sito delle Fraternità Evangeliche

di Gerusalemme di Firenze

                                                                                                      

Le Letture Patristiche

anno liturgico "A"

 

 

 

Le letture patristiche sono fornite dalle Sorelle delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme di Firenze, che con affetto  ringraziamo!

In alcune occasioni potrebbero differire da quelle effettivamente lette durante la Liturgia in Badia.

 

 

Tempo Ordinario

I° settimana Tempo Ordinario - UR - Domenica

 

Dai «Discorsi», papa

(Disc. sull'Ascensione, 24; PL 54, 395-396)

 

I giorni tra la risurrezione e l'ascensione del Signore

 di san Leone Magno nel quinto secolo

 

Miei cari, i giorni intercorsi tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione, non sono passati inutilmente, ma in essi sono stati confermati grandi misteri e sono state rivelate grandi verità.

Venne eliminato il timore di una morte crudele, e venne annunziata non solo l'immortalità dell'anima, ma anche quella del corpo. Durante quei giorni, in virtù del soffio divino, venne effuso su tutti gli apostoli lo Spirito Santo, e a san Pietro apostolo, dopo la consegna delle chiavi del Regno, venne affidata la cura suprema del gregge del Signore.

Perciò, o miei cari, durante tutto questo tempo trascorso tra la risurrezione del Signore e la sua ascensione, la divina Provvidenza questo ha avuto di mira, questo ha comunicato, questo ha voluto insinuare negli occhi e nei cuori dei suoi: la ferma certezza che il Signore Gesù Cristo era veramente risuscitato, come realmente era nato, realmente aveva patito ed era realmente morto.

Perciò i santi apostoli e tutti i discepoli che avevano trepidato per la tragedia della croce ed erano dubbiosi nel credere alla risurrezione, furono talmente rinfrancati dall'evidenza della verità, che, al momento in cui il Signore saliva nell'alto dei cieli, non solo non ne furono affatto rattristati, ma anzi furono ricolmi di grande gioia.

Ed avevano davvero un grande e ineffabile motivo di rallegrarsi. Essi infatti, insieme a quella folla fortunata, contemplavano la natura umana mentre saliva ad una dignità superiore a quella delle creature celesti. Essa oltrepassava le gerarchie angeliche, per essere innalzata al di sopra della sublimità degli arcangeli, senza incontrare a nessun livello per quanto alto, un limite alla sua ascesa. Infine, chiamata a prender posto presso l'eterno Padre, venne associata a lui nel trono della gloria, mentre era unita alla sua natura nella Persona del Figlio.

 

I° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica

« Ecco l’Agnello di Dio »

San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

 

         È unico, l’Agnello morto per tutti, egli che veglia su tutto il gregge degli uomini per il suo Dio e Padre, unico per tutti, per sottomettere tutti a Dio, unico per tutti, per guadagnare tutti, affinché tutti finalmente « non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro (2 Cor 5, 15). Infatti, mentre eravamo immersi nel peccato e quindi sottomessi alla morte e alla corruzione, il Padre ha dato suo Figlio come nostra redenzione, lui solo per tutti, perché tutto è in lui, ed egli è più buono di tutti. Uno è morto per tutti, perché noi vivessimo tutti in lui.

 

         Infatti, come la morte aveva afferrato l’Agnello immolato per tutti, così pure ci ha riscattati tutti in lui e con lui. Perché tutti eravamo in Cristo, morto e risuscitato per causa nostra e per noi ; in verità, abolito il peccato, come sarebbe stato possibile che la morte, che viene dal peccato, non venisse abolita con lui. Morta la radice, come il frutto sarebbe stato conservato ? Morto il peccato, per quale ragione noi avremmo potuto morire ? Perciò, possiamo dire con esultanza a proposito della condanna a morte dell’Agnello di Dio : « Dov’è o morte la tua vittoria ? » (1 Cor 15, 55).

 

I° settimana Tempo Ordinario - Martedì - LODI

  

« Di sabato… insegnava come uno che ha autorità »

 Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Di sabato il Signore comincia ad operare guarigioni, per significare che la nuova creazione inizia nel momento in cui l’antica si era fermata, per marcare fin da principio che il Figlio di Dio non è sottomesso alla Legge, ma è superiore alla Legge, che egli non abolisce la Legge, bensì le dà compimento (Mt 5,17). Il mondo non è stato fatto per mezzo della Legge bensì per mezzo del Verbo secondo ciò che leggiamo : « Dalla parola del Signore furono fatti i cieli » (Sal 32,6). La Legge dunque non è abolita bensì compiuta, per rinnovare l’uomo decaduto. Per questo l’Apostolo Paolo dice : « Vi siete spogliati dell’uomo vecchio e avete rivestito il nuovo che si rinnova… ad immagine del suo creatore » (Col 3,9).

 

         A buon diritto egli comincia di sabato, per mostrare che lui è proprio il Creatore, … proseguendo l’opera che aveva iniziato un tempo. Come l’operaio che sta per riparare una casa, non comincia con le fondamenta, bensì con i tetti… ; mette mano prima al quello con cui un tempo aveva terminato. Inizia con ciò che è minimo per arrivare a ciò che è più importante ; liberare dal demonio infatti, possono farlo anche gli uomini - mediante la parola di Dio, s’intende - invece spetta alla sola potenza di Dio ordinare ai morti di risuscitare.

 

I° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

                                                                       Mc 1, 21-28             

Trattati 6 ; PL 204, 451-453

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2102)

 

  

« Gesù lo sgridò : Taci ! Esci da quell’uomo »

Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

         « La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb 4,12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella Parola di Dio ! Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio… Quando questa parola viene predicata, il Cristo dona alla voce del predicatore, che si percepisce esteriormente, la virtù di operare interiormente, per cui i morti riacquistano la vita (Lc 7,22), e rinascono nella gioia dei figli di Abramo (Mt 3,9). Questa parola è dunque viva nel cuore di chi crede e di chi ama. E appunto perché questa parola è così viva, non v’è dubbio che sia anche efficace.

 

         È efficace nella creazione, è efficace nel governo del mondo, è efficace nella redenzione. Che cosa potrebbe essere più efficace e più potente ? « Chi può narrare i prodigi del Signore e far risuonare tutta la sua lode ? » (Sal 105,2). È efficace quando opera, è efficace quando viene predicata. Infatti non ritorna indietro vuota, ma produce i suoi frutti dovunque viene annunziata (Is 55,11).

 

         La parola è efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio quando viene creduta e amata. Che cosa infatti è impossibile a chi crede, che cosa è impossibile a chi ama ?

 

I° settimana Tempo Ordinario - LODI  Mercoledì                                               Mc 1, 29-39             

Dal trattato sul Padre nostro, 29-30

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1352,1357)

 

 

 

« Al mattino si alzò quando era ancora buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto »

San Cipriano  nel terzo secolo

 

         Dio ci ha insegnato a pregare non solo con le parole, ma anche coi fatti, pregando e supplicando egli stesso frequentemente e dimostrando con la testimonianza del suo esempio come dobbiamo fare anche noi ; sta scritto infatti : « Gesù si rititava in luoghi solitari a pregare » (Lc 5,16) ; e ancora : « In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione » (Lc 6,12). Se pregava lui che era senza peccato, quanto più è necessario che preghiamo noi peccatori ; e se lui passava l’intera notte vegliando in continua orazione, quanto più noi dobbiamo vegliare nella notte, in preghiera !

 

         Certo il Signore pregava e intercedeva non per sé – che cosa infatti poteva domandare per sé egli che era innocente ? – ma per i nostri peccati. Lo dichiara egli stesso quando dice rivolto a Pietro : « Ecco, Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede » (Lc 22,31). E dopo questo supplica il Padre per tutti dicendo : « Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me ; perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola » (Gv 17,20-21).

 

         Grande fu la bontà di Dio per la nostra salvezza, grande la sua misericordia ! Egli non si accontentò di redimerci col suo sangue, ma volle anche pregare per noi. E guardate quale fu il suo desiderio mentre pregava : che come il Padre e il Figlio sono una cosa sola, così anche noi rimaniamo nella stessa unità.

 

I° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Mercoledì

                                             Mc 1, 29-39

 

Meditazioni 1, 1-49

 

  

« Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava »

 Guigo il Certosino nel dodicesimo secolo

 

         Gesù stesso, che è Dio e Signore, la cui fortezza non aveva bisogno di trovare appoggio in alcun ritiro, e non veniva intralciata dalla compagnia degli uomini, pur tuttavia ebbe cura di lasciarci un esempio. Prima del suo ministero di predicazione e prima di fare miracoli, si è sottomesso, nella solitudine, alla prova della tentazione e del digiuno (Mt 4, 1s). La Scrittura ci riferisce che, trascurata la folla dei discepoli, saliva sul monte a pregare, solo (Mc 6, 46). Poi, nell’ora in cui la sua Passione si avvicina, abbandona i suoi discepoli per andare a pregare solo (Mt 26, 36). Questo è un esempio adatto per farci capire quanti vantaggi la preghiera trae dalla solitudine, visto che egli non vuole pregare accanto a dei compagni, fossero anche i suoi apostoli.

 

         Non bisogna passare sotto silenzio tale mistero che ci riguarda tutti. Lui, il Signore, il Salvatore del genere umano, offre nella sua persona un esempio vivo : Solo, nel deserto, si dedica alla preghiera e agli esercizi della vita interiore – il digiuno, le veglie, e altri frutti di penitenza – superando così le tentazioni dell’ Avversario con le armi dello Spirito.

 

         O Gesù, accetto che all’esterno, non ci sia nessuno con me ; ma purché dentro di me, io sia maggiormente con te. Guai all’uomo solitario, se non sei con lui ! Quanti uomini mentre stanno nella folla, sono veramente soli, perché non sono con te. Vorrei, con te, non essere mai solo. Poiché in questo momento, anche se nessuno è con me, io non sono solo : da solo sono una folla.

 

I° settimana Tempo Ordinario - LODI - Giovedì

 

LIBRO DI VITA DI GERUSALEMME

 

CAPITOLO “MONACI E MONACHE”  § 57

 

I° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

Mc 1, 40-45

Lettera 2

 

 

Esortazione ai monaci.

Sant’Antonio il Grande nel IV secolo

 

         O amati nel Signore, Dio non ha visitato il creato una volta soltanto, ma lo fa ogni momento dall’inizio del mondo alla sua fine. Pertanto Dio sta con chiunque cerchi il Signore con zelo e con amore, ascoltando i suoi comandamenti, e a costui fa dono dello Spirito Santo.

 

         Poiché le facoltà spirituali congiunte al corpo vennero a indebolirsi e alterarsi a causa dei moti dell’anima, fino a morire, e poiché gli uomini non riuscivano più a ricordare la loro natura originaria, ma erano diventati come animali e adoravano le creature al posto del Creatore, allora il Creatore di tutto, in forza della sua bontà, visitò il creato con le sue leggi che danno la vita. Coloro che furono meritevoli di tale grazia e agirono secondo la legge con tutta la forza e la volontà, ricevettero lo Spirito della filiazione e vennero istruiti dallo Spirito Santo, sì da  potere adorare il Creatore come si conviene.

 

         A questo proposito l’apostolo Paolo ha detto che tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa, avendo Dio predisposto qualcosa di meglio in vista di noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi…

 

         D’ora innanzi o amati, sia a voi manifesta questa parola: il Padre nella sua bontà non risparmiò il proprio Figlio Unigenito ma lo consegnò per salvarci dai nostri peccati e dalle nostre colpe. Egli si umiliò per noi e con le sue sofferenze ci guarì. Con la parola  della sua potenza ci  riunì da tutte le parti della terra e del mondo abitato, diventando per noi risurrezione e salvezza dai nostri peccati e insegnandoci che siamo membra gli uni degli altri.

 

I° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

                                                   Mc 2, 1-12

  Esposizione sul salmo 36, no. 3, §3

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

  

« Si recarono da lui con un paralitico »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Possiamo, fratelli, sollevare costui che ha perduto in tutte le sue membra interiori la facoltà di compiere opere buone, quasi fosse un paralitico, e aprire il tetto di questa Scrittura, e presentarlo al Signore?

 

Io intravvedo un certo paralitico nell'anima. E vedo questo tetto (della Scrittura), e sotto il tetto riconosco Cristo nascosto. Farò, per quanto posso, ciò che si loda in coloro che, aperto il tetto, presentarono a Cristo il paralitico, affinché Egli gli dicesse: « Confida, figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati ». Perché così salvò l'uomo interiore dalla paralisi, rimettendo i peccati, e rinsaldando la fede.

 

Ma vi erano là uomini che non avevano occhi capaci di vedere che il paralitico interiore era già guarito, e credettero che il Medico che lo curava bestemmiasse. « Chi è questi - dicono - che rimette i peccati? Costui bestemmia. Chi può rimettere i peccati, se non il solo Dio? » E poiché egli era Dio, intendeva ciò che essi pensavano. Pensavano queste cose di Dio, ma non vedevano il Dio presente. Compì allora quel medico qualcosa anche nel corpo del paralitico, in modo da risanare l'interiore paralisi di coloro che tali cose avevano detto. Compì cose che essi potessero vedere, e dette loro modo di credere.

 

Orsù, chiunque tu sia, tanto infermo e debole di cuore da attenerti agli esempi umani e voler perciò rinunziare alle opere buone, ed essere come colpito da una interiore paralisi, fatti forza per vedere se possiamo, aperto questo tetto, presentarti al Signore.

 

I° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

                                                   Mc 2, 1-12

  

Discorsi 50, CCL 24, p. 276-282. PL 52, 339

 

 « Vista la loro fede »

 San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

         Venne nella sua città ; ed ecco che gli fu presentato un paralitico che giaceva su un lettuccio. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico : « Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati ». Il paralitico,  pur avendo udito questo perdono, resta muto. Non risponde con nessun ringraziamento. Desiderava infatti la guarigione del corpo più della guarigione dell’anima. Piangeva i mali passeggeri del suo corpo ammalato mentre non piangeva i mali eterni della sua anima, ancor più malata. Riteneva infatti la vita presente più preziosa della vita futura.

 

         Cristo a ragione, tiene conto della fede di coloro che gli presentano il malato, senza tenere in nessun conto la sciocchezza di costui. Grazie alla fede altrui, l’anima del paralitico verrà guarita prima del suo corpo. « Vista la loro fede », dice il Vangelo. Notate bene, fratelli, che Dio non si preoccupa di quanto vogliono gli uomini insensati. Non si aspetta di trovare la fede dagli ignoranti, non presta riguardo agli sciocchi desideri di un infermo. Invece, non rifiuta di portare aiuto alla fede altrui. Questa fede è un regalo della grazia, e si accorda con la volontà di Dio.

 

I° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

                                       Mc 2, 13-17

 

Esposizione sul salmo 58, 1,7 ; CCL 39, 733-734

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

  

« Sono i malati che hanno bisogno del medico »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Vi sono  dei forti…Essi confidano nella loro giustizia. Presumendo infatti di se stessi e della loro giustizia e ritenendo di essere sani, hanno respinto la medicina ed hanno ucciso lo stesso medico. Questi forti, per nulla convinti di essere infermi, non è venuto a chiamare colui che diceva: Non è necessario il medico ai sani, ma agli ammalati…

 

O forti, che non avete bisogno del medico! Codesta forza non è salute, ma follia. …. Ma il Maestro dell'umiltà, che si rese partecipe della nostra debolezza donandoci insieme la partecipazione della sua divinità, discese dal cielo per insegnarci la via e per essere lui stesso la via; e, fra tutte le altre cose, si degnò inculcarci per prima la sua umiltà… per insegnarci a confessare i nostri peccati, per insegnarci ad essere deboli onde divenire forti, e fare nostre le parole dell'Apostolo che dice: « Quando divengo debole, allora sono forte » (2 Cor 12,10)…

 

Ma quei tali che volevano essere forti, volevano cioè presumere troppo dalla loro forza ritenendosi giusti, « incespicarono contro la pietra di inciampo » (Rm 9,32)…. Questi sono, dunque, i forti, che fecero irruzione addosso a Cristo, proclamando la loro giustizia… Anteposero se medesimi alla debole folla che, nella sua infermità, correva dal medico; e così fecero, appunto perché erano forti …e uccisero il medico di tutti. Ma Cristo, proprio perché era stato ucciso, del suo sangue fece medicina per gli ammalati.

 

I° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

La Chiesa e noi

 di san Pier Damiani nell’ undicesimo secolo

 

  

         La Chiesa diversificata dalla molteplicità delle persone è una nella pluralità dei suoi membri, e nello stesso tempo misteriosamente tutta in ogni singolo.

 

         Non a torto questa Chiesa si presenta come l’unica Sposa di Cristo, e contemporaneamente si crede che ogni anima è, in qualche modo, per il mistero del sacramento, la Chiesa nella sua pienezza.

 

         La Chiesa intera è semplice nella pluralità dei suoi membri grazie all’unità della fede, ed è molteplice in ciascuno di essi grazie alla diversità dei carismi uniti dal cemento della carità. E tutto ciò perché tutti procedono dall’Uno.

 

         La Chiesa diversificata dalla molteplicità delle persone non è meno tutta fusa in uno dal fuoco dello Spirito Santo: Senza alcun dubbio è questo Spirito, diffuso nei nostri cuori, uno nella maestà, molteplice nei doni che, alla Chiesa che egli riempie, concede di essere nello stesso tempo una nell’universalità e tutta nelle sue parti… Così l’orante solitario può dire “noi” e la folla “io”.

 

         Se dunque la Chiesa intera è l’unico Corpo di Cristo, essendo noi, malgrado il numero, uno in Cristo, possediamo ciascuno in Lui il nostro tutto, e per questo, benché possiamo sembrare lontani per l’isolamento del nostro corpo, rimaniamo alla Chiesa sempre vicinissimi per il sacramento inviolabile dell’unità.

 

II° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

                       Mt 28,            8-15

Discorsi, 80 ; CCL 24A, 490

 

  « Non temete »

San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

         “So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui”. Così diceva alle donne l’angelo che per questo motivo aveva aperto il sepolcro: Non per farne uscire Cristo, che già non vi era più, bensì per fare sapere che Cristo non vi era più. “È risorto come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto” (Mt 28,5-6). Venite, donne, venite. Vedete il luogo dove avevate deposto Adamo, dove il genere umano era stato seppellito. Capite che tanto più grande è il suo perdono, quanto più grande è stata l’ingiustizia fatta al Signore... Quando le donne entrano nel sepolcro, partecipano alla sepoltura, si uniscono alla Passione. Uscite dal sepolcro, si risollevano nella fede prima di risorgere nella carne. “Abbandonato in fretta il sepolcro, corsero con timore e gioia grande”... La Scrittura dice: “Servite Dio con timore e con tremore esultate” (Sal 2,11).

 

         “Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: Salute a voi”. Cristo viene incontro a coloro che corrono con fede affinché riconoscano con i loro occhi ciò che avevano creduto con la fede. Vuole confortare con la sua presenza quelle che l’udito aveva lasciate tremanti fino a quel momento. Viene loro incontro come un maestro, le saluta come un parente, con il suo amore ridona loro la vita, le preserva con il timore. Saluta coloro che lo servono amorosamente, perché il timore non le faccia fuggire. “Salute a voi” Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi” ... “Salute a voi” cioè: toccatemi. Ha voluto essere abbracciato, colui che si era lasciato gettare le mani addosso...

 

         Dice loro: “Non temete”. Ciò che  aveva detto l’angelo, anche il Signore lo dice. L’angelo le aveva rafforzate, Cristo le rende più forti ancora. “Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”. Risorto dai morti, Cristo ha riafferrato l’uomo, non l’ha abbandonato. Chiama dunque suoi fratelli coloro che con il corpo ha reso suoi fratelli di carne; chiama fratelli coloro che ha adottato come figli del Padre suo. Chiama fratelli coloro che, erede pieno di bontà, ha reso suoi coeredi.

 

II° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

                                                Lc 5, 1-11

 

Confessione, 38-40; SC 249, 111

 

« Non temere ; d’ora in poi sarai pescatore di uomini  »

 San Patrizio nel quinto secolo

 

Sono grandemente debitore a Dio che mi ha concesso una grazia così grande che cioè, per mio mezzo, “dei popoli numerosi” siano rinati per Dio... : “Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra”... In questo modo voglio “attendere che si adempisse la promessa” di colui che non fa mai difetto, come ci viene attestato da lui  nel Vangelo: “Verranno dall'Oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe”. Perciò abbiamo fiducia che i credenti verranno dal mondo intero.

 

         Per questo importa dedicarsi alla pesca come si deve e con vigilanza, secondo l'esortazione e l'insegnamento del Signore che dice: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Dice ancora nei profeti: “Ecco, io invierò numerosi pescatori e cacciatori”. Per questo era molto importante tendere le nostre reti, affinché “una quantità enorme [di pesci]”, cioè “una folla” di gente sia presa per Dio e che, per battezzare ed esortare il popolo, ci siano ovunque sacerdoti, secondo la parola del Signore: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato; Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

 

(Riferimenti biblici : Ez 38,6 ; Is 49,6 ; At 1,4 ; Mt 8,11 ; Mt 4,19 ; Ger 16,16 ; Lc 5,6 ; Lc 6,17 ; Mt 28,19)

 

II° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

                                                  Mc 2, 23-28

 Specchio della carità, III, 3,4,6

 

« Il signore del sabato »

Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

         Quando l’uomo, sradicandosi dal vocìo esteriore, si è raccolto nel segreto del suo cuore, quando ha chiuso la sua porta alla folla rumorosa delle vanità, e ha passato in rassegna i suoi tesori, quando non c’è più in lui nessuna agitazione né disordine, nulla che lo tiranneggi, nulla che lo attanagli, quando tutto il piccolo mondo dei suoi pensieri, parole e azioni sorride all’anima, come si sorride al padre in una famiglia tutta unita e in pace, allora nasce nel cuore improvvisamente, una certezza meravigliosa. Da questa certezza nasce una gioia straordinaria, e da questa gioia zampilla un canto di esultanza che scoppia in lodi a Dio, tanto più ferventi, quanto più siamo coscienti che tutto il bene che vediamo in noi stessi è un puro dono di Dio.

 

         Questo è la gioiosa celebrazione del sabato, che deve essere preceduto da sei altri giorni, cioè dal pieno compimento delle opere. Dobbiamo prima affaticarci nel fare opere buone, per poi riposarci nella pace della nostra coscienza… In questo sabato, l’anima gode  di quanto dolce sia Gesù.

