LE CENERI -
LODI
MERCOLEDI’
IRENEO di Lione,
Contro le
eresie, vol. I, Siena,
ed.
Cantagalli, 1984, p. 320-321. Testo adattato.
IL DONO DELLA
SALVEZZA
di sant'Ireneo di Lione nel Secondo
Secolo
Colui che ha una
retta conoscenza del Creatore - che è Dio il quale a tutti dà
l'esistenza - se rimane nel suo amore, sottomesso e riconoscente,
riceverà da lui una gloria sempre maggiore, avanzando fino ad essere
simile a colui che morì per noi.
Cristo, infatti,
venne ad esistere "nella somiglianza della carne del peccato"
(Rm 8, 3)
per condannare il peccato e come tale espellerlo dalla carne, per
stimolare così l'uomo assegnandogli il compito d'imitare Dio e
riconducendolo all'obbedienza del Padre affinché veda Dio,
facendogli la grazia di conoscere intimamente il Padre.
Egli è il Verbo
di Dio che abitò in mezzo agli uomini divenendo figlio dell'uomo
perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre,
e Dio si familiarizzasse ad abitare con l'uomo, secondo il
beneplacito del Padre. Per questo, segno della nostra salvezza è lo
stesso Signore, Emmanuele nato dalla Vergine, perché era lui che
doveva salvare coloro che da sé non avrebbero potuto salvarsi.
In questo senso
Paolo afferma la debolezza dell'uomo: "So che nella mia carne non
abita il bene" (Rm 7 18),
significando che non da noi, ma da Dio viene il bene della nostra
salvezza. E ancora: "Povero me, chi mi libererà da questo corpo di
morte?" (Rm 7, 24).
Quindi addita il liberatore: "La grazia di Gesù Cristo Signore
nostro" (Rm 8, 25).
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LE CENERI -
VESPRI
Mercoledì
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Omelie sulla
Genesi, n° 13, 3-4 ; PG 12,233
Tu vuoi la
sincerità del cuore (Sal 50,8)
Di Origene
nel terzo secolo
Cristo
ci ha insegnato che non si deve cercare Dio in un luogo determinato
e che “in ogni luogo è offerta un’oblazione pura”
(Ml 1,11).
Infatti, “è giunto il momento, ed è questo, in cui né sul monte
Garizim né in Gerusalemme adorerete il Padre” ma “in spirito e
verità” (Gv 4,21.24).
Dio non abita in un luogo qualsiasi, nemmeno sulla terra, ma nel
cuore. Cercate allora dove dimora Dio? Dio dimora in un cuore puro.
In questo cuore infatti farà la sua dimora, secondo ciò che ha detto
per mezzo del profeta: “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi.
Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio
popolo, dice il Signore” (Lv
26,12).
Notate
bene che ciascuna delle nostre anime contiene, in qualche modo, un
pozzo di acqua viva; in ognuna c’è un certo senso celeste,
un’immagine di Dio nascosta... Sta lì, il Verbo di Dio, e la sua
opera attuale è togliere la sabbia dalla nostra anima, per fare
sgorgare la sorgente. Questa sorgente è dentro di voi e non viene da
fuori. Infatti, “Il regno di Dio è in mezzo a voi”
(Lc 17,21).
Non
fuori bensì nella casa la donna ha ritrovato la dramma che aveva
perduta. “Accende la luce e spazza la casa”
(Lc 15,8)
dalle sozzure e dalle sporcizie che vi si erano accumulate per la
sua trascuratezza E lì ha ritrovato la sua dramma. Da parte vostra,
se accenderete la vostra luce, se vi servirete dell’illuminazione
dello Spirito Santo, se “alla sua luce vedete la luce”
(Sal 36,10),
troverete la dramma dentro di voi. Infatti dentro di voi sta
l’immagine del re celeste.
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dopo le CENERI -
LODI
Giovedì
Omelia « Cristo
sia annunziato »,
12-13; PG 51,
319-320
La preghiera umile e insistente
San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Una
donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran
voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era
questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità
ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ?
« Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai
cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere
esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata
innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di
elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la
tua fede ! Ti sia fatto come desideri »
(Mt 15, 28).
Quando
udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo cercare
altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna. Vedi
come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza.
Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la nostra
preghiera che con la preghiera degli altri.
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VESPRI
Giovedì
S. Bonaventura:
da "I sette
doni dello Spirito Santo" 6, 20
Tratto da
"Maria" a cura della Comunità di Bose; 2000
Mondadori
editore S.p.a. Milano p. 664
IL POPOLO CRISTIANO HA COME MADRE
LA VERGINE
di
S. Bonaventura da Bagnoregio
nel Tredicesimo Secolo
La beata
Vergine ha pagato il prezzo, come donna forte e pia, con amore
misericordioso per il mondo e specialmente per il popolo cristiano.
Dice Isaia: «Può forse una madre dimenticare suo figlio, non aver
compassione del frutto del suo seno? Ma anche se essa lo
dimenticasse, io non ti dimenticherò!»
(Is 49,15).
Questo è detto di Cristo e lo si può intendere nel senso che tutto
il popolo cristiano è generato dal seno della Vergine, cosa che è
simboleggiato nella donna formata dalla costola dell'uomo, la quale
rappresenta la Chiesa [...] Come l'uomo fu formato dalla terra
ancora vergine, così il Cristo dalla Vergine gloriosa. E come dalla
costola di Adamo dormiente fu formata la donna, così la Chiesa dal
costato di Cristo che pendeva dalla croce. E come da Adamo e da Eva
furono formati Abele e i suoi discendenti, così da Cristo e dalla
Chiesa fu formato tutto il popolo di Dio.
Ora, come
Eva è madre di Abele e di tutti noi, così il popolo cristiano ha
come madre la Vergine. Quale madre compassionevole abbiamo!
Configuriamoci alla nostra madre e imitiamone la compassione.
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LODI
Venerdì
Discorso
« Sul Signore », 10-11
« Gli pose le dita sugli occhi »
Sant’Efrem
Siro nel quarto secolo
La
fortezza divina che non può essere toccata dall’uomo è discesa, si è
avvolta di un corpo palpabile, affinché i poveri possano toccarla e,
toccando l’umanità di Cristo, percepiscano la sua divinità.
Attraverso le dita di carne il sordomuto ha sentito che gli si
toccavano gli occhi e la lingua. Attraverso le dita palpabili, ha
percepito la divinità intoccabile quando il nodo della sua lingua
venne sciolto e le porte chiuse dei suoi occhi vennero aperte.
Infatti l’architetto e l’artigiano del corpo è venuto fino a lui e,
con una parola dolce, ha creato senza dolore, delle aperture nei
suoi orecchi sordi ; allora, anche questa bocca chiusa, finora
incapace di dare alla luce la parola, ha messo al mondo la lode di
colui che ha fatto portare frutto alla sua sterilità.
Allo
stesso modo, il Signore fece del fango con la saliva e spalmò il
fango sugli occhi del cieco nato
(Gv 9,6)
per farci capire che, come al sordo muto, qualcosa gli mancava.
Un’imperfezione innata della nostra pasta umana è stata soppressa
grazie al lievito che veniva dal suo corpo perfetto… Per colmare ciò
che mancava a questi corpi umani, ha dato qualcosa della sua
persona, proprio come dà se stesso in cibo [nell’eucaristia]. Con
questo mezzo fa scomparire i difetti e risuscita i morti, perché
possiamo riconoscere che, grazie al suo corpo in cui « abita tutta
la pienezza della divinità »
(Col 2,9), i difetti della
nostra umanità sono corretti e che, mediante questo corpo in cui
abita la vera vita, la vera vita viene data ai mortali.
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VESPRI Venerdì
PER PRIMO IL
SIGNORE CI HA AMATI
di Guglielmo di
St. Thierry nel dodicesimo secolo
Tu solo sei veramente il
Signore: il tuo dominio su di noi è la nostra salvezza e servire te
significa per noi essere da te salvati.
E
qual’é la tua salvezza, o Signore, al quale appartiene la salvezza e
la benedizione sul tuo popolo, se non ottenere da te di amarti ed
essere da te amati? Perciò, Signore, hai voluto che il figlio della
tua destra e l’uomo che per te hai reso forte, fosse chiamato Gesù,
cioè Salvatore, infatti è lui che “salverà il suo popolo dai suoi
peccati” (Mt 1, 21) e “in nessun altro c’è salvezza” (At
4, 12). Egli ci ha insegnato ad amarlo, quando per primo ci ha
amati fino alla morte di croce, incitandoci con l'amore e la
predilezione ad amare lui, che per primo ci ha amati fino alla fine.
Proprio
così: ci ha amati per primo, perché noi ti amassimo; non che tu
avessi bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo essere
ciò per cui ci hai creati se non amandoti.
Per
questo aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi
modi ai padri per mezzo dei profeti; ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 5, 2), del tuo
Verbo, dal quale “furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca
ogni loro schiera” (Sal 32, 6). Il tuo parlare per mezzo del
Figlio altro non fu che porre alla luce del sole, ossia manifestare
chiaramente quanto e come ci hai amati, tu che non hai risparmiato
il tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi, ed egli pure ci ha
amati e ha dato se stesso per noi (cfr Rm 8, 32; Ef 5, 2).
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dopo le CENERI -
LODI sabato
Libro di Vita
Cap. "Nella
Chiesa", § 149
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dopo le CENERI -
Primi Vespri
Sabato
“In Cristo
risorto la nostra natura è trasformata”
di San Leone
Magno nel quinto secolo
Tramontino le cose vecchie e nascano le nuove; e siccome, secondo la
parola della verità, “non si può servire a due padroni”(Mt 6,
24), il padrone nostro non sia chi precipitò in rovina quelli che
erano eretti nella propria dignità, ma colui che sollevò alla gloria
i precipitati.
È
l’Apostolo che dice “Il primo uomo, essendo tratto dalla terra,
era terrestre; il secondo uomo viene dal cielo. Qual era il
terrestre; tali sono pure i terrestri: qual è il celeste, tali
saranno pure i celesti. E a quel modo che portammo l’immagine del
celeste” (1 Cor 15, 47-49).
Dobbiamo molto esultare per questa trasformazione, per la quale
siamo trasportati dalla bassa condizione terrestre a una dignità
celeste dalla misericordia di chi, per sollevarci alla sua natura
divina, è disceso nella nostra natura, non assumendo solo la
sostanza, ma anche la condizione della natura peccatrice. In tal
modo la divinità impassibile si lasciò infliggere quelle cose che
l’umanità, soggetta alla morte, esperimenta molto infelicemente.
Per non
lasciare lungo tempo l’animo degli apostoli nella tristezza,
abbreviò lo spazio dei tre giorni, con tanta sollecitudine
preannunciati: mentre il secondo giorno fu intero, del primo
soltanto l’ultima parte e del terzo solo la prima parte concorse al
computo.
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settimana di Quaresima -
U.R. Domenica
Discorso
sulla Trasfigurazione
La
Trasfigurazione del Signore
Anastasio
Sinaita nell’ottavo secolo
Oggi,
sul monte Tabor, ci viene misteriosamente manifestata la condizione
della vita futura e del Regno della gioia. Oggi, in un modo
stupendo, gli antichi messaggeri dell’Antica e della Nuova Alleanza
sono radunati intorno a Dio sul monte, portatori di un mistero pieno
di paradosso. Oggi, sul monte Tabor si profila il mistero della
croce che, oltrepassata la morte, dona la vita : come Cristo fu
crocifisso in mezzo a due uomini sul monte Calvario, così egli è
innalzato nella sua divina maestà tra Mosè e Elia. E la festa di
oggi ci mostra quest’altro Sinai, monte molto più prezioso
dell’antico Sinai, per le sue meraviglie e gli eventi che vi
accadono : con la sua teofania, supera le visioni divine, figurate
ed oscure.
Rallegrati, o Creatore di ogni cosa, Cristo Re, Figlio di Dio, tutto
splendente di luce, tu che hai trasfigurato a tua immagine tutta la
creazione e l’hai ricreata in un modo migliore. Rallegrati, o
immagine del Regno celeste, monte santissimo del Tabor, tu che
superi in bellezza tutti i monti ! Monte del Golgota e monte degli
Ulivi, cantate insieme l’inno di lode e rallegratevi ; con voce
unanime, cantate Cristo sul monte Tabor e celebratelo tutti
insieme !
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IA
settimana di Quaresima -
VESPRI Domenica
Discorsi, 51,
2-6
« La gloria che
dovrà essere rivelata in noi »
di
San Leone Magno nel quinto secolo
Gesù
prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse
in disparte, su un alto monte. Infatti, anche se loro avevano capito
che la maestà di Dio risiedeva nella sua persona, non sapevano che
il suo corpo, che serviva da velo alla sua divinità, partecipava
alla potenza di Dio. Perciò il Signore aveva espressamente promesso,
qualche giorno prima, che alcuni tra i discepoli non sarebbero morti
finché non avessero visto il Figlio dell’uomo venire nel suo regno
(Mt 16, 28), cioè nello splendore della gloria che conveniva
specialmente alla natura umana che aveva assunto…
Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere
dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché
l’umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non
scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la
grandezza sublime della dignità nascosta del Cristo. Ma, secondo un
disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla
speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo
prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e
perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella
gioia, che era brillata nel Capo.
Di
questa gloria lo stesso Signore, parlando della maestà della sua
seconda venuta, aveva detto : « Allora i giusti splenderanno come il
sole nel Regno del Padre loro » (Mt 13, 43). La stessa cosa
affermava anche l’apostolo Paolo dicendo : « Io ritengo che le
sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria
futura, che dovrà essere rivelata in noi » (Rm 8, 18). In un’altro
passo dice ancora : « Voi infatti siete morti e la vostra vita è
ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo,
vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella
gloria » (Col 3, 4).
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IA
settimana di Quaresima -
LODI martedì
Parafrasi del
"Padre Nostro"
« Signore, insegnaci a pregare »
di San Francesco
d’Assisi nel tredicesimo secolo
Santissimo
« Padre nostro » : Creatore,
Redentore,
Consolatore e Salvatore nostro.
« Che sei nei
cieli » negli angeli e nei santi,
illuminandoli
alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce ;
infiammandoli
all'amore, perché tu, Signore, sei amore ;
ponendo la tua
dimora in loro e riempiendoli di beatitudine,
perché tu,
Signore, sei il sommo bene, eterno,
dal quale
proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
« Sia
santificato il tuo nome » :
Si faccia
luminosa in noi la conoscenza di te,
affinché
possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici,
l'estensione
delle tue promesse,
la sublimità
della tua maestà
e la
profondità dei tuoi giudizi. (Ef 3, 18)
« Venga il tuo
regno »
perché tu
regni in noi per mezzo della grazia
e ci faccia
giungere nel tuo regno,
ove la visione
di te è senza veli,
l'amore di te
è perfetto,
la comunione
di te è beata,
il godimento
di te senza fine.
« Sia fatta la
tua volontà », come in cielo così in terra
affinché ti
amiamo (Mc 12,30) con tutto il cuore sempre pensando a te,
con tutta
l'anima, sempre desiderando te,
con tutta la
mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni
e in ogni cosa
cercando il tuo onore,
e con tutte le
nostre forze,
spendendo
tutte le energie e sensibilità dell'anima e del corpo
a servizio del
tuo amore e non per altro,
e affinché
possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi,
trascinando
tutti con ogni nostro potere al tuo amore,
godendo dei
beni altrui come dei nostri
e nei mali
soffrendo insieme con loro
e non recando
nessuna offesa a nessuno.
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settimana di Quaresima -
VESPRI martedì
La preghiera
della Chiesa
Il Padre nostro e
l’Eucaristia
di Edith Stein
Tutto
quello di cui abbiamo bisogno per essere ricevuti nella comunione
degli spiriti beati è contenuto nelle sette domande del Padre nostro
che il Signore ha pregato, non a suo nome, bensì affinché fosse per
noi un esempio. Lo diciamo prima della santissima comunione e, ogni
volta che lo preghiamo in piena sincerità e con tutto il cuore e
riceviamo la santissima comunione nella disposizione di spirito di
un’anima retta, essa ci porta a veder esaudite di tutte le nostre
domande.
Tale
comunione ci libera dal male perché ci purifica da ogni offesa
commessa e ci dà la pace del cuore che toglie il suo pungiglione ad
ogni altro male. Ci porta il perdono dei peccati (veniali) commessi
e ci consolida contro le tentazioni. È il pane di vita, di cui
abbiamo bisogno ogni giorno, per crescere finché non saremo entrati
nella vita eterna. Fa dalla nostra volontà uno strumento docile
della volontà di Dio. Perciò, pone le fondamenta del Regno di Dio in
noi e purifica le nostre labbra e il nostro cuore perché possiamo
glorificare il santo Nome di Dio .
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settimana di Quaresima -
LODI mercoledì
2a
omelia per il primo giorno della Quaresima, 2-3 ; PL 183, 172-174
« Ritornate a me
con tutto il cuore »
di San Bernardo nel dodicesimo secolo
« Convertitevi, dice il Signore, con tutto il cuore ». Fratelli, se
egli avesse detto : « Convertitevi » senza aggiungere niente, forse
avremmo potuto rispondere : è fatto, puoi prescriverci un’altra
cosa. Invece Cristo ci parla qui, se intendo bene, di una
conversione spirituale, che non si fa in un solo giorno. Anzi, possa
essere compiuta entro questa vita ! Quindi sii attento a quello che
ami, a quello che temi, a quello che ti rallegra o che ti contrista,
e vedrai che, sotto l’abito religioso, rimani un uomo di mondo.
Infatti, il cuore sta nella sua totalità in questi quattro
sentimenti, ed è riguardo a loro che si devono intendere queste
parole : « Convertitevi al Signore con tutto il cuore ».
Il
tuo amore si converta, a tal punto da non amare nulla se non il
Signore, oppure da non amare nulla se non per Dio. Anche il tuo
timore si rivolga verso di lui, perché ogni timore che ci fa temere
qualcosa fuori di lui e non a causa di lui è cattivo. La tua gioia e
la tua tristezza si convertano verso di lui ; così da soffrire o
rallegrarti soltanto in lui. Quindi se ti affliggi per i tuoi
peccati o per quelli del prossimo, fai bene e la tua tristezza è
salutare. Se ti rallegri dei doni della grazia, questa tua gioia è
santa e puoi gustarla in pace nello Spirito Santo. Devi rallegrarti,
nell’amore di Cristo, della prosperità dei tuoi fratelli e compatire
le loro sventure secondo questa parola : « Rallegratevi con quelli
che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto » (Rm
12, 15).
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settimana di Quaresima -
VESPRI mercoledì
Contro le
eresie III, 20,1 ; SC 34, 339
Il segno di Giona
di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
Generoso fu Dio il quale, venendo meno l’uomo, preordinò la vittoria
che gli avrebbe resa per mezzo del Verbo. Infatti, poiché « la
potenza trionfava nella debolezza » (2 Cor 12,9), il Verbo mostrava
la bontà e la magnifica potenza di Dio.
Infatti, come fu per il profeta Giona, è stato lo stesso per l’uomo.
Dio ha permesso che costui fosse inghiottito dal mostro marino, non
perché scomparisse e perisse totalmente, bensì affinché, dopo esser
stato rigettato dal mostro, fosse maggiormente sottomesso a Dio e
glorificasse maggiormente colui che gli concedeva tale salvezza
insperata. Era anche per condurre gli abitanti di Ninive ad un fermo
pentimento e convertirli a colui che poteva liberarli dalla morte,
essendo stati loro stessi colpiti dal segno compiuto nella persona
di Giona… Allo stesso modo, fin dal principio, Dio ha permesso che
l’uomo fosse inghiottito dal grande mostro, autore della
disubbidienza, non perché scomparisse e perisse totalmente, bensì
perché Dio stava preparando in anticipo la salvezza compiuta dal suo
Verbo per mezzo del « segno di Giona ». Questa Salvezza è stata
preparata per coloro che avrebbero avuto per Dio gli stessi
sentimenti di Giona, e li avrebbero confessati negli stessi
termini : « Sono il servo del Signore e venero il Signore Dio del
cielo, il quale ha fatto il mare e la terra » (Gn 1,9).
Dio
ha voluto che l’uomo, avendo ricevuto da lui una salvezza insperata,
risuscitasse dai morti e glorificasse Dio dicendo con Giona :
« Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito ;
dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia
voce » (Gn 2,3). Dio ha voluto che l’uomo rimanesse sempre fedele a
glorificarlo e a rendergli grazie incessantemente per la salvezza
ricevuta da lui.
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settimana di Quaresima -
LODI giovedì
Libro di Vita di Gerusalemme
capitolo "Preghiera" - 18
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settimana di Quaresima -
VESPRI giovedì
Opuscula omnia
2,1
« Chiedete e vi sarà dato »
di
San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo
Quando preghiamo, non conviene preoccuparci di manifestare i nostri
desideri a Dio, il quale conosce tutto. Eppure occorre che l’uomo
preghi per ottenere una grazia da Dio. La preghiera rivolta a Dio ci
rende familiari di Dio, poiché in essa la nostra anima si alza verso
di lui, si intrattiene affettuosamente con lui e lo adora in spirito
e verità (Gv 4, 23). Questa intimità, acquisita nella preghiera
incita l’uomo a rimettersi in preghiera con fiducia. Per questo
motivo è detto nel Salmo : « T’invoco » cioè prego con fiducia,
« perché mi hai ascoltato, mio Dio » (16, 6). Poiché il salmista è
stato ricevuto nell’intimità di Dio in una prima preghiera, prega in
seguito con una fiducia accresciuta. Così, nella preghiera rivolta a
Dio, l’assiduità o l’insistenza della richiesta non è importuna,
bensì piuttosto gradita a Dio : « perché bisogna pregare sempre,
dice il vangelo, senza stancarsi » (Lc 8, 1) ; e altrove, il Signore
ci invita a chiedere : « Chiedete e vi sarà dato, dice, bussate e vi
sarà aperto ».
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settimana di Quaresima -
LODI venerdì
Sul Padre
nostro, 23
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1337)
« Se ti ricordi
che tuo fratello ha qualche cosa contro di te… va’ a riconciliarti
con lui »
San Cipriano nel
terzo secolo
« Con
la misura con la quale misurate, sarete misurati » (Mt 7,2). Quel
servo che, pur avendo avuto dal padrone il condono di tutto il suo
debito non volle usare la medesima bontà con il servo suo compagno,
venne chiuso in prigione. Non volle essere indulgente col suo
compagno di servitù, e perse la grazia fattagli dal Signore (Mt
18,23). Questo dovere viene ribadito fortemente da Cristo e
confermato con tutto il peso della sua autorità. Egli dice :
« Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno,
perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli, perdoni a
voi i vostri peccati » (Mc 11,25).
Dio
vuole che siamo operatori di pace, concordi e unanimi nella sua
casa. Quali ci fece con la seconda nascita, tali vuole che
perseveriamo, cioè come rinati. Se siamo figli di Dio, rimaniamo
nella pace di Dio ; e coloro che hanno un solo Spirito, abbiano pure
un cuor solo e un’anima sola. Dio non accoglie il sacrificio di chi
è in discordia, anzi comanda di ritornare indietro dall’altare e di
riconciliarsi prima col fratello. Solo così le nostre preghiere
saranno ispirate alla pace e Dio le gradirà. Il sacrificio più
grande da offrire a Dio è la nostra pace e la fraterna concordia, è
il popolo radunato dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo.
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settimana di Quaresima -
VESPRI venerdì
Discorso
211, 5-6 ; SC 116, p. 169
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Va’ prima a
riconciliarti con il tuo fratello »
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Fratelli, mi rivolgo a tutti voi perché, trovandoci in questi giorni
sacri della Quaresima, non rimangano in piedi le vostre discordie…
Forse state parlando nella vostra mente e vi state dicendo :
« Vorrei mettermi d'accordo, ma è lui che mi ha offeso… e tuttavia
non vuol chiedermi perdono ». Che cosa dirò a costui ?… Bisogna
stabilire tra di voi alcuni pacieri…. Tu devi semplicemente essere
pronto a perdonargli, proprio pronto a perdonargli con tutto il
cuore. Se sei disposto a perdonare, hai già perdonato.
Ma hai ancora
una cosa che puoi fare : pregare ; prega per lui, perché ti chieda
perdono ; poiché sai che va a suo danno se non lo chiede, prega per
lui affinché lo chieda. Dì al Signore nella tua preghiera :
« Signore, sai che non ho fatto niente contro quel mio fratello … e
che il suo peccato nei miei confronti danneggerebbe lui se non mi
chiede perdono. Quanto a me ti chiedo di cuore di perdonargli ».
Ecco ciò che
dovete fare per essere in pace con i vostri fratelli… affinché tutti
possiamo far Pasqua con coscienza tranquilla, possiamo celebrare
serenamente la passione di colui che, pur non dovendo niente a
nessuno, ha saldato il debito al posto dei debitori ; parlo del
Signore Gesù Cristo il quale non ha fatto torto a nessuno eppure,
per così dire, il mondo intero si è scagliato contro di lui. E
invece di esigere gravi punizioni ha promesso dei premi… Abbiamo lui
come testimone nei nostri cuori : se abbiamo mancato contro
qualcuno, chiediamogli perdono con cuore sincero ; se un altro ha
mancato nei nostri
confronti, siamo pronti a concedere perdono e
preghiamo per i nostri nemici.
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IA
settimana di Quaresima -
LODI sabato
Lettera ai
Filippesi 8-12 ; SC 10
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 1253, 1257, 1262)
« Amate i vostri
nemici, e pregate per i vostri persecutori »
di
San Policarpo nel secondo secolo
Restiamo saldamente ancorati alla nostra speranza e al pegno della
nostra giustizia, Gesù Cristo, che « portò i nostri peccati nel suo
corpo sul legno della croce. Egli non commise peccato e non si trovò
inganno sulla sua bocca » (1 Pt 2, 22). Ma per noi sopportò ogni
cosa perché vivessimo in lui. Siamo dunque imitatori della sua
pazienza e, se dovessimo soffrire per il suo nome, rendiamogli
gloria. Questo è l’esempio che egli ci diede in se stesso, e noi vi
abbiamo creduto… Rimanete saldi in queste convinzioni e seguite
l’esempio del Signore, fermi e irremovibili nella fede. Amate i
vostri fratelli e amatevi vicendevolmente. State uniti nella verità,
usatevi reciproche attenzioni con la dolcezza del Signore, non
disprezzate nessuno…
So
bene quale sia la vostra familiarità con le Sacre Scritture e come
nulla ignoriate : io stesso non sono da tanto. Mi basta ricordarvi
ciò che la Scrittura dice : « Sdegnatevi, ma non peccate » (Sal 4,
5). « Il sole non tramonti sopra la vostra ira » (Ef 4, 26). Beato
chi se ne ricorda : e io credo che ciò accade realmente tra voi.
Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, e lo stesso Gesù Cristo Figlio
di Dio e sacerdote eterno, vi facciano crescere nella fede e nella
verità e in ogni dolcezza, senza collera, nella pazienza e nella
longanimità, nella fortezza e nella castità. Il Signore vi conceda
di condividere l’eredità dei suoi santi, e lo conceda, insieme a
voi, anche a noi e a tutti coloro che, sotto il cielo, crederanno
nel Signore Gesù Cristo e in « Dio Padre che lo ha risuscitato dai
morti » (Gal 1, 1). Pregate per tutti i credenti. Pregate anche per
i re e le autorità e i principi, per coloro che vi perseguitano e vi
odiano e per i nemici della croce, perché il vostro frutto sia
manifesto in ogni cosa e siate perfetti in lui.
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IA
settimana di Quaresima -
PRIMI VESPRI sabato
Vita consecrata,
75
Contemplare e
seguire il Cristo Trasfigurato
del
Papa Giovanni Paolo II
Continuamente Cristo chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne,
per comunicare loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr Rm 5,
5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a
servire gli altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli
interessati. A Pietro, che estasiato dalla luce della
Trasfigurazione esclama : « Signore, è bello per noi restare qui »
(Mt 17, 4), è rivolto l'invito a tornare sulle strade del mondo, per
continuare a servire il Regno di Dio.
« Scendi, Pietro ! desideravi riposare sul monte : scendi ; predica
la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna,
rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua
capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche
sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza
delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato
nel candore delle vesti del Signore » (S Agostino, discorso 78, 6).
Lo sguardo
fisso sul volto del Signore non attenua nell'apostolo l'impegno per
l'uomo ; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità
di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la deturpa.
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IIA
settimana di Quaresima -
U.R. Domenica
Tratto sul
vangelo di Giovanni, 15,6-7
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
L’incontro al pozzo
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Gesù,
stanco per il viaggio, stava così a sedere sul pozzo. Era circa
l'ora sesta. Cominciano i misteri. Non per nulla, infatti, Gesù si
stanca; non per nulla si stanca la forza di Dio… E' per te che Gesù
si è stancato nel viaggio. Vediamo Gesù pieno di forza, e lo vediamo
debole; è forte e debole: forte perché « in principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio »…
Vuoi vedere com'è forte il
Figlio di Dio? « Tutto fu
fatto per mezzo di lui, e niente fu fatto senza di lui » (Gv 1,1-2);
e tutto senza fatica. Chi, dunque, è più forte di lui che ha fatto
tutte le cose senza fatica? Vuoi vedere ora la sua debolezza? « Il
Verbo si è fatto carne e abitò fra noi » (Gv 1,14).
La forza di
Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza
di Cristo ha chiamato all'esistenza ciò che non era, la debolezza di
Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. Con la sua
forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci. E' con
la sua debolezza che egli nutre i deboli, come la gallina nutre i
suoi pulcini: « Quante volte - dice a Gerusalemme - ho voluto
raccogliere i tuoi figli sotto le ali, come la gallina i suoi
pulcini, e tu non l'hai voluto! » (Lc 13,34)…
Così era Gesù,
debole e stanco per il cammino. Il suo cammino è la carne che per
noi ha assunto. Perché, come potrebbe muoversi colui che è dovunque
e che da nessuna parte è assente? Se va, se viene, se viene a noi, è
perché ha assunto la forma della carne visibile. Poiché dunque si è
degnato di venire a noi apparendo in forma di servo per la carne
assunta, questa stessa carne assunta è il suo cammino. Perciò
« stanco per il cammino », che altro significa se non affaticato
nella carne? Gesù è debole nella carne, ma tu non devi essere
debole; dalla debolezza di lui devi attingere la forza, perché « la
debolezza di Dio è più forte degli uomini » (1 Cor 1,25).
La sua debolezza è la
nostra forza.
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IIA
settimana di Quaresima -
VESPRI Domenica
Discorso, 20 sulla Passione del Signore ; SC 74bis, 245
« Se non vi
convertite »
di
San Leone Magno nel quinto secolo
Mettiamoci all’opera, fratelli ! Sforziamoci di essere trovati
associati alla risurrezione di Cristo e di passare dalla morte alla
vita mentre siamo ancora in questo corpo. Tutti coloro che passano
attraverso una conversione, qualunque essa sia, tutti coloro che
passano da uno stato ad un altro, vivono una fine : non sono più
quello che erano. E nello stesso momento vivono un inizio :
diventano ciò che non erano. È importante sapere per chi moriamo e
per chi viviamo, perché c’è una morte che fa vivere e una vita che
fa morire.
Poiché sia l’una che l’altra non possiamo ricercarle al di fuori di
questo mondo effimero, sarà dalla qualità delle nostre azioni
quaggiù che dipenderà la differenza delle retribuzioni eterne.
Moriamo dunque al diavolo e viviamo per Dio ; moriamo al peccato per
risorgere alla giustizia ; che scompaia l’uomo vecchio perché sorga
l’uomo nuovo. Poiché, secondo la parola di Verità, « nessuno può
servire a due padroni » (Mt 6,24), prendiamo come padrone non colui
che fa inciampare coloro che sono in piedi per portarli alla rovina,
ma colui che rialza coloro che sono caduti per portarli alla gloria.
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IIA
settimana di Quaresima -
LODI martedì
Sull'incomprensibilità di Dio, 5, 6-7 : PG 48, 745-746
«Chi si innalzerà
sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato»
di San Giovanni
Crisostomo nel quarto secolo
Non
c’è umiltà nel considerarsi peccatore, se lo siamo effettivamente.
Ma l’umiltà esiste quando uno è consapevole di aver fatto quantità
di grandi cose, eppure non ne concepisce alcun’alta opinione di sé ;
quando, essendo simile a Paolo fino a poter dire : « Non sono
consapevole di colpa alcuna », aggiunge subito : « non per questo
sono giustificato » (1 Cor 4, 4) o anche : « Cristo Gesù è venuto
nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io » (1
Tm 1, 15). In questo consiste l’umiltà : a dispetto della grandezza
dei nostri atti, abbassarci in spirito.
Dio,
però, a motivo del suo amore indicibile per gli uomini, accoglie e
riceve non soltanto coloro che si umiliano in questo modo, ma anche
coloro che ammettono francamente le loro colpe, e si mostra
favorevole e benevolo verso coloro che sono in tali disposizioni. E
affinché tu impari quanto è buono non avere un’alta opinione di te
stesso, immaginati due carri. A uno, attacca la virtù e la superbia,
all’altro, il peccato e l’umiltà. Vedrai il tiro del peccato
distanziare quello della virtù, non certo grazie alla propria
potenza, ma grazie alla forza dell’umiltà che lo accompagna. E
vedrai l’altro sorpassato, non a causa della debolezza della virtù,
ma a causa del peso e dell’enormità della superbia. Infatti, come
l’umiltà, grazie alla sua immensa forza di elevazione, trionfa della
pesantezza del peccato e, per prima, sale al cielo, così la
superbia, a causa del suo gran peso e della sua enormità, riesce a
spuntarla sull’agilità della virtù e trascinarla facilmente verso il
basso.
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IIA
settimana di Quaresima -
VESPRI martedì
IL VERO TIMORE DEL
SIGNORE
di Sant’Ilario al
IV secolo
“Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore del Signore”
(Sal 33, 12). Dunque si impara il timore del Signore, perché
viene insegnato. Questo genere di timore non sta nello spavento
naturale e spontaneo, ma in una realtà che viene comunicata come una
dottrina. Non promana dalla trepidazione della natura, ma lo si
comincia ad apprendere con l’osservanza dei comandamenti, con le
opere di una vita innocente e con la conoscenza della verità.
Per
conto nostro il timore di Dio è tutto nell’amore, e l’amore perfetto
perfeziona questo timore.
Il
compito proprio del nostro amore verso Dio è di ascoltarne gli
ammonimenti, obbedire ai suoi comandamenti, fidarsi delle sue
promesse.
Ascoltiamo dunque la Scrittura che dice: “Ora, Israele, che cosa ti
chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore Dio tuo,
che tu cammini per tutte le sue vie, che tu ami e serva il Signore
tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima, che tu osservi i
comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene?”
(Dt 10, 12-13).
Molte
poi sono le vie del Signore, benché egli stesso sia la via. Ma
quando parla di se stesso si chiama via, dando anche la ragione per
cui si chiami così: “perché nessuno può venire al Padre se non per
me” (Gv 14, 6).
Bisogna dunque porsi il
problema delle molte vie possibili e ponderare molti elementi
perché, edotti da molte ragioni, possiamo trovare quell’unica via
della vita eterna che fa per noi.
Vi
sono infatti vie nella legge, vie nei profeti, vie negli vangeli,
vie negli apostoli, vie anche nelle diverse opere dei maestri.
Beati
coloro che camminano in esse col timore di Dio.
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IIA
settimana di Quaresima -
LODI mercoledì
Commento al
Vangelo di Giovanni ; CSCO 116, 171-172
Via Crucis, via della gloria
di Teodoro di
Mopsuestia nel quinto secolo
« È
giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo » (Gv 12, 23).
Già si avvicina l’ora in cui sarò glorificato davanti a tutti, dice
Gesù … E aggiunge : « In verità, in verità vi dico : se il chicco di
grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se invece muore,
produce molto frutto »… Dopo questa predicazione a suo riguardo,
Gesù esorta i suoi discepoli ad imitarlo : « Chi ama la sua vita la
perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la
vita eterna ». Perciò, la mia Passione non deve scandalizzarvi, né
farvi dubitare delle mie parole, le quali saranno confermate dagli
eventi. Anzi dovete essere pronti anche voi, a subire la medesime
sofferenze per portare i medesimi frutti. Infatti chi sembra
preoccuparsi della propria vita quaggiù, e non vuole sottometterla
alle prove, la perderà nel mondo a venire ; mentre chi si distacca
dalla sua vita nel mondo presente e la sottomette alle sofferenze
che si presentano, ammassa frutti numerosi.
