. Am 8,5)

 

         Operiamo secondo quella suprema e primordiale legge di Dio che a tutti dà con grande liberalità i beni della vita, senza restrizioni, senza condizioni, senza delimitazioni di sorta ; a tutti elargisce abbondantemente i mezzi di sussistenza e piena libertà di movimento.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Dal «Commento sulla seconda lettera ai Corinzi» 

(Cap. 5, 5 - 6; PG 74, 942-943)

 

Dio ci ha riconciliati per mezzo di Cristo

di san Cirillo di Alessandria nel quinto secolo

 

      Chi ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della risurrezione, tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può dire con ragione di non conoscere alcuno secondo la carne, di sentirsi, cioè, fin d`ora partecipe della condizione del Cristo glorioso.

 

     Ciò vale per tutti noi che siamo spirituali ed estranei alla corruzione della carne. Infatti, brillando a noi l'Unigenito, siamo trasformati nel Verbo stesso che tutto vivifica. Quando regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle catene della morte. Ora che è subentrata al peccato la giustizia di Cristo, ci siamo liberati dall'antico stato di decadenza. 


     Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo riferirci a quella condizione connaturale alla creatura umana che comprende, fra l'altro, la particolare caducità propria dei corpi. Vi fa cenno san Paolo quando dice: «Infatti anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così»
(2 Cor 5, 16). In altre parole: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo.

 

      La nostra fede prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto, ma vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai corpi che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio (cfr. Rm 6, 8-9).

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

                      

Mc 9,30-37

 Omelia sull’umiltà, 5-6

 

Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti

di San Basilio Magno nel quarto secolo

 

 

         Ricordati di quel proverbio : « Dio resiste ai superbi ; agli umili invece dà la sua grazia » (Gc 4, 6). Sia presente nella tua mente la parola del Signore : « Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Se ti sembra di avere qualcosa di buono, mettilo sul tuo conto, ma senza dimenticare le tue colpe ; non gonfiarti del bene che hai fatto oggi, non scartare il male recente e passato ; se il presente è per te motivo di vanagloria, ricordati il passato ; così inciderai questo stupido ascesso ! E se vedi peccare il tuo prossimo, guardati dal considerare in lui soltanto questa colpa, ma pensa pure al bene che fa o ha fatto ; e sovente, lo scoprirai migliore di te, se esamini l’insieme della tua vita, e non fai il calcolo di cose frammentarie, perché Dio non esamina l’uomo in modo frammentario… Ricordiamoci spesso tutto ciò per preservarci dalla superbia, abbassandoci per essere innalzati.

 

Imitiamo il Signore che scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento… Ma dopo un tale abbassamento, fece risplendere la sua gloria, glorificando con lui coloro che erano stati disprezzati con lui. Tali infatti erano i suoi primi discepoli, che poveri e nudi, percorsero l’universo, senza alcuna parola di Saggezza, senza scorta fastosa, ma soli, erranti e nella pena, vagabondi sulla terra e sul mare, battuti con le verghe, lapidati, perseguitati e in fine messi a morte. Tali sono per noi gli insegnamenti divini del Padre nostro. Imitiamoli per giungere, anche noi, alla gloria eterna, quel dono perfetto e vero di Cristo.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Lc 8, 19-21

 

La santa verginità, 5

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Maria, madre di Cristo, madre della Chiesa


Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Il parto di quella Vergine singolare e santa è la gloria di tutte le sante vergini: esse sono, in Maria, madri del Cristo, a condizione però che facciano la volontà del Padre. È infatti a questo titolo che Maria è madre di Cristo in senso più encomiabile e felice, secondo la parola evangelica sopra ricordata: « Chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, costui mi è fratello e sorella e madre » (Mt 12,50).

 

Elenca tutti questi vincoli di parentela, ma, trattandosi del popolo dei redenti, li presenta elevati all'ordine soprannaturale, cioè riferiti a se stesso. Egli ritiene per fratelli e sorelle i santi e le sante con i quali condivide l'eredità celeste. Sua madre è la Chiesa universale, in quanto, mediante la grazia divina, genera le sue membra, cioè i suoi fedeli. Inoltre, di ogni anima devota si può dire che essa è madre di Cristo, nel senso che, facendo la volontà del Padre, mediante la carità - che è virtù fecondissima - dà la vita a tutti coloro in cui imprime la forma di Cristo (Gal 4,19)…

 

 Maria è senza alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel capo. Per quanto invece concerne il suo corpo, essa è la madre proprio del capo.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 8,19-21

 

Omelie 51 ; PL 194, 1862 ; SC 339

(In l' Ora dell'Ascolto p. 78

 

Ecco mia madre e i miei fratelli

 di san’Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

          A buon diritto la Vergine Maria occupa il primo posto nell’assemblea dei giusti, lei che ha generato il primo di tutti loro. Cristo è infatti il “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29)... Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice di una delle due, può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra.

 

         Anche la singola anima fedele può essere considerata come sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Vien detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: “Fra tutti questi cercai un luogo di riposo” e “nell’eredità del Signore mi stabiliì” (Sir 24, 7.12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo; nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 9, 1-6

 

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi (PG 61, 34-36)

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2559)

 

 

 

« Con la bocca dei bimbi e dei lattanti » (Sal 8,3)

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto non servendosi di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti. Dai mezzi usati da Dio si vede come « la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana » (1 Cor 1, 25).

 

         In che senso più forte ? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sè tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere… I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio… Pensando a questo fatto, Paolo esclamava : « Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » (1 Cor 1, 25). Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera ?

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 9, 1-6

 

Redemptoris missio, §30

 

 

 

« Li mandò ad annunziare il regno di Dio »

 

di Papa Giovanni Paolo II

 

 

Il nostro tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato impulso nell'attività missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E lui il protagonista della missione!

 

Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza. Né i frutti sono mancati. È stato celebrato... il millennio dell'evangelizzazione della Russia e dei popoli slavi, e... il cinquecentesimo anniversario dell'evangelizzazione delle Americhe. Parimenti, sono stati di recente commemorati i centenari delle prime missioni in diversi paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'Oceania. Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì

  

Libro di vita

  

Capitolo: Preghiera

Paragrafo: 15

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 9, 7-9

 

Istruzioni 1,2-4 ; PL 80, 231-232

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1680)

 

 

 

« Erode cercava di vedere Gesù »

 San Colombano nel sesto secolo

 


         Dio è dappertutto; egli è immenso e dovunque presente, secondo quanto egli ha detto di se stesso: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (Ger 23,23). Non cerchiamo dunque Dio come se stesse lontano da noi, perché lo possiamo avere dentro di noi. Egli dimora in noi come l’anima nel corpo, purché siamo sue membra sane, morti al peccato... “In lui, come dice l’Apostolo, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28).

 

         Chi mai, dico, potrà investigare la sublime essenza di Dio, ineffabile e incomprensibile? Chi potrà scrutare i suoi altissimi misteri? Chi oserà dire qualcosa di colui che è il Principio eternamente esistente di tutte le cose create? Chi potrà vantarsi di conoscere Dio infinito, che tutto riempie di sé e tutto abbraccia, tutto penetra e tutto trascende, tutto comprende e a tutto sfugge? Nessuno mai lo ha visto così com’è (1 Tm 6,16). Nessuno pertanto presuma di investigare i misteri incomprensibili di Dio: che cosa sia, come sia, dove sia. Questi sono misteri ineffabili, inscrutabili, impenetrabili. Devi credere questo solo, però con tutta la forza del tuo cuore: Che Dio è così, come è sempre stato e come sempre sarà, perché è immutabile.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Lc 9, 18-22

 

Omelia : "Padre mio, se è possibile",

 PG 51, 34-35

 

  

 Le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevano seguire

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo


 

         All’avvicinarsi della sua morte, il Salvatore diceva : “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo” (Gv 17, 1). Ora, la sua gloria era la croce. Come dunque avrebbe potuto cercare di evitare quello che, in un altro momento, sollecita? Il Vangelo ci insegna che la sua gloria è la croce dicendo : “Non c’era ancora lo Spirito Santo, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7, 39).

 

         Il senso di tale parola è questo : non c’era ancora la grazia, perché Cristo non era ancora salito sulla croce per mettere fine all’ostilità fra Dio e gli uomini. Infatti è stata la croce ad aver riconciliato gli uomini con Dio, ad aver fatto della terra un cielo, ad aver riunito gli uomini e gli angeli. Ha rovesciato la cittadella della morte, distrutto il potere del demonio, liberato la terra dall’errore, posto le fondamenta della Chiesa. La croce è la volontà del Padre, la gloria del Figlio, l’esultanza dello Spirito Santo. È il vanto di san Paolo : “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6, 14).

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 9, 18-22

 

Der Gott Jesu Christi

 

 

« Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato, … essere messo a morte e risorgere il terzo giorno »

 di Papa Benedetto XVI

 

 

         Essere uomo significa : essere in vista della morte ; essere uomo significa : dovere morire… Vivere, in questo mondo, vuole dire morire. « Si è fatto uomo » (Credo) ; questo significa dunque che anche Cristo è andato alla morte. La contraddizione propria della morte dell’uomo raggiunge in Cristo un’estrema acutezza, poiché in lui, che è in una comunione di scambio totale col Padre, l’isolamento assoluto della morte è pura assurdità. Inoltre, in lui la morte ha anche la sua necessità ; infatti, il fatto di essere col Padre è all’origine dell’incomprensione che gli uomini gli testimoniano, all’origine della sua solitudine in mezzo alle folle. la sua condanna è stata l’atto ultimo dell’incomprensione, del rigetto di quell’Incompreso in una zona di silenzio.

 

         Allo stesso tempo, si può intravvedere qualcosa della dimensione interiore della sua morte. Nell’uomo, morire è sempre nello stesso tempo un avvenimento biologico e spirituale. In Gesù, la distruzione dei supporti della comunicazione rompe il suo dialogo col Padre. Dunque quello che si rompe nella morte di Gesù Cristo è più grave che in qualsiasi morte umana. Quello che è strappato qui, è il dialogo che è l’asse vero del mondo intero.

 

         Però, così come questo dialogo lo aveva reso solitario ed era stato alla base della mostruosità di questa sua morte, così in Cristo la Risurrezione è già fondamentalmente presente. In essa, la nostra condizione umana si inserisce nello scambio trinitario dell’amore eterno. Non può mai  più scomparire ; al di là della soglia della morte, essa sorge nuovamente e ricrea la sua pienezza. Solo dunque la Risurrezione svela il carattere ultimo, decisivo di questo articolo della nostra fede : « Si è fatto uomo »… Cristo è pienamente uomo ; lo rimane per sempre. La condizione umana è entrata, in lui, nell’essere proprio di Dio ; è questo il frutto della sua morte.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - LODI  Sabato

 

Peri Archôn, II, § 6, 2 ; PG 11, 210-211

(In l'Ora dell'Ascolto p. 203 alt.)

  

 

« Non comprendevano queste parole »

 di Origene nel terzo secolo

 

 

         Tra tutti i miracoli e prodigi che riguardano Cristo, uno specialmente eccede la capacità della mente umana e la riempie di stupore. La fragilità della nostra intelligenza non riesce a comprendere e neppure ad intuire come si debba credere che sì grande potenza della divina maestà, lo stesso Verbo del Padre, la stessa Sapienza di Dio, per mezzo della quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili (Col 1, 16), sia potuta essere contenuta in quell’uomo che apparve in Giudea; che la Sapienza di Dio sia entrata nel seno di una vergine e sia nata come una piccola creatura che vagiva e piangeva come tutti gli altri bambini. Che abbia poi potuto provare i terrori della morte come egli stesso affermò dicendo: “La mia anima è triste fino alla morte” (Mt 26, 38) e, infine, che sia stato condannato alla morte più ignominiosa tra gli uomini, anche se poi, dopo tre giorni, risuscitò...

 

        In verità far udire ad orecchi umani tali cose, provare ad esprimerle con le parole, supera il linguaggio degli uomini... e probabilmente anche quello degli angeli.

 

XXVA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

 

Ciò che il Signore vuole da noi

dalla “Lettera” detta di Barnaba nel secondo secolo

 

  

 

            Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: La speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.

 

         Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.

 

         Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovano al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.

 

         I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica, badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come conviene davanti al Signore, avremo la sapienza, l’intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Tradotto per la liturgia da "Evangeliques - 5 - fêtes

Pierre-Marie-Delfieux

Ed. Saint-Paul 1999 - France p. 450

 

 

 

Beato colui che partecipa alla prima Resurrezione

del Beato Guerrico D'Igny  nel dodicesimo secolo

 

 

         "Beato colui che partecipa alla prima resurrezione".

 

        Poiché se, di fatto, "il Cristo è primizia di coloro che si sono addormentati, primogenito tra i morti; la sua Risurrezione inaugura la nostra, quella delle anime e quella dei corpi. Nel suo corpo che Egli ha risuscitato dai morti, ha procurato alle anime il sacramento della risurrezione e ai corpi il modello secondo il quale risorgeranno.

 

         O anima mia, ascolta dunque il Cristo dire oggi:  "Mi sono addormentato ed eccomi risvegliato! 

 

        Tu, dunque, tu che dormi, alzati, risuscita dai morti e Cristo ti illuminerà". Vegliate, dunque fratelli! Vegliate, tanto più che si è già levata per voi l'aurora del giorno senza tramonto. Vegliate perché la Luce del mattino, il Cristo, si alzò su di voi pronto a rinnovare il mistero della Risurrezione mattinale per coloro che vegliano.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 9, 38-48

 

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi, 3

 

  

 Le divisioni fanno inciampare i piccoli

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Vi esorto ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi” (1 Cor 1,10). Le varie parti della Chiesa non godono più della loro quando una soffre e muore. Se ogni Chiesa fosse un corpo completo, vi sarebbero assemblee o riunioni numerose; invece formando insieme un solo corpo , la divisione distrugge la sua unità... Dopo aver denunziato il male utilizzando la parola amara di “divisione”, l’apostolo Paolo modera aggiungendo: “Siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti”. Non si tratta soltanto di un accordo di parole, bensì di un’unione di pensiero e d’intenti. E poiché può succedere di essere uniti su un punto e divisi su altri, Paolo insiste: “Siate in perfetta unione”... perfetti nella carità.

 

         Possiamo essere nell’unione di pensiero e nella divisione nell’azione, avere una stessa fede e non essere più legati dalla stessa carità. Questo succede a Corinto, dove alcuni erano attaccati a tale maestro, gli altri a tale altro. Paolo non rimprovera loro delle differenze nella fede, bensì il loro modo di agire, le rivalità umane... “Mi è stato segnalato a vostro riguardo che vi sono discordie tra voi!... Cristo è stato forse diviso?” (1 Cor 1,13). Siate dunque uniti tra di voi affinché non si perda neanche uno di questi piccoli (Mt 18, 14).

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì 

 

 

“Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme”

di S Cirillo di Gerusalemme al IV sec.

 

  

            Gesù non andò quindi incontro alla passione contro la sua volontà, ma perché lo volle da sempre. Ancor oggi a chi volesse distoglierlo dalla passione e gli dicesse: “Signore, abbi pietà di te”, egli risponderebbe proprio come una volta: “Indietro, satana, va’ via da me”.

 

            Per convincertene, vuoi che ti provi come egli ebbe sempre questa volontà di partire?

 

            Eccoti una prova. Mentre gli altri uomini, al buio circa il loro futuro, vogliono sottrarsi alla morte, egli prevedendo la sua passione disse : “Ecco, il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”, né cercò di evitarla. Sai perché non sfuggì la morte? Per il suo amore per gli uomini. Questo lo indusse a volere non la fuga dalla morte ma la liberazione del mondo dalla morte del peccato. Perciò leggiamo che disse: “Ecco, stiamo salendo a Gerusalemme, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato e crocifisso”, e anche che “fermo nel suo volto, si diresse decisamente verso Gerusalemme”.

 

            Non aveva vergogna di dare la vita per il mondo.

 

            Non rinunziò alla vita perché costretto, non fu neppure immolato da altri ma fu lui a volersi immolare. Ascolta le sue parole: “Ho il potere di lasciare la vita e il potere di riprenderla, cedo ai miei nemici per mia spontanea volontà, se non lo volessi infatti non ne avrei alcun male”. Andò quindi incontro alla passione per sua libera scelta, lieto di realizzare il suo sublime progetto, gioioso per la corona che a lui era proposta e soddisfatto per la salvezza che offriva agli uomini.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì  

 

 

“La pazienza di Cristo”

di S. Cipriano al II sec.

 

 

 

            Colui che affermò di essere venuto per compiere la volontà del Padre, tra le altre mirabili virtù con le quali manifestò il giudizi della divina maestà, incarnò anche la pazienza del Padre in un atteggiamento di profonda mansuetudine. Fin dal primo momento della sua venuta sulla terra, ogni suo gesto è contrassegnato dalla pazienza; primo fra tutti il fatto che, abbassandosi da quella celeste sublimità alle cose terrene, non disdegnò, pur essendo Figlio di Dio, di rivestire la carne dell’uomo e di portare, egli che non era peccatore, i peccati altrui. Deposta frattanto l’immortalità, si adattò a divenire mortale onde morire, innocente, per la salvezza dei peccatori. Il Signore viene battezzato dal servo, e colui che rimetterà tutti i peccati non disdegna di lavare il suo corpo col lavacro di rigenerazione.

 

            L’innocente, il Giusto, anzi colui che è la stessa innocenza e giustizia, è annoverato tra malfattori; la Verità viene calpestata da false testimonianze; è giudicato colui al quale è rimesso ogni giudizio; la Parola di Dio si lascia condurre in silenzio sulla croce. E quando davanti alla croce del Signore gli astri si confondono, gli elementi sono sconvolti, la terra trema, la notte oscura il giorno, egli non parla, non si muove, non professa la sua maestà nemmeno durante la passione.

 

            Tutto viene da lui sopportato perseverando sino alla fine, affinché une piena e perfetta pazienza trovi in Cristo la sua consumazione.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

Libro di Vita

 

Cap. Obbedienza § 110

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

                                                           Lc 9, 57-62

Vita di Sant’Antonio, 19-20

 

 

Seguire Cristo sulla via retta

di Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

 

         Un giorno, tutti i monaci vennero a vedere Antonio e lo pregarono di rivolgere loro la parola. Egli disse: ... Eccoci iniziati, ecco che ci siamo incamminati sulla via della virtù. Ora, camminiamo sempre avanti per giungere alla meta (Fil 3,14). Nessuno si volga indietro come la moglie di Lot (Gen 9,26), perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Volgendosi indietro è null’altro che cambiare parola e riprendere gusto nelle cose di questo mondo. Non temete quando sentite parlare di virtù e non stupitevi di questa parola. Infatti la virtù non è lontano da noi: non nasce fuori di noi; è affar nostro, e la cosa è semplice purché lo vogliamo.

 

         I pagani lasciano il proprio paese e attraversano il mare per studiare le lettere. Noi invece non abbiamo bisogno di lasciare il nostro paese per giungere al Regno dei cieli, né di attraversare il mare per acquistare la virtù. Infatti il Signore ha detto: “Il Regno dei cieli è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Quindi la virtù non ha bisogno di nulla se non del nostro volere, poiché è in mezzo a noi e nasce dentro di noi. Se conserveremo la parte intelligente della nostra anima conforme alla sua natura, la virtù nascerà. L’anima è nel suo stato naturale quando dimora così come è stata fatta; è stata fatta bellissima e rettissima. Per questo Giosuè, figlio di Nun, esortava il popolo dicendo: “Raddrizzate il vostro cuore davanti il Signore, Dio di Israele” (Gs 24,23).

 

       E Giovanni  Battista : “Raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3). L’essere diritta, per l’anima, è custodire la sua intelligenza così come è stata creata. Al contrario, quando devia e si svia dal suo stato naturale, allora si parla di vizio dell’anima. La cosa non è quindi difficile... Se dovessimo cercare la cosa fuori di noi, questa sarebbe davvero difficile. Ma poiché essa è dentro di noi, guardiamoci dai pensieri impuri e custodiamo la nostra anima per il Signore, come se avessimo ricevuto un deposito, affinché egli riconosca la sua opera, trovando la nostra anima tale quale egli l’ha fatta.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

 

“Come agnelli in mezzo a lupi”

di Sant’Ambrogio nel IV sec, vescovo di Milano e dottore della Chiesa

 

  

            Quando manda i suoi discepoli nella sua messe…, Gesù dice loro: “Ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Questi sono animali nemici, ma il buon pastore non teme i lupi per il suo gregge; i suoi discepoli non sono mandati per essere una preda, bensì per diffondere la grazia. La sollecitudine del buon pastore fa sì che i lupi non possono intraprendere nulla contro gli agnelli. Li manda quindi perché si realizzi questa parola: “Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme” (Is 65, 25).