 

II° settimana Tempo Ordinario VESPRI Martedì

                                                   Mc 3, 1-6      

 Trattato sui salmi, 91, 3,4-5,7 ; PL 9, 495-498

 

  

« È lecito in giorno di sabato fare il bene ?... salvare una vita ? »

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

         Opera Dio in giorno di sabato? Certo che sì. Perché altrimenti il cielo scomparirebbe, la luce del sole si spegnerebbe, la terra perderebbe la sua consistenza, tutti i frutti si appassirebbero e la vita degli uomini perirebbe se, a causa del sabato, la forza costitutiva dell’universo cessasse di agire. Ma in effetti, non c’è tregua. Sia durante il sabato che durante gli altri sei giorni, gli elementi dell’universo continuano ad adempiere la loro  funzione. In questo modo il Padre opera dunque in ogni tempo, agisce nel Figlio nato da lui, e mediante il quale ha fatto ogni cosa... Mediante il Figlio, l’azione del Padre prosegue dunque anche  in giorno di sabato. Pertanto non c’è riposo in Dio, poiché nessun giorno vede cessare la sua opera

 

         Questo è quanto riguarda l’azione di Dio. Ma in cosa consiste il suo riposo? L’opera di Dio, è l’opera di Cristo. E il riposo di Dio, è Dio, il Cristo, poiché quanto appartiene a Dio è veramente in Cristo, a tal punto che il Padre può riposarsi in lui.

 

II° settimana Tempo Ordinario LODI Mercoledì

                                                        Mc 3, 1-6

 Trattato sui Salmi 91,3 ; PL 9,495

 

« Ogni giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio »

Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

         Il giorno del sabato, era prescritto a tutti, nessuno escluso, di non fare alcun lavoro e di riposarsi nell’inattività. Come dunque il Signore ha potuto trascurare il sabato ? … In verità, grandi sono le opere di Dio : Tiene il cielo nelle sue mani, dà la luce al sole e agli altri astri, fa crescere le piante della terra, mantiene l’uomo in vita… Si, tutto esiste e dura nel cielo e sulla terra per la volontà di Dio Padre ; tutto viene da Dio e tutto esiste per mezzo del Figlio. Egli è infatti il capo e il principio di tutto. In lui tutto è stato fatto. E dalla sua pienezza, secondo l’iniziativa della sua eterna potenza, ha creato ogni cosa.

 

         Ora, se Cristo agisce in tutto, è necessariamente mediante l’azione di Colui che agisce in Cristo. Perciò è detto : « Il Padre mio opera sempre e anch’io opero » (Gv 5, 17). Infatti tutto ciò che viene fatto da Cristo, il Figlio di Dio abitato da Dio Padre, è opera del Padre. Perciò, ogni giorno, ogni cosa viene creata dal Figlio, perché tutto ciò che viene fatto dal Padre, è fatto per mezzo del Figlio. Quindi, l’azione del Figlio è di ogni giorno ; e, secondo me, i principi della vita, le forme dei corpi, lo sviluppo e la crescita degli esseri viventi manifestano questa opera.

 

II° settimana Tempo Ordinario VESPRI  Mercoledì

                                             Mc 2, 23-28

 

dimostrazioni, n°13, 1-2.13 ; SC 359, 589

 

  

Il signore del sabato

 Sant’Afraate nel quarto secolo

 

         Per mezzo di Mosè suo servo, il Signore ha domandato ai figli di Israele di osservare il sabato. Disse loro: “ Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore” (Es 20,9)... Li avvertì: “Non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame”. Aggiunse anche: “Perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero” (Es 23,12)... Il sabato non è stato imposto come una prova, una scelta da operare fra la vita e la morte, fra la giustizia e il peccato come gli altri precetti secondo  i quali l’uomo può vivere o morire. No, il sabato, a suo tempo è stato dato al popolo in vista del riposo – sia degli uomini che degli animali...

 

         Ascoltate ora quale è il sabato gradito al Signore. L’ha detto Isaia: “Fate riposare lo stanco” (28,12). E altrove: “Quanti si guardano dal profanare il sabato, restano fermi alla mia alleanza” (56,4)... Dio abita in coloro che scelgono quello che piace a Dio e non commettono il male; in essi Dio fa la sua dimora secondo la sua parola: “Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò” (Lv 26,12; 2 Cor 6,16)... Noi dunque, custodiamo fedelmente il sabato di Dio, cioè quello che piace al suo cuore. Così entreremo nel sabato del grande riposo, il sabato del cielo e della terra in cui ogni creatura si riposerà.

 

II° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì                                                   Mc 3, 7-12

Conferenza 13

 

 

 

« Dalla Galilea, dalla Giudea, dall’Idumea e da Tiro e Sidone, venite a me voi tutti »

 Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

         Dio non ha creato l’uomo perché si perdesse, bensì perché vivesse in eterno ; questo disegno rimane immutabile… Infatti, « Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2, 4). Questa è la volontà del Padre vostro celeste, dice Gesù, « che non si perda neanche uno solo di questi piccoli » (Mt 18, 14). E altrove sta scritto : « Dio non vuole che alcuna anima perisca ; usa pazienza affinché tutti abbiano modo si pentirsi » (2 Sm 14, 14 ; 2 Pt 3, 9). Dio è veritiero ; non mentisce quando dichiara sotto giuramento : « Com’è vero ch’io vivo, io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva » (Ez 33, 11).

         Possiamo allora pensare, senza commettere un sacrilegio enorme, che egli voglia la salvezza soltanto di alcuni, e non di tutti in generale ? Chiunque si perda, si perde contro la volontà di Dio. Ogni giorno egli grida verso di lui : « Convertitevi dalla vostra condotta perversa ! Perché volete perire, o casa d’Iraele ? » (Ez 33, 11). E di nuovo, insiste : « Perché allora questo popolo si ribella con continua ribellione ? Hanno indurito la faccia più di una rupe, non vogliono convertirsi » (Ger 8, 5 ; 5, 3).  Quindi la grazia di Cristo è sempre a vostra disposizione. Poiché egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, li chiama tutti, nessuno escluso. « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11, 28).

 

II° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Giovedì                                       Mc 3, 7-12               

Giornale dell’anima, § 1935-1944

 

 

 

« Lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall’Idumea e dalla Transgiordania…”

 Beato Giovanni XXIII

 

            « Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode » (Sal 50,17). Quando pensiamo che queste parole sono ripetute ogni giorno durante la preghiera del mattino, in nome della santa Chiesa che prega per se stessa e per il mondo intero, da migliaia e centinaia di migliaia di bocche, aperte dalla grazia così invocata, il nostro sguardo si apre e si completa. Ecco la Chiesa che si presenta, non come un monumento storico del passato, bensì come un’istituzione viva. La santa Chiesa non è come un palazzo che si potrebbe costruire in un anno. È una città immensa che dovrà contenere l’universo intero. « Il suo monte santo, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. Il monte di Sion, dimora divina, è la città del grande Sovrano » (Sal 47,3 volg.).

 

         La fondazione, iniziata da venti secoli, prosegue, e si estende per tutta la terra finché il nome di Cristo non sia adorato ovunque. Via via, nuovi popoli ai quali Cristo è stato annunziato esultano di gioia : « I popoli si rallegrano e glorificano la parola » (At 13,48). È bello questo pensiero, è edificante per ogni sacerdote che recita il breviario : occorre che ognuno si impegni nell’edificazione di questa Chiesa santa.

 

         Chi si applica nella predicazione dica al Signore, in quanto messaggero del suo Vangelo : « Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode ». Chi non è missionario, desideri ardentemente cooperare anche lui al grande compito della missione, e mentre salmodia in privato, solitario nella sua cella, dica anche lui : « Signore, apri le mie labbra ». Infatti, nella comunione della carità, deve considerare sua, ogni lingua che sta annunziando il Vangelo, che è la suprema lode divina.

 

II° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Catechesi 10

 

 

 

« Costui non è quel tale che ci perseguitava ? »

San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

         « Noi non predichiamo noi stessi ; ma Cristo Gesù Signore ; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù » (2 Cor 4,5). Chi è dunque questo testimone che annunzia Cristo ? Proprio colui che prima lo perseguitava. Grande meraviglia ! Il persecutore di prima, eccolo che annunzia Cristo. Perché ? Sarà forse stato comprato ? Ma nessuno avrebbe potuto convincerlo in tal modo. Forse la vista di Cristo su questa terra l’avrebbe accecato ? Gesù era già salito in cielo. Saul era uscito da Gerusalemme per perseguitare la Chiesa di Cristo e, tre giorni dopo, a Damasco, il persecutore è divenuto predicatore. Sotto quale influenza ? Altri citano come testimone in favore dei loro amici, gente della loro parte. Io, invece, ti ho dato come testimone uno che prima era nemico.

 

         Dubiti ancora ? Grande è la testimonianza di Pietro e Giovanni ma… erano proprio della casa. Quando il testimone, un uomo che dopo morrà per causa di Cristo, è colui che prima era nemico, chi potrebbe ancora dubitare del valore della sua testimonianza ? Io sono proprio in ammirazione davanti al piano dello Spirito… : Concede a Paolo che era persecutore, di scrivere le sue quattordici lettere… Siccome non si potrebbe contestare il suo insegnamento, ha concesso a colui che era prima il nemico e il persecutore di scrivere più di Pietro e Giovanni. In questo modo, la fede di noi tutti può essere consolidata. Riguardo a Paolo infatti, tutti si meravigliavano e dicevano : « Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro di noi, ed era venuto qua precisamente per condurci in catene ? » (At 9,21) Non meravigliatevi, dice Paolo. Lo so bene, « duro è per me ricalcitrare contro il pungolo » (At 26,14). « Non sono degno neppure di essere chiamato apostolo » (1 Cor 15,9) ; « mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo » … « La grazia del Signore nostro ha sovrabbondato » (1 Tm 1,13-14).

 

II° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

Omelia su san Paolo, 4, § 1-2

 

  

« Che devo fare, Signore ? »

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Il beato Paolo, che ci raduna oggi, ha illuminato la terra. Nell’ora della sua chiamata è stato accecato ; eppure questa cecità ha fatto di lui una fiaccola per il mondo. Vedeva chiaro per fare il male ; nella sua sapienza, Dio lo ha accecato per poi rischiararlo per il bene. Dio non gli ha semplicemente manifestato la sua potenza ; gli ha anche rivelato il cuore della fede che avrebbe dovuto predicare. Occorreva cacciare lontano da lui tutti i suoi pregiudizi, chiudere gli occhi e abbandonare le false luci della ragione per scorgere la retta dottrina, « farsi stolto per diventare sapiente », come egli dirà più tardi (1 Cor 3,18)… Nessuno creda tuttavia che questa vocazione gli fosse stata imposta ; Paolo era libero di scegliere…

 

         Ardente, impetuoso, Paolo aveva bisogno di un freno energico per non disprezzare, travolto dalla foga, la voce di Dio. Dio quindi ha prima represso tale impeto ; mentre lo colpisce di cecità, placa la sua ira ; poi gli parla. Gli fa conoscere la sua sapienza ineffabile, perché riconosca colui che prima combatteva e capisca che non può più resistere alla sua grazia. Non è la mancanza di luce che lo ha accecato, bensì la sovrabbondanza di luce.

 

         Dio ha scelto proprio il momento ; Paolo è il primo a riconoscerlo : « Quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio » (Gal 1, 15)…Impariamo dunque per bocca stessa di Paolo che nessuno ha mai trovato Cristo per mezzo del proprio spirito. È Cristo ad essersi rivelato e fatto conoscere. Così dice il Salvatore : « Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi » (Gv 15,16).

 

II° settimana Tempo Ordinario SABATO - Lodi

 

Dal Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo "nella Chiesa" § 149

 

II° settimana Tempo Ordinario - Sabato PRIMI VESPRI

 

 

« Padre Santo, siano come noi una cosa sola. »

 di San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

         Avendo dato ogni potere ai suoi discepoli, il Signore concede ogni bene ai suoi santi nella preghiera che rivolge a suo Padre. Eppure aggiunge il più importante dei beni : L’essere tutti una cosa sola, mediante la loro unione col solo ed unico bene. Così, « uniti dallo Spirito Santo, essendo legati per mezzo del vincolo della pace, saranno tutti un solo corpo e un solo spirito, in virtù dell’unica speranza alla quale sono stati tutti chiamati » (Ef 4, 4).

         « Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre sei in me e io in te ». In effetti, il vincolo di questa unità è la gloria. Che lo Spirito Santo sia chiamato gloria, nessuno lo potrebbe contraddire se è attento alle parole del Signore : « La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro » (Gv 17, 22). Infatti egli ha realmente dato loro una tale gloria quando ha detto : « Ricevete  lo Spirito Santo » (Gv 20, 22). Egli ha ricevuto quella gloria che possedeva da sempre, prima che il mondo fosse, quando si è rivestito della nostra natura umana. E una volta che questa natura è stata glorificata dallo Spirito, la gloria dello Spirito è stata comunicata a tutti quelli che sono partecipi della stessa natura, cominciando dai discepoli. Ecco perché dice : « Padre, la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. »

 

III° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica                                  

 

« Camminava con loro »

Santa Teresa Benedetta della Croce nel ventesimo secolo

 

Lo stesso Signore che la Parola della Scrittura ci mette sotto gli occhi nella sua umanità, mostrandocelo su tutte le strade che ha percorso sulla terra, abita in mezzo a noi, nascosto sotto le specie del pane eucaristico, viene a noi ogni giorno come Pane della Vita. In ambedue questi aspetti, si  fa vicino a noi, e sotto questi due aspetti desidera che lo cerchiamo e lo troviamo. L’uno chiama l’altro. Quando vediamo con gli occhi della fede il Salvatore davanti a noi come la Scrittura ce lo dipinge, allora cresce il nostro desiderio di accoglierlo in noi, nel Pane della Vita. Il pane eucaristico a sua volta ravviva il nostro desiderio di fare sempre più profondamente conoscenza con il Signore a partire dalla Parola della Scrittura, e dona forze al nostro spirito per una migliore comprensione.

 

III° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica                                                                      

Discorsi per la solennità di Tutti i Santi, 3;  PL 85, 205

 

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio »

Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo

 

             « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli ». L’inizio del Nuovo Testamento è proprio gioioso e pieno della grazia nuova; anzi, nel promettere la felicità ai miseri e il Regno dei cieli agli esiliati, a coloro che sono nello sconforto provoca un po' il miscredente o il pigro ad ascoltare, e più ancora ad agire. L’inizio della Legge nuova è piacevole da intendere e comincia sotto buoni auspici; tante sono infatti le parole confortanti di beatitudine che il legislatore pronuncia fin da questo inizio. Così, coloro che saranno stati attirati da esse cammineranno di virtù in virtù, salendo gli otto gradini che il Vangelo ha costruito e sistemato nel nostro cuore... Si tratta infatti, è ovvio, della salita dei cuori e del progresso dei meriti mediante otto gradi di virtù, che conducono gradualmente l’uomo dai più bassi ai più alti livelli della perfezione evangelica. In questo modo entrerà in fine per vedere il Dio degli dèi in Sion (Sal 49,1), nel suo Tempio, di cui diceva il profeta: “I gradini  per cui vi si accedeva erano otto” (Ez 40,37).

         La prima virtù dei principianti è la rinuncia del mondo, con la quale diventiamo poveri di cuore; la seconda è la mitezza, con la quale ci sottomettiamo all’obbedienza e ci abituiamo ad essa; poi il dolore con il quale deploriamo i nostri peccati o, nei pianti, chiediamo le virtù. Le assaporiamo proprio là dove avevamo maggiormente fame e sete della giustizia, tanto per noi quanto per gli altri, e cominciamo ad essere animati dallo zelo contro i peccatori. Allo scopo però che un ardore smodato non si cambi in colpa, lo segue la misericordia, dalla quale viene temperato. Con l’applicazione e l’esercizio, quando avremo imparato ad essere giusti e misericordiosi, saremo capaci di entrare nella contemplazione e di dedicarsi a purificare il nostro cuore per vedere Dio.

 

III° settimana Tempo Ordinario - LODI  MARTEDI

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo OBBEDIENZA § 107

 

III° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì                                                 

           

Discorso 25; PL 46, 937

(in l' Ora dell'Ascolto p. 2702)

 

« Costui è mio fratello, sorella e madre »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

            Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì, certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima, e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che esser stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che esser stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo...

 

         Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo... Perciò, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo, anche voi siete corpo di Cristo (1 Cor 12,27). Osservate in che modo lo siete, perché egli dice: ‘Ecco mia madre, ed ecco i miei fratelli”. Come potrete essere madre di Cristo? Chiunque ascolta e “chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”.

 

III° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì                                               

Discorsi, n° 6 ; CCL 103, 32 ; SC 175, 327

 

Dare frutto del trenta, del sessanta e del cento per uno

San Cesario di Arles nel quarto secolo

 

         Fratelli, ci sono due specie di campi: uno è il campo di Dio, l’altro è il campo dell’uomo. Hai la tua tenuta; anche Dio ha la sua. La tua tenuta è la terra; la tenuta di Dio è la tua anima. È forse giusto che coltivi il tuo campo e lasci incolto il campo di Dio? Coltivi la tua terra, e non coltivi la tua anima, forse perché vuoi mettere in ordine la tua proprietà e lasciare incolta la proprietà di Dio? È forse giusto questo? Forse Dio merita che trascuriamo la nostra anima che egli ha tanto amata? Ti rallegri al vedere la tua terra ben coltivata; perché non piangi al vedere la tua anima incolta? I campi della nostra tenuta ci faranno vivere alcuni giorni in questo mondo; la cura della nostra anima ci farà vivere senza fine in cielo...

         Dio si è degnato di affidarci la nostra anima come sua tenuta; mettiamoci dunque all’opera con tutte le nostre forze con il suo aiuto, perché quando verrà a visitare la sua tenuta, egli la trovi ben coltivata e perfettamente in ordine. Che vi trovi una messe invece di rovi; che vi trovi vino invece di aceto; grano invece di zizzania. Se vi troverà ciò che piace ai suoi occhi, ci darà in cambio le ricompense eterne; invece i rovi saranno destinati al fuoco.

 

III° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì                                             

 

Discorsi 44 sul vangelo di Matteo, 3-4 ; PG 57, 467-469

 

 

« Chi ha orecchi per intendere intenda ! »

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

            Nella parabola del seminatore, Cristo ci mostra che la sua parola è destinata a tutti, indistintamente. Infatti come il seminatore della parabola, senza fare nessuna distinzione fra i terreni, semina ai quattro venti, così il Signore non distingue il ricco dal povero, il saggio dallo stolto, il negligente dal diligente, il coraggioso dal vigliacco, ma si rivolge a tutti e, pur conoscendo l’avvenire, fa da parte sua di tutto finché non possa dire : « Che cosa dovevo fare ancora che io non abbia fatto ? » (Is 5,4)…

 

         Inoltre, il Signore dice questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli ed educarli a non lasciarsi abbattere, anche se coloro che accolgono la parola sono meno numerosi di quelli che la sprecano. Così faceva il nostro Maestro che, pur conoscendo l’avvenire, non cessava di spargere il suo seme.

 

         Ma, dirai, a che pro seminare tra le spine, fra i sassi o lungo la strada ? Se si trattasse di un seme e una terra materiali, non avrebbe nessun senso ; ma poiché si tratta delle anime e della Parola, la cosa è degna di elogi. A ragione si rimprovererebbe a un coltivatore di agire così ; il sasso non può diventare terra, la strada non può non essere una strada, né le spine non essere delle spine. Ma nella sfera spirituale, non è lo stesso : il sasso può diventare una terra fertile, la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo, le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente. Se questo non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso il seme come ha fatto.

 

III° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

Omelie per i defunti

 

« Prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco maturo nella spiga »

San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

            La vita presente è un cammino che ci porta al termine della nostra speranza, allo stesso modo in cui si vede sui germogli il frutto che sta per sbocciare dal fiore; grazie al fiore il frutto giunge all’esistenza, anche se il fiore, non è il frutto. Allo stesso modo, la messe che nasce dai semi, non appare subito con la spiga, ma dapprima cresce l’erba, poi quando è morta l’erba, si erge  lo stelo di grano e così il seme matura in cima alla spiga...

 

         Il nostro Creatore non ci ha predestinati alla vita embrionale; lo scopo della natura non è la vita dei neonati. Non mira neanche alle età successive che raggiunge con il tempo nel processo di crescita che trasforma l’apparenza dell’uomo, né ha per fine la dissoluzione del corpo che sopravviene con la morte. Tutti questi stati non sono altro che  tappe sulla strada su cui camminiamo. La meta e il termine della marcia, attraverso queste tappe, è la somiglianza con Dio...; il termine atteso della vita, è la beatitudine. Oggi però, per quanto riguarda il corpo – la morte, la vecchiaia, la giovinezza, l’infanzia e la formazione dell’embrione – tutti questi stati, sono come altrettante erbe, steli, e spighe, che formano un cammino, una storia e una potenzialità che permettono la maturità attesa.

 

III° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì                                   

Preghiera a Gesù nel Santissimo, in Discorsi, Messaggi, Colloqui.

 

Gesù dà se stesso sino alla fine (Gv 13,1)

Beato Giovanni XXIII

 

            O Gesù, cibo delle anime che supera ogni realtà naturale, questo popolo immenso grida a te. Si sforza di dare alla sua vocazione umana e cristiana uno slancio nuovo, di abbellirla con virtù interiori, sempre pronto al sacrificio di cui sei in prima persona l’immagine con la parola e con l’esempio. Sei il primo tra i nostri fratelli; hai preceduto i passi di ognuno di noi; hai perdonato le colpe di tutti. E li chiami tutti a una testimonianza di vita più nobile, più attiva, più comprensiva.

         Gesù, “pane della vita” (Gv 6,34), unico e solo alimento essenziale dell’anima, accogli tutti i popoli alla tua mensa. Essa è già la realtà divina sulla terra, il pegno delle bontà celesti; la certezza di una beata concordia tra i popoli e di una lotta pacifica in vista del vero progresso e della civilizzazione. Nutriti da te e di te, gli uomini saranno forti nella fede, allegri nella speranza, attivi nella carità. Le buone volontà trionferanno sulle trappole tese dal male; trionferanno sull’egoismo e sulla pigrizia. E gli uomini retti temendo Dio sentiranno alzarsi dalla terra di cui la Chiesa quaggiù vuole essere l’immagine, i primi echi misteriosi e dolci della città di Dio. Ci conduci verso i pascoli erbosi; ci proteggi. Mostraci, Gesù, i beni della terra dei viventi (Sal 26,13).

 

III° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì                                        Mc 4, 26-34

 

Omelie su Matteo, cap. 13

 

  

« Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo ; se invece muore, produce molto frutto »

(Gv 12,24)

 San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

         « Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo ; una volta cresciuto, diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami » (Mt 13, 31). Questo granellino di senapa simboleggia per noi Gesù Cristo che, messo in terra nel giardino dove è stato seppellito, ne è uscito fuori dopo la sua risurrezione, in piedi come un grande albero.