Poi
dice semplicemente : « Se uno mi vuol servire mi segua ». Se uno
vuol essere il mio servo, mostri con i suoi atti che vuole camminare
alla mia sequela. Ma – si potrebbe dirgli – cosa otterranno coloro
che avranno sofferto con te ? Egli risponde : « Dove sono io, là
sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà ».
Colui che partecipa alle mie sofferenze, parteciperà anche alla mia
gloria ; sarà con me in eterno nel mondo a venire e condividerà la
mia gioia nel Regno dei cieli. Ecco come il Padre mio onorerà coloro
che mi avranno servito con fedeltà.
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IIA
settimana di Quaresima -
VESPRI mercoledì
Discorsi, 24 ;
PG 85, 282
« Di’ che questi miei figli
siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo Regno »
Basilio di
Seleucia nel quinto secolo
Vuoi
vedere la fede di questa donna ? Ebbene considera il momento in cui
fa la sua richiesta… La croce è pronta, la Passione imminente, la
folla dei nemici già pronta al suo posto. Il Maestro ha parlato
della sua morte, i discepoli sono preoccupati : prima della
Passione, tremano alla sua evocazione. Quello che hanno udito li
lascia stupefatti ; sono presi da turbamento. Proprio in questo
momento, questa madre, staccatasi dal gruppo dei discepoli, domanda
addirittura il Regno, e richiede un trono per i suoi figli.
Cosa
dici, donna ? Senti parlare di croce e tu chiedi un trono ? Si
tratta della Passione, e tu desideri il Regno ? Lascia pure i
discepoli al loro timore e alla loro preoccupazione del pericolo. Ma
di dove ti è mai venuto di domandare tale dignità ? Fra tutto quello
che è stato appena detto, cosa ti ha condotta a pensare al Regno ?…
–
Vedo, dice, la Passione, eppure prevedo anche la Risurrezione. Vedo
la croce piantata, e contemplo il cielo aperto. Guardo i chiodi, ma
vedo anche il trono… Ho sentito il Signore in persona dire :
« Siederete anche voi su dodici troni » (Mt 19,28). Vedo l’avvenire
con gli occhi della fede.
Secondo me, questa donna è andata fino a precedere le parole del
ladrone. Sulla croce, questi pronunciò questa preghiera :
« Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno » (Lc 23,42). Prima
della croce, lei ha preso il Regno come oggetto
della sua supplica… Che desiderio perso
nella visione dell’avvenire ! Ciò che era nascosto dal tempo, la
fede lo vedeva.
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IIA
settimana di Quaresima -
LODI giovedì
Discorso su
Lazzaro 2, 5; PG 48, 988-989
« Non dimenticate l’ospitalità »
San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Riguardo a questa parabola, conviene domandarci perché il ricco vede
Lazzaro nel seno di Abramo piuttosto che in compagnia di un’altro
giusto. È perché Abramo si è mostrato ospitale. Appare quindi
accanto a Lazzaro per accusare il ricco di esser stato inospitale.
Infatti, il patriarca cercava di trattenere anche semplici passanti
per farli entrare nella sua tenda (Gn 18, 15). Il ricco, invece, non
aveva avuto che disprezzo per colui che abitava nella propria casa.
Eppure, con tutto in denaro che possedeva, aveva i mezzi per
garantire la sicurezza del povero. Tuttavia giorno dopo giorno, ha
continuato ad ignorarlo, e ha trascurato di porgli aiuto in quanto
ne aveva bisogno.
Il
patriarca invece, non ha fatto così ! Seduto all’ingresso della
tenda, fermava chiunque passasse, come un pescatore getta la rete in
mare per prendere del pesce, oppure sovente dell’oro e delle pietre
preziose. Così, raccogliendo uomini nella sua rete, successe ad
Abramo di accogliere degli angeli e, cosa stupefacente, senza
neppure accorgersene.
Ne è
rimasto sbalordito Paolo stesso, tanto di indirizzarci questa
esortazione : « Non dimenticate l’ospitalità ; alcuni, praticandola,
hanno accolto degli angeli senza saperlo » (Eb 13, 2). A ragione,
Paolo dice : « senza saperlo ». Se Abramo avesse saputo che coloro
che stava accogliendo erano angeli, non avrebbe fatto nulla di
straordinario o di stupefacente. Quindi, riceve quest’elogio
soltanto perché ignorava l’identità dei viandanti. Infatti egli
riteneva uomini ordinari, questi viaggiatori che invitò da lui con
tanta generosità. Anche tu sai mostrarti pieno di zelo
nell’accogliere un personaggio famoso, il che non merita che si
rimanga strabiliati… Invece, riservare un’accoglienza piena di bontà
ai primi venuti, alla gente sconosciuta e ordinaria, è proprio
insigne e degno di stupore.
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IIA
settimana di Quaresima -
VESPRI giovedì
Esposizione
sui salmi 85, 3 ; CCL 39, 1178
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
La vera ricchezza
e la vera povertà
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Non
fraintendete, fratelli, il mio dire! Le parole: "Dio non china il
suo orecchio al ricco" non significano che egli non esaudisce coloro
che posseggono oro e argento, famiglia e proprietà, sia che così
siano nati o comunque occupino tale posizione sociale. Basta però
che si ricordino di quello che dice l'Apostolo: « Ordina ai ricchi
di questo mondo di non insuperbire » (1 Tm 6, 17). I possidenti che
non insuperbiscono, in Dio sono poveri; e ai poveri, ai miseri, ai
bisognosi Dio china il suo orecchio (Sal 85, 1). Sanno infatti che
la loro speranza non è nell'oro e nell'argento e neppure nelle altre
cose di cui sembrano abbondare nel tempo. Basta che la ricchezza non
li porti alla perdizione; basta che non sia loro di ostacolo, dato
che di vero giovamento la ricchezza non ne reca... Se uno disprezza
in se stesso tutto quello di cui la superbia suole gonfiarsi, è un
povero di Dio, e a lui Dio china l'orecchio, perché sa che il suo
cuore è umile.
Sicuramente,
fratelli, quel povero che giaceva pieno di piaghe dinanzi alla porta
del ricco venne portato dagli angeli nel seno di Abramo. Così
leggiamo e così crediamo. Invece quel ricco che indossava vesti di
porpora e di bisso e ogni giorno banchettava splendidamente fu
portato all'inferno in mezzo ai tormenti. Ma forse che quel povero
venne preso dagli angeli in grazia della sua miseria, e quel ricco
venne gettato ai supplizi per colpa delle sue ricchezze? Dobbiamo
comprendere che in quel povero venne premiata l'umiltà, come in quel
ricco venne condannata la superbia.
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IIA
settimana di Quaresima -
LODI venerdì
Libro di Vita
capitolo "obbedienza" - § 108
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IIA
settimana di Quaresima -
VESPRI venerdi
Contro le
eresie, IV 36, 2-3 ; SC 100, 883
La
vigna di Dio
di Sant’Ireneo di
Lione nel secondo secolo
Plasmando Adamo e eleggendo i patriarchi, Dio ha piantato la vigna
del genere umano. Poi l’ha affidata a dei vignaioli mediante il dono
della Legge trasmessa da Mosè. L’ha circondata con una siepe, cioè
ha delimitato la terra che avrebbero dovuto coltivare. Ha costruito
una torre, ha cioè scelto Gerusalemme. E ha mandato loro dei profeti
prima dell’esilio in Babilonia, poi, dopo l’esilio, altri ancora,
più numerosi dei primi, per ritirare il raccolto e dire loro :
« Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni » (Ger 7,3) ;
« Praticate la giustizia e la fedeltà ; esercitate la pietà e la
misericordia ciascuno verso il suo prossimo. Non frodate la vedova,
l’orfano, il pellegrino, il misero e nessuno nel cuore trami il male
contro il proprio fratello » (Zc 7,9)… ; « Togliete il male dai
vostri cuori… imparate a fare il bene, ricercate la giustizia,
soccorrete l’oppresso » (Is 1,16)…
Vedete con quali predicazioni i profeti esigevano il frutto di
giustizia. Poiché però questa gente restava incredula, da ultimo
mandò loro il proprio Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, che è
stato ucciso e cacciato fuori dalla vigna. Perciò Dio l’ha affidata
– non più delimitata bensì estesa al mondo intero – ad altri
vignaioli affinché gli consegnassero i frutti a suo tempo… La torre
dell’elezione si erge ovunque nel suo splendore, poiché ovunque
risplende la Chiesa ; ovunque pure è scavato il frantoio poiché
ovunque sono coloro che ricevono l’unzione dello Spirito di Dio…
Per
questo il Signore, per fare di noi buoni operai, diceva ai suoi
discepoli : « Siate ben attenti che i vostri cuori non si
appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita » (Lc
21,34). « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne
accese ; siate simili a coloro che aspettano il loro padrone » (Lc
12,35).
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IIA
settimana di Quaresima -
LODI sabato
Discorsi 2 e 3
: PL 52, 188-189 et 192
« Mi leverò e
andrò da mio padre »
di
San Pietro Crisologo nel quinto secolo
Colui
che dice queste parole giaceva a terra. Prende coscienza della sua
caduta, si accorge della sua rovina, si vede immerso nel peccato e
grida : « Mi leverò e andrò da mio padre ». Da dove viene questa
speranza, questa franchezza, questa fiducia ? Dal fatto che si
tratta proprio di suo padre. « Ho perso, dice dentro di sé, la mia
condizione di figlio ; ma lui non ha perso la sua condizione di
padre ; Non c’è bisogno di un estraneo per intercedere presso un
padre : il suo affetto interviene e supplica nel più profondo del
cuore. Le sue viscere paterne lo spingono a generare di nuovo il
figlio per mezzo del perdono. Pur colpevole, andrò da mio padre. »
E il
padre, visto il figlio, vela subito la sua colpa. Preferisce la
parte di padre a quella di giudice. Lui che desidera il ritorno del
figlio e non la sua perdita, trasforma subito la sentenza in perdono
… « Gli si gettò al collo e lo baciò ». In questo modo il padre
giudica e corregge : dà un bacio in luogo di un castigo. La forza
dell’amore non tiene conto del peccato. Perciò il padre, con un
bacio, rimette la colpa di suo figlio ; la copre con i suoi
abbracci. Il padre non svela il peccato di suo figlio, non sciupa
suo figlio, ma cura le sue ferite in modo che non lascino nessuna
cicatrice, nessun disonore. « Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa,
e perdonato il peccato » (Sal 31, 1).
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IIA
settimana di Quaresima -
PRIMI VESPRI sabato
Colloquio
con Motovilov
La
grazia del pentimento
di
San Serafino di Sarov nel dicianovesimo secolo
« In
verità, in verità vi dico : chi crede ha la vita eterna » (Gv 6,
47). Chi, grazie alla fede in Cristo, possiede lo Spirito Santo,
anche se, per causa della debolezza umana, ha commesso un peccato
che conduce alla morte dell’anima, non morrà in eterno, ma sarà
risuscitato in virtù della grazia del Nostro Signore Gesù Cristo,
che ha preso su di sé i peccati del mondo e dà gratuitamente grazia
su grazia.
Parlando di questa grazia manifestata al mondo intero e al nostro
genere umano dall’Uomo-Dio, il Vangelo dice : « In lui era la vita e
la vita era la luce degli uomini » e aggiunge : « La luce splende
nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta » (Gv 1, 4-5).
Questo significa che la grazia dello Spirito Santo ricevuta nel
battesimo… nonostante le cadute, nonostante le tenebre dalle quali
la nostra anima è circondata, continua a far risplendere nel nostro
cuore, la sua eterna luce divina, grazie ai meriti inestimabili di
Cristo.
Di
fronte ad un peccatore incallito, questa luce di Cristo dice al
Padre : « Abba, Padre, la tua ira non si infiammi contro tanta
durezza ». E dopo, quando il peccatore si sarà volto al pentimento,
egli cancellerà totalmente le tracce dei delitti commessi, e
rivestirà colui che prima era peccatore di un vestito di
incorruttibilità, tessuto dalla grazia dello Spirito Santo,
dell’acquisizione del quale vi parlo sempre.
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IIIA
settimana di Quaresima -
UR
Domenica
Tratto sul
vangelo di Giovanni, 15,6-7
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Per te ha dato tutto
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Gesù,
stanco per il viaggio, stava così a sedere sul pozzo. Era circa
l'ora sesta. Cominciano i misteri. Non per nulla, infatti, Gesù si
stanca; non per nulla si stanca la forza di Dio… E' per te che Gesù
si è stancato nel viaggio. Vediamo Gesù pieno di forza, e lo vediamo
debole; è forte e debole: forte perché « in principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio »…
Vuoi vedere com'è forte il
Figlio di Dio? « Tutto fu
fatto per mezzo di lui, e niente fu fatto senza di lui » (Gv
1,1-2); e tutto senza fatica.
Chi, dunque, è più forte di lui che ha fatto tutte le cose senza
fatica? Vuoi vedere ora la sua debolezza? « Il Verbo si è fatto
carne e abitò fra noi » (Gv
1,14).
La forza di
Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza
di Cristo ha chiamato all'esistenza ciò che non era, la debolezza di
Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. Con la sua
forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci. E' con
la sua debolezza che egli nutre i deboli, come la gallina nutre i
suoi pulcini: « Quante volte - dice a Gerusalemme - ho voluto
raccogliere i tuoi figli sotto le ali, come la gallina i suoi
pulcini, e tu non l'hai voluto! »
(Lc 13,34)…
Così era Gesù,
debole e stanco per il cammino. Il suo cammino è la carne che per
noi ha assunto. Perché, come potrebbe muoversi colui che è dovunque
e che da nessuna parte è assente? Se va, se viene, se viene a noi, è
perché ha assunto la forma della carne visibile. Poiché dunque si è
degnato di venire a noi apparendo in forma di servo per la carne
assunta, questa stessa carne assunta è il suo cammino. Perciò
« stanco per il cammino », che altro significa se non affaticato
nella carne? Gesù è debole nella carne, ma tu non devi essere
debole; dalla debolezza di lui devi attingere la forza, perché « la
debolezza di Dio è più forte degli uomini »
(1 Cor 1,25).
La sua debolezza è
la nostra forza.
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IIIA
settimana di Quaresima -
VESPRI
Domenica
Lc 13, 1-9
Del
beneficio della pazienza, 3-5: PL 4, 624-625.
Imitare la pazienza di Dio
Di San
Cipriano
Che
grande pazienza quella di Dio ! Fa nascere il giorno e sorgere la
luce del sole sia sopra i buoni che sopra i malvagi. Annaffia la
terra delle sue piogge, e nessuno è escluso dai suoi beni, sicché
l’acqua è concessa indistintamente ai giusti e agli ingiusti. Lo
vediamo agire con uguale pazienza verso i colpevoli e gli innocenti,
i fedeli e gli empi, coloro che rendono grazie e gli ingrati. Per
tutti loro, le stagioni obbediscono agli ordini di Dio, gli elementi
si mettono a loro servizio, i venti soffiano, le sorgenti sgorgano,
le messi crescono in abbondanza, l’uva matura, gli alberi traboccano
di frutti, le foreste inverdiscono, e i prati si coprono di fiori…
Benché Dio abbia il potere
della vendetta, preferisce pazientare a lungo, e aspetta e tarda con
bontà affinché, se fosse possibile, la malizia si attenui col tempo,
e l’uomo…si rivolga finalmente verso Dio, secondo quello che ci dice
lui stesso in questi termini: « Non godo della morte di chi muore,
ma piuttosto che si converta e viva » (Ez 18, 33). E ancora :
« Ritornate a me, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è
misericordioso, benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza » (Gl
2, 13)….
Ora
Gesù ci dice « siate perfetti come è perfetto il vostro Padre
celeste » (Mt 5, 48). Con queste parole ci mostra che, essendo figli
di Dio e rigenerati da una nascita celeste, raggiungiamo il vertice
della perfezione quando la pazienza di Dio Padre dimora in noi e la
somiglianza divina, persa a causa del peccato d’Adamo, si manifesta
e brilla nei nostri atti. Che gloria assomigliare a Dio, che grande
felicità
avere questa virtù degna delle lodi
divine.
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IIIA
settimana di Quaresima -
LODI martedì
1a
Omelia 83, 2.4; PL 38, 515-516 (Nuova Biblioteca Agostiniana)
Quante volte dovrò perdonare al mio
fratello?
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Ogni uomo è
debitore di Dio e ha come debitore il proprio fratello.
Effettivamente chi non è debitore verso Dio se non Colui nel quale
non può riscontrarsi alcun peccato? Chi inoltre non ha come debitore
il proprio fratello, se non colui verso il quale non ha commesso
alcuna colpa? Si può forse trovare tra il genere umano qualcuno che
non si sia reso colpevole di qualche azione cattiva nei riguardi
d'un suo fratello?
Ogni uomo
dunque è debitore, ma tuttavia anch'egli ha un debitore. Ecco perché
il Dio giusto ti ha stabilito una norma rispetto al tuo debitore,
nel modo anch'egli si comporterà col proprio. Poiché due sono le
opere di misericordia che ci liberano e che sono enunciate
brevemente dal Signore stesso nel Vangelo: « Rimettete agli altri e
saranno rimessi anche a voi »; « date e sarà dato anche a voi » (Lc
6, 37-38). Rimettete e saranno rimessi anche a voi, si
riferisce al perdonare. Date e sarà dato anche a voi, si
riferisce a fare la beneficenza.
Per quanto
riguarda il precetto di perdonare, anche tu vuoi ti si perdonino le
colpe che commetti ed hai un altro al quale tu possa perdonare. Per
contro, per quanto riguarda il fare la beneficenza, ti chiede
l'elemosina un mendicante, ma sei anche tu un mendicante di Dio. In
effetti, quando preghiamo, siamo tutti mendicanti di Dio; stiamo
davanti alla porta di casa del gran padre di famiglia, anzi ci
prostriamo con la faccia a terra, gemiamo supplichevoli, desiderosi
di ricevere qualcosa; e questo qualcosa è Dio stesso! Che ti chiede
un mendicante? Del pane. E tu che cosa chiedi a Dio se non Cristo
che dice: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo » (Gv 6, 51) ?
Volete essere perdonati? « Perdonate e sarete perdonati ».
Volete ricevere ? « Date e vi sarà dato ».
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IIIA
settimana di Quaresima - VESPRI martedì
Discorso Morino
35 ; PLS IV, 303
Perdonare di cuore
al proprio fratello
di
San Cesario di Arles nel sesto secolo
Sapete quello che diremo a Dio nella preghiera prima di giungere al
momento della comunione : « Rimetti a noi i nostri debiti come noi
li rimettiamo ai nostri debitori. » Preparatevi dunque dentro di voi
a perdonare, poiché state per incontrare queste parole nella
preghiera. Come le direte ? Forse non le direte ? In definitiva,
questa è proprio la mia domanda : Direte queste parole, sì o no ?
Detesti tuo fratello e pronunci : « rimetti a noi come noi
rimettiamo. » – Evito queste parole, dici. Ma, allora, stai
veramente pregando ? State ben attenti, fratelli. Fra poco,
pregherete : perdonate con tutto il cuore !
Guarda Cristo appeso sulla croce. Ascoltalo pregare : « Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34). Forse
dirai : lui poteva fare questo, io no. Sono uomo e lui è Dio. Non
puoi imitare Cristo ? Perché allora l’Apostolo Pietro ha
scritto : « Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne
seguiate le orme » ( Pt 2, 21) ? Perché l’Apostolo Paolo ci scrive :
« Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi » (Ef 5, 1) ?
Perché il Signore stesso ha detto « Imparate da me, che sono mite e
umile di cuore » (Mt 11, 29) ? Tergiversiamo, cerchiamo delle scuse
quando pretendiamo che sia impossibile ciò che non vogliamo fare…
Fratelli miei, non accusiamo Cristo di averci dato comandamenti
troppo difficili, impossibili da attuare. In tutta umiltà,
diciamogli piuttosto, insieme con il Salmista : « Tu sei giusto,
Signore, e retto nei tuoi giudizi » (Sal 118, 137).
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IIIA
settimana di Quaresima -
LODI mercoledì
Omelia pasquale
(passim)
« Non sono venuto
per abolire, ma per dare compimento »
di
Melitone di Sardi nel secondo secolo
L’immolazione della pecora, il rito della Pasqua e la lettera della
Legge, hanno condotto a Gesù Cristo in vista di cui tutto è successo
nell’antica legge e ancora di più nell’ordine nuovo. Poiché la legge
è diventata il Verbo, e da antica è divenuta nuova, il comandamento
si è trasformato in grazia, la figura in realtà, l’agnello è
diventato Figlio, la pecora è diventata uomo, e l’uomo è divenuto
Dio.
Il
Signore, pur essendo Dio, rivestì l’uomo, soffrì per colui che
soffriva, fu incatenato per colui che era schiavo, fu giudicato per
il colpevole, fu sepolto per colui che era seppellito. Risuscitò dai
morti e dichiarò a gran voce : « Chi disputerà contro di me ?
Compaia qui davanti a me ! » (Is 50, 8) Ho liberato io il condannato
; ho reso io la vita al morto ; ho risuscitato io il sepolto. «Chi
oserà contraddirmi ? » Sono io, disse, che sono il Cristo, che ho
distrutto la morte, che ho trionfato sull’avversario, che ho legato
il nemico potente, che ho portato l’uomo verso il cielo ; io, disse,
sono il Cristo.
Su, venite,
tutte le famiglie degli uomini, impastate di peccati, e ricevete il
perdono dei peccati. Perché sono io il perdono, io la Pasqua della
salvezza, io l’agnello immolato per voi, io il prezzo per il vostro
riscatto, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra
luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Vi porto io, con me
verso il cielo ; vi risusciterò io ; vi farò vedere io il Padre che
esiste da sempre, vi risusciterò io con mano potente.
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IIIA
settimana di Quaresima -
VESPRI mercoledì
Trattato :
la gelosia e l’invidia, 12-15; CSEL 3, 427-430
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1126)
Il compimento
della Legge : l’amore in atto.
di San Cipriano nel terzo secolo
Portare il nome di Cristo e
non camminare sulle orme di Cristo non è forse un tradire il nome di
Dio, e abbandonare la via della salvezza ? Lui stesso infatti
insegna e afferma che giungerà alla vita chi avrà osservato i
comandamenti (Mt 19,17), e che è sapiente chi avrà ascoltato e
obbedito alle sue parole (Mt 7,24) ; e ancora che sarà chiamato il
più grande maestro nel Regno dei cieli chi avrà insegnato e operato
come insegnava ; e che quando ciò che si annunciava con la bocca è
confermato dalle azioni, tornerà a vantaggio di chi predica l’aver
predicato bene e con profitto.
Che
cosa mai il Signore tanto spesso ha inculcato nell’animo dei suoi
discepoli, qual cosa maggiormente comandò di custodire e osservare
tra le ammonizioni salutari e i precetti celesti, se non che ci
amiamo a vicenda con lo stesso amore con cui egli ha amato i
discepoli ? Ma come può mantenere la pace e la carità del Signore
chi a causa della gelosia non può essere né operatore di pace né
amabile ?
Perciò anche Paolo apostolo, enumerando i meriti della pace e della
carità, dopo aver affermato con forza che non gli avrebbero giovato
né la fede, né le elemosine, né la stessa sofferenza del confessore
e del martire se non avesse mantenuto integre e inviolate le
esigenze della carità, aggiunse : « La carità è paziente, è
benigna ; non è invidiosa » (1 Cor 13,4).
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IIIA
settimana di Quaresima -
LODI giovedì
Omelie sul
libro di Giosuè, 15,1-4 ; SC 71, 331,345
Il
combattimento spirituale
di Origene nel
terzo secolo
Se le
guerre [dell’Antico Testamento] non avessero simboleggiato le guerre
spirituali, ritengo che i libri storici dei giudei non sarebbero mai
stati trasmessi ai discepoli di Cristo, lui che è venuto per
insegnare la pace. Mai sarebbero stati trasmessi dagli apostoli come
lettura da fare nelle assemblee. A cosa infatti avrebbero potuto
servire tali descrizioni di guerre per coloro che hanno sentito dire
da Gesù : « Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace » (Gv 14,27),
per coloro ai quali è stato ordinato da Paolo : « Non fatevi
giustizia da voi stessi » (Rm 12,19) e « Perché non subire piuttosto
l’ingiustizia ? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi
appartiene ? » (1 Cor 6,7)
Paolo
sa benissimo che non abbiamo più da fare battaglie materiali ;
invece occorre combattere con ogni sforzo, nel nostro animo, contro
i nostri nemici spirituali. Come farebbe il capo di un esercito,
egli dona questo precetto ai soldati di Cristo : « Rivestitevi
dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo »
(Ef 6,11). E affinché potessimo attingere, agli atti degli antichi,
come a modelli per le guerre spirituali, ha voluto che ci fosse
letto nell’assemblea il racconto delle loro imprese. Così, se saremo
spirituali, noi che impariamo che la « legge è spirituale » (Rm
7,14), ci avvicineremo a tale lettura delle « cose spirituali in
termini spirituali » (1 Cor 2,13). Così possiamo considerare
attraverso quelle nazioni che hanno combattuto visibilmente Israele,
quale è la potenza di queste nazioni di nemici spirituali, di questi
« spiriti del male che abitano nelle regioni celesti » (Ef 6,12),
che sollevano guerre contro la Chiesa del Signore, nuovo Israele.
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IIIA
settimana di Quaresima -
VESPRI giovedì
Omelia
mariana ; SC 72
Il
dito di Dio
Sant’Amedeo
di Lausanne nel dodicesimo secolo
« Mi
venga in aiuto la tua mano ! » (Sal 118, 173). Il Figlio unico del
Padre, per mezzo del quale egli ha creato tutte le cose, è chiamato
la mano di Dio. Questa mano ha operato quando si è incarnata, non
soltanto nel fatto che non ha causato a sua madre nessuna ferita, ma
anche, secondo la testimonianza del profeta, addossandosi le nostre
malattie, caricandosi delle nostre sofferenze (Is 53, 4).
Sicuramente, questa mano, piena di rimedi diversi, ha guarito ogni
malattia. Ha respinto ogni causa di morte ; ha risuscitato dei
morti ; ha frantumato le porte degli inferi ; ha incatenato l’uomo
forte e gli ha strappato via l’armatura ; ha aperto il cielo ; ha
elargito lo Spirito di amore nei cuori dei suoi. Questa mano libera
i prigionieri e dona la vista ai ciechi ; rialza coloro che sono
caduti ; ama i giusti e custodisce i forestieri ; accoglie l’orfano
e la vedova. Strappa dalla tentazione coloro che sono in pericolo ;
ristora, riconfortandoli, coloro che soffrono ; ridà gioia agli
afflitti ; ripara sotto la sua ombra coloro che faticano ; scrive
per coloro che vogliono meditare la sua Legge ; tocca e benedice il
cuore di coloro che pregano ; li rafforza nell’amore, per mezzo del
suo contatto ; li fa progredire e perseverare nella sua azione.
Infine, li conduce alla patria ; li riporta al Padre.
Infatti, si è fatta carne per attirare l’uomo attraverso l’Uomo, per
riportare, nel suo amore, la pecora smarrita al Padre onnipotente e
invisibile. Poiché questa pecora, avendo lasciato Dio, era caduta
« nella carne », era necessario che questa mano, fatta uomo, venisse
a sollevarla « dalla sua carne » per riportarla al Padre, nello
Spirito di amore.
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IIIA
settimana di Quaresima -
LODI venerdì
Libro di Vita di Gerusalemme
capitolo "Amore" - §.1
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IIIA
settimana di Quaresima -
VESPRI venerdì
Vivere uniti agli
altri per essere uniti a Dio
dagli scritti di
Doroteo di Gaza nel quinto secolo
Secondo
voi che cosa sono le comunità? non sono un unico corpo, in cui tutti
sono membra gli uni degli altri? Quelli che le governano sono la
testa; quelli che vigilano e correggono sono gli occhi; quelli che
obbediscono sono le orecchie; quelli che lavorano, le mani; i piedi,
sono i fratelli che adempiono i diversi incarichi e servizi.
Ciascuno
secondo le sue capacità, cercate di restare uniti gli uni agli altri
perché quanto più si è uniti al prossimo, tanto più si è uniti a
Dio.
Perché
comprendiate il senso profondo di queste parole, vi do un'immagine
tratta dai Padri. Immaginate che per terra vi sia un cerchio, una
linea circolare tracciata con un compasso dal punto centrale. Si
chiama centro il punto che sta proprio in mezzo al cerchio.
Prestate
attenzione a quel che vi dirò. Immaginate che questo cerchio sia il
mondo, il punto centrale del cerchio Dio e i raggi che dalla
circonferenza vanno al centro siano le vie cioè i modi di vivere
degli uomini.
Poiché
dunque i santi, spinti dal desiderio di avvicinarsi a Dio, avanzano
verso l'interno, quanto più avanzano, tanto più si avvicinano a Dio
e si avvicinano gli uni agli altri. Quanto più si avvicinano a Dio,
tanto più si avvicinano gli uni agli altri e quanto più si
avvicinano gli uni agli altri, tanto più si avvicinano a Dio.
E
immaginate nello stesso modo la separazione. Infatti è chiaro che
quando si separano da Dio e ritornano verso l'esterno, quanto più
escono e si allontanano gli uni dagli altri tanto più si allontanano
anche da Dio.
Dio ci
renda degni di ascoltare quello che ci è utile e di metterlo in
pratica! Perché quanto più ci preoccupiamo e ci sforziamo di mettere
in pratica quel che abbiamo ascoltato, tanto più anche Dio ci dà
sempre la sua luce e ci fa conoscere la sua volontà.
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IIIA
settimana di Quaresima -
LODI sabato
Moralia, 76
Una
breccia aperta
di
San Gregorio Magno nel VI secolo
Con
quale attitudine il fariseo, che saliva al Tempio per farvi la sua
preghiera, e aveva fortificato la cittadella della sua anima, si
disponeva a digiunare due volte la settimana e pagare le decime di
quanto possedeva. Dicendo « O Dio, ti ringrazio » , è ben chiaro che
aveva messo in atto tutte le precauzioni immaginabili per
premunirsi. Ma lascia una breccia aperta ed esposta al suo nemico
aggiungendo : « Che non sono come questo pubblicano ». Così, con la
vanità, ha concesso al suo nemico di poter entrare nella città del
suo cuore, che purtuttavia egli aveva chiuso con i chiavistelli dei
suoi digiuni e delle sue elemosine.
Tutte
le altre precauzioni sono dunque inutili, quando rimane in noi
qualche apertura attraverso la quale il nemico possa entrare… Questo
fariseo aveva vinto la gola con l’astinenza ; aveva superato
l’avarizia con la generosità… Ma quanti sforzi in vista di questa
vittoria sono stati annientati da un solo vizio ? dalla breccia di
una sola colpa ?
Per
questo, bisogna non soltanto pensare a praticare il bene, ma anche
vegliare con cura sui nostri pensieri, per tenerli puri nelle nostre
opere buone. Perché se sono fonte di vanità o di superbia nel nostro
cuore, combattiamo allora soltanto per vana gloria, e non per la
gloria del nostro Creatore.
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IIIA
settimana di Quaresima -
primi VESPRI sabato
Non ci sia altro vanto della Croce
di Cristo
di San
Cirillo di Gerusalemme nel IV secolo
La
Chiesa universale si gloria di tutte le gesta del Cristo, ma supremo
motivo di gloria è la croce. Lo riconobbe Paolo dicendo : “Quanto
a me poi non ci sia altro vanto che nella croce di Cristo” (Gal
6, 14).
Opera
meravigliosa, infatti, la guarigione del cieco nato che a Siloe
riacquistò la vista, ma che beneficio arrecò ai ciechi di tutto il
mondo ? Opera straordinaria al di sopra delle naturali capacità la
risurrezione di Lazzaro quatriduano, ma chi gratificò oltre lui e
quale vantaggio apportò a quanti nel mondo erano morti per il
peccato ? Opera prodigiosa la moltiplicazione dei cinque pani da cui
si riversarono su cinquemila fonti di sostentamento, ma qual
profitto ne trassero quanti nella miseria dell’ignoranza erano per
il mondo intero affamati di verità ? Opera portentosa la liberazione
della donna da diciotto anni prigioniera di satana, ma che
giovamento recò per l’affrancazione dell’umanità tutta stretta dai
legami del peccato ? Il trionfo sulla croce invece illuminò i ciechi
di spirito, liberò dalle catene del peccato tutti coloro che ne
erano prigionieri, redense tutti gli uomini del mondo.
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IVA
settimana di Quaresima -
U.R. Domenica
Contro le
eresie V,15,2-4 ; SC 153, 205-211
Il cieco nato
di
Sant’Ireneo di Lione nel II secolo
Agendo in favore del cieco nato, non semplicemente con una parola
bensì con un’azione il Signore gli ha reso la vista. Non ha agito in
questo modo senza ragione o per caso, ma per fare conoscere la Mano
di Dio che, in principio, aveva plasmato l’uomo. Perciò quando i
suoi discepoli gli hanno domandato per colpa di chi, sua o dei suoi
genitori quest’uomo era nato cieco, il Signore ha dichiarato : « Né
lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si
manifestassero in lui le opere di Dio ». Queste « opere di Dio »,
sono prima la creazione dell’uomo. Infatti la Scrittura ce la
descrive proprio come un’azione : « Allora il Signore Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo » (Gen 2,7). Per questo il Signore
sputò per terra, fece del fango con la saliva, e plasmò il fango
sugli occhi del cieco. Mostrava così in quale modo ebbe luogo la
creazione originale, e per coloro che erano in grado di capire,
manifestava la Mano di Dio che aveva plasmato l’uomo con la polvere…
E
poiché, in questa carne plasmata in Adamo, l’uomo era caduto nella
trasgressione e quindi aveva bisogno del lavacro di rigenerazione (Tt
3,5), il Signore ha detto al cieco nato, dopo aver spalmato il fango
sui suoi occhi : « Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe ». Gli
concedeva nello stesso tempo il rimodellare e la rigenerazione
operata dal lavacro. Perciò, dopo essersi lavato, « tornò che ci
vedeva », affinché potesse riconoscere colui che lo aveva
rimodellato e imparasse allo stesso tempo chi fosse il Signore che
gli aveva reso la vista…
Così
colui che, in principio, aveva plasmato Adamo e al quale il Padre
aveva detto : « Facciamo l’uomo, a nostra immagine, a nostra
somiglianza » (Gen 1,26), proprio lui, in persona si è manifestato
agli uomini alla fine dei tempi e ha rimodellato gli occhi di questo
discendente di Adamo.
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IVA
settimana di Quaresima -
VESPRI Domenica
Il
ritorno del figlio prodigo
di
San Macario nel quarto secolo
Avviciniamoci
al Signore, alla porta spirituale, e bussiamo perché egli ci apra.
Chiediamo di riceverlo, lui, il pane della vita (Gv 6, 34).
Diciamogli : « Dammi, Signore, il pane della vita, affinch’io viva,
perché vado verso la mia rovina, attanagliato dalla carestia del
peccato. Dammi l’abito luminoso della salvezza, affinché io nasconda
la vergogna della mia anima, perché sono nudo, privato della potenza
del tuo Spirito e vergognoso dell’indecenza delle mie passioni » (Gn
3, 10).