 

            Del resto, ai discepoli mandati è stato dato di non prendere il bastone per il viaggio. Cos’è il bastone se non l’insegna del potere, lo strumento che vendica il dolore? Perciò quello che l’umile Signore ha prescritto, i suoi discepoli lo compiono nel praticare l’umiltà. Infatti li manda a seminare la fede, non per forza, bensì per mezzo dell’insegnamento. Non dispiegando la forza del loro potere, bensì esaltando la dottrina dell’umiltà. E ha ritenuto bene unire l’umiltà alla pazienza, come testimonia Pietro: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta” (1 Pt 2, 23).

 

            Questo equivale a dire: “Siate i miei imitatori, lasciate perdere il gusto per la vendetta, rispondete ai colpi dell’arroganza non rendendo il cattivo modo di agire, bensì mostrando una pazienza piena di bontà. Nessuno deve imitare personalmente ciò che rimprovera negli altri; la mitezza infligge colpi più duri agli insolenti”. Il Signore ha risposto a tale colpo dicendo: “Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 39).

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì  

 

 

“Ti seguirò col predicarti”

di Sant’Ilario, vescovo nel IV sec.

 

 

 

            Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento,esprima te.

           

            L’esercizio della parola, di cui hai fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che sei Padre, Padre cioè dell’Unigenito Dio.

 

            Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).

 

            Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa.

 

            Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e l’unico Signore Gesù Cristo, secondo quanto ci è stato trasmesso dai profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano, sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e sappiamo predicarne senza errori la divinità.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì  

 

 

Il mio spirito esulti nel Signore

di S. Bruno nell’XI sec.

 

  

 

            L’anima mia si rallegra nel Signore sapendovi grandemente impegnati a perseguire l’ideale della santità e della perfezione. Ne godo veramente e sono portato a lodare e ringraziare il Signore, e tuttavia sospiro amaramente. Esulto certo, com’è giusto, per la copiosa messe delle vostre virtù, ma sono addolorato e mi vergogno di starmene inerte e pigro nella bruttura dei miei peccati.

 

            Ma voi, o miei carissimi fratelli, gioite per la vostra sorte beata e per la grande abbondanza della grazia di Dio su di voi. Gioite perché siete restati incolumi tra i pericoli d’ogni genere e i naufragi di questo mondo in tempesta. Gioite perché avete raggiunto la sicura quiete nell’oasi più protetta, a cui molti non arrivano, nonostante la loro volontà e anche i loro sforzi. Molti altri l’hanno bensì raggiunta, ma poi ne furono esclusi, perché a nessuno di essi era stato concesso dall’alto.

 

            L’Onnipotente scrive con il suo dito nei vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Dimostrate con le opere ciò che conoscete. Infatti quando con ogni assiduità e impegno osservate la vera obbedienza, è chiaro che voi sapete cogliere saggiamente proprio il frutto dolcissimo e vitale della divina Scrittura.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Venerdì

 

 

Dalla lettera a Rodolfo di Reims

di San Bruno, all’XI sec

  

  

            Io abito in un eremo, da ogni lato molto distante dalle abitazione degli uomini, nelle lontane regioni della Calabria insieme a dei fratelli che conducono vita monastica  - alcuni dei quali sono ben istruiti  - e che, perseverando con saldezza nei loro posti di sentinella nelle cose di Dio, attendono il ritorno del loro Signore per aprirgli subito quando busserà. Dell’amenità di tale luogo, del suo clima salubre e mite o della sua ampia e gradevole pianura che si estende in lungo tra i monti, ove sono verdeggianti prati e floridi pascoli, cosa potrò dire di adeguato? O chi potrà spiegare a sufficienza la veduta delle colline che dappertutto si innalzano dolcemente e il luogo recondito delle valli ombreggiate, ove abbondano amabilmente fiumi, ruscelli e sorgenti? Né vi mancano giardini irrigati, né l’utile fecondità delle diverse specie di alberi.

 

            Quanta utilità e gioia divina, poi, la solitudine e il silenzio dell’eremo apportino a coloro che li amano, lo sanno solo coloro che ne hanno fatto l’esperienza. Qui,infatti, agli uomini forti è consentito ritornare in se stessi e abitare con se stessi quanto a loro piace, coltivare assiduamente i germogli delle virtù e cibarsi con beatitudine dei frutti del paradiso. Qui si acquista quell’occhio dal cui sereno sguardo d’amore è colpito lo Sposo e attraverso il quale, se senza macchia e puro, si vede Dio. Qui si celebra una tranquillità solerte e si gusta il riposo mediante un quieto agire. Qui Dio dispensa ai suoi atleti, per la fatica della lotta, la ricompensa desiderata, cioè quella pace che il mondo non conosce e la gioia nello Spirito santo.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario -  LODI Sabato

 

 

“Bisogna meditare i misteri della salvezza”

di San Bernardo nel XII sec.

 

 

           In principio era il Verbo”, cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio “il Verbo era presso Dio” (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: “Io nutro progetti di pace e non di sventura” (cfr. Ger 29, 11).

 

            E allora il pensiero di pace si calò nell’opera di pace: “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione. Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l’uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?

 

            Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte; oppure, mentre libero tra i morti, comanda sull’inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.

 

            Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa si trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. È dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. È da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.

 

XXVIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Sabato  

 

 

“Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare”

Di Sant’Agostino nel V sec.

 

  

            Con le parole “Ho manifestato il tuo nome agli uomini”, il Salvatore ha voluto intendere tutti, anche quelli che in futuro avrebbero creduto in lui, tutti gli appartenenti a quella grande Chiesa che si sarebbe raccolta da tutte le genti, e della quale nel salmo si canta : “Ti canterò in una grande assemblea” (Sal 21, 26), allora sì che si realizza questa glorificazione con cui il Figlio glorificò il Padre, facendo conoscere il suo nome a tutte le genti e a tante generazioni umane. E il senso di queste parole: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato”, corrisponde al senso di quell’altra: “Io ti ho glorificato sulla terra”.

 

            “Ho manifestato, quindi, il tuo nome a questi qui che mi hai dato”; ma non ho manifestato loro quel tuo nome con cui sei chiamato Dio, bensì quello con cui sei invocato “Padre mio”. E questo nome non poteva essere manifestato agli uomini se non fosse stato lo stesso Figlio a manifestarlo. Infatti, in quanto è chiamato Dio di tutte le creature, questo nome non ha potuto rimanere del tutto ignorato neppure alle genti, anche prima che credessero in Cristo. Tale infatti è l’evidenza della vera divinità, che essa non può rimanere del tutto nascosta alla creatura razionale che sia ormai capace di ragionare. Fatta eccezione di pochi, nei quali la natura è troppo depravata, tutto il genere umano riconosce Dio come autore di questo mondo… Ma in quanto Padre di Cristo, per mezzo del quale toglie i peccati del mondo, questo suo nome, prima sconosciuto a tutti, lo stesso Cristo lo ha manifestato adesso a coloro che il Padre gli ha dato.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Tradotto per la liturgia da "Evangeliques - 5 - fêtes

Pierre-Marie-Delfieux

Ed. Saint-Paul 1999 - France p. 450

 

 

 

Beato colui che partecipa alla prima Resurrezione

del Beato Guerrico D'Igny  nel dodicesimo secolo

 

 

         "Beato colui che partecipa alla prima resurrezione".

 

        Poiché se, di fatto, "il Cristo è primizia di coloro che si sono addormentati, primogenito tra i morti; la sua Risurrezione inaugura la nostra, quella delle anime e quella dei corpi. Nel suo corpo che Egli ha risuscitato dai morti, ha procurato alle anime il sacramento della risurrezione e ai corpi il modello secondo il quale risorgeranno.

 

         O anima mia, ascolta dunque il Cristo dire oggi:  "Mi sono addormentato ed eccomi risvegliato! Tu, dunque, tu che dormi, alzati, risuscita dai morti e Cristo ti illuminerà". Vegliate, dunque fratelli! Vegliate, tanto più che si è già levata per voi l'aurora del giorno senza tramonto. Vegliate perché la Luce del mattino, il Cristo, si alzò su di voi pronto a rinnovare il mistero della Risurrezione mattinale per coloro che vegliano.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi, 3

 

  

 Le divisioni fanno inciampare i piccoli

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Vi esorto ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi” (1 Cor 1,10). Le varie parti della Chiesa non godono più della loro quando una soffre e muore. Se ogni Chiesa fosse un corpo completo, vi sarebbero assemblee o riunioni numerose; invece formando insieme un solo corpo , la divisione distrugge la sua unità... Dopo aver denunziato il male utilizzando la parola amara di “divisione”, l’apostolo Paolo modera aggiungendo: “Siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti”. Non si tratta soltanto di un accordo di parole, bensì di un’unione di pensiero e d’intenti. E poiché può succedere di essere uniti su un punto e divisi su altri, Paolo insiste: “Siate in perfetta unione”... perfetti nella carità.

         Possiamo essere nell’unione di pensiero e nella divisione nell’azione, avere una stessa fede e non essere più legati dalla stessa carità. Questo succede a Corinto, dove alcuni erano attaccati a tale maestro, gli altri a tale altro. Paolo non rimprovera loro delle differenze nella fede, bensì il loro modo di agire, le rivalità umane... “Mi è stato segnalato a vostro riguardo che vi sono discordie tra voi!... Cristo è stato forse diviso?” (1 Cor 1,13). Siate dunque uniti tra di voi affinché non si perda neanche uno di questi piccoli (Mt 18, 14).

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì  

 

 

“Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme”

di S Cirillo di Gerusalemme al IV sec.

 

 

 

 

            Gesù non andò quindi incontro alla passione contro la sua volontà, ma perché lo volle da sempre. Ancor oggi a chi volesse distoglierlo dalla passione e gli dicesse: “Signore, abbi pietà di te”, egli risponderebbe proprio come una volta: “Indietro, satana, va’ via da me”.

 

            Per convincertene, vuoi che ti provi come egli ebbe sempre questa volontà di partire?

 

            Eccoti una prova. Mentre gli altri uomini, al buio circa il loro futuro, vogliono sottrarsi alla morte, egli prevedendo la sua passione disse : “Ecco, il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”, né cercò di evitarla. Sai perché non sfuggì la morte? Per il suo amore per gli uomini. Questo lo indusse a volere non la fuga dalla morte ma la liberazione del mondo dalla morte del peccato. Perciò leggiamo che disse: “Ecco, stiamo salendo a Gerusalemme, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato e crocifisso”, e anche che “fermo nel suo volto, si diresse decisamente verso Gerusalemme”.

 

            Non aveva vergogna di dare la vita per il mondo.

 

            Non rinunziò alla vita perché costretto, non fu neppure immolato da altri ma fu lui a volersi immolare. Ascolta le sue parole: “Ho il potere di lasciare la vita e il potere di riprenderla, cedo ai miei nemici per mia spontanea volontà, se non lo volessi infatti non ne avrei alcun male”. Andò quindi incontro alla passione per sua libera scelta, lieto di realizzare il suo sublime progetto, gioioso per la corona che a lui era proposta e soddisfatto per la salvezza che offriva agli uomini.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

  

 

“La pazienza di Cristo”

di S. Cipriano al II sec.

 

  

 

            Colui che affermò di essere venuto per compiere la volontà del Padre, tra le altre mirabili virtù con le quali manifestò il giudizi della divina maestà, incarnò anche la pazienza del Padre in un atteggiamento di profonda mansuetudine. Fin dal primo momento della sua venuta sulla terra, ogni suo gesto è contrassegnato dalla pazienza; primo fra tutti il fatto che, abbassandosi da quella celeste sublimità alle cose terrene, non disdegnò, pur essendo Figlio di Dio, di rivestire la carne dell’uomo e di portare, egli che non era peccatore, i peccati altrui. Deposta frattanto l’immortalità, si adattò a divenire mortale onde morire, innocente, per la salvezza dei peccatori. Il Signore viene battezzato dal servo, e colui che rimetterà tutti i peccati non disdegna di lavare il suo corpo col lavacro di rigenerazione.

 

            L’innocente, il Giusto, anzi colui che è la stessa innocenza e giustizia, è annoverato tra malfattori; la Verità viene calpestata da false testimonianze; è giudicato colui al quale è rimesso ogni giudizio; la Parola di Dio si lascia condurre in silenzio sulla croce. E quando davanti alla croce del Signore gli astri si confondono, gli elementi sono sconvolti, la terra trema, la notte oscura il giorno, egli non parla, non si muove, non professa la sua maestà nemmeno durante la passione.

 

            Tutto viene da lui sopportato perseverando sino alla fine, affinché une piena e perfetta pazienza trovi in Cristo la sua consumazione.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

Dal trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1300, 1306)

 

Lc 11,1-4

  

 

I suoi figli nel Figlio suo

di San Cipriano nel terzo secolo

 

         Quali e quante sono, fratelli carissimi, le rivelazioni della preghiera del Signore! Esse si trovano raccolte in un’invocazione brevissima, ma carica di spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non si trovi racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda. Essa, perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto: “Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.

 

         L’uomo nuovo, rinato e rifatto dal suo Dio per mezzo della grazia, in primo luogo dice: “Padre”, perché ha già incominciato ad essergli figlio. “Venne fra la sua gente” è scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1, 11-12). Chi dunque ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio, deve cominciare di qui, dal rendere grazie e professarsi figlio di Dio... Non basta, fratelli carissimi, prendere coscienza che invochiamo il Padre che è nei cieli, aggiungiamo “Padre nostro”, cioè Padre di quanti credono, di quanti sono stati santificati da lui, e sono rinati per mezzo della grazia spirituale: questi hanno incominciato ad essere figli di Dio.

 

         Quanto è preziosa la grazia del Signore, quanto alta è la sua degnazione e magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio. Questo nome, nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

 

Maria, hai trovato grazia presso Dio

di San Bernardo di Chiaravalle, nel dodicesimo secolo.

  

 

         …Tu hai trovato grazia presso Dio disse l’Angelo (Lc 1, 30). Felice espressione. Maria troverà sempre grazia, e la grazia è la sola cosa di cui abbiamo bisogno. La Vergine prudente cercava non la sapienza, come Salomone, non le ricchezze, non gli onori, non la potenza, ma la grazia. È infatti solo la grazia che ci salva.

 

         Perché desideriamo altre cose, o fratelli? Cerchiamo la grazia, e chiediamola per mezzo di Maria, perché essa trova quello che cerca e nulla le è rifiutato di quello che essa chiede. Cerchiamo la grazia, ma la grazia presso Dio; fallace è infatti la grazia presso gli uomini. Cerchino altri il merito, noi sforziamoci di trovare grazia. Non è forse per grazia di Dio che siamo qui ? Davvero è grazie alla Misericordia del Signore se non siamo consunti noi (Lam 3, 22). Chi noi? Noi spergiuri, noi omicidi, noi adulteri, noi ladri, veramente rifiuto di questo mondo. Interrogate le vostre coscienze fratelli e constatate che ove abbondò il delitto, sovrabbondò la grazia. Maria non pretende il merito, ma cerca la grazia. Essa ripone tanta fiducia nella grazia e non si insuperbisce, che è presa da timore al saluto dell’Angelo. Maria, dice il Vangelo, si domandava che senso avesse quel saluto (Lc 1, 29). Si riteneva, infatti, indegna di venire così salutata da un Angelo. E forse diceva tra sé : “Donde viene a me che un Angelo del Signore venga da me? Non temere, Maria, non stupirti che vanga un Angelo; viene uno che è più grande dell’Angelo. Non meravigliarti che venga a te l’Angelo del Signore: anche il Signore dell’Angelo è con te.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 11, 5-13

Omelie, 16, 3° collezione ; SC 275, 205

 

 

 

« Quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo. »

di San Macario nel quarto secolo

 

         Per ottenere il pane per il corpo, il mendicante non prova nessun disagio a bussare alla porta e a chiedere; e se non riceve nulla, entra oltre e chiede con più insistenza il pane, il vestito o i sandali per il sollievo del suo corpo. Finché non abbia ricevuto qualche cosa, non se ne va, anche se lo si caccia. Noi che cerchiamo di ricevere il vero pane celeste per corroborare la nostra anima, noi che desideriamo rivestire le vesti celesti di luce e aspiriamo a calzare i sandali immateriali dello Spirito per il sollievo dell’anima immortale, quanto più dobbiamo, instancabilmente e risolutamente, con fede e amore, pazientare sempre, bussare alla porta spirituale di Dio e chiedere con una perfetta costanza di essere ritenuti degni della vita eterna.

 

         Per questo il Signore “diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1) poi aggiungeva queste parole: quanto più il Padre vostro celeste “farà giustizia a coloro che gridano giorno e notte verso di lui” (v.6). E ancora, riguardo all’amico della parabola: “Se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza”. Aggiunge allora: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. E prosegue: “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”. Per questo il Signore ci esorta a chiedere sempre, senza stancarci e con tenacia, a cercare e a bussare continuamente: egli ha promesso infatti di dare a quanti chiedono, cercano e bussano, non a coloro che non chiedono. Essendo pregato, supplicato e amato, egli vuole darci la vita eterna.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 11, 5-13  

Catechesi 33 ; SC 113, 257

 

 

 A chi bussa sarà aperto

di Simeone il Nuovo Teologo nel undicesimo secolo

 

 

         Cristo dice ai dottori della Legge: “Guai a voi che avete tolto la chiave della scienza” (Lc 11,52). Che cos’è la chiave della scienza se non la grazia dello Spirito Santo data dalla fede, che grazie all’illuminazione produce la piena conoscenza e apre la nostra mente chiusa e velata?... E dirò di più: la porta, è il Figlio: “Io sono la porta”, dice. La chiave della porta, è lo Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. La casa, è il Padre: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”. Sii dunque accuratamente attento al senso spirituale di queste parole... Se la porta non si apre, nessuno entrerà nella casa del Padre, come dice Cristo: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

 

         Ora, che sia lo Spirito Santo ad aprire per primo la nostra mente e ad insegnarci ciò che riguarda il Padre e il Figlio, l’ha detto ancora lui: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di Verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e vi guiderà alla verità tutta intera”. Vedi come, per mezzo dello Spirito o piuttosto nello Spirito, il Padre e il Figlio si fanno conoscere inseparabilmente...

 

         Infatti, chiamiamo chiave lo Spirito Santo perché è innanzi tutto attraverso di lui e in lui che il nostro spirito viene rischiarato e che, purificati, siamo illuminati dalla luce della conoscenza e battezzati dall’alto, rigenerati e resi figli di Dio, come dice Paolo: “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, e ancora: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: ‘Abbà, Padre’ ”. Dunque ci mostra lui la porta, porta che è luce, e la porta ci insegna che anche colui che abita nella casa è luce inaccessibile.

 

(Riferimenti biblici : Lc 11,52 ; Gv 10,7.9 ; 20,22-23 ; 14,2 ; 10,3 ; 14,6 ; 15,26 ; 6,13 ; Rm 8,26 ; Ga 4,6)

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI  venerdì

Lc 11, 15-26

Contro le eresie, V,5,2 ; SC 153, 63

 

 

 

Se io scaccio i demoni con i dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Enoch, per essere stato gradito a Dio, è stato preso in cielo nel suo corpo, prefigurando l’elevazione dei giusti. Anche Elia è stato rapito tale quale si trovava nella sostanza della sua carne creata (2 Re 2,11), profetizzando così il rapimento degli uomini spirituali. Il loro corpo non ha fatto in nulla  ostacolo a tale elevazione, a tale rapimento. Dalle stesse mani con le quali erano stati plasmati all’origine (Gen 2,7), essi sono stati elevati e rapiti. Infatti, in Adamo, le mani di Dio si erano abituate a dirigere, a tenere e a portare l’opera da esse plasmata, a trasportarla e a collocarla dove volevano. Dove dunque è stato collocato il primo uomo? Nel paradiso senza alcun dubbio, secondo ciò che dice la Scrittura: “Poi il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato” (v.8). E da questo luogo egli è stato scacciato in questo mondo, per aver disobbedito...

 

         Qualcuno ritiene forse impossibile che degli uomini possano vivere tanto tempo quanto i primi patriarchi?... O crede forse che quando Elia sia stato rapito nella sua carne, la sua carne è stata consumata sul carro di fuoco? Consideri dunque che Giona, dopo esser stato precipitato nel profondo del mare e inghiottito nel ventre del pesce, è stato rigettato sano e salvo sull’asciutto per ordine di Dio (Gn 2,11). Anania, Misaele e Azaria, gettati nella fornace con il fuoco acceso sette volte più del solito, non hanno provato alcun male e neppure l’odore del fuoco era penetrato in essi (Dn 3,27). Se la mano di Dio li  ha assistiti e ha adempiuto in loro cose straordinarie e impossibili alla natura umana, perché stupirti se, in coloro che sono stati elevati, questa stessa mano abbia anche realizzato una cosa straordinaria, operando la volontà del Padre? Ora questa mano, è il Figlio di Dio (cfr. Dn 3,25).