 

         Possiamo dire che quando morì, fu come un granellino di senapa. Fu un granellino di senapa nell’umiliazione della sua carne e un grande albero nella glorificazione della sua maestà. Fu un granellino di senapa quando vi è apparso sfigurato, e un albero quando è risuscitato come « il più bello tra i figli dell’uomo » (Sal 44,3).

 

         I rami di questo albero misterioso sono i santi predicatori del vangelo la cui estensione ci è stata descritta nel salmo : « Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola » (Sal 19,5 ; cfr Rm 10,18). Gli uccelli si riposano fra i suoi rami quando le anime giuste, che si sono elevate dai fascini della terra appoggiandosi sulle ali della santità, trovano nelle parole dei predicatori del vangelo la consolazione di cui hanno bisogno nelle pene e le fatiche di questa vita.

 

III° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì                                        Mc 4, 26-34

Commento sul vangelo di Luca, VII, 183 ; SC 52, 77

 

«Gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra»

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

            Il Signore stesso è un granello di senapa... Se Cristo è un granello di senapa, in quale modo egli è il più piccolo, e come cresce? Non nella sua natura egli cresce, ma secondo l’apparenza. Volete sapere come egli è il più piccolo? “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Is 53,2). Imparate che egli è il più grande: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44,3). Infatti colui che non aveva apparenza né bellezza è diventato superiore agli angeli (Eb 1,4) superando tutta la gloria dei profeti di Israele... Egli è il più piccolo di tutti semi, perché non è venuto con la regalità, né con le ricchezze, né con la sapienza di questo mondo. Ora, come un albero, ha fatto crescere l’alta cima della sua potenza, cosicché diciamo: “Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo” (Ct 2,3).

         Secondo me, sovente sembrava contemporaneamente albero e seme. È seme quando dicono: “Non è egli forse il figlio del carpentiere,” (Mt 13,55). E proprio durante queste parole é improvvisamente cresciuto: “Da dove mai viene a costui questa sapienza? ” (vs. 54). Nel fogliame dei suoi rami potranno ripararsi con sicurezza l’uccello notturno nella sua dimora, l’uccello solitario sopra il tetto (Sal 101,7), quello che fu rapito fino al terzo cielo (2 Cor 12,3), e quello che sarà “rapito tra le nuvole, nell’aria” (1 Tes 4,17). Là riposeranno anche le potenze e gli angeli dei cieli e quanti hanno, grazie alle loro azioni spirituali, preso il volo. San Giovanni vi si è riparato quando riposava sul petto di Gesù (Gv 13,25)...

         E noi che “eravamo lontani” (Gal 2,13), radunati da mezzo alle nazioni, a lungo sballottati nel vuoto del mondo dalle tempeste dello spirito del male, spiegando le ali delle virtù, dirigiamo il nostro volo affinché questa ombra dei santi ci ripari dal caldo soffocante di questo mondo.

 

III° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato                                                       

Sull’Hypapante

 

« Simeone prese il bambino tra le braccia »

Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

            “Mosso dallo Spirito, Simeone si recò al tempio”. Anche tu, se hai veramente cercato Gesù dappertutto, cioè se – come la Sposa del Cantico dei cantici (Ct 3, 1-3) – l’hai cercato sul tuo letto, lungo la notte, leggendo, pregando o meditando, se l’hai cercato anche nella città, interrogando i tuoi fratelli, parlando di lui, scambiando parole su di lui, se l’hai cercato per le strade e per le piazze approfittando delle parole e degli esempi degli altri, se l’hai cercato presso le guardie che fanno la ronda, cioè ascoltando coloro che sono giunti alla perfezione, ti recherai allora al tempio, “mosso dallo Spirito”. Questo è certo il luogo più adeguato per l’incontro del Verbo con l’anima: lo si cerca dappertutto, lo si incontra nel tempio... “Trovai l’amato del mio cuore” (Ct 3,4). Cerca dunque dappertutto, cerca in tutto, cerca presso tutti, passa e oltrepassa tutto per entrare infine nel luogo della tenda, fino alla dimora di Dio, e allora lo troverai.

         “Mosso dallo Spirito, Simeone si recò al tempio”. Mentre dunque i suoi genitori vi portarono il Bambino Gesù, anche lui lo ricevette nelle sue mani: tale è l’amore che gusta con il consenso, che si lega con l’abbraccio, che assapora con l’affetto. Oh, fratelli, al  punto di far tacere ogni parola... Qui, nulla è più desiderabile del silenzio: questi sono i segreti dello Sposo e della Sposa... l’estraneo non può parteciparvi. “A me il mio segreto! A me il mio segreto” (Is 24,16 Volg). Dov’è per te il tuo segreto, Sposa che sola hai sperimentato quanta dolcezza si prova quando, in un abbraccio spirituale, lo spirito creato e lo Spirito increato vanno incontro l’uno dell’altro e si uniscono l’uno con l’altro, a tale punto che sono due in una cosa , anzi in una cosa sola: colui che giustifica e colui che viene giustificato, colui che santifica e colui che viene santificato, colui che divinizza e colui che viene divinizzato?... 

         Potessimo anche noi meritare di dire ciò che segue : “Lo strinsi fortemente e non lo lascerò” (Ct 3,4). Questo è quanto ha meritato il santo Simeone che ha detto: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. Ha voluto che lo si lascesse andare, liberato dai legami della carne, per stringere più fortemente con l’abbraccio del suo cuore Gesù Cristo nostro Signore, a lui la gloria e l’onore nei secoli senza fine.

 

III° settimana Tempo Ordinario - Sabato Primi Vespri

  

Il Figlio dell’uomo si gloria della sua croce
di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

         Certi si gloriano del loro sapere; l’apostolo Paolo invece trova nella croce la conoscenza suprema: “Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1 Cor 2,2). La croce non è forse il compimento di tutta la legge, e l’arte di vivere bene? A coloro che si gloriano della loro potenza, Paolo può rispondere che ha ricevuto dalla croce una potenza senza pari: “La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio” (1 Cor 1,18). Vi gloriate della libertà che avete acquistata? Paolo invece si gloria della croce: “Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,6).

          Altri ancora si gloriano per essere stati eletti membri di qualche gruppo illustre; quanto a noi, per mezzo della croce di Cristo, siamo invitati all’assemblea dei cieli. “Piacque a Dio di riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,20). Certi infine si gloriano dei distintivi del trionfo concessi a quelli che hanno vinto; la Croce è il vessillo trionfale della vittoria di Cristo sui demoni: “Egli ha privato della loro forza i Principati e le Potestà, ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo” (Col 2,15)...

 

         Di cosa l’apostolo vuole gloriarsi prima di tutto? Di ciò che può unirlo a Cristo; questo egli desidera: essere con Cristo.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

CRISTO E’ RISORTO E ATTIRA A SE’ LA STORIA INTERA

di Giorgio La Pira

 

         Se Cristo è risorto,e lo è, allora il “punto propulsivo” il “punto di Archimede” della storia intiera del mondo - cosmica e umana; individuale e collettiva - è Lui; il corso intiero dei secoli fa centro in Lui, Alfa e Omega; principio e fine; primo e ultimo: (Ap. 22,13); allora, è “vera” la grazia che da Lui – per tutti gli uomini e tutti i popoli – deriva (Gv. 1,16; 4,15); allora è “vera” – “necessitante”, in un certo senso, per tutti gli uomini e per tutti i popoli, per tutta la storia – la Chiesa, da Lui disegnata a Cesarea (Mt. 16,18) e lanciata – per opera dello Spirito Santo – a Pentecoste (At. 2,2ss) e da Lui sostenuta ogni giorno, nel corso intiero dei secoli (Mt. 28,20); allora sono “vere”, “valide”, ineliminabili – nella struttura e nella dinamica della Chiesa e della storia – le “missioni” da Lui affidate per tutte le genti (Mt. 28,19), a Pietro e Paolo (At. 9,15), a tutti gli apostoli  per pervenire sino alla “pienezza degli ebrei” ed alla “pienezza dei gentili” (Rm.11,25); allora è fondamentalmente “vero”, fondamentalmente “valido”, nonostante tutti i limiti e tutte le deficienze,  l’intiero corso bimillennario della storia della Chiesa in “espansione missionaria” verso le genti…

         Allora, in conclusione, la storia intiera – e quella del nostro tempo, perciò – va vista - per essere interpretata nel suo fondo, nel suo valore, nella sua struttura e nel suo fine - da un solo angolo visuale: quello di Cristo Risorto e del “progetto di signoria” che Egli, mediante la Chiesa, deve realizzare, nonostante la libertà, la indocilità e la responsabilità degli uomini, nel corso dei millenni (Ap. 20,1ss) 

 

IV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI DOMENICA

 

 

 

 Una dottrina nuova insegnata con autorità

 di San Girolamo nel quinto secolo

 

 

 

         Gesù si recò dunque nella sinagoga di Cafàrnao e si mise ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché parlava loro “come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Non diceva per esempio: “Parola del Signore!” oppure: “Così dice colui che mi ha mandato”. No. Gesù parlava in nome proprio: era lui infatti ad aver parlato una volta attraverso la voce dei profeti. È già bello poter dire, fondandosi su un testo: “Sta scritto...” È meglio ancora proclamare, nel nome del Signore stesso: “Parola del Signore!” Ma è tutt’altra cosa poter affermare, come Gesù in persona: “In verità, vi dico!...” Come osi dire, tu: “In verità vi dico!” se non sei colui che un tempo ha dato la Legge e parlato attraverso i profeti?...

         “Erano stupiti del suo insegnamento”. Che cosa insegnava che fosse così nuovo. Non faceva nulla se non ridire ciò che aveva già dichiarato tramite la voce dei profeti. Eppure erano stupiti, perché non insegnava alla maniera degli scribi. Insegnava come se avesse in prima persona l’autorità; non da rabbi ma in quanto Signore. Non parlava riferendosi ad uno più grande di lui. No, la parola che diceva era sua; e infine, usava questo linguaggio di autorità poiché affermava presente colui di cui aveva parlato per mezzo dei profeti: “Io dicevo. Eccomi qua” (Is 52,6)... Perciò, Gesù minaccia lo spirito immondo che si esprime nel posseduto nella sinagoga: “Taci! Esci da quell’uomo”. Cioè: “Esci da casa mia; cosa fai in costui che è la mia dimora? Io voglio entrarvi. Taci! Esci da quell’uomo. Lascia quella dimora che è stata preparata per me... Dio la vuole. Lascia l’uomo; mi appartiene. Non voglio che sia tuo. Io abito nell’uomo; questo è il mio Corpo. Vattene!”

 

IV° settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

Commento sul vangelo di Luca 6, 58-61

                                                                                                                      Mc 5,21-43

 

 Io dico a te, alzati !

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Prima di risuscitare una morta, allo scopo di condurre alla fede, Gesù comincia col guarire la donna affetta da emorragia. Il flusso si è fermato per istruirci : quando Gesù si avvicina all’una, l’altra è già guarita. Nello stesso modo, celebriamo la risurrezione nel tempo del Signore, la quale seguì la sua Passione, allo scopo di credere nella nostra vita eterna…

 

         I servi di Giàiro che vengono a dirgli : « non disturbare il Maestro » non credono nella risurrezione predetta nella Legge e compiuta nel Vangelo. Perciò Gesù prende con sé soltanto pochi testimoni della risurrezione che sta per compiersi : infatti non un gran numero ha creduto di primo acchito alla risurrezione. La folla deride Gesù quando egli dichiara : « La bambina non è morta, ma dorme ». Coloro che non credono lo deridano. Che piangano i loro morti, coloro che li credono morti. Per quanti hanno fede nella risurrezione, la morte non è vista come una fine ma come un riposo…

 

         E Gesù, presa la mano della bambina, la guarì ; poi ordinò di darle da mangiare. Questo è una garanzia della vita, affinché non si possa credere che sia un’illusione, ma proprio la realtà. Beata colei la cui mano è tenuta dalla Sapienza ! Piaccia a Dio che anche la nostra venga tenuta, nelle nostre azioni. Che la giustizia tenga la mia mano ; che il Verbo di Dio la tenga ; Egli mi introduca dove egli dimora, distolga il mio spirito dall’errore, e così riconduca colui che egli ha salvato. Che ordini di darmi da mangiare : il pane del cielo è il Verbo di Dio. Questa Sapienza che ha deposto sull’altare il cibo del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio ha dichiarato : « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato per voi » ( Pr 9, 5).

 

IV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

Mc 5,21-43

 

IL SIGNORE E’ NOSTRA GIOIA E NOSTRA SPERANZA

di San Cirillo d’Alessandria nel quarto secolo

 

         “Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto (Is 25, 8). All’insegnamento dei misteri della fede va unito molto opportunamente il necessario discorso sulla risurrezione dei morti. Perciò anche nel conferimento del battesimo, con la professione di fede affermiamo di aspettare la risurrezione futura, e vi crediamo.

 

         La morte colse il nostro progenitore Adamo a causa del peccato, lo assalì come una fiera selvaggia e crudele, e lo rapì; da allora comparvero fra gli abitanti della terra i lamenti, i lutti, le lacrime e i canti funebri. Ma cessarono in Cristo; il terzo giorno egli risuscitò calpestando la morte, e divenne per tutta l’umanità la via per vincerla definitivamente.

 

         Egli è il primogenito dei redivivi, la primizia di quanti sono morti: alla primizia seguirà tutto il resto, cioè noi. Perciò il lamento funebre si è mutato in gaudio, il sacco si è lacerato, e siamo rivestiti da Dio della gioia di Cristo.  In tal modo ogni lacrima è asciugata.

 

         Voi conoscerete, dice, colui che dà la gioia e perfino il vino, e che unge con unguento quelli che in Sion hanno minore facoltà di intendere; e conoscerete che è veramente Dio, il Figlio, della stessa natura di Dio, sebbene si presenti nella natura di servo, fatto uomo per la salvezza e la vita di tutti gli uomini, e simile in tutto agli altri uomini, eccetto il peccato. Ecco il nostro Dio nel quale abbiamo sperato, ed esultato per la nostra salvezza.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - LODI - mercoledì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Cap. “Umiltà” § 124

 

IV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì  

 

La fede ci fa’ riconoscere Gesù come Signore

di San Teofilo di Antiochia

  

         Se dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l’uomo che è in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.

         Tu hai gli occhi dell’anima annebbiati per i tuoi peccati e per le tue cattive azioni. Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l’anima dell’uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell’uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell’uomo, egli non può più vedere Dio.

         Mostra dunque te stesso. Fa’ vedere se per caso non sei operatore di cose indegne, ladro, calunniatore, iracondo, invidioso, superbo, avaro, arrogante con i tuoi genitori. Dio non si mostra a coloro che operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia. Queste cose ti ottenebrano, come se le tue pupille avessero un diaframma che impedisse loro di fissarsi sul sole.

         Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della  tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? E’ Dio, il quale per mezzo del Verbo e della sapienza guarisce e dà la vita.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - LODI - giovedì

 

Sulla Prescrizione degli eretici 19-21 ; SC 46, p.111

(in l’Ora dell’Ascolto p. 2403)

 

 

Mc 6, 7-13

 

  

 Credo nella Chiesa…apostolica

 di Tertulliano nel secondo secolo

  

         Cristo Gesù, Signore nostro, per tutto il tempo che visse sulla terra manifestò chi egli era, chi era stato, qual era la volontà del Padre, che cosa l’uomo dovesse fare. Questa rivelazione la fece apertamente al popolo e separatamente ai discepoli, fra i quali scelse i Dodici, come partecipi del suo magistero universale… Gli apostoli, il cui nome significa « mandati »…avendo ricevuto, secondo la promessa, lo Spirito Santo che doveva renderli capaci di fare i miracoli e predicare, testimoniarono la fede in Gesù Cristo prima in Giudea e poi in tutto il mondo, istituendo ovunque chiese particolari. Ovunque fecero risuonare il medesimo insegnamento e annunziarono la medesima fede. Così fondarono chiese in ogni città.

 

Da queste ricevettero la linfa della fede e i segni della dottrina tutte le altre chiese e tutte le altre popolazioni che tendono a divenire chiese. Tutte queste chiese venivano considerate apostoliche, in quanto figlie delle chiese degli apostoli…Tra tante e tanto grandi chiese, unica è la prima fondata dagli apostoli e dalla quale derivano tutte le altre… Che cosa poi gli apostoli abbiano predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli apostoli hanno fondato.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

                                                                               Mc 6, 7-13

 

 

 Incominciò a mandarli

di Beato Charles de Foucauld

 

         Essere apostolo, in che modo? Nei modi che Dio ci mette a disposizione: i sacerdoti hanno dei superiori che dicono loro cosa devono fare. I laici devono essere apostoli verso tutti quelli che riescono a  raggiungere: i parenti e gli amici, ma non soltanto loro; la carità non ha nulla di stretto, abbraccia tutti coloro che abbraccia il Cuore di Gesù.

         Con quali mezzi? Con i mezzi migliori, tenendo conto delle persone alle quali sono indirizzati: verso tutti quelli con cui sono in relazione, nessuno escluso, con la bontà, con la tenerezza, con l’affetto fraterno, con l’esempio della virtù, con l’umiltà e la mitezza, sempre attraenti e così cristiane. Con alcuni occorre non dire mai una parola su Dio o sulla religione, pazientando come Dio pazienta, essendo buono come Dio è buono, essendo per loro come  un tenero fratello e pregando. Con altri, è opportuno parlare di Dio nella misura che possono portare; e quando giungono al punto di cercare la verità mediante lo studio della religione, occorre metterli in rapporto con un sacerdote ben scelto e capace di fare loro del bene. Soprattutto vedere in ogni essere umano un fratello.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Omelie sul vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347

Mc 6,14-29

 

Precursore di Cristo nella nascita e nella morte

di Origene nel terzo secolo

 

          Ammiriamo Giovanni Battista sopratutto a motivo di questa testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni » (Lc 7,28) ; ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che molta gente pensava che fosse Cristo (Lc 3,15). Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto. Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si preoccupa della morte  né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.

 

         Non potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro ? » (Lc 7,19). Notate bene che, persino nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda dunque alcuni discepoli…

         I discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista. 

 

IV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 Martirio di San Giovanni Battista

Omelia per la Decollazione di San Giovanni Battista,

Opera omnia, t. 2, p. 514-515, 518-519

 

Mc 6,14-29

 

  

 Beati i perseguitati per causa della giustizia

di Lanspergo il Certosino nel sedicesimo secolo

 

          La morte di Cristo è all’origine di una folla innumerevole di credenti. Per la potenza dello stesso Signore Gesù, e grazie alla sua bontà, la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere una grande moltitudine di cristiani. Infatti, la religione cristiana non è mai stata annientata dalla persecuzione dei tiranni e nemmeno dall’omicidio ingiustificabile degli innocenti , piuttosto essa ne ha tratto ogni volta un grande accrescimento.

                   San Giovanni, che ha battezzato Cristo, ne è per noi un esempio. Erode, questo re infedele, volle, in fedeltà alla propria promessa, cancellare completamente dalla memoria degli uomini, il ricordo di Giovanni. Invece, non soltanto Giovanni non fu annientato, ma migliaia di uomini, infiammati dal suo esempio, accolsero la morte con gioia per la giustizia e la verità… Quale cristiano, degno di questo nome, non venera oggi Giovanni, colui che ha battezzato il Signore ? Ovunque nel mondo, i cristiani celebrano la sua memoria, tutte le generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono la Chiesa del loro profumo. Giovanni non ha vissuto solo per se stesso, e non è morto solo per se stesso.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Commento sul vangelo secondo Matteo, 10, 23 ; SC 162, 257

Mc 6,30-34

  

Si commosse per loro

di Origene nel terzo secolo

 

         Gesù, il Verbo di Dio, era in Giudea. Saputa l’esecuzione del profeta Giovanni il Battista, partì su una barca - simbolo del suo corpo - « verso un luogo solitario, in disparte ». In quel luogo solitario, Gesù si trovava « in disparte » poiché la sua parola vi era isolata, e il suo insegnamento contrastava con i costumi e con le idee diffuse fra la gente. Allora la folla delle persone, saputo che colui che è la Parola di Dio era venuto ad abitare nel loro deserto…, lo seguirono, lasciando le loro città, lasciando cioè ciascuno i costumi superstiziosi della propria patria e aderirono alla legge di Cristo… Gesù venne loro incontro ; loro infatti erano incapaci di andargli incontro ; mescolandosi a « quelli di fuori » (Mc 4,11), li condusse dentro.

 

         È molta questa folla di fuori che egli viene ad incontrare. Spargendo su di essa la luce della sua presenza, la guarda e, vedendo quale genere di persone lo circondino, li trova maggiormente degni di pietà. Lui che, in quanto Dio, è al di là della sofferenza, soffre a causa del suo amore per gli uomini ; la commozione lo prende alle viscere. Non soltanto si commuove, ma anche li guarisce da ogni loro malattia, li libera dal male.

 

IV° settimana Tempo Ordinario - PV SABATO  

Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium»

del Concilio ecumenico Vaticano II sulla sacra Liturgia  (Nn. 5-6)

 

L'opera della salvezza

Dalla Costituzione «Sacrosanctum Concilium»

 

         Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4), perciò, egli «che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1, 1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti (cfr. Is 61, 1; Lc 4, 18) «medico nella carne e nello spirito» , Mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1 Tm 2, 5). Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu lo strumento della nostra salvezza. Per cui in Cristo avvenne il perfetto riscatto della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino.


         Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine, operate nel popolo del Vecchio Testamento, fu compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata Passione, Risurrezione da morte e gloriosa Ascensione, mistero per il quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha ridato a noi la vita. Infatti dal costato di Cristo morente sulla croce è nato il mirabile sacramento di tutta la Chiesa.
Pertanto, come Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché, predicando il Vangelo a tutti gli uomini, annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte, e ci ha trasferiti nel regno del Padre, ma anche perché, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali s'impernia tutta la vita liturgica, attuassero l'opera della salvezza, che annunziavano.

 

V° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

Dal Salvatore venne la risurrezione e Cristo vive: anzi egli è la vita

 Dal “Discorso sull’Incarnazione del Verbo”

di sant’Atanasio, vescovo nel quarto secolo

 

 

   Se col vessillo della croce e la fede nel Cristo la morte viene calpestata, bisogna concludere con certezza assoluta che non c’è nessun altro all’infuori di Cristo, che abbia riportato la palma e il trionfo sulla morte e l’abbia ridotta così all’impotenza. Se la morte che prima dominava ed era perciò causa di terrore, dopo la venuta e la morte e risurrezione del Salvatore vien disprezzata, appare evidente che essa è stata distrutta e vinta dallo stesso Cristo, quando salì sulla croce. Dopo la notte sorge il sole e illumina con i suoi raggi la terra, e nessuno potrebbe dubitare che sia il sole, diffondendo ovunque la sua luce, a scacciare le tenebre e illuminare tutte le cose. Così, poiché la morte cominciò a essere disprezzata e calpestata quando il Salvatore, venuto fra noi in forma umana per salvarci, morì sulla croce, da ciò e evidente che lo stesso Salvatore, apparendo nel corpo, ha distrutto la morte e ogni giorno ne trionfa attraverso i suoi discepoli.