E se egli ti dice : « Avevi un abito, cosa ne hai fatto ? »,
rispondigli : « Ho incontrato dei briganti, mi hanno spogliato e
lasciato mezzo morto, poi mi hanno tolto il vestito e me l’hanno
preso. Dammi sandali spirituali, perché i piedi del mio spirito sono
trafitti dalle spine e dai cardi (Gen 3, 18) ; Erro nel deserto e
non posso più andare avanti. Ridona la vista al mio cuore, affinché
io veda di nuovo ; apri gli occhi del mio cuore, perché i miei
nemici invisibili mi hanno accecato, ricoprendomi del velo della
tenebra, e non posso più contemplare il tuo volto celeste e tanto
desiderato. Dammi l’udito spirituale, perché la mia intelligenza è
sorda e non posso più intendere i tuoi colloqui tanto dolci e
gradevoli. Dammi l’olio di letizia (Sal 44, 8) e il vino della gioia
spirituale, perché io li applichi sulle mie ferite e possa ritrovare
la vita. Guariscimi e rendimi la salute, perché i miei nemici, che
sono briganti temibili, mi hanno lasciato a terra mezzo morto. »
Beata l’anima
che supplica con perseveranza e fede, quale indigente e ferita,
perché riceverà ciò che chiede ; otterrà la guarigione e il rimedio
eterno e verrà vendicata dei suoi nemici, le passioni del peccato.
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IVA
settimana di Quaresima -
LODI martedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "Monaci e Monache" -
§71 e 72
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IVA
settimana di Quaresima -
VESPRI martedì
Disorso per
la Quaresima ; CC Sermon 50, 202-204 ; PL 57, 585A-586B
« Vuoi guarire ?
» La Quaresima conduce al battesimo
di San Massimo di
Torino nel V secolo
Leggiamo nell’Antico Testamento che al tempo di Noè, mentre l’intero
genere umano era in preda al peccato, le cataratte del cielo si sono
aperte e durante quaranta giorni, le piogge si sono abbattute ;
simbolicamente, la terra ha ricevuto l’acqua per quaranta giorni.
Più di un diluvio, si tratta di un battesimo. Infatti è proprio un
battesimo che ha spazzato via l’iniquità dei peccatori e risparmiato
la giustizia di Noè. Allo stesso modo, oggi il Signore ha dato anche
a noi la Quaresima affinché, per lo stesso numero di giorni, si
aprano i cieli per inondarci dell’acquazzone della misericordia
divina. Una volta lavati, nelle acque salutari del battesimo, il
sacramento ci illumina ; come in questi tempi, le acque spazzano via
l’iniquità delle nostre colpe e rassodano la giustizia delle nostre
virtù.
La
situazione di oggi è simile a quella del tempo di Noè. Il battesimo
è diluvio per il peccatore e consacrazione per coloro che sono
fedeli. Nel battesimo il Signore salva la giustizia e distrugge
l’iniquità. Lo vediamo nell’esempio di un unico uomo ; l’apostolo
Paolo, prima di essere stato purificato dai precetti spirituali, era
persecutore e blasfemo. Una volta bagnato dalla pioggia celeste del
battesimo, il bestemmiatore è morto, morto il persecutore, morto
Saul ; allora nasce l’apostolo, il giusto, Paolo… Chiunque vivrà
religiosamente la Quaresima e osserverà le prescrizioni del Signore
vedrà morire in sé il peccato e vivere la grazia : egli succedendo,
in un certo senso, a se stesso, muore in quanto peccatore, e vive
come giusto.
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IVA
settimana di Quaresima -
LODI mercoledì
Gv 5, 17-30
Il Signore
ti invita alla vita
dalla Regola
di San Benedetto nel VI secolo
Il Signore, cercando un operaio tra
la folla, aggiunge : “Chi è colui che desidera la vita e brama
vedere giorni felice?” (Sal 33, 13). Se tu, all’udirlo, rispondi
: “Io”, il Signore ti dice: Se vuoi possedere la vita vera ed
eterna, “preserva la lingua dal male, le labbra da parole
bugiarde. Sta lontano dal male e fa’ il bene, cerca la pace e
perseguila” (Sal 33, 14-15). Se vi comporterete così, i miei
occhi saranno su di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre
preghiere e, prima ancora che mi invochiate, vi dirò: “Eccomi”
(Is 58, 9).
C’è
forse per noi fratelli carissimi, qualcosa di più soave di questa
voce del Signore che ci invita? Dunque, nella sua bontà, il Signore
stesso ci mostra il cammino per giungere alla vita. Orsù. cingiamoci
i fianchi con la fede e con la pratica delle buone opere;
percorriamo la strada, sulla quale ci guida il Vangelo: soltanto
così meriteremo di vedere Dio, che ci ha chiamati nel suo Regno.
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IVA
settimana di Quaresima -
VESPRI mercoledì
La
risurrezione dei corpi
di san
Agostino nel V secolo
“Come
il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di
avere la vita in se stesso” (Gv 5, 26). Comprendano quelli che
ascoltano, credano se vogliono comprendere, obbediscano se vogliono
vivere. Stiano in ascolto, c’è ancora dell’altro; non pensino che il
discorso sulla risurrezione finisca qui. “E gli ha dato il potere
di giudicare” (Gv 5, 27). Chi ha dato il potere ? Il Padre. A
chi l’ha dato ? Al Figlio. Come gli ha dato d’aver la vita in se
stesso, gli ha dato anche il potere di giudicare “perché è figlio
dell’uomo” (ivi). Questo è il Cristo: Figlio di Dio e
figlio dell’uomo. Il Verbo di Dio fatto carne, in quanto generato
come uomo dalla Vergine Maria, è figlio dell’uomo. E proprio perché
figlio dell’uomo, ha ricevuto il potere di giudicare. Quale giudizio
? Quello finale: quando i corpi risorgeranno da morte.
Le
anime, dunque, le risuscita Dio per mezzo di Cristo, Figlio di Dio;
i corpi , è ancora Dio che li risuscita, e sempre per mezzo del
Cristo, ma in quanto figlio dell’uomo. Ha dato a lui il potere: come
figlio dell’uomo non avrebbe questo potere se non lo avesse
ricevuto; ne sarebbe privo alla pari qualsiasi altro uomo. Senonché
quegli stesso del quale si afferma che è figlio dell’uomo, è anche
Figlio di Dio.
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IVA
settimana di Quaresima -
LODI giovedì
Ti ho detto tutto nel mio Figlio
di San Giovanni della Croce nel sedicesimo
secolo
Invero il Signore potrebbe dirci : « Se Io ti ho detto tutta la
verità nella mia Parola, cioè nel mio Figlio, e non ho altro da
manifestarti, come ti posso rispondere o rivelare qualche altra
cosa? » … « Questo è il mio Figlio diletto nel quale mi sono
compiaciuto, ascoltatelo » (Mt 17,5)… Ascoltatelo perché ormai non
ho più materia di fede da rivelare e verità da manifestare…
« Se vuoi che Io ti dica qualche parola di conforto, guarda mio
Figlio, obbediente a me e per amor mio sottomesso ed afflitto, e
sentirai quante cose ti risponderà. Se desideri che io ti sveli
alcune cose o avvenimenti nascosti, fissa in Lui i tuoi occhi e vi
troverai dei misteri molto profondi, la sapienza e le meraviglie di
Dio le quali, secondo quanto afferma il mio Apostolo, sono in Lui
contenute : « Nel quale Figlio di Dio sono nascosti tutti i tesori
della sapienza e della scienza di Dio » (Col 2,3), tesori di
sapienza che saranno per te profondi, saporosi e utili più di tutte
le cose che vorresti sapere. Per questo lo stesso Apostolo si
gloriava dicendo di aver fatto intendere che egli « non conosceva se
non Gesù Cristo e questo crocifisso » (1 Cor 2,2). Inoltre se tu
desideri altre visioni e rivelazioni divine o corporee, mira il
Cristo umanato e vi troverai più di quanto pensi, poiché S. Paolo
afferma a tale proposito: « In Cristo dimora corporalmente tutta la
pienezza della divinità » (Col 2,9).
Per
cui non è più il caso di interrogare Dio come prima, e non è più
necessario che parli, poiché l’intera fede in Cristo è stata
annunciata. Non c’è più materia di fede che debba essere rivelata e
non ce ne sarà mai più.
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IVA
settimana di Quaresima -
VESPRI giovedì
Commento sul
Diatèsaron, I, 18-19 ; SC 121, 52-53
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1408)
La testimonianza
delle Scritture
di
Sant’Efrem Siro nel IV secolo
La
parola del Signore è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge
dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto,
che divenne per ogni uomo da ogni parte, una bevanda spirituale.
Essi mangiarono, dice l’Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una
bevanda spirituale (1 Cor 10,3 ; Es 17,1).
Colui
al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia
altro nella parola di Dio oltre a ciò che egli ha trovato. Si renda
conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una
sola cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non
creda che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la
ricchezza, renda grazie per l’immensità di essa. Rallégrati perché
sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza
della parola ti supera.
Colui
che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a
prosciugare la fonte. È meglio che la fonte soddisfi la tua sete,
piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta
senza che la fonte sia inaridita, potrai bervi di nuovo ogni volta
che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la
tua vittoria sarebbe la tua sciagura. Ringrazia per quanto hai
ricevuto e non mormorare per ciò che resta inutilizzato. Quello che
hai preso o portato via è cosa tua, ma quello che resta è ancora tua
eredità.
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IVA
settimana di Quaresima -
LODI venerdì
Commento al
vangelo di Giovanni, XIX, 12 ; PG 14, 548
Non era ancora giunta la sua ora
di Origene nel terzo secolo
Cercare Gesù è spesso un bene, poiché è come cercare il Verbo, la
verità e la sapienza. Direte però che le parole « cercare Gesù »
sono a volte pronunciate riguardo a coloro che gli vogliono del
male. Per esempio : « Cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a
mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora
». « So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di
uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi » (Gv 8,37).
« Ora cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da
Dio » (Gv 8,40).
Tali
parole… non contrastano con questa altra parola : « Chi cerca
trova » (Mt 7,8). Esistono sempre differenze fra coloro che cercano
Gesù : non tutti lo cercano sinceramente per la loro salvezza e per
ottenere il suo aiuto. Vi sono uomini che lo cercano per
innumerevoli motivi lontanissimi del bene. Perciò hanno trovato lo
pace solo coloro che l’hanno cercato in piena rettitudine, coloro di
cui si può veramente dire che cercano il Verbo che è presso Dio (Gv
1,1), affinché lui li conduca da suo Padre…
Minaccia di andarsene se non è accolto : « Io vado e voi mi
cercherete » (Gv 8,21)… Sa da chi si allontana e accanto a chi
rimane, senza pure essere ancora trovato, affinché se lo cerchiamo,
lo troviamo nel momento favorevole.
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IVA
settimana di Quaresima -
VESPRI venerdì
Lettera 38,
3-4.6 : PL 61, 359-360
La sapienza della
Croce
di San Paolino di
Nola nel quinto secolo
Compiendo il misterioso disegno della sua bontà, il Signore assume
la condizione di servo e consente ad umiliarsi per noi fino alla
morte di croce (Fil 2, 8). Mediante questa umiliazione visibile,
attua la nostra elevazione al cielo, che è interiore e invisibile.
Guarda dove eravamo caduti fin dal principio ; comprendilo bene, è
grazie al disegno della saggezza e della bontà di Dio che siamo
stati resi alla vita. Con Adamo eravamo caduti a causa della
superbia ; per questo, ci umiliamo in Cristo per cancellare l’antica
colpa con la pratica della virtù opposta. Abbiamo offeso il Signore
con la nostra superbia, possiamo ora piacergli mediante la nostra
umiltà.
Rallegriamoci, glorifichiamoci nel Signore, che ha fatto nostri il
suo combattimento e la sua vittoria dicendo : « Abbiate fiducia ; io
ho vinto il mondo » (Gv 16, 33)… Lui che è invincibile, combatterà
per noi, e vincerà in noi. Allora il principe delle tenebre sarà
buttato fuori, perché, anche se non è scacciato dal mondo dove è
ovunque, è scacciato dal cuore dell’uomo ; la fede, quando penetra
in noi, lo respinge per fare largo a Cristo la cui presenza butta
fuori il peccato ed esilia il serpente…
Gli
oratori conservino la loro eloquenza, i filosofi la loro saggezza, i
re i loro regni ; per noi, è Cristo la gloria, le ricchezze e il
regno ; la stoltezza del Vangelo è la nostra saggezza ; la debolezza
della carne è la nostra forza, e lo scandalo della croce è la nostra
gloria.
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IVA
settimana di Quaresima -
LODI sabato
Peri Archôn,
2, 6, 2 : PG 11, 210-211
(in l’Ora
dell’Ascolto p. 2112)
« Nessuno gli
mise le mani addosso »
di Origene
nel terzo secolo
Riscontriamo in Cristo contemporaneamente i lineamenti umani comuni
alla nostra debolezza di mortali, e i lineamenti divini propri
soltanto di quella natura sovrana e ineffabile. Di fronte a ciò,
l’intelligenza umana, troppo piccola, è presa da tale ammirazione da
non sapere che dire e come orientarsi. Sa che Cristo è Dio, e
tuttavia lo vede morire ; se poi lo considera un uomo, ecco che lo
vede risorgere col suo bottino di vittoria dopo aver distrutto il
regno della morte. La nostra contemplazione, meditando nello stesso
Gesù la verità delle due nature, deve procedere con riverente
timore, evitando sia di attribuire cose indegne o sconvenienti
all’ineffabile essenza divina, sia di considerare gli avvenimenti
storici come apparenze illusorie.
In
verità spiegare tali cose a intelligenze umane e cercare di
esprimere parole, è impresa superiore alle nostre forze e ai nostri
meriti e supera l’intelligenza e la parola. Anzi, penso che superi
le capacità degli stessi apostoli. Ancor più : la spiegazione di
questo mistero trascende probabilmente tutto l’ordine delle potenze
celesti.
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IVA
settimana di Quaresima -
PRIMI VESPRI sabato
Dalle «Confessioni» di
sant'Agostino, vescovo(Lib. 10, 26. 37 - 29. 40; CSEL 255-256)
Tutta la mia speranza è risposta nella tua grande misericordia
di San Agostino nel quinto secolo
Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla
mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per
conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per
nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero,
ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o
Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e
contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più
diverse. Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con
chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre
ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui
che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che
piuttosto vuole quello che ha udito da te. Tardi ti ho amato, o
bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu
eri dentro e io fuori, e lì cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su
queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con
te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero
se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la
mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la
mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l'ho respirata, e ora
anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e
aspiro ardentemente alla tua pace.
Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per
il dolore e la fatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te.
E' un fatto che tu sollevi chi riempi; e poiché io non sono ancora
pieno di te, sono di peso a me stesso. In me le mie deprecabili
gioie contrastano con le mie tristezze di cui dovrei rallegrarmi, e
non so da quale parte stia la vittoria.
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VA
settimana di Quaresima -
U.R. Domenica
Discorsi sul
vangelo di Giovanni, 49, 1-3 ; CCL 36, 419-421
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
« Gesù grido a
gran voce : Lazzaro, vieni fuori ! » (Gv 11,43)
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Fra
tutti i miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, quello
della risurrezione di Lazzaro è forse il più strepitoso. Ma se
consideriamo chi è colui che lo ha compiuto, la nostra gioia dovrà
essere ancora più grande della meraviglia. Risuscitò un uomo colui
che fece l'uomo; egli infatti è l'Unigenito del Padre, per mezzo del
quale, come sapete, furon fatte tutte le cose (Gv 1,3). Ora, se per
mezzo di lui furon fatte le cose, fa meraviglia che per mezzo di lui
sia risuscitato uno, quando ogni giorno tanti nascono per mezzo di
lui? …
Tu hai udito
che il Signore Gesù risuscitò un morto: ciò ti basti per convincerti
che, se avesse voluto , avrebbe potuto risuscitare tutti i morti.
Del resto si è riservato di far questo alla fine del mondo; poiché
« verrà l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri, udranno la
sua voce e ne usciranno »; così dice colui che, come avete sentito,
con un grande miracolo risuscitò uno che era morto da quattro
giorni. Egli risuscitò un morto in decomposizione; ma benché in tale
stato, quel cadavere conservava ancora la forma delle membra.
Nell'ultimo giorno, ad un cenno, ricostituirà il corpo dalle ceneri.
Ma bisognava che intanto compisse alcune cose, che a noi servissero
come segni della sua potenza per credere in lui, e prepararci a
quella risurrezione che sarà per la vita, non per il giudizio. E' in
questo senso che egli ha detto: « Verrà l'ora in cui tutti quelli
che sono nei sepolcri, udranno la sua voce e ne usciranno, quelli
che hanno agito bene per la risurrezione della vita, quelli che
hanno agito male per la risurrezione del giudizio » (Gv 5, 28-29)…
Se però rivolgiamo
la nostra attenzione ad opere di Cristo più meravigliose di questa
ci rendiamo conto che ogni uomo che crede risorge; se poi
riuscissimo a comprendere l'altro genere di morte molto più
detestabile, (quello cioè spirituale), vedremmo come ognuno che
pecca muore. Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi
quella dell'anima… Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi
stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno
nella misura che gli uomini amano la vita che fugge!
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VA
settimana di Quaresima -
VESPRI Domenica
Lettere, 26,
11-20 ; PL 16, 1088-1090
(In l'Ora
dell'Ascolto p.477)
La Legge nuova nel
Tempio nuovo
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Gli
scribi e i farisei avevano condotto al Signore Gesù un’adultera con
questo tranello : se l’avesse assolta sarebbe sembrato non tenere in
nessun conto la Legge ; se invece l’avesse condannata, avrebbe
tradito la sua missione, essendo venuto per rimettere i peccati di
tutti…
Mentre essi parlavano, Gesù chinò il capo e si mise a scrivere in
terra col dito. E poiché aspettavano la sua risposta, alzando il
capo disse : « Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra
contro di lei ». Quale cosa è più divina di questa sentenza, che
cioè punisca i peccati solo colui che è senza peccato ? Come
potresti sopportare che punisse i peccati degli altri chi difende i
propri ? Non si condanna da sé colui che condanna in altri ciò che
egli stesso commette ?
Questo disse Cristo, e intanto scriveva in terra. Che cosa ? Forse
così : « Tu osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello,
mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio » (Lc 6,
41). Scriveva in terra con quel dito con cui aveva scritto la Legge
(Es 31, 18). I peccatori « saranno scritti nella polvere » (Ger 7,
13), i giusti in cielo, come disse ai discepoli : « Rallegratevi,
perché i vostri nomi sono scritti nei cieli » (Lc 10, 20).
Udita quella
parola, andarono via uno dopo l’altro « cominciando dai più
anziani », … È ben detto che uscirono fuori coloro che non volevano
essere con Cristo : fuori c’è la lettera, dentro i misteri. Coloro
che vivevano all’ombra della Legge senza poter vedere il sole di
giustizia (Ml 3, 20), nelle sacre letture andavano dietro a cose
paragonabili più alle foglie degli alberi che al frutto.
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VA
settimana di Quaresima -
LODI martedì
Commento al
vangelo di Giovanni, 12, 11
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Innalzato da terra attirerò tutti a me
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Cristo prese sopra di sé la morte, e la inchiodò alla croce, e così
i mortali vengono liberati dalla morte. Il Signore ricorda ciò che
in figura avvenne presso gli antichi: « E come Mosè innalzò il
serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio
dell'uomo, affinché ognuno che crede in lui non perisca, ma abbia la
vita eterna » (Gv 3, 14-15). Gesù allude ad un famoso fatto
misterioso, ben noto a quanti hanno letto la Bibbia… Il Signore,
infatti, ordinò a Mosè di fare un serpente di bronzo, e di
innalzarlo su un legno nel deserto, per richiamare l'attenzione del
popolo d'Israele, affinché chiunque fosse morsicato, volgesse lo
sguardo verso quel serpente innalzato sul legno. Così avvenne; e
tutti quelli che venivano morsicati, guardavano ed erano guariti (Nm
21, 6-9).
Che cosa sono
i serpenti che morsicano? Sono i peccati che provengono dalla carne
mortale. E il serpente innalzato? la morte del Signore in croce. E'
stata raffigurata nel serpente, appunto perché la morte proveniva
dal serpente (Gen 3). Il morso del serpente è letale, la morte del
Signore è vitale. Si volge lo sguardo al serpente per immunizzarsi
contro il serpente. Che significa ciò? Che si volge lo sguardo alla
morte per debellare la morte. Ma alla morte di chi si volge lo
sguardo? alla morte della vita, se così si può dire. E poiché si può
dire, è meraviglioso dirlo. Esiterò a dire ciò che il Signore si
degnò di fare per me? Forse che Cristo non è la vita? Tuttavia
Cristo è stato crocifisso. Cristo non è forse la vita? E tuttavia
Cristo è morto. Ma nella morte di Cristo morì la morte… ; la
pienezza della vita inghiottì la morte. La morte fu assorbita nel
corpo di Cristo. Così diremo anche noi quando risorgeremo, quando
ormai trionfanti canteremo: « O morte, dov'è la tua vittoria?
O morte, dov'è il tuo
pungiglione? » (1 Cor 15, 55).
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VA
settimana di Quaresima -
VESPRI martedì
Discorso
sull’incarnazione del Verbo, 21-22
(In l'Ora
dell'Ascolto p.2908)
« Quando avrete
innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono »
Sant’Atanasio
di Alessandria nel quarto secolo
Qualcuno potrebbe domandare : se era necessario che Cristo
abbandonasse il suo corpo alla morte per il bene di tutti, perché
non l’ha abbandonato semplicemente come qualsiasi uomo, ma si è
lasciato crocifiggere ? Era più conveniente per lui deporre il suo
corpo dignitosamente, piuttosto che subire una morte ignominiosa. Ma
costui si domandi se la sua obiezione non sia troppo umana. Quello
che ha fatto il Salvatore è veramente divino e degno della sua
divinità per più ragioni.
Anzitutto la morte per cui muoiono gli uomini accade per la
debolezza della loro natura : non possono durare a lungo e col tempo
deperiscono, si ammalano, perdono le forze e muoiono. Ma il Signore
non è debole, è la potenza di Dio, il Verbo di Dio : è la stessa
vita. Se avesse deposto il suo corpo in forma privata, su di un
letto, al modo comune degli uomini, si sarebbe pensato… che egli non
aveva nulla di più degli altri uomini… E poi non sarebbe stato
conveniente che soccombesse a una malattia, lui che guariva le
malattie degli altri…
Perché allora non ha evitato la morte come ha evitato le malattie ?
Egli possedeva un corpo appunto per poter morire, e non conveniva
che si sottraesse alla morte impedendo così la risurrezione…
Qualcuno dirà : Egli avrebbe dovuto schivare il complotto dei suoi
nemici, per conservare il suo corpo del tutto immortale. Costui
impari dunque che neppure questo conveniva al Signore. Come non era
degno del Verbo di Dio, che è la vita, mettere a morte il suo corpo
per sua iniziativa, così non era conveniente che egli sfuggisse la
morte che gli veniva dagli altri… Tale atteggiamento non mostrava
affatto la debolezza del Verbo, ma lo faceva conoscere come
Salvatore e Vita… Il Salvatore non veniva a consumare la propria
morte, ma quella degli uomini.
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VA
settimana di Quaresima -
LODI mercoledì
Discorso sul
battesimo, 6-7, PL 13, 1093-94
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 1731 alt.)
« Se il Figlio vi
renderà liberi, sarete liberi davvero »
San
Paciano di Barcellona nel quarto secolo
Fratelli, nel battesimo, abbiamo avuto una nuova nascita … « Se noi
riponiamo la nostra speranza soltanto in questo mondo, siamo da
compiangere più di tutti gli uomini » (1 Cor 15, 19). La nostra vita
materiale, come voi medesimi potete osservare, ha la stessa durata
di quella delle fiere, degli animali, degli uccelli e magari anche
minore. Caratteristica dell’uomo invece è di ottenere quello che
Cristo ha dato per mezzo del suo Spirito, la vita eterna, a patto
però che non pecchiamo più… « La morte è il salario del peccato : ma
dono di Dio è la vita eterna, in Gesù Cristo, nostro Signore » (Rm
6, 23).
Figlioli miei,
prima di tutto, ricordate questo : una volta, le nazioni erano
sottomesse alle potenze delle tenebre ; ora siamo stati liberati,
grazie alla vittoria di Gesù Cristo nostro Signore. Egli ci ha
riscattati… Ha liberato quelli che erano legati in ceppi e ha
spezzato le loro catene, come Davide aveva profetizzato : « Il
Signore solleva quelli che sono caduti, il Signore scioglie quelli
che sono legati, il Signore illumina i ciechi » (Sal 145, 7). E
ancora : « Hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di
lode » (Sal 115, 16). Siamo stati dunque sciolti dalle nostre catene
quando, mediante il sacramento del battesimo, ci siamo raccolti
sotto lo stendardo di Cristo… Siamo stati liberati nel nome e col
sangue di Cristo…
Perciò,
carissimi, ricordiamoci che veniamo lavati una volta sola ; una
volta sola veniamo liberati ; e una volta sola entriamo nel Regno
eterno. Una volta sola sono « beati quelli a cui sono rimesse le
colpe e perdonato il peccato » (Sal 31, 1). Tenete ben stretto
quello che avete ricevuto, conservatelo nella gioia, non vogliate
più peccare.
Conservatevi puri e immacolati per il giorno del Signore.
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VA
settimana di Quaresima -
VESPRI mercoledì
Redemptor
hominis, § 12
La verità vi farà liberi
di Papa Giovanni Paolo II
Gesù Cristo va
incontro all'uomo di ogni epoca, anche della nostra epoca, con le
stesse parole: «Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi».
Queste parole racchiudono una fondamentale esigenza ed insieme un
ammonimento: l'esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della
verità, come condizione di un'autentica libertà; e l'ammonimento,
altresì, perché sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni
libertà superficiale e unilaterale, ogni libertà che non penetri
tutta la verità sull'uomo e sul mondo.
Anche oggi, dopo
duemila anni, il Cristo appare a noi come Colui che porta all'uomo
la libertà basata sulla verità, come Colui che libera l'uomo da ciò
che limita, menoma e quasi spezza alle radici stesse, nell'anima
dell'uomo, nel suo cuore, nella sua coscienza, questa libertà. Quale
stupenda conferma di ciò hanno dato e non cessano di dare coloro
che, grazie a Cristo e in Cristo, hanno raggiunto la vera libertà e
l'hanno manifestata perfino in condizioni di costrizione esteriore!
E Gesù Cristo
stesso, quando comparve prigioniero dinanzi al tribunale di
Pilato…, non rispose forse: «Per questo io sono nato e per questo
sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità» (Gv
18,37)? Con queste parole pronunciate davanti al giudice, nel
momento decisivo, era come se confermasse, ancora una volta, la
frase già detta in precedenza: «Conoscerete la verità, e la verità
vi farà liberi». Nel corso di tanti secoli e di tante generazioni,
cominciando dai tempi degli Apostoli, non è forse Gesù Cristo stesso
che tante volte è comparso accanto ad uomini giudicati a causa della
verità, e non è andato forse alla morte con uomini condannati a
causa della
verità? Cessa Egli forse di essere
continuamente portavoce e avvocato dell'uomo, che vive «in spirito e
verità»?
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VA
settimana di Quaresima -
LODI giovedì
Libro di Vita di Gerusalemme
capitolo "monaci e
monache" - § 56
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VA
settimana di Quaresima -
VESPRI giovedì
Contro le
eresie, 4, 5-7 ; SC 100
« Abramo vide il
mio giorno, e se ne rallegrò »
di
Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
Poiché Abramo era profeta, vedeva nello Spirito il giorno della
venuta del Signore e il disegno della sua Passione, per mezzo della
quale lui stesso e tutti coloro che avessero creduto in Dio
sarebbero stati salvati. E trasalì di una grande gioia (Gn 17, 17).
Abramo quindi conosceva il Signore, poiché desiderò vedere il suo
giorno… desiderò vedere quel giorno per poter anche lui abbracciare
Cristo, e avendolo visto in modo profetico, esultò.
Perciò Simeone, essendo della sua posterità, compieva la gioia del
patriarca dicendo : « Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada
in pace secondo la tua parola ; perché i miei occhi han visto la tua
salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli » (Lc 2, 29)… e
Elisabetta disse [secondo alcuni manoscritti] : « L’anima mia
magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio
Salvatore ». L’esultanza di Abramo scendeva, in tal modo, su coloro
che vegliavano, che vedevano Cristo e credevano in lui. E, da questi
suoi figli, questa esultanza risaliva fino ad Abramo…
A
buon diritto dunque il Signore gli rendeva testimonianza dicendo :
« Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio
giorno : lo vide e se ne rallegrò ». E non disse questo soltanto
riguardo ad Abramo, ma a tutti coloro che, dal principio,
acquistarono la conoscenza di Dio e profetizzarono la venuta di
Cristo. Infatti ricevettero questa rivelazione dal Figlio stesso,
quel Figlio che in questi ultimi tempi si è fatto visibile e
palpabile e si è intrattenuto con gli uomini per far sorgere da
pietre, figli di Abramo (Mt 3, 9) e rendere la sua posterità
numerosa come le stelle del cielo.
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VA
settimana di Quaresima -
LODI venerdì
Dal trattato «Sulla fede: a Pietro»
(Cap. 22, 62; CCL 91a, 726. 750-751)
Egli offrì se
stesso per noi
di san Fulgenzio di Ruspe nel sesto secolo
Nei sacrifici delle vittime materiali, che la stessa santissima
Trinità, solo vero Dio del Nuovo e Vecchio Testamento, comandava
venissero offerti dai nostri padri, veniva prefigurato il
graditissimo dono di quel sacrificio con cui l'unico Figlio di Dio
avrebbe offerto misericordiosamente se stesso per noi.
Egli, infatti, secondo l'insegnamento
dell'Apostolo «ha dato se stesso per noi offrendosi a Dio in
sacrificio di soave odore» (Ef 5, 2). Egli è vero Dio e vero
pontefice, che è entrato per noi nel santuario non con il sangue di
tori e di capri ma con il suo sangue. E questo stava a significare
allora quel pontefice che ogni anno entrava nel Santo dei santi con
il sangue delle vittime.
Questi è dunque colui che in sé solo
offrì tutto quello che sapeva essere necessario per il compimento
della nostra redenzione, egli che è al tempo stesso sacerdote,
sacrificio, Dio e tempio: sacerdote, per mezzo del quale siamo
riconciliati, sacrificio che ci riconcilia, Dio a cui siamo
riconciliati, tempio in cui siamo riconciliati. Tuttavia come
sacerdote, sacrificio e tempio era uomo e solo, perché Dio operava
queste cose in quanto uomo. Invece come Dio non era una Persona sola
perché il Verbo realizzava le medesime cose con il Padre e lo
Spirito Santo. Credi dunque con fede saldissima e non dubitare
affatto che lo stesso Unigenito Dio, Verbo fatto uomo, si è offerto
per noi in sacrificio e vittima a Dio in odore di soavità; a lui,
insieme al Padre e allo Spirito Santo, al tempo dell'Antico
Testamento venivano sacrificati animali dai patriarchi, dai profeti
e dai sacerdoti; e a lui, ora, cioè al tempo del Nuovo Testamento,
con il Padre e lo Spirito Santo con i quali è un solo Dio, la santa
Chiesa cattolica non cessa di offrire in ogni parte della terra il
sacrificio del pane e del vino nella fede e nell'amore.
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VA
settimana di Quaresima -
VESPRI venerdì
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. Guelf. 3; PLS 2, 545-546)
Gloriamoci anche
noi nella Croce del Signore
di Sant’Agostino nel quinto secolo
La passione del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo è pegno
sicuro di gloria e insieme ammaestramento di pazienza.
Che cosa mai non devono aspettarsi dalla grazia di Dio i cuori dei
fedeli! Infatti al Figlio unigenito di Dio, coeterno al Padre,
sembrando troppo poco nascere uomo dagli uomini, volle spingersi
fino al punto di morire quale uomo e proprio per mano di quegli
uomini che aveva creato lui stesso.
Gran cosa è ciò che ci viene promesso dal Signore per il futuro, ma
è molto più grande quello che celebriamo ricordando quanto è già
stato compiuto per noi. Dove erano e che cosa erano gli uomini,
quando Cristo morì per i peccatori? Come si può dubitare che egli
darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi, egli non ha
esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a
credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato
un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli
uomini?
Chi è infatti Cristo? E' colui del quale si dice: «In principio era
il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio»? (Gv 1, 1).
Ebbene questo Verbo di Dio «si fece carne e venne ad abitare in
mezzo a noi» (Gv 1, 14). Egli non aveva nulla in se stesso per cui
potesse morire per noi, se non avesse preso da noi una carne
mortale. In tal modo egli immortale poté morire, volendo dare la
vita per i mortali. Rese partecipi della sua vita quelli di cui
aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da
cui aver la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte.
Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la
sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso
nella morte del Cristo.
Prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita
che da noi non può venire. Ciò che noi peccatori avevamo meritato
per il peccato, lo scontò colui che era senza peccato. E allora non
ci darà ora quanto meritiamo per giustizia, lui che è l'artefice
della giustificazione? Come non darà il premio dei santi, lui
fedeltà personificata, che senza colpa sopportò la pena dei
cattivi?
Confessiamo perciò, o fratelli, senza timore, anzi proclamiamo che
Cristo fu crocifisso per noi. Diciamolo, non già con timore, ma con
gioia, non con rossore, ma con fierezza.
L'apostolo Paolo lo comprese bene e lo fece valere come titolo di
gloria. Poteva celebrare le più grandi e affascinanti imprese del
Cristo. Poteva gloriarsi richiamando le eccelse prerogative del
Cristo, presentandolo quale creatore del mondo in quanto Dio con il
Padre, e quale padrone del mondo in quanto uomo simile a noi.
Tuttavia non disse altro che questo: «Quanto a me non ci sia altro
vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6, 14).
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settimana di Quaresima -
LODI sabato
Gv 10, 45-56
La voce del
sangue di Cristo
di San
Gregorio Magno nel VI secolo
Cristo
subì il tormento della croce per la nostra redenzione. Egli solo fra
tutti offrì a Dio una preghiera pura, perché nel dolore stesso della
passione pregò per i persecutori dicendo : “Padre, perdonali
perché non sanno quel che fanno” (Lc 23, 34). Che si può dire,
che si può immaginare di più puro della sua misericordiosa
intercessione in favore di chi lo fa soffrire? Così avvenne che i
persecutori, divenuti credenti, bevvero il sangue del nostro
Redentore che nella loro crudeltà avevano versato, e proclamarono
che egli era Figlio di Dio. Di questo sangue ben a proposito Giobbe
dice : “O terra, non coprire il mio sangue e non ci sia luogo che
nasconda il mio grido” (Gb 16, 19).
All’uomo peccatore fu detto: “ Sei terra e in terra tornerai”
(Gen 3, 19). Questa terra non ha coperto il sangue del nostro
Redentore, perché ogni peccatore, assumendo il prezzo della sua
redenzione, ne fa oggetto della sua fede, della sua lode e del suo
annuncio agli altri. La terra non ha coperto il suo sangue, anche
perché la santa chiesa ha predicato ormai in tutte le parti del
mondo il mistero della propria redenzione. Lo stesso sangue della
redenzione che viene assunto è il grido del nostro Redentore del
quale Paolo dice : “Questo sangue versato ha una voce migliore
del sangue di Abele” (Eb 12, 24). Ora a proposito del sangue di
Abele Dio aveva detto : “Il sangue di tuo fratello grida fino a
me dalle terra” (Gen 4, 10).
Ma il
sangue di Gesù ha una voce migliore del sangue di Abele, perché il
sangue di Abele chiedeva la morte del fratricida, mentre il sangue
del Signore impetra la vita dei persecutori. Ora, se vogliamo che
non sia vano per noi il sacramento della passione del Signore,
dobbiamo imitare ciò che riceviamo e annunziare agli altri ciò che
adoriamo. Il suo grido infatti non trova in noi risonanza se la
lingua tace ciò che l’anima crede. E affinché il suo grido non
rimanga in noi soffocato, è necessario che ciascuno, secondo le sue
possibilità, renda testimonianza ai fratelli del mistero della
propria rigenerazione.
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settimana di Quaresima -
PRIMI VESPRI sabato
O Croce
eletta al ministero dell’umana redenzione
di San Pier Damiani nel XI secolo
O beata
croce che con nuovo genere di sospensione hai meritato sollevare
Colui che né il cielo né la terra possono sostenere !
O croce, più pura del
cristallo, più scintillante dell’oro, che sei stata adornata delle
membra del Salvatore come da gemme primaverili e da perle !