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

 

IL GIUSTO VIVE DELLA FEDE

di Charles de Foucauld

 

 

Il giusto vive veramente della fede, poiché essa prende il posto, per lui, della maggior parte dei sensi naturali ... Per mezzo loro egli percepisce solo apparenze ingannevoli: la fede gli mostra la realtà. L'occhio gli fa vedere un povero, la fede gli mostra Gesù. L' orecchio gli fa udire ingiurie e persecuzioni, la fede gli canta: "Rallegrati e giubila di gioia" . Il tatto ci fa sentire colpi di pietra ricevuti, la fede ci dice: "Siate in grande gioia perché siete stati giudicati degni di soffrire qualche cosa per il nome di Cristo" . Il gusto ci fa sentire un po' di pane senza lievito, la fede ci mostra il "salvatore Gesù" ... I sensi amano le ricchezze e l'onore; la fede li ha in orrore: "ogni esaltazione è abominazione davanti a Dio" . "Beati i poveri" e la fede adora la povertà e l'abiezione di cui Gesù si coprì come di un vestito che fu inseparabile da lui... I sensi hanno orrore della sofferenza; la fede la benedice come un dono della mano di Gesù, una parte della sua croce che egli si degna di darci da portare ...

 

Così colui che vive di fede ha l'anima colma di pensieri nuovi, di gusti nuovi di giudizi nuovi: sono orizzonti nuovi che si aprono davanti a lui, orizzonti meravigliosi che sono illuminati da una luce celeste e sono belli della bellezza divina... Avvolto da queste verità tutte nuove che il mondo non aspetta, egli comincia necessariamente una vita tutta nuova ... Che colui che vede la luce, l'apprezzi nel suo valore, le dia un'importanza infinita, si attacchi a essa in modo inviolabile, la segua in ogni circostanza, non se ne lasci distogliere da nulla ...

 

 

Charles de Foucauld : "Opere spirituali" pp 522-523 (In "Charles de Foucauld" di Piccola Sorella Annie di Gesù) . 1998 Ed. QIQAJON

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo  (Disc. 25, 7-8; PL 46, 937-938)



Colei che credette in virtù della fede, in virtù della fede concepì

di Sant Agostino nel quinto secolo


         Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre»
(Mt 12, 49-50). Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che essere stata madre di Cristo. Perciò Maria beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo.


         Osserva se non è vero ciò che dico. Mentre il Signore passava, seguito dalle folle, e compiva i suoi divini miracoli, una donna esclamò: «Beato il grembo che ti ha portato!»
(Lc 11, 27). Felice il grembo che ti ha portato! E perché la felicità non fosse cercata nella carne, che cosa rispose il Signore? «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 28). Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l'ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente, di ciò che è portato nel grembo.

 

XXVIIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Breviloquio Prologo, 2-5

(In l' Ora dell'Ascolto p. 958)

 

« Il seme è la parola di Dio »

San Bonaventura nel tredicesimo secolo

 

         L’origine della Sacra Scrittura non è frutto della ricerca umana, ma di rivelazione divina, che promana dal “Padre della luce”, “dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Gc 1,17; Ef 3,15). Dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, discende in noi lo Spirito Santo. Per mezzo dello Spirito Santo poi, che divide e distribuisce i suoi doni ai singoli secondo il suo beneplacito (Eb 2,4), ci viene data la fede, e “per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori” (Ef 3,17). Questa è la conoscenza di Gesù Cristo, da cui hanno origine, come da una fonte, la sicurezza e l’intelligenza della verità, contenuta in tutta la Sacra Scrittura. Perciò è impossibile che uno vi si possa addentrare e conoscerla, se prima non abbia la fede che è lucerna, porta e fondamento di tutta la Sacra Scrittura...

 

         Lo scopo, o meglio, il frutto della Sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna. Infatti la Sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte “parole di vita eterna” (Gv 6,68), perché non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno colmati tutti i nostri desideri. Solo allora conosceremo “l’amore che sorpassa ogni conoscenza” e così saremo “ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,19). Ora la divina Scrittura cerca di introdurci in questa pienezza, proprio secondo quanto ci ha detto l’apostolo Paolo. Con questo scopo, con questa intenzione, deve essere studiata la Sacra Scrittura. Così va ascoltata e insegnata.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica 11 Ottobre 2009  

 

 

 

“Cristo primizia della nostra risurrezione”

di San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

  

         Nella sua persona Cristo ha fatto vedere ciò che ha promesso come premio, affinché i fedeli, riconoscendo ch’egli è risuscitato, coltivino in loro la speranza che alla fine del mondo saranno premiati con la risurrezione. Ecco, con la morte della carne noi rimaniamo nella polvere sino alla fine del mondo, egli invece il terzo giorno uscì rinverdito dall’aridità morte, per manifestarci, mediante la sua stessa carne rinnovata, la potenza della sua divinità. È quanto Mosè mise bene in luce quando collocò nella tenda dodici verghe corrispondenti alle dodici tribù d’Israele. Soltanto la verga di Levi rinverdì confermando l’autorità di Aronne nel ministero.

 

          Ma che cosa voleva indicare un simile segno? Che il corpo del Signore, quello del nostro vero sacerdote, deposto nell’aridità della morte, sarebbe sbocciato nel fiore della risurrezione. Ecco che la verga di Aronne, un tempo arida, è già fiorita, mentre le verghe delle dodici tribù rimangono aride, perché, se è vero che dopo la morte il corpo del Signore è già vivo, per i nostri corpi la gloria della risurrezione è differita alla fine del mondo. È proprio a questo rinvio discretamente allude Giobbe dicendo: “E io risusciterò dalla terra nell’ultimo giorno” (Gb 19, 25).

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 10, 17-27

 Lettera Enciclica Rerum novarum, 20

 

  

 Seguimi

di Leone XIII nel diciannovesimo secolo

 

 

Ai poveri, la Chiesa insegna che innanzi a Dio non è cosa che rechi vergogna né la povertà né il dover vivere di lavoro. Gesù Cristo confermò questa verità con 1'esempio suo mentre, a salute degli uomini, « essendo ricco, si fece povero » (2 Cor 8,9) ed essendo Figlio di Dio, e Dio egli stesso, volle comparire ed essere creduto figlio di un falegname, anzi non ricusò di passare lavorando la maggior parte della sua vita: « Non è costui il fabbro, il figlio di Maria? » (Mc 6,3)

 

Mirando la divinità di questo esempio, si comprende più facilmente che la vera dignità e grandezza dell'uomo è tutta morale, ossia riposta nella virtù; che la virtù è patrimonio comune, conseguibile ugualmente dai grandi e dai piccoli, dai ricchi e dai proletari; che solo alle opere virtuose, in chiunque si trovino, è serbato il premio dell'eterna beatitudine. Diciamo di più per gli infelici pare che Iddio abbia una particolare predilezione poiché Gesù Cristo chiama beati i poveri (Lc 6,20); invita amorosamente a venire da lui per conforto, quanti sono stretti dal peso degli affanni (Mt 11,28); i deboli e i perseguitati abbraccia con atto di carità specialissima. Queste verità sono molto efficaci ad abbassar l'orgoglio dei fortunati e togliere all'avvilimento i miseri, ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Lc 11, 37-41

L

 

 

 

«Purificare l’interno del nostro cuore »

di San Clemente di Roma nel primo secolo

 

  

E' giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda gelosia... Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. Dice infatti: "Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da me" (Is 29,13; Mc 7,6). E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi maledicevano" (Sal 61,5). Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli alla sua alleanza" (Sal 77,30)...

 

Cristo è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. Lo scettro della maestà di Dio (Eb 1,8), il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: "Signore, chi credette alla nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era spregevole (Is 53, 1-3)... Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo venuti sotto il giogo della sua grazia?

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 11,37-41

 

LA TUA VOLONTA' SI COMPIA IN ME, SIGNORE

di Sant'Isacco il Siro nel settimo secolo

 

      L'umile non è mai agitato, inquieto o turbato, mai ha pensieri esaltati o instabili, in ogni circostanza rimane calmo. Nulla lo sorprende, lo angoscia, o lo sgomenta, non essendo vulnerabile alla paura o all'alterazione durante le prove dolorose, né alla frenesia o all'eccitazione nei momenti di gioia. Tutto il suo gaudio e contentezza sono in ciò che è conforme al beneplacito del suo Signore.

      L'umile si perita dal pregare Dio chiedendo qualcosa, non conosce neppure il modo di formulare tali preghiere. Con semplicità custodisce nel silenzio i suoi sensi e aspetta la misericordia e ciò che il suo venerato Signore ama mandargli. Quando prostrato con la faccia al suolo, mentre i suoi occhi interiori si sollevano alla soglia del Santo dei Santi, dove dimora Colui la cui abitazione è la tenebra, davanti al quale i Serafini abbassano gli occhi, riesce a ripetere queste parole soltanto: "LA TUA VOLONTA' si compia in me, Signore!".

      Cammina davanti a Dio nella pura semplicità, non nelle sottili astuzie della mente. La pura semplicità dona la fede; la speculazione sottile e tortuosa genera in te la vanità; la vanità partorisce la dimenticanza di Dio.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

Sull'incomprensibilità di Dio, 5, 6-7 : PG 48, 745-746

Lc 11,42-46

 

 

Guardatevi dalla superbia

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Non c’è umiltà nel considerarsi peccatore, se lo siamo effettivamente. Ma l’umiltà esiste quando uno è consapevole di aver fatto quantità di grandi cose, eppure non ne concepisce alcun’alta opinione di sé ; quando, essendo simile a Paolo fino a poter dire : « Non sono consapevole di colpa alcuna », aggiunge subito : « non per questo sono giustificato » (1 Cor 4, 4) o anche : « Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io » (1 Tm 1, 15). In questo consiste l’umiltà : a dispetto della grandezza dei nostri atti, abbassarci in spirito.

 

         Dio, però, a motivo del suo amore indicibile per gli uomini, accoglie e riceve non soltanto coloro che si umiliano in questo modo, ma anche coloro che ammettono francamente le loro colpe, e si mostra favorevole e benevolo verso coloro che sono in tali disposizioni. E affinché tu impari quanto è buono non avere un’alta opinione di te stesso, immaginati due carri. A uno, attacca la virtù e la superbia, all’altro, il peccato e l’umiltà. Vedrai il tiro del peccato distanziare quello della virtù, non certo grazie alla propria potenza, ma grazie alla forza dell’umiltà che lo accompagna. E vedrai l’altro sorpassato, non a causa della debolezza della virtù, ma a causa del peso e dell’enormità della superbia. Infatti, come l’umiltà, grazie alla sua immensa forza di elevazione, trionfa della pesantezza del peccato e, per prima, sale al cielo, così la superbia, a causa del suo gran peso e della sua enormità, riesce a spuntarla sull’agilità della virtù e trascinarla facilmente verso il basso.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

Il cammino di perfezione, cap. 28

 

« Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ? »

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

 

Se io avessi capito, come oggi, quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima, non l’avrei lasciato da solo così spesso ; sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui, e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco. Quanto è mirabile pensare che colui la cui grandezza potrebbe riempire mille mondi e anche molto di più, si rinchiude così in una così piccola dimora. È vero che, da una parte, essendo sovrano Signore, porta con lui la libertà, e dall’altra, essendo pieno di amore per noi, si fa alla nostra misura.

 

Sapendo bene che un’anima principiante potrebbe turbarsi al vedere se stessa, così piccola, destinata a contenere tanta grandezza, egli non si fa conoscere immediatamente; ma, poco a poco, fa crescere la capacità dell’anima, alla misura dei doni che egli si propone di collocare in essa. A motivo di questo suo potere di allargare il palazzo della nostra anima, ho detto che porta con lui la libertà. Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente, affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, come in una dimora che gli appartiene. A ragione, nostro Signore vuole che così sia; non rifiutiamoci. Egli non vuole forzare la nostra volontà; riceve quello che essa gli dà. Ma lui si dà interamente solo quando anche noi ci diamo interamente.

 

La cosa è certa, e ve la ripeto così spesso perché è importantissima. Finché l’anima non è interamente sua, sgombrata di tutto, egli non agisce in essa. Del resto, non so come potrebbe farlo, colui che ama tanto l’ordine perfetto. Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli, come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto? È già molto che si degni di fermarsi qualche momento in mezzo a tanto ingombro.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

Sul Sacramento dell’altare, II,1 ; SC 93, 169

 

 

« Gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente»

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

  

 

         Coloro che hanno versato il sangue di Cristo non l’hanno fatto allo scopo di cancellare i peccati del mondo... Inconsapevolmente però hanno servito il disegno della salvezza. La salvezza del mondo, che avrebbe seguito, non dipendeva dal loro potere, né dalla loro volontà, né dalla loro intenzione, né dal loro agire, bensì è venuta dalla potenza, dalla volontà, dall’intenzione, dall’agire di Dio. In quell’effusione di sangue infatti, non era all’opera solamente l’odio dei persecutori, ma anche l’amore del Salvatore. L’odio ha fatto la sua opera di odio, l’amore ha fatto la sua opera di amore. Non l’odio, bensì l’amore ha operato la salvezza.

 

         Versando il sangue di Cristo, l’odio ha riversato se stesso, perché fossero “svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,35). Anche l’amore, spargendo il sangue di Cristo, spargeva se stesso, perché l’uomo sapesse quanto Dio lo ama: “Egli non ha risparmiato il proprio Figlio” (Rm 8,32). “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).

 

         Questo Figlio unigenito è stato offerto, non perché i suoi nemici avessero prevalso, bensì perché lui in prima persona l’ha voluto. “Dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). La fine, è la morte accettata per coloro che egli ama: ecco la fine di ogni perfezione, la fine dell’amore perfetto. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - Giovedì VESPRI

Poemi teologici, 3

 

 

 

« Cominciarono a trattarlo ostilmente »

  San Gregorio Nazianzeno (330-390), vescovo, dottore della Chiesa

 

            Colui che ora disprezzi, ci fu un tempo in cui era al di sopra di te ; colui che ora è uomo, era eternamente perfetto. Egli era in principio senza causa ; poi si è sottomesso alle contingenze di questo mondo… Questo lo ha fatto per salvare te, che lo insulti, te che disprezzi Dio perché ha assunto la tua natura grezza…

 

           È stato avvolto in fasce, ma risorgendo dal sepolcro si è disfatto del suo lenzuolo. È stato deposto in una mangiatoia, ma glorificato dagli angeli, annunciato da una stella, adorato dai Magi… È dovuto fuggire in Egitto, ma ha liberato questo paese dalle superstizioni degli Egiziani. Non aveva « apparenza né bellezza » (Is 53,2) davanti ai suoi nemici, ma per Davide, era « il più bello tra i figli dell’uomo » (Sal 44,3) e sul monte brillò, più risplendente del sole (Mt 17,1). In quanto uomo, è stato battezzato ; ma in quanto Dio, ha cancellato i nostri peccati ; non aveva bisogno di essere purificato, ma ha voluto santificare le acque. In quanto uomo è stato tentato ; ma in quanto Dio, ha trionfato, lui che ha « vinto il mondo » (Gv 16,8)… Ebbe fame, ma ha nutrito migliaia di uomini, lui « il Pane della vita che discende dal cielo » (Gv 6,48). Ebbe sete, ma esclamò : « Chi ha sete venga a me e beva » (Gv 7,37)… Ha conosciuto la fatica, ma è il riposo di tutti coloro che « sono affaticati e oppressi » (Mt 11,28)… Si fa chiamare « Samaritano e posseduto dal demonio » (Gv 8,48) ; ma salva lui l’uomo incappato nei briganti (Lc 10,29) e mette in fuga i demoni… Prega, ma esaudisce lui le preghiere. Piange, ma fa cessare lui i pianti. È venduto a vili prezzo, ma riscatta lui il mondo, e a caro prezzo : il proprio sangue.

 

           Come una pecora, è condotto alla morte, ma egli conduce Israele (Ez 34,14), e oggi tutta la terra, a pascoli eccellenti. Come un agnello, tace : ma egli è la Parola annunciata dalla voce di colui che grida nel deserto (Mc 1,3). È stato infermo e ferito ; ma cura ogni malattia e infermità (Mt 9,35). È stato innalzato sul legno ed è stato inchiodato ; ma ci ristora mediante l’albero di vita.. Muore, ma fa vivere e distrugge la morte. È sepolto, ma risorge e, salendo in cielo, libera le anime dagli inferi.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Sermone 101

 Lc 12,1-7

 

Non temete coloro che uccidono il corpo

di San Pietro Crisologo nel sesto secolo

 

          Cristo annovera tra i suoi amici quelli che per desiderio del trionfo, per amore della libertà versarono il loro sangue con gioia e senza timore. Dice infatti così : ma a voi che siete miei amici, io dico di non temere quelli che uccidono il corpo e dopo non possono fare nulla di più. Vi mostrerò invece chi dovete temere : temete colui che, dopo aver ucciso il corpo, ha il potere di mandarvi nella Geenna.

 

         Ma a voi, che siete miei amici, dico di non temere. Poiché la virtù è prova di libertà mentre il timore indica la soggezione. Infatti il libero è nato per la gloria, il servo per la paura. A ragione, dunque, è innalzato all’amicizia di Dio chi per amore di Dio disprezza le morti date dagli uomini, ignora i timori. Se l’imitazione nella condotta fa gli amici, li unisce la somiglianza del modo di vivere, giustamente Cristo chiama amici quelli che vede e prevede che imitandolo calpesteranno il peccato del mondo e lo stesso timore della morte.

 

        Ma a voi dico, cioè non a tutti, ma a voi che siete miei amici.  Ma dico a voi : non siete annientati ma liberati da questa morte.

 

       Dico a voi, che la dissoluzione del corpo porta ad uno stato migliore, non trasferisce al castigo. Dico a voi, per i quali la vita comincia, non finisce con la morte. Dico a voi, la cui morte diventa preziosa non in sé, ma per la sua causa, mentre trova maggiori guadagni di vita di quanti interessi di vita essa perda. Non temiamo, dunque, fratelli, come ha detto il Signore, quelli che uccidono il corpo, perché non uccidono questa vita, ma, mentre la tolgono, la rendono da temporale eterna.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

                                                          

Lc 12, 1-7

Dialogo della Divina Provvidenza, 18

 

 

 Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati

di Santa Caterina da Siena  nel quattordicesimo secolo

 

 

         Mi diceva Dio : « Nessuno può sfuggire dalle mie mani. Perché io sono Colui che sono (Es 3,14) mentre voi, non siete da voi stessi ; siete nella misura in cui siete stati fatti da me. Io sono il creatore di ogni cosa che partecipa dell’essere, eccetto del peccato, il quale non è, e dunque non è stato fatto da me. E poiché esso non è in me, non è degno di essere amato. La creatura mi offende soltanto in quanto ama ciò che non deve amare, cioè il peccato… È impossibile agli uomini uscire da me ; o dimorano in me sotto la stretta della giustizia che sanziona le loro colpe, o dimorano in me custoditi dalla mia misericordia. Apri dunque l’occhio della tua intelligenza e guarda la mia mano ; vedrai che ti dico la verità. »

 

         Allora, aprendo l’occhio dello spirito per obbedire al Padre Altissimo, vedevo l’universo intero rinchiuso nella sua mano divina. E Dio mi diceva : « Figlia mia, ora vedi e sappi che nessuno mi può sfuggire. Tutti qui sono tenuti dalla giustizia o dalla misericordia perché sono miei, creati da me, e li amo infinitamente. Qualunque sia la loro malizia, farò loro quindi misericordia a causa dei miei servi ; esaudirò la domanda che mi hai presentata con tanto amore e dolore »…

 

         Allora la mia anima, come in ebbrezza e fuori di sé, nell’ardore sempre più grande del suo desiderio, si sentiva nello stesso tempo beata e dolorosa. Beata a motivo dell’unione che aveva avuto con Dio, gustando la sua gioia e la sua bontà, tutta immersa nella sua misericordia. Dolorosa, al vedere offesa tanta bontà.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato 

 

 

PIETÀ FONDATA SULLA ROCCIA

di S. Ignazio di Antiochia nel SECONDO SECOLO

 

Lodo la tua pietà in Dio, fondata su una roccia incrollabile e rendo la massima gloria (al Signore) perché sono stato fatto degno del suo volto irreprensibile. Potessi goderne in Dio. Ti esorto nella carità che hai a proseguire nel tuo cammino e ad incitare tutti a salvarsi. Dimostra la rettitudine del tuo posto con ogni cura nella carne e nello spirito. Preoccupati dell'unità di cui nulla è più bello. Sopporta tutti, come il Signore sopporta anche te; sostieni tutti nella carità, come già fai. Cura le preghiere che non si interrompano; chiedi una saggezza maggiore di quella che hai; veglia possedendo uno spirito insonne. Parla a ciascuno nel modo conforme a Dio. Sostieni come perfetto atleta la infermità di tutti. Dove maggiore è la fatica, più è il guadagno.