 

   Che poi la risurrezione di un corpo mortale sia stata compiuta dal Cristo, salvatore di tutti e vera vita, risulta più evidente dai fatti che dalle parole a coloro che hanno sano l’occhio interiore. Se infatti la morte è stata annientata e tutti hanno il potere di vincerla per mezzo di Cristo, tanto più egli stesso la vinse e l’annientò per primo nel proprio corpo. Avendo egli abolita la morte, che cosa rimaneva ancora se non che il corpo risorgesse, diventando come un vessillo contro di essa? Come si sarebbe potuto vedere che la morte era distrutta, se il corpo del Signore non fosse risorto?

 

   Se poi a qualcuno tutto ciò non bastasse a provare la risurrezione di lui, creda almeno per quelle cose che si possono scorgere con gli occhi.

   Chi è morto, infatti, non può più fare assolutamente nulla, e il suo ricordo resta vivo appena fino al sepolcro e poi svanisce; solo i vivente possono agire ed essi soli hanno influenza sugli uomini. Osservi dunque chi lo desidera, e giudicando da se stesso riconosca la verità da ciò che avrà visto: se il Salvatore compie tra gli uomini tante e così grandi  cose e dappertutto persuade ogni giorno silenziosamente greci e barbari ad abbracciare la sua fede e obbedire alla sua legge, vi sarà ancora chi dubiti della sua risurrezione e che il Cristo sia vivo, anzi sia la stessa vita?

 

V° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

SUL DOVERE DI AMARE DIO

 di San Bernardo di Clairvaux

nel dodicesimo secolo

 

 

         La ragione per cui bisogna amare Dio è Dio stesso. E ho detto la verità, perché egli è la causa efficiente e quella finale. Egli offre l’occasione, egli crea il sentimento, egli appaga il desiderio. Egli ha fatto in modo, o meglio si è fatto, perché lo si amasse; egli ci suscita la speranza di doverlo amare più felicemente, perché l’amore per lui non risulti vano. L’amore che egli ha per noi prepara e ricompensa il nostro. E’ fin troppo benevolo nel prevenirci, è fin troppo giusto nel farsi ripagare, è fin troppo dolce nel farsi attendere. E’ assai ricco di beni per tutti quelli che lo invocano, ma pure non ha da dare nulla di meglio che se stesso. Si è offerto per ottenere in ricompensa il nostro amore, si conserva per essere a sua volta la ricompensa per noi, si associa alle anime sante per nutrirle, si prodiga alle anime prigioniere del male per redimerle. Sei buono, o Signore, con l’anima che ti ricerca. Come sarai dunque con quella che ti avrà trovato? Ma in questo c’è da stupirsi che nessuno è capace di cercarti se non ti ha prima trovato. Vuoi insomma essere trovato per essere cercato, vuoi essere cercato per essere trovato. Puoi però essere cercato ed essere trovato, ma non puoi mai essere prevenuto. Perché anche se diciamo: “Di mattino la mia preghiera ti preverrà”, pure non c’è dubbio che riesce tiepida ogni preghiera che non sia stata preceduta da un’ispirazione. Ma ora è tempo di dire donde incominci il nostro amore, dato che è stato già detto dove si compie.

 

V° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mc 7, 1-13

 

Prayer : Seeking the Heart of God, con Fr.Roger

 

 « Il suo cuore è lontano da me »

Beata Teresa di Calcutta nel ventesimo secolo

 

 

         Lasciare  che l’amore di Dio prenda pieno e assoluto possesso di un cuore; così l’amore diventa per questo cuore come una seconda natura; che il cuore non lasci entrare dentro di sé nulla che gli sia contrario; che si applichi continuamente ad accrescere questo amore di Dio, cercando di essergli gradito in tutto e non rifiutandogli nulla; che accolga tutto ciò che gli succede come se venisse dalla mano di Dio.

 

         La conoscenza di Dio produce l’amore, e la conoscenza di sé produce l’umiltà. L’umiltà è null’altro che la verità. “Che cosa mai possediamo che non abbiamo ricevuto?” (1 Cor 4,7). Poiché ho ricevuto tutto, non possiedo nulla di mio. Se saremo convinti di questo non alzeremo mai la testa con superbia. Se sarete umili nulla vi toccherà, né la lode, né l’ignominia poiché saprete chi siete. Se vi biasimeranno, non vi scoraggerete. Se vi proclameranno santo, non vi metterete su un piedestallo. La conoscenza di noi stessi ci mette in ginocchio.

 

V° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mc 7, 1-13

Libro II, cap 5-6 

 « Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me »

 dall’ Imitazione di Cristo, trattato spirituale del 15o secolo

 

         Spesso non ci accorgiamo neppure di essere così ciechi interiormente: facciamo il male e, cosa ancora peggiore, ci andiamo scusando. Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo; rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi. Avvertiamo con prontezza, e pesiamo ben bene ciò che gli altri ci fanno soffrire, ma non ci accorgiamo di quanto gli altri soffrono per causa nostra. Chi riflettesse bene e a fondo su se stesso, non giudicherebbe severamente gli altri.

 

L'uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé; e, intento diligentemente a se stesso, è portato a tacere degli altri. Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso, giungerai a una vera e devota interiorità… L'anima che ama Dio disprezza tutto ciò che sia inferiore a Dio. Conforto dell'anima e vera letizia del cuore è soltanto Dio, l'eterno, l'incommensurabile, colui che riempie di sé l'universo.

 

 Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima, giacché « non c'è pace per gli empi », dice il Signore (Is 57,21)… Chi ha la coscienza pulita, si sentirà facilmente contento e tranquillo. Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a ciò che possano dire di te gli uomini. « L'uomo vede in superficie, Dio invece vede nel cuore » (1 Sam 16,7).

 

V° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mc 7, 14-23

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 § 108

 

Dal Libro di vita di Gerusalemme

 Al Capitolo Obbedienza

 

         La vera obbedienza è dunque innanzitutto una conversione. Per mezzo suo volta le spalle all’uomo vecchio e al mondo e volgiti verso le cose di lassù e verso la ricerca di Dio nel più profondo di te stesso. Così purificato e spogliato, ti renderai trasparente alla sua volontà.

 

         La vera obbedienza è al tempo stesso ascolto e azione. Suppone dunque in te una docilità attenta – porgi l’orecchio, vieni a Dio, ascolta e vivrai – e l’attuazione pratica di ciò che hai ascoltato. L’obbedienza è immediata e senza compromessi. I veri monaci abbandonano subito le cose loro e rinunziano alla propria volontà, liberandosi sull’istante di quanto avevano fra mano…L’obbedienza allora sarà gradito a Dio e soave agli uomini quando il comando sarà eseguito senza esitazione, senza indugio, senza tiepidezza, senza mormorazione, senza rispondere con il rifiuto. Medita queste parole del grande maestro dell’obbedienza. Vivendole, diventerà perfetto a immagine del Figlio

 

V° settimana Tempo Ordinario - VESPRI MERCOLEDI’

 

dagli scritti di sant'Ireneo

vescovo di Lione nel Secondo Secolo

 IL DONO DELLA SALVEZZA

 

 

Colui che ha una retta conoscenza del Creatore - che è Dio il quale a tutti dà l'esistenza - se rimane nel suo amore, sottomesso e riconoscente, riceverà da lui una gloria sempre maggiore, avanzando fino ad essere simile a colui che morì per noi.

 

Cristo, infatti, venne ad esistere "nella somiglianza della carne del peccato" (Rm 8, 3) per condannare il peccato e come tale espellerlo dalla carne, per stimolare così l'uomo assegnandogli il compito d'imitare Dio e riconducendolo all'obbedienza del Padre affinché veda Dio, facendogli la grazia di conoscere intimamente il Padre.

 

Egli è il Verbo di Dio che abitò in mezzo agli uomini divenendo figlio dell'uomo perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre, e Dio si familiarizzasse ad abitare con l'uomo, secondo il beneplacito del Padre. Per questo, segno della nostra salvezza è lo stesso Signore, Emmanuele nato dalla Vergine, perché era lui che doveva salvare coloro che da sé non avrebbero potuto salvarsi.

 

In questo senso Paolo afferma la debolezza dell'uomo: "So che nella mia carne non abita il bene" (Rm 7 18), significando che non da noi, ma da Dio viene il bene della nostra salvezza. E ancora: "Povero me, chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7, 24). Quindi addita il liberatore: "La grazia di Gesù Cristo Signore nostro" (Rm 8, 25).

 

IRENEO di Lione,

Contro le eresie, vol. I, Siena,

ed. Cantagalli, 1984, p. 320-321. Testo adattato.

 

V° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mc 7, 24-30

 

Omelia « Cristo sia annunziato »,

12-13; PG 51, 319-320

 

 

La preghiera umile e insistente

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Una donna Cananèa, si avvicinò a Gesù e si mise a supplicarlo a gran voce per sua figlia posseduta da uno spirito immondo… Che altro era questa donna, straniera, barbara, senza alcun legame con la comunità ebraica, se non una cagna indegna di ottenere ciò che domandava ? « Non è bene, dice Gesù, prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini ». Eppure la sua perseveranza le ha meritato di essere esaudita. Colei che era considerata non più di una cagna, è stata innalzata da Gesù alla dignità dei figli ; anzi egli l’ha colmata di elogi. Le disse, mentre la congedava : « Donna, davvero grande è la tua fede ! Ti sia fatto come desideri » (Mt 15, 28). Quando udiamo Cristo dire : « La tua fede è grande », non dobbiamo cercare altrove altre prove della grandezza di animo di questa donna. Vedi come lei ha cancellato la sua indegnità con la sua perseveranza. Inoltre, nota che otteniamo di più dal Signore con la nostra preghiera che con la preghiera degli altri.

 

V° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mc 7, 24-30

 

 

«Grande è la tua fede ; ti sia fatto come desideri»

 San Beda il Venerabile nell’ottavo secolo

 

 

         Il Vangelo ci mostra quanto sia grande la fede, la pazienza, la perseveranza e l’umiltà della Cananèa…Questa donna era dotata di una pazienza proprio non comune. Alla sua prima richiesta, il Signore non risponde nemmeno con una parola. Nonostante ciò, lungi dallo smettere un’istante di pregarlo, implora con un’insistenza accresciuta il soccorso della sua bontà… Vedendo l’ardore della nostra fede e la tenacia della nostra perseveranza, il Signore finirà per avere pietà di noi e ci darà ciò che desideriamo.

 

         La figlia della Cananèa era «tormentata da un demonio». Cacciata l’agitazione cattiva dei nostri pensieri e sciolti i nodi dei nostri peccati, ritroveremo la serenità dello spirito e la possibilità di agire correttamente… Se, come la Cananèa, persevereremo nella preghiera, con una fermezza incrollabile, la grazia del nostro Creatore ci sarà presente ; essa correggerà tutti i nostri errori, santificherà quanto è impuro, placherà ogni agitazione. Infatti il Signore è fedele e giusto. Egli ci perdonerà i nostri peccati e ci purificherà da ogni macchia, se grideremo verso di lui con la voce attenta del nostro cuore.

 

V° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mc 7, 31-37

 

Discorso « Sul Signore », 10-11

  

« Gli pose le dita sugli occhi »

 Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         La fortezza divina che non può essere toccata dall’uomo è discesa, si è avvolta di un corpo palpabile, affinché i poveri possano toccarla e, toccando l’umanità di Cristo, percepiscano la sua divinità. Attraverso le dita di carne il sordomuto ha sentito che gli si toccavano gli occhi e la lingua. Attraverso le dita palpabili, ha percepito la divinità intoccabile quando il nodo della sua lingua venne sciolto e le porte chiuse dei suoi occhi vennero aperte. Infatti l’architetto e l’artigiano del corpo è venuto fino a lui e, con una parola dolce, ha creato senza dolore, delle aperture nei suoi orecchi sordi ; allora, anche questa bocca chiusa, finora incapace di dare alla luce la parola, ha messo al mondo la lode di colui che ha fatto portare frutto alla sua sterilità.

 

         Allo stesso modo, il Signore fece del fango con la saliva e spalmò il fango sugli occhi del cieco nato (Gv 9,6) per farci capire che, come al sordo muto, qualcosa gli mancava. Un’imperfezione innata della nostra pasta umana è stata soppressa grazie al lievito che veniva dal suo corpo perfetto… Per colmare ciò che mancava a questi corpi umani, ha dato qualcosa della sua persona, proprio come dà se stesso in cibo [nell’eucaristia]. Con questo mezzo fa scomparire i difetti e risuscita i morti, perché possiamo riconoscere che, grazie al suo corpo in cui « abita tutta la pienezza della divinità » (Col 2,9), i difetti della nostra umanità sono corretti e che, mediante questo corpo in cui abita la vera vita, la vera vita viene data ai mortali.

 

V° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Omelia 1, Dom XI dopo Pent.1.9.11.12

in “L’Ora dell’Ascolto” p. 1778-9

 

Il Signore ha fatto bene ogni cosa

 di San Lorenzo da Brindisi nel diciassettesimo secolo

 

 

Come la divina legge mosaica narrando l’opera della creazione del mondo dice: “Dio vide quanto aveva creato ed ecco era cosa molto buona, così il Vangelo narrando l’opera della redenzione e della rigenerazione dice: “Ha fatto bene ogni cosa”. “Ogni albero buono produce frutti buoni; un albero buono non può produrre frutti cattivi”:

Come il fuoco non può emanare che calore ed è impossibile che emani freddo, come il sole irradia solo luce e non può emettere tenebre, così Dio non può fare che il bene, essendo bontà infinita, la luce stessa, sole di uno splendore immenso fuoco di un calore senza limiti: “Ha fatto bene ogni cosa”.

 

Oggi dobbiamo dire con semplicità assieme a questa folla santa: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”. Ma questa moltitudine di gente parlò certo per ispirazione dello Spirito Santo, come l’asina di Balaam.

Infatti è lo Spirito Santo che dice per bocca della folla: “Ha fatto bene ogni cosa”, cioè egli è il vero Dio, che fa bene ogni cosa, poiché fa udire i sordi e fa parlare i muti, cosa che solo la potenza divina può fare. Ma da un’opera si passa a tutte le altre: ha fatto un miracolo che solo Dio può fare, dunque è Dio che “ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e fa parlare i muti” cioè è dotato  di virtù e potenza divina.

E se Dio ha fatto tutte le sue opere bene e buone per noi, sapendo che il nostro animo si diletta delle cose buone, mi domando perché non procuriamo anche noi di compiere tutte buone azioni e bene, sapendo che Dio si compiace di tali opere?

 

Ma se domandaste: Che cosa dobbiamo fare per meritar di godere sempre i divini benefici? Risponderò con una sola parola: quel che fa la sposa e una buona moglie per il suo sposo: per questo, infatti, la Chiesa è detta sposa di Cristo e di Dio; e allora Dio si comporterà con noi come lo sposo buono verso la sposa, che ama  al di sopra di tutto. Per questo dice per bocca di Osea: “Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,  nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”:

 

Così, fratelli, saremo felici anche il questa vita, questo mondo sarà per noi il paradiso terrestre, ci nutriremo, come gli Ebrei, della manna del cielo nel deserto di questa vita se, seguendo l’esempio di Cristo ci sforzeremo di far bene ogni nostra azione, così che si possa dire, di ogni cosa fatta da noi: “Ha fatto bene ogni cosa”.

 

V° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Ut unum sint, 19

 

 

Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi

 di Papa Giovanni Paolo Secondo

 

 La dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina. Nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli, ricordavo come Cirillo e Metodio, per questo stesso motivo, si adoperassero a tradurre le nozioni della Bibbia e i concetti della teologia greca in un contesto di esperienze storiche e di pensiero molto diversi.

 

Essi volevano che l'unica parola di Dio fosse « resa così accessibile secondo le forme espressive, proprie di ciascuna civiltà ». Compresero di non poter dunque « imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l'indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti ». Essi mettevano così in atto quella « perfetta comunione nell'amore [che] preserva la Chiesa da qualsiasi forma di particolarismo o di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, come da ogni alterigia nazionalistica ».

 

Cirillo, in punto di morte, pregava così : « Signore Dio, fa’ crescere la tua Chiesa, e raduna tutti gli uomini nell’unità ; stabilisci i tuoi eletti nella concordia della vera fede e della retta confessione di fede : fa’ penetrare le tue parole nel loro cuore affinché si consacrino a ciò che è buono e ti è gradito. »

 

V° settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri Sabato

 

DELLE VIRTU’ CHE DANNO LODE A DIO

dagli scritti di San Francesco d’Assisi nel XIII secolo

 

 

           Dove c’è carità e pazienza, ivi non c’è timore né ignoranza.

 

         Dove c’è pazienza e umiltà, ivi non c’è né ira né turbamento.

 

         Dove c’è povertà e letizia, ivi non c’è cupidità né avarizia.

 

         Dove c’è quiete e meditazione, ivi non c’è inquietudine.

 

         Dove c’è il timore di Dio a custodire la porta, ivi il nemico non può trovare il modo di entrare.

 

         Dove c’è misericordia e discrezione, ivi non c’è né superficialità, né durezza.

 

         Beato il servo che si fa un tesoro in cielo dei  beni che il Signore gli confida, e non desidera di manifestarli agli uomini con la speranza di mercede, perché l’Altissimo stesso manifesterà l’opera di costui a chiunque gli piacerà. Beato il servo che custodisce i segreti del Signore in cuor suo.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

 

 AMA IL SIGNORE E CAMMINA PER LE SUE VIE

di San Giovanni il Mediocre

 

         “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?” (Sal 26, 1). Era un grande servo quello che sapeva come, da dove e da chi era illuminato. Egli vedeva la luce, non questa che volge al tramonto, ma la luce “che occhio non vede” (1Cor 2, 9). Le anime illuminate da questa luce non cadono nel peccato, non incorrono nei vizi. Infatti il Signore diceva: “Camminate mentre avete la luce” (Gv 12, 35).

 

         Di quale luce parlava, se non di se stesso, lui che disse “Io come la luce sono venuto nel mondo” (Giov 12, 46), perché chi vede non veda, e i ciechi ricevano la luce? E’ il Signore dunque la nostra luce, il sole di giustizia che illuminò la sua Chiesa diffusa in tutto il mondo, e che il profeta proclamava: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?”.

 

         L’uomo interiormente illuminato non zoppica, non si allontana dalla via, tollera tutto. Chi da lontano intravede la patria, è forte nelle avversità, non si rattrista per le difficoltà temporali, ma è stabilito in Dio: se il cuore è depresso sopporta ed è paziente per la sua umiltà. Questa “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9) si dona a coloro che lo temono, penetra chi vuole e dove vuole, si rivela a chi il Figlio voglia rivelarla (cfr. Mt 11, 27)

 

VI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica  

dall’Ora dell’Ascolto p. 1089-1090

 

 

Gesù toccò il lebbroso per sanarlo

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

  

         “Signore, se vuoi, puoi guarirmi (Mc 1, 40). È grande la prudenza e la fede di questo lebbroso che si avvicina a Cristo. Non interrompe il suo discorso, né si fa strada tra la folla degli ascoltatori, ma attende il momento opportuno: si accosta quando Cristo discende dal monte. E non lo supplica in modo qualunque, ma con molto fervore, prostrandosi ai suoi piedi, con fede sincera e con une giusta opinione di lui.

 

         Gesù non si accontentò di dire : “Lo voglio, guarisce!” ma contemporaneamente “stese la mano e lo toccò (Mc 1, 14); la qual cosa è degna di maggior riflessione. Come mai, infatti, mentre lo guarisce con la volontà e la parola, aggiunge il tocco della mano? Penso che l’abbia fatto unicamente per mostrare anche in questa circostanza che lui non è soggetto alla legge, ma al di sopra della legge; e anche come da quel momento niente più vi sarebbe stato di immondo per i puri.

 

         Il Signore infatti non era venuto solo per guarire i corpi, ma anche per condurre le anime all’amore della sapienza. Perciò come altrove dice che non è più proibito mangiare senza lavarsi le mani, e come istituisce quell’ottima legge che permette di cibarsi di qualunque cibo, così agisce in questo caso per insegnare che bisogna curare l’anima mantenendola pura, senza far caso delle esteriori purificazioni e temendo soltanto la lebbra spirituale che è il peccato.

 

         Gesù quindi per primo tocca il lebbroso, e nessuno lo rimprovera. Quel tribunale infatti non era corrotto, e la folla che ne rea spettatrice non era guastata dall’invidia. Perciò non solo non lo criticano, ma presi da stupore per il miracolo, si ritirano adorando la sua inestimabile potenza che si manifestava nelle parole e nelle opere.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - LODI  Martedì

6° Settimana Tempo Ordinario A

Mc 8, 14-21

Commonitorio, 23, PL 50, 667-668

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1073)

 

 

« Non intendete e non capite ancora ? »

San Vincenzo di Lerino nel quinto secolo

 

 

Forse che nella Chiesa di Cristo nessun progresso sarà possibile per la dottrina?... Certo che ci sarà, e grandissimo! Chi sarebbe tanto avversario agli uomini e ostile a Dio da impedirlo? A condizione però che si tratti di vero progresso nella fede, non di mutamento. Progresso significa che una cosa si accresce rimanendo se stessa; nel mutamento invece, una cosa si modifica trasformandosi in un’altra. Cresca dunque, e progredisca in ogni modo possibile, l’intelligenza, la scienza, la sapienza dei singoli e della collettività, di ogni individuo come di tutta la Chiesa, secondo il progredire dell’età e dei secoli: purché questo avvenga esattamente secondo la loro peculiare natura, cioè nello stesso dogma, nel medesimo senso, secondo una stessa interpretazione.

 

         La religione delle anime deve imitare lo sviluppo dei corpi, i cui elementi, benché col passare degli anni si evolvano e crescano, rimangono però sempre gli stessi. C’è tanto differenza infatti fra il fiore dell’infanzia e la maturità della vecchiaia, e tuttavia, quelli che ora sono vecchi sono gli stessi che furono adolescenti; per cui se mutano l’aspetto e le abitudini di un uomo, si tratta sempre però della stessa natura e della stessa persona. Le membra dei lattanti sono piccole, grandi quelle dei giovani, ma sono sempre quelle. Tante ne hanno i bambini, quanti gli adulti; e se qualcosa di nuovo appare in età più matura, già preesisteva nell’embrione...