O croce, più fulgida
della luna, più splendente del sole che in forza della grandezza del
lume divino precedi la luce delle stelle e tutti gli astri del cielo
!
Tu sola fra tutti gli
alberi delle selve sei stata eletta al ministero dell’umana
redenzione.
Tu hai meritato di
sostenere quel perno in forza del quale il cielo ruota, la terra sta
sospesa e si libra l’intera macchina del mondo, che mai potrà
cadere.
Ti temono gli inferi, ti
venerano gli angeli, ti ammira ogni cosa creata .
O albero veramente
nobile, che certamente procedi per nascita da une radice terrena ma
che espandi i tuoi rami felici al di sopra degli astri del cielo.
Un tempo, veramente, il
tuo frutto era destinato all’inferno, ma ora tu fai germogliare dei
cedri per il paradiso e da te derivano quelle pietre vive, con cui
si costruiscono gli edifici della Gerusalemme Celeste.
O croce gloriosa, che
tutti benedici, o croce benedetta che da tutti sei benedetta !
La tua benedizione
infatti santifica ogni cosa e la benedizione di tutte le cose,
abbondando, ridonda su di te.
O Croce venerabile, o
Croce adorabile, forma mirabile, figura terribile !
Come infatti si fonde la
cera alla presenza del fuoco, così periscono i peccatori alla tua
presenza, né i fantasmi trovano più il luogo per trattenersi a fare
del male, non appena vedono il tuo simbolo.
O croce amabile e
diletta, troppo bella e soave !
Chi mai, o beata croce,
esalterà con lodi adeguate te, sulla quale l’autore della vita,
morendo, ha fatto morire la morte e, quasi inghiottendola, ha
risuscitato noi, già morti, alla sua gloria immortale ?
Salva, ti prego, benedici
e proteggi o immagine benedetta questo popolo che oggi, qui adunato,
esulta per le tue lodi.
Colui che ti ha voluta
come strumento della nostra redenzione, si degni per mezzo tuo di
trasferirci a condividere la sua gloria e coloro che attraverso di
te Egli ha strappato alle catene della schiavitù, ancora per mezzo
tuo, secondo la sua promessa, siano costituiti eredi del Regno.
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VA
settimana di Quaresima -
VEGLIA delle Palme - sabato
Dai «Discorsi
(Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994)
Benedetto colui
che viene nel nome del Signore, il re d'Israele
di
sant'Andrea di Creta nell’ottavo secolo
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro
a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente
alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della
nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E'
disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di
ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni
altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per
conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non
contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce»
(Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito
dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta
verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non
però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o
di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in
umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le
nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e
riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere.
Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto.
Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o
meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro
intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.
Egli salì verso oriente sopra i cieli dei cieli (cfr.
Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino,
come principio e anticipazione della nostra condizione futura.
Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole
sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della
terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo
noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi
fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate
a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi
rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché
quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di
Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche
distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi
in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al
candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non
più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami
spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli,
acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del
Signore, il re d'Israele».
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Domenica
delle Palme - U.R.
Discorso sui
rami delle palme ; SC 202, 188
« Benedetto colui che viene nel
nome del Signore »
Beato
Guerrico d’Igny nel undicesimo secolo
La
festa di oggi, in due aspetti molto differenti, presenta ai figli
dell’uomo, colui al quale anela la nostra anima (Is 26,9), « il più
bello tra i figli dell’uomo » (Sal 44,3). Attira il nostro sguardo
sotto due aspetti ; sotto l’uno e l’altro lo desideriamo e l’amiamo,
perché in entrambi è il Salvatore degli uomini…
Se
consideriamo allo stesso tempo la processione di oggi e la Passione,
vediamo Gesù, da un lato, sublime e glorioso, e dall’altro, umiliato
e sofferente. Infatti nella processione riceve gli onori regali, e
nella Passione lo vediamo castigato come un malfattore. Nella prima,
la gloria e l’onore lo circondano ; nella seconda, « non ha
apparenza né bellezza » (Is 53,2). Nella prima, egli è la gioia
degli uomini e la gloria del popolo ; nella seconda, è « l’infamia
degli uomini, e il rifiuto del popolo » (Sal 21,7). Nella prima
acclamano : « Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene
nel nome del Signore, il re d’Israele !» ; nella seconda urlano che
merita la morte e lo deridono perché si è fatto re d’Israele. Nella
prima, accorrono da lui coi rami delle palme ; nella seconda, lo
schiaffeggiano in viso con le palme delle mani, e gli percuotono il
capo con la canna. Nella prima, è colmato di elogi ; nella seconda è
nauseato dalle ingiurie. Nella prima, si disputano per stendere sul
suo percorso i propri mantelli. nella seconda, lo spogliano dei suoi
vestiti. Nella prima, lo ricevono a Gerusalemme come re giusto e
Salvatore ; nella seconda, è cacciato fuori da Gerusalemme come un
criminale e un impostore. Nella prima, è seduto su un asino,
circondato di doni ; nella seconda, è appeso al legno della croce,
lacerato dalle fruste, trafitto di piaghe e abbandonato dai suoi…
Signore Gesù, sia che il tuo volto appaia glorioso o umiliato,
sempre vi si vede brillare la sapienza. Sul tuo volto risplende il
riflesso della luce perenne (Sap 7,26). Risplenda sempre su di noi,
Signore, la luce del tuo volto (Sal 4,7) nella tristezza come nella
gioia… Sei la gioia e la salvezza di tutti, che ti vedano seduto su
un asino o appeso al legno della croce.
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Domenica
delle Palme - VESPRI
Meditazione
sulla Passione
Oggi vedete quanto
il Signore ha fatto per noi
di
Giovanni Taulero nel quattordicesimo secolo
Venite, voi
tutti che amate Dio ; vedete quanto il Signore ha fatto per voi.
Venite, voi tutti che siete stati riscattati mediante il sangue
purissimo dell’Agnello innocente ; venite e capite quanto egli ha
sofferto a causa del nostro peccato. Oggi si apre per noi il Libro
di Vita, i sette sigilli vengono sciolti (Ap 6). La verità
risplende, in essa vengono manifestate tutte le ricchezze della
sapienza e della scienza (Rm 11,333) ; Si apre una sorgente che
contiene i misteri di Dio.
Oggi
si squarcia l’antico velo (Mt 27,51), tutte le figure fanno largo
alla realtà. Il Santo dei santi viene spalancato, grazie a Gesù,
sommo sacerdote. Il sacrificio offerto da lui non è altro che il
proprio sangue. Oggi, in Cristo, viene rivelato il senso di tutti i
simboli, tutti i misteri sono svelati. Oggi viene aperto il tesoro
immenso del padre di famiglia, in cui attingeranno a piene mani
tutti i poveri, tutti i deboli, tutti gli oppressi. Ognuno può
attingere alle piaghe del Salvatore la grazia di cui ha bisogno.
Oggi
viene manifestato innanzitutto il mirabile mistero : il Re degli
uomini si fa feccia del genere umano ; l’Altissimo si fa l’ultimo di
tutti ; il Figlio unico di Dio si offre liberamente sulla croce per
tutti noi peccatori. Vuole inchiodare il peccato sulla croce,
uccidere la morte e, mediante il suo sangue prezioso, distruggere il
documento scritto del nostro debito (Col 2,14), dove erano annotate
le nostre colpe…
Non
ha forse detto : « Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a
me » (Gv 12,32) ? Tutti, cioè tutti gli uomini, qui tutti vengono
radunati. Tanti uomini incontrano la croce ; in mezzo a tante
tribolazioni, Dio li porta alla sua croce, per attirarli a sé.
Allora portano volentieri la loro croce ; e diventano i suoi veri
amici.
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Settimana
Santa - LODI martedì
santo
2006-04-11
Discorsi 76,
317 ; PL 57, 353
Le lacrime di
Pietro
di
San Massimo di Torino nel quinto secolo
Il
Signore voltatosi, guarda Pietro. E Pietro accorgendosi di ciò che
ha appena detto, si pente e piange...; si scioglie in lacrime e
rimane muto... (Lc 22,61-62). Infatti, le lacrime sono propriamente
delle preghiere mute; meritano il perdono pur senza invocarlo; senza
perorare la loro causa, ottengono misericordia... Le parole possono
non riuscire ad esprimere una preghiera, le lacrime mai; le lacrime
esprimono sempre ciò che proviamo, mentre le parole possono essere
impotenti. Per questo Pietro non ricorre più a parole: le parole lo
avevano spinto a tradire, a peccare, a rinnegare la sua fede.
Preferisce confessare il suo peccato con le lacrime, avendo prima
rinnegato con le parole...
Imitiamolo invece in quello che dice, quando il Signore gli domanda
tre volte: “Simone, mi vuoi bene?” (Gv 2117). Tre volte risponde:
“Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Il Signore gli dice
allora: “Pasci le mie pecorelle”, e ciò tre volte. Questa parola
compensa il suo smarrimento precedente; colui che aveva rinnegato il
Signore tre volte lo confessa tre volte; tre volte si è reso
colpevole, tre volte ottiene la grazia con il suo amore. Vedete
dunque quanto beneficio Pietro ha tratto dalle sue lacrime!... Prima
di versare lacrime era un traditore; versate le lacrime, venne
scelto come pastore, e colui che si era comportato male ricevette
l’incarico di condurre gli altri.
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Settimana
Santa - VESPRI martedì
santo
Trattato sul
vangelo di Luca 10, 49-52, 87-89 ; SC 52, 173, 185
« In verità ti
dico : non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre
volte »
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Fratelli, convertiamoci : stiamo attenti che non avvengano, per
nostra rovina, litigi fra di noi riguardo ai primi posti. Se gli
apostoli hanno litigato (Lc 22,24), non è certo per offrirci una
scusa ; è un invito a stare attenti. Certamente, Pietro si è
convertito il giorno in cui ha risposto alla prima chiamata del
Maestro. Ma chi può dire della propria conversione, che è stata
compiuta in una volta sola ?
Il
Signore ci ha dato l’esempio. Avevamo bisogno di tutto ; lui, pur
non avendo bisogno di nessuno, si mostra maestro in umiltà,
mettendosi al servizio dei suoi discepoli… Quanto a Pietro,
certamente pronto nello spirito ma ancora debole nelle disposizioni
del corpo (Mt 26,41), venne avvertito che stava per rinnegare il
Signore. La Passione del Signore trova degli imitatori ma non dei
pari. Per cui non rimproverò a Pietro di aver rinnegato il Signore ;
mi congratulo piuttosto con lui per il fatto di aver pianto.
Rinnegare dipende dalla nostra comune condizione; il piangere è
segno di virtù, di forza interiore… Eppure se anche noi lo scusiamo,
lui non si è scusato… Ha preferito accusare in prima persona il suo
peccato e giustificarlo con una confessione, piuttosto che aggravare
la sua situazione negando. E ha pianto…
Leggo
che ha pianto, non leggo che si sia scusato. Quello che non si può
difendere, può essere lavato ; le lacrime possono lavare le mancanze
che ci si vergogna di confessare ad alta voce… Le lacrime dicono la
colpa senza tremare… ; le lacrime non chiedono il perdono eppure lo
ottengono… Buone lacrime che lavano la colpa ! Per questo piangono
quelli che Gesù guarda. Pietro ha rinnegato una prima volta e non ha
pianto perché il Signore non lo aveva guardato. Ha rinnegato una
seconda volta e non ha pianto perché il Signore non lo aveva ancora
guardato. Ha rinnegato una terza volta ; Gesù l’ha guardato e lui ha
pianto amaramente.
Guardaci, Signore Gesù, perché sappiamo piangere i nostri peccati.
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Settimana
Santa - LODI mercoledì
Catechesi 13,
§6
« Il mio tempo è
vicino ; farò la Pasqua da te »
di
San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo
Sicuramente, vuoi che ti sia dimostrato che Cristo sia andato
volontariamente incontro alla Passione ? Gli altri muoiono contro la
loro volontà, perché muoiono nel buio. Lui invece diceva, in
anticipo, riguardo alla sua Passione : « Il Figlio dell’uomo sarà
consegnato per essere crocifisso » (Mt 26,2). Sai forse perché quel
misericordioso non ha sfuggito la morte ? Affinché il mondo intero
non affondasse nei suoi peccati : « Ecco, noi stiamo salendo a
Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato e crocifisso » (Mt
20,18) e ancora : « Si diresse decisamente verso Gerusalemme » (Lc
9,51).
Vuoi
anche sapere con certezza che la croce è stata per Gesù una gloria ?
Ascolta, lui te lo dice, e non io. Giuda, vinto dall’ingratitudine
verso il suo ospite, stava per consegnarlo ; appena uscito da
tavola, bevuto il calice della benedizione, invece di ringraziamento
per tale bevanda di salvezza, decise di spargere il sangue
innocente. Avendo mangiato il pane del Maestro, lo ringraziava in un
modo spudorato, facendolo cadere… Poi Gesù disse : « È giunta l’ora
che sia glorificato il Figlio dell’uomo » (Gv 12,23). Vedi come egli
sa che la croce è la sua gloria ? … Non che prima egli sia stato
senza gloria, poiché era stato glorificato « con quella gloria che
aveva presso il Padre prima che il mondo fosse » (Gv 17,5). In
quanto Dio, era glorificato da sempre, mentre ora, è stato
glorificato per aver meritato la corona grazie alla sua costanza
nella prova.
Egli
non morì contro la sua volontà, né fu la violenza a sacrificarlo, ma
offrì se stesso volontariamente. Ascolta quello che dice : « Io ho
il potere di dare la mia vita e il potere di riprenderla » (Gv
10,18) ; cedo volontariamente ai miei nemici la mia vita, perché se
non lo volessi, nulla accadrebbe. Egli dunque andò volontariamente
alla sua passione, lieto di un’opera così sublime, pieno di intima
gioia per la vittoria cioè per la salvezza degli uomini.
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Settimana
Santa - VESPRI mercoledì
Dialogo
della Divina Provvidenza, 37
La disperazione di
Giuda
di
Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo
“Giuda si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi
sacerdoti e agli anziani dicendo: “Ho peccato, perché ho tradito
sangue innocente”. Ma quelli dissero: “Che ci riguarda? Veditela
tu.” Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e
andò a impiccarsi” (Mt 27,3-5).
Dio
disse a Santa Caterina: Il peccato imperdonabile, in questo mondo e
nell’altro, è quello dell’uomo che, disprezzando la mia
misericordia, non ha voluto essere perdonato. Per questo lo ritengo
il più grave, e per questo la disperazione di Giuda mi attristò
maggiormente, e fu più penosa a mio Figlio del suo tradimento. Gli
uomini saranno dunque condannati a causa di questo giudizio
sbagliato, che gli fa credere che il loro peccato sia più grande
della mia misericordia... Sono condannati per la loro ingiustizia
quando si lamentano della loro sorte più dell’offesa che mi hanno
fatto.
Proprio allora infatti sono ingiusti: non mi rendono ciò che mi
appartiene, né rendono a loro ciò che appartiene loro. A me sono
dovuti l’amore, il pentimento per la colpa e la contrizione; devono
offrirmeli a causa delle loro offese, ma fanno tutto il contrario.
Non hanno amore né compassione se non per loro stessi, poiché non
sanno altro che lamentarsi dei castighi che li aspettano. Vedi
dunque che commettono un’ingiustizia, e per questo si scoprono
doppiamente puniti per aver disprezzato la mia misericordia.
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Settimana
Santa - LODI giovedì
La preghiera
della Chiesa, 19-20
« Dove vuoi che ti
prepariamo, per mangiare la Pasqua ? »
di
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]
Sappiamo dai racconti degli evangelisti che Cristo ha pregato come
ogni ebreo credente e fedele alla Legge… Pronunciò le antiche
orazioni di benedizione, che ancora oggi sono recitate, per il pane,
il vino e i frutti della terra, come ne testimoniano i racconti
dell’ultima Cena, tutta consacrata all’adempimento di uno dei
obblighi religiosi più santi : il solenne pasto della Pasqua, il
quale commemorava la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Forse in
questo momento ci è data la visione più profonda della preghiera di
Cristo, e come una chiave che ci introduce nella preghiera di tutta
la Chiesa…
La
benedizione e la condivisione del pane e del vino facevano parte del
rito del pasto pasquale. Ma l’una e l’altra ricevono qui un senso
interamente nuovo. In questo momento nasce la vita della Chiesa.
Certo, essa nasce in quanto comunità spirituale e visibile soltanto
alla Pentecoste. Ma alla Cena, si compie l’innesto del tralcio sul
ceppo, che rende possibile l’effusione dello Spirito. Le antiche
orazioni di benedizione sono divenute nella bocca di Cristo, parole
creatrici di vita. I frutti della terra sono divenuti la sua carne e
il suo sangue, pieni della sua vita…
La Pasqua dell’antica
Alleanza è divenuta la Pasqua dell’Alleanza nuova.
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Settimana
Santa - ORA MEDIA
giovedì santo
Dalle «Catechesi» di Gerusalemme
(Catech. 22, Mistagogica 4, 1. 3-6. 9; PG 33, 1098-1106)
Il pane del cielo
e la bevanda di salvezza
dalle Catechesi di Gerusalemme nel quarto
secolo
«Il Signore
Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver
reso grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo:
Prendete e mangiate; questo è il mio corpo. E preso il calice rese
grazie, e disse: Prendete e bevete; questo è il mio sangue» (1 Cor
11,23). Poiché egli ha proclamato e detto del pane: «Questo è il mio
corpo», chi oserà ancora dubitare? E poiché egli ha affermato e
detto: «Questo è il mio sangue» chi mai dubiterà, affermando che non
è il suo sangue?
Perciò riceviamoli con tutta certezza come corpo e sangue di Cristo.
Nel segno del pane ti vien dato il corpo e nel segno del vino ti
vien dato il sangue, perché, ricevendo il corpo e il sangue di
Cristo, tu diventi concorporeo e consanguineo di Cristo. Avendo
ricevuto in noi il suo corpo e il suo sangue, ci trasformiamo in
portatori di Cristo, anzi, secondo san Pietro, diventiamo consorti
della natura divina.
Un giorno Cristo, disputando con i Giudei, disse: Se non mangiate la
mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita
(cfr. Gv 6, 53). E poiché quelli non capirono nel giusto senso
spirituale le cose dette, se ne andarono via urtati, pensando che li
esortasse a mangiare le carni.
C'erano anche nell'antica alleanza i pani dell'offerta, ma poiché
appartenevano all'Antico Testamento, ebbero termine. Nel Nuovo
Testamento c'è un pane celeste e una bevanda di salvezza, che
santificano l'anima e il corpo. Come infatti il pane fa bene al
corpo, così anche il Verbo giova immensamente all'anima.
Perciò non guardare al pane e al vino eucaristici come se fossero
semplici e comuni elementi. Sono il corpo e il sangue di Cristo,
secondo l'affermazione del Signore. Anche se i sensi ti fanno
dubitare, la fede deve renderti certo e sicuro.
Bene istruito su queste cose e animato da saldissima fede, credi che
quanto sembra pane, pane non è, anche se al gusto è tale, ma corpo
di Cristo. Credi che quanto sembra vino, vino non è, anche se così
si presenta al palato, ma sangue di Cristo. Di queste divine realtà
già in antico David diceva nei Salmi: «Il pane che sostiene il suo
vigore e l'olio che fa brillare il suo volto» (Sal 103, 15). Ebbene
sostieni la tua anima, prendendo quel pane come pane spirituale, e
fa' brillare il volto della tua anima.
Voglia il cielo che con la faccia illuminata da una coscienza pura,
contempli la gloria del Signore, come in uno specchio, e proceda di
gloria in gloria, in Cristo Gesù, Signore nostro. A lui onore,
potestà e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
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Settimana
Santa - UFFICIO DELLE
TENEBRE venerdì santo
Dalle «Catechesi» di, vescovo
(Catech. 3, 13-19; SC 50, 174-177)
La forza del
sangue di Cristo
di San Giovanni Crisostomo nel quarto
secolo
Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la
figura, scorrendo le pagine dell'Antico Testamento.
«Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo
sangue segnate le porte» (Es 12, 1-14). Cosa dici, Mosè? Quando mai
il sangue di un agnello ha salvato l'uomo ragionevole? Certamente,
sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del
sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza
nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell'antico simbolo, ma
quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei
fedeli, sulla porta del tempio di Cristo.
Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di
questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale
sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del
Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il
vangelo, s'avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia
il costato: ne uscì acqua e sangue. L'una simbolo del Battesimo,
l'altro dell'Eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il
tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di
trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accade per l'Agnello: i
Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel
sacrificio.
E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34).
Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho
ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che
quell'acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e
dell'Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da
questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo
per mezzo del Battesimo e dell'Eucaristia. E i simboli del Battesimo
e dell'Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato
che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu
formava Eva.
Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa
l'espressione: «Osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne» (Gn 2,
23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò
la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l'acqua e il
sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di
Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il
sangue e l'acqua durante il sonno della sua morte.
Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con qualche
cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue
alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col
proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue
coloro che ha rigenerato.
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Settimana
Santa - UFFICIO DELLA
DISCESA AGLI INFERI sabato santo
In Domini
corporis supulturam ; PG 98, 251-260
Adamo dove sei?
di San Germano di Costantinopoli
nell’ottavo secolo
« Il
popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce ; su coloro
che abitavano in terra tenebrosa, una luce rifulse » (Is 9, 1), la
luce della redenzione. Visto il Tiranno ferito a morte, questo
popolo torna dalle tenebre alla luce ; passa dalla morte alla vita.
Che
la tua croce sia un trionfo, le pietre stesse lo gridano, queste
pietre del calvario dove, secondo un’antica tradizione dei padri, fu
sepolto Adamo, nostro primo padre. « Adamo, dove sei ? » (Gn 3, 9)
grida di nuovo Cristo. « Sono venuto a cercarti e, per poterti
trovare, ho steso le mani sulla croce. Con le mani stese, mi rivolgo
al Padre per rendere grazie per averti trovato, poi rivolgo le mani
anche verso di te per abbracciarti. Non sono venuto per giudicare il
tuo peccato, bensì per salvarti per il mio amore per gli uomini (Gv
3, 17) ; non sono venuto per maledirti per la tua disubbidienza,
bensì per benedirti con la mia ubbidienza. Ti coprirò con le mie
penne, sotto le mie ali troverai rifugio, la mia fedeltà ti coprirà
dello scudo della croce e non temerai i terrori della notte (Sal 90,
1-5) perché conoscerai il giorno che non tramonta (Sap 7, 10).
Cercherò la tua vita nascosta nelle tenebre e nell’ombra della morte
(Lc 1, 79). Non mi darò riposo finché, umiliato e disceso fino agli
inferi per cercarti, non ti abbia ricondotto in cielo.
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Settimana
Santa - U.R. giorno di
Pasqua
Questa festa
supera tutte le altre
di san Gregorio Magno, nel sesto secolo
Non deve
stupire se anche dopo la sua gloriosa risurrezione il Signore fece
conoscere solo per gradi l’incorruttibilità del corpo da lui
assunto. Luca c’informa che dapprima alle donne che lo cercavano nel
sepolcro inviò degli angeli ; in seguito apparve in persona, ma
senza darsi a conoscere, ai discepoli che parlavano di lui lungo la
via : si diede a conoscere il pane ; finalmente, entrato
all’improvviso nel cenacolo, non soltanto si diede a conoscere ma si
fece anche toccare.
Poiché il
cuore dei discepoli era ancora esitante e dubbioso, era necessario,
per la rivelazione d’un tale mistero, somministrare loro il
nutrimento in modo tale che cercando trovassero a poco a poco
qualcosa, trovando crescessero e, crescendo, più solidamente
entrassero in possesso delle cose conosciute. Non tutto d’un colpo,
quindi, ma attraverso un crescendo graduale di fatti e di parole,
un passo dopo l’altro, siamo guidati verso l’eternità.
E giusto
insistere sulla grandezza di questa festività, perché essa supera
tutte le altre. Come nel linguaggio biblico si usano le espressioni
“Santo dei Santi o “Cantico dei cantici” per esprimere un concetto
di superiorità, cosi questa festa potrebbe essere con proprietà
chiamata solennità delle solennità. In essa ci è stato dato un
esempio di risurrezione, fu posta la speranza della patria celeste
per cui possiamo tendere col desiderio alla gloria celeste per cui
possiamo tendere col desiderio alla gloria del regno eterno.
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Settimana Santa -
VESPRI giorno di Pasqua
Discorso 3 per
la Risurrezione ; PG 43, 465
« Questo è il
giorno fatto dal Signore : giorno di giubilo e di gioia »
Sant’Epifanio di Salamina nel quarto
secolo
Il
Sole di giustizia (Ml 3,20) scomparso da tre giorni, sorge oggi e
illumina tutta la creazione : Cristo, al sepolcro da tre giorni,
eppure vivo da tutti i secoli ! Cresce come una vigna e riempie di
gioia tutta la terra abitata. Fissiamo i nostri occhi sul sorgere
del Sole che non conoscerà tramonto ; precediamo il giorno e siamo
pieni della gioia per tale luce !
Le
porte degli inferi sono state spezzate da Cristo, i morti si
drizzano come da un sonno. Cristo, risurrezione dei morti, sorge e
viene a svegliare Adamo. Cristo, risurrezione di tutti i morti,
sorge e viene a liberare Eva dalla maledizione. Cristo, che è la
risurrezione, sorge e ha trasfigurato nella sua bellezza ciò che era
senza bellezza né apparenza (Is 53,2). Come un dormiente, il Signore
si è svegliato e ha sventato tutti gli stratagemmi del nemico. È
risorto e ha dato la gioia a tutta la creazione ; è risorto e la
prigione degli inferi è stata svuotata ; è risorto e ha trasformato
il corruttibile in incorruttibile (1 Cor 15,53). Cristo risorto ha
stabilito Adamo nell’incorruttibilità, sua primitiva dignità.
In
Cristo, oggi la Chiesa diviene un cielo nuovo (Ap 21,1), un cielo
più bello da contemplare del sole visibile. Il sole che vediamo ogni
giorno non è paragonabile a questo Sole ; come un servo compreso di
rispetto, si è eclissato davanti a lui, quando l’ha visto inchiodato
sulla croce (Mt 27,45). Di questo Sole ha detto il profeta : « Per
voi, cultori del mio nome, sorgerà il Sole di giustizia » (Ml 3,20)…
In lui, Cristo, Sole di giustizia, la Chiesa diviene un cielo
risplendente di molte stelle, nate dalla piscina battesimale in una
luce nuova. « Questo è il giorno fatto dal Signore ; rallegriamoci
ed esultiamo in esso » (Sal 117, 254), pieni di un’esultanza divina.
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Ottava di
Pasqua - LODI martedì
Gv 20,
11-18
Discorsi
sul Vangelo, 25 ;
PL 76, 1188
« Perché piangi ? »
San
Gregorio Magno nel sesto secolo
Maria, mentre piangeva, si chinò e guardò nel sepolcro. Eppure aveva
già visto che era vuoto, e aveva annunciato la scomparsa del
Signore. Perché allora si china ancora? Perché ancora desidera
vedere? Perché l’amore non si accontenta di un solo sguardo; l’amore
è una ricerca sempre più ardente. L’ha già cercato, ma invano; si
ostina e finisce col ritrovarlo... Nel Cantico dei cantici, la
Chiesa diceva dello Sposo: “Sul mio letto, lungo la notte, ho
cercato l’amato del mio cuore; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi
alzerò e farò il giro della città; per le strade e per le piazze;
voglio cercare l’amato del mio cuore”
(Ct 3,12).
Due volte esprime la sua delusione: “L’ho cercato, ma non l’ho
trovato”. Infine il successo corona i suoi sforzi: “Mi hanno
incontrato le guardie che fanno la ronda: Avete visto l’amato del
mio cuore? Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l’amato del
mio cuore” (Ct 3,3-4).
Quanto a noi, quando, sul nostro letto, cerchiamo l’Amato? Durante i
brevi riposi di questa vita, quando sospiriamo l’assenza del nostro
Redentore. Di notte lo cerchiamo, perché anche se il nostro spirito
veglia già su di lui, i nostri occhi non vedono null’altro che la
sua ombra. Ma poiché non troviamo l’Amato, alziamoci, facciamo il
giro della città, cioè della santa assemblea degli eletti.
Cerchiamolo con tutto il nostro cuore; guardiamo per le strade e per
le piazze, cioè nei passaggi ripidi della vita o nelle sue vie
spaziose; apriamo gli occhi, cerchiamo i passi dell’Amato del nostro
cuore... Questo desiderio faceva dire a Davide: “L’anima mia ha sete
di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Senza
sosta, cercate il suo volto” (Sal
42,3).
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Ottava di
Pasqua VESPRI
martedì
Gv
20, 11-18
Inno 40 ; SC
128, 397
Maria di Màgdala, inviata ad
annunciare la risurrezione
Romano il
Melode nel sesto secolo
Colui
che prova mente e cuore (Sal 7,10), sapendo che Maria avrebbe
riconosciuto la sua voce, chiama la sua pecora, da vero pastore (Gv
10,4) dicendo “Maria!”. E lei, subito: “Si, mi sta chiamando proprio
il mio buon pastore, per farmi stare ormai con le novantanove pecore
(Lc 15,4). Vedo dietro di lui legioni di santi, schiere di giusti...
So bene chi è colui che mi chiama; l’avevo detto, è il mio Signore,
è colui che offre agli uomini decaduti la risurrezione”.
Spinta dal fervore dell’amore, la donna volle afferrare colui che
riempie tutto il creato... Ma il Creatore... la elevò verso il mondo
divino dicendo: “Non mi trattenere, mi considereresti forse solo
come un mortale? Sono Dio, non mi trattenere... Alza gli occhi e
guarda il mondo celeste; proprio là devi cercarmi. Io salgo al Padre
mio, che non ho lasciato. Sono sempre stato con lui, ho condiviso il
suo trono, ricevo gli stessi onori, io che offro agli uomini
decaduti la risurrezione.
La
tua lingua ormai proclami queste cose e le spieghi ai figli del
Regno che aspettano che mi svegli, io il Vivente. Affrettati, Maria,
raduna i miei discepoli. In te ho una tromba dalla voce potente;
suona un canto di pace agli orecchi inpauriti dei miei amici
nascosti, svegliali tutti come da un sonno, affinché mi vengano
incontro. Va a dire: ‘Lo sposo si è svegliato, uscendo dalla tomba.
Apostoli, scacciate la tristezza mortale, perché si è alzato colui
che offre agli uomini decaduti la risurrezione.
Maria
esclamò: “Subito il mio lutto si è cambiato in tripudio, tutto è
divenuto per me gioia ed esultanza. Non esito a dire che ho ricevuto
la stessa gloria di Mosè (Es 33,18). Ho visto, si, ho visto, non sul
monte, bensì nel sepolcro, velato non nella nube, bensì in un corpo,
il Maestro degli esseri incorporei e delle nubi, il loro Maestro
ieri, ora e per sempre. Mi ha detto: “Maria affrettati. Come una
colomba che porta il ramo di ulivo, va ad annunciare la buona
novella ai discendenti di Noè (Gen 8,11). Dì loro che la morte è
stata distrutta e che è risorto, colui che offre agli uomini
decaduti la risurrezione”.
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Ottava di
Pasqua LODI mercoledì
Questa festa
supera tutte le altre
di san
Gregorio Magno, nel sesto secolo
Non deve
stupire se anche dopo la sua gloriosa risurrezione il Signore fece
conoscere solo per gradi l’incorruttibilità del corpo da lui
assunto. Luca c’informa che dapprima alle donne che lo cercavano nel
sepolcro inviò degli angeli ; in seguito apparve in persona, ma
senza darsi a conoscere, ai discepoli che parlavano di lui lungo la
via : si diede a conoscere il pane ; finalmente, entrato
all’improvviso nel cenacolo, non soltanto si diede a conoscere ma si
fece anche toccare.
Poiché il
cuore dei discepoli era ancora esitante e dubbioso, era necessario,
per la rivelazione d’un tale mistero, somministrare loro il
nutrimento in modo tale che cercando trovassero a poco a poco
qualcosa, trovando crescessero e, crescendo, più solidamente
entrassero in possesso delle cose conosciute. Non tutto d’un colpo,
quindi, ma attraverso un crescendo graduale di fatti e di parole,
un passo dopo l’altro, siamo guidati verso l’eternità.
E giusto
insistere sulla grandezza di questa festività, perché essa supera
tutte le altre. Come nel linguaggio biblico si usano le espressioni
“Santo dei Santi o “Cantico dei cantici” per esprimere un concetto
di superiorità, cosi questa festa potrebbe essere con proprietà
chiamata solennità delle solennità. In essa ci è stato dato un
esempio di risurrezione, fu posta la speranza della patria celeste
per cui possiamo tendere col desiderio alla gloria celeste per cui
possiamo tendere col desiderio alla gloria del regno eterno.
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Ottava di
Pasqua - VESPRI
mercoledì
Lc 24,
13-35
Discorsi,
235 ; PL 38, 1117
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
"Resta con noi"
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Fratelli,
quand'è che il Signore volle essere riconosciuto? All'atto di
spezzare il pane. È una certezza che abbiamo: quando spezziamo il
pane riconosciamo il Signore. Non si fece riconoscere in altro gesto
diverso da quello; e ciò per noi, che non lo avremmo visto in forma
umana ma avremmo mangiato la sua carne. Sì, veramente, se tu -
chiunque tu sia - sei nel novero dei fedeli, se non porti
inutilmente il nome di cristiano, se non entri senza un perché nella
chiesa, se hai appreso ad ascoltare la parola di Dio con timore e
speranza, la frazione del pane sarà la tua consolazione. L'assenza
del Signore non è assenza. Abbi fede, e colui che non vedi è con te.
Quanto invece
a quei discepoli, quando il Signore parlava con loro, essi non
avevano più la fede perché non lo credevano risorto e non speravano
che potesse risorgere. Avevano perso la fede e la speranza: pur
camminando con uno che viveva, loro erano morti. Camminavano morti
in compagnia della stessa Vita! Con loro camminava la Vita, ma nei
loro cuori la vita non si era ancora rinnovata.
E ora mi
rivolgo a te. Se vuoi ottenere la vita fa' quello che fecero quei
discepoli, in modo che ti sia dato riconoscere il Signore. Essi lo
invitarono a casa. Il Signore fece finta d'essere uno che doveva
andare lontano, ma loro lo trattennero... Accogli l'ospite, se
desideri riconoscere il Salvatore... Imparate dov'è da ricercarsi il
Signore, dove lo si possiede, dove lo si riconosce: è quando lo
mangiate.
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Ottava di
Pasqua
- LODI
Giovedì
Lc 24,
35-48
Discorsi,
81 ; PL 52, 427
« Gesù in persona apparve in
mezzo a loro e disse : ‘ Pace a voi ’ »
San
Pietro Crisologo nel quinto secolo
La
Giudea nella ribellione aveva scacciato la pace via dalla terra... e
gettato l’universo nel caos originale... Persino fra i discepoli, la
guerra infieriva; la fede e il dubbio si davano assalti furiosi... I
loro cuori, nei quali infuriava la tempesta, non potevano trovare
nessun rifugio, nessun porto tranquillo.
A
questa vista, Cristo che scruta i cuori, che comanda ai venti, che
doma le tempeste, e con un solo segno muta il temporale in un cielo
sereno, li ha stabiliti nella sua pace dicendo: “Pace a voi! Sono
io; non temete nulla. Sono io, il crocifisso, colui che era morto,
che era sepolto. Sono io, il vostro Dio divenuto uomo per voi. Sono
io. Non uno spirito rivestito di un corpo, bensì la verità stessa
fatta uomo. Sono io, che la morte ha fuggito, che gli inferi hanno
temuto. Nel suo spavento, l’inferno mi ha proclamato Dio.
Non avere
paura, Pietro, che mi hai rinnegato, né tu, Giovanni, che ti sei
dato alla fuga, né voi tutti che mi avete abbandonato, che non avete
pensato ad altro che a tradirmi, che non credete ancora in me,
neppure ora che mi vedete. Non abbiate paura, sono proprio io. Vi ho
chiamati per mezzo della grazia, vi ho scelti nel mio perdono, vi ho
sostenuti con la mia compassione, vi ho portati nel mio amore, e vi
accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.