 

Se ami i discepoli buoni, non hai merito; piuttosto devi vincere con la bontà i più riottosi. Non si cura ogni ferita con uno stesso impiastro. Calma le esacerbazioni (della malattia) con bevande infuse. In ogni cosa sii prudente come un serpente e semplice come la colomba. Per questo sei di carne e di spirito, perché tratti con amabilità quanto appare al tuo sguardo; per ciò che è invisibile prega che ti sia rivelato, perché non manchi di nulla e abbondi di ogni grazia. Il tempo presente esige che tu tenda a Dio, come i naviganti invocano i venti e coloro che sono sbattuti dalla tempesta il porto. Come atleta di Dio sii sobrio; il premio è l'immortalità, la vita eterna in cui tu credi. In tutto sono per te una ricompensa io e le mie catene che tu hai amate.

 

XXVIIIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

Cristo si è fatto pontefice misericordioso

di S. Cirillo di Alessandria nel quarto sec.

 

  

          Cristo si e fatto pontefice misericordioso. Egli non solo non protese dagli uomini nessuna pena in riparazione dei peccati, ma anzi li giustificò mediante la grazia e la misericordia; inoltre fece di noi degli adoratori in spirito e ci pose apertamente davanti agli occhi la verità con chiarezza, cioè quell’autentico modo di vivere onesto, palesemente indicato nel sublime messaggio evangelico.

 

         Non additò la verità condannando i comandamenti mosaici o distruggendo gli antichi decreti; ma piuttosto trasformando la lettera della legge, che era solo un’ombra di ciò che era significato dalle figure, in culto e adorazione in spirito e verità.

 

         Perciò diceva apertamente: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto”(Mt 5, 17-18).

 

         Chi trasforma le immagini in realtà non le distrugge, ma le perfeziona. Come fanno i pittori, che non cancellano i precedenti tocchi con cui hanno disposto i vari colori ma li stendono per rendere l’immagine più chiara e visibile,, così fece Cristo, precisando quelle rozze immagini fino alla perfezione della verità.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

 

 

 

Il gaudio della beatitudine eterna

 di San Pier Damiani nel XI secolo

  

 

         Il tuo spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona. Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza, la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Gv 3, 2). Perciò: “la morte è stata ingoiata per la vittoria” (1 Co 15, 54; Is 25, 8) e ogni corruzione della natura umana è stata vinta.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mc 10, 32-45

 Opere, t.14

  

 

« Dare la propria vita in riscatto per molti »

 Sant Alfonso-Maria de Liguori (1696-1787), vescovo e dottore della Chiesa

 

 

            Un Dio che serve, che spazza la casa, che si dedica a lavori penosi – quanto uno solo di questi pensieri dovrebbe colmarci di amore! Quando il Salvatore ha cominciato a predicare il suo Vangelo, si è fatto “il servo di tutti”, dichiarando lui stesso che “non era venuto per essere servito, ma per servire”. È come se avesse detto che voleva essere il servitore di tutti gli uomini. E, al termine della sua vita, non si è contentato, dice san Bernardo, “di aver preso la condizione di servo per mettersi al servizio degli uomini; ha voluto prendere la forma del servo indegno, per lasciarsi colpire, e subire la pena che era dovuta a noi, a causa dei nostri peccati”.

 

            Ecco che il Signore, obbediente servo di tutti, si sottomette alla sentenza di Pilato, per quanto ingiusta sia, e si consegna ai suoi carnefici... Così, Dio ci ha tanto amato, da voler obbedire come schiavo, per amore nostro, fino a morire e a morire di una morte dolorosa e infame, il supplizio della croce (Fil 2,8).

 

            Ora, in tutto questo, obbediva non in quanto Dio, ma in quanto uomo, che aveva assunto la condizione di schiavo. Un certo santo si è consegnato come schiavo per riscattare un povero, e si è attirato l’ammirazione del mondo per questo atto eroico di carità. Ma cos’è questa carità in confronto a quella del Redentore? Essendo Dio e volendo riscattarci dalla schiavitù del diavolo e della morte che avevamo meritata, si fa lui stesso schiavo, si lascia legare e inchiodare sulla croce. “Perché il servo diventasse maestro, dice san Agostino, Dio ha voluto farsi servo”.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Lc 12, 35-38

 Omelia sul Cantico dei Cantici, PG 44, 996-997

 

« In tenuta di servizio e con le lucerne accese »

di San Gregorio di Nissa nel quarto secolo

 

         Il Verbo ci invita a scuoterci dagli occhi dell’anima questo sonno pesante affinché, con lo spirito liberato da ogni miraggio, non scivoliamo al di là dalle vere realtà attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Perciò ci suggerisce il pensiero della vigilanza dicendo : « Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese »… Il significato di questi simboli è chiarissimo. Chi è cinto dalla temperanza, vive nella luce di una coscienza pura, perché la fiducia filiale illumina la sua vita come una lucerna. Illuminata dalla verità, la sua anima dimora fuori dal sonno dell’illusione poiché non viene ingannata da nessun sogno vano. Se adempiremo questo, secondo le indicazioni del Verbo, entreremo in una vita simile a quella degli angeli…

 

         Essi infatti sono coloro che aspettano il Signore quando torna dalle nozze, e siedono, vigilanti, alle porte del cielo, affinché il Re della gloria (Sal 23, 7) possa entrare nuovamente, quando tornerà dalle nozze ed entrerà nella beatitudine che è al di sopra dei cieli. « Uscendo come sposo dalla stanza nuziale » secondo il testo del salterio (Sal 19, 6), si è unito come a una vergine, mediante la rigenerazione sacramentale, alla nostra natura umana, che si era prostituita agli idoli, e l’ha restituita alla sua incorruttibilità verginale. A nozze ormai finite, poiché la chiesa è stata sposata dal Verbo…e introdotta nella stanza dei misteri, gli angeli aspettano il ritorno del Re della gloria nella beatitudine che gli è naturale.

 

         Perciò il testo dice che la nostra vita deve essere  simile a quella degli angeli affinché, come loro, viviamo lontani dal vizio e dall’illusione, per essere pronti ad accogliere la parusia del Signore e, vegliando anche noi alle porte delle nostre dimore, stiamo pronti ad obbedire quando, alla sua venuta, busserà alla porta.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 12, 35-38

 Discorso sul Cantico dei cantici n°17, 2

 

 

Vegliare nello Spirito Santo

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

  

         Dobbiamo essere vigilanti e attenti all’opera della salvezza che sta operandosi in noi, perché con mirabile finezza e con la delicatezza di un’artista divino, il Santo Spirito compie continuamente questa opera nel più intimo del nostro essere. Non ci sia mai tolta senza che ce ne accorgiamo, questa unzione che ci insegna tutto, e non ci colga mai all’improvviso la sua venuta. Invece occorre tener lo sguardo sempre in agguato e il cuore spalancato per ricevere questa benedizione generosa del Signore. In quali stati d’animo vuole trovarci lo Spirito? “Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze”. Non torna mai a mani vuote dalla mensa celeste e da tutte le gioie che essa prodiga.

 

         Occorre dunque vegliare e pregare in ogni momento, perché non sappiamo a che ora lo Spirito verrà, né a che ora andrà via di nuovo. Lo Spirito viene e va (Gv 3, 81); se stiamo in piedi grazie a lui, quando si ritira, cadiamo inevitabilmente, ma senza spezzarci, perché il Signore ci trattiene per la sua mano. E lo Spirito non cessa di fare vivere questa alternanza di presenza e di assenza a quelli che sono spirituali, o piuttosto a quelli che vuole rendere spirituali. Per questo li visita all’alba, poi improvvisamente li mette alla prova.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 12, 39-48

 Omelie 77 su Matteo

 

 

« Tenetevi pronti »

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Questo dice Gesù affinché i discepoli rimangano svegli, che siano sempre pronti. Dice loro che verrà nell’ora in cui non se l’aspettano, perché vuole spingerli a praticare la virtù con zelo e senza sosta. Come se dicesse loro: “Se gli uomini sapessero quando moriranno, sarebbero perfettamente pronti per quel giorno”... Invece il momento della fine della nostra vita è un segreto che sfugge ad ogni uomo...

 

         Per questo il Signore esige dal suo servo due qualità: che cioè sia fedele, affinché non si attribuisca nulla di ciò che appartiene al suo padrone, e che sia avveduto, per amministrare bene quanto gli è stato affidato. Ci vogliono dunque queste due qualità per essere pronti per il ritorno del Padrone... Ecco infatti ciò che succede per il fatto che non conosciamo il giorno del nostro incontro con lui: ci diciamo: “Il mio padrone tarda a venire”. Il servo fedele e avveduto non ha tali pensieri. Sciagurato! con il pretesto che il tuo Padrone tarda, immagini che non verrà affatto? Il suo ritorno è sicuro. Perché dunque non stai in guardia? No, il Signore non è lento a venire; questo ritardo esiste solo nell’immaginazione del cattivo servo.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 12, 39-48

 PPS, t. 4, n° 22

 

« Tenetevi pronti »

 di Cardinal John Henry Newman nel dicianovesimo secolo

 

         Il nostro Signore ha dato questo avvertimento mentre stava per lasciare questo mondo, per lo meno visibilmente. Prevedeva le centinaia di anni che sarebbero potute trascorrere prima del suo ritorno. Conosceva il proprio disegno, quello del Padre suo : lasciare gradualmente il mondo a se stesso, ritirare gradualmente i pegni della sua presenza misericordiosa. Prevedeva l’oblio in cui egli sarebbe caduto anche fra i suoi stessi discepoli …, lo stato del mondo e della Chiesa come li vediamo oggi, in cui la sua assenza prolungata ha fatto credere che non sarebbe più tornato…

 

         Oggi, ci mormora misericordiosamente all’orecchio di non fidarci di ciò che vediamo, di non partecipare all’incredulità generale, di non lasciarci trascinare dal mondo, ma di « fare attenzione, di vegliare e di pregare » (Lc 21, 36), e di aspettare la sua venuta. Questo avvertimento misericordioso dovremmo tenerlo sempre in mente, tanto è preciso, solenne e pressante.

 

         Il nostro Signore aveva predetto la sua prima venuta, eppure quando è venuto, ha sorpreso tutti. Verrà in un modo ancora più improvviso la seconda volta, e sorprenderà gli uomini. Ora, senza dire quanto tempo trascorrerà prima del suo ritorno, ha affidato la nostra vigilanza alla guardia della fede e dell’amore… Infatti dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare ; non soltanto amare, ma vegliare ; non soltanto obbedire, ma vegliare. Perché vegliare ? Per questo grande avvenimento della venuta di Cristo. In questo sembra esserci affidato un dovere particolare : non soltanto credere, temere, amare e obbedire, ma anche vegliare : vegliare per Cristo, vegliare con Cristo.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

                                                                       Lc 12, 49-53

Discorsi ascetici, 1a  parte, n°2

  

 

 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra

di Sant’Isacco Siriano  nel settimo secolo

  

 

         Fatti violenza (cfr Mt 11,12), sforzati di imitare l’umiltà di Cristo, affinché si accenda sempre di più il fuoco che egli ha gettato in te, questo fuoco nel quale sono consumati tutti gli impulsi di questo mondo che distruggono l’uomo nuovo e macchiano le dimore del Signore santo e potente. Affermo infatti con san Paolo che “siamo il tempio di Dio” (2 Cor 6,16). Purifichiamo dunque il suo tempio “come egli è puro” (1 Gv 3,3) affinché egli abbia il desiderio di dimorarvi; santifichiamolo, come egli è santo (1 Pt 1,16); orniamolo di tutte le opere buone e degne. Riempiamolo del riposo della sua volontà, come di un profumo, con la preghiera pura, cioè la preghiera del cuore, che non si può acquistare abbandonandosi agli impulsi continui di questo mondo.

 

Allora la nube della sua gloria coprirà la tua anima, e la luce della sua grandezza brillerà nel tuo cuore (cfr. 1 Re 8,10). Tutti coloro che dimorano nella casa di Dio saranno ricolmi di gioia e si rallegreranno. Invece gli insolenti e gli immondi scompariranno sotto la fiamma dello Spirito Santo.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 12, 49-53

 Trattato su San Luca, 7:131-132 ; SC 52

 

 

« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra »

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso ». Il Signore vuole che siamo vigilanti, attenti in ogni momento alla venuta del Salvatore…Ma poiché il guadagno è misero, e debole il merito quando soltanto il timore del supplizio impedisce di perdersi, mentre l’amore ha un valore superiore, il Signore stesso…infiamma il nostro desiderio di acquistare Dio quando dice : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ». Non certo il fuoco che distrugge, bensì quello che produce la volontà buona, quello che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore, consumando il fieno e la paglia (1 Cor 3, 12), divorando tutta la vanità del mondo, accumulata dalla passione del piacere terreno, opera della carne che deve perire.

 

         Questo fuoco divino bruciava le ossa dei profeti, come dichiara Geremia : « C’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ». (Ger 20, 9). Infatti c’é un fuoco del Signore, di cui si dice : « Davanti a lui cammina il fuoco » (Sal 96, 3). Il Signore stesso è un fuoco « che arde senza consumarsi » (Es 3, 2). Il fuoco del Signore è luce eterna ; le lucerne dei credenti si accendono a questo fuoco : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12, 35). Una lucerna è necessaria perché i giorni di questa vita sono ancora notte. Il Signore stesso, secondo la testimonianza dei discepoli di Èmmaus, aveva messo questo fuoco nel loro cuore : « Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture ? » (Lc 24, 32) Ci mostrano con evidenza qual’è l’azione di questo fuoco, che rischiara il profondo del cuore dell’uomo. Perciò il Signore verrà con il fuoco (Is 66, 15) per consumare i vizi nel momento della risurrezione, per colmare con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce sui meriti e i misteri.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - LODI VENERDI

 

 Libro di Vita

 

Cap. “ Nel cuore della città” § 131

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 12, 54-59

 Discorso di apertura del Concilio Vaticano II

 

 

Interpretare i segni dei tempi

del Beato Giovanni XXIII

 

          Succede spesso che, nell’esercizio quotidiano del nostro ministero apostolico, i nostri orecchi siano offesi sapendo ciò che dicono alcuni che, pur infiammati da zelo religioso, mancano di finezza nel giudizio e di ponderatezza nel modo di vedere le cose. Nella situazione attuale della società, non vedono che rovina e calamità ; sono soliti dire che la nostra epoca ha peggiorato rispetto ai secoli passati ; si comportano come se la storia, che è maestra di vita, non avesse nulla da insegnare loro e come se nel tempo dei Concili di una volta, tutto fosse stato perfetto, riguardo alla dottrina cristiana, ai costumi e alla giusta libertà della Chiesa.

 

         Ci sembra necessario dire il nostro totale disaccordo con tali profeti di sventure, che annunciano sempre disastri, come se il mondo si avvicinasse al suo termine.

 

         Nel decorso attuale degli avvenimenti, mentre la società umana sembra ad una svolta, è meglio riconoscere i disegni misteriosi della Provvidenza divina che, attraverso la successione delle epoche e delle occupazioni degli uomini, contraddicendo ogni attesa, raggiungono il loro fine e dispongono ogni cosa con sapienza per il bene della Chiesa, persino grazie ad eventi contrari.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 13, 1-9

 Discorso, 20 sulla Passione del Signore ; SC 74bis, 245

 

 

« Se non vi convertite »

di San Leone Magno nel quinto secolo

 
 

         Mettiamoci all’opera, fratelli ! Sforziamoci di essere trovati associati alla risurrezione di Cristo e di passare dalla morte alla vita mentre siamo ancora in questo corpo. Tutti coloro che passano attraverso una conversione, qualunque essa sia, tutti coloro che passano da uno stato ad un altro, vivono una fine : non sono più quello che erano. E nello stesso momento vivono un inizio : diventano ciò che non erano. È importante sapere per chi moriamo e per chi viviamo, perché c’è una morte che fa vivere e una vita che fa morire.

 

         Poiché sia l’una che l’altra non possiamo ricercarle al di fuori di questo mondo effimero, sarà dalla qualità delle nostre azioni quaggiù che dipenderà la differenza delle retribuzioni eterne. Moriamo dunque al diavolo e viviamo per Dio ; moriamo al peccato per risorgere alla giustizia ; che scompaia l’uomo vecchio perché sorga l’uomo nuovo. Poiché, secondo la parola di Verità, « nessuno può servire a due padroni » (Mt 6,24), prendiamo come padrone non colui che fa inciampare coloro che sono in piedi per portarli alla rovina, ma colui che rialza coloro che sono caduti per portarli alla gloria.

 

XXIXA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

 Gesù Cristo sommo sacerdote

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo.

 

 

         È chiamato il Cristo, perché unto non da mani umane ma dal Padre fin da tutta l’eternità come sommo sacerdote per gli uomini. Lo diciamo anche morto, ma non rimasto nell’Ade come tutti gli altri morti.

 

         Lo chiamiamo Figlio dell’Uomo, non in quanto nato per generazione terrena come ciascuno di noi, ma perché verrà sulle nubi per giudicare i vivi e i morti. Lo chiamiamo Signore, non in senso traslato come si chiamano signori alcuni uomini, ma in quello per cui si chiama signore per natura e dall’eternità solo Gesù, nome che significa la sua opera di salvatore e di medico. Lo diciamo Figlio di Dio per natura e non per adozione.

 

         Molteplici sono le forme che il Salvatore prende nei suoi interventi per ciascuno di noi. Si fa infatti vite per chi ha bisogno di gioia, porta per chi deve entrare, sommo sacerdote mediatore per chi deve offrire preghiere, agnello per tutti quelli che sono in peccato e per cui egli si è immolato. Rimane per natura nella dignità sovraeminente della sua filiazione immutabile, ma si fa tutto a tutti adattandosi alle nostre debolezze come medico davvero buono e maestro compassionevole.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Trattato sulla verginità, 17-21

 

 

 

Avete visto l’amato del mio cuore ?

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         « Perché piangi ? » Sei tu la causa delle tue lacrime ; fai tu piangere te stessa… Piangi perché non credi in Cristo : credi e lo vedrai. Cristo è qui, non viene mai meno a coloro che lo cercano. « Perché piangi ? » Invece di lacrime, ti vuole una fede viva e degna di Dio. Non pensare alle cose mortali e non piangerai… Perché piangere ciò che rallegra gli altri ?

 

         « Chi cerchi ? » Non vedi che Cristo è la forza di Dio, che Cristo è la sapienza di Dio, che Cristo è santità, che Cristo è castità, che Cristo è purezza, che Cristo è nato da una vergine, che Cristo è sempre del Padre e presso il Padre e nel Padre ; nato eppure non creato, non decaduto, sempre amato, vero Dio da vero Dio ? « Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto ». Sbagli, donna ; pensi che Cristo sia stato portato via dal sepolcro da altri, e non risorto con potenza propria. Eppure nessuno può portare via la potenza di Dio, nessuno può portare via la sapienza di Dio, nessuno può portare via la vera castità. Cristo non è stato portato via dal sepolcro del giusto, né dall’intimo della vergine, né dal segreto del suo animo fedele ; e anche se alcuni volessero rapirlo, non possono portarlo via.

 

         Allora il Signore le dice : « Maria, guardami ». Fino al momento in cui non crede, lei è « una donna » ; appena ha cominciato a voltarsi verso di lui, viene chiamata Maria. Riceve il nome di colei che ha partorito Cristo ; è l’anima infatti che partorisce spiritualmente Cristo. « Guardami », dice. Chi guarda Cristo corregge se stesso ; chi non vede Cristo si smarrisce. Per cui, voltatasi verso di lui, lo vede e gli dice : « Rabbunì », che significa : Maestro ! Chi guarda si volge ; chi si volge, afferra più interamente ; chi vede progredisce. Perciò chiama Maestro colui che pensava morto ; ha trovato colui che pensava perduto.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

 

Dio può essere trovato nel cuore dell’ uomo

di S. Gregorio di Nissa nel quarto secolo

 

      Nella vita dell'uomo la salute del corpo rappresenta un bene, ma la felicità non consiste nel conoscere la ragione della salute, bensì nel vivere in salute. Se uno dopo aver celebrato le lodi della salute, prende cibi che gli causano malattie, che cosa gli possono giovare le lodi della salute ? Allo stesso modo dobbiamo intendere il presente discorso, quando il Signore dice che la felicità non consiste nel conoscere qualche verità su Dio, ma nell'avere Dio in se stessi: «Beati, infatti, i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt  5, 8). Mi pare proprio che Dio voglia mostrarsi a faccia a faccia a colui che ha l'occhio dell'anima ben purificato, ma però secondo quanto dice Cristo: «Il regno di Dio è dentro di voi» (Lc 17, 21). Chi ha purificato il suo cuore può contemplare l'immagine della divina natura nella bellezza della sua stessa anima.