 

         Le stesse leggi di crescita deve seguire il dogma della religione cristiana. Col passare degli anni si deve consolidare, deve svilupparsi nel tempo, divenire sempre più alto con l’età. I nostri padri, nel passato, seminarono nel campo della Chiesa il buon grano della fede: sarebbe davvero ingiusto e sconveniente che noi, loro discendenti, cogliessimo la zizzania del subdolo errore in luogo del frumento dell’antica verità (Mt 13,24). Al contrario è giusto e logico che la mietitura non differisca dalla semina e che quindi, quando il grano della dottrina è giunto a maturazione, noi possiamo mietere il frumento del dogma che se, col procedere del tempo, qualcosa si è sviluppato da quei semi originali, ciò sia motivo di gioia e di approfondimento.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

6° Settimana Tempo Ordinario A.

Mc 8, 14-21

Trattato sulla Trinità 1, 37-38

(in l’Ora dell’Ascolto p.2273)

 

 

 

« Non intendete e non capite ancora ? Avete il cuore indurito ? »

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te… Noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole dei tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità.

 

         Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa. La natura è presa da una strana pigrizia e non possiamo capire ciò che ti riguarda per la debolezza della nostra intelligenza.

 

         Ma lo studio dei tuoi insegnamenti ci mette in grado di intendere la tua divinità, e la sottomissione alla fede ci innalza al di sopra della conoscenza naturale. Attendiamo dunque che tu dia slancio agl’inizi di questa impresa, causa per noi di trepidazione, che la consolidi con crescente successo e ci chiami a partecipare dello spirito dei profeti e degli apostoli, perché possiamo capire le loro parole nello stesso senso con cui essi le hanno pronunziate e le interpretiamo nel loro significato. Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere ciò che crediamo.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

6° Settimana Tempo Ordinario A

 

La perenne giovinezza della Chiesa

 Papa Paolo VI

 

 

Noi ora lasciamo correre il nostro pensiero ad un effetto proprio della Pentecoste, di questa misteriosa e meravigliosa animazione soprannaturale, prodotta dall’infusione dello Spirito Santo nel corpo visibile, sociale, umano dei seguaci di Cristo; ed è questo: la perenne giovinezza della Chiesa… L’umanità che compone la Chiesa, subendo la sorte del tempo è sepolta nella morte temporale, ma con ciò non si sospende, non si interrompe la testimonianza della Chiesa nella storia per il passare dei secoli; lo ha profetato e promesso Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Lo aveva lasciato capire anche a Simone, quando gli impose un nome d’immortalità: «Tu sei Pietro, e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa, e le potenze degli inferi non potranno prevalere contro di essa» (Mt 16,18).

 

Si può subito obiettare, con tanta gente del giorno d’oggi: che la Chiesa sia permanente, può essere; dura da quasi venti secoli; ma proprio per questa sua durata, essa è antica, è vecchia… Ora la Chiesa sarà venerabile per la sua antichità … ma, essi dicono, non è viva di quel respiro odierno ch’è sempre nuovo; non è giovane. L’obiezione è forte, e meriterebbe un lungo trattato… per rispondervi. Ma poi l’equazione perennità-giovinezza può bastare da sé alle menti aperte alla verità. Perché è proprio così, e «questo è cosa meravigliosa ai nostri occhi» (Mt 21,42): la Chiesa è giovane.

 

E ciò che stupisce ancor più si è che i nervi della sua gioventù derivano dalla sua inalterabile persistenza nel tempo. Il tempo non fa invecchiare la Chiesa; la fa crescere, la provoca alla vita, alla pienezza… Muoiono, come tutti i mortali tutti coloro che umanamente compongono la Chiesa; ma essa, la Chiesa, non solo ha in se stessa un invincibile principio soprannaturale, ultrastorico, di immortalità, ma possiede altresì energie incalcolabili di rinnovamento.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

6° Settimana Tempo Ordinario

Mc 8, 22-26

 

 Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo

(Tratt. 34, 8-9; CCL 36, 315-316)

 

Cristo è via alla luce, alla verità, alla vita

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

       Il Signore in maniera concisa ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»  (Gv 8, 12), e con queste parole comanda una cosa e ne promette un'altra. Cerchiamo, dunque, di eseguire ciò che comanda, perché altrimenti saremmo impudenti e sfacciati nell'esigere quanto ha promesso, senza dire che, nel giudizio, ci sentiremmo rinfacciare: Hai fatto ciò che ti ho comandato, per poter ora chiedere ciò che ti ho promesso? Che cosa, dunque, hai comandato, o Signore nostro Dio? Ti risponderà: Che tu mi segua.

     Che cosa seguono quelli che sono stati liberati e rialzati, se non la luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre»? (Gv 8, 12). Sì, perché il Signore illumina i ciechi. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il collirio della fede.

      L'Apostolo dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1 Core 13, 12). E l'apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2). Questa è la grande promessa. Se lo ami, seguilo.

         Tu replichi: Sì, ho i piedi sani, ma non vedo la strada. Ebbene, sappi che egli ha illuminato perfino i ciechi.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Omelie sul Vangelo di San Matteo 54, 1-3

Mc 8, 27-33

 

 Ordinò loro severamente di non riferire a nessuno che era il Cristo di Dio

 di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Egli allora raccomanda ai discepoli di non riferire a nessuno che era il Cristo ». Perché quest’ordine ? Perché, scartato ogni motivo di scandalo, compiute la croce e la sua passione, respinto ogni ostacolo in grado di distogliere la folla dal credere in lui, possa imprimersi profondamente e per sempre nelle anime la conoscenza esatta di quello che era. La sua potenza non aveva ancora brillato in modo eclatante. Attendeva che, prima che lo predicassero, l’evidenza della verità e dell’autorità dei fatti potessero confermare la testimonianza degli Apostoli.

 

         Una cosa era vederlo ora moltiplicare i prodigi in Palestina, poi esposto alle persecuzioni e agli oltraggi – e la croce stava per seguire questi prodigi – ; tutt’altro era vederlo adorato, creduto da tutta la terra, al riparo dagli abusi che aveva subito un tempo. Per questo raccomanda loro di non dire niente a nessuno… Se gli Apostoli, che erano stati testimoni dei miracoli, che avevano partecipato a tanti misteri ineffabili, si scandalizzavano all’udire una sola parola, e con essi, Pietro stesso, il capo di tutti loro (Mt 16, 22), cosa avrebbero pensato i comuni mortali se, dopo aver sentito dire che Gesù era il Figlio di Dio, egli fosse stato riempito di sputi e inchiodato alla croce ; e tutto questo mentre non si conosceva ancora la ragione di quei misteri e prima della venuta dello Spirito Santo ?

 

VI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 Mc 8, 27-33

 

  

 E voi chi dite che io sia ?

di Paolo VI

 

         Devo proclamare il suo nome: Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Egli ci ha rivelato il Dio invisibile, egli è “generato prima di ogni creatura”, egli è il “primo di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15.17). Egli è il maestro dell’umanità, e il suo redentore; è nato, è morto, è risuscitato per noi.

 

         Egli è il centro della storia del mondo ; ci conosce e ci ama; egli è il compagno e l’amico della nostra vita, l’“uomo dei dolori” (Is 53,3) e della speranza; è lui che deve venire, e sarà infine il nostro giudice e anche, ne abbiamo la certezza, la nostra vita in pienezza e la nostra beatitudine.

 

         Non finirò mai di parlare di lui; egli è la luce, è la verità; anzi, è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Egli è il pane, la fonte di acqua viva che colma la nostra fame e la nostra sete. Egli è il nostro pastore, il nostro capo, il nostro modello, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, oppresso, sofferente.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì 16

Mc 8, 34 - 9, 1

Meditationen zur Karwoche, 1969

   

« Mi segua »

 Cardinale Joseph Ratzinger ora Papa Benedetto XVI

 

 

         I sacramenti della Chiesa sono, come pure la Chiesa stessa, i frutti del chicco di grano che muore (Gv 12,24). Per riceverli dobbiamo entrare nello stesso movimento da cui essi provengono. Questo movimento consiste nel perdere se stessi, altrimenti non ci si può trovare : « Chi vorrà salvare la propria vita la perderà ; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà ».

 

         Questa parola del Signore è la formula fondamentale di una vita cristiana. Credere, in definitiva, è dire di sì a questa santa avventura della « perdita di se stessi » ; nella sua quintessenza, la fede non è altro che il vero amore. Per cui la forma caratteristica della vita cristiana le viene dalla croce. L’apertura cristiana al mondo, tanto esaltata oggi, non può trovare il suo vero modello se non nel fianco aperto del Signore (Gv 19,34), espressione di quell’amore radicale, il solo capace di salvare.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mc 8, 34 - 9, 1

Discorsi ascetici, 1a  parte,    n° 4

 

  

« Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la salverà »

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

  

         La via di Dio è una croce quotidiana. Nessuno è salito al cielo comodamente; sappiamo dove porta la via dell’agio. Dio non lascia mai senza preoccupazione chi si consacra a lui con tutto il cuore; gli dà di stare in pensiero per la verità. Del resto, da questo si riconosce che Dio veglia su un tale uomo: lo conduce attraverso delle afflizioni.

 

         La provvidenza non lascia mai cadere fra le mani dei demoni coloro che passano la vita nelle prove. E soprattutto se abbracciano i piedi dei loro fratelli, se coprono le loro colpe (1 Pt 4,8) e le nascondono come se fossero le proprie colpe. Colui che vuole essere senza preoccupazione nel mondo, colui che nutre questo desiderio e allo stesso tempo cerca di camminare sulla via delle virtù, questi ha già abbandonato il cammino. Infatti i giusti non solo combattono con tutta la volontà per compiere opere buone, ma anche lottano loro malgrado nelle tentazioni; così è provata la loro pazienza.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mc 9, 2-13

Sul salmo 45, 2; CSEL 64, 6, 330-331

(In l' Ora dell'Ascolto p. 346)

 

 La testimonianza dei profeti porta alla testimonianza degli apostoli

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Fu lo stesso Gesù a volere che salisse sul monte il solo Mosè per ricevere la Legge e tuttavia non senza Giosuè (Es 24,12). Anche nel vangelo leggiamo che, fra i suoi discepoli, egli rivelò la gloria della sua risurrezione solo a Pietro, Giovanni e Giacomo. Così volle che il suo mistero rimanesse nascosto, e li ammoniva frequentemente di non parlare a chiunque di quel che avevano visto, affinché qualcuno più debole, non essendo in grado di penetrare la forza delle cose sacre per la sua indole incostante, non ne fosse scandalizzato. Del resto Pietro stesso non sapeva quel che diceva, credendo di dover preparare tre tende per il Signore e i suoi servi. Quindi non poté resistere al fulgore della gloria del Signore trasfigurato, ma cadde a terra. Caddero anche i “figli del tuono” (Mc 3,17) Giacomo e Giovanni, e una nube li avvolse.

 

         Entrarono nella nube per conoscere le cose nascoste e occulte, e udirono la voce di Dio che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo” (Mt 17,5). Che significa “questi è il Figlio mio prediletto”? Vuol dire: Non ingannati, Simone, col credere che si possa attribuire il titolo di Figlio di Dio ai suoi servi. Questi è il Figlio mio: non di Mosè, non di Elia, quantunque l’uno abbia aperto il mare e l’altro abbia chiuso il cielo. Nella parola del Signore, tutti e due vinsero gli elementi delle natura, ma essi furono solo strumenti: è invece questi che consolidò le acque, chiuse il cielo con la siccità, e quando volle lo sciolse con le piogge.

 

         Quando si richiede la testimonianza della risurrezione, è consentito il ministero dei servi, ma quando la gloria del Signore risorto si manifesta, allora rimane nascosto lo splendore dei servi. Infatti il sole che sorge copre la moltitudine delle stelle, e tutta la loro luce svanisce dinanzi al sole che illumina il mondo.

 

VI° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

Luce, splendore e grazia della Trinità

 Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

  

         L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno soli è lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» ( 1Cor 12, 46).

Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo.

        

         In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimore presso di lui» ( Gv 14, 23). Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore: e dove vi è lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.

Questa stessa cosa insegna Paolo (…) ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi » ( 2 Cor 13, 13).

 

         Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

commento al vangelo di Luca, IV, 7-12 ; PL 15,1614

  « Allora, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo »

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         Bisogna ricordarti come il primo Adamo è stato cacciato fuori dal paradiso nel deserto, perché la tua attenzione sia richiamata sul modo in cui il secondo Adamo torna dal deserto al paradiso. Vedi infatti come la prima condanna viene sciolta nello stesso modo in cui era stata legata, e come i benefici divini sono ristabiliti sulle tracce degli antichi. Adamo viene da una terra vergine, Cristo viene dalla Vergine ; quello è stato fatto a immagine di Dio, questo è l’Immagine di Dio (Col 1,15). Quello è stato posto sopra tutti gli animali senza ragione, questo al di sopra di ogni essere vivente. Mediante una donna è venuta la stoltezza, mediante una vergine, la sapienza ; la morte è venuta da un albero, la vita dalla croce. Uno, spogliato del vestito spirituale, si è tessuto una tunica con le foglie di un albero; l’altro, spogliato del vestito di questo mondo, non ha più voluto nessun vestito materiale (Gv 19,23).

 

         Adamo è stato cacciato nel deserto, Cristo viene nel deserto : infatti sapeva dove trovare il condannato che sarebbe stato ricondotto al paradiso, liberato dalla sua colpa… Senza guida, come avrebbe potuto ritrovare nel deserto la strada smarrita, colui che nel paradiso aveva perso per mancanza di una guida,  la strada che stava seguendo ?

 

         Là, le tentazioni sono numerose, lo sforzo verso la virtù difficile, e facili i passi falsi nell’errore… Seguiamo quindi Cristo secondo la Scrittura : « Seguirete il Signore vostro Dio, e gli resterete fedeli » (Dt 13,5)… Seguiamo dunque le sue orme, e potremo tornare dal deserto al paradiso.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

 

Il cristiano può vincere le tentazioni

di San Gregorio Nazianzeno nel IV secolo

 

  

            Se dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà assalito, e certo ti assalirà – infatti tentò anche il Verbo mio Dio nascosto nella carne, ossia la stessa luce velata dall’umanità – tu sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l’acqua, opponigli lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di quel maligno.

         Se ti farà presente la tua povertà – non dubitò infatti di farlo anche con Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le pietre – ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo e dà la vita al mondo. Se t’insidia con la vanagloria – come fece con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Gettati giù” per mostrare la tua divinità (Mt 4, 6) – non lasciarti trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l’aspetto della bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di combattere.

         Quel ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel “sta scritto” riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta scritto : “Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno con le mani” (Lc 4, 10.11). O sofista del vizio! Perché passi sotto silenzio quel che segue ? Lo comprendo esattamente, anche se tu l’hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni; protetto e fortificato, ben inteso, dalla Trinità.

         Se ti assalirà con l’avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della croce, digli: anch’io sono immagine di Dio; non sono stato ancora scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste ; sono rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità: sei tu che mi devi adorare. Credimi, vinto e svergognato da queste parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è allontanato dal Cristo, principio della luce.

         Il battesimo conferisce questi beneficio a chi ne riconosce la forza. Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna di lode.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - LODI - martedì

Omelie sull'umiltà, 5-6

 

 

L’abbassamento del Figlio dell’Uomo

 di San Basilio nel quarto secolo

 

                   « Chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12)… Imitiamo il Signore che scese dal cielo fino all’ultimo abbassamento, e di rimando, fu innalzato dall’ultimo posto all’altezza che gli si addiceva. Scopriamo tutto ciò che il Signore ci insegna per condurci all’umiltà.

 

         Da bimbo, eccolo già in una grotta, sdraiato non in una culla, ma in una mangiatoia. Nella casa di un artigiano e di una madre senza risorse, è sottomesso a sua madre e al suo sposo. Lasciandosi insegnare, ascoltando coloro di cui non aveva alcun bisogno, interrogava, in tal modo che, all’udire le sue interrogazioni, si meravigliavano della sua saggezza. Si sottomette a Giovanni, e il Maestro riceve il battesimo dal suo servo. Mai resistette a coloro che insorgevano contro di lui, e non diede prova della sua potenza invincibile per liberarsi dalle mani che lo incatenavano, ma si lasciò convincere, come se fosse impotente, e nella misura in cui lo giudicò opportuno, diede adito a un potere effimero. Comparve davanti al sommo sacerdote, in qualità di imputato ; condotto davanti al governatore, si sottomise al suo giudizio, e mentre era in grado di rispondere ai calunniatori, sopportò in silenzio le loro calunnie. Coperto di sputi dagli schiavi e da volgari valletti, fu infine consegnato alla morte, ad una morte infamante agli occhi degli uomini. Tale fu la sua vita di uomo dalla sua nascita fino alla sua fine. Ma dopo un tal abbassamento, fece risplendere la sua gloria… Imitiamolo per giungere, anche noi, alla gloria eterna.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

 

Il nostro vanto, la Croce di Cristo

 di San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo

 

        

« Quanto a me invece, disse san Paolo, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo » (Gal 6,14). Vedi, nota sant’Agostino, là dove il saggio secondo questo mondo ha creduto di trovare la vergogna, l’apostolo Paolo scopre un tesoro ; ciò che questi riteneva una stoltezza, per lui è divenuto sapienza (1 Cor 1,17s) e vanto.

 

         Ognuno infatti si gloria di ciò che lo rende grande ai propri occhi. Se si crede un grande uomo perché è ricco, si gloria dei propri beni. Chi non vede in sé altra grandezza se non in Gesù Cristo, si gloria in Gesù solo ; così faceva l’apostolo Paolo : « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » diceva (Gal 2,20). Per questo non si gloria se non in Gesù Cristo, e innanzi tutto nella croce di Cristo. Perché in essa sono riuniti tutti i motivi di gloria.

 

         Ci sono delle persone che si gloriano dell’amicizia dei grandi e dei potenti ; Paolo non ha bisogno di nulla se non della croce di Cristo, per scoprirvi il segno più evidente dell’amicizia di Dio. « Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi » (Rm 5,8). Proprio nulla manifesta maggiormente l’amore di Dio per noi, che la morte di Cristo. « O testimonianza inestimabile dell’amore ! esclama san Gregorio. Per riscattare lo schiavo, hai consegnato il Figlio. »

 

VII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì  

 

 

Dal Libro di Vita di Gerusalemme

al Capitolo MONACI E MONACHE

§59

 

VII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Capita theologica, 1, 8-13 : PG 90, 1182-1186.

 

 

 La fede nel Verbo di Dio ci rivela il suo mistero

 San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

         Il Verbo di Dio è nato una volta per tutte secondo la carne. A motivo però del suo amore per gli uomini, desidera nascere senza sosta secondo lo spirito per coloro che lo desiderano ; si fa bambino e si forma in loro insieme con le virtù ; si manifesta nella misura in cui sa quanto colui che lo riceve ne è capace. In questo modo, non è per gelosia che attenua lo splendore della sua grandezza, bensì perché valuta e misura la capacità di coloro che desiderano vederlo. Perciò, il Verbo di Dio si rivela sempre a noi nel modo che ci si confà e tuttavia rimane invisibile a tutti, a causa dell’immensità del suo mistero.

 

          Questo è il motivo per cui, l’Apostolo per eccellenza, considerando la forza di questo mistero, dice con saggezza : « Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre » (Eb 13, 8) ; contemplava questo mistero sempre nuovo che l’intelligenza non avrà mai finito di scrutare… Solo la fede può afferrare questo mistero, essa che è al fondo di tutto ciò che oltrepassa l’intelligenza e sfida l’espressione.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

Mc 9, 41-50

  

« Abbiate sale in voi stessi »

 San Tommaso d'Aquino nel tredicesimo secolo
 

Concedimi, o Dio misericordioso,

di desiderare con ardore ciò che approvi,

di ricercarlo con prudenza,

di riconoscerlo in verità,

di comprenderlo perfettamente,

a lode e gloria del tuo nome.

 

Metti ordine nella mia vita, o Dio mio,

e dammi di conoscere ciò che vuoi che io faccia,

concedimi di compierlo come conviene

e come è utile alla mia anima.

 

Dammi, Signore mio Dio,

di non smarrirmi in mezzo alla prosperità

e all’avversità ;

non lasciare che l’avversità mi deprima,

né che la prosperità mi esalti.

 

Che nulla mi rallegri, né mi rattristi

se non ciò che conduce a te,

o mi distoglie da te.

Che io non desideri di piacere

o tema di dispiacere ad alcuno,

se non a te.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Giovedì

           

Omelie sulla lettera ai Romani, 8 ; PG 60, 464-466

 

« Io sono in mezzo a loro»

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

Se vi dico di imitare l’apostolo Paolo, non è per dirvi : Risuscitate i morti, guarite i lebbrosi. Fate ancora meglio : abbiate la carità. Abbiate l’amore che animava san Paolo. Questa virtù infatti è molto superiore al potere di compiere dei miracoli. Dove c’è la carità, Dio il Figlio regna con suo Padre, e lo Spirito Santo. L’ha detto lui : « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro ». Amare trovarsi insieme, questo è il carattere di un’amicizia tanto forte quanto reale.

 

         Ci sono forse persone così miserabili, direte, da non desiderare che Cristo sia in mezzo a loro ? Si, noi stessi, figlioli miei ; lo cacciamo di mezzo di noi quando siamo in lotta gli uni contro gli altri. Mi direte : Cosa dici ? Non vedi forse che siamo radunati nel suo nome, tutti fra gli stessi muri, nel recinto della stessa Chiesa, attenti alla voce del nostro pastore ? Senza nessun dissenso, nell’unità dei canti e delle voci, ascoltando insieme il nostro pastore. Dov’è la discordia ?

 

         So che siamo nello stesso ovile e dietro lo stesso pastore. Piango tanto più amaramente… Perché se siete calmi e tranquilli in questo momento, all’uscire della Chiesa, questo critica quello ; uno ingiuria pubblicamente l’altro, taluno è divorato dall’invidia, la gelosia o l’avarizia ; tale altro medita vendetta, talaltro la sensualità, la duplicità o la frode… Rispettate pure, rispettate questa tavola santa alla quale comunichiamo tutti ; rispettate Cristo immolato per noi ; rispettate il sacrificio offerto su questo altare in mezzo a noi.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

Discorsi,  99

 

« Questo mistero è grande » (Ef 5, 32)

 San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

         « Nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna » dice l’apostolo Paolo (1 Cor 11, 11). Attraverso il Vangelo l’uomo e la donna si incamminano insieme verso il Regno. Cristo chiama insieme, senza separarli, l’uomo e la donna, che Dio unisce e la natura raduna donando loro, grazie a una conformità mirabile, di condividere gli stessi gesti e le stesse funzioni. Con il vincolo del matrimonio, Dio fa di due esseri una cosa sola, e di uno fa due, cosicché nell’altro si scopra un’alter ego, senza perdere la propria personalità, né confondersi nella coppia.