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Ottava di
Pasqua - VESPRI giovedì
Discorso 1
sulla risurrezione del Signore, 4 ; PL 185A, 143-144
Lc 24,35-48
Perché siete
turbati ?
del Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo
secolo
Quando Gesù venne dai suoi apostoli, mentre “erano chiuse le porte e
si fermò in mezzo a loro, furono stupiti e spaventati poiché
credevano di vedere un fantasma” (Gv 20,19; Lc 24,37). Ma quando
alitò su di loro e disse : “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22), e
poi quando mandò loro dal cielo questo stesso Spirito come un dono
nuovo, questo dono è stato una prova indubitabile della sua
risurrezione e della sua vita nuova. Infatti, lo Spirito testimonia
nel cuore dei santi e, poi, con la loro bocca, che Cristo è la
verità, la vera risurrezione e la vita. Per cui i discepoli, che
prima avevano dubitato, persino mentre vedevano il suo corpo
vivente, “con grande forza rendevano testimonianza della
risurrezione del Signore” (At 4,33) avendo gustato a questo Spirito
che dà la vita. È molto più vantaggioso accogliere Gesù nel nostro
cuore che vederlo con i nostri occhi o sentirlo parlare. L’azione
dello Spirito Santo sui nostri sensi interiori è molto più potente
dell’impressione che fanno gli oggetti materiali sui nostri sensi
esteriori.
Ora,
fratelli, quale testimonianza rende la gioia del vostro cuore al
vostro amore per Cristo?... Oggi nella Chiesa tanti messaggeri
proclamano la risurrezione e il vostro cuore esulta e grida: “Gesù,
mio Dio, è vivente, me l’hanno annunciato! A questa notizia, il mio
spirito scoraggiato, tiepido e assopito dal dolore, ha ripreso vita.
La voce che proclama la buona notizia risveglia dalla morte persino
i più colpevoli...” Fratello, l’indizio a cui riconoscerai che il
tuo spirito ha ripreso vita in Cristo è questo: Se dice: “Se Gesù è
vivente, questo mi basta!” O parola di fede e quanto degna degli
amici di Gesù!... “Se Gesù è vivente, questo mi basta!”
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Ottava di
Pasqua -
LODI
Venerdì
Gv 21, 1-14
Discorsi, 53,
1-4
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 722 alt.)
« Quando già era l’alba,
Gesù si presentò sulla riva »
San
Massimo di Torino nel quarto secolo
« Questo giorno fatto dal Signore »,
(Sal 117, 24)
penetra in tutto ; contiene tutto, abbraccia tutto, cielo, terra e
inferi !… Cosa poi sia questo giorno del cielo se non Cristo, del
quale dice il profeta : « Il giorno al giorno ne affida il
messaggio » (Sal 18, 3).
Questo giorno è il Figlio, su cui il Padre che è il giorno senza
principio, fa splendere il sole della sua divinità. Dirò anzi che
egli stesso è quel giorno che ha parlato per mezzo di Salomone :
« Io ho fatto sì che spuntasse in cielo una luce che non viene
meno » (Sir 24, 32)…
Come dunque al giorno del cielo non segue la notte, così le tenebre
del peccato non possono far seguito alla giustizia di Cristo. La
luce di Cristo sempre risplende nel suo radioso fulgore senza poter
essere ostacolata da caligine alcuna. « La luce brilla nelle
tenebre, ma le tenebre non l’hanno sopraffatta »
(Gv 1, 5).
Alla
risurrezione di Cristo, tutti gli elementi sono glorificati ; sono
certo che quel giorno, il sole abbia brillato di uno splendore più
vivo. Non doveva forse entrare nella gioia della risurrezione, lui
che si era rattristato per la morte di Cristo (Mt
27, 45) ?… Da servo fedele,
si era oscurato per accompagnare Cristo nella tomba ; oggi deve
risplendere per salutare la sua risurrezione…Pertanto, fratelli,
tutti dobbiamo rallegrarci in questo santo giorno. Nessuno deve
sottrarsi alla letizia comune a motivo dei peccati che ancora
gravano la sua coscienza. Sebbene peccatore, in questo giorno
nessuno deve disperare del perdono. Abbiamo infatti un indizio non
piccolo : Se il Signore, sulla croce, ha perdonato al ladro, di
quali beni noi non saremmo colmati dalla gloria della sua
risurrezione?
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Ottava di
Pasqua -
VESPRI Venerdì
Gv 21,1-19
« Quando già era
l’alba Gesù si presentò sulla riva »
San Gregorio
Magno nel sesto secolo
Il
mare simboleggia il mondo presente, agitato dalla tempesta degli
affari e dalla marea di una vita che si sta ritirando. La riva,
salda, è la figura della perennità del riposo eterno. I discepoli
quindi lavorano sul lago, poiché si trovano ancora alle prese con le
onde della vita terrena ; invece il nostro Redentore sta sulla riva
poiché in quel momento ha superato la condizione di una carne
fragile. Tramite queste realtà naturali, Cristo sembra dire loro,
riguardo al mistero della sua risurrezione : « Ora, non mi presento
a voi in mezzo al mare, perché non sono più in mezzo a voi
nell’agitazione delle onde ». Disse altrove agli stessi discepoli :
« Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi » (Lc
24, 44).
Ormai, non è
con loro nello stesso modo. Era veramente lì, apparendo
corporalmente ai loro occhi, però… la sua carne immortale era
lontanissimo dai loro corpi mortali. Il fatto che il suo corpo
stesse sulla riva mentre loro navigavano ancora, mostra bene che
egli ha superato la loro esistenza, benché si trovasse ancora con
loro.
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Ottava di
Pasqua -
LODI Sabato
Mc 16, 9-15
Disorso 58,
20° sulla Passione ; SC 74, 252
‘Andate in
tutto il mondo e predicate il Vangelo’
San Leone
Magno nel quinto secolo
Non
siamo presi dallo spettacolo delle cose di questo mondo; i beni
della terra non distolgano i nostri sguardi dal cielo. Riteniamo
superato ciò che è quasi un nulla ormai; che il nostro spirito,
attaccato a quel che deve rimanere, fissi il suo desiderio sulle
promesse dell’eternità. Benché ancora solo “nella speranza, noi
siamo stati salvati” (Rm 8,24), benché assumiamo ancora una carne
soggetta alla corruzione a alla morte, possiamo proprio affermare
tuttavia che viviamo fuori della carne, se sfuggiamo al potere delle
sue passioni. No, non meritiamo più il nome di questa carne, dal
momento che ne abbiamo i richiami.
Il
popolo di Dio si accorga dunque che è “una creazione nuova in
Cristo” (2 Cor 5,17). Capisca bene da chi è stato scelto e a chi
sceglie di appartenere. Che l’uomo nuovo non ritorni nell’incostanza
del suo stato antico. Che colui “che ha messo mano all’aratro” (Lc
9,62) non cessi di lavorare, che vegli sul grano che ha seminato,
che non ritorni verso quello che ha lasciato. Che nessuno ricada
nella decadenza dalla quale si era rialzato. E se, per la debolezza
della carne, qualcuno giace ancora in una di queste malattie, prenda
la ferma risoluzione di guarire e di rialzarsi. Tale è la via della
salvezza; tale è il modo di imitare la risurrezione iniziata da
Cristo... I nostri passi abbandonino le sabbie mobili per camminare
sulla terra ferma, poiché sta scritto: “Il Signore fa sicuri i passi
dell’uomo e segue con amore il suo cammino. Se cade, non rimane a
terra, perché il Signore lo tiene per mano” (Sal 36,23).
Fratelli carissimi, tenete ben presenti in mente questi pensieri,
non solo per la festa di Pasqua, ma anche per santificare tutta la
vostra vita.
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Ottava di
Pasqua -
PV Sabato
Lettera
enciclica « Dio ricco di misericordia », n° 8
La Divina
Misericordia, sorgente di vita per l’uomo
Giovanni Paolo
II
Il mistero
pasquale è Cristo al vertice della rivelazione dell'inscrutabile
mistero di Dio. Proprio allora si adempiono sino in fondo le parole
pronunciate nel cenacolo : « Chi ha visto me, ha visto il Padre » (Gv
14, 9). Infatti Cristo, che il Padre « non ha risparmiato » (Rm 8,
32) in favore dell'uomo, e che nella sua passione e nel supplizio
della croce non ha trovato misericordia umana, nella sua
risurrezione ha rivelato la pienezza di quell' amore che il Padre
nutre verso di lui e, in lui, verso tutti gli uomini. « Non è un Dio
dei morti, ma dei viventi » (Mc 12, 27).
Nella sua risurrezione Cristo ha rivelato il Dio dell'amore
misericordioso, proprio perché ha accettato la croce come via alla
risurrezione. Ed è per questo che - quando ricordiamo la croce di
Cristo, la sua passione e morte - la nostra fede e la nostra
speranza s'incentrano sul Risorto : su quel Cristo che « la sera di
quello stesso giorno, il primo dopo il sabato... si fermò in mezzo a
loro » nel cenacolo « dove si trovavano i discepoli, ... alitò su di
loro e disse : Ricevete lo Spirito Santo ; a chi rimetterete i
peccati, saranno rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non
rimessi » (Gv 20, 19s).
Ecco il Figlio
di Dio, che nella sua risurrezione ha sperimentato in modo radicale
su di sé la misericordia, cioè l'amore del Padre che è più potente
della morte. Ed è anche lo stesso Cristo che… rivela se stesso come
fonte inesauribile della misericordia, dell’ amore … più potente del
peccato.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
U.R. Domenica
Giornale
dell’anima, cap. 1958-1963
Simone di
Giovanni, mi ami tu più di costoro?
del
Beato Giovanni XXIII
Il
successore di Pietro sa che nella sua persona e nella sua attività,
la grazia e la legge dell’amore sostengono, vivificano e ornano
tutto; e, di fronte al mondo intero, la santa Chiesa trova il suo
appoggio nello scambio di amore fra Gesù e lui, Simon Pietro figlio
di Giovanni, come su di un sostegno invisibile e visibile: Gesù
invisibile agli occhi della carne e il Papa, Vicario di Cristo,
visibile agli occhi del mondo intero. Considerato questo mistero di
amore fra Gesù e il suo Vicario, quale onore e quale dolcezza per
me, ma nello stesso tempo, quale motivo di confusione per la
piccolezza, per il nulla che sono io.
La
mia vita deve essere tutta amore per Gesù, e nello stesso tempo
totale effusione di bontà e di sacrificio per ogni anima e per il
mondo intero. In questo episodio... il passaggio è diretto alla
legge del sacrificio. Gesù stesso lo annuncia a Pietro: “In verità,
in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da
solo, e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue
mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”.
Per la grazia del Signore, non sono ancora entrato in
questa “vecchiaia”, ma avendo compiuto ormai ottant’anni, sto sulla
soglia. Devo tenermi pronto per quella ultima tappa della mia vita
dove mi aspettano i limiti e i sacrifici, fino al sacrificio della
vita corporale e all’apertura della vita eterna. O Gesù, eccomi
pronto a tendere le mani, le mie mani già tremanti e deboli, e a
lasciare che un’altro mi aiuti a vestirmi e mi sostenga per la
strada. Signore, a Pietro hai aggiunto: “e ti porterà dove tu non
vuoi”. O, dopo tante grazie di cui ho beneficiato durante la mia
lunga vita, non c’è più nulla che io non voglia. Mi hai aperto, tu,
la strada, o Gesù; “Io ti seguirò dovunque andrai” (Mt 8,19).
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IIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica
Commento al
vangelo di San Giovanni, 123, 5 (Nuova Biblioteca Agostiniana)
Pasci le mie
pecorelle
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Il
Signore domanda a Pietro se gli vuole bene – ciò che già sapeva ;
gli domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza ; e
altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere
le sue pecore. Così alla sua triplice negazione corrisponde la
triplice confessione d'amore, in modo che la sua lingua non abbia a
servire all'amore meno di quanto ha servito al timore, e in modo che
la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte
alla vita, di quanto lo fu di fronte alla minaccia della morte. Sia
dunque impegno di amore pascere il gregge del Signore, come fu
indice di timore negare il pastore. Coloro che pascono le pecore di
Cristo con l'intenzione di volerle legare a sé, non a Cristo,
dimostrano di amare se stessi, non Cristo, spinti come sono dalla
cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dalla carità che
ispira l'obbedienza, il desiderio di aiutare e di piacere a Dio.
Contro costoro, ai quali l'Apostolo rimprovera, gemendo, di cercare
i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2, 21), si
leva forte e insistente la voce di Cristo. Che altro è dire: Mi
ami tu? Pasci le mie pecore, se non dire: Se mi ami, non pensare
a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, come mie, non come tue;
cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo;
il mio guadagno e non il tuo… Non siamo dunque amanti di noi stessi,
ma amiamo il Signore. Nel pascere le sue pecore, cerchiamo il
guadagno del Signore senza preoccuparci del nostro.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
LODI martedì
Colloqui con
Motovilov
« Nascere da acqua
e da Spirito »
di
San Serafino di Sarov nel diciannovesimo secolo
La
grazia folgorante dello Spirito Santo è stata conferita a noi tutti,
fedeli di Cristo, nel sacramento del battesimo. Essa è stata
sigillata dalla cresima, l’unzione fatta con il sacro crisma sulle
membra principali del nostro corpo… Si dice : « Il sigillo del dono
dello Spirito ». Ora, dove apponiamo i nostri sigilli, se non sui
recipienti il cui contenuto è particolarmente prezioso ? E cosa c’è
di più prezioso al mondo, e di più sacro, dei doni dello Spirito
Santo mandati dall’alto durante il sacramento del battesimo ?
Questa grazia battesimale è così grande, così importante, così
vivificante per l’uomo, da non poter essergli tolta, anche se
diventasse eretico, fino alla morte, cioè al termine della sua prova
temporanea fissata dalla Provvidenza affinché egli abbia una
possibilità di raddrizzarsi… Quando un peccatore, ricondotto alla
vita dalla sapienza divina sempre in cerca della nostra salvezza, si
è deciso di volgersi verso Dio per sfuggire alla perdizione, deve
seguire la via del pentimento… e sforzarsi, operando nel nome di
Cristo, di acquistare lo Spirito Santo, il quale, dentro di noi,
prepara il Regno di Dio.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Poesia
Pentecoste 1942
« Non sai di dove viene e dove va
»
di Santa Teresa
Benedetta della Croce
Chi sei, dolce
luce che mi colmi
e illumini le
tenebre del mio cuore ?
Mi guidi come
la mano di una madre,
e se mi
lasciassi,
non potrei
fare un solo passo di più.
Sei lo spazio
che avvolge il
mio essere e lo mette al tuo riparo.
Se fosse
abbandonato da te,
sprofonderebbe
nell’abisso del non essere,
dal quale
l’hai tirato per sollevarlo verso la luce.
Tu, più vicino
a me
di me stessa,
più intimo
dell’intimo della mia anima,
e tuttavia
inafferrabile e ineffabile,
al di sopra di
ogni nome,
Spirito Santo,
Amore eterno
Non sei forse
la dolce manna
che dal cuore
del Figlio
trabocca nel
mio cuore,
cibo degli
angeli e dei beati ?
Lui che si è
rialzato dalla morte alla vita
ha svegliato
anche me dal sonno della morte per una vita nuova.
E giorno dopo
giorno
continua a
darmi una vita nuova,
la cui
pienezza, un giorno, mi inonderà interamente,
vita nata
dalla tua vita, si, te stesso,
Spirito Santo, Vita eterna !
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IIA
settimana tempo Pasquale -
LODI mercoledì
Il Pedagogo
1, 6 ; SC 70, 207-211
(In l'Ora
dell'Ascolto p.654)
« Chi opera la verità viene alla
luce »
di Clemente
d'Alessandria nel secondo secolo
Battezzati, veniamo illuminati ; illuminati, siamo adottati come
figli ; adottati, siamo condotti alla perfezione ; perfetti, siamo
resi immortali. « Io ho detto, dice, voi sete dèi, siete tutti figli
dell’Altissimo ! » (Sal 81, 6 ; cfr Gv 10, 34)
Il
battesimo è chiamato con diversi nomi : grazia, illuminazione,
perfezione, lavacro. Lavacro perché per suo mezzo togliamo i
peccati. Grazia, con cui vengono rimesse le pene dovute ai peccati.
Illuminazione, che ci fa guardare alla santa e salvifica luce che è
Dio. Diciamo poi che è perfetto quello a cui non manca niente.
Sarebbe davvero assurdo dire che la grazia di Dio non sia perfetta e
completa in tutti i sensi : Colui che è perfetto può dare solo cose
perfette…
Chi è
rigenerato e illuminato, come indica la stessa parola, è
immediatamente liberato dalle tenebre e nello stesso momento riceve
la luce… Tolti i nostri peccati che coprivano lo Spirito divino come
una nuvola, l’occhio del nostro spirito liberato, viene allo
scoperto, luminoso, quell’occhio che solo può farci contemplare le
cose divine.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI mercoledì
Capitoli
sulla conoscenza, IV, 77-78
« La luce è venuta nel mondo »
di Sant’Isacco
Siriano nel settimo secolo
L’uomo che fa fuoco e fiamme a causa della verità non ha ancora
imparato la verità così come è. Quando l’avrà imparata in verità,
smetterà di infiammarsi a causa di essa. Il dono di Dio e la
conoscenza che questo dono concede, non sono mai motivo per turbarsi
o alzare la voce ; il luogo infatti dove abita lo Spirito con
l’amore e l’umiltà, è un luogo dove regna soltanto la pace…
Se lo
zelo fosse stato utile per la salvezza degli uomini, perché Dio
avrebbe rivestito un corpo e usato la mitezza e l’umiltà per
convertire il mondo a suo Padre ? E perché si sarebbe steso sulla
croce per i peccatori, e avrebbe consegnato il suo corpo santissimo
alla sofferenza in favore del mondo ? Io sostengo che Dio abbia
fatto questo per un solo motivo : fare conoscere al mondo il suo
amore, affinché la nostra capacità di amare, ancora aumentata da
tale constatazione, fosse resa schiava dal suo stesso amore. Così,
l’eminente potenza del Regno dei cieli, che consiste nell’amore, ha
trovato un’occasione di esprimersi, nella morte di suo Figlio…
affinché il mondo sentisse l’amore di Dio per la sua creazione. Se
quel mirabile atto non avesse avuto altro motivo che la remissione
dei nostri peccati, un altro mezzo sarebbe bastato per realizzarla.
Chi l’avrebbe rifiutato se egli l’avesse compiuto mediante una morte
semplice, niente di più ? Invece egli non ha voluto una morte
semplice, affinché tu possa capire quale fosse il suo mistero.
Perché bisognava che ci fossero insulti e sputi ? …
O !
Sapienza vivificante ! Ora hai
capito e sentito quale sia stato il motivo della venuta del nostro
Signore e di quanto ne è seguito, anche prima che la sua bocca santa
ce l’avesse chiaramente spiegato. Sta scritto infatti che « Dio ha
tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito ».
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IIA
settimana tempo Pasquale -
LODI
Giovedì
Catechesi,
3 ; SC 96, 305
Gv
3,31-36
Colui che
Dio ha mandato proferisce le parole di Dio
di
Simeone il Nuovo Teologo nel
undicesimo secolo
Il
Signore ha detto: “Scrutate le Scritture”
(Gv 5,39).
Scrutatele dunque e ricordate con molta fedeltà e fede quanto esse
dicono. Così, conosciuta chiaramente la volontà di Dio... sarete in
grado di distinguere senza sbagliarvi, il bene dal male, invece di
prestare orecchio a qualsiasi spirito e di essere trascinati da
pensieri malsani
Siate
certi, fratelli miei, che nulla è favorevole alla nostra salvezza
quanto l’osservanza dei divini precetti del Signore... Ci vorrà
tuttavia molto timore, molta pazienza e perseveranza nella preghiera
perché ci sia rivelato il significato di una sola parola del
Maestro, perché conosciamo il gran mistero nascosto in ogni sua
minima parola, e occorrerà che siamo pronti a dare la nostra vita
per non lasciar cadere
un solo segno dei comandamenti di Dio
(cfr Mt 5,18).
Infatti la parola di Dio è come una spada a doppio taglio
(Eb 4,12)
che pota e taglia fuori l’anima da ogni cupidigia e da ogni istinto
della carne. Anzi, essa diviene come un fuoco ardente (Ger
20,9) quando ravviva l’ardore della
nostra anima, quando ci fa disprezzare ogni tristezza della vita e
considerare le prove come perfetta letizia (Gc 1,2),
quando, davanti alla morte temuta dagli uomini, ci fa desiderare e
abbracciare la vita, donandoci il mezzo di giungervi.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
Vespri
Giovedì
Gv 3, 31-36
Dimostrazioni, n° 6 ; SC 349, 394
Dio gli dà
lo Spirito senza misura
di
Sant’Afraate nel quarto secolo
Se, a
partire da un fuoco, accendi altri focolari in numerosi luoghi, non
ne viene diminuito il primo... Così è per Dio e per il suo Messia;
sono una cosa sola, pur dimorando nella moltitudine degli uomini.
Neanche il sole viene diminuito in nulla per il fatto che la sua
potenza si diffonde sulla terra. E quanto più grande è la forza di
Dio, che fa sussistere il sole.
Era
pesante per Mosè condurre da solo l’accampamento di Israele. Gli
disse il Signore: “Prenderò lo Spirito che è su di te per metterlo
sui settanta uomini tra gli anziani d’Israele” (Num 11,17).
Quando attinse dallo spirito di Mosè e i settanta uomini ne sono
stati colmi, forse Mosè ne ha subito una diminuzione? Forse si
percepiva che aveva meno spirito? Anche il beato Paolo dice: “Dio ha
distribuito dello Spirito di Cristo-Messia e l’ha mandato sui
profeti (1 Cor 12,11.28).
Eppure il Messia non è stato danneggiato in nulla, perché suo Padre
gli ha dato lo Spirito senza misura.
In
questo senso... il Cristo-Messia abita negli uomini credenti. Non è
diminuito in nulla se viene distribuito alla moltitudine. I profeti
[del Nuovo Testamento] infatti hanno ricevuto lo Spirito di Cristo,
ognuno per quanto ne poteva portare. E ancora oggi, il medesimo
Spirito del Messia viene versato su ogni carne, perché figli e
figlie, anziani e giovani, servi e serve profetizzino (Gl
3,1; At 2,17). Il Messia è in noi, e
il Messia è in cielo alla destra del Padre. Non con misura ha
ricevuto lo Spirito, ma il Padre l’ha amato e gli ha dato in mano
ogni cosa, donandogli il potere su tutto il suo tesoro... Il nostro
Signore dice ancora: “Tutto mi è stato dato dal Padre” (Mt
11,27)... L’apostolo Paolo dice in
fine: “Quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio,
sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio
sia tutto in tutti” (1 Cor 15,27-28).
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IIA
settimana tempo Pasquale -
LODI venerdì
La
moltiplicazione dei pani
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
I miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, sono opere
divine, che sollecitano la mente umana a raggiungere Dio attraverso
le cose visibili. Siccome Dio non è una realtà che si possa vedere
con gli occhi, e siccome i suoi miracoli, con i quali regge il mondo
intero e provvede ad ogni creatura, per la loro frequenza finiscono
per passare, inosservati, al punto che quasi nessuno si accorge
dell’opera di Dio che anche nel più piccolo seme appare mirabile e
stupenda ; Dio si è riservato, nella sua misericordiosa bontà, di
compiere a tempo opportuno talune opere fuori del normale corso
degli avvenimenti naturali, affinché, quanti hanno fatto l’abitudine
alle cose di tutti i giorni, rimanessero impressionati, vedendo, non
opere maggiori, ma insolite. Governare il mondo intero, infatti, è
un miracolo più grande che saziare cinquemila persone con cinque
pani. Tuttavia, di quel fatto nessuno si stupisce, di questo gli
uomini si stupiscono, non perché sia più grande, ma perché è raro.
Chi, infatti, anche adesso nutre il mondo intero, se non colui che
con pochi grani crea le messi ? Cristo operò, quindi, come Dio. Allo
stesso modo, infatti che con pochi grani moltiplica le messi, così
nelle sue mani ha moltiplicato i cinque pani. La potenza era nelle
mani di Cristo ; e quei cinque pani erano come semi, non affidati
alla terra, ma moltiplicati da colui che ha fatto la terra. E’ stato
dunque offerto ai sensi tanto di che elevare lo spirito, è stato
offerto agli occhi tanto di che impegnare l’intelligenza, affinché
fossimo presi da ammirazione, attraverso le opere visibili, per
l’invisibile Iddio ; ed elevati alla fede purificati, sentissimo il
desiderio di vedere spiritualmente, con gli occhi della fede,
l’invisibile, che già conosciamo attraverso le cose visibili.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI venerdì
Commento sul
Diatèssaron, 12, 4-5, 11 ; SC 121, 214
« Riempirono
dodici canestri con i pezzi avanzati »
di
Sant’Efrem Siro nel quarto secolo
In un
batter d’occhio, il Signore ha moltiplicato un po’ di pane. Ciò che
gli uomini fanno in dieci mesi di lavoro, le sue dieci dita l’hanno
fatto in un istante... Eppure, egli ha misurato il miracolo non alla
sua potenza, bensì alla fame dei presenti. Se il miracolo fosse
stato misurato secondo la sua potenza, sarebbe stato impossibile il
valutarlo; invece, misurato secondo la fame di quelle migliaia di
persone, il miracolo ha sovrabbondato di dodici canestri; negli
artigiani, la potenza è inferiore al desiderio dei clienti, non
possono fare quanto gli viene chiesto; invece le realizzazioni di
Dio superano ogni desiderio...
Saziati nel deserto, come un tempo gli Israeliti in seguito alla
preghiera di Mosè, esclamarono: “Questi è davvero il profeta che
deve venire nel mondo”. Accennavano alle parole di Mosè: “Il Signore
susciterà per te un profeta”, non profeta qualunque, bensì “un
profeta pari a me” (Dt 18,15), che vi sazierà di pane nel deserto.
Come me, ha camminato sul mare, è apparso nella nube luminosa (Mt
17,5), ha liberato il suo popolo. Come Mosè che ha affidato il suo
gregge a Giosuè, egli ha affidato Maria a Giovanni... Ma il pane di
Mosè non era perfetto; è stato dato ai soli israeliti. Volendo
accennare che il suo dono superava quello di Mosè, e la chiamata
delle nazioni ancora più perfetta, il nostro Signore disse: “Se uno
mangia di questo pane vivrà in eterno”, infatti “il pane di Dio è
disceso dal cielo” e viene dato al mondo intero (Gv 6,51).
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IIA
settimana tempo Pasquale -
LODI sabato
Discorsi 50,
1.2.3 ; PL 52, 339-340
« Subito la barca
toccò la riva alla quale erano diretti »
di San Pietro Crisologo nel quinto secolo
Cristo sale su una barca : non è forse stato lui ad aver messo in
secca il letto del mare, dopo aver respinto le sue acque, affinché
Israele camminasse sull’asciutto in mezzo al mare, come in una valle
(Es 14, 29) ? Non è forse stato lui ad aver rassodato sotto i piedi
di Pietro, le onde del mare, affinché l’acqua fosse sotto i suoi
passi un cammino saldo e sicuro (Mt 14, 29) ?
Sale
sulla barca. Per attraversare il mare di questo mondo fino alla fine
dei tempi, Cristo sale sulla barca della sua Chiesa per condurre in
una traversata tranquilla, quanti credono in lui, fino alla patria
del cielo, e fare di coloro con i quali egli è in comunione nella
sua umanità, i cittadini del suo Regno. Cristo, certo, non ha
bisogno della barca ; invece la barca ha bisogno di Cristo. Infatti,
senza questo pilota celeste, la barca della Chiesa, agitata dalle
onde, non giungerebbe mai al porto.
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IIA
settimana tempo Pasquale -
PRIMI VESPRI sabato
(Capp. 2-7; 100-103; SC 123, 60-64. 120-122)
L'agnello immolato
ci trasse dalla morte alla vita
di Melitone di Sardi nel secondo secolo
Prestate bene attenzione,
carissimi: il mistero della Pasqua è nuovo e antico, eterno e
temporale, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale.
Antico secondo la legge, nuovo secondo il Verbo; temporaneo nella
figura, eterno nella grazia; corruttibile per l'immolazione
dell'agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la
sua sepoltura nella terra, immortale per la sua risurrezione dai
morti.
La legge è antica, ma il Verbo è nuovo; temporale è la figura,
eterna la grazia; corruttibile l'agnello, incorruttibile il Signore,
che fu immolato come un agnello, ma risorse come Dio.
«Come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai
suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53, 7).
La similitudine è passata ed ha trovato compimento la realtà
espressa: invece di un agnello, Dio, l`uomo-Cristo, che tutto
compendia.
Perciò l'immolazione dell'agnello, la celebrazione della Pasqua e la
scrittura della legge ebbero per fine Cristo Gesù. Nell'antica legge
tutto avveniva in vista di Cristo. Nell'ordine nuovo tutto converge
a Cristo in una forma assai superiore.
La legge è divenuta il Verbo e da antica è fatta nuova, ma ambedue
uscirono da Sion e da Gerusalemme. Il precetto si mutò in grazia, la
figura in verità, l'agnello nel Figlio, la pecora nell'uomo e l'uomo
in Dio.
Il Signore pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu
prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e,
sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande
parola: Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (Is 50, 8).
Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto il
nemico, che ho messo sotto i piedi l'inferno, che ho imbrogliato il
forte e ho elevato l'uomo alle sublimità del cielo; io, dice, sono
il Cristo.
Venite, dunque, o genti tutte, oppresse dai peccati e ricevete il
perdono. Sono io, infatti, il vostro perdono, io la Pasqua della
redenzione, io l'Agnello immolato per voi, io il vostro lavacro, io
la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la
vostra salvezza, io il vostro re. Io vi porto in alto nei cieli. Io
vi risusciterò e vi farò vedere il Padre che è nei cieli. Io vi
innalzerò con la mia destra.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
U.R. Domenica
Dai «Discorsi» di, vescovo
(Disc. sulla risurrezione di Cristo, 1; PG 46, 603-606. 626-627)
Primogenito della nuova creazione
di san
Gregorio Di Nissa nel quarto secolo
E' venuto il regno della vita
ed è stato distrutto il dominio della morte. Una diversa generazione
è apparsa, e una vita diversa e un diverso modo di vivere. La nostra
stessa natura ha subito un cambiamento.
Quale è questa generazione? Quella che non scaturisce dal sangue, né
da volere di uomo, né da volere di carne, ma è stata creata da Dio
(cfr. Gv 1, 13). Come può avvenire questo? Ascolta e te lo spiegherò
in breve.
Questa nuova prole viene concepita per mezzo della fede, viene data
alla luce attraverso la rigenerazione del battesimo, ha come madre
la Chiesa, succhia il latte della sua dottrina e delle sue
istituzioni. Hai poi come suo cibo il pane celeste. L'età matura è
costituita da un altro stile di vita. Le sue nozze sono la
familiarità con la sapienza. Suoi figli la speranza, sua casa il
regno, sua eredità e ricchezza le gioie del paradiso. La sua fine
poi non è la morte, ma quella vita eterna e beata che è preparata a
coloro che ne sono degni.
«Questo è il giorno che ha fatto il Signore» (Sal 117, 24), giorno
ben diverso da quelli che furono stabiliti all'inizio della
creazione del mondo e che si misurano col trascorrere del tempo.
Questo giorno segna l'inizio di una nuova creazione. Poiché in
questo giorno Dio crea un cielo nuovo e una terra nuova, come
afferma il Profeta. E quale cielo? Il firmamento della fede in
Cristo. E quale terra? Un cuore buono, come disse il Signore, una
terra avida della pioggia che la irriga e che produce abbondante
messe di spighe.
In questa creazione il sole rappresenta una vita pura, e le stelle
le virtù; l'aria una buona condotta; il mare «la profondità della
ricchezza della sapienza e della scienza» (Rm 11, 33). Le erbe e i
germogli sono la buona dottrina e la Sacra Scrittura, di cui si
pasce il popolo, gregge di Dio. Le piante da frutta poi
rappresentano l'osservanza dei comandamenti.
In questo giorno viene creato il vero uomo ad immagine e somiglianza
di Dio.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica
PPS vol. 8,
n°2
Gv 21,1-19
È il Signore!
del
Cardinale John Henry Newman nel diciannovesimo secolo
Siamo
lenti ad accorgerci di questa grande e sublime verità che cioè
Cristo cammina ancora, in un certo senso, in mezzo a noi e, con la
sua mano, il suo sguardo o la sua voce, ci fa cenno di seguirlo. Non
capiamo che questa chiamata di Cristo si realizza ogni giorno, oggi
come una volta. Siamo al punto de credere che questo era vero al
tempo degli apostoli, ma oggi non lo crediamo vero nei nostri
confronti, non siamo attenti a riconoscerlo rivolto a noi. Non
abbiamo più occhi per vedere il Maestro – ben diversi in questo
dell’apostolo diletto che ha riconosciuto Cristo, anche quando tutti
gli altri discepoli non lo riconoscevano. Frattanto, egli stava
sulla riva; era dopo la sua risurrezione, quando ordinava di gettare
la rete nel mare; allora quel discepolo che Gesù amava disse a
Pietro: “È il Signore!”
Voglio dire questo: Gli uomini che conducono una vita di credenti
scorgono, di tanto in tanto, delle verità che non avevano viste
prima, o sulle quali la loro attenzione non si era mai posata. E
subito, esse si ergono davanti a loro come una chiamata
inalienabile. Ora, si tratta di verità che impegnano il nostro
dovere, che prendono il valore di precetti, e chiedono l’obbedienza.
In questo modo, o in altri ancora, Cristo ci chiama ora. Non c’è
nulla di miracoloso né di straordinario in questo modo di fare. Egli
agisce tramite le nostre facoltà naturali e per mezzo delle
circostanze stesse della vita.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI martedì
Catechesi, 22
Io sono il pane
della vita
di
San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo
Quando Cristo in persona dice riguardo al pane : “ Questo è
il mio corpo “, chi potrebbe esitare ? E quando egli afferma :
« Questo è il mio sangue », chi potrebbe dubitare ? Un tempo a Cana
di Galilea, Gesù ha cambiato l’acqua in vino – il vino, fratello del
sangue – chi ora rifiuterebbe di credere, mentre egli cambia il vino
in sangue ? Invitato alle nozze secondo la carne, ha operato questo
miracolo stupendo ; a maggior ragione, come potremmo rifiutare di
riconoscere che concede agli « invitati a nozze »
(Mt 9,11)
la gioia del suo Corpo e del suo Sangue ?
Il
suo corpo infatti ti è stato dato sotto l’apparenza del pane, e il
suo sangue sotto l’apparenza del vino affinché, avendo partecipato
al corpo e al sangue di Cristo, tu fossi con lui un unico corpo e un
unico sangue. Così diventiamo dei « portatori di Cristo » [Cristofori].
Il suo corpo e il suo sangue si diffondano nelle nostre membra ;
ecco come diventiamo partecipi della natura divina. Un tempo,
intrattenendosi con i giudei, Cristo diceva : « Se non mangiate la
mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita » (Gv
6,54). Se il pane e il vino ti sembrano meramente naturali, non
fermarti qui… Se i tuoi sensi ti sviano, la tua fede ti sostenga.
Quindi mentre ti avvicini per riceverlo, non avanzare senza
rispetto, stendendo le palme delle mani, con le dita allargate.
Invece, poiché sulla mano destra riposerà il Re, fagli un trono con
la mano sinistra, e nell’incavo della mano ricevi il Corpo di Cristo
e rispondi : Amen !
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Il
Sacramento dell’altare III, 2 ; PL 204, 768-769 ; SC 94, 565
Il Padre mio
vi dà il pane del cielo, quello vero
Baldovino
di Ford nel dodicesimo secolo
Dio,
la cui natura è bontà, la cui sostanza è amore, la cui vita è solo
benevolenza, volendo mostrarci la dolcezza della sua natura e la
tenerezza per i suoi figli, ha mandato nel mondo, suo Figlio, il
pane degli angeli (Sal
77,25), « per il grande amore
con il quale ci ha amati » (Ef
2,4). « Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito »
(Gv 3,16).