 

      Se dunque laverai le brutture che hanno coperto il tuo cuore, risplenderà in te la divina bellezza. Come il ferro, liberato dalla ruggine splende al sole, così anche l'uomo interiore, quando avrà rimosso da se la ruggine del male, ricupererà la somiglianza con la forma originale e primitiva e sarà buono.

 

      Quindi chi vede se stesso, contempla ciò che desidera in se stesso. In tal modo diviene beato chi ha il cuore puro, perché mentre guarda la sua purità, scorge, attraverso questa immagine, la sua prima e principale forma. Coloro che vedono il sole in uno specchio, benché non fissino i loro occhi in cielo, vedono il sole non meno bene di quelli che guardano direttamente l'astro luminoso. Così anche voi benché le vostre forze non siano sufficienti per scorgere e contemplare la luce inaccessibile, se ritornerete alla grazia originaria troverete in voi ciò che cercate. La divinità infatti è purezza, è assenza di vizi e di passioni, è lontananza da ogni male. Se dunque queste realtà sono in te, Dio è senz'altro in te. Quando pertanto la tua anima sarà pura da ogni sorta di vizi, libera da passioni e difetti e lontana da ogni inquinamento, allora sei felice per l'acutezza e la limpidezza della vista, perché ciò che sfuggirà allo sguardo di coloro che non si sono purificati, tu invece, purificato, lo scorgerai. Tolta dagli occhi spirituali l'oscurità materiale, avrai la beata visione nella pura serenità del cuore. E questo sublime spettacolo in che cosa consiste?Nella santità, nella purezza, nella semplicità, e in tutti i luminosi splendori della natura divina per mezzo dei quali si vede Dio.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Lc 13, 18-21

Omelie sugli Atti degli Apostoli, 20,4 ; PG 60, 411-412

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2888)     

 

 

Essere lievito

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri. Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella donnetta che mise le due monetine ti accuserà (Mc 12,48). Anche Pietro diceva: Non ho né argento né oro (At 3,6). Così Paolo era talmente povero da patire spesso la fame e mancare del cibo necessario. Non puoi mettere avanti la tua umile condizione; essi infatti erano di basse origini, nati da poveri. Non puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano illetterati. Fossi schiavo o fuggiasco, potresti fare ciò che dipende da te. Così era la situazione di Onesimo di cui Paolo fa l’elogio . Non puoi obiettare che sei debole; così era anche Timoteo, che soffriva di frequenti infermità. Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.

 

         Non vedete gli alberi delle foreste, come sono rigogliosi, come sono belli, sviluppati, snelli e alti? Ma se avessimo un orto vorremmo avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelli sterili... Così sono coloro che vedono soltanto i propri interessi...

 

         Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? E che dire di un profumo che non investa quanti si accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? E non dire: “Non posso indurre gli altri”; perché, se sarai cristiano, questo non potrà non avvenire!... Infatti, come le cose che sono di eguale natura non sono in contraddizione tra loro, così quanto stiamo dicendo fa parte della natura stessa del cristiano...  Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo È più facile che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non sia utile al prossimo.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 13, 18-21

Inno 17

 

Il regno di Dio

Di Simeone il Nuovo Teologo nell’ undicesimo secolo

 

 

         Ti mostrerò chiaramente che ti occorre ricevere quaggiù tutto il Regno dei cieli, se vuoi entrarvi anche dopo la tua morte. Ascolta Dio che ti parla in parabole : « A che cosa è simile il Regno dei cieli ? È simile, ascolta bene, ad un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell’orto ; poi è cresciuto e, in verità, è diventato un albero ». Questo granellino, è il Regno dei cieli, è la grazia dello Spirito divino, mentre l’orto, è il cuore di ogni uomo, là dove, chi l’ha ricevuto, nasconde lo Spirito nel profondo del suo animo, nei recessi delle sue viscere, perché nessuno possa vederlo. E lo custodisce con ogni cura perché cresca, e diventi un albero e si innalzi verso il cielo.

 

         Se dunque dici : « Non quaggiù, ma dopo la morte, riceveranno il Regno coloro che l’avranno desiderato con fervore », sconvolgi le parole del Salvatore nostro Dio. E se non prenderai quel granellino, quel granellino di senapa, come egli ha detto, se non lo getterai nel tuo orto, rimarrai completamente sterile. In quale altro momento, se non ora, pensi di poter ricevere quel seme ?

 

         « Quaggiù, ricevi il pegno, dice il Maestro ; quaggiù, ricevi il sigillo. Fin da quaggiù accendi la tua lampada. Se avrai buonsenso, per te, quaggiù, diventerò la perla (Mt 13,45), quaggiù sarò il tuo chicco di grano e come il granellino di senapa. Quaggiù divento per te il lievito che fa lievitare la pasta. Quaggiù sono per te come acqua e divento un dolce fuoco. Quaggiù divento il tuo vestito e il tuo cibo e la tua bevanda, se lo desideri ». Questo dice il Maestro : « Se dunque, fin da quaggiù, mi riconoscerai come tale, lassù allora mi possederai ineffabilmente, e diventerò tutto per te ».

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

 

 

La successione apostolica

di San Clemente di Roma nel primo secolo

 

 

         Gli apostoli hanno ricevuto per noi dal Signore Gesù Cristo la Buona Novella ; Gesù Cristo è stato mandato da Dio. Cristo, dunque, viene da Dio e gli apostoli da Cristo : tutte e due le cose procedono ordinatamente dalla volontà di Dio. E così, ricevuto il mandato, rafforzati dalla parola di Dio e confermati con assoluta certezza dalla risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, andarono ad annunciare l’avvento del Regno di Dio con incrollabile fiducia nello Spirito Santo. Predicando il Verbo per paesi e città, nominarono vescovi e diaconi per i futuri credenti, quelli di cui avevano provato, nello Spirito Santo, la genuina disponibilità alla fede… E che c’è di strano se coloro che ricevettero da Dio in Cristo questo incarico ordinano i predetti ministri ? …Gli apostoli sapevano per ispirazione di Cristo nostro Signore, che sarebbero scoppiate contese per il titolo di vescovo ; perciò, prevedendo perfettamente il futuro, nominarono i vescovi e subito dopo istituirono la successione affinché, morti i primi, altri uomini insigni succedessero nel loro ministero.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 Trattato sulle opere dello Spirito Santo 4,9 ; SC 165, 157

  

 

Gli apostoli istruiti dallo Spirito Santo

di Ruperto di Deutz

 

  

         A tutti gli apostoli riuniti, la Verità ha detto: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa” (Gv 14, 26). Infatti... nel momento in cui apparvero agli apostoli lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno di loro (At 2, 3), videro, in un batter d’occhio, grazie ad un’illuminazione interiore, tutte le Scritture e tutti i profeti... Penetrarono questi segreti, tenuti nascosti agli scribi e ai farisei, ai sapienti e ai dottori della Legge. Così si compì la parola del Signore: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25)... Quindi, questi uomini illetterati non venivano ammaestrati da uomini, ma istruiti meravigliosamente dallo Spirito Santo, lo Spirito di intelligenza  che apriva loro il tesoro delle Scritture.

 

         Per questo motivo hanno il diritto di essere ricevuti ed ascoltati da noi, come la bocca di Dio stesso... Su di loro si fonda la nostra fede, come pure sui patriarchi ed i profeti che hanno ascoltato la parola di Dio per mezzo del medesimo Spirito, direttamente. E questo è il fondamento su cui poggiamo.

 

         Quanto a tutti coloro che non erano presenti, che non hanno imparato in questo modo, noi crediamo a quanto ci dicono non a motivo della loro opinione personale, ma perché fondano le proprie affermazioni sulla testimonianza degli apostoli. Infatti la Rivelazione è stata fatta agli apostoli... a loro è stato rivelato, per mezzo dello Spirito Santo, ciò che gli uomini non potevano né insegnare, né sapere.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - LODI giovedi

 

 

LIBRO di VITA

 

 

Capitolo Nel cuore della città § 135

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

La Città di Dio, §14, 28

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

  

« Alla vista della città, Gesù pianse su di essa »

di Sant’Agostino nel quinto secolo

  


         Due amori dunque diedero origine a due città, alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza per Iddio, alla celeste l'amore a Dio fino all'indifferenza per sé. Inoltre quella si gloria in sé, questa nel Signore. Quella infatti esige la gloria dagli uomini
(Gv 5,44), per questa la più grande gloria è Dio testimone della coscienza. Quella leva in alto la testa nella sua gloria, questa dice a Dio: “Tu sei la mia gloria anche perché levi in alto la mia testa” (Sal 3,4). In quella domina la passione del dominio nei suoi capi e nei popoli che assoggetta, in questa si scambiano servizi nella carità i capi col deliberare e i sudditi con l'obbedire. Quella ama la propria forza nei propri eroi, questa dice al suo Dio: “Ti amerò, Signore, mia forza” (Sal 17,2).

 

        Quindi nella città terrena i suoi filosofi, che vivevano secondo l'uomo, hanno dato rilievo al bene o del corpo o dell'anima o di tutti e due. Coloro poi che poterono conoscere Dio, “non lo adorarono e ringraziarono come Dio, si smarrirono nei propri pensieri e fu lasciato nell'ombra il loro cuore stolto... Così si asservirono nel culto alla creatura anziché al Creatore che è benedetto per sempre” (Rm 1,21-25). Nella città celeste invece l'unica filosofia dell'uomo è la religione con cui Dio si adora convenientemente, perché essa attende il premio nella società degli eletti, non solo uomini ma anche angeli, “affinché Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

 

Gesù a mensa con i farisei

di Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo

 

 

         Il Creatore eterno e invisibile del mondo, accingendosi a salvare il genere umano che si trascinava lungo i secoli sottomesso alle dure leggi della morte, “ultimamente, in questi giorni” (Eb 1,2) si degnò di farsi uomo..., per riscattare nella sua clemenza coloro che nella sua giustizia aveva condannato. Per mostrare quanto fosse profondo il suo amore per noi, non si è semplicemente fatto uomo, bensì uomo povero e umile, affinché, avvicinandosi a noi nella sua povertà, ci desse di partecipare alle sue ricchezze (2 Cor 8,9). Per questo accettava di recarsi ai pranzi ai quali era invitato, non perché avesse una passione per i pranzi, bensì per insegnarvi la salvezza e suscitarvi la fede. Lì, colmava i conviti di luce con i suoi miracoli. Lì, i servi, che erano occupati a casa e non avevano la libertà di andare presso di lui, udivano la parola della salvezza. Infatti, non disprezzava nessuno, nessuno era indegno del suo amore perché “ha compassione di tutti, ama tutte le cose esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato” (Sap 11,24).

         Per compiere la sua opera di salvezza, il Signore entrò dunque nella casa di uno dei capi dei farisei un sabato. Gli scribi e i farisei lo osservavano per poter accusarlo di violare la Legge nel caso in cui avesse guarito l’idropico che stava davanti a lui, e se non lo avesse guarito, di accusarlo di empietà o di debolezza... Nella luce purissima della sua parola di verità, vedono svanire tutte le tenebre della loro menzogna.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

Sul sacramento dell’altare, 3, 2 ; SC 94, 517

 

 

Verso il sabato pieno

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

         Mosè disse: “Il giorno di sabato vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore” (Es 31, 15). Il Signore ama il riposo; ama riposarsi in noi, di modo che noi riposiamo in lui. Ma c’è un riposo del tempo  futuro di cui sta scritto: “Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche” (Ap 14, 13). E c’è un riposo del tempo presente, di cui ha detto il profeta: “Cessate di fare il male” (Is 1, 16).

 

         Si giunge al riposo del tempo futuro praticando le sei opere di misericordia che sono enumerate nel vangelo dove è detto: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”  (Mt 25, 35)... Infatti “ci sono sei giorni in cui si deve lavorare” (Lc 13,14), poi viene la notte, cioè la morte, quando nessuno può più operare (Gv 9, 4). Dopo questi sei giorni, viene il sabato: quando tutte le opere buone sono compiute, giunge il riposo delle anime.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

IL SIGNORE CONDUCE AL PENTIMENTO TUTTI GLI UOMINI

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Tutti gli uomini e tutti gli spiriti che cercano con umiltà la gloria di Dio e non la propria, e che lo seguono con fede e amore, appartengono a un’unica famiglia. E tuttavia Dio è pieno di misericordia a paziente anche con i cattivi e gli dà tempo di pentirsi e di correggersi.

 

         Fu scelto Abramo, pio e fedele servo del Signore, cui fu preannunziato il mistero del Figlio di Dio, perché i credenti di tutti i popoli, imitando la sua fede, fossero considerati suoi figli per tutte le generazioni. Da lui nacque quel popolo che avrebbe adorato l’unico vero Dio, creatore del cielo e della terra. E in quel grande popolo con maggior evidenza era raffigurata la Chiesa. Era infatti una moltitudine di gente carnale, che onorava Dio solo per i benefici materiali. Ma v’erano anche alcuni tra loro che pensavano alla pace futura e cercavano la patria celeste; a essi fu rivelata in profezia la futura umiliazione di Dio, il nostro re e Signore Gesù Cristo, onde, per tale fede, fossero purificati da ogni superbia e da ogni colpa. Non soltanto le parole, ma anche la vita le nozze, i figli e le azioni di quegli uomini che precedettero la nascita del Signore furono una profezia di questo tempo in cui, per la fede nella Passione di Cristo, viene radunata la Chiesa da tutte le genti. E in tutto venivano raffigurati quei misteri spirituali che si riferiscono a Cristo e alla Chiesa: della Chiesa erano membri anche quei santi che vissero su questa terra prima che Cristo Signore nascesse secondo la carne.

 

XXXA settimana Tempo Ordinario - VESPRI

 

 

 

“Egli offrì se stesso per noi”

di S. Fulgenzio di Ruspe, nel IV sec.

 

  

         Nei sacrifici delle vittime materiali, che la stessa santissima Trinità, solo vero Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento, comandava venissero offerti dai nostri padri, veniva prefigurato il graditissimo dono di quel sacrificio con cui l’unico Figlio di Dio avrebbe offerto misericordiosamente se stesso per noi. Egli, infatti, secondo l’insegnamento dell’Apostolo “ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5, 2). Egli, vero Dio e vero pontefice, è entrato per noi nel santuario non con il sangue di tori e di capri ma con il suo sangue. E questo stava a significare quel pontefice che ogni anno entrava nel Santo dei santi con il sangue delle vittime.

 

         Questi è dunque colui che in sé solo offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote, sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo riconciliati, tempio in cui veniamo riconciliati. Tuttavia come sacerdote, sacrificio e tempio era uomo e solo, perché Dio operava queste cose in quanto uomo. Invece come Dio non era una Persona sola perché il Verbo realizzava le medesime cose con il Padre e lo Spirito Santo.

 

         Credi dunque con fede saldissima e non dubitare affatto che lo stesso Unigenito Dio, Verbo fatto uomo, si è offerto per noi in sacrificio e vittima a Dio in odore di soavità; a lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo, al tempo dell’Antico Testamento venivano sacrificati animali dai patriarchi, dai profeti e dai sacerdoti; e a lui, ora, cioè al tempo del Nuovo Testamento, con il Padre e lo Spirito Santo con i quali è un solo Dio, la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire in ogni parte della terra il sacrificio del pane e del vino nella fede e nell’amore.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - U.R Domenica

 

 

 

« Mi vuoi bene ?... Pasci le mie pecorelle »

San Giovanni Crisostomo   (circa 345-407, vescovo d’Antiochia  poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa) nel quarto secolo

 

  

            Imitiamo la virtù degli apostoli, e non gli saremo inferiori in nulla. Infatti non i loro miracoli li hanno fatti apostoli, bensì la santità della loro vita. A questo riconosciamo un discepolo di Cristo. Questo segno ci è stato chiaramente accennato dal Signore. Quando egli ha voluto tracciare il ritratto dei suoi discepoli e rivelare il segno che avrebbe distinto i suoi apostoli, ha detto : « Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli ». Sarà forse a causa dei prodigi che essi avrebbero operato ? a causa dei morti che essi avrebbero risuscitati ?  Niente affatto ! Da cosa allora ? «  Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » (Gv 13,35).

 

            Ora l’amore non è questione di miracoli, ma semplicemente di virtù. « Pieno compimento della legge è l’amore » (Rm 13,10)… Abbiate dunque l’amore in voi e sarete tra gli apostoli, anzi nei primi posti tra di loro ! « Se mi ami, dice Gesù a Pietro, pasci le mie pecorelle ». Ancora qui, notate bene, è la virtù ad essere stata valorizzata : lo zelo, la compassione, la fatica del comandamento, l’abnegazione, l’oblio del proprio interesse, la preoccupazione della carica pastorale, tutto ciò è il frutto della virtù, dell’amore ; non dei miracoli o dei prodigi, bensì dell’amore.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Domenica

                                                                        

Discorsi, 39 ; CCL 9A, 169-170

 

 La legge nuova delle Beatitudini

di San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

  

 

         Occorreva che la legge nuova fosse proclamata su un monte, dato che la legge di Mosè era stata data su un monte. Una consiste in dieci comandamenti destinati a formare gli uomini in vista della condotta della vita presente, l’altra consiste in otto beatitudini, perché conduce coloro che la seguono alla vita eterna e alla patria celeste.

 

         « Beati i miti, perché erediteranno la terra ». Occorre dunque essere miti, pacifici e sinceri di cuore ; il Signore mostra chiaramente che il merito di tali uomini non è di poco conto dicendo : « Erediteranno la terra ». Si tratta senza dubbio di quella terra di cui sta scritto : « Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi » (Sal 26,13). L’eredità di quella terra, è l’immortalità del corpo e la gloria della risurrezione eterna. Infatti la mitezza ignora la superbia, non conosce la vanteria, non conosce l’ambizione. Perciò, altrove, il Signore esorta non senza ragione i suoi discepoli dicendo : « Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime » (Mt 11,29).

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Lc 14, 15-24

 Sul Vangelo di Luca, 7, 202-203 ; SC 52, 84

 

  

 Spingili a entrare, perché la mia casa si riempia

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

          Gli invitati si scusano, mentre il Regno non è chiuso per nessuno, al di là di colui che esclude se stesso con la sua parola. Nella sua clemenza, il Signore invita tutti, ma ci tiene fuori la nostra vigliaccheria o il nostro smarrimento. Colui che preferisce comprare un campo, è estraneo al Regno; nel tempo di Noè, quelli che compravano e vendevano sono stati inghiottiti nel diluvio (Lc 17,28)... Lo stesso dicasi per colui che si scusa perché prende moglie; infatti sta scritto: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26)...

 

         Perciò, dopo il disdegno superbo dei ricchi, Cristo si rivolge verso i pagani; fa entrare i buoni e i cattivi, per fare crescere i buoni, per migliorare le disposizioni dei cattivi... Invita i poveri, gli infermi, i ciechi, il che ci mostra che l’infermità fisica non esclude nessuno dal Regno, oppure che l’infermità dei peccati viene guarita dalla misericordia del Signore...

 

         Manda dunque a cercare per le strade, perché “la sapienza grida per le strade” (Pr 1,20). Manda per le piazze, perché ha detto ai peccatori di lasciare le vie spaziose per raggiungere la via angusta che conduce alla vita (Mt 7,3). Manda per le vie e lungo le siepi, perché sono capaci di giungere al regno dei cieli coloro che, senza essere trattenuti dai beni presenti, si affrettano verso i beni a venire, incamminati sulla via della buona volontà..., opponendo il baluardo della fede alle tentazioni del peccato.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedi

Lc 14, 15-24

Sul sacramento dell'altare :

 PL 204, 691 (trad. Ora dell’Ascolto)

 

 

 Beato chi mangerà il pane nel Regno di Dio

Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

          Il salmista dice : « Il vino allieta il cuore dell’uomo e il pane sostiene il suo vigore » (Sal 103, 15). Per quanti credono in lui, il Cristo è cibo e bevanda, pane e vino ; è cibo e pane perché irrobustisce e consolida secondo la parola di Pietro : « E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza, vi confermerà e vi renderà forti e saldi » (1 Pt 5, 10). È bevanda e vino perché rende lieti, secondo la parola del profeta : « Rallegra la vita del tuo servo, perché a te, Signore, innalzo l’anima mia » (Sal 85, 4).