 

         Perché allora, nelle immagini che Dio ci dà del suo regno, egli fa intervenire l’uomo e la donna in questo modo ? Perché egli suggerisce tanta grandezza con esempi che possono sembrare deboli e sproporzionati ? Fratelli, un mistero prezioso si nasconde sotto questa povertà. Secondo la parola dell’apostolo Paolo : « Questo mistero è grande ; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa ! » (Ef 5, 32).

 

Questo evoca il progetto più grande dell’umanità : l’uomo e la donna hanno messo fine al processo del mondo, un processo che durava da secoli. Adamo, il primo uomo, e Eva, la prima donna, sono condotti dall’albero della conoscenza del bene e del male al fuoco del fermento della Buona Novella. L’albero della tentazione aveva chiuso questi occhi alla verità, aprendoli all’illusione del male ; la luce della Buona Novella li apre, chiudendoli. Il frutto dell’albero avvelenato aveva ammalato queste bocche ; il sapore caloroso dell’albero della Salvezza li guarirà, quest’albero dal sapore di fuoco che infiamma i cuori.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

 

« Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele »

 Beato Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

 

         Cristo è venuto a cercare l’unica pecora che si era persa (Mt 18, 12). È per lei che il Buon Pastore è stato mandato nel tempo, lui, che da sempre è stato promesso ; per lei è nato ed è stato inviato. È unica, proveniente sia dei giudei che dalle nazioni, proveniente da tutte le nazioni, unica nel mistero, molteplice nelle persone, molteplice nel corpo, secondo la natura, unica nello Spirito secondo la grazia, insomma, una sola pecora, e una folla senza numero. Questo è il motivo per cui, Colui che è venuto a cercare l’unica pecora, è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele » (Mt 15, 24). Ora ciò che il pastore riconosce come suo « nessuno lo rapirà dalla sua mano » (Gv 10, 28). Poiché non si può costringere la potenza, ingannare la saggezza, distruggere la carità.

 

Perciò egli parla con franchezza, dicendo : « Di coloro che mi hai dato, nessuno è andato perduto » (Gv 17, 12). Ed è stato mandato come verità per coloro che erano stati ingannati, come vita per coloro che erano morti, come saggezza per coloro che erano insensati, come rimedio per i malati, come riscatto per i prigionieri e come cibo per quelli che morivano di fame. In tutti loro, si può dire che è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele », affinché, non fossero perdute per sempre.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Sull’unità della Chiesa cattolica

 

 

Beati gli operatori di pace

San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         Lo spirito Santo ci dà questo avvertimento : « Cerca la pace e perseguila » (Sal 34, 15). Il figlio di pace deve cercare e perseguire la pace. Chi conosce e ama il vincolo della carità deve preservare la sua lingua dal peccato della discordia. Fra le sue prescrizioni divine e i suoi comandamenti di salvezza, il Signore, la vigilia della sua Passione, ha aggiunto questo : « Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. » (Gv 14, 27) Tale è l’eredità che ci ha lasciata : la promessa di tutti i doni, di tutte le ricompense che vediamo in prospettiva, è stata legata alla custodia della pace. Se siamo eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo. Se siamo figli di Dio, dobbiamo essere pacifici : « Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio. » (Mt 5, 9) Bisogna che i figli di Dio siano pacifici, miti di cuore, semplici nelle parole, in perfetto accordo di sentimenti, uniti fedelmente con il vincolo di un pensiero unanime.

 

         Questa concordia esisteva un tempo, sotto l’autorità degli Apostoli. In questo modo, il nuovo popolo dei credenti, fedele alle prescrizioni del Signore, mantenne la carità. Da lì sorge l’efficacia delle loro preghiere : potevano essere sicuri di ottenere tutto ciò che domandavano alla misericordia di Dio.

 

VII° settimana Tempo Ordinario - SABATO Primi Vespri

 

« Dacci sempre questo pane »

 Beato Jan Ruysbroeck nel quattordicesimo secolo

 

 

         Ecco il primo segno dell’amore : Gesù ci ha dato da mangiare la sua carne, e da bere il suo sangue. Ecco una cosa inaudita, che richiede da noi ammirazione e stupore. È la caratteristica dell’amore di dare sempre e di ricevere sempre. Ora, l’amore di Gesù è nello stesso tempo prodigo e avido. Tutto ciò che egli ha, tutto ciò che egli è, lo dà ; tutto ciò che noi abbiamo, tutto ciò che noi siamo, egli lo prende.

 

         Ha una fame immensa… Quanto più il nostro amore lo lascia agire, tanto più lo gustiamo con ampiezza. Ha una fame immensa, insaziabile. Sa bene che siamo poveri, ma non ne tiene in alcun conto. In noi, lui stesso si fa pane, facendo scomparire dapprima, nel suo amore, vizi, colpe e peccati. Poi, quando vede che siamo puri, viene, avido, per prendere la nostra vita e cambiarla come la sua, la nostra piena di peccati, la sua piena di grazia e di gloria, tutta pronta per noi, se soltanto rinunciamo… Quanti amano mi capiranno. Ci ha fatto il dono di una fame e di una sete eterne.

 

         A questa fame e a questa sete, dà in cibo il suo corpo e il suo sangue. Quando li riceviamo con abnegazione interiore, il suo sangue, pieno di calore e di gloria, scorre da Dio nelle nostre vene. Il fuoco si accende dentro di noi e il gusto spirituale ci penetra l’anima e il corpo, il gusto e il desiderio. Ci dà di assomigliare alle sue virtù ; vive in noi e noi viviamo in lui.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Discorso 179, 8-9 ; PL 38, 970-971

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

Ascoltare e mettere in pratica

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Non ingannate voi stessi, fratelli miei, che pure siete venuti con desiderio ad ascoltare la parola ; se non mettete in pratica ciò che avete ascoltato, smentite voi stessi. Considerate che, se è attraente l'ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in pratica, metti mano ad una rovina… Ascoltare e mettere in pratica equivale ad edificare sulla roccia. L'ascolto stesso è appunto un edificare.

 

« Chi invece – dice il Signore - ascolta queste mie parole e non le mette in pratica lo rassomiglierò ad un uomo stolto che edifica ». Anche costui edifica. Che cosa edifica? Questo: Edifica la propria casa; ma per il fatto che non mette in pratica ciò che ascolta, pur ascoltando edifica sulla sabbia. 

 

« Quale necessità ho di ascoltare ciò che non intendo fare ? dice allora qualcuno. Ascoltando infatti e non mettendo in pratica, io metterò mano ad una rovina. Non è più sicuro non ascoltare affatto ? » In realtà, nella similitudine da lui proposta, il Signore non volle toccare questo caso, ma lo diede ad intendere. Infatti, in questa vita non hanno tregua la pioggia, i venti, i fiumi. Non edifichi sulla roccia, per non farti precipitare, se vi si abbattono ? Non edifichi sulla sabbia nell'intento che, venendo, non mandino in rovina la casa ? In conseguenza, resterai così, senza il riparo di alcun tetto se nulla ascolti…

 

Considera dunque quale parte vai a scegliere. Non ascoltando, non sarai sicuro, come credi; privo di ogni riparo è di necessità che tu sia sepolto, asportato, sommerso.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica Discorsi 1, 4-8 ;

 

« Svégliati, o tu che dormi » (Ef 5,14)

 Filosseno di Mabbug nel quinto secolo

 

 

         « Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia ». Occorre dunque, secondo le parole del nostro Maestro, che ci applichiamo non soltanto ad ascoltare la parola di Dio, ma anche a conformarvi la nostra vita… L’ascolto della legge è cosa buona, perché ci spinge alle opere virtuose. A ragione, leggiamo e meditiamo le Scritture, perché così purifichiamo il fondo del nostro animo dai pensieri cattivi.

 

         Tuttavia, leggere e meditare assiduamente la parola di Dio senza metterla in pratica, è una colpa che lo Spirito di Dio ha condannata in anticipo… Anzi ha vietato a colui che si trova in tali disposizioni di tenere in mano il libro santo. All’empio dice Dio : « Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te li getti alle spalle ? » (Sal 49, 16-17)… Chi legge assiduamente le Scritture senza metterle in pratica trova la sua accusa nella sua stessa lettura ; merita una condanna tanto più grande in quanto disprezza e trascura ogni giorno ciò che ascolta ogni giorno. È come un morto, un cadavere senz’anima. Migliaia di trombe e di corni possono suonare agli orecchi di un morto, non li sentirà. Così, l’anima che è morta a causa del peccato, il cuore che ha perso il ricordo di Dio, non sente il suono né le grida delle parole divine, e la tromba della morte spirituale non lo impressiona; tale anima è immersa nel sonno della morte…

 

         Occorre dunque che il discepolo di Dio porti, radicato nel suo animo, il ricordo del suo Maestro, Gesù Cristo, e che pensi a lui giorno e notte.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mc 10, 28-31

Lettera Enciclica Rerum novarum, 21

 

  

« Già al presente cento volte tanto… e nel futuro la vita eterna »

 Papa Leone Tredicesimo

 

 

Queste verità [della dottrina sociale della Chiesa] sono molto efficaci ad abbassar l'orgoglio dei fortunati e togliere all'avvilimento i miseri, ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri. Così le distanze, tanto care all'orgoglio, si accorciano; né riesce difficile ottenere che le due classi, stringendosi la mano, scendano ad amichevole accordo. Ma esse, obbedendo alla legge evangelica, non saranno paghe di una semplice amicizia, ma vorranno darsi l'amplesso dell'amore fraterno. Poiché conosceranno e sentiranno che tutti gli uomini hanno origine da Dio, Padre comune; che tutti tendono a Dio, fine supremo, che solo può rendere perfettamente felici gli uomini e gli angeli; che tutti sono stati ugualmente redenti da Gesù Cristo e chiamati alla dignità della figliolanza divina, in modo che non solo tra loro, ma con Cristo Signore, « primogenito fra molti fratelli » (Rm 8,29), sono congiunti col vincolo di una santa fraternità. Conosceranno e sentiranno che i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano e che nessuno, senza proprio merito, verrà diseredato dal retaggio dei beni celesti: perché « se tutti figli, dunque tutti eredi; eredi di Dio, e coeredi di Gesù Cristo » (Rm 8,17).

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì 27 maggio 2008               

Mc 10, 28-31

 

 

PPS, vol. 8, n° 2

« Divine Calls »

 

 

« Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito »

 Cardinal John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

 

         Non veniamo chiamati una sola volta, ma tante volte ; per tutta la nostra vita, Cristo ci chiama. Ci ha chiamati dapprima nel battesimo, ma anche dopo ; sia che obbediamo alla sua voce sia che non obbediamo , ci chiama ancora nella sua misericordia. Se veniamo meno alle promesse battesimali, ci chiama al pentimento. Se ci sforziamo di rispondere alla nostra vocazione, ci chiama sempre più avanti, di grazia in grazia, di santità in santità finché ci sarà lasciata la vita per questo.

 

         Abramo è stato chiamato a lasciare la sua casa e il suo paese (Gen 12,1), Pietro le sue reti (Mt 4,18), Matteo il suo lavoro (Mt 9,9), Eliseo la sua fattoria (1 Re 19,19), Natanaèle il suo luogo in disparte (Gv 1,47). Senza sosta tutti siamo chiamati, da una cosa ad un’altra, sempre più avanti, senza avere nessun luogo per riposarci, ma salendo verso il nostro riposo eterno, e obbedendo ad una chiamata interiore nell’unico scopo di essere pronti a sentirne un’altra.

 

         Cristo ci chiama senza sosta, per giustificarci senza sosta ; senza sosta e sempre di più, egli vuole santificarci e glorificarci. Occorre che lo capiamo, ma siamo lenti ad accorgerci di questa grande verità, che cioè Cristo cammina, in un certo senso, in mezzo a noi, e con la mano, gli occhi, la voce, ci fa cenno di seguirlo. Non comprendiamo che la sua chiamata ha luogo proprio in questo momento. Pensiamo che ha avuto luogo al tempo degli apostoli ; ma non ci crediamo, non l’aspettiamo veramente per noi stessi.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mc 10, 32-45

 

(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)

Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria

di sant'Anastasio di Antiochia nel sesto secolo

  

 

         Cristo, dopo aver mostrato con l'insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il Signore dell'universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo verrà dato in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.

         Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.

         Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò.…

         La salvezza era l'evento che doveva maturare attraverso la passione dell'autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mc 10, 32-45

Opere, t.14

 

 

« Dare la propria vita in riscatto per molti »

 Sant Alfonso-Maria de Liguori nel diciottesimo secolo

  

         Un Dio che serve, che spazza la casa, che si dedica a lavori penosi – quanto uno solo di questi pensieri dovrebbe colmarci di amore! Quando il Salvatore ha cominciato a predicare il suo Vangelo, si è fatto “il servo di tutti”, dichiarando lui stesso che “non era venuto per essere servito, ma per servire”. È come se avesse detto che voleva essere il servitore di tutti gli uomini. E, al termine della sua vita, non si è contentato, dice san Bernardo, “di aver preso la condizione di servo per mettersi al servizio degli uomini; ha voluto prendere la forma del servo indegno, per lasciarsi colpire, e subire la pena che era dovuta a noi, a causa dei nostri peccati”.

 

         Ecco che il Signore, obbediente servo di tutti, si sottomette alla sentenza di Pilato, per quanto ingiusta sia, e si consegna ai suoi carnefici... Così, Dio ci ha tanto amato, da voler obbedire come schiavo, per amore nostro, fino a morire e a morire di una morte dolorosa e infame, il supplizio della croce (Fil 2,8).

 

         Ora, in tutto questo, obbediva non in quanto Dio, ma in quanto uomo, che aveva assunto la condizione di schiavo. Un certo santo si è consegnato come schiavo per riscattare un povero, e si è attirato l’ammirazione del mondo per questo atto eroico di carità. Ma cos’è questa carità in confronto a quella del Redentore? Essendo Dio e volendo riscattarci dalla schiavitù del diavolo e della morte che avevamo meritata, si fa lui stesso schiavo, si lascia legare e inchiodare sulla croce. “Perché il servo diventasse maestro, dice san Agostino, Dio ha voluto farsi servo”.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo: Monaci e Monache

Paragrafo 60 e 61

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mc 10, 46-52

 

Liturgia delle ore

L’Ora dell’Ascolto

 

Accogliamo la luce e diventiamo discepoli del Signore

 Clemente Alessandrino  nel terzo secolo

 

    «I comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi » ( Sal 18, 9). Ricevi Cristo, ricevi la vista, ricevi la luce per conoscere a un tempo Dio e l’uomo. È più desiderabile il Verbo dal quale siamo illuminati «dell’oro, di molto oro fino; più dolce del miele e di un favo stillante» (Sal 18, 11). E come potrebbe non essere desiderabile, dal momento che ha portato verso la luce la mente avvolta dalle tenebre e ha reso più luminosi e più acuti gli occhi dell’anima?

    Se non ci fosse il sole, la notte sarebbe diffusa dovunque nonostante tutte le stelle; così, se non avessimo conosciuto il Verbo e non fossimo stati da lui illuminati, saremmo come galline nutrite al buio per poi subire la morte.

    Apriamoci dunque alla luce per possedere Dio. Accogliamo la luce per diventare discepoli del Signore. Egli infatti la ha promesso al Padre: «Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea» (Sal 21,3). Esaltalo, e poi parlami di Dio tuo Padre: le tue parole apportano salvezza. Il tuo cantico mi insegnerà che nel cercare Dio, finora sono andando errando.

    Quando invece sei tu, o Signore, a condurmi alla luce e per tuo mezzo trovo Dio e da te accolgo il padre divento tuo coerede, perché non ti sei vergognato di chiamarmi fratello (cfr. Eb 2,11).

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - venerdì - lodi

Discorsi, 46

 

La mia casa sarà chiamata casa di preghiera

 Giovanni Taulero nel quattordicesimo secolo

 

         Il nostro Signore entrò nel Tempio e, con l’aiuto di una sferza, scacciò fuori dal Tempio tutti coloro che compravano e vendevano e disse : « La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri ». Quale tempio è questo, divenuto una spelonca di ladri ? È l’anima e il corpo dell’uomo, i quali sono ben più realmente il tempio di Dio, di tutti i templi mai edificati (1 Cor 3,17 ; 6,19).

 

         Quando il Nostro Signore vuole entrare in questo tempio, lo trova mutato in una spelonca di ladri e in un luogo di mercato. Chi sono questi mercanti ? Sono coloro che danno quello che hanno – il libero arbitrio – per ciò che non hanno – le cose di questo mondo. Quanto il mondo intero è pieno di tali mercanti ! Ce ne sono fra i sacerdoti e i laici, fra i religiosi, i monaci e le monache. Che vasto argomento di ricerca per chi volesse studiare come tanta gente sia così piena della propria volontà !… Dappertutto non vi si trova altro se non natura e volontà propria ; tanti sono coloro che cercano in ogni cosa il proprio interesse. Se volessero, invece, concludere con Dio un contratto, donandogli la loro volontà, che felice affare farebbero !

 

         Occorre che l’uomo voglia, segua, cerchi Dio in tutto quello che fa ; e quando avrà fatto tutto questo – bere, dormire, mangiare, parlare, ascoltare – lasci allora interamente le immagini delle cose, cosicché il suo tempio rimanga vuoto. Una volta che il tempio sarà vuotato, una volta che ne avrai scacciato questa frotta di ladri, cioè le immagini che lo ingombrano, potrai essere una casa di Dio (Ef 2,19), ma non prima, qualunque altra cosa tu faccia. Avrai allora la pace e la gioia del cuore, e nulla potrà più turbarti, nulla di ciò che ora ti preoccupa senza sosta, ti deprime e ti fa soffrire.

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - VENERDI - vespri

Discorsi per la Quaresima, 5, 5

 

 

Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà

 San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         Ogni volta mentre parlo a proposito della preghiera, mi sembra di sentire nel vostro cuore certi pensieri umani che ho sentito tante volte, anche nel mio cuore. Anche se non cessiamo mai di pregare, come accade che così raramente ci sembra di sperimentare il frutto della preghiera? Abbiamo l’impressione di uscire dalla preghiera così come ne siamo entrati; nessuno ci risponde una parola, nessuno ci dà niente, abbiamo l’impressione di avere faticato invano. Cosa dice però il Signore nel Vangelo? “Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio” (Gv 7,24). Cos’è un giusto giudizio se non un giudizio di fede? Infatti “ il giusto vivrà in virtù della fede” (Gal 3,11). Segui dunque il giudizio della fede piuttosto che la tua esperienza, perché la fede non inganna, mentre l’esperienza può indurti in errore.

 

         E quale è la verità della fede, se non ciò che il Figlio stesso promette: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24). Quindi nessuno fra di voi, fratelli, ritenga poca cosa la sua preghiera! Affermo infatti che colui al quale viene rivolta non la ritiene poca cosa; prima che essa fosse uscita dalla nostra bocca, egli l’ha iscritta nel suo libro. Senza il minimo dubbio, possiamo essere sicuri che Dio ci accorderà ciò che gli chiediamo, oppure ci darà qualche cosa che egli sà esserci più vantaggioso. Infatti “non sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,28) ma Dio ha compassione della nostra ignoranza e accoglie la nostra preghiera con bontà... Allora “cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore” (Sal 36,4).

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - sabato - LODI

De Trinitate, VII, 26-27

 

 

Con quale autorità fai queste cose?

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

         Dipende dal Padre, il fatto che il Figlio gli assomigli. Viene da lui, quel Figlio che gli si può paragonare, perché è simile a lui. È pari a lui, il Figlio che compie le stesse opere di lui (Gv 5,36)… Sì, il Figlio compie le opere del Padre ; perciò ci chiede di credere che egli è il Figlio di Dio. Non si arroga in questo un titolo che non gli sarebbe dovuto ; non fonda la sua rivendicazione sulle sue opere. No, rende testimonianza che queste non sono le sue opere, bensì quelle del Padre suo. E attesta così che lo splendore delle sue azioni è dovuto alla sua divina nascita. Ma come gli uomini avrebbero potuto riconoscere in lui il Figlio di Dio, nel mistero di questo corpo che aveva assunto, in questo uomo nato da Maria ? Il Signore compieva dunque tutte queste opere allo scopo di fare penetrare nel loro cuore la fede in lui : « Se compio le opere del Padre mio, anche se non volete credere in me, credete almeno alle opere ! » (Gv 10,38).

         Se l’umile condizione del suo corpo sembra costituire un ostacolo per credere alla sua parola, ci chiede di credere almeno alle sue opere. Perché, infatti, il mistero della sua nascita umana ci impedirebbe di percepire la sua nascita divina ? … « Se non volete credere a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre »…

         Tale è la natura che egli possiede fin dalla sua nascita ; tale è il mistero di una fede che ci garantirà la salvezza : occorre non dividere coloro che sono una cosa sola, non privare il Figlio dalla sua natura e proclamare la verità del Dio Vivo nato dal Dio Vivo… « Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me, così io vivo per il Padre » (Gv 6,57). « Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso » (Gv 5,26).

 

VIII° settimana Tempo Ordinario - sabato - PRIMI VESPRI

La Vita in Cristo, 2; PG 150, 532-533

 

Battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

 Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

  

 

          Benché la Santa Trinità  abbia dato la salvezza al genere umano per un solo ed unico amore degli uomini, la fede ci dice che ciascuna persona divina vi dà il proprio contributo. Il Padre si riconciliò con noi. Il Figlio operò la riconciliazione, e lo Spirito Santo fu il dono concesso a quelli che erano diventati gli amici di Dio. Il Padre ci ha liberati, il Figlio fu il riscatto per la nostra liberazione ; quanto allo Spirito, egli è la libertà in persona (cf 2 Cor 3, 17). Se il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha ri-creati, ed « è lo Spirito che dà la vita » (Gv 6, 63). Infatti nella creazione iniziale, la Trinità era iscritta come in filigrana. Il Padre era il modellatore, il Figlio era la sua mano, lo Spirito Paraclito il soffio di chi ispirava la vita. Tuttavia è soltanto nella nuova creazione che ci sono state rivelate queste distinzioni che esistono in Dio.