Tale
è la manna vera che il Signore ha fatto piovere perché fosse
mangiata… ; questo, nella sua bontà, Dio ha preparato per i suoi
poveri (Sal 67,9).
Cristo infatti, disceso per tutti gli uomini e giunto al livello di
ciascuno, attira tutto a sé grazie alla sua indicibile bontà ; non
respinge nessuno e accoglie tutti gli uomini alla penitenza. Per
quanti lo ricevono, ha il sapore più delizioso. Lui solo basta per
colmare ogni desiderio… e si adatta in un modo diverso agli uni e
agli altri, a seconda delle tendenze e dei desideri di ciascuno…
Ognuno gusta in lui un sapore differente… Non ha infatti lo stesso
sapore per il penitente e i principiante, per colui che va avanti e
colui che è vicino alla meta. Non ha lo stesso sapore nella vita
attiva e nella vita contemplativa, né per colui che usa di questo
mondo e per colui che non ne usa, per il celibe e lo sposato, per
colui che digiuna e distingue giorno da giorno e per colui che li
giudica tutti uguali (Rm
14,5)… Questa manna ha un
sapore dolce perché libera dalle preoccupazioni, guarisce le
malattie, mitiga le prove, asseconda gli sforzi e rafforza la
speranza… Coloro che l’hanno assaggiato « hanno ancora fame »
(Sir 24,29) :
coloro che hanno fame saranno saziati.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI Mercoledì
Lettera
Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 1
« Io sono
il pane della vita »
Giovanni
Paolo II
La Chiesa vive
dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza
quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero
della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il
continuo avverarsi della promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,20); ma nella sacra
Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel
sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un'intensità
unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova
Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria
celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue
giornate, riempiendole di fiduciosa speranza.
Giustamente il
Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è «
fonte e apice di tutta la vita cristiana » (LG 11). « Infatti, nella
santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della
Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che,
mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante,
dà vita agli uomini » (PO 5). Perciò lo sguardo della Chiesa è
continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento
dell'Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo
immenso amore.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI
mercoledì
Gv 6, 35-40
OR 20/09/59
« Chi viene
a me non avrà più fame »
Beato Papa
Giovanni XXIII
Il
problema economico costituisce l’incognita terribile della nostra
epoca. Il problema del pane quotidiano, del benessere, è
l’incertezza angosciosa che ci opprime in mezzo alle folle agitate
ed insoddisfatte, ed a volte, purtroppo, affamate. È per noi un
dovere unire i nostri sforzi, fare i sacrifici necessari secondo la
dottrina cattolica nata dal Vangelo e le istruzioni chiare e solenni
della Chiesa, per contribuire alla ricerca di una soluzione giusta
per tutti. Ma invano ci sforzeremo di riempire di pane gli stomaci e
di soddisfare gli altri desideri, a volte sfrenati, se non
riusciremo a nutrire le anime col pane di vita, pane vero,
sostanziale, divino ; a nutrirle cioè di Cristo, del quale hanno
fame e per mezzo del quale soltanto, si potrà riprendere il cammino
« fino al monte di Dio » (1 Re 19, 8).
Invano chiederemo agli economisti e ai legislatori nuove forme di
vita sociale, se sottraiamo agli occhi del popolo, il sorriso dolce
e materno di Maria, le cui braccia sono aperte per accogliere tutti
i suoi figli. Sul suo seno, la superbia si abbassa, i cuori si
placano nella santa poesia della pace cristiana e dell’amore.
Congiungiamo i nostri sforzi affinché non siano mai separati dal
cuore dell’uomo ciò che Dio, nella dottrina cattolica e nella storia
del mondo, ha così meravigliosamente unito : l’eucaristia e la
Vergine.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI giovedì
Discorsi, 25
sul vangelo di Giovanni, 14-16
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Io sono il
Pane della Vita
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
« Io
sono il pane della vita; quello vero, che discende dal cielo e dà la
vita al mondo » (Gv 6,32-33)…
Volete il pane del cielo?
Lo avete davanti e non lo
mangiate. « Vi ho detto però che mi avete veduto e non avete
creduto » (Gv 6,36). Ma io non ho per questo abbandonato il mio
popolo. Forse che la vostra infedeltà ha compromesso la fedeltà di
Dio (Rm 3,3)? Ascoltate ciò che segue: « Tutto quello che il Padre
mi dà verrà a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori » (Gv
6,37). Quale intimo segreto è mai questo dal quale mai si è
allontanati? Mirabile intimità e dolce solitudine! O segreto senza
tedio, non amareggiato da pensieri inopportuni, non turbato da
tentazioni e da dolori! Non è forse quell'intimo segreto dove
entrerà colui al quale il Signore dirà, come a servo benemerito:
« Entra nel gaudio del tuo Signore » (Mt 25,23) ?…
Dunque, non caccerai fuori chi viene a te, perché sei disceso dal
cielo non per fare la tua volontà, ma la volontà di colui che ti ha
mandato? Grande mistero! … Appunto per guarire la causa di tutti i
mali, cioè la superbia, il Figlio di Dio è disceso e si è fatto
umile. Perché t'insuperbisci, o uomo? Dio per te si è umiliato.
Forse ti saresti vergognato d'imitare un uomo umile, imita almeno
Dio umile… Lui, Dio, si è fatto uomo; tu, uomo, riconosci che sei
uomo; tutta la tua umiltà consiste nel riconoscere che sei uomo.
Ora, poiché Dio insegna l'umiltà ha detto: « Non sono venuto per
fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato… Son
venuto umile, son venuto a insegnare l'umiltà, sono venuto come
maestro di umiltà. Chi viene a me, è incorporato a me; chi viene a
me, diventa umile; … perché non fa la propria volontà, ma quella di
Dio. Perciò non sarà cacciato fuori, mentre, per essere stato
superbo fu cacciato fuori ».
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI giovedì
Discorsi, 45
; PL 144,743 et 747
Questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non
muoia
di
San Pier Damiani nel undicesimo secolo
La
Vergine Maria ha dato alla luce Gesù Cristo, l’ha riscaldato nelle
sue braccia, l’ha avvolto in fasce e l’ha circondato di cure
materne. È proprio lo stesso Gesù di cui riceviamo ora il corpo e
beviamo il sangue redentore nel sacramento dell’altare. Questo
ritiene vero la fede cattolica, questo insegna fedelmente la Chiesa.
Nessuna lingua umana potrà mai glorificare abbastanza colei dalla
quale ha preso carne, lo sappiamo, « il mediatore fra Dio e gli
uomini » (1 Tm 2,5). Nessun omaggio umano è all’altezza di colei il
cui grembo purissimo ha dato il frutto che è il cibo delle nostre
anime : colui, in altri termini, che rende testimonianza a se stesso
con le parole : « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno
mangia di questo pane vivrà in eterno ». Infatti, noi che eravamo
stati cacciati dal paradiso di delizie a causa di un cibo, per mezzo
di un cibo ritroviamo le gioie del paradiso. Eva ha preso un cibo, e
siamo stati condannati a un digiuno eterno ; Maria ha dato un cibo,
e la porta del banchetto del cielo ci è stata aperta.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI venerdì
Dacci sempre
questo pane
del
Beato Jan Ruysbroeck nel quattordicesimo secolo
Ecco
il primo segno dell’amore : Gesù ci ha dato da mangiare la sua
carne, e da bere il suo sangue. Ecco una cosa inaudita, che richiede
da noi ammirazione e stupore. È la caratteristica dell’amore di dare
sempre e di ricevere sempre. Ora, l’amore di Gesù è nello stesso
tempo prodigo e avido. Tutto ciò che egli ha, tutto ciò che egli è,
lo dà ; tutto ciò che noi abbiamo, tutto ciò che noi siamo, egli lo
prende.
Ha
una fame immensa… Quanto più il nostro amore lo lascia agire, tanto
più lo gustiamo con ampiezza. Ha una fame immensa, insaziabile. Sa
bene che siamo poveri, ma non ne tiene in alcun conto. In noi, lui
stesso si fa pane, facendo scomparire dapprima, nel suo amore, vizi,
colpe e peccati. Poi, quando vede che siamo puri, viene, avido, per
prendere la nostra vita e cambiarla come la sua, la nostra piena di
peccati, la sua piena di grazia e di gloria, tutta pronta per noi,
se soltanto rinunciamo… Quanti amano mi capiranno. Ci ha fatto il
dono di una fame e di una sete eterne.
A
questa fame e a questa sete, dà in cibo il suo corpo e il suo
sangue. Quando li riceviamo con abnegazione interiore, il suo
sangue, pieno di calore e di gloria, scorre da Dio nelle nostre
vene. Il fuoco si accende dentro di noi e il gusto spirituale ci
penetra l’anima e il corpo, il gusto e il desiderio. Ci dà di
assomigliare alle sue virtù ; vive in noi e noi viviamo in lui.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI venerdì
La Preghiera
della Chiesa
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in
lui
Santa
Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein]
La
via che conduce alla vita interiore e ai cori degli spiriti beati
che cantano il Sanctus eterno, è Cristo. Il suo sangue è il velo del
Tempio attraverso il quale penetriamo nel Santo dei santi della vita
divina (Eb 9,11s; 10,20). Egli ci purifica dal peccato, nel
battesimo e nel sacramento della penitenza, ci apre gli occhi alla
luce eterna, ci apre gli orecchi per ricevere la Parola divina, ci
apre le labbra per intonare il canto di lode, per pregare la
preghiera di riconciliazione, di domanda, di azione di grazie; e
tutte queste preghiere non sono null’altro che forme diverse
dell’unica adorazione...
Tuttavia, soprattutto il sacramento in cui Cristo è presente in
persona fa di noi le membra del suo corpo. Nel partecipare al
sacrificio e alla mensa sacra, nell’essere nutriti della carne e del
sangue di Gesù, diventiamo anche noi la sua carne e il suo sangue. E
soltanto quando siamo membra del suo corpo, e nella misura in cui lo
siamo in verità, il suo Spirito può vivificarci e regnare in noi...
Diventiamo membra del corpo di Cristo, “non soltanto nell’amore...,
ma anche realmente, essendo una cosa sola con la sua carne; e questo
è realizzato per mezzo del cibo che egli ci ha offerto per darci la
prova di quel desiderio che egli nutre per noi. Per questo lui
stesso si è abbassato fino a venire in noi e ha plasmato in noi il
suo corpo, affinché fossimo una cosa sola, così come il corpo è
unito al capo”... In quanto membra del suo corpo, animati dal suo
Spirito, offriamo noi stessi in sacrificio “per Cristo, con Cristo e
in Cristo”, unendo le nostre voci all’eterna azione di grazie.
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI sabato
Disorsi su
vari argomenti °5, su Ha ; PL 183,556
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2040)
Forse anche voi
volete andarvene ?
di
San Bernardo nel dodicesimo secolo
Leggiamo nel Vangelo che, mentre il Signore predicava e invitava i
suoi discepoli a partecipare alla sua passione nel sacramento
conviviale del suo corpo, alcuni dissero: “Questo linguaggio è
duro”, e da quel momento non andarono più con lui. Gli apostoli,
interrogati se avessero voluto andarsene anche loro, risposero:
“Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).
Così
vi dico, fratelli: fino a oggi ci sono persone per le quali è chiaro
che le parole di Gesù sono “spirito e vita” perciò lo seguono. Ad
altri invece paiono dure e cercano altrove ben magre consolazioni.
“La Sapienza fa sentire la sua voce sulle piazze” (Pr 1,20), vale a
dire ammonisce quelli che camminano “per la via larga e spaziosa che
conduce alla morte” (Mt 7,13), per richiamare indietro quanti vi
camminano. Essa grida: “Per quarant’anni mi disgustai di quella
generazione e dissi: sono un popolo dal cuore traviato” (Sal 94,10).
In un altro salmo trovi: “Il Signore ha parlato una sola volta” (Sal
61,12). Certo, una sola volta, perché parla sempre. Infatti unico e
non interrotto ma continuo e senza fine è il suo parlare. Invita i
peccatori a rientrare in sé, perché ivi egli abita e ivi parla... Se
oggi udiamo la sua voce, non induriamo i nostri cuori sono press’a
poco le medesime parole che si leggono nel Vangelo... “Le mie pecore
ascoltano la mia voce” (Gv 10,27)... Siete il popolo del suo pascolo
e il gregge che egli conduce, se oggi ascoltate la sua voce (Sal
94,8).
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IIIA
settimana tempo Pasquale -
PRIMI VESPRI sabato
Discorsi,
329, 1-2
(in l’Ora
dell’Ascolto p.2614)
Hanno lavato le
loro vesti col sangue dell’Agnello
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Le
gesta gloriose dei santi martiri fanno rifiorire la Chiesa in ogni
luogo. Perciò possiamo constatare con i nostri stessi occhi quanto
sia vero ciò che abbiamo cantato : « Preziosa agli occhi del Signore
è la morte dei suoi fedeli » (Sal 115, 15). Questa morte è preziosa
ai nostri occhi e agli occhi di colui, per il cui nome venne
affrontata.
Ma il
prezzo versato per queste morti è stato la morte di uno solo. Quante
morti ha riscattato con la sua morte uno solo ! Se quel solo non
fosse morto, il chicco di frumento non si sarebbe moltiplicato.
Avete sentito le parole che dice all’avvicinarsi della sua passione,
cioè della nostra redenzione : « Se il chicco di grano caduto il
terra non muore, rimane solo : se invece muore, produce molto
frutto » (Gv 12, 24). Sulla croce egli compì un’operazione di
incalcolabile valore. Su di essa fu fatto il versamento per il
nostro riscatto. La lancia del soldato gli aprì il costato e da
quella ferita sgorgò il prezzo di tutto il mondo.
Con
esso furono comprati i fedeli e i martiri, e il loro sangue è
testimone che la loro fede era autentica. Essi restituirono ciò che
era stato speso per loro, e misero in pratica quello che dice san
Giovanni : « Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi
dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli » (1 Gv 3, 16). E in un
altro passo troviamo scritto : « Quando sei seduto a mangiare con un
potente, considera bene che cosa hai davanti, perché bisogna che tu
prepari altrettanto (cfr Pr 23, 1). Lauta è quella mensa dove il
cibo è costituito dallo stesso padrone della mensa. Nessuno nutre
gli invitati con la propria carne : questo lo fa solo Cristo
Signore. Egli è colui che invita, egli è il cibo e la bevanda.
Compresero bene i martiri che cosa avessero mangiato e bevuto, per
rendere un tale contraccambio.
Ma
come avrebbero potuto rendere questo contraccambio, se egli, che
sborsò per primo il prezzo, non avesse dato loro il mezzo per
corrisponderlo ? « Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha
dato ? Alzerò il calice della salvezza » (Sal 115, 12-13).
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IVA
settimana tempo Pasquale -
U.R. Domenica
(Om. 14, 3-6; PL 76, 1129-1130)
Dalle «Omelie sui Vangeli»
Cristo, buon
pastore
di san Gregorio Magno nel sesto secolo
«Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore», cioè le amo, «e le
mie pecore conoscono me» (Gv 10, 14). Come a dire apertamente:
corrispondono all'amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre
l'amore della verità.
Domandatevi,
fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se
conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza
della fede, ma anche di quella dell'amore; non del solo credere, ma
anche dell'operare. L'evangelista Giovanni, infatti, spiega: «Chi
dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo» (1
Gv 2, 4).
Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: «Come il
Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le
pecore«(Gv 10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo
risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perché
offro la mia vita per le mie pecore; cioè io dimostro in quale
misura amo il Padre dall'amore con cui muoio per le pecore.
Di queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce
e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr.
Gv 10, 14-16). Di esse aveva detto poco prima: «Se uno entra
attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv
10, 9). Entrerà cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione,
dall'atto di credere alla contemplazione, e troverà i pascoli nel
banchetto eterno.
Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con
cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco.
Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del
paradiso, ch'è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la
presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di
perderlo, l'anima si sazia senza fine del cibo della vita.
Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali
possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia
di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro
spirito. S'infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri
desideri s'infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già
un camminare.
Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore,
perché se qualcuno desidera raggiungere la mèta stabilita, nessuna
asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci
seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che
durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica
di andare là dove aveva intenzione di arrivare.
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IVA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica
Messaggio
per la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni 1971
« Egli le
chiama per nome »
di Papa Paolo VI
Quando Gesù presentava se stesso come il Pastore Buono, si
ricollegava ad una lunga tradizione biblica, già familiare ai suoi
discepoli ed agli altri ascoltatori. Il Dio d’Israele, infatti, si
era manifestato sempre come il Pastore Buono del suo popolo. Egli ne
aveva ascoltato il lamento, lo aveva liberato dalla terra di
schiavi, «aveva guidato nella sua bontà il popolo da lui salvato»
durante il faticoso cammino nel deserto verso la patria promessa…
Secolo dopo secolo, il Signore aveva continuato a guidarlo, anzi, a
portarlo sulle sue braccia come il pastore porta gli agnelli. Lo
aveva ancora portato dopo la punizione dell’esilio, chiamando di
nuovo e radunando insieme le pecore disperse per ricondurle nella
terra dei padri.
È per questo
motivo che gli antichi credenti si rivolgevano filialmente a Dio,
chiamandolo il loro Pastore: «Il Signore è il mio Pastore, non manco
di nulla; in erbosi pascoli mi fa riposare; ad acque ristoratrici mi
conduce, ricrea l’anima mia; mi guida per giusti sentieri» (Sal 22).
Essi sapevano che il Signore era un Pastore buono, paziente,
talvolta severo, ma misericordioso sempre verso il suo popolo, anzi,
verso tutti gli uomini…
E infatti,
quando nella pienezza dei tempi venne Gesù, Egli trovò il suo popolo
«come un gregge senza pastore» (Mc 6,34) e ne provò una profonda
pena. In Lui le profezie si adempivano e finivano i tempi
dell’attesa. Con le stesse parole della tradizione biblica, Gesù si
è presentato come il Pastore Buono, che conosce le sue pecore, le
chiama per nome, e per esse dà la sua vita. E così «si farà un solo
gregge, un solo pastore» (Gv 10,16).
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settimana tempo Pasquale -
LODI martedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
capitolo "lavoro" - §.29
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IVA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Dalla
Costituzione «Gaudium et spes»
del Concilio
ecumenico Vaticano II
sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo (Nn. 35-36)
L'attività
dell’Uomo
dalla costituzione Gaudium et Spes
L'attività umana, come deriva dall'uomo. così è ordinata all'uomo.
L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la
società, ma anche perfeziona se stesso. Apprende molte cose,
sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi.
Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori
che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello che è che per
quello che ha.
Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire
una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più
umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo
tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia
alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad
effettuarla.
Ecco dunque qual è la norma dell'attività umana. Secondo il disegno
di Dio e la sua volontà l'attività dell'uomo deve corrispondere al
vero bene dell'umanità, e permette agli individui, sia in quanto
singoli che quali membri della collettività, di coltivare e di
attuare la loro integrale vocazione.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno
troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga
impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze. Ora
se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le cose create
e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo
gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di
una esigenza legittima, che non solo è postulata dagli uomini del
nostro tempo, ma anche è conforme al volere del Creatore.
Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte
ricavano la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi
proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare,
riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o
arte. Perciò se la ricerca metodica di ogni disciplina procede in
maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà
mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le
realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si
sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della
realtà, anche senza che egli se ne avveda, viene come condotto dalla
mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che
siano quello che sono. A questo punto, ci sia concesso di deplorare
certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i
cristiani. Alcuni per non avere sufficientemente percepito la
legittima autonomia della scienza, suscitano contese e controversie
e pervertono molti spiriti a tal punto da farli ritenere che scienza
e fede si oppongano tra loro.
Se però con l'espressione «autonomia delle realtà temporali» si
intende che le cose create non dipendono da Dio, che l'uomo può
adoperarle senza riferirle al Creatore, allora tutti quelli che
credono in Dio avvertono quanto false siano tali opinioni. La
creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.
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IVA
settimana tempo Pasquale -
LODI mercoledì
Discorsi
teologici, 3
Io come luce sono
venuto nel mondo
Simeone il Nuovo Teologo
« Dio
è luce » (1 Gv 1,5), una luce infinita e incomprensibile. Il Padre è
luce, il Figlio è luce, lo Spirito è luce ; i tre sono luce unica,
semplice, pura, fuori dal tempo, in un’eterna identità di dignità e
di gloria. Ne consegue che quanto viene da Dio è luce e ci viene
distribuito come venuto dalla luce : luce la vita, luce
l’immortalità, luce la sorgente della vita, luce l’acqua viva, la
carità, la pace, la verità, la porta del Regno dei cieli. Luce lo
stesso Regno dei cieli ; luce la stanza nuziale, il letto nuziale,
il paradiso, le delizie del paradiso, la terra dei miti, le corone
della vita, luce gli stessi abiti dei santi. Luce il Cristo Gesù, il
salvatore e re dell’universo, luce il pane della sua carne
immacolata, luce il calice del suo sangue preziosissimo, luce la sua
risurrezione, luce il suo volto ; luce la sua mano, il suo dito, la
sua bocca, luce i suoi occhi ; luce il Signore, la sua voce come
luce da luce. Luce il Consolatore, la perla, il chicco di senapa, la
vigna vera, il lievito, la speranza, la fede : luce !
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VESPRI mercoledì
(Disc. 53, 1-2. 4; CCL 23, 214-216)
Dai «Discorsi»
Cristo è luce
di san Massimo di Torino nel quarto secolo
La risurrezione di Cristo apre l'inferno. I neofiti della Chiesa
rinnovano la terra. Lo Spirito Santo dischiude i cieli. L'inferno,
ormai spalancato, restituisce i morti. La terra rinnovata rifiorisce
dei suoi risorti. Il cielo dischiuso accoglie quanti vi salgono.
Anche il ladrone entra in paradiso, mentre i corpi dei santi fanno
il loro ingresso nella santa città. I morti ritornano tra i vivi;
tutti gli elementi, in virtù della risurrezione di Cristo, si
elevano a maggiore dignità.
L'inferno restituisce al paradiso quanti teneva prigionieri. La
terra invia al cielo quanti nascondeva nelle sue viscere. Il cielo
presenta al Signore tutti quelli che ospita. In virtù dell'unica ed
identica passione del Signore l'anima risale dagli abissi, viene
liberata dalla terra e collocata nei cieli.
La risurrezione
di Cristo infatti è vita per i defunti, perdono per i peccatori,
gloria per i santi. Davide invita, perciò, ogni creatura a
rallegrarsi per la risurrezione di Cristo, esortando tutti a gioire
grandemente nel giorno del Signore.
La luce di Cristo è giorno senza notte, giorno che non conosce
tramonto. Che poi questo giorno sia Cristo, lo dice l'Apostolo: «La
notte è avanzata, il giorno è vicino» (Rm 13, 12). Dice: «avanzata»;
non dice che debba ancora venire, per farti comprendere che quando
Cristo ti illumina con la sua luce, devi allontanare da te le
tenebre del diavolo, troncare l'oscura catena del peccato, dissipare
con questa luce le caligini di un tempo e soffocare in te gli
stimoli delittuosi.
Questo giorno è lo stesso Figlio, su cui il Padre, che è giorno
senza principio, fa splendere il sole della sua divinità.
Dirò anzi che egli stesso è quel giorno che ha parlato per mezzo di
Salomone: «Io ho fatto sì che spuntasse in cielo una luce che non
viene meno» (Sir 24, 6 volg.). Come dunque al giorno del cielo non
segue la notte, così le tenebre del peccato non possono far seguito
alla giustizia di Cristo. Il giorno del cielo infatti risplende in
eterno, la sua luce abbagliante non può venire sopraffatta da alcuna
oscurità. Altrettanto deve dirsi della luce di Cristo che sempre
risplende nel suo radioso fulgore senza poter essere ostacolata da
caligine alcuna. Ben a ragione l'evangelista Giovanni dice: La luce
brilla nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta (cfr. Gv
1, 5).
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IVA
settimana tempo Pasquale -
LODI giovedì
Dal trattato «Contro le eresie»
(Lib. 1, 10, 1-3; PG 7, 550-554)
La proclamazione
della verità
di
Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
La Chiesa, sparsa in tutto il mondo, fino agli ultimi confini della
terra, ricevette dagli apostoli e dai loro discepoli la fede
nell'unico Dio, Padre onnipotente, che fece il cielo la terra e il
mare e tutto ciò che in essi è contenuto (cfr. At 4, 24). La Chiesa
accolse la fede nell'unico Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnatosi
per la nostra salvezza. Credette nello Spirito Santo che per mezzo
dei profeti manifestò il disegno divino di salvezza: e cioè la
venuta di Cristo, nostro Signore, la sua nascita dalla Vergine, la
sua passione e la risurrezione dai morti, la sua ascensione corporea
al cielo e la sua venuta finale con la gloria del Padre. Allora
verrà per «ricapitolare tutte le cose» (Ef 1, 10) e risuscitare ogni
uomo, perché dinanzi a Gesù Cristo, nostro Signore e Dio e
Salvatore e Re secondo il beneplacito del Padre invisibile «ogni
ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni
lingua lo proclami» (Fil 2, 10) ed egli pronunzi su tutti il suo
giudizio insindacabile.
Avendo ricevuto, come dissi, tale messaggio e tale fede, la Chiesa
li custodisce con estrema cura, tutta compatta come abitasse in
un'unica casa, benché ovunque disseminata. Vi aderisce unanimemente
quasi avesse una sola anima e un solo cuore. Li proclama, li insegna
e li trasmette all'unisono, come possedesse un'unica bocca.
Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica
e identica è la forza della tradizione. Per cui le chiese fondate in
Germania non credono o trasmettono una dottrina diversa da quelle
che si trovano in Spagna o nelle terre dei Celti o in Oriente o in
Egitto o in Libia o al centro del mondo.
Come il sole, creatura di Dio, è unico in tutto l'universo, così la
predicazione della verità brilla ovunque e illumina tutti gli uomini
che vogliono giungere alla conoscenza della verità. E così tra
coloro che presiedono le chiese nessuno annunzia una dottrina
diversa da questa, perché nessuno è al di sopra del suo maestro.
Si tratti di un grande oratore o di un misero parlatore, tutti
insegnano la medesima verità. Nessuno sminuisce il contenuto della
tradizione. Unica e identica è la fede. Perciò né il fecondo può
arricchirla, né il balbuziente impoverirla.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI giovedì
De Trinitate
VII, 33-35.41
Gli apostoli ci
mostrano la via della vita
di
Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo
Riguardo ai suoi misteri, il Signore non ci ha lasciato un
insegnamento incerto o dubbio, e non ci ha abbandonato all’errore
che può nascere da una comprensione ambigua. Per cui, ascoltiamolo
quando rivela agli apostoli l’intera conoscenza di questa fede ;
Dice infatti : « Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene
al Padre se non per mezzo di me ». Colui che è la Via non ci ha
lasciato errare in strade senza uscita. La Verità non ci ha giocati
con menzogne. La Vita non ci ha consegnati all’errore che uccide. E
poiché, per la nostra salvezza, ci ha manifestato i dolci nomi del
suo disegno – Via per condurci alla verità, Verità per stabilirci
nella Vita – riconosciamo quale è il sacramento che ci conduce a
questa vita : « Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me ». La
via verso il Padre passa attraverso il Figlio…
Nel
mistero in cui egli ha preso corpo, il Signore manifesta la divinità
che è nel Padre : « Se conoscete me, conoscerete anche il Padre :
fin da ora lo conoscete e lo avete veduto ». Ha distinto il tempo
della visione dal tempo della conoscenza. Dice infatti che abbiamo
già visto ciò che ancora dovremo conoscere.
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settimana tempo Pasquale -
LODI venerdì
Sul bene
della morte, 12, 52-55; CSEL 32, 747-750
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 733)
La via, la verità
e la vita
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
Andiamo senza timore a Gesù, nostro Redentore, andiamo con animo
intrepido verso la schiera dei santi, verso l’adunanza dei giusti.
Sì, andremo dai nostri padri, andremo dai maestri della nostra fede…
Il Signore sarà la luce di tutti ; e quella « luce vera che illumina
ogni uomo » (Gv 1,19) splenderà su tutti. Andremo là dove il Signore
Gesù ha preparato le mansioni per i suoi, affinché dove egli è siamo
anche noi. Così infatti ha voluto… E qual è la sua volontà ?
« Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono
io » (Gv 14,2-3)…
Egli
ha indicato la via e il luogo dicendo : « E del luogo dove io vado,
voi conoscete la via ». Il luogo è presso il Padre, la via è Cristo,
come egli stesso dice : « Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me ». Entriamo in questa
via, custodiamo la verità, seguiamo la vita. È via che conduce,
verità che conforta, vita che si dona. Affinché poi conoscessimo la
sua vera volontà, alla fine del discorso aggiunge : « Padre, voglio
che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché
contemplino la mia gloria » (Gv 17,24)…
Ti
seguiamo, Signore Gesù ; ma tu chiamaci affinché possiamo seguirti
davvero, poiché senza di te nessuno può ascendere. Tu infatti sei la
via, la verità, la vita, tu la possibilità, la fedeltà, il premio.
Come via accogli i tuoi ; come verità confermali ; come vita,
vivificali.
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VESPRI venerdì
Discorsi,
142
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Nessuno viene al
Padre se non per mezzo di me
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Cristo
disse: “Io sono la via, la verità e la vita”. Come a dire: “Per dove
vuoi andare? Io sono la via. Dove vuoi andare? Io sono la verità.
Dove vuoi avere stabile dimora? Io sono la vita.” Perciò camminiamo
sicuri lungo la via; ma dobbiamo temere insidie accosto alla via.
L'avversario non ardisce tendere insidie sulla via, perché la via è
Cristo; ma certamente, accosto alla via non è mai che smetta...
Cristo la via,
Cristo umile; Cristo verità e vita, l'elevato e Dio. Se stai alla
sequela di Cristo umile, perverrai all'elevato; se, infermo, non
disprezzi l'umile, ti stabilirai imbattibile in alto. Quale,
infatti, se non la tua infermità, la causa dell'umiliazione di
Cristo? Infatti la debolezza ti opprimeva assai e irreparabilmente.
E questa situazione indusse a venire da te un così grande medico. Se
la tua infermità fosse almeno tale da permetterti di recarti
personalmente dal medico, l'infermità stessa poteva sembrare
tollerabile, ma ti è stato impossibile recarti da lui ed egli è
venuto da te; è venuto insegnando l'umiltà per la quale torniamo
alla salute. Poiché non ci lasciava ritornare alla vita la
superbia...
Grida colui
che si è fatto via: “Entrate per la porta stretta”(Mt 7,13). Si
sforza di entrare, lo impedisce la superbia... Prenda il farmaco
dell'umiltà. Beva, antidoto alla superbia, la pozione amara, ma
salutare.... Quasi infatti che il superbo sia a chiedere: “Per dove
entrerò?” “Io sono la via”, dice Cristo. “Entra per me: volendo
entrare per la porta, non puoi camminare che per me. Poiché, come ho
detto: Io sono la via, così: Io sono la porta. (Gv 10,7) E che vai
cercando per dove far ritorno, dove tornare, per dove entrare?”
Perché tu non vada a smarrirti in qualche luogo, egli si è fatto
tutto questo per te. Perciò ti dice in breve: “sii umile, sii mite”
(Mt 11,19).
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IVA
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LODI sabato
Contro le
Eresie 4, 20, 4-5 ; SC 100, 634-640
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 103)
Chi ha visto me ha
visto il Padre
di
Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo
L’uomo con le sue sole forze non può vedere Dio. Ma se Dio lo vuole,
nell’abisso della sua volontà, si lascia vedere da chi vuole, quando
vuole e come vuole. Dio ha potere su tutti e su ogni cosa. Si rese
un tempo accessibile in visione profetica per mezzo del suo Spirito,
si lascia vedere ora mediante il suo Figlio, dando l’adozione a
figli. Sarà visto, infine, nel Regno dei cieli nella pienezza della
sua paternità. Lo Spirito infatti prepara gli uomini nel Figlio. Il
Figlio li conduce al Padre. Il Padre dona l’incorruttibilità e la
vita eterna che derivano dalla visione di Dio per coloro che lo
vedono.
Come
coloro che vedono la luce sono nella luce, e partecipano al suo
splendore e ne colgono la chiarezza, così coloro che vedono Dio,
sono in Dio e ricevono il suo splendore. Lo splendore di Dio dona la
vita : la ricevono coloro che vedono Dio.
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settimana tempo Pasquale -
PRIMI VESPRI sabato
Dai «Discorsi» di, vescovo
(Disc. sulla risurrezione di Cristo, 1; PG 46, 603-606. 626-627)
Primogenito della
nuova creazione
di san Gregorio Di Nissa nel quarto secolo
E' venuto il regno della vita ed è stato distrutto il dominio della
morte. Una diversa generazione è apparsa, e una vita diversa e un
diverso modo di vivere. La nostra stessa natura ha subito un
cambiamento.
Quale è questa generazione? Quella che non scaturisce dal sangue, né
da volere di uomo, né da volere di carne, ma è stata creata da Dio
(cfr. Gv 1, 13). Come può avvenire questo? Ascolta e te lo spiegherò
in breve.
Questa nuova prole viene concepita per mezzo della fede, viene data
alla luce attraverso la rigenerazione del battesimo, ha come madre
la Chiesa, succhia il latte della sua dottrina e delle sue
istituzioni. Hai poi come suo cibo il pane celeste. L'età matura è
costituita da un altro stile di vita. Le sue nozze sono la
familiarità con la sapienza. Suoi figli la speranza, sua casa il
regno, sua eredità e ricchezza le gioie del paradiso. La sua fine
poi non è la morte, ma quella vita eterna e beata che è preparata a
coloro che ne sono degni.
«Questo è il giorno che ha fatto il Signore» (Sal 117, 24), giorno
ben diverso da quelli che furono stabiliti all'inizio della
creazione del mondo e che si misurano col trascorrere del tempo.
Questo giorno segna l'inizio di una nuova creazione. Poiché in
questo giorno Dio crea un cielo nuovo e una terra nuova, come
afferma il Profeta. E quale cielo? Il firmamento della fede in
Cristo. E quale terra? Un cuore buono, come disse il Signore, una
terra avida della pioggia che la irriga e che produce abbondante
messe di spighe.
In questa creazione il sole rappresenta una vita pura, e le stelle
le virtù; l'aria una buona condotta; il mare «la profondità della
ricchezza della sapienza e della scienza» (Rm 11, 33). Le erbe e i
germogli sono la buona dottrina e la Sacra Scrittura, di cui si
pasce il popolo, gregge di Dio. Le piante da frutta poi
rappresentano l'osservanza dei comandamenti.
In questo giorno viene creato il vero uomo ad immagine e somiglianza
di Dio. E non deve divenire il tuo mondo questo inizio: «Questo
giorno che ha fatto il Signore»? Questo giorno e questa notte che il
Profeta disse diversi dagli altri giorni e dalle altre notti?
Ma non abbiamo ancora spiegato quello che in questa grazia è più
importante. Questo giorno ha distrutto le sofferenze della morte.
Questo giorno ha dato al mondo il primogenito dei morti.
«Io salgo», dice «al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»
(Gv 20, 17). O confortante e splendida notizia! Colui che si è fatto
per noi uomo, pur essendo l'unigenito Figlio di Dio, per renderci
suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare
con sé tutti coloro che gli sono congiunti.
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settimana tempo Pasquale - U.R. Domenica
(Disc. 34, 1-3. 5-6; CCL 41, 424-426)
Dai «Discorsi»
Cantiamo al
Signore il canto dell'amore
di sant'Agostino nel quinto secolo
Cerca per l'uomo il motivo per cui debba amare Dio e non troverai
che questo: perché Dio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo
amato, ha dato già se stesso per noi, ha dato ciò per cui potessimo
amarlo.
Che cosa abbia dato perché lo amassimo, ascoltatelo più chiaramente
dall'apostolo Paolo: «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori» (Rm 5, 5). Da dove? Forse da noi? No. Da chi dunque? «Per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5).
Avendo dunque una sì grande fiducia, amiamo Dio per mezzo di Dio.
Ascoltate più chiaramente lo stesso Giovanni: «Dio è amore; chi sta
nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Gv 4, 16).