Quanto vi è in noi di forte, valido e costante, la gioconda letizia con cui osserviamo i comandamenti di Dio, sopportiamo le sofferenze, obbediamo e lottiamo per la giustizia : tanta forza e tanto coraggio ci vengono da quel pane, la gioia da quella bevanda.

Beati coloro che agiscono con fortezza e gioia ! E poiché nessuno può farlo con le sue sole forze, beati coloro che bramano ardentemente ciò che è giusto e onesto, e di essere in tutto confortati e allietati da colui che dice : « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia » (Mt 5, 6). Che se Cristo è pane e bevanda che fortifica e allieta i giusti nella vita presente, quanto più sarà nel futuro la fonte della loro beatitudine eterna !

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 14, 25-33

 Omelie spirituali

 

 

Offrirci a lui totalmente

San Macario nel quarto secolo

 

 

         Com’è possibile che, malgrado tanti incoraggiamenti e tante promesse da parte del Signore, rifiutiamo di offrirci a lui totalmente e senza riserva, di rinunciare a ogni cosa e perfino alla nostra vita, secondo il Vangelo (Lc 14, 26), per amare lui solo, e nient’altro insieme con lui?

 

         Considera quanto è stato fatto per noi: quale gloria ci è stata data, quanti interventi ha predisposto il Signore, in vista della salvezza, dai padri ed i profeti, quante promesse, quante esortazioni, quanta compassione da parte del nostro Maestro fin dalle origini! Alla fine, egli ha manifestato la sua indicibile benevolenza nei nostri confronti, venendo dimorare con noi e morendo sulla croce per convertirci e ricondurci alla vita. E noi, non lasciamo da parte la nostra volontà propria, l’amore del mondo, le nostre predisposizioni e abitudini cattive, mostrando così quanto siamo uomini di poca fede, anzi senza fede alcuna!

 

         Eppure, vedi come, malgrado tutto questo, Dio si mostra pieno di una dolce bontà. Ci protegge e ci cura invisibilmente. Malgrado le nostre colpe, non ci abbandona definitivamente alla malvagità e alle illusioni del mondo; nella sua grande pazienza, ci impedisce di perire e aspetta, da lontano, il momento in cui ci volgeremo verso di lui.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 14, 25-33

Conferenze 3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1780)

 

Rinunciare a tutti i propri averi

Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

         Ora dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei Padri e come afferma l’autorità della sacra Scrittura sono tre... Con la prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del mondo, con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e passioni dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere la nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per contemplare e desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E tutte e tre queste rinunzie devono essere attuate contemporaneamente, come leggiamo che ordinò il Signore ad Abramo dicendogli: “Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1).

 

         Prima disse: “Dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo mondo e alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua parentela”, rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai vizi del passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci fossero affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo padre”, cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che hai sotto gli occhi...

 

Fissiamo lo sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

                                                                       Lc 15, 1-10

 Discorsi, 168, 4-6 ; CCL 24 B, 1032

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1821)

  

 

Dio in cerca di una sola pecora per la salvezza di tutti

di San Pietro Crisologo nel quinto secolo



                   Quando ritroviamo le cose perdute, proviamo sempre un nuovo e immenso gaudio; ed è gioia più grande per noi ritrovare ciò che avevamo smarrito che non aver mai perduto quanto era ben conservato. Ma questa parabola parla più della divina misericordia che del nostro procedere umano. Abbandonare le cose grandi, amare le piccole, è proprio della potenza divina e non della cupidigia umana: poiché Dio dà l’esistenza alle cose che non sono e va in cerca delle cose perdute, senza abbandonare quelle che ha lasciato; e ritrova le perdute senza perdere quelle che erano custodite.

 

         Non è un pastore terreno, ma celeste, e questa parabola non presenta vicende umane, ma adombra misteri divini; ciò appare dallo stesso numero che cita quando dice: “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una”ecc.... Vedete che questo pastore ora si è addolorato per la perdita di una sola pecora come se tutto il gregge si fosse sviato e così, lasciate le novantanove pecore, una sola insegue, una sola ricerca, per ritrovare tutte in quell’unica e redimere tutte in quella sola.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedi

Lc 15, 1-10

Commento sul Vangelo di Luca, 7, 207-209

 

 

 

Le tre parabole della misericordia

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Non senza motivo, san Luca ci presenta di seguito tre parabole : la pecora che si era smarrita ed è stata ritrovata, la dramma che una aveva perduta, poi ritrovata, il figlio prodigo morto, poi tornato in vita. Cosicché, sollecitati da questo triplice rimedio, curiamo le nostre ferite. Chi sono questo padre, questo pastore, questa donna ? Non sono forse Dio Padre, Cristo, la Chiesa ? Cristo ha preso su di lui i tuoi peccati, ti porta nel suo corpo ; la Chiesa ti cerca ; il Padre ti accoglie. Come un pastore, ti riporta ; come una madre, ti ricerca ; come un Padre, ti riveste. Prima la misericordia, poi l’assistenza, infine, la riconciliazione.

 

         Ogni dettaglio conviene a ciascuno : il Redentore viene in aiuto, la Chiesa assiste, il Padre si riconcilia. La misericordia dell’opera divina è la stessa, ma la grazia cambia a seconda dei nostri meriti. La pecora stanca è riportata dal pastore, la dramma perduta è ritrovata, il figlio ritorna sui propri passi verso suo padre, e torna pienamente pentito da uno smarrimento che condanna…

 

         Rallegriamoci quindi che questa pecora, che era perita in Adamo sia rialzata in Cristo. Le spalle di Cristo sono le braccia della croce ; lì, ho posato i miei peccati, lì sul nobile legno di questa croce ho riposato.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

LIBRO di VITA

 

Cap. “povertà” § 94

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì


Scritto autobiografico B, 4r° 

 

  

Il buon uso del denaro

di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto

 

  

Gesù, lo so bene, l'amore si paga soltanto con l'amore, perciò ho cercato, ho trovato sollievo rendendoti amore per amore. «Usate le ricchezze che rendono ingiusti, per farvi degli amici i quali vi ricevano nei tabernacoli eterni» (Lc 16,9). Ecco, Signore, il consiglio che tu dai ai tuoi discepoli dopo aver detto loro che «i figli delle tenebre sono più abili nelle loro faccende che i figli della luce». Figlia della luce, ho capito che i miei desideri di esser tutto, di far mie tutte le vocazioni, sono ricchezze che potrebbero rendermi ingiusta, allora le ho usate per farmi degli amici. Ricordando la preghie­ra di Eliseo al padre suo Elia quando osò chiedergli « il suo duplice spirito » (2 R 2,9), mi sono presentata dinanzi agli angeli e ai santi, e ho detto loro: «Sono la creatura più piccola, conosco la mia miseria e la mia debolezza, ma so anche quanto piaccia ai cuori nobili, generosi, far del bene, perciò, vi supplico, Beati abitanti del Cielo, vi supplico di adottarmi come figlia; tutta vostra sarà la gloria che mi farete acquistare, ma degnatevi di esaudire la mia preghiera, è temeraria, lo so, tuttavia oso chiedervi di ottenermi il vostro duplice amore. »

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 16, 9-15

  Moralia, 34

 

  

 Nessuno servo può servire a due padroni

di San Gregorio Magno nel settimo secolo

 

  

         Volere mettere la propria speranza e la propria fiducia nei beni passeggeri, è volere porre delle fondamenta nell’acqua corrente. Tutto passa: Dio resta. Attaccarsi al transitorio, è staccarsi dal perenne. Chi dunque, spazzato dai vortici impetuosi di una rapida, può rimanere fisso al suo posto, nel torrente impetuoso? Se dunque vogliamo rifiutare di essere portati via dalla corrente, dobbiamo sfuggire tutto ciò che scorre; altrimenti l’oggetto del nostro amore ci costringerà ad arrivare a ciò che precisamente vogliamo evitare. Chi si attacca a dei beni transitori sarà sicuramente trascinato fino al punto in cui  derivano queste cose alle quali si attacca.

 

         La prima cosa è dunque guardarsi dall’ amare i beni materiali; la seconda, non mettere tutta la nostra fiducia in questi beni che ci sono affidati per usarne, non per goderne. L’anima attaccata a questi beni che passano perde velocemente la propria stabilità. La corrente della vita presente trascina colui che porta, ed è illusione folle, per colui che è trascinato da questa corrente, volere tenervisi in piedi.

 

XXXIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

 

Egli offrì se stesso per noi

di S. Fulgenzio di Ruspe, nel quarto secolo

 

 

         Nei sacrifici delle vittime materiali, che la stessa santissima Trinità, solo vero Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento, comandava venissero offerti dai nostri padri, veniva prefigurato il graditissimo dono di quel sacrificio con cui l’unico Figlio di Dio avrebbe offerto misericordiosamente se stesso per noi. Egli, infatti, secondo l’insegnamento dell’Apostolo “ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (Ef 5, 2). Egli, vero Dio e vero pontefice, è entrato per noi nel santuario non con il sangue di tori e di capri ma con il suo sangue. E questo stava a significare quel pontefice che ogni anno entrava nel Santo dei santi con il sangue delle vittime.

 

         Questi è dunque colui che in sé solo offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote, sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo riconciliati, tempio in cui veniamo riconciliati. Tuttavia come sacerdote, sacrificio e tempio era uomo e solo, perché Dio operava queste cose in quanto uomo. Invece come Dio non era una Persona sola perché il Verbo realizzava le medesime cose con il Padre e lo Spirito Santo.

 

         Credi dunque con fede saldissima e non dubitare affatto che lo stesso Unigenito Dio, Verbo fatto uomo, si è offerto per noi in sacrificio e vittima a Dio in odore di soavità; a lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo, al tempo dell’Antico Testamento venivano sacrificati animali dai patriarchi, dai profeti e dai sacerdoti; e a lui, ora, cioè al tempo del Nuovo Testamento, con il Padre e lo Spirito Santo con i quali è un solo Dio, la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire in ogni parte della terra il sacrificio del pane e del vino nella fede e nell’amore.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Dai «Discorsi», vescovo

(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)

 

 

 

Rallegratevi nel Signore, sempre

di sant'Agostino nel quinto secolo

 

 

     L'Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. «Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.

     Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.

     Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).

      Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»? (Fil 4, 5-6).

      E' una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?

     Tutto il genere umano è quell'uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.

     «Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l'Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L'unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.

     Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell'eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4)

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Lettere, 112

 giugno (In l' Ora dell'Ascolto p. 1701)

Mc 12,38-44

 

  

Ha dato tutto quello che aveva

di Sant’Anselmo d’Aosta nel undicesimo secolo

  

         In cielo tutti insieme con Dio saranno un solo re e come un sol uomo, perché tutti vorranno una cosa sola e ciò che vorranno si realizzerà. Dal cielo Dio proclama che tutto questo è in vendita.

 

         Se uno domanda a quale prezzo, gli vien risposto: non ha bisogno di un compenso terreno chi vuol dare il Regno del cielo, né alcuno può dare a Dio ciò che non possiede, perché tutto ciò che esiste appartiene a lui. D’altra parte Dio non dà del tutto gratuitamente una cosa di tanto valore, perché non la dà a chi non ama. Nessuno infatti dà ciò che ha di più caro a chi non l’ama. Dio quindi non ha bisogno di qualcosa di tuo, né deve dare una cosa tanto grande a chi non si cura di amarla; non cerca che l’amore, senza il quale non è tenuto a dare nulla. Dagli dunque l’amore e otterrai il regno: ama ed avrai... Ama Dio più di te stesso e già comincerai ad avere su questa terra quanto vuoi avere perfettamente in cielo.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Contro le eresie, libro IV, 14,1 ; SC 100, 537

(In l'Ora dell'Ascolto p.294)   

 

 

 Vieni e seguimi

Sant’Ireneo di Lione secondo secolo

 

         Per aver seguito la Parola di Dio, cioè la sua chiamata, spontaneamente e liberamente nella generosità della sua fede, Abramo è divenuto l’amico di Dio (Gc 2,23). Non a motivo di una qualsiasi indigenza il Verbo di Dio si è acquistato l’amicizia di Abramo, essendo lui perfetto fin da principio ; « Prima che Abramo fosse, Io sono » disse (Gv 8,58). Era invece perché lui che è buono, potesse concedere ad Abramo la vita eterna… Infatti l’amicizia di Dio concede l’immortalità a quanti vi si dispongono debitamente… In principio Dio plasmò Adamo, non perché avesse bisogno dell’uomo, ma per aver qualcuno su cui effondere i suoi benefici…

 

         Egli ci domandò di seguirlo non perché avesse bisogno del nostro servizio, ma per dare a noi stessi la salvezza. Seguire il Salvatore, infatti, è partecipare della salvezza, come seguire la luce significa essere circonfusi di chiarore. Chi è nella luce non è certo lui a illuminare la luce e a farla risplendere, ma è la luce che rischiara lui e lo rende luminoso… Dio accorda i suo benefici a coloro che lo servono per il fatto che lo servono, e a coloro che lo seguono per il fatto che lo seguono, ma non ne trae alcuna utilità.

 

         Dio ricerca il servizio degli uomini per avere la possibilità, lui che è buono e misericordioso, di riversare i suoi benefici su quelli che perseverano nel suo servizio. Mentre Dio non ha bisogno di nulla, l’uomo ha bisogno della comunione con Dio. La gloria dell’uomo consiste nel perseverare al servizio di Dio. E per questo il Signore diceva ai suoi discepoli : « Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi » (Gv 15,10), mostrando così che… per il fatto che seguivano il Figlio di Dio, erano da lui glorificati. E ancora : « Voglio che siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria » (Gv 17,24).

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 17,7-10

 

 

Nessuna opera vale senza la carità

di Sant’Agostino, nel quinto secolo.

 

 

         Vedete le opere grandi che la superbia compie: fate bene attenzione come esse siano tanto simili e quasi pari a quelle della carità. La carità offre cibo all’affamato, ma lo fa anche la superbia: la carità fa questo, perché venga lodato il Signore; la superbia lo fa per dare lode a se stessa. La carità veste un ignudo e lo fa anche la superbia; la carità digiuna, ma digiuna anche la superbia; la carità seppellisce i morti, ma li seppellisce anche la superbia. Tutte le opere buone che la carità vuole fare e fa, ne mette in moto, all’opposto, altrettante la superbia e le mena attorno come suoi cavalli.

 

         La divina Scrittura, dunque, da questa ostentazione esteriore c’invita a tornare in noi stessi; a tornare nel nostro intimo da questa superficialità che fa sfoggio di sé innanzi agli uomini. Torna all’intimo della tua coscienza, interrogala. Non guardare ciò che fiorisce di fuori, ma quale sia la radice che sta nascosta in terra. Ha preso radici in te la cupidità del denaro? Può darsi che ci sia un’apparenza di opere buone, ma opere veramente buone non potranno esserci. Ha preso radici dentro di te la carità? Sta’ sicuro, nessun male ne può derivare. Il superbo accarezza, l’amore castiga. L’uno riveste, l’altro colpisce. Il superbo dona dei vestiti per piacere agli uomini: chi possiede l’amore invece colpisce per correggere con la disciplina. Si riceve di più dal castigo che proviene dall’amore, che dall’elemosina che proviene dalla superbia. Ritornate in voi stessi, o fratelli. In tutte le cose che voi fate, guardate a Dio come vostro testimone. Vedete con quale animo agite, dal momento che egli vi vede. Se il vostro cuore non vi accusa che agite a motivo di superbia, orbene, state sicuri. Non temete, quando agite bene, che altri vi vedano. Temi invece di agire allo scopo di essere lodato. Gli altri ti vedano ma ne lodino il Signore. Se ti nascondi agli occhi dell’uomo, ti nascondi in realtà all’imitazione dell’uomo e sottrai la lode dovuta a Dio.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Dalle «Regole più ampie»,(Risp. 2, 2-4; PG 31, 914-915)

 

 

 

Cosa daremo in cambio al Signore per tutto quello che ci dà?

di san Basilio il Grande

 

 

 

         Quale lingua potrebbe mettere nel dovuto risalto i doni di Dio? Il loro numero infatti è così grande da sfuggire a qualunque elenco. La loro grandezza, poi, è tale e tanta, che già uno solo di essi dovrebbe stimolarci a ringraziarne senza fine il donatore. Ma c'è un favore che, pur volendolo, non potremo in nessun modo passare sotto silenzio. Non potrebbe infatti essere ammissibile che una persona qualsiasi, fornita di mente sana e capace di riflessione, non facesse parola alcuna, sia pure molto al di sotto del dovere, dell'insigne beneficio divino, che stiamo per ricordare. Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Lo fornì di intelligenza e di ragione a differenza di tutti gli altri viventi della terra. Gli diede la facoltà di deliziarsi della stupenda bellezza del paradiso terrestre. E finalmente lo costituì sovrano di tutte le cose del mondo. Dopo l'inganno del serpente, la caduta nel peccato e, per il peccato, nella morte e nelle tribolazioni, non abbandonò la creatura al suo destino. Le diede invece in aiuto la legge, a protezione e custodia gli angeli e inviò i profeti per correggere i vizi e insegnare la virtù. Con minacce di castighi represse ed estirpò l'irruenza del male. Stimolò con le promesse l'alacrità dei buoni.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 17, 11-19

Prima regola, 23

 

 Tornare a rendere gloria a Dio

San Francesco d’Assisi nel tredicesimo secolo

 

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore, re del cielo e della terra,

per te stesso ti rendiamo grazie,

perché per la tua santa volontà,

e mediante il Figlio tuo unico con lo Spirito Santo,

hai creato tutte le cose, spirituali e corporali.

E noi, fatti a tua immagine e somiglianza, hai posto in paradiso ;

e noi, per colpa nostra, siamo caduti.

 

Ti rendiamo grazie perché,

come tu ci hai creati per mezzo del Figlio tuo,

così, nel santo amore con cui ci hai amati,

hai fatto nascere tuo Figlio, vero Dio e vero uomo,

dalla gloriosa sempre Vergine Beatissima santa Maria,

e, mediante la sua croce, il suo sangue e la sua morte,

hai voluto riscattarci dalla nostra schiavitù.

 

E ti rendiamo grazie perché lo stesso tuo Figlio

tornerà nella gloria della sua maestà,

per mandare i reprobi  che hanno rifiutato di pentirsi e di riconoscerti,

nel fuoco eterno

e per dire a tutti coloro che ti conobbero,

adorarono e servirono nella penitenza :

« Venite, benedetti del Padre mio, entrate in possesso del

regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo » (Mt 25, 34).

 

Noi tutti, miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti ;

supplici, ti preghiamo,

che il nostro Signore Gesù Cristo,

il Figlio tuo prediletto in cui ti sei compiaciuto,

con lo Spirito Santo Paraclito,

ti renda grazie, lui stesso, per tutto, come a te, e a lui, piace

lui che sempre ti basta in tutto,

e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia !

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 17, 20-25

 Sulla preghiera, 25 ; PG 11, 495-499

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2228)

 

  

 Il regno di Dio è in mezzo a voi e dentro di voi

di Origene nel terzo secolo

 

 

         “Il regno di Dio” secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, “non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là. Il regno di Dio è in mezzo a voi”, poiché “assai vicina è la sua parola, sulla nostra bocca e nel nostro cuore” (Dt 30,14). Perciò, senza dubbio, chi prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che abita in loro. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell’affermazione: “Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

         Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’apostolo del Cristo. Quando cioè “egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto i tutti” (1 Cor 15,28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: “Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno” (Mt 6,9).

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 17, 20-25 

 Gaudium et spes, 38

 

 

 

« Il Regno di Dio è in mezzo a voi »

 dalla Costituzione “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano II

 

          Con la sua risurrezione costituito Signore, egli il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito ; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari : alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità ; altri li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare attraverso tale loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio.