         Nel piano della salvezza secondo il quale essa ha restaurato il nostro genere umano, rinnovandolo, è proprio la Trinità tutta intera che ha voluto la mia salvezza e che ha previsto come essa si sarebbe realizzata. Però non l’ha realizzata la Trinità tutta intera. Il suo artefice è solo il Verbo, solo il Figlio unico. E’ da lui che la natura ha ricevuto una vita nuova, che il battesimo fu istituito come nascita nuova e creazione nuova. Ecco perché quando uno battezza, conviene invocare Dio, distinguendo le persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo che solo questa nuova creazione viene a rivelarci.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

L’opera della salvezza

 Dalla Costituzione “Sacrosanctum Concilium” del Concilio Vaticano II

 

 

Dio” vuole che tutti gli uomini vengano salvati e arrivino alla conoscenza della verità “(1 Tm 2,4), perciò, egli “che aveva parlato nei tempi antichi, molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti”(Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti “medico nella carne e nello spirito (S. Ignazio), Mediatore tra Dio e gli uomini. Infatti la sua umanità, nell’unità della persona del Verbo, fu lo strumento della nostra salvezza. Per cui in Cristo avvenne il perfetto riscatto della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino.

         Quest’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine, operate nel popolo del Vecchio Testamento, fu compiuta da Cristo Signore specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua Beata Passione, Risurrezione da morte e gloriosa Ascensione, mistero per il quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha ridato a noi la vita. Infatti dal costato di Cristo morente sulla Croce è nato il mirabile sacramento di tutta la Chiesa.

         Pertanto, come Cristo fu inviato dal Padre, così anch’egli ha inviato gli Apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perché, predicando il Vangelo a tutti gli uomini, annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e la sua risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte, e ci ha trasferiti nel Regno del Padre, ma anche perché per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali s’impermea tutta la vita liturgica, attuassero l’opera della salvezza che annunziavano. Così, mediante il Battesimo gli uomini vengono iscritti nel mistero pasquale di Cristo, con lui morti, sepolti e risuscitati; ricevono lo Spirito di figli adottivi “per mezzo del quale gridiamo: Abbà Padre!” (Rm 8,15) e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

 

« Seguimi »

Sant’Ambrogio  nel quarto secolo

 

        

 Ecco la misteriosa vocazione del pubblicano. Il Cristo gli da l’ordine di seguirlo, non con un passo materiale, bensì con il moto del suo cuore. E quest’uomo che fino a quel momento aveva tratto avidamente il suo profitto dalle merci, che sfruttava duramente le fatiche e i pericoli dei marinai, lascia tutto su una parola di chiamata. Lui che prendeva i beni altrui, abbandona i propri beni. Lui che stava seduto dietro il suo triste banco, cammina con tutta l’anima dietro il Signore. E prepara un grande banchetto : l’uomo che riceve il Cristo nella sua dimora interiore viene saziato di delizie senza misura, di sovrabbondanti gioie. Quanto al Signore, entra volentieri, e si mette alla tavola apparecchiata dall’amore di colui che ha creduto.

 

         Allo stesso momento, si rivela la differenza fra i sostenitori della Legge e i discepoli della grazia. Fermarsi alla Legge, equivale a  subire, in un cuore a digiuno, una fame senza rimedio. Accogliere interiormente la Parola, riceverla nell’anima, è trovare il rinnovamento nell’abbondanza del cibo e della sorgente eterni, cioè non avere più fame, non avere più sete.

 

         Se il Signore mangia con i peccatori, sarebbe forse per vietare a noi, di condividere la tavola e la vita con i pagani ? Ci dice : "non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati." Il medico nuovo ci porta un rimedio nuovo. Non si tratta di un prodotto che la terra fa germogliare, e tutte le scienze della creazione non lo saprebbero preparare.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - Lodi Martedì

Instruzioni 11, 1-4 : PL 80, 250-252  

9(In l'Ora dell'Ascolto p. 2706)

Di chi è questa immagine?

 di San Colombano nel sesto secolo

 

            Mosè ha scritto nella Legge : « Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l’uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l’uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio, infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio abbia dato all’uomo l’immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva all’uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…

         Se l’uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1 Gv 4, 19) fin dall’inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L’amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…

         Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi, perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - Vespri Martedì

Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 13

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1833)              

 

Mc 12, 13-17

 

 

Dio rinnova in noi l’immagine della Trinità

 di Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo

 

 

         Eterno Amore..., ti chiedo misericordia per il tuo popolo nel nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l’uomo a tua immagine e somiglianza (Gen 1,26)... Questo hai fatto, o Trinità eterna, perché volevi fare partecipare l’uomo a tutto il tuo essere. Per questo gli hai dato la memoria, affinché egli ricordasse i tuoi benefici e partecipasse così alla tua potenza, o Padre eterno. Per questo gli hai dato l’intelligenza perché egli potesse afferrare la tua bontà e partecipasse così alla Sapienza del tuo Figlio unigenito. Per questo gli hai dato la volontà, affinché potesse amare ciò che vede e conosce della tua verità, e partecipasse così del tuo Spirito Santo. Quale fu la ragione per cui tu hai dato all’uomo tanta dignità? Certo l’amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura...

 

         Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l’avevi elevata. Tu, mosso dal quel medesimo fuoco col quale ci hai creati... ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio... Egli ha compiuto la tua volontà, Padre eterno, quando l’hai rivestito della nostra umanità, a immagine e somiglianza della nostra natura. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità? Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l’unione che hai stabilito fra te e l’uomo, velando la dignità eterna con la povera nube dell’umanità di Adamo (Gen 2,7)... Quale il motivo? Certo l’amore. Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Proslògion, 25-26

 

La risurrezione : pienezza di vita

 Sant’Anselmo d’Aosta nell’undicesimo secolo

 

 

         Perché smarrirti così lontano alla ricerca dei beni dell’anima e del corpo ? Ami dunque l’unico Bene in cui sono tutti i beni : questo basta… Lassù si trova tutto ciò che si può amare e desiderare.

        

         Ami la bellezza ? « I giusti splenderanno come il sole » (Mt 13,43). Oppure l’agilità o la forza di un corpo libero e svincolato da ogni ostacolo ? « Saranno come angeli nei cieli »… Oppure una vita lunga e sana ? Lassù ti aspetta l’eterna salute, perché « i giusti vivono per sempre » (Sap 5,16)… Desideri essere saziato ? Lo sarai quando Dio ti mostrerà il suo volto nella gloria (Sal 16,15). Essere inebriato ? « Si saziano dell’abbondanza della casa di Dio » (Sal 35,9). Ami forse un canto melodioso ? Lassù, i cori angelici cantano senza fine la lode di Dio. Cerchi pure delizie ? Dio ti disseti al torrente delle sue delizie (Sal 35,9). Ami la sapienza ? La sapienza di Dio in persona si manifesterà. L'amicizia ? Ameranno Dio più di se stessi, si ameranno gli uni gli altri come se stessi, e Dio li amerà più di quanto potranno mai amare… Ami la concordia ? Avranno tutti una sola volontà, perché non avranno altra volontà che quella di Dio… Gli onori e le ricchezze ? Dio stabilirà i suoi buoni e fedeli su molto (Mt 25,21) ; anzi, « saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9) e lo saranno veramente, perché dov’è il Figlio, saranno anche « gli eredi di Dio e coeredi di Cristo » (Rm 8,17).

 

IX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Trattato sulla risurrezione, 2.4.7-9

 

Credo la risurrezione della carne (Credo)

 di San Giustino nel secondo secolo

 

         Coloro che sono in errore dicono che non c’è risurrezione della carne, che è impossibile che essa, dopo esser stata distrutta e ridotta in polvere, ritrovi la sua integrità. Ancora, secondo loro, la salvezza della carne sarebbe non soltanto impossibile, ma pure nociva; biasimano la carne, denunciando i suoi difetti, la rendono responsabile dei peccati; dicono quindi che se questa carne dovesse risuscitare, anche i suoi difetti risusciterebbero... Inoltre, il Salvatore ha detto: “Quando risusciteranno dai morti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli.” Ora, dicono, gli angeli non hanno carne, né mangiano né si uniscono. Dunque, dicono, non ci sarà risurrezione della carne...

         Quanto sono ciechi gli occhi del solo intelletto! Non hanno visto infatti sulla terra “i ciechi ricuperare la vista, gli storpi camminare” (Mt 11,5) grazie alla parola del Salvatore..., allo scopo di farci credere che, alla risurrezione, l’intera carne risusciterà. Se sulla terra, egli ha guarito le infermità della carne e ha reso al corpo la sua integrità, quanto più lo farà al momento della risurrezione, affinché la carne risusciti senza difetto, integralmente... Questa gente mi sembra ignorare l’operare divino nel suo insieme, all’origine della creazione, quando l’uomo è stato plasmato; ignorano il motivo per il quale le cose terrene sono state fatte.

         Il Verbo ha detto: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza (Gen 1,26)... È ovvio che l’uomo, pur plasmato a immagine di Dio, era di carne. Quanto è assurdo allora considerare disprezzabile e senza alcun merito, la carne plasmata da Dio secondo la sua immagine! Che la carne sia preziosa agli occhi di Dio, questo è evidente, poiché essa è opera sua. E poiché proprio in questo si trova il principio del suo progetto per il resto della creazione, essa è ciò che c’è di più prezioso agli occhi del creatore.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì

Lettera 142

 

 

La banca dell’amore

 Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo

 

         « I miei pensieri non sono i vostri pensieri », dice il Signore (Is 55, 8). Il merito non consiste nel fare né nel dare molto, ma piuttosto nel ricevere, nell’amare molto. È detto che vi è più dolcezza nel dare che nel ricevere (At 20, 35), ed è vero. Ma allora, quando Gesù vuole prendere per sè la dolcezza di dare, non sarebbe grazioso rifiutare. Lasciamolo prendere e dare quanto vorrà. Infatti la perfezione consiste nel fare la sua volontà, e l’anima che si consegna interamente a lui viene chiamata da Gesù stesso « sua madre, sua sorella » e tutta la sua famiglia (Mt 12, 50). E altrove : « Se uno mi ama, osserverà la mia parola, cioè farà la mia volontà, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14, 23). Oh ! Com’è facile piacere a Gesù, rapire il suo cuore, basta amarlo senza guardare sé stessi, senza esaminare troppo i propri difetti. In questo momento, la tua Teresa non si trova sulle alture, ma Gesù le insegna a trarre profitto da tutto, dal bene come pure dal male che lei trova in sé. Le insegna a giocare alla banca dell’amore, o piuttosto, no, gioca lui, per lei, senza dirle come ci sa fare, perché questo è affar suo e non quello di Teresa ; ciò che spetta a lei, è abbandonarsi, consegnarsi senza trattenere nulla, nemmeno la soddisfazione di sapere quanto la banca le rende…

 

         Infatti i direttori per far progredire nella perfezione, fanno fare molti atti di virtù, e hanno ragione. Ma il mio direttore che è Gesù, non mi insegna a contare i miei atti ; mi insegna a fare tutto per amore, a non rifiutargli niente, ad essere contenta quando mi dà un’occasione di dargli prova che lo amo. Ma questo si fa nella pace, nell’abbandono. Gesù fa tutto lui, ed io non faccio niente.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

 

Quinta Dimora, 3

 

Il grande comandamento

Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

  

         Dio ci chiede soltanto due cose : che lo amiamo, e che amiamo il nostro prossimo. Tale deve essere la meta dei nostri sforzi. Se ci conformiamo ad esso, di un modo perfetto, adempiamo la sua volontà e gli siamo uniti. Quanto, però siamo lungi dall’adempiere questo doppio precetto, come lo dovremmo al servizio di un Dio così grande ! Voglia Sua Maestà darci la sua grazia, affinché meritiamo di giungere a questa perfezione, perché questo è in nostro potere, se lo vogliamo.

         Il segno più sicuro, secondo me, per sapere se abbiamo questo doppio amore, consiste nell’amare veramente il prossimo. Perché, non possiamo avere la certezza che amiamo Dio, anche se ne abbiamo degli indizi molto seri ; invece possiamo sapere sicuramente se amiamo il prossimo. Siate certe che quanto più scoprirete in voi progressi nell’amore del prossimo, tanto più avrete progredito nell’amore di Dio. L’amore che Dio nutre per noi è così profondo che, ricambiando quello che abbiamo per il prossimo, perfeziona in mille modi, quello che proviamo per lui stesso ; non posso avere nessun dubbio su questo punto. È il motivo per cui è molto importante considerare bene come amiamo il prossimo ; dal momento che questo amore è perfetto, abbiamo fatto tutto ciò che occorreva. Perché, secondo me, la nostra natura è così depravata che, se il nostro amore per il prossimo non prendesse le sue radici nell’amore stesso di Dio, non potrebbe innalzarsi alla perfezione.

 

IX° settimana Tempo Ordinario -  LODI Venerdì

 

Dal Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo Gerusalemme § 161

 

IX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Catechesi battesimale 10, 2,4,5 : PG 33, 662.663-667

 

  

Il suo nome è Re dei re e Signore dei signori

 San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

  

         Chi vuole onorare Dio, si prosterni davanti a suo Figlio. Altrimenti, il Padre non accetta di essere adorato. Dall’alto del cielo, il Padre ha fatto udire queste parole : « Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto » (Mt 3, 17). Il Padre si è compiaciuto nel Figlio, …chiamato « Signore » (Lc 2, 11) non impropriamente come lo sono i signori umani, bensì perché la signoria appartiene a lui per natura, da sempre…

 

         Pur rimanendo se stesso e conservando veramente la gloria immutabile del suo essere Figlio, si aggiusta alle nostre debolezze, come un medico abilissimo e un maestro compassionevole. E tutto ciò, l’ha fatto mentre era realmente Signore, senza dover a nessun avanzamento il suo potere ; infatti la gloria della signoria era sua per natura. Non era Signore alla maniera dei signori umani ; era Signore in tutta verità, esercitando la signoria sulle proprie creature con il consenso del Padre. Noi, infatti, possiamo esercitare un dominio su uomini che sono i nostri pari, sia in dignità che nelle sofferenze, anzi sovente che ci sono superiori.  Invece, la signoria di Nostro Signore non è di questa natura : egli è innanzi tutto Creatore, e in secondo luogo Signore. Ha creato tutto secondo la volontà del Padre, ora esercita la signoria su quanto esiste solo per mezzo di lui.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - Lodi Sabato

Lettere, 112

 giugno (In l' Ora dell'Ascolto p. 1701)

 

Ha dato tutto quello che aveva

 di Sant’Anselmo d’Aosta  nel undicesimo secolo

  

         In cielo tutti insieme con Dio saranno un solo re e come un sol uomo, perché tutti vorranno una cosa sola e ciò che vorranno si realizzerà. Dal cielo Dio proclama che tutto questo è in vendita.

 

         Se uno domanda a quale prezzo, gli vien risposto: non ha bisogno di un compenso terreno chi vuol dare il Regno del cielo, né alcuno può dare a Dio ciò che non possiede, perché tutto ciò che esiste appartiene a lui. D’altra parte Dio non dà del tutto gratuitamente una cosa di tanto valore, perché non la dà a chi non ama. Nessuno infatti dà ciò che ha di più caro a chi non l’ama. Dio quindi non ha bisogno di qualcosa di tuo, né deve dare una cosa tanto grande a chi non si cura di amarla; non cerca che l’amore, senza il quale non è tenuto a dare nulla. Dagli dunque l’amore e otterrai il regno: ama ed avrai... Ama Dio più di te stesso e già comincerai ad avere su questa terra quanto vuoi avere perfettamente in cielo.

 

IX° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Trattato sulla Trinità 1, 37-38

(in l’Ora dell’Ascolto p.2273)

 

 La crescita nella fede

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

  

         Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento, esprima te… Noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole dei tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità.

 

         Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa. La natura è presa da una strana pigrizia e non possiamo capire ciò che ti riguarda per la debolezza della nostra intelligenza.

 

         Ma lo studio dei tuoi insegnamenti ci mette in grado di intendere la tua divinità, e la sottomissione alla fede ci innalza al di sopra della conoscenza naturale. Attendiamo dunque che tu dia slancio agl’inizi di questa impresa, causa per noi di trepidazione, che la consolidi con crescente successo e ci chiami a partecipare dello spirito dei profeti e degli apostoli, perché possiamo capire le loro parole nello stesso senso con cui essi le hanno pronunziate e le interpretiamo nel loro significato. Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere ciò che crediamo.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - Lodi Martedì

Mt 5, 43-48

Discorsi ascetici, 1a  parte       , n° 60

 

 

« Fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni  »

Sant’Isacco Siriano nel settimo secolo

 

 

         Annuncia la bontà di Dio. Infatti nonostante tu sia  indegno, egli ti guida, e mentre tu  gli devi tutto, non reclama  nulla da te. E per aver fatto delle piccole cose, ti dà in cambio grandi cose. Non limitarti a  chiamare dunque Dio semplicemente giusto. Poiché non è in rapporto a ciò che fai tu che egli rivela la sua giustizia. Se Davide lo chiama giusto e retto (Sal 32,5), il Figlio suo ci ha rivelato che piuttosto  egli è buono e mite: “Egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi” (Lc 6,35).

 

         Come puoi fermarti alla semplice giustizia di Dio, quando leggi il capitolo sulla paga degli operai? “Amico, non ti faccio torto; io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Sei invidioso perché io sono buono?” (Mt 20,13-15). Come possiamo dire semplicemente che Dio è giusto quando leggiamo nel capitolo del figlio prodigo che ha dissipato la ricchezza del padre vivendo da dissoluto, come alla sola compunzione mostrata dal figlio, il padre gli corse incontro, gli si gettò al collo e gli diede ogni potere su tutta la sua ricchezza (Lc 15,11s)? Tutto ciò non ci viene detto da uno qualunque di cui poter dubitare, ma  proprio il Figlio suo rende in prima persona questa testimonianza a Dio. Dov’è la giustizia di Dio? Non è forse in questo “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8)? Se Dio si mostra compassionevole quaggiù, crediamo che lo è da sempre.

 

XI° settimana Tempo Ordinario -VESPRI Martedì

Mt 5, 38-42

Contro le eresie, IV, 13, 3 ; SC  100, 531

« La legge perfetta della libertà » (Gc 1,25)

 

Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

         “A chi ti leva il mantello, dice Cristo, non rifiutare la tunica; dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Lc 6, 30-31). Per cui non ci rattristeremo come qualcuno che sia stato spossessato suo malgrado, bensì ci rallegreremo come qualcuno che ha dato di buon cuore, poiché così avremo fatto un dono gratuito al prossimo, invece di aver subito un torto. “E, dice, se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due”. In questo modo, non lo seguiremo come uno schiavo, ma lo precederemo da uomo libero. In ogni cosa dunque, Cristo ti invita a renderti utile al tuo prossimo, non tenendo conto della sua malvagità, ma spingendo  la tua bontà al suo culmine. Ci invita così a renderci simili al Padre nostro “che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti” (Mt 5,45).

         Tutto questo non ci viene proposto da qualcuno che avesse abolito la Legge, bensì di colui che la compie e la amplia per noi (Mt 5,17). Il servizio della libertà è un servizio maggiore; il nostro liberatore ci propone una sottomissione e una devozione più profonda a suo riguardo. Non ci ha infatti liberati dalle costrizioni della Legge antica perché ci distaccassimo da lui... bensì perché, ricevuta una grazia più abbondante, lo amassimo maggiormente e, avendolo amato maggiormente, ricevessimo da lui una gioia più grande, quando saremo per sempre davanti al Padre suo.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - LODI - mercoledì

Esposizione sul salmo 33, §8 ; PL 36,312

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

Mt 6, 1-6. 16-18

 

 

 

Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta,  prega il Padre tuo nel segreto

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Entrando nella tua camera, entri nel tuo cuore. Beati coloro che si allietano quando entrano nel loro cuore e non vi trovano niente di male…

 

         Se sono ben miseri coloro i quali, rientrando tra le loro pareti, temono di dover subire la mala accoglienza dei familiari, quanto sono più miseri coloro che non vogliono rientrare nella loro coscienza, per non essere travolti dalle violenze dei peccati! Orbene, per poter liberamente rientrare nel tuo cuore, purificalo; « Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio » (Mt 15,8). Spazza via dal tuo cuore i sordidi desideri, spazza via la macchia dell'avarizia, la vergogna delle superstizioni, le bestemmie e i cattivi pensieri; getta fuori i risentimenti, non dico che nutri verso l'amico ma anche verso il nemico; togli via tutte queste cose, poi entra nel tuo cuore, e là troverai la gioia.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 6, 1-6.16-18

La preghiera della Chiesa

 

« Quando preghi, entra nella tua camera »

  Santa Teresa Benedetta della Croce

 

         Tutto è una medesima cosa, per coloro che hanno raggiunto l’unità profonda della vita divina: il riposo e l’azione, contemplare e agire, tacere e parlare, ascoltare e aprirsi, ricevere in sé il dono di Dio e rendere l’amore a fiumi nell’azione di grazie e la lode... Occorre per lunghe ore ascoltare in silenzio, lasciare la parola divina sbocciare in noi, finché ci inciti a lodare Dio nella preghiera e nel lavoro.

 

         Anche le forme tradizionali ci sono necessarie e dobbiamo partecipare al culto pubblico ordinato dalla Chiesa, perché la nostra vita interiore si svegli, rimanga nella via retta e trovi l’espressione che le si addice. Occorre che la lode solenne di Dio abbia i suoi santuari sulla terra per essere celebrata con tutta la perfezione di cui sono capaci gli uomini. Da essi, nel nome della Santa Chiesa, essa può salire verso il cielo, agire su tutte le sue membra, svegliare la loro vita interiore e stimolare il loro sforzo fraterno. Tuttavia, perché questo canto di lode sia vivificato dall’interno, bisogna che ci siano, in queste luoghi di preghiera dei tempi riservati all’approfondimento spirituale nel silenzio; altrimenti, questa lode degenererà in un balbettio delle labbra spogliato di vita. Grazie a questi focolari di vita interiore questo pericolo è respinto; le anime possono meditarvi davanti a Dio nel silenzio e nella solitudine, per essere nel cuore della Chiesa i cantori dell’amore che tutto vivifica.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - Lodi  Giovedì

Mt 6, 7-15

Il cammino di perfezione, cap.32/34

« Sia fatta la tua volontà »

Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

         “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. O mio tenero Maestro, quale gioia per me che tu non abbia fatto dipendere il compimento della tua volontà, da un volere così debole quanto il mio! ... Quanto infelice sarei, se tu avessi voluto che dipendesse da me che si compia o no la tua volontà. Ora, ti do liberamente la mia volontà, anche se in un momento in cui questo dono non è meramente desinteressato, poiché una lunga esperienza mi ha fatto conoscere i vantaggi di tale abbandono.  Che profitto immenso, amiche mie! Ma d’altra parte, che perdita immensa, se non adempiamo ciò che offriamo al Signore in questa domanda del Padre nostro...