Non basta dire: «L'amore è da Dio» (1 Gv 4, 7). Chi di noi oserebbe
dire ciò che è stato detto: «Dio è amore»? Lo disse colui che sapeva
ciò che aveva.
Dio ci si offre in un modo completo. Ci dice: Amatemi e mi avrete,
perché non potete amarmi, se già non mi possedete.
O fratelli, o figli, o popolo cristiano, o santa e celeste stirpe, o
rigenerati in Cristo, o creature di un mondo divino, ascoltate me,
anzi per mezzo mio: «Cantate al Signore un canto nuovo».
Ecco, tu dici, io canto. Tu canti, certo, lo sento che canti. Ma
bada che la tua vita non abbia a testimoniare contro la tua voce.
Cantate con la voce, cantate con il cuore, cantate con la bocca,
cantate con la vostra condotta santa. «Cantate al Signore un canto
nuovo». Mi domandate che cosa dovete cantare di colui che amate?
Parlate senza dubbio di colui che amate, di lui volete cantare.
Cercate le lodi da cantare?
L'avete sentito: «Cantate al Signore un canto nuovo». Cercate le
lodi? «La sua lode risuoni nell'assemblea dei fedeli».
Il cantore diventa egli stesso la lode del suo canto.
Volete dire le lodi a Dio? Siate voi stessi quella lode che si deve
dire, e sarete la sua lode, se vivrete bene.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica
Dalle «Omelie sul Cantico dei cantici»
(Om. 15; PG 44,1115-1118)
La gloria che hai
dato a me l'ho data ad essi
di san Gregorio di Nissa nel quarto secolo
Se davvero l'amore riesce ad eliminare la paura e questa si
trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è proprio
l'unità. La salvezza sta infatti nel sentirsi tutti fusi nell'amore
all'unico e vero bene mediante quella perfezione che si trova nella
colomba di cui parla il Cantico dei cantici: «Una sola è la mia
colomba, la mia perfetta. L'unica di sua madre, la preferita della
sua genitrice» (Ct 6,9).
Tutto ciò lo mostra più chiaramente il Signore nel vangelo.
Gesù benedice i suoi discepoli, conferisce loro ogni potere e
concede loro i suoi beni. Fra questi sono da includere anche le
sante espressioni che egli rivolge al Padre. Ma fra tutte le parole
che dice e le grazie che concede una ce n'è che è la maggiore di
tutte e tutte le riassume. Ed è quella con cui Cristo ammonisce i
suoi a trovarsi sempre uniti nelle soluzioni delle questioni e nelle
valutazioni circa il bene da fare; a sentirsi un Cuor solo e
un'anima sola e a stimare questa unione l'unico e solo bene; a
stringersi nell'unità dello Spirito con il vincolo della pace; a far
un solo corpo e un solo spirito; a corrispondere a un'unica
vocazione, animati da una medesima speranza.
Ma più che questi accenni sarebbe meglio riferire testualmente le
parole del vangelo: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu,
Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola, perché
il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).
Il vincolo di questa unità è un'autentica gloria. Nessuno infatti
può negare che lo Spirito Santo sia chiamato «gloria». Dice infatti
il Signore: «La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro» (Gv
17,22). Egli possedette tale gloria sempre ancora prima che
esistesse questo mondo. Nel tempo poi la ricevette quando assunse la
natura umana. Da quando questa natura fu glorificata dallo Spirito
Santo, tutto ciò che si connette con questa gloria, diviene
partecipazione dello Spirito Santo.
Per questo dice: «La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a
loro, perché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola: io
in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità» (Gv 20,22-23).
Perciò colui che dalla fanciullezza è cresciuto raggiungendo la
piena maturità del Cristo, viene a trovarsi in quello stato tutto
speciale, che solo l'intelligenza, illuminata dalla fede, può
percepire. Allora diviene capace della gloria dello Spirito Santo
attraverso una vita lontana dai vizi e improntata alla santità.
Costui dunque è quella perfetta colomba, alla quale guarda lo Sposo,
quando dice: «Una sola la mia colomba, la mia perfetta».
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settimana tempo Pasquale -
LODI martedì
Sull’unità
della Chiesa cattolica
Il Signore ci dona la sua Pace
di
San Cipriano nel terzo secolo
Lo
spirito Santo ci dà questo avvertimento : « Cerca la pace e
perseguila » (Sal 34, 15). Il figlio di pace deve cercare e
perseguire la pace. Chi conosce e ama il vincolo della carità deve
preservare la sua lingua dal peccato della discordia. Fra le sue
prescrizioni divine e i suoi comandamenti di salvezza, il Signore,
la vigilia della sua Passione, ha aggiunto questo : « Vi lascio la
mia pace, vi do la mia pace. » (Gv 14, 27) Tale è l’eredità che ci
ha lasciata : la promessa di tutti i doni, di tutte le ricompense
che vediamo in prospettiva, è stata legata alla custodia della pace.
Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo. Se siamo
figli di Dio, dobbiamo essere pacifici : « Beati gli operatori di
pace perché saranno chiamati figli di Dio. » (Mt 5, 9) Bisogna che i
figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nelle parole,
in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente con il vincolo
di un pensiero unanime.
Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli.
In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle
prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge
l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di
ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Messaggio
per la Giornata mondiale della Pace 2002 §14-15
Vi lascio la pace
vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi
di
Papa Giovanni Paolo II
La preghiera
per la pace non è un elemento che « viene dopo » l'impegno per la
pace. Al contrario, essa sta al cuore dello sforzo per
l'edificazione della pace nell'ordine, nella giustizia e nella
libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano
all'irruzione della potenza rinnovatrice di Dio. Dio, con la forza
vivificante della sua grazia, può creare aperture per la pace là
dove sembra che vi siano soltanto ostacoli e chiusure… Pregare per
la pace significa pregare per la giustizia…
Non c'è pace
senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono : ecco ciò che
voglio annunciare in questo Messaggio a credenti e non credenti,
agli uomini e alle donne di buona volontà, che hanno a cuore il bene
della famiglia umana e il suo futuro. Non c'è pace senza giustizia,
non c'è giustizia senza perdono : questo voglio ricordare a quanti
detengono le sorti delle comunità umane, affinché si lascino sempre
guidare, nelle loro scelte gravi e difficili, dalla luce del vero
bene dell'uomo, nella prospettiva del bene comune. Non c'è pace
senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono : questo monito non
mi stancherò di ripetere a quanti, per una ragione o per l'altra,
coltivano dentro di sé odio, desiderio di vendetta, bramosia di
distruzione.
Non restino
fuori dal raggio di luce della nostra preghiera coloro stessi che
offendono gravemente Dio e l'uomo mediante questi atti senza pietà :
sia loro concesso di rientrare in se stessi e di rendersi conto del
male che compiono, così che siano spinti ad abbandonare ogni
proposito di violenza e a cercare il perdono. In questi tempi
burrascosi, possa l'umana famiglia trovare pace vera e duratura,
quella pace che solo può nascere dall'incontro della giustizia con
la misericordia !
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LODI mercoledì
Trattato sul
Vangelo di san Luca, 9, 29-30 ; SC 52
La Parabola della
vigna
di
Sant’Ambrogio nel quarto secolo
La
vigna è la figura del popolo di Dio, perché, radicato sul ceppo
della vite eterna, esso si innalza sulla terra. Abbondanza sorta da
un suolo ingrato, ora germoglia e fiorisce, ora si riveste di verde,
ora assomiglia al giogo amabile della croce, quando è cresciuta e i
suoi rami stesi formano i tralci di una vigna feconda… A ragione
quindi il popolo di Cristo è chiamato vite, sia perché segna una
croce sulla sua fronte (Ez 9, 4), sia perché i suoi frutti vengono
raccolti nell’ultima stagione dell’anno, sia perché, come nei filari
di una vigna, poveri e ricchi, umili e potenti, servi e padroni,
tutti nella Chiesa sono di una perfetta uguaglianza…
Quando si lega ai pali la vigna, si raddrizza ; quando la si pota,
non è per sminuirla bensì per farla crescere. Lo stesso accade per
il popolo santo ; se viene legato, si libera ; se viene umiliato, si
raddrizza, e se viene tagliato, in verità gli viene data una corona.
Anzi, come un germoglio, prelevato su un albero vecchio, è innestato
su un’altra radice, così, questo popolo santo … nutrito sull’albero
della croce … cresce. E lo Spirito Santo si riversa nel nostro
corpo, come nei solchi della terra, lavando tutto ciò che è immondo
e raddrizzando le nostre membra per dirigerle verso il cielo.
Il
Vignaiolo ha l’abitudine di sarchiare questa vite, di legarla, di
tagliarla (Gv 15, 2)… Ora brucia, con il sole, i segreti del nostro
corpo, ora li annaffia con la pioggia. Gli piace sarchiare la sua
terra perché i rovi non feriscano i germogli ; bada che le foglie
non facciano troppo ombra…, non privino le nostre virtù della luce,
e non impediscano la maturazione dei nostri frutti.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI mercoledì
Discorso 58
sul Cantico dei cantici
Portare molto
frutto nel Signore
di
San Bernardo nel dodicesimo secolo
Devo
avvertire ognuno di voi, a proposito della sua vigna. Chi infatti ha
mai tolto da sè ogni superfluo, da poter ritenere di non aver più
nulla da potare? Credetemi, ciò che è stato tagliato rispunta, i
vizi scacciati tornano, e si vedono risvegliarsi le tendenze
assopite. Non basta dunque potare la propria vigna una sola volta,
ma occorre ricominciare sovente, anzi, se possibile, senza sosta. Se
infatti siamo sinceri, senza sosta troviamo dentro di noi qualche
cosa da tagliare... La virtù non può crescere in mezzo ai vizi;
perché possa svilupparsi, occorre impedire a questi di diventare
troppo ampi. Togli dunque ogni superfluo, allora quello che è
necessario potrà sorgere.
Quanto a noi, fratelli, è sempre il tempo della potatura, sempre
essa si impone. Ne sono sicuro infatti, siamo già usciti
dall’inverno, da quel timore senza amore che ci introduce tutti
nella sapienza, senza però far fiorire nessuno nella perfezione.
Quando sorge l’amore, scaccia quel timore come l’estate scaccia
l’inverno... Che cessino dunque le piogge dell’inverno, cioè le
lacrime di angoscia suscitate dal ricordo dei nostri peccati e dal
timore del giudizio... Se “l’inverno è passato”, se “è cessata la
pioggia” (Ct 2,11)..., la dolcezza primaverile della grazia
spirituale ci indica che è venuto il momento di potare la nostra
vigna. Cosa ci resta da fare, altro che di impegnarci totalmente in
questo lavoro?
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LODI giovedì
Relazioni
diverse, 46 et 48
Se uno mi ama… noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui
di
Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo
Una
volta godevo, nel raccoglimento, di quella compagnia che ho sempre
nell’animo ; mi sembrava che Dio vi si trovasse, in modo tale che
pensavo a questa parola di san Pietro : « Tu sei il Cristo, il
Figlio del Dio vivente » (Mt 16, 16), perché Dio era veramente
vivente in me. Questa presa di coscienza non assomigliava alle
altre ; essa rende la fede più potente ; in quel momento non si
sarebbe potuto dubitare che la Trinità fosse nell’animo con una
presenza speciale, con la sua potenza e con la sua essenza. Sentire
questo è estremamente vantaggioso per fare intendere una tale
verità. Mentre mi stupivo di vedere una Maestà così alta in una
creatura così spregevole quanto la mia anima, udì questa parola :
« Non è spregevole la tua anima, figlia mia, poiché è stata fatta a
mia immagine » (Gen 1, 27).
Un’altra volta, consideravo dentro di me questa presenza delle tre
Persone divine. La luce era così viva, da non lasciare nessun dubbio
che lì fosse presente il Dio vivente, il vero Dio… Pensavo quanto la
vita fosse amara, da impedirci di stare sempre in una compagnia così
mirabile, e… il Signore mi disse : « Figlia mia, dopo questa vita,
non potrai più servirmi nello stesso modo. Quindi, sia che mangi,
sia che dorma, qualunque cosa tu faccia, fallo per amore mio, come
se non fossi più tu a vivere, ma io in te.
Questo ha proclamato san
Paolo » (Gal 2, 20).
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VESPRI giovedì
Gv 15,9-11
Questo è il mio
comandamento : che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati
di
San Clemente di Roma nel secondo secolo
Chi ha la
carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti. Chi può spiegare “il
vincolo della carità” di Dio (Col 3,14)? Chi è capace di esprimere
la grandezza della sua bellezza?
L'altezza ove
conduce la carità è ineffabile. La carità ci unisce a Dio: "La
carità copre la moltitudine dei peccati" (1 Pt 4,8). La carità tutto
soffre, tutto sopporta (1 Cor 13,7). Nulla di banale, nulla di
superbo nella carità. La carità non ha divisione, la carità non si
ribella, la carità tutto compie nella concordia. Nella carità sono
perfetti tutti gli eletti di Dio. Senza carità nulla è accetto a
Dio. Nella carità il Signore ci ha presi con sé. Per la carità avuta
per noi, Gesù Cristo nostro Signore, secondo la volontà di Dio, ha
dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la
sua anima per la nostra anima.
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LODI venerdì
Commento sul
Vangelo di Giovanni, 65 ; CCL 36, 490
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Rimanete nel mio
amore
Sant’Agostino nel quinto secolo
Il Signore
Gesù afferma di voler dare ai suoi discepoli un comandamento nuovo,
quello di amarsi a vicenda... Ma questo comandamento non era già
contenuto nell'antica legge di Dio, che dice: “Amerai il prossimo
tuo come te stesso” (Lv 19,
18)? Perché allora il Signore
chiama nuovo un comandamento che risulta così antico? O lo chiama
nuovo perché, spogliandoci dell'uomo vecchio, esso ci riveste del
nuovo (Ef 2,24)?
Non un amore qualsiasi, infatti, rinnova l'uomo, ma l'amore che il
Signore distingue da quello puramente umano aggiungendo: “Come io ho
amato voi”... Cristo dunque ci ha dato un comandamento nuovo: di
amarci gli uni gli altri, come egli ci ha amati. E' questo amore che
ci rinnova, rendendoci uomini nuovi, eredi del Testamento Nuovo,
cantori del “cantico nuovo” (Sal
95,1).
Questo amore,
fratelli carissimi, ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i
patriarchi e i profeti, come poi i beati Apostoli. E' questo amore
che anche adesso rinnova le genti e raccoglie tutto il genere umano,
sparso ovunque sulla terra, per farne un sol popolo nuovo, il corpo
della novella sposa dell'unigenito Figlio di Dio.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI venerdì
Dal trattato «Contro le eresie»
(Lib. IV, 13,
4-14, 1; Sc 100, 534-540)
L'amicizia di Dio
di sant'Ireneo nel secondo secolo
Nostro Signore,
Verbo di Dio, prima condusse gli uomini a servire Dio, poi da servi
li rese suoi amici, come disse egli stesso ai discepoli: «Non vi
chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo
padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal
Padre l'ho fatto conoscere a voi»
(Gv 15, 15).
L'amicizia di Dio concede l'immortalità a quanti vi si dispongono
debitamente.
In principio
Dio plasmò Adamo non perché avesse bisogno dell'uomo, ma per avere
qualcuno su cui effondere i suoi benefici. In effetti il Verbo
glorificava il Padre, sempre rimanendo in lui, non solamente prima
di Adamo, ma anche prima di ogni creazione. Lo ha dichiarato lui
medesimo: “Padre, glorificami
davanti a te, con quella gloria, che avevo presso di te prima che il
mondo fosse”
(Gv 17, 5).
Egli ci comandò
di seguirlo non perché avesse bisogno del nostro servizio, ma per
dare a noi stessi la salvezza. Seguire il Salvatore, infatti, è
partecipare della salvezza, come seguire la luce significa essere
circonfusi di chiarore.
Chi è nella
luce non è certo lui ad illuminare la luce e a farla risplendere, ma
è la luce che rischiara lui e lo rende luminoso. Egli non dà nulla
alla luce, ma è da essa che riceve il beneficio dello splendore e
tutti gli altri vantaggi.
Così è anche
del servizio verso Dio: non apporta nulla a Dio, e d'altra parte Dio
non ha bisogno del servizio degli uomini; ma a quelli che lo servono
e lo seguono egli dà la vita, l'incorruttibilità e la gloria eterna.
Accorda i suoi benefici a coloro che lo servono per il fatto che lo
servono, e a coloro che lo seguono per il fatto che lo seguono, ma
non ne trae alcuna utilità.
Dio ricerca il
servizio degli uomini per avere la possibilità, lui che è buono e
misericordioso, di riversare i suoi benefici su quelli che
perseverano nel suo servizio. Mentre Dio non ha bisogno di nulla,
l'uomo ha bisogno della comunione con Dio.
La gloria
dell'uomo consiste nel perseverare al servizio di Dio. E per questo
il Signore diceva ai suoi discepoli: «Non voi avete scelto me, ma io
ho scelto voi» (Gv 15, 16),
mostrando così che non erano loro a glorificarlo, seguendolo, ma
che, per il fatto che seguivano il Figlio di Dio, erano glorificati
da lui. E ancora: «Voglio che anche quelli che mi hai dato siano con
me dove sono io, perché contemplino la mia gloria»
(Gv 17, 24).
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VA
settimana tempo Pasquale -
LODI
Sabato
Gv 15, 18-21
Lettera
ai Flilippesi, SC 10, p. 215-217, 221.
« Se hanno
perseguitato me, perseguiteranno anche voi »
di San
Policarpo nel secondo secolo
Perseveriamo
senza posa, fratelli miei, nella nostra speranza e nel pegno della
nostra giustizia, che è Gesù Cristo... Cerchiamo quindi d’imitare la
sua pazienza e, se dovremo soffrire per il suo nome, rendiamogli
gloria. Tale infatti è l’esempio che egli ci pose dinanzi nella sua
persona, e noi l’abbiamo creduto.
Vi scongiuro
tutti ad essere obbedienti alla parola della giustizia e a
sopportare con tutta quella pazienza che avete ammirato con i vostri
occhi non solo nei beati Ignazio, Zosimo e Rufo, ma anche in altri
dei vostri, nello stesso Paolo e negli altri apostoli. Persuadetevi
che tutti costoro non corsero invano, ma nella fede e nella
giustizia, e che ora occupano il posto loro dovuto presso il
Signore, con il quale hanno condiviso le sofferenze. Poiché essi non
hanno amato questo mondo, ma Colui che è morto per noi e che per noi
fu risuscitato da Dio...
Dio, Padre del
Signore nostro Gesù Cristo, e lo stesso pontefice eterno Gesù
Cristo, Figlio di Dio, vi facciano crescere nella fede, nella
verità, nella perfetta mansuetudine e senza iracondia, nella
pazienza, nella longanimità, nella rassegnazione e nella castità. Il
Signore vi conceda d’essere partecipi dell’eredità dei suoi santi e,
insieme con voi, lo conceda pure a noi e a tutti coloro che sono
sotto il cielo e che crederanno nel Signore nostro Gesù Cristo e nel
suo Padre, che lo risuscitò dai morti. Pregate per tutti i santi.
Pregate anche per i re, per i magistrati e i principi, per quelli
che vi perseguitano e vi odiano e per i nemici della croce, affinché
il vostro frutto sia manifesto a tutti, affinché siate perfetti in
lui.
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VA
settimana tempo Pasquale -
PRIMI VESPRI
SABATO
Il gaudio della
beatitudine eterna
di San
Pier Damiani nel undicesimo secolo
Il tuo
spirito si innalzi verso i promessi premi della patria in modo che
con l’ascesa possa superare le aspre difficoltà che si incontrano
lungo il cammino. Quando si ha per traguardo un mucchietto di oro
scintillante, la fatica del viaggio è più leggera. Si corre nello
stadio con entusiasmo quando il premio in vista è una corona.
Considera quanto sarà felice colui che sarà ammesso al convito
nuziale in compagnia degli eletti. Là ognuno è colmo di gaudio
perché non c’è preoccupazione di futura avversità; là l’anima gode
serenamente la luce infinita e gioisce ineffabilmente dei premi dei
suoi concittadini. Là gli eletti, assetati, bevono alla fonte della
vita e bevendo hanno sete perché l’avidità non genera tormento, né
la sazietà infastidisce. Dell’eterna presenza del Creatore traggono
tutta la loro beatitudine, la floridezza della perenne giovinezza,
la grazia della bellezza, il vigore, che mai viene meno, della
salute. Da quella fonte di eternità attingono la vita eterna, la
gioia ineffabile e, quel che più conta, la somiglianza con lo stesso
Creatore. Così infatti afferma l’evangelista Giovanni; “Quando
egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo
come egli è” (1 Gv 3, 2).
Perciò: “la morte è stata ingoiata per la vittoria”
(1 Co 15, 54; Is 25, 8)
e ogni corruzione della natura umana è stata vinta.
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VIA
settimana tempo Pasquale -
U.R. Domenica
Dai «Discorsi», vescovo
(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)
Rallegratevi nel
Signore, sempre
di
sant'Agostino nel quinto secolo
L'Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo.
«Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc
4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a
due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel
mondo e nel Signore.
Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia
finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore,
mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi
affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo
nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo
già nel Signore.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo
gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo,
non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla
agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore
nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo»
(At 17, 28).
Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a
questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per
nulla»? (Fil 4, 5-6).
E' una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è
vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è
costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è
fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
Tutto il genere umano è quell'uomo che giaceva lungo la strada
semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando,
lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per
curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto,
egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per
diventare prossimo a noi.
«Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo
infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l'Unico, per non
rimanere solo.
Non volle essere solo, egli che è morto solo. L'unico Figlio di Dio
generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo
sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato,
ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè
rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella
speranza dell'eternità, non nei fiori della vanità. Così
rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo
mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4).
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VIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica
Evangelii
nuntiandi, cap.7, §75
Quando verrà il
Consolatore, lo Spirito di verità, egli mi renderà testimonianza
di Papa
Paolo VI
«Colma del
conforto dello Spirito Santo», la Chiesa «cresce». Lo Spirito è
l'anima di questa Chiesa. È lui che spiega ai fedeli il significato
profondo dell'insegnamento di Gesù e del suo mistero. È lui che,
oggi come agli inizi della Chiesa, opera in ogni evangelizzatore che
si lasci possedere e condurre da lui, che gli suggerisce le parole
che da solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo
l'animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere la Buona
Novella e il Regno annunziato.
Le tecniche
dell'evangelizzazione sono buone, ma neppure le più perfette tra di
esse potrebbero sostituire l'azione discreta dello Spirito. Anche la
preparazione più raffinata dell'evangelizzatore, non opera nulla
senza di lui. Senza di lui la dialettica più convincente è impotente
sullo spirito degli uomini. Senza di lui, i più elaborati schemi a
base sociologica, o psicologica, si rivelano vuoti e privi di
valore.
Noi stiamo
vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito. Si cerca
dappertutto di conoscerlo meglio, quale è rivelato dalle Sacre
Scritture. Si è felici di porsi sotto la sua mozione. Ci si
raccoglie attorno a lui e ci si vuol lasciar guidare da lui. Ebbene,
se lo Spirito di Dio ha un posto eminente in tutta la vita della
Chiesa, egli agisce soprattutto nella missione evangelizzatrice: non
a caso il grande inizio dell'evangelizzazione avvenne il mattino di
Pentecoste, sotto il soffio dello Spirito.
Si può dire
che lo Spirito Santo è l'agente principale dell'evangelizzazione… Ma
si può parimenti dire che egli è il termine dell'evangelizzazione:
egli solo suscita la nuova creazione, l'umanità nuova a cui
l'evangelizzazione deve mirare, con quella unità nella varietà che
l'evangelizzazione tende a provocare nella comunità cristiana. Per
mezzo di lui il Vangelo penetra nel cuore del mondo, perché egli
guida al discernimento dei segni dei tempi - segni di Dio - che
l'evangelizzazione discopre e mette in valore nella storia.
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Libro di Vita di
Gerusalemme
Capitolo "Monaci e Monache" §
61
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settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Dal «Commento sul vangelo di
Giovanni» (Lib. 10; PG 74, 434)
Se non me ne vado,
non verrà a voi il Consolatore
di san Cirillo di Alessandria nel quarto
secolo
Cristo aveva compiuto la sua missione sulla terra, e per noi era
ormai venuto il momento di entrare in comunione con la natura del
Verbo cioè di passare dalla vita naturale di prima a quella che
trascende l'esistenza umana. Ma a ciò non potevamo arrivare se non
divenendo partecipi dello Spirito Santo.
Il tempo più adatto alla missione dello Spirito e alla sua venuta su
di noi era quello che seguì l'ascensione di Cristo al cielo.
Finché Cristo infatti viveva ancora con il suo corpo insieme ai
fedeli, egli stesso, a mio parere, dispensava loro ogni bene. Quando
invece giunse il momento stabilito di salire al Padre celeste, era
necessario che gli fosse presente ai suoi seguaci per mezzo dello
Spirito ed abitasse per mezzo della fede nei nostri cuori, perché,
avendolo in noi, potessimo dire con fiducia «Abbà, Padre» e
praticassimo con facilità ogni virtù e inoltre fossimo trovati forti
e invincibili contro le insidie del diavolo e gli attacchi degli
uomini, dal momento che possedevamo lo Spirito Santo onnipotente.
Che lo Spirito infatti trasformi in un'altra natura coloro nei quali
abita e li rinnovi nella loro vita è facile dimostrarlo con
testimonianze sia dell'Antico che del Nuovo Testamento.
Samuele infatti, ispirato, rivolgendo la parola a Saul, dice: Lo
Spirito del Signore ti investirà e sarai trasformato in altro uomo
(cfr. 1 Sam 10, 6). San Paolo poi dice: E noi tutti, a viso
scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore,
veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in
gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore. Il Signore poi è
Spirito (cfr. 2 Cor 3, 17-18).
Vedi come lo Spirito trasforma, per così dire, in un'altra immagine
coloro nei quali abita? Infatti porta con facilità dal gusto delle
cose terrene a quello delle sole cose celesti e da una imbelle
timidezza ad una forza d'animo piena di coraggio e di grande
generosità.
I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell'animo dallo
Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei
persecutori, ma fortemente stretti all'amore di Cristo.
E' vero dunque quello che dice il Salvatore: E' meglio per voi che
io me ne ritorni in cielo (cfr. Gv 16, 7). Quello infatti era il
tempo in cui sarebbe disceso lo Spirito Santo.
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LODI mercoledì
Lumen
Gentium, § 4 e 12
Concilio
Vaticano II
Quando
verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera
dalla costituzione dogmatica
Lumen Gentium
Per mezzo dello Spirito che dà la vita, « sorgente di acqua
zampillante per la vita eterna » (Gv 4,14) il Padre ridà la vita
agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in
Cristo i loro corpi mortali (Rm 8,11). Lo Spirito dimora nella
Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (1 Cor 3,16) e in
essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di
Dio per adozione (Gal 4,6). Egli introduce la Chiesa nella pienezza
della verità, la unifica nella comunione e nel ministero, la
provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la
abbellisce dei suoi frutti. Con la forza del Vangelo la fa
ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta
unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore
Gesù: « Vieni » (Ap 22,17)…
La totalità
dei fedeli, avendo l'unzione che viene dal Santo, non può sbagliarsi
nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso
soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi
fino agli ultimi fedeli laici » (S. Agostino) mostra l'universale
suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso
della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e
sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si
obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma
veramente la parola di Dio (1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce
indefettibilmente « alla fede trasmessa ai santi una volta per
tutte » (Gd 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più
pienamente l'applica nella vita.
Inoltre lo
Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di
Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di
virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui »
(1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie
speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari
incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione
della Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione
dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7).
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VESPRI mercoledì
PPS IV n° 17
del 17/05/1837
Lo Spirito di
verità prenderà del mio e ve l’annunzierà
del Cardinal John
Henry Newman nel diciannovesimo secolo
Poiché il Paraclito, il nuovo Consolatore è una sola cosa con il
Figlio, essendo lo Spirito che procede dal Figlio, avrebbe potuto
fare altro che manifestare il Figlio al mondo, mentre manifestava se
stesso ? Come avrebbe potuto fare altro che spargere una luce nuova
su colui la cui morte sulla croce apriva allo Spirito Santo un
accesso nel cuore dell’uomo ? Perciò, benché la partenza del Figlio
sia utile alla venuta del Consolatore (Gv 16, 7), non dobbiamo mai,
in presenza del Consolatore, perdere di vista il Figlio. Cristo
stesso non ha forse detto ai suoi discepoli : « Egli mi
glorificherà » ?
In
qual modo lo Spirito rende gloria al Figlio di Dio ? Rivela che
colui che si faceva chiamare Figlio dell’uomo è il Figlio unico di
Dio. Certo, il Nostro Salvatore aveva proprio dichiarato quanto
conveniva a noi, ma gli apostoli non lo avevano capito. Anche
mentre, per l’opera segreta della grazia, confessavano la loro fede
con convinzione, non capivano ancora tutto ciò che pur affermavano…
Il Salvatore non aveva forse cura di velare il suo segreto ? Non
sembra forse aver voluto che questo segreto fosse svelato non
all’istante, ma a posteriori ? Come se le parole divine dovessero
aspettare ancora a lungo per ricevere la loro interpretazione
divina.
È
proprio questo che egli serbava per l’ora della venuta di colui che
doveva mandare. Sarebbe lo Spirito a mettere in piena luce la sua
persona e le sue parole… Perciò, soltanto dopo la Risurrezione di
Cristo, anzi dopo la sua Ascensione, quando lo Spirito Santo è sceso
su di loro, gli apostoli hanno finalmente capito chi era stato con
loro. San Giovanni scrive : « Quando poi fu risuscitato dai morti, i
suoi discepoli si ricordarono che aveva
detto questo, e credettero alla
Scrittura e alla parola detta da Gesù » (Gv 2, 22).
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LODI giovedì
Trattati
sulla prima lettera di Giovanni 10, 9 ; SC 75, 432-436
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 809)
Ancora un poco e non mi vedrete ;
un po’ ancora e mi vedrete
di Sant’Agostino
nel quinto secolo
Il
Signore nostro Gesù Cristo, quando stava per ascendere al cielo,
pronunziò le sue ultime parole ; dopo queste parole non parlò più
sulla terra. Il capo, sul punto di ascendere al cielo, ci raccomandò
le membra che sarebbero rimaste sulla terra ; e sparì. Ormai non
trovi più Cristo che parla sulla terra : lo senti parlare, ma dal
cielo. E dal cielo perché parlò ? Perché le sue membra erano
calpestate qui in terra. Infatti, a Saulo persecutore disse
dall’alto : « Saulo, Saulo, perché mi perseguiti ? » (At 9, 4) Sono
salito al cielo, ma rimango ancora sulla terra ; lì siedo alla
destra del Padre, qui ancora patisco la fame, ho sete e sono
pellegrino… Ecco dove rimango, io che ascendo. Ascendo sì, perché
sono il capo ; ma il mio corpo resta ancora quaggiù. Dove ? Per
tutta la terra. Sta attento a non colpirlo, a non violarlo, a non
calpestarlo : ecco le ultime parole di Cristo, in procinto di
ascendere al cielo.
Fratelli, riflettete con sentimenti cristiani : se per gli eredi
sono tanto dolci, tanto care, tanto preziose le parole di chi sta
per morire, che cosa devono essere per gli eredi di Cristo le sue
ultime parole, dette non quando stava per essere deposto nel
sepolcro, ma per ascendere al cielo !
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VESPRI giovedì
Nicola Cabasilas,
Omelia sulla Dormizione della Vergine 4, in:
Comunità
di Bose (a cura di), Maria , Milano, Mondadori 2000,
pp.390-391
CIELO NUOVO E TERRA NUOVA
di Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo
La Vergine ha creato un cielo nuovo e una terra nuova, o
piuttosto è lei stessa il cielo nuovo e la terra nuova; è terra,
poiché da essa proviene, nuova perché in nessun modo è simile ai
suoi progenitori, né ha ereditato il lievito vecchio, poiché lei
stessa, secondo l'espressione di Paolo, è divenuta la nuova pasta e
inaugura un nuovo genere umano.
Chi può ignorare che essa è cielo? Un cielo nuovo, perché è
lontana da ogni stato di vecchiaia, perché è incomparabilmente
superiore ad ogni corruzione; lei solo ha trasceso il tempo perché è
stata data agli uomini in questi giorni, che sono gli ultimi,
secondo la promessa divina annunciata ad Isaia: "Vi darò un cielo
nuovo e una terra nuova".
Ancora più la Vergine è guida per tutti coloro che si
innalzano a Dio, mentre il cielo è per loro una barriera. E mentre
il cielo deve smettere di porsi nel mezzo, se la Vergine non
continuasse ad intercedere tra Dio e gli uomini non sarebbe
possibile alle creature di questa terra essere partecipi delle
realtà dell'alto.
Secondo la Parola, il cielo non poté sopportare il raggio
divino; quando questo lo attraversò, subito fu squarciato. Non
appena lo Spirito discese su colui che gli era uguale in onore,
Giovanni vide i cieli squarciati. Ma quando lo Spirito discese sulla
Beata, essa godette di quella pace ancor più grande della quale
Paolo dice che sorpassa ogni intelligenza e della realtà in lei
sussistente del Salvatore stesso, che non conosce confine. Essa è
divenuta luogo eccelso e l'ha portato in sé con così grande pace da
concepirlo e partorirlo senza dolore.
Ciò che il profeta chiama
cielo e attribuisce soltanto a Dio - il cielo del cielo appartiene
al Signore - è la beata Vergine.
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LODI venerdì
Discorsi,
166
Il Regno di Dio …
è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo
di San Cesario di Arles nel sesto secolo
Qual’é la vera gioia, fratelli se non il Regno dei cieli? E qual’è
il Regno di Dio, se non Cristo nostro Signore. Io so che tutti gli
uomini vogliono provare una vera gioia. Ma sbaglia chi vuole godere
dei raccolti senza coltivare il suo campo; inganna se stesso chi
vuole raccogliere frutti senza piantare alberi. Non si possiede la
vera gioia senza la giustizia e la pace... Ora, rispettando la
giustizia e la pace, fatichiamo per un breve tempo, come chinati su
un lavoro fruttuoso. Ma poi, godremo senza fine del frutto di questo
lavoro.
Ascolta l’apostolo Paolo dire a proposito di Cristo: “Egli è la
vostra pace” (Ef 2,14)... E il Signore, rivolgendosi ai suoi
discepoli, dice: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà
e nessuno potrà togliere la vostra gioia”. Qual’è questa gioia che
nessuno vi potrà togliere, se non lui stesso, il vostro Signore, che
nessuno vi può togliere?
Esaminate dunque la vostra coscienza, fratelli; se vi regna la
giustizia, se volete, desiderate e augurate a tutti la medesima cosa
che augurate a voi stessi, se la pace è in voi, non soltanto con i
vostri amici, ma anche con i vostri nemici, sappiate che il Regno
dei cieli, cioè Cristo Signore, dimora in voi.
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VESPRI venerdì
Contro
Eunomio IV ; PG 45, 633-638
Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto
San Gregorio di
Nissa nel quarto secolo
L’apostolo Paolo… testimonia riguardo al Figlio che cioè, non solo
la creazione degli esseri è stata fatta da lui, ma pure che, poiché
l’antica creazione è invecchiata e ormai sorpassata, lui ha operato
la nuova creazione. Così, Cristo in persona è il Primogenito di
tutta la creazione (Col 1,15), mediante il Vangelo annunciato agli
uomini…
Come
Cristo diviene « primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29) ?… Per
noi, si è fatto simile a noi, essendo stato partecipe della carne e
del sangue, per trasformarci da corruttibili in incorruttibili, per
mezzo della nascita dall’alto, da acqua e da Spirito (Gv 3,5). Ci ha
indicato la strada di tale nascita quando, mediante il proprio
battesimo, ha attirato lo Spirito Santo sull’acqua. È divenuto così
il primogenito di tutti coloro che sarebbero stati rigenerati
spiritualmente, e tutti coloro che partecipano a questa
rigenerazione da acqua e da Spirito sono chiamati fratelli.