 

         « Fa’ fruttare in noi, Signore, l’eucaristia che ci ha radunati : con essa formi in noi fin d’ora, attraverso la vita di quaggiù, l’amore con cui ti ameremo eternamente. »

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Lc 17, 26-37

omelia 11 sul Cantico dei cantici

 

  

 Mangiavano, bevevano, compravano, vendevano

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

 

         Il Signore ha fatto grandi raccomandazioni ai suoi discepoli perché il loro spirito scuotesse come la polvere quanto vi è di terreno nella natura e così giungesse al desiderio delle realtà soprannaturali ; secondo una di queste raccomandazioni, coloro che si indirizzano verso la vita di lassù devono essere più forti del sonno e tenere sempre vigilante il loro spirito… Voglio parlare di quella sonnolenza suscitata in coloro che si sono sprofondati nella menzogna della vita a causa di quei sogni illusori che sono gli onori, le ricchezze, il potere, il fasto, il fascino dei godimenti, l’ambizione, la sete dei piaceri, la vanità e tutto ciò che l’immaginazione porta gli uomini superficiali a perseguire follemente. Queste sono tutte cose che passano con la natura effimera del tempo ; appartengono alla sfera dell’apparire… ; appena sembra che esistano già scompaiono, come le onde sul mare…

 

         Perché il nostro spirito sia libero da queste illusioni, il Verbo ci invita a scuotere dagli occhi della nostra anima questo sonno profondo, affinché non scivoliamo lontani dalle realtà vere, attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Per questo ci propone la vigilanza dicendo : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12,35). Infatti la luce, brillando davanti agli occhi, caccia il sonno, e i fianchi stretti nella cintura impediscono al corpo di cedere ad esso… Chi ha la temperanza come cintura vive nella luce di una coscienza pura ; la fiducia filiale illumina la sua vita come una lampada… Se vivremo in questo modo, entreremo in una vita simile a quella degli angeli.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 17, 26-37

Regola, Prologo, 8-22

 

 Svégliati, o tu che dormi 

San Benedetto nel sesto secolo

 

 

Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della Scrittura che esclama: « E' ora di scuotersi dal sonno! » (Rm 13, 11).

          E aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio:  « Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore! » (Sal 94, 8). E ancora: « Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese! » (Ap 2, 7). E che dice? « Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore di Dio. » (Sal 33, 12) « Correte, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le tenebre della morte » (Gv 12, 35).

 

Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo: « Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici? » (Sal 333, 13). Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà: « Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila » (Sal 33, 14-15).

         Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, « prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!" » (Is 58, 9).

 

Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama? Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita! Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno. (1 Tes 2, 12). Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Discorsi ascetici, 1a  parte, n° 21

 

 

 Crea in me, o Dio, un cuore puro 

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

         E stato detto che solo l’aiuto di Dio salva. Chi sa di non avere più nessun soccorso, prega molto. E quanto più prega, tanto più il suo cuore diventa umile. Infatti uno non può pregare e chiedere, se non è umile. « Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi » (Sal 50,19). Infatti, finché il cuore non si sarà fatto umile, gli sarà impossibile sfuggire dalla dispersione ; l’umiltà raccoglie il cuore.

 

         Quando l’uomo si è fatto umile, subito viene circondato dalla compassione e il suo cuore allora sente il soccorso divino. Scopre una forza che sale dentro di lui, la forza cioè della fiducia. Quando l’uomo sente così il soccorso di Dio, quando sente che egli è presente e viene in suo aiuto, subito il suo cuore è colmo di fede, e capisce allora che la preghiera è il rifugio del soccorso, la fonte della salvezza, il tesoro della fiducia, il porto libero dalla tempesta, la luce di coloro che sono nelle tenebre, il sostegno dei deboli, il sollievo nel tempo delle prove, l’aiuto in mezzo alla malattia, lo scudo che libera nelle lotte, la freccia lanciata contro il nemico. In una parola, la moltitudine dei beni entra in lui mediante la preghiera. Trova dunque le sue delizie ormai nella preghiera della fede. Il suo cuore risplende di fiducia.

 

XXXIIA settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI SABATO

Dalle «Regole più ampie»,(Risp. 2, 2-4; PG 31, 914-915)

 

  

Cosa daremo in cambio al Signore per tutto quello che ci dà?

di san Basilio il Grande

  

 

         DIO non si disinteressò dell'uomo quando questo continuò ostinatamente nella sua disobbedienza. No, nella sua bontà il Signore non ci ha abbandonato nemmeno a causa della stoltezza e insolenza da noi mostrate nel disprezzare gli onori che egli ci aveva offerto e nel calpestare il suo amore di benefattore. Anzi ci ha richiamati dalla morte e restituiti a nuova vita mediante il Signore nostro Gesù Cristo. A questo punto, anche il modo con cui il beneficio è stato fatto suscita ancora maggiore ammirazione: «Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 6-7). Inoltre si caricò delle nostre sofferenze e si addossò i nostri dolori, per noi fu colpito perché per le sue piaghe noi fossimo risanati (cfr. Is 53, 4-5) e ancora ci ha riscattati dalla maledizione, divenendo egli stesso per amor nostro maledizione (cfr. Gal 3, 13), e andò incontro ad una morte oltremodo ignominiosa per ricondurre noi ad una vita gloriosa. Non si contentò di richiamarci dalla morte alla vita, ma anzi ci rese anche partecipi della sua stessa divinità e ci tiene preparata una gloria eterna che supera in grandezza qualunque valutazione umana. Che cosa dunque potremo rendere al Signore «per tutto quello che ci ha dato?» (Sal 115, 12). Egli è tanto buono da non esigere nemmeno il contraccambio: si contenta invece che lo ricambiano col nostro amore. Quando penso a tutto ciò, rimango come terrorizzato e sbigottito per timore che, a causa della mia leggerezza d'animo o di preoccupazioni da nulla, mi affievolisca nell'amore di Dio e diventi perfino motivo di vergogna e disdoro per Cristo.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Disorso Guelferbytanus 16, 1; PLS 2, 579

 

 

 

« Signore tu sai tutto ; tu sai che ti voglio bene »

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Il Signore, dopo la sua risurrezione, si presenta di nuovo ai suoi discepoli. Interroga l’apostolo Pietro, costringe a confessare il suo amore, colui che, dalla paura, lo aveva rinnegato tre volte. Cristo è risuscitato secondo la carne, e Pietro secondo lo spirito. Così come Cristo è morto soffrendo, Pietro è morto rinnegando. Il Signore Cristo, essendo risuscitato dai morti, ha risuscitato Pietro grazie all’amore che egli nutriva per lui. Ha interrogato l’amore di colui che ora lo confessava, e ha affidato a lui il suo gregge.

 

         Quale vantaggio procura a Cristo il fatto che Pietro lo ami ? Se Cristo ti ama, il profitto è per te, non per Cristo. Se tu ami Cristo, il profitto è ancora per te, non per lui. Tuttavia, il Signore volendo mostrarci come occorra che gli uomini gli diano una prova del loro amore, ce lo rivela chiaramente : amando le sue pecore.

 

         « Simone di Giovanni, mi vuoi bene ? – ti voglio bene. – Pasci le mie pecorelle. » E questo una volta, due volte, tre volte. Pietro non  dice altro che il suo amore. Il Signore non gli chiede altro che il suo amore ; non gli affida altro che le sue pecore. Amiamoci dunque gli uni gli altri, e ameremo Cristo.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Domenica

 

Discorso per l’Ascensione, 2

 

 

Il Figlio dell’uomo verrà a prenderci con lui

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21) e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza della nostra carne...

 

         Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere, nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato” (Fil 2,9). L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).

 

         Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il Figlio del Dio vivente” (Gv 6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più alto di ogni cosa, benedetto in eterno.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Libro di Vita

 

Cap.: “Umiltà” § 120

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - Vespri Martedì 17 novembre 2009

Lc 19, 1-10

 Lo specchio della beatitudine eterna

 

 

 

« Oggi devo fermarmi a casa tua »

Beato Jan Ruysbroeck nel quattordicesimo secolo

 

 

         Assomigliano a Zaccheo coloro che desiderano vedere Gesù per sapere chi egli sia, ma poiché questo non può essere afferrato da nessuna ragione né luce naturale, sono troppo piccoli di statura. Corrono dunque davanti alla folla e alla mischia. Con la fede e l’amore salgono sui loro pensieri, dove lo spirito è libero da ogni immagine e da ogni intralcio: là vedono Gesù, lo riconoscono e lo amano nella sua divinità. Infatti egli è sempre presente agli spiriti liberi e alti che, a motivo del loro amore, sono stati elevati al di là di se stessi. Là egli trabocca in una pienezza di doni e di grazie.

 

         Tuttavia dice ad ognuno di essi: “Scendi subito, perché la libertà dello spirito può mantenersi elevata soltanto grazie ad uno spirito di umile ubbidienza. Infatti occorre che tu mi conosca e mi ami in quanto Dio e in quanto uomo, nello stesso tempo esaltato al di sopra di tutto e abbassato al di sotto di tutto. In questo modo assaporerai la mia presenza, quando io ti innalzerò al di sopra di tutto e al di sopra di te stesso, in me, e quando tu ti abbasserai al di sotto di tutto e al di sotto di te stesso, con me e per me. Dovrò allora fermarmi a casa tua, starvi e dimorarvi con te e in te, e tu con me e in me.”

 

         Quando un uomo conosce questo, lo assapora e lo sperimenta, scende in fretta, ritenendosi un nulla, e dicendo con un cuore umile, deluso della sua vita e di tutte le sue opere: “Signore, non sono degno, anzi sono indegno, che entri sotto il mio tetto (Mt 8, 8), nella dimora peccatrice del mio corpo e della mia anima, il tuo corpo glorioso nel Santissimo Sacramento. Ma tu, Signore, mostrami la tua grazia e abbi pietà della mia povera vita e di tutte le sue debolezze.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

Trattato sul salmo 64 ; PL 9, 416

 

  

Tempio di Dio

Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Il Signore disse : « Questo è il mio riposo per sempre » e « qui abiterò, perché l’ho desiderato » (Sal 131, 14). Eppure Sion e il suo tempio sono stati distrutti. Dove starà il trono eterno di Dio ? Dove sarà il suo riposo per sempre ? Dove sarà il suo tempio perché egli vi abiti ? Ci risponde l’apostolo Paolo : « Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi » (1 Cor 3,16). Questa è la dimora di Dio, questo è il suo tempio : sono pieni della sua dottrina e della sua potenza. Sono il soggiorno della santità del cuore di Dio.

 

         Questa dimora tuttavia viene edificata da Dio. Se fosse costruita da mano d’uomo, non resisterebbe, e neppure se fosse fondata sulle dottrine umane. Le nostre vane fatiche e le nostre inquietudini non bastano a proteggerla. Il Signore procede ben diversamente : non l’ha fondata sulla terra, né sulle sabbie mobili ; essa poggia sui profeti e sugli apostoli (Ef 2,20) ; viene costruita senza sosta con pietre vive (1 Pt 2,5). Si svilupperà fino alle dimensioni ultime del corpo di Cristo. Senza tregua la sua edificazione prosegue : intorno ad essa si elevano numerose case che verranno radunate in una grande e beata città (Sal 121,3).

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Omelia davanti ai lavoratori lussemburghese, maggio 1985

Lc 19,11-28

 

 Lavoro umano e Regno di Dio

Del Papa Giovanni Paolo II

 

          Quando Dio creò l’umanità, maschio e femmina, disse loro : « Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela » (Gen 1,28). Questo è, per così dire, il primo comandamento di Dio, legato all’ordine stesso della creazione. Così il lavoro umano risponde alla volontà di Dio. Quando diciamo : « Sia fatta la tua volontà », possiamo ricollegare queste parole anche col lavoro che riempie tutte le giornate della nostra vita. Sappiamo che ci accordiamo a questa volontà del Creatore quando il nostro lavoro e i legami umani ai quali esso porta, sono impregnati dei valori di iniziativa, di coraggio, di fiducia, di solidarietà, che sono tutti riflessi della somiglianza divina in noi.

 

         Il Creatore ha investito l’uomo del potere di dominare la terra ; gli chiede cioè di essere padrone, con il suo lavoro, del campo che gli è stato affidato, di mettere in opera tutte le sue capacità affinché la sua personalità, e la comunità intera, giungano al loro pieno sviluppo. Con il suo lavoro, l’uomo obbedisce a Dio e risponde alla fiducia che ha in lui. Questo non è estraneo alla domanda del Padre nostro : « Venga il tuo Regno ». L’uomo agisce affinché il disegno di Dio si realizzi, consapevole di essere stato fatto a somiglianza di Dio, e quindi di aver ricevuto da lui la sua forza, la sua intelligenza, le sue disposizioni per realizzare una comunità di vita mediante l’amore disinteressato che nutre per i suoi fratelli. Tutto ciò che è positivo e buono nella vita dell’uomo si schiude e giunge al suo vero scopo nel Regno di Dio. Avete ben scelto questa parola d’ordine : « Regno di Dio, vita dell’uomo » ; infatti la causa di Dio e la causa dell’uomo sono collegate ; il mondo progredisce verso il Regno di Dio grazie ai doni di Dio che permettono il dinamismo dell’uomo. In altri termini, pregare perché venga il Regno di Dio, è tendere con tutto il suo essere alla realtà che è il fine ultimo del lavoro umano.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 19, 41-44

 

  

Il pentimento è desiderato dal Signore”

di San Clemente Primo nel secondo secolo

 

 

      Siamo sulla stessa arena e uno stesso combattimento ci attente. Lasciamo i vani ed inutili pensieri e seguiamo la norma gloriosa e veneranda della nostra tradizione. Vediamo ciò che è bello, ciò che è piacevole e gradito davanti a chi ci ha creato. Guardiamo il sangue di Gesù Cristo e consideriamo quanto sia prezioso al Padre suo. Effuso per la nostra salvezza portò al mondo la grazia del pentimento. Scorriamo tutte le generazioni e notiamo che di generazione in generazione il maestro “diede luogo al pentimento” per tutti quelli che volevano a lui rivolgersi.

 

      I ministri della grazia di Dio parlarono del pentimento per mezzo dello Spirito Santo. Anche il Signore di tutte le cose parlò del pentimento col giuramento: “Io vivo  - dice il Signore  - e non voglio la morte del peccatore, bensì la sua conversione.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 19, 41-44

 Omelie su Luca,

38,  PG 13, 1896-1898

 

« Alla vista della città, Gesù pianse su di essa »

 

Origene nel terzo secolo

 

         Quando il nostro Signore e Salvatore fu vicino a Gerusalemme, alla sua vista, pianse su di essa : « Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee »… Forse qualcuno dirà : « Il senso di queste parole è chiaro ; difatti, si sono realizzate riguardo a Gerusalemme ; l’esercito romano l’ha assediata e devastata fino allo sterminio, e verrà il tempo in cui non resterà pietra su pietra che non venga distrutta. »

 

         Non nego che Gerusalemme sia stata distrutta a causa del suo accecamento, eppure faccio la domanda : questi pianti non riguardavano forse la nostra Gerusalemme ? Infatti la Gerusalemme sulla quale Gesù pianse, siamo noi, che immaginiamo di avere uno sguardo così penetrante. Se, una volta istruito dai misteri della verità, dopo aver ricevuto la parola del vangelo e l’insegnamento della Chiesa e quando gli è stato data la visione dei misteri di Dio, uno fra di noi pecca, provocherà lamenti e pianti ; infatti non si piange sui pagani, bensì su colui che, dopo aver fatto parte di Gerusalemme, se ne è separato.

 

         Lacrime sono versate sulla nostra Gerusalemme perché a causa dei suoi peccati, « i nemici la cingeranno », cioè le forze avverse, gli spiriti cattivi. Alzeranno contro di essa trincee ; la assedieranno, e non lasceranno « pietra su pietra ». Questo succede quando, dopo una lunga continenza e più anni di castità, un uomo soccombe, vinto dalle seduzioni della carne… Ecco dunque la Gerusalemme sulla quale sono sparse le lacrime.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Lc 19, 45-48

 Lettera agli Efesini, 3-4, 9

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1735, 1744, 1750) 

 

 

 

 Sta scritto : ‘La mia casa sarà casa di preghiera’

Sant’Ignazio d’Antiochia nel secondo secolo

 

 

         Vi esorto a fare tutti uniti la volontà di Dio, perché anche Gesù Cristo agisce in tutto secondo il volere del Padre… Allo stesso modo, i vescovi, insediati fino ai confini della terra agiscono secondo il volere di Gesù Cristo. Per cui è giusto che voi seguiate le disposizioni dei vescovi, che vi guidano secondo Dio : ma questo lo fate già, istruiti con sapienza dallo Spirito Santo. Infatti il vostro collegio dei presbiteri, degno di essere nominato e della lode di Dio, è così unito al vescovo come le corde alla cetra ; perciò la vostra concordia è mutua dilezione è come un inno il cui maestro è Gesù Cristo. Ciascuno di voi si studi di far coro. Nell’armonia della concordia e all’unisono con il tono di Dio, a una voce inneggiate al Padre e al suo dilettissimo Figlio Gesù Cristo…

 

         Ci ha liberati Gesù Cristo, fondandoci sulla roccia come pietre scelte destinate al tempio di Dio Padre, elevate in alto da Cristo per noi crocifisso ; confortati dallo Spirito Santo e introdotti nella fede, siamo innalzati dalla terra al cielo per mezzo dell’amore, per una strada pura da ogni macchia… Beati dunque siete voi, tempio di Dio e dello Spirito Santo, adorni di tutte le ricchezze, secondo le parole di Gesù Cristo… Mi rallegro perciò per voi, perché non dirigete il cuore alle cose vane, né amate le opere della carne, ma le opere che sono secondo Dio.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 19, 45-48

Omelia 1 su Mt 21,12

  

I venditori del Tempio

Meister Eckhart nel quattordicesimo secolo

  

 

         “Portate via queste cose!” disse Gesù ai venditori (Gv 2,16). Sono “venditori del Tempio” coloro a cui piacerebbe essere gente perbene, guardandosi dai peccati più          grossolani, coloro che fanno opere buone, ma allo scopo che il nostro Signore dia loro qualcosa in cambio. Vogliono che Dio renda loro in cambio ciò che piace a loro; vogliono    mercanteggiare con il Signore. Ma, è sbagliato cercare di fare questo commercio. Infatti anche se dessero tutto quanto è in loro possesso, anche se sacrificassero tutto per Dio, il Signore non sarebbe tenuto a dare o a fare qualcosa a meno che egli non lo voglia gratuitamente, spontaneamente. Ciò che essi sono, lo sono grazie a Dio; ciò che hanno, lo hanno ricevuto da Dio, e non da se stessi...

         D’altrove, come potrebbero agire di propria iniziativa, quando Gesù ci dice: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5); è proprio insensato volere commerciare con Gesù, corrisponde a non sapere nulla della verità. Per questo il nostro Signore caccia i venditori dal Tempio. La luce e le tenebre non possono abitare insieme; ora Dio è luce, è verità e luce in se stesso. (...)

         Dio infatti non cerca il suo bene; in tutto caccia l’ignoranza; la Verità non sopporta alcun altro spirito, egli è sgombro e libero, egli fa tutto per amore. In questo modo agisce l’uomo unito a Dio; anche lui è, per la grazia di Cristo, sgombro e libero in tutti i suoi atti; li fa solo per l’onore di Dio e non per il proprio interesse – o piuttosto, li compie in lui. Se dunque vuoi essere totalmente sgombro dal mercantilismo spirituale, fa’ tutto per la lode di Dio, senza domandare nulla in cambio. Allora le tue opere sono spirituali, divine; solo Dio le  abita, è l’unico sul tuo orizzonte.

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

Contro le eresie, IV, 5,2 (In l'Ora dell'Ascolto p.2147)

 

 Il Dio dei viventi

Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

  

         Il Signore nostro maestro, rispondendo ai Sadducei che negavano la risurrezione e oltre a ciò offendevano Dio denigrando la Legge, conferma  la realtà della risurrezione e rende testimonianza a Dio dicendo : « Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti non avete letto quello che vi è stato detto da Dio : Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Giacobbe ? » E aggiunge : « Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi ; perché tutti vivono per lui. » Con queste parole mostrò che colui che aveva parlato a Mosè dal roveto dichiarando di essere il Dio dei padri, è il Dio dei vivi. Chi è il Dio dei vivi, se non l’unico Dio al di sopra del quale non c’è altro Dio ? Lui annunziò il profeta Daniele quando rispose a Ciro re dei Persiani… : « Io adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente » (Dn 14,23).

 

         Colui che era adorato dai profeti come Dio vivo è il Dio dei vivi, e lo è anche il suo Verbo, che parlò a Mosè, redarguì i Sadducei, donò la risurrezione e manifestò a coloro che erano ciechi due fondamentali verità : la risurrezione e la vita di Dio. Se dunque egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, allora quei padri di cui egli si è proclamato il Signore vivono certamente in lui e non sono morti, « perché sono figli della risurrezione ». Lo stesso Signore Gesù è la risurrezione, come egli stesso affermò : « Io sono la risurrezione e la vita » (Gv 11,25). E i padri sono i suoi figli, perché il profeta disse : « Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli » (Sal 44,17).