Avendo deposto nella nostra natura la potenza della risurrezione dai
morti, Cristo diviene anche primizia di coloro che si sono
addormentati e primogenito di coloro che risuscitano dai morti (Col
1,18). Per primo, ci ha aperto la via della liberazione dalla morte.
Per la sua risurrezione, ha distrutto i legami con i quali la morte
ci tratteneva in schiavitù. Così, mediante questa doppia
rigenerazione, del santo battesimo e della risurrezione dai morti,
egli diviene il primogenito della nuova creazione.
Questo primogenito ha dei fratelli. Ha detto a Maria di Màgdala :
« Va’ dai miei fratelli e di’ loro : Io salgo al Padre mio e Padre
vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,19). Perciò il mediatore fra
Dio e gli uomini (1Tm 2,5), aprendo la strada davanti a tutto il
genere umano, manda ai suoi fratelli questo messaggio e dice loro :
« Mediante le primizie che ho assunte, porto in me al Dio e Padre
nostro tutta l’umanità. »
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LODI sabato
(Disc. sull'Ascensione, 24; PL 54, 395-396)
I giorni tra la
risurrezione e l'ascensione del Signore
di san Leone Magno nel quinto secolo
Miei cari, i giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la
sua ascensione, non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati
confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità.
Venne eliminato il timore di una morte crudele, e venne annunziata
non solo l'immortalità dell'anima, ma anche quella del corpo.
Durante quei giorni, in virtù del soffio divino, venne effuso su
tutti gli apostoli lo Spirito Santo, e a san Pietro apostolo, dopo
la consegna delle chiavi del Regno, venne affidata la cura suprema
del gregge del Signore.
In questi giorni il Signore si unisce, come terzo, ai due discepoli
lungo il cammino, e per dissipare in noi ogni ombra di incertezza,
biasima la fede languida di quei due spaventati e trepidanti. Quei
cuori da lui illuminati s'infiammano di fede e, mentre prima erano
freddi, diventano ardenti, man mano che il Signore spiega loro le
Scritture. Quando egli spezza il pane, anche lo sguardo di quei
commensali si apre. Si aprono gli occhi dei due discepoli come
quelli dei progenitori. Ma quanto più felicemente gli occhi dei due
discepoli dinanzi alla glorificazione della propria natura,
manifestata in Cristo, che gli occhi dei progenitori dinanzi alla
vergogna della propria prevaricazione!
Perciò, o miei cari, durante tutto questo tempo trascorso tra la
risurrezione del Signore e la sua ascensione, la divina Provvidenza
questo ha avuto di mira, questo ha comunicato, questo ha voluto
insinuare negli occhi e nei cuori dei suoi: la ferma certezza che il
Signore Gesù Cristo era veramente risuscitato, come realmente era
nato, realmente aveva patito ed era realmente morto.
Perciò i santi apostoli e tutti i discepoli che avevano trepidato
per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla
risurrezione, furono talmente rinfrancati dall'evidenza della
verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell'alto dei
cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono
ricolmi di grande gioia.
Ed avevano davvero un grande e ineffabile motivo di rallegrarsi.
Essi infatti, insieme a quella folla fortunata, contemplavano la
natura umana mentre saliva ad una dignità superiore a quella delle
creature celesti. Essa oltrepassava le gerarchie angeliche, per
essere innalzata al di sopra della sublimità degli arcangeli, senza
incontrare a nessun livello per quanto alto, un limite alla sua
ascesa. Infine, chiamata a prender posto presso l'eterno Padre,
venne associata a lui nel trono della gloria, mentre era unita alla
sua natura nella Persona del Figlio
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PRIMI VESPRI sabato
Commento sul
vangelo di Giovanni, 9 ; PG 74, 182-183
(In l'Ora
dell'Ascolto p.818)
Cristo inaugura la
via per noi
di
San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo
Se
presso il Padre – diceva il Signore – non vi fossero molte dimore,
sarei andato molto prima a preparare le abitazioni ai santi. Ma
sapendo che ve sono già molte preparate, che attendono l’arrivo di
coloro che amano Dio, non è per questa ragione – disse – che mi
allontanerò, ma perché il vostro ritorno sulla via del cielo è
qualcosa che va preparato, in un luogo un tempo inaccessibile, da
spianare. Il cielo infatti era assolutamente irraggiungibile per gli
uomini, e mai prima di allora la natura umana era penetrata nel puro
e santissimo luogo degli angeli.
Cristo per primo ha inaugurato per noi quella via di accesso e ha
dato all’uomo il modo di ascendervi, offrendo se stesso a Dio Padre
quale primizia dei morti e di quelli che giacciono nella terra, e
manifestandosi primo uomo agli spiriti celesti. Per questo gli
angeli del cielo, ignorando il grande e augusto mistero di quella
venuta in carne umana, attoniti, guardavano con meraviglia colui che
ascendeva, e turbati dal nuovo e inaudito spettacolo, stavano per
dire : « Chi è costui che viene da Edom ? » (Is 63, 1), cioè dalla
terra. Ma lo Spirito non permise che quella celeste moltitudine
restasse ignara della meravigliosa sapienza di Dio Padre ; comandò,
anzi, di aprire le porte del cielo al Re e Signore dell’universo,
esclamando : « Alzate, o principi le vostre porte, alzatevi, porte
eterne, ed entri il re della gloria » (Sal 23, 7).
Dunque, il Signore nostro Gesù Cristo ha inaugurato per noi la via
nuova e vivente, come dice Paolo : « Non è entrato in un santuario
fatto da mani d’uomo, ma nel cielo stesso, per comparire ora al
cospetto di Dio in nostro favore » (Eb 10, 20 ; 9, 24)
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VEGLIA dell'ASCENSIONE
Dai «Discorsi»
(Disc. 2 sull'Ascensione 1, 4; PL 54, 397-399)
L'Ascensione del
Signore accresce la nostra fede
di
san Leone Magno, papa nel quinto secolo
Nella festa di Pasqua la risurrezione del Signore è stata per noi
motivo di grande letizia. Così ora è causa di ineffabile gioia la
sua ascensione al cielo. Oggi infatti ricordiamo e celebriamo il
giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo fino
al trono di Dio Padre, al di sopra di tutte le milizie celesti,
sopra tutte le gerarchie angeliche, sopra l'altezza di tutte le
potestà. L'intera esistenza cristiana si fonda e si eleva su una
arcana serie di azioni divine per le quali l'amore di Dio rivela
maggiormente tutti i suoi prodigi. Pur trattandosi di misteri che
trascendono la percezione umana e che ispirano un profondo timore
riverenziale, non per questo vien meno la fede, vacilla la speranza
e si raffredda la carità.
Credere senza esitare a ciò che sfugge alla vista materiale e
fissare il desiderio là dove non si può arrivare con lo sguardo, è
forza di cuori veramente grandi e luce di anime salde. Del resto,
come potrebbe nascere nei nostri cuori la carità, come potrebbe
l'uomo essere giustificato per mezzo della fede, se il mondo della
salvezza dovesse consistere solo in quelle cose che cadono sotto i
nostri sensi?
Perciò quello che era visibile del nostro Redentore è passato nei
riti sacramentali. Perché poi la fede risultasse più autentica e
ferma, alla osservazione diretta è succeduto il magistero, la cui
autorità avrebbero ormai seguito i cuori dei fedeli, rischiarati
dalla luce suprema.
Questa fede si accrebbe con l'ascensione del Signore e fu resa ancor
più salda dal dono dello Spirito Santo. Non riuscirono ad eliminarla
con il loro spavento né le catene, né il carcere, né l'esilio, né la
fame o il fuoco, né i morsi delle fiere, né i supplizi più
raffinati, escogitati dalla crudeltà dei persecutori. Per questa
fede in ogni parte del mondo hanno combattuto fino a versare il
sangue, non solo uomini, ma anche donne; non solo fanciulli, ma
anche tenere fanciulle. Questa fede ha messo in fuga i demoni, ha
vinto le malattie, ha risuscitato i morti.
Gli stessi santi apostoli, nonostante la conferma di numerosi
miracoli e benché istruiti da tanti discorsi, s'erano lasciati
atterrire dalla tremenda passione del Signore ed avevano accolto,
non senza esitazione, la realtà della sua risurrezione. Però dopo
seppero trarre tanto vantaggio dall'ascensione del Signore, da
mutare in letizia tutto ciò che prima aveva causato loro timore. La
loro anima era tutta rivolta a contemplare la divinità del Cristo,
assiso alla destra del Padre.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
U.R Domenica - Ascensione
Dai «Discorsi»
(Disc. sull'Ascensione del Signore, ed. A. Mai, 98, 1-2; PLS 2, 494-495)
Nessuno è mai
salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal
cielo.
di sant'Agostino nel quinto secolo
Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga
pure il nostro cuore.
Ascoltiamo l'apostolo Paolo
che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di
lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate
alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come
egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già
siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora
avverato ciò che ci è promesso….
Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera
da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro
Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo,
infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi,
similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può
assumere questo comportamento in forza della sua divinità e
onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri
divini, ma per l'amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il
cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi,
quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà
testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è
mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio
dell'uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13).
Questa affermazione fu
pronunciata per sottolineare l'unità tra lui nostro capo e noi suo
corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo,
perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio
dell'uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui.
Così si esprime l'Apostolo
parlando di questa realtà: «Come infatti il corpo, pur essendo uno,
ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo
solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12). L'Apostolo non dice: «Così
Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte
membra, ma un solo corpo.
Perciò egli è disceso dal
cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi
unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non
Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità
del capo sia confusa nel corpo, ma perché l'unità del corpo non sia
separata dal capo.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI Domenica - Ascensione
Discorso
sull’Ascensione ; SC 202, 275
(In l' Ora
dell'Ascolto p. 2356)
La vostra vita è
ormai nascosta con Cristo in Dio
del
Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo
“Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove
sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv 17,24). Felici voi
che avete per avvocato lo stesso giudice! Per voi prega colui che si
deve adorare, con lo stesso amore che ha colui he viene implorato:
il Padre, con cui Cristo è un unico spirito, una sola volontà e una
sola potestà, poiché Dio è uno. È naturale che tutto quello per cui
Cristo prega si realizzi, perché la sua parola è atto e la sua
volontà efficace... “Voglio che anche loro siano con me dove sono
io”. Quanta sicurezza per i fedeli! Quanta fiducia per i
credenti!... I santi che “rinnovano la giovinezza come aquila” (Sal
102,5) “mettono ali come aquile” (Is 40,31)...
In
quel giorno, Cristo “fu elevato in alto sotto gli occhi dei suoi
discepoli e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (At 1,9)... Egli
si sforzava di trascinare il loro cuore dietro di lui, facendosi
amare da loro, e prometteva loro, con l’esempio del suo corpo, che
il loro corpo avrebbe potuto elevarsi allo stesso modo... Oggi,
Cristo “cavalca un cherubino e vola, si libra sulle ali del vento” (Sal
17,11), superando cioè la potenza degli angeli. Eppure, nella sua
condiscendenza per la tua debolezza “come un’aquila che veglia la
sua nidiata”, egli vuole spiegare le ali e prenderti, sollevarti
sulle sue ali” (Dt 32,11)... Alcuni volano contemplando, tu almeno
vola amando!
Fratello, Cristo, tuo tesoro è asceso al cielo: là sia anche il tuo
cuore (Mt 6,21). Di là trai la tua origine, là hai la tua sorte (Sal
16,5), da là attendi il Salvatore (Fil 3,20).
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI martedì
Discorsi sul
vangelo di Giovanni, n°106
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Io ti ho
glorificato sopra la terra
di Sant’Agostino nel quinto secolo
Con
le parole: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini”, Il Salvatore ha
voluto intendere tutti, anche quelli che in futuro avrebbero creduto
in lui, tutti gli appartenenti a quella grande Chiesa che si sarebbe
raccolta da tutte le genti, e della quale nel salmo si canta: “Ti
canterò in una grande assemblea” (Sal 21,26), allora sì che si
realizza questa glorificazione con cui il Figlio glorificò il Padre,
facendo conoscere il suo nome a tutte le genti e a tante generazioni
umane. E il senso di queste parole: “Ho manifestato il tuo nome agli
uomini che mi hai dato”, corrisponde al senso di quell'altra: “Io ti
ho glorificato sulla terra”.
“Ho
manifestato, quindi, il tuo nome a questi qui che mi hai dato”; ma
non ho manifestato loro quel tuo nome con cui sei chiamato Dio,
bensì quello con cui sei invocato "Padre mio". E questo nome non
poteva essere manifestato agli uomini se non fosse stato lo stesso
Figlio a manifestarlo. Infatti, in quanto è chiamato Dio di tutte le
creature, questo nome non ha potuto rimanere del tutto ignorato
neppure alle genti, anche prima che credessero in Cristo. Tale
infatti è l'evidenza della vera divinità, che essa non può rimanere
del tutto nascosta alla creatura razionale che sia ormai capace di
ragionare. Fatta eccezione di pochi, nei quali la natura è troppo
depravata, tutto il genere umano riconosce Dio come autore di questo
mondo... Ma in quanto Padre di Cristo, per mezzo del quale toglie i
peccati del mondo, questo suo nome, prima sconosciuto a tutti, lo
stesso Cristo lo ha manifestato adesso a coloro che il Padre gli ha
dato.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI martedì
Omelia per
l’Ascensione, 1-2 : PL 185, 153-155
Padre è giunta
l’ora glorifica il Figlio tuo…
Beato
Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo
Il
Signore ha fatto questa preghiera la vigilia della sua passione. Ma
si può dire pure che riguarda il giorno dell’Ascensione, il momento
in cui egli stava per separarsi, per l’ultima volta, dai suoi
« figlioli » (Gv 13, 33) che aveva affidato al Padre suo. Lui che in
cielo ammaestra e dirige la moltitudine degli angeli che ha creati,
aveva legato a sè sulla terra un « piccolo gregge » (Lc 12, 32) di
discepoli per istruirli mediante la sua presenza nella carne, fino
al momento in cui, con il cuore allargato, sarebbero stati in grado
di essere condotti dallo Spirito. Amava questi piccoli con un amore
degno della sua grandezza. Li aveva staccati dall’amore di questo
mondo. Li vedeva rinunciare ad ogni speranza di quaggiù per
dipendere solo da lui. Tuttavia, finché viveva con loro nel suo
corpo, non ha prodigato loro con superficialità l’espressione del
suo affetto ; si è mostrato con loro più fermo che tenero, come
conviene ad un maestro e ad un padre.
Ma,
venuto il momento di lasciarli, egli sembra vinto dal tenero affetto
che nutriva per loro, e non può dissimulare l’immensità della sua
mansuetudine… Per cui è detto : « Dopo aver amato i suoi che erano
nel mondo, li amò sino alla fine » (Gv 13, 1). Infatti in questo
momento ha versato, in un certo senso, tutta la forza del suo amore
per i suoi amici, prima di versare se stesso, come acqua, per i suoi
nemici (Sal 21, 15). Ha consegnato loro il sacramento del suo corpo
e del suo sangue e ha prescritto loro di celebrarlo. Non so cosa
deve essere ammirato maggiormente: la sua potenza o la sua carità,
quando ha inventato questo nuovo modo di dimorare con essi per
consolarli della sua partenza.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI mercoledì
Omelia sul
vangelo di Giovanni, 115
(Nuova
Biblioteca Agostiniana)
Essi non sono del
mondo, come io non sono del mondo
di Sant’Agostino
nel quinto secolo
Ascoltate dunque, … ; ascoltate, regni tutti della terra: Io non
intralcio la vostra sovranità in questo mondo: « Il mio regno non è
di questo mondo » (Gv 18,36).…Venite nel regno che non è di questo
mondo; venite credendo…
Quale è
infatti il suo regno se non i credenti in lui, a proposito dei quali
dice: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo »? anche
se egli voleva che essi rimanessero nel mondo, e per questo chiese
al Padre: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li
custodisca dal male ». Ecco perché anche qui non dice: « Il mio
regno non è in questo mondo », ma dice: « Il mio regno non è di
questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi
combatterebbero per me, affinché non fossi consegnato » (Gv 18,36).
Il suo regno
infatti è quaggiù fino alla fine dei secoli, portando mescolata nel
suo grembo la zizzania fino al momento della mietitura (Mt
13,24s)... Tuttavia, esso non è di quaggiù, perché è peregrinante
nel mondo. E' precisamente agli appartenenti al suo regno che egli
si riferisce quando dice: « Voi non siete del mondo, ma io vi ho
scelti dal mondo » (Gv 15,19). Erano dunque del mondo, quando ancora
non facevano parte del suo regno, e appartenevano al principe del
mondo (Gv 12,3). E' quindi del mondo tutto ciò che è stato generato
dalla stirpe corrotta di Adamo; è diventato però regno di Dio, e non
è più di questo mondo, tutto ciò che in Cristo è stato rigenerato.
E' in questo modo che « Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo » (Col 1,13).
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI mercoledì
Omelia 15
sul’Cantico dei cantici ; PG 44, 1116-1117
Padre Santo,
custodisci i miei discepoli…
San
Gregorio Nisseno nel quarto secolo
Avendo dato ogni potere ai suoi discepoli, il Signore concede ogni
bene ai suoi santi nella preghiera che rivolge a suo Padre. Eppure
aggiunge il più importante dei beni : L’essere tutti una cosa sola,
mediante la loro unione col solo ed unico bene. Così, « uniti dallo
Spirito Santo, essendo legati per mezzo del vincolo della pace,
saranno tutti un solo corpo e un solo spirito, in virtù dell’unica
speranza alla quale sono stati tutti chiamati » (Ef 4, 4).
« Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre sei in me e io in te ».
In effetti, il vincolo di questa unità è la gloria. Che lo Spirito
Santo sia chiamato gloria, nessuno lo potrebbe contraddire se è
attento alle parole del Signore : « La gloria che tu hai dato a me,
io l’ho data a loro » (Gv 17, 22). Infatti egli ha realmente dato
loro una tale gloria quando ha detto : « Ricevete lo Spirito
Santo » (Gv 20, 22). Egli ha ricevuto quella gloria che possedeva da
sempre, prima che il mondo fosse, quando si è rivestito della nostra
natura umana. E una volta che questa natura è stata glorificata
dallo Spirito, la gloria dello Spirito è stata comunicata a tutti
quelli che sono partecipi della stessa natura, cominciando dai
discepoli. Ecco perché dice : « Padre, la gloria che tu hai dato a
me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. »
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI giovedì
Etica 1, 6,
8
Perché siano come
noi una cosa sola
di
Simeone il Nuovo Teologo nel undicesimo secolo
Il
corpo della Chiesa di Cristo, armonioso risultato del
ricongiungimento dei suoi santi fin dall’origine dei tempi, giunge
alla sua equilibrata e integrale costituzione nell’unione dei figli
di Dio, dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli. Il nostro
Salvatore – Dio stesso, rivela l’indissolubilità e l’indivisibilità
dell’unione con lui, dicendo ai suoi Apostoli : « Io sono nel Padre
e il Padre è in me ; e voi in me e io in voi » (Gv 14, 11.20). E
questo, lo rende più esplicito ancora aggiungendo : « E la gloria
che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una
cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti
nell’unità ». e di nuovo : « …perché l’amore con il quale mi hai
amato sia in essi e io in loro ».
O meraviglia,
o indicibile umiltà dell’amore che Dio, amico dell’uomo, nutre per
noi. Quello che è per natura riguardo a suo Padre, concede a noi di
esserlo al suo riguardo per l’adozione e la grazia. La gloria data
al figlio dal Padre, il Figlio la dà a noi, a sua volta per grazia
divina. Perfino, come egli è nel Padre e il Padre è in lui, così il
Figlio di Dio sarà in noi, e noi nel Figlio stesso, se lo vogliamo,
in virtù della grazia. Una volta diventato simile a noi con la
carne, ci ha resi partecipi della sua divinità e ci incorpora tutti
in lui. E come la divinità alla quale partecipiamo attraverso questa
comunione non può essere divisa in parti separate, così anche noi,
una volta che abbiamo partecipato ad essa in verità, siamo
inseparabili dall’unico Spirito e formiamo un solo corpo con Cristo.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI giovedì
Hexaemeron, 6
Ancora un
poco e non mi vedrete ; un po’ ancora e mi vedrete
di San
Basilio nel quarto secolo
Se
qualche volta, nella quiete di una notte serena, fissando gli occhi
sulla bellezza inesprimibile degli astri, hai pensato all’autore
dell’universo, chiedendoti chi ha seminato tali fiori sul
firmamento, allora sei pronto a seguire questa assemblea e ad
ascoltare il commento del racconto ispirato…
Vieni
pure : come si tengano per mano e si conducono nelle città quelli
che non le conoscono, così sarò la vostra guida per farvi scoprire
le meraviglie misteriose dell’universo. In questa città, nostra
antica patria dalla quale siamo stati cacciati dal demonio che ha
ridotto in schiavitù l’uomo per mezzo della seduzione, vedrai la
creazione dell’uomo e la morte che si è impadronita di noi, questa
morte nata dal peccato, creatura del demonio, maestro del male… Dio,
mediante l’esperienza del presente, ci conferma nell’attesa
dell’avvenire : se infatti i beni materiali sono così importanti,
cosa saranno i beni eterni ? Se gli esseri visibili sono così belli,
quale sarà la bellezza degli esseri invisibili ? Se la grandezza del
cielo oltrepassa la misura dell’intelligenza umana, quale
intelligenza potrà scoprire la natura di ciò che è eterno ? Se
questo sole caduco è così bello, così grande, così veloce nei suoi
moti, così regolare nel suo ciclo, di una grandezza così
proporzionata al resto dell’universo, se nessuno può saziarsi di
godersene, quale bellezza sarà quella di Cristo chiamato nella
Scrittura « Sole di giustizia »
(Mal 3,20).
E se è un grande danno per il cieco essere privo del sole, che danno
sarà per il peccatore essere privo della luce vera ed eterna…
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI venerdì
Mi vuoi
bene ?... Pasci le mie pecorelle
San
Giovanni Crisostomo nel quarto secolo
Imitiamo la virtù degli apostoli, e non gli saremo inferiori in
nulla. Infatti non i loro miracoli li hanno fatti apostoli, bensì la
santità della loro vita. A questo riconosciamo un discepolo di
Cristo. Questo segno ci è stato chiaramente accennato dal Signore.
Quando egli ha voluto tracciare il ritratto dei suoi discepoli e
rivelare il segno che avrebbe distinto i suoi apostoli, ha detto :
« Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli ». Sarà forse a
causa dei prodigi che essi avrebbero operato ? a causa dei morti che
essi avrebbero risuscitati ? Niente affatto ! Da cosa allora ? «
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore
gli uni per gli altri » (Gv 13,35).
Ora
l’amore non è questione di miracoli, ma semplicemente di virtù.
« Pieno compimento della legge è l’amore » (Rm 13,10)… Abbiate
dunque l’amore in voi e sarete tra gli apostoli, anzi nei primi
posti tra di loro ! « Se mi ami, dice Gesù a Pietro, pasci le mie
pecorelle ». Ancora qui, notate bene, è la virtù ad essere stata
valorizzata : lo zelo, la compassione, la fatica del comandamento,
l’abnegazione, l’oblio del proprio interesse, la preoccupazione
della carica pastorale, tutto ciò è il frutto della virtù,
dell’amore ; non dei miracoli o dei prodigi, bensì dell’amore.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VESPRI venerdì
Disorso
Guelferbytanus 16, 1; PLS 2, 579
« Signore tu sai tutto ; tu sai
che ti voglio bene »
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Il
Signore, dopo la sua risurrezione, si presenta di nuovo ai suoi
discepoli. Interroga l’apostolo Pietro, costringe a confessare il
suo amore, colui che, dalla paura, lo aveva rinnegato tre volte.
Cristo è risuscitato secondo la carne, e Pietro secondo lo spirito.
Così come Cristo è morto soffrendo, Pietro è morto rinnegando. Il
Signore Cristo, essendo risuscitato dai morti, ha risuscitato Pietro
grazie all’amore che egli nutriva per lui. Ha interrogato l’amore di
colui che ora lo confessava, e ha affidato a lui il suo gregge.
Quale
vantaggio procura a Cristo il fatto che Pietro lo ami ? Se Cristo ti
ama, il profitto è per te, non per Cristo. Se tu ami Cristo, il
profitto è ancora per te, non per lui. Tuttavia, il Signore volendo
mostrarci come occorra che gli uomini gli diano una prova del loro
amore, ce lo rivela chiaramente : amando le sue pecore.
« Simone di Giovanni, mi vuoi bene ? – ti voglio bene. – Pasci le
mie pecorelle. » E questo una volta, due volte, tre volte. Pietro
non dice altro che il suo amore. Il Signore non gli chiede altro
che il suo amore ; non gli affida altro che le sue pecore.
Amiamoci dunque gli uni
gli altri, e ameremo Cristo.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
LODI sabato
Dai «Trattati su Giovanni»
(Tratt. 124, 5, 7; CCL 36, 685-687)
Le due vite
di sant'Agostino nel quinto secolo
La Chiesa conosce due vite che le sono state divinamente predicate
ed affidate: una è nella fede l'altra nella visione; una nel tempo
del pellegrinaggio, l'altra nell'eternità della dimora; una nella
fatica, l'altra nel riposo; una lungo la via, l'altra nella patria;
una nell'attività, l'altra nel premio della contemplazione.
La prima vita è stata rappresentata dall'apostolo Pietro, la seconda
da Giovanni. La vita terrena si svolge sino alla fine di questo
mondo e trova la sua conclusione nell'aldilà; la vita celeste, nella
sua fase perfetta, verrà dopo la fine di questo mondo, ma
nell'eternità non avrà termine. Perciò il Signore dice a Pietro: «Seguimi»
(Gv 21, 19); mentre di Giovanni dice: «Se voglio che egli rimanga
finché io venga, che importa a te? Tu seguimi» (Gv 21, 22).
Il significato della risposta di Gesù è il seguente: Tu seguimi nel
tollerare i mali temporali. Lui rimanga in attesa fino a quando non
ritornerò per concedere i beni eterni. O più chiaramente: Mi segua
l'opera che, sul modello della mia passione, è già terminata.
Rimanga in attesa, fino a quando non verrò a renderla totale, la
contemplazione appena iniziata…. Si tratta di due aspetti connessi
con le due fasi dell'esistenza terrena e celeste del cristiano.
Nella prima si sopportano i mali di questo mondo propri della terra
dei morenti, nella seconda si vedranno i beni del Signore
caratteristici della terra dei viventi.
Ciò che il Signore dice: «Voglio che rimanga finché io venga» (Gv
21, 23), non significa fermarsi, arrestarsi, ma rimanere in attesa,
perché la condizione significata da Giovanni non raggiungerà la sua
pienezza adesso, bensì alla venuta di Cristo. Quello poi che è
significato da Pietro, che ha ricevuto l'invito: «Tu seguimi» (Gv
21, 22), è qualcosa che va compiuto ora, altrimenti non si arriverà
a ciò che si attende. Tuttavia nessuno osi dissociare questi due
grandi apostoli. Tutti e due facevano ciò che significava Pietro.
Tutti e due avrebbero conseguito quanto significava Giovanni. Sul
piano del simbolo, Pietro seguiva, Giovanni restava in attesa. Sul
piano della fede vissuta, tutti e due sopportavano le sofferenze
presenti di questo misero mondo, tutti e due attendevano i beni
futuri della beatitudine eterna.
E questo atteggiamento lo riproducono non solo essi, ma tutta la
Chiesa, Sposa di Cristo, tutta tesa da una parte a superare le prove
di questo mondo e dall'altra a possedere la felicità della vita
futura.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
PRIMI VESPRI PENTECOSTE sabato
Discorsi,
155 ; PL 38, 843-844
(In l'Ora
dell'Ascolto p. 708)
Pentecoste, il
compimento della Pasqua
di
Sant’Agostino nel quinto secolo
Il
popolo ebraico celebrava la Pasqua con l’uccisione dell’agnello e
con gli azzimi : questo era una figura dell’uccisione di Cristo, e
gli azzimi significavano la vita nuova, senza il vecchio lievito… E
cinquanta giorni dopo questa celebrazione, gli vien data sul monte
Sinai la Legge scritta con il dito di Dio. Viene la vera Pasqua ed è
immolato Cristo, che opera il passaggio dalla morte alla vita. In
ebraico infatti Pasqua significa passaggio…
Dopo
cinquanta giorni viene lo Spirito Santo, « il dito di Dio » (Lc 11,
20). Ma considerate in che modo si celebrava prima e come si celebra
adesso. Prima il popolo stava in lontananza, c’era il timore, non
l’amore… Qui invece, quando venne lo Spirito Santo, i fedeli erano
riuniti insieme. Non li spaventò dal monte, ma entrò nella casa…
Apparvero loro distinte, dice la Scrittura, delle lingue come di
fuoco. Si posarono su ciascuno di loro e incominciarono a parlare le
lingue come lo Spirito dava loro di esprimersi. Ascolta uno che
parla in lingue e riconosci lo Spirito che scrive non sulla pietra,
ma nel cuore (2 Cor 3, 3). Infatti, « La legge dello Spirito che dà
vita », scritta nel cuore non sulla pietra, questa legge è in Cristo
Gesù , nel quale è stata celebrata la vera Pasqua.
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VIIA
settimana tempo Pasquale -
VEGLIA di PENTECOSTE sabato
Discorso
sulla settupla voce dello Spirito alla Pentecoste,
Mandi il tuo
Spirito... e rinnovi la faccia della terra
Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo
In
principio, lo Spirito di Dio riempì l’universo, secondo il disegno
di Dio. « Si estende da un confine all’altro con forza, governa con
bontà eccellente ogni cosa » (Sap 8,1). Ma per quanto riguarda la
sua opera di santificazione, è soltanto a partire dal giorno della
Pentecoste che « lo Spirito del Signore riempie l’universo » (Sap
1,7). Infatti oggi questo Spirito di mitezza è mandato dal Padre e
dal Figlio per santificare ogni creatura secondo un piano nuovo, un
modo nuovo, una manifestazione nuova della sua potenza e della sua
forza.
Prima, « non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato
ancora glorificato » (Gv 7,39)… Oggi, venendo dalla dimora, lo
Spirito viene dato alle anime dei mortali con tutta la sua
ricchezza, tutta la sua fecondità. Perciò questa rugiada divina si
posa su tutta la terra, nella diversità dei suoi doni spirituali. È
giusto che la pienezza delle sue ricchezze sia scesa per noi
dall’alto del cielo, dato che pochi giorni prima, grazie alla
generosità della nostra terra, il cielo aveva ricevuto un frutto di
una dolcezza meravigliosa… L’umanità di Cristo, è tutta la grazia
della terra ; lo Spirito di Cristo, è tutta la dolcezza del cielo. È
avvenuto dunque uno scambio molto salutare : l’umanità di Cristo era
salita dalla terra al cielo ; oggi dal cielo è disceso verso di noi
lo Spirito di Cristo.
Dappertutto agisce lo Spirito Santo ; dappertutto lo Spirito prende
la parola. Certamente, prima dell’Ascensione, lo Spirito del Signore
era stato dato ai discepoli quando aveva detto il Signore :
« Ricevete lo Spirito Santo ; a chi rimetterete i peccati, saranno
rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi ». Ma
prima della Pentecoste, non si era sentita la voce dello Spirito
Santo, non si era visto brillare la sua potenza. E la sua conoscenza
non era venuta fino ai discepoli di Cristo, il cui coraggio non era
ancora stato confermato, visto che erano ancora costretti a
nascondersi dalla paura, in una stanza chiusa a chiave. A partire da
oggi però, « Il Signore tuona sulle acque,… il tuono saetta fiamme
di fuoco… e tutti dicono : Gloria ! »
(Sal 28,3-9).
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PENTECOSTE
- U.R. Domenica -
Omelie per
la domenica e le solennità dei santi
Anche voi mi
renderete testimonianza
Sant’Antonio
di Padova nel tredicesimo secolo
Pentecoste è la parola greca per dire “cinquantesimo”. Quel
cinquantesimo giorno, celebrato dal popolo degli ebrei, era
calcolato a partire del giorno in cui era stato immolato l’agnello
pasquale; e ciò perché, cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto,
la Legge era stata data sulla cima infiammata del monte Sinai. Allo
stesso modo, nel Nuovo Testamento, cinquanta giorni dopo la pasqua
di Cristo, lo Spirito Santo scese sugli apostoli e apparve loro
sotto l’apparenza di lingue di fuoco; la Legge è stata data sul
monte Sinai, lo Spirito sul monte Sion; la Legge sulla cime della
montagna, lo Spirito nel Cenacolo.
“I
discepoli si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne
all’improvviso dal cielo un rombo”... come dice il salmo: “Un fiume
e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio” (Sal 45,5). Un rombo
accompagna l’arrivo di colui che veniva ad ammaestrare i fedeli.
Notate quanto questo si accorda con ciò che leggiamo nell’Esodo:
“Appunto il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni,
lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba:
tutto il popolo fu scosso da tremore” (19,16). Il primo giorno fu
l’Incarnazione di Cristo; il secondo fu la sua Passione; il terzo
giorno, è la missione dello Spirito Santo. Questo giorno sta
arrivando: si sente il tuono, si ode un suono fortissimo; i lampi
brillano – i miracoli degli apostoli – una nube densa – la
compunzione del cuore e la penitenza – copre il monte, il popolo di
Gerusalemme ( At 2,37-38)...
“Apparvero loro lingue come di fuoco”. Delle lingue, quelle del
serpente, di Adamo e di Eva, avevano aperto alla morte l’accesso a
questo mondo... Percui lo Spirito apparve sotto la forma di lingue,
confrontando lingue con lingue, guarendo il veleno mortale con il
fuoco... “Cominciarono a parlare”. Ecco il segno della pienezza; il
vassoio pieno trabocca; il fuoco non può contenersi... Queste lingue
diverse sono le varie lezioni che Cristo ci ha lasciate, come
l’umiltà, la povertà, la pazienza, l’obbedienza. Noi parliamo queste
varie lingue quando diamo al prossimo l’esempio di tali virtù. Viva
è la parola, quando parlano i cuori. Facciamo parlare le nostre
opere!
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PENTECOSTE
-
VESPRI Domenica
Discorso 271
(Nuova Biblioteca Agostiniana)
Lo Spirito dato
alla Chiesa
Sant’Agostino
nel quinto secolo
Fratelli, è spuntato a noi gradito il giorno nel quale la santa
Chiesa risplende gioiosamente nei visi dei fedeli e brilla nei loro
cuori. Celebriamo infatti questo giorno nel quale il Signore Gesù
Cristo, glorificato con la sua ascesa al cielo dopo la risurrezione,
inviò lo Spirito Santo…
Quel
vento mondava i cuori dalla paglia carnale; quel fuoco bruciava il
fieno dell'antica concupiscenza; quelle lingue nelle quali si
esprimevano coloro che erano stati riempiti dallo Spirito Santo
preannunziavano la Chiesa che sarebbe stata presente nelle lingue di
tutti i popoli. Come infatti dopo il diluvio i superbi ed empi
uomini edificarono una torre elevata contro il Signore, per cui il
genere umano meritò di essere diviso in diversi ceppi linguistici,
cosicché ogni popolo parlava la propria lingua senza essere compreso
dagli altri (Gen 11). Così l'umile pietà dei fedeli riportò
all'unità della Chiesa la diversità di quelle lingue; perché ciò che
la discordia aveva disperso venisse raccolto dalla carità e le
membra sparpagliate del genere umano, come le membra di un unico
corpo, venissero riunite, ben compaginate, all'unico capo, Cristo, e
si fondessero col fuoco dell'amore in un unico corpo santo…
Fratelli miei, membra del corpo di Cristo, germogli di unità, figli
di pace, trascorrete nella gioia questo giorno, celebratelo senza
timori. Si realizza infatti in voi quanto in quei giorni, quando
scese lo Spirito Santo, veniva preannunziato. Perché come allora chi
riceveva lo Spirito Santo, pur essendo un'unica medesima persona,
parlava in tutte le lingue, così anche ora in mezzo a tutti i popoli
è l'unità stessa che parla in tutte le lingue: e voi, costituiti in
questa unità, possedete lo Spirito Santo, voi che con nessuna
scissione dissentite da questa Chiesa di Cristo che parla in tutte
le lingue.
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