 

XXXIIIA settimana Tempo Ordinario - VESPRI sabato

Lettera Enciclica Quas Primas, 1925

 

 

« Principe della pace » (Is 9,5)

del Papa Pio XI nel ventesimo secolo

 

 

         Se gli uomini privatamente e in pubblico avranno riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente evidenti benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l'intero consorzio umano…  Che se i principi e i magistrati legittimi saranno persuasi che si comanda non tanto per diritto proprio quanto per mandato del Re divino, si comprende facilmente quale uso santo e sapiente essi faranno della loro autorità, e quale interesse del bene comune e della dignità dei sudditi prenderanno nel fare le leggi e nell'esigerne l'esecuzione.

 

Per quello poi che si riferisce alla concordia e alla pace, è manifesto che quanto più vasto è il regno e più largamente abbraccia il genere umano, tanto più gli uomini diventano consapevoli di quel vincolo di fratellanza che li unisce. E questa consapevolezza come allontana e dissipa i frequenti conflitti, così ne addolcisce e ne diminuisce le amarezze. E se il regno di Cristo, come di diritto abbraccia tutti gli uomini, anche di fatto veramente li abbracciasse, perché dovremmo disperare di quella pace che il Re pacifico portò in terra, quel Re diciamo che venne « per riconciliare tutte le cose » (Col 1,20), che non venne « per farsi servire, ma per servire gli altri » (Mt 20,28) e che, pur essendo il « Signore di tutti » (Ef 1,10), si fece esempio di umiltà, e questa virtù principalmente inculcò insieme con la carità e disse inoltre: « II mio giogo è soave e il mio peso leggero » ? (Mt 11,30)

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - UR Domenica -  Solennità di Cristo Re    

   

 

Omelia sul vangelo di Giovanni, 115

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Ascoltate dunque, Giudei e gentili… ; ascoltate, regni tutti della terra: Io non intralcio la vostra sovranità in questo mondo: « Il mio regno non è di questo mondo » (Gv 18,36). Non lasciatevi prendere dall'assurdo timore di Erode che, alla notizia della nascita di Cristo, si allarmò… « Il mio regno - dice il Signore - non è di questo mondo. » Venite nel regno che non è di questo mondo; venite credendo, e non vogliate diventare crudeli per paura. E' vero che in una profezia, Cristo, riferendosi a Dio Padre, dice: « Da lui io sono stato costituito re sopra Sion, il suo monte santo » (Sal 2, 6), ma questo monte e quella Sion, di cui parla, non sono di questo mondo.

 

Quale è infatti il suo regno se non i credenti in lui, a proposito dei quali dice: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo »? anche se egli voleva che essi rimanessero nel mondo, e per questo chiese al Padre: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal male ». Ecco perché anche qui non dice: « Il mio regno non è in questo mondo », ma dice: « Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero per me, affinché non fossi consegnato » (Gv 18,36).

Il suo regno infatti è quaggiù fino alla fine dei secoli, portando mescolata nel suo grembo la zizzania fino al momento della mietitura (Mt 13,24s)... Tuttavia, esso non è di quaggiù, perché è peregrinante nel mondo. E' precisamente agli appartenenti al suo regno che egli si riferisce quando dice: « Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo » (Gv 15,19). Erano dunque del mondo, quando ancora non facevano parte del suo regno, e appartenevano al principe del mondo (Gv 12,3). E' quindi del mondo tutto ciò che è stato generato dalla stirpe corrotta di Adamo; è diventato però regno di Dio, e non è più di questo mondo, tutto ciò che in Cristo è stato rigenerato. E' in questo modo che « Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo » (Col 1,13).

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - Vespri - Domenica - Solennità di Cristo Re    

Gv 18, 33-37

 Il Cammino di perfezione, 22

 

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Sei re per l’eternità, o mio Dio ; e il tuo regno non è un regno a prestito. Quando diciamo nel Credo che « il tuo regno non avrà fine », è raro che il mio cuore non ne provi una gioia tutta particolare. Ti lodo, Signore, ti benedico per sempre ! Infine, il tuo regno durerà in eterno. Non tollerare, Maestro mio, che quando ti si rivolge la parola, si creda che sia permesso di farlo solo con le labbra… È chiaro che non si avvicina un principe con la stessa naturalezza che si avrebbe con un paesano, o con delle povere donne come noi, con cui è sempre lecito discorrere senza complimenti.

 

         Nella mia semplicità, non so come parlare a quel divino Re. Ma la sua umiltà è così grande che egli non manca di ascoltarmi e mi permette di avvicinarmi a lui. Non mi respingono neanche i suoi custodi, poiché gli angeli che lo circondano conoscono i gusti del loro Re : sanno che la semplicità di un piccolo, totalmente umile, che ne direbbe di più – il Re lo vede bene – se ne sapesse di più, gli è più gradevole di tutti i ragionamenti scelti dei più dotti e dei più sapienti, quando manca loro l’umiltà.

 

         Tuttavia, se il nostro Re è buono, questo non è un buon motivo per noi per essere scortesi. E se fosse anche solamente per compensarlo dal fetore causato dall’approssimarsi di una persona quale sono io, è giusto che facciamo di tutto per conoscere bene la sua nobiltà e la sua grandezza. In verità, basta avvicinarsi a lui per esserne istruite… Se, figlie mie, avvicinandovi a lui, riflettete e vi domandate con chi state per parlare, o con chi già state parlando, mille vite come le nostre non basterebbero per concepire quanti riguardi merita un tale Signore, davanti al quale gli angeli tremano, lui che comanda a tutto, che può tutto e per il quale volere è fare.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI - martedì

Istruzione catechetica, 29-30

Lc 21, 5-11

 

« Odiati da tutti »

 di San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

 

         Se il dono fatto da Dio al mondo di inviargli il Figlio suo è tanto buono e degno di Dio, perché egli ha tanto differito questo suo beneficio ? Perché, mentre il male nel mondo era ancora ai suoi primordi, Dio non ha impedito il suo sviluppo ulteriore ? Conviene rispondere brevemente a questa obiezione, che è stata proprio la Saggezza, la previdenza di Dio, l’Essere buono per natura, ad avere fatto differire il beneficio. Infatti, come per le malattie fisiche i medici aspettano che il male, prima nascosto nel corpo, si manifesti apertamente, in modo che, una volta allo scoperto, essi possano applicare la cura che occorre, così, abbattutasi la malattia del peccato sulla razza umana, il Medico dell’universo aspettò finché nessuna forma di perversità rimanesse dissimulata.

 

         Perciò, non subito dopo la gelosia di Caino e l’omicidio di Abele, suo fratello, Dio ha applicato la sua cura al mondo… Ma soltanto quando il vizio giunse al suo culmine, quando gli uomini osarono assolutamente tutte le perversità, Dio si mise a curare la malattia, non più al suo inizio, ma nel suo pieno sviluppo. E così la cura divina si è potuta estendere a tutta l’infermità umana.

 

         Ma allora, perché la grazia del vangelo non si è diffusa subito a tutti gli uomini ? Certo, la chiamata divina si rivolge ugualmente a tutti, senza alcuna distinzione di condizione, di età o di razza… Ma colui che tiene nelle sue mani la libera disposizione di ogni cosa ha spinto fino in fondo il suo rispetto per l’uomo. Ha permesso che avessimo, ciascuno, il nostro campo di cui ognuno è l’unico padrone : cioè la volontà, quella facoltà che ignora la schiavitù, che rimane libera, fondata sull’autonomia della ragione. La fede dunque è messa a libera disposizione di coloro che ricevono l’annuncio del vangelo.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 21 ,5-11

 

 

RIEDIFICARE GERUSALEMME SULLA ROCCIA DI SION

di Giorgio La Pira

 

 

         Sull’orizzonte del tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. C’è una “terra promessa” al termine della navigazione faticosa della storia dell’uomo. I secoli e le generazioni nel loro corso storico, edificano, preparandola per il Cielo, la Città di Dio: edificano, preparando la Gerusalemme celeste.

 

         Certo: a vedere le cose alla superficie, questa epoca nostra – che porta al limite le sue capacità tecniche e le sue iniziative terrestri e che sembra sradicata nella terra profonda dalla grazie della preghiera – appare veramente come “epoca di esilio” pei valori supremi del Cristianesimo.

 

         Eppure: non è forse proprio in terra d’esilio, mentre le cetre sospese sui salici di Babilonia (Sl 136), che rifiorisce nell’anima di Israele prigioniero la bellezza misteriosa di Gerusalemme lontana e distrutta?

 

         Non bisogna aver paura di dirlo: la civiltà cristiana e la città cristiana sono essenzialmente civiltà monastica - città monastica nel senso che, come nel monastero, anche in esse – in ultima analisi  - tutti i valori hanno una orientazione unica e una unica finalità: Dio amato, contemplato, incessantemente lodato!

 

         Quale è, infatti, la crisi odierna – acuitasi in questi ultimi due secoli – della civiltà cristiana, della città cristiana, e della intera civiltà umana? La perdita di questo “sigillo” monastico, di questo metro monastico: disancoraggio cioè, della civiltà e della città della contemplazione e dalla liturgia dei Dio! La città staccata dal suo tempio: Gerusalemme non più centrata e difesa dalla cittadella di Sion.

 

         Come riparare? E’ così chiaro anche se così estremamente difficile e complesso: ridimensionare civiltà e città; rimisurarle col solo metro valido capace di conferire alle cose dell’uomo la bellezza, la solidità e la luminosità delle cose di Dio.

 

         Rimisurare col metro “monastico”: riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion!

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 21, 12-19

  (380), raccolta canonica e liturgica

Ripresa della Didascalia degli apostoli, testo dall’inizio del 3° secolo

 cfr. SC 329

 

« Nemmeno un capello del vostro capo perirà »

 dalle Costituzioni apostoliche nel terzo secolo

 

 

         Se siamo chiamati al martirio, dobbiamo confessare con costanza il prezioso Nome, e se per questo motivo siamo castigati, rallegriamoci perché corriamo verso l’immortalità. Se siamo perseguitati, non rattristiamoci, “non preferiamo il secolo presente”, né “la gloria che viene dagli uomini” (2 Tm 4,10; Rm 2,29), né la gloria e l’onore dei principi, come fecero certi. Ammiravano le opere del Signore ma non credevano in lui, per timore dei sommi sacerdoti e degli altri capi; infatti “amavano la gloria degli uomini più della gloria di Dio” (Gv 12,43). Nel confessare “la bella professione di fede” (1Tm 6,12), non soltanto assicuriamo la nostra salvezza, ma anche rafforziamo i nuovi battezzati e consolidiamo la fede dei catecumeni...

         Chiunque è stato ritenuto degno del martirio, si rallegri di imitare il maestro, poiché sta scritto: “Ognuno sia come il suo maestro” (Lc 6,40). Ora il nostro maestro, Gesù, il Signore, è stato colpito a causa nostra, ha sopportato pazientemente calunnie e oltraggi, è stato coperto di sputi, schiaffeggiato, pestato; dopo esser stato flagellato, è stato inchiodato sulla croce, gli hanno fatto bere l’aceto e il fiele, e dopo aver compiuto tutte le Scritture, ha detto a Dio suo Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,48). Perciò chiunque chiede di essere suo discepolo, cerchi di lottare come lui, imiti la sua pazienza, sapendo bene che..., qualunque cosa egli sopporti, sarà ricompensato da Dio se crede all’unico e solo vero Dio.

         Infatti, il Dio onnipotente ci risusciterà per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, secondo la sua promessa infallibile, insieme con tutti coloro che sono morti fin dall’inizio... Anche se moriamo in mare, anche se siamo dispersi nella terra, anche se siamo lacerati dalle bestie feroci o dai rapaci, egli ci risusciterà con la sua potenza, perché l’universo intero è tenuto nella mano di Dio: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Per questo ci esorta con queste parole: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 21, 12-19

 Pensieri sull’amore di Dio, cap. 3, 4-6 LN/C

 

 

 

Mettetevi bene in mente di non preparare  prima la vostra difesa

 di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

        

 

 

O amore potente del mio Dio! Quanto è vero che nulla è impossibile a colui che ama. Beato chi gode di una tale pace nel suo Dio, che domina ogni sofferenza e ogni pericolo del mondo. Non ne teme nessuno, purché si tratti di servire tale Maestro, e ha ragione... Mi viene un pensiero a proposito delle persone per natura timorose e poco coraggiose... Anche quando sono state elevate in quello stato di cui sto parlando, la loro natura debole si spaventa. Occorre allora stare attente, perché tale debolezza naturale potrebbe farci perdere una corona magnifica. Quando sentirete, figlie mie, questi attacchi del timore, ricorrete alla fede e all'umiltà; e, rafforzate dalla convinzione che nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37), affrontate la vostra impresa. Egli ha potuto fortificare tante giovani sante rendendole capaci di sopportare tutti i tormenti che esse si erano disposte a sopportare per lui!

 

         Quello che egli domanda è una determinazione che lo renda padrone del nostro libero arbitrio. Infatti non ha bisogno dei nostri sforzi. Invece il nostro Signore si compiace nel fare risplendere le sue meraviglie nelle sue creature più deboli, perché può allora spiegare più liberamente il suo potere e soddisfare il suo desiderio di concederci i suoi benefici.

 

         Lasciate da parte le obbiezioni della ragione e disprezzate la vostra debolezza. Essa infatti non farebbe altro se non crescere se vi fermaste a riflettere se riuscirete, sì o no... Non è il momento di pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte. Questa umiltà è allora inopportuna, è proprio fuori luogo... Siate sicure che il Signore non abbandona mai coloro che lo amano e si espongono per lui solo.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

Catechesi, 15 

 

 

« Segni grandi dal cielo »

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo


 

 

         “Il Signore verrà dal cielo sulle nubi, come vi è salito sulle nubi” (At 1,9). Lo disse egli stesso: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con potenza e gloria grande” (Mt 24,30). Ma quale segno della venuta del Signore sarà tale da impedire alla tracotanza della potenza avversa di scimmiottarlo? La croce, vero e proprio distintivo del Cristo. Secondo sta scritto, “allora apparirà il segno del Figlio dell’uomo” (Mt 24,30). Il segno distintivo del Cristo è veramente la croce. Il segno di una croce luminosa precederà il Re, perché riconoscano chi hanno crocifisso, insidiato e angariato, e tutte le tribù battendosi il petto dicano: “Ecco chi abbiamo schiaffeggiato, quel volto che abbiamo coperto di sputi, colui che abbiamo legato e oltraggiato fino a infliggergli l’ignominia della croce”. Diranno: “Dove avremo scampo davanti alla tua ira?” (Ap 6,16). “Anche se avessimo a difesa schiere di angeli, non sapremmo dove trovare rifugio dal tuo cospetto”.

 

         Il segno della croce terrorizzerà i nemici di Cristo! Sarà invece fonte di gioia per i credenti suoi amici e araldi che per lui avranno patito. Ma a chi toccherà allora questa beatitudine di essere trovato amico di Cristo? Perché i suoi eletti non vadano confusi con i suoi nemici, infatti, il re glorioso assiso sullo stesso trono del Padre tra schiere di angeli no trascurerà i suoi servi: “Manderà i suoi angeli con una grande tromba a radunare tutti i suoi eletti dai quattro venti” (Mt 24,31). Colui che non disdegnò di prendersi cura di un solo giusto, Lot, potrà disinteressarsi di tanti giusti? Li farà chiamare a raccolta dagli angeli e fattili venire su carri di nubi, dirà loro: “Venite, benedetti dal Padre mio” (Mt 25,34).

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 21, 20-28

 Discorso per l’Ascensione, 2

 

 

Il Figlio dell’uomo verrà a prenderci con lui

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21) e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza della nostra carne...

 

         Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere, nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato” (Fil 2,9). L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).

 

         Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il Figlio del Dio vivente” (Gv 6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più alto di ogni cosa, benedetto in eterno.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

LIBRO di VITA

 

Capitolo “Monaci e monache” § 64

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

 

Esposizione sui salmi, Sal 95, §14

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina »

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

"Esulteranno allora tutte le piante dei boschi, alla presenza del Signore, poiché egli viene: viene a giudicare la terra" (Sal 95, 12). È venuto una prima volta e verrà ancora. La prima volta è venuto con la sua presenza nella Chiesa e a portarlo erano le nubi (Mt 26, 64). E quali sono le nubi che l'hanno portato? Gli Apostoli, che ci hanno recato il messaggio evangelico… È venuto una prima volta per bocca dei suoi evangelizzatori e ha riempito l'universo. Non opponiamo resistenza alla sua prima venuta, per non dover temere nella seconda…

 

Cosa farà, allora, il cristiano? Si servirà del mondo, ma non diverrà schiavo del mondo. Cosa significa? Pur avendo le cose, si comporterà come se non le avesse. Così dice l'Apostolo; … "Quanto al resto, fratelli, il tempo è breve… coloro che comprano, siano come se non conservassero avidamente; e coloro che usano delle cose del mondo, come se non ne usassero. Passa, infatti, la figura di questo mondo, e io vorrei che voi foste senza preoccupazioni (1Cor 7,29-30): Chi non ha preoccupazioni aspetta sereno la venuta del Signore. Difatti, che sorta di amore abbiamo per Cristo se temiamo che venga? E non ce ne vergogniamo, fratelli? Noi l'amiamo ed abbiamo paura che venga. Ma l'amiamo per davvero? O non amiamo, per caso, più che non Cristo i nostri peccati? Ebbene, odiamo i peccati, e amiamo colui che verrà …

"Allora esulteranno tutte le piante dei boschi dinanzi al volto del Signore, poiché egli viene"… È venuto una prima volta: verrà in seguito a giudicare la terra, e troverà colmi di gioia coloro che hanno creduto alla sua prima venuta.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

Paragrafi 10 e 16

 

« Vegliate, perché non sapete il giorno »

dalla Didaché  nel secondo secolo

 

 

 

         Una volta saziati dell’Eucarestia, ringraziate così : Ti rendiamo grazie, o Padre Santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci rivelasti per mezzo di Gesù, tuo Servo. A te la gloria per i secoli. Amen !…Sopra ogni cosa, ti rendiamo grazie, perché sei onnipotente : A te la gloria per i secoli. Amen ! Ricordati, o Signore, della tua Chiesa, preservala da ogni male e rendila perfetta nel tuo amore, e santificata, dai quattro venti riuniscila nel tuo regno che per essa hai preparato. Poiché tua è la potenza e la gloria per i secoli. Amen. Venga la tua grazia e passi questo mondo. Amen ! Chi è santo si avvicini ; chi non lo è si converta. Maranà thà. Amen…

 

         Sì, vegliate sulla vostra vita ; non lasciate che si spengano le vostre lampade, neppure che si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l’ora in cui il nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente per cercare insieme ciò che conviene alle vostre anime. Perché tutto il tempo della vostra fede non vi servirà a niente, se nell’ultimo momento, non sarete divenuti perfetti.

 

XXXIVA settimana Tempo Ordinario - PV Sabato

 

 

ANDIAMO INCONTRO AL NOSTRO SIGNORE

del Beato Guerrico nel dodicesimo secolo

 

 

Si levi dunque il nostro spirito con vivida gioia, e corra incontro al suo Salvatore: lo adori e lo saluti con grida festose, mentre ancora sta venendo da lontano: Vieni o Signore, “salvami e io sarò salvato” (Ger 17,14); vieni, “fa’ risplendere il tuo volto, e noi saremo salvi” (Sal 79,4). “In te speriamo: sii la nostra salvezza nel tempo dell’angoscia” (Is33,2).

 

Penso che l’esortazione di tanti passi della Scrittura ad andargli incontro si riferisca non solo alla sua seconda venuta, ma anche alla prima. In che modo? Come alla sua seconda venuta gli andremo incontro esultanti, anche con i passi del corpo, alla prima dobbiamo andargli incontro con l’amore e l’esultanza del cuore.

 

E certamente, a seconda del merito e dell’amore, tale visita del Signore in ogni anima è frequente, in questo tempo che intercorre fra la prima e l’ultima venuta, tempo che ci rende conformi alla prima e ci prepara all’ultima. Egli viene in noi ora per non rendere vana per noi la sua prima venuta, e per non tornare adirato contro di noi nella seconda. Con queste visite, tende a riformare la nostra mentalità superba per renderla conforme alla sua umiltà, che ci dimostrò venendo la prima volta; e lo fa per poi “trasfigurare il nostro misero corpo e confermarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21), che ci manifesterà al suo ritorno.

 

         Noi però, fratelli, non siamo ancora consolati da così sublime esperienza: perché possiamo pazientemente aspettare la venuta del Signore, ci consoli intanto una fede certa e una coscienza pura, che con gioia possa dire fedelmente, con Paolo: “So a chi ho creduto, e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno” (Tm 1,12), cioè alla “manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tm 2,13), al quale sia gloria nei secoli eterni, Amen

 

 

 

 

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