         Voglio dunque dirvi, o richiamarvi, qual’è questa volontà. Non temete che questa sia di darvi delle ricchezze, dei piaceri, degli onori né alcun bene di quaggiù. Egli non nutre per voi un amore così piccolo da darvi queste cose!  Egli dà molta importanza al presente che gli offrite, e intende ricompensarvi molto per questo, poiché fin da questa vita vi dà il suo Regno... Guardate figlie mie, ciò che Dio ha dato al Figlio suo che egli amava al di sopra di tutto; in questo potrete riconoscere quale sia la sua volontà. Sì, tali sono proprio i beni che egli fa a noi in questo mondo. Dà in proporzione all’amore che nutre per ognuno di noi..., tenendo conto anche del coraggio che vede in ognuno e dell’amore che abbiamo per lui. Colui che lo ama molto, viene riconosciuto come capace di soffrire molto per lui, e colui che lo ama poco, di soffrire poco. Per parte mia, sono certa che la misura della nostra forza per portare una grande croce oppure una piccola croce, è la misura del nostro amore...

         Tutti i miei consigli in questo libro tendono a questo scopo: darci interamente al Creatore, sottomettere la nostra volontà alla sua, distaccarci dalle creature; sicuramente ne avete capito tutta l’importanza, non dirò di più a questo proposito.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - giovedì

L'Orazione domenicale 8, 11

Mt 6, 7-15

 

  

Voi dunque pregate così : Padre nostro…

 di San Cipriano nel terzo secolo

 

 

     Prima di tutto Gesù, il Dottore della pace e il Maestro dell’unità non ha voluto che la preghiera fosse individuale e privata, cosicché pregando, ognuno preghi solo per sé. Non diciamo : « Padre mio che sei nei cieli » ; né « dammi il mio pane ». Ognuno domanda non che il debito sia rimesso soltanto a lui, e non è per lui solo che sollecita di non essere indotto in tentazione e di essere liberato dal male. Per noi la preghiera è pubblica e comunitaria. E quando preghiamo, intercediamo non per uno solo ma per tutto il popolo. Perché noi, popolo tutto intero, siamo una cosa sola.

 

     Il Dio della pace e il Maestro della concordia, che ci ha insegnato l’unità, ha voluto che uno solo pregasse per tutti, come lui stesso ha portato tutti gli uomini. I tre giovani Ebrei circondati dalla fornace ardente hanno osservato questa legge della preghiera (cf Dn 3, 51). E gli Apostoli e i discepoli, dopo l’Ascensione del Signore, pregavano in tal modo. « Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui » (At 1, 14). Erano assidui e concordi nella preghiera ; per il loro fervore e il loro amore reciproco, testimoniavano che Dio, che fa abitare in una stessa casa gli uomini unanimi, ammette nella sua dimora soltanto quelli la cui preghiera traduce l’unione delle anime (cf Sal 67,7).

 

     Fratelli carissimi, quando chiamiamo Dio « Padre », dobbiamo sapere e ricordarci che dobbiamo agire come figli di Dio ; Come noi ci rallegriamo di aver Dio per Padre, così che lui si rallegri di avere noi per figli.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - LODI - VENERDI

Su Nabaoth, 58

Mt 6, 19-23

 

  Accumulatevi tesori in cielo

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

  

         Tu che seppellisci il tuo oro sottoterra (Mt 25,25), sei il suo servo e non il suo padrone : « Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore ». In quest’oro, hai quindi sepolto il tuo cuore. Vendi piuttosto il tuo oro e compra la salvezza ; vendi il minerale e acquista il Regno di Dio, vendi il campo e riscatta per te la vita eterna.

 

         Dico questo in verità, poiché mi baso sulla parola stessa di colui che è la Verità : « Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo » (Mt 19,21). Non rattristarti all’udire queste parole, per paura che ti sia detto come al giovane ricco : « Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli » (Mt 19,23). Anzi, mentre leggi questa frase, considera che la morte può strapparti questi beni, che la violenza di un potente può rapirteli. Alla fin fine, avrai mirato solo a dei beni minuscoli in luogo di grandi ricchezze ; questi sono soltanto tesori di moneta invece di essere tesori di grazia. Per questo stesso fatto, sono corruttibili invece di rimanere per sempre.

XI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - venerdì

Omelia sulla carità : PG 31, 266 - 267; 275

Mt 6, 19-23

 

 

Non accumulatevi tesori sulla terra

 di San Basilio Magno nel quarto secolo

 

 

Perché tormentarti e fare tanti sforzi per mettere la tua ricchezza al riparo dietro la malta e i mattoni ? « Un buon nome vale più di grandi ricchezze » (Pr 22 ,1). Ami il denaro per la considerazione che esso ti procura. Pensa quanto più grande sarà la tua fama se ti si può chiamare il padre, il protettore di migliaia di figli, piuttosto che tenere nelle tue borse migliaia di monete d’oro. Che tu lo voglia o no, dovrai ben lasciare qui il tuo denaro, un giorno. Invece, la gloria di tutto il bene che avrai fatto, la porterai con te fino davanti al sovrano Maestro, quando tutto un popolo, accalcandosi per difenderti presso il giudice comune, ti chiamerà per nomi che diranno che l’hai nutrito, che l’hai assistito, che sei stato buono.

 

         Quanto dovresti essere grato, felice e fiero dell’onore che ti viene fatto. Non sarai tu a dover importunare gli altri alla loro porta. Saranno loro ad accalcarsi alla tua. Però a questo punto, si rabbuia il tuo viso, diventi inabbordabile, fuggi gli incontri per paura di dovere lasciare un po’ di quello che tieni così gelosamente. Non sai dire altro che : « non ho niente, non vi darò niente, perché sono povero ». Povero lo sei, in realtà, e povero di ogni bene : povero di amore, povero di bontà, povero di fiducia in Dio, povero di speranza eterna.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

Omelia sul Vangelo di San Matteo, 1 ; PG 57, 294-296

Mt 6, 24-34

 

  

Non potete servire a Dio e a Mammona

 di San Giovanni Crisostomo  nel quarto secolo

 

  

         Vedete quali vantaggi Gesù Cristo ci promette e quanto i suoi precetti ci sono utili, poiché ci liberano da mali così grandi. Il male che vi causano le ricchezze, dice, non è soltanto fornire arme ai ladri contro di voi e riempire la vostra mente di spesse tenebre. La grande piaga che fanno è staccarvi dalla beata servitù di Gesù Cristo per rendervi schiavi di un metallo insensibile e inanimato.

 

         « Non potete servire a Dio e al Denaro ». Tremiamo, fratelli, al pensiero che costringiamo Gesù Cristo a parlarci del denaro come di una divinità opposta a Dio ! Però, direte voi, gli antichi patriarchi non hanno forse trovato il modo di servire insieme a Dio e al denaro ? Niente affatto. Ma come Abramo, come Giobbe hanno emanato tanto splendore per la loro magnificenza ? Vi rispondo che non bisogna considerare qui coloro che hanno posseduto ricchezze, bensì coloro che sono stati posseduti da esse. Giobbe era ricco ; si serviva del denaro, però non serviva al denaro, ne era il padrone e non l’adoratore. Considerava il suo bene, come se fosse stato altro, si riteneva come suo dispensatore e non come suo proprietario. Ecco perché non si afflisse  quando lo perse.

 

XI° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Mt 6, 24-34

Scritti

 « Non affannatevi per la vostra vita »

San Silvano del Monte Athos

 

 

      Il Signore ha detto ai suoi discepoli: “Vi do la mia pace” (Gv 14,27). Questa pace di Cristo occorre domandarla a Dio, e il Signore la darà a chi la domanda; quando la riceviamo, dobbiamo vegliare santamente su di essa e farla crescere.

 

         Colui che, nell’afflizione, non si abbandona alla volontà di Dio non può conoscere la misericordia di Dio. Se ti colpisce una disgrazia, non lasciarti abbattere, ma ricordati che il Signore ti guarda con benevolenza. Non accettare questo pensiero: “Il Signore getterà forse lo sguardo su di me che l’ho offeso?” perché il Signore è benevolenza per natura. Invece rivolgiti con fede a Dio e di’ come il figlio prodigo nel Vangelo: “Non sono degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15,21). Allora vedrai quanto sei caro al Padre, e il tuo animo conoscerà una gioia indescrivibile.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

Discorso 1 sulla risurrezione del Signore, 4 ; PL 185A, 143-144

 

 

 

Perché siete turbati ?

 del Beato Guerrico d’Igny nel dodicesimo secolo

 

 

         Quando Gesù venne dai suoi apostoli, mentre “erano chiuse le porte e si fermò in mezzo a loro, furono stupiti e spaventati poiché credevano di vedere un fantasma” (Gv 20,19; Lc 24,37). Ma quando alitò su di loro e disse : “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22), e poi quando mandò loro dal cielo questo stesso Spirito come un dono nuovo, questo dono è stato una prova indubitabile della sua risurrezione e della sua vita nuova. Infatti, lo Spirito testimonia nel cuore dei santi e, poi, con la loro bocca, che Cristo è la verità, la vera risurrezione e la vita. Per cui i discepoli, che prima avevano dubitato, persino mentre vedevano il suo corpo vivente, “con grande forza rendevano testimonianza della risurrezione del Signore” (At 4,33) avendo gustato a questo Spirito che dà la vita. È molto più vantaggioso accogliere Gesù nel nostro cuore che vederlo con i nostri occhi o sentirlo parlare. L’azione dello Spirito Santo sui nostri sensi interiori è molto più potente dell’impressione che fanno gli oggetti materiali sui nostri sensi esteriori.

 

         Ora, fratelli, quale testimonianza rende la gioia del vostro cuore al vostro amore per Cristo?... Oggi nella Chiesa tanti messaggeri proclamano la risurrezione e il vostro cuore esulta e grida: “Gesù, mio Dio, è vivente, me l’hanno annunciato! A questa notizia, il mio spirito scoraggiato, tiepido e assopito dal dolore, ha ripreso vita. La voce che proclama la buona notizia risveglia dalla morte persino i più colpevoli...” Fratello, l’indizio a cui riconoscerai che il tuo spirito ha ripreso vita in Cristo è questo: Se dice: “Se Gesù è vivente, questo mi basta!” O parola di fede e quanto degna degli amici di Gesù!... “Se Gesù è vivente, questo mi basta!”

 

XII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Omelia « Al momento di partire in esilio », 1-3 ; PG 52, 427-430

 

 

 

Omelia « Al momento di partire in esilio »

 San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

          Alte sono le onde e si abbatte la tempesta, ma non temiamo di essere sommersi: stiamo in piedi sulla roccia. Anche se il mare si scatenasse, non spezzerà questa roccia. Anche se si sollevassero le onde, non potranno inghiottire la barca di Gesù. Cosa temeremmo, ditemi ? La morte ? « Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1,21). L’esilio ? « Del Signore è la terra e quanto contiene » (Sal 2, 31). La confisca dei beni ? « Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portare via » (1 Tm 6,7). Ciò che è temibile nel mondo, io non me ne curo ; quanto ai suoi beni, ne rido. Non temo la povertà, non desiderio la ricchezza. Non ho paura della morte…

 

         Il Signore mi ha dato dei pegni. Mi fido forse delle mie forze ? Tengo in mano il suo scritto : Ecco il mio punto d’appoggio, ecco la mia sicurezza, ecco il mio porto tranquillo. Anche se l’universo intero si mettesse a tremare, io terrei stretto questo scritto, lo rileggerei : è il mio baluardo, è la mia sicurezza. Che cosa contiene ? « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20).

 

         Il Cristo è con me, di chi avrò timore ? Che vengano ad assalirmi le acque del mare e la collera dei grandi : tutto questo non peserebbe più di una ragnatela.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

 

STRETTA E ANGUSTA LA VIA CHE CONDUCE ALLA VITA

 di Origene nel terzo secolo

 

 

         Tu forse credevi che le cose mostrate da Dio fossero facili e piacevoli, senza difficoltà e fatica. E’ un’ascesa la via della virtù, un’ascesa faticosa. Non è una discesa, ma una salita stretta e ardua. Ascolta, lo dice anche il Signore nel vangelo: “Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita!” (Mt 7, 11).

 

         Da qui puoi notare come il vangelo concordi con la legge. Nella legge la via della virtù è mostrata come una salita tortuosa. Nel vangelo è scritto che la via che conduce alla vita è stretta e angusta. Non possono vedere chiaramente anche i ciechi che un solo Spirito scrisse la legge e i Vangeli? Il percorso da seguire è dunque un’ascesa faticosa, l’ascensione di una vetta, o che porta a una vetta. L’ascesa riguarda l’azione, la vetta è la fede.

 

         Quando proclamerai che vi è un solo Dio, e nello stesso tempo asserirai che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, tutto ciò non sembrerà oscuro, difficile e inestricabile agli infedeli? E tanto più quando dirai che il Signore della maestà è stato crocifisso, e che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, come tutto questo non sembrerà inspiegabile e difficile? Chi ascolta, se non ha fede, dice che i giusti sbagliano; ma tu sta’ saldo, non dubitare di questa fede, riconoscendo che Dio stesso ti ha mostrato tale via.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

 

Passare attraverso la porta stretta al Regno dei cieli

 di Simone il Nuovo Teologo, nell’ undicesimo secolo

 

 

         Poiché il regno dei cieli è soggetto a violenza e i violenti lo rapiscono, e non vi è i fedeli altro modo di entrarvi se non per la porta stretta delle prove e delle tribolazioni, giustamente la Parola di Dio comanda: “Lottate per entrare per la porta stretta”, e ancora: “Con la vostra sopportazione acquistate le anime vostre”, e : “Attraverso molte tribolazioni dovete entrare nel regno dei cieli”. Chi infatti distribuisce le proprie ricchezze ai bisognosi e si ritira dal mondo e dagli affari del mondo nella speranza della ricompensa grava la propria coscienza del grande piacere che ne prova, e può accadere anche che la vanagloria lo defraudi della ricompensa. Chi invece, dopo aver dato tutto ai poveri, sopporta anche le cose penose rendendo grazie nella sua anima e persevera nelle difficoltà, sente, sì, tutta l’amarezza e la pena delle sofferenze, ma serba inviolato il suo pensiero nel presente e la sua ricompensa sarà grande nel futuro, perché ha imitato i patimenti del Cristo e lo ha atteso con pazienza nei giorni in cui lo assalivano le prove e le tribolazioni.

 

         Bisogna che ti spogli del sentire della carne, come un tempo dei tuoi abiti, per assumere, in conformità dell’abito, che hai rivestito per Cristo, gli atteggiamenti dell’anima e anche un sentire spirituale; e non solo, ma anche rivestire, mediante la penitenza, quella tunica luminosa che è lo stesso Spirito Santo. E questo si attua unicamente mediante la pratica costante della virtù e la sopportazione delle tribolazioni, Poiché quando l’anima è tribolata dalle prove è spinta alle lacrime, e le lacrime, purificando il cuore, ne fanno un tempio e una dimora del Spirito Santo. Non è infatti sufficiente per la nostra salvezza e perfezione il solo fatto di portare l’abito monastico e ornare all’esterno la statua; ma, come facciamo per l’uomo esteriore, così bisogna che adorniamo l’uomo interiore con il vestito dello Spirito e che ci sacrifichiamo integralmente a Dio.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 7, 15-20

 

Sul Discorso dalla montagna, 24, 81-82

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Dai loro frutti li riconoscerete »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

L’Apostolo insegna quali sono i frutti, riconosciuti i quali, riconosciamo l’albero cattivo: « Son ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, eresie, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le commette non erediterà il regno di Dio ». Ed egli di seguito insegna quali sono i frutti, dai quali possiamo riconoscere l’albero buono: « Frutto dello spirito è invece amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé » (Gal 5,19-23).

 

        È opportuno riflettere che nel brano gioia è stata usata in senso proprio, poiché non si può dire con proprietà che i cattivi gioiscono ma che sono ebbri di gioia… Secondo questa proprietà, per cui la gioia si dice soltanto dei buoni, anche il profeta afferma: « Non c’è gioia per i malvagi, dice il Signore » (Is 48,22). Così la fede, di cui si è parlato, certamente non una fede qualunque ma la vera fede, e gli altri concetti, di cui si è parlato, hanno una certa apparenza negli uomini cattivi e impostori, sicché ingannano se l’altro non ha ormai l’occhio puro e sincero, con cui è consapevole di questi fatti.

Nell’enumerazione dei frutti dello Spirito, il termine  gioia è stato usato in senso forte : solo i giusti possono godere di questa gioia. Invece quella che rallegra l’empio non è nient’altro che un’agitazione della mente.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 7, 15-20

 

 

Il castello interiore,

5a dimora, 3,10-11

 

 « Dai loro frutti li riconoscerete »

 Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Quanto è facile riconoscere coloro che hanno il vero amore per il prossimo, da coloro che l’hanno in una misura minore. Se capiste bene quanto questa virtù sia importante, non avreste altra preoccupazione. Quando vedo delle persone tutte preoccupate ad esaminare il loro raccoglimento e così incappucciate mentre lo praticano, da non osare muoversi per non distoglierne il loro pensiero, per timore di perdere il gusto e la devozione che trovano in esso, dico tra me che non hanno capito bene il cammino verso l’unione. Si immaginano che, in questo, sia la perfezione. No, no ; non è questo il cammino.

 

         Il Signore ci domanda delle opere. Se per esempio, vedete una malata alla quale possiate procurare qualche sollievo, egli vuole che lasciate qui le vostre devozioni per assisterla e mostrarle compassione – e se lei soffre, condividere il suo dolore ; e digiunare, se occorre, perché lei abbia il cibo necessario. E tutto questo, non solo per amore di lei, ma piuttosto perché questa è la volontà del nostro Maestro. Ecco l’unione veritiera alla sua volontà.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 7, 21-29

 

 

Fondiamo in Cristo la nostra fede

 

Epifanio Latino, nel quinto secolo

 

 

         «Chiunque ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia» ( Mt 7, 24-25). Perciò il Signore, che ci vuole fedeli fino alla morte e salvi per sempre, non attraverso il riposo ma attraverso la fatica, dopo tutte le beatitudini e i vari precetti ha esposto come conclusione questa parabola, per insegnarci che sarà salvo chi avrà perseverato sino alla fine.

         Nella casa edificata sulla roccia, che non poté essere scossa da nessuna tempesta, volle raffigurare la nostra salda fede in Cristo, che non può essere scossa da nessuna tentazione del diavolo. Ma opponendoci a lui con le armi spirituali, dopo averlo vinto, meriteremo di ricevere la corona. La casa dunque può significare la santa Chiesa, oppure anche la nostra fede, fondata sul nome di Cristo, come lo stesso Signore disse al beato apostolo Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» ( Mt 16,18). Perciò, dilettissimi, finché è tempo di costruire, fondiamo in Cristo la nostra fede e arricchiamoci interiormente di opere sante, affinché quando verrà la tempesta, cioè il nemico occulto, invece di annientarci sia stroncato. Ma anche adesso il nemico è con noi, è nascosto in noi, come ci avverte l’apostolo: «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare»( 1 Pt 5, 8). Quindi miei cari, chi nel tempo favorevole avrà costruito da uomo saggio e solidamente, nelle avversità è trovato più forte, ma anche più degno di lode, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano (Gc 1,12). E allora carissimi, vigiliamo, lavoriamo alacremente, affatichiamoci affinché con l’aiuto di Cristo possiamo superare le difficoltà e conseguire la felicità eterna.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 7, 21-29

Discorsi 1, 4-8 ;

SC 44, 27-31

 

« Svégliati, o tu che dormi » (Ef 5,14)

 

Filosseno di Mabbug nel quinto secolo

 

 

         « Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia ». Occorre dunque, secondo le parole del nostro Maestro, che ci applichiamo non soltanto ad ascoltare la parola di Dio, ma anche a conformarvi la nostra vita… L’ascolto della legge è cosa buona, perché ci spinge alle opere virtuose. A ragione, leggiamo e meditiamo le Scritture, perché così purifichiamo il fondo del nostro animo dai pensieri cattivi.

 

         Tuttavia, leggere e meditare assiduamente la parola di Dio senza metterla in pratica, è una colpa che lo Spirito di Dio ha condannata in anticipo… Anzi ha vietato a colui che si trova in tali disposizioni di tenere in mano il libro santo. All’empio dice Dio : « Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te li getti alle spalle ? » (Sal 49, 16-17)… Chi legge assiduamente le Scritture senza metterle in pratica trova la sua accusa nella sua stessa lettura ; merita una condanna tanto più grande in quanto disprezza e trascura ogni giorno ciò che ascolta ogni giorno. È come un morto, un cadavere senz’anima. Migliaia di trombe e di corni possono suonare agli orecchi di un morto, non li sentirà. Così, l’anima che è morta a causa del peccato, il cuore che ha perso il ricordo di Dio, non sente il suono né le grida delle parole divine, e la tromba della morte spirituale non lo impressiona ; tale anima è immersa nel sonno della morte…

 

         Occorre dunque che il discepolo di Dio porti, radicato nel suo animo, il ricordo del suo Maestro, Gesù Cristo, e che pensi a lui giorno e notte.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

A Simple Path

 

« Gesù stese la mano e lo toccò »

 Beata Teresa di Calcutta nel ventesimo secolo

 

 

         Ai nostri giorni, la malattia più terribile in occidente non è la tubercolosi o la lebbra, ma il fatto di sentirsi indesiderabile, non amato e abbandonato. Sappiamo curare le malattie del corpo con la medicina, ma l’unico rimedio alla solitudine, allo smarrimento, alla disperazione, è l’amore. Molti muoiono sulla terra per mancanza di un pezzo di pane, ma più ancora, per mancanza di un po’ di amore. La povertà in occidente è un’altra specie di povertà ; non è soltanto una povertà di solitudine, ma anche di spiritualità. C’è una fame di amore come c’è una fame di Dio.

 

XII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Inno 30 ; SC 174, 357

 

 

« Gesù lo toccò dicendo : ‘ Lo voglio, sii sanato ’ »

 Simeone il Nuovo Teologo nell’undicesimo secolo

 

 

Prima che brillasse la luce divina,

io non conoscevo me stesso.

Allora, al vedere me nelle tenebre e in carcere,

rinchiuso in un pantano,

coperto di immondizie, ferito, la carne gonfia...,

sono caduto ai piedi di colui che mi aveva illuminato.

 

E colui che mi aveva illuminato tocca con le sue mani

i miei legami e le mie ferite;

là dove la sua mano tocca e il suo dito si avvicina,

subito cadono i miei legami,

scompaiono le ferite, e ogni sporcizia.

L’impurità della mia carne scompaia...

sicché egli la rende simile alla sua mano divina.

Strana meraviglia: la mia carne, la mia anima e il mio corpo

partecipano della gloria divina.

 

Appena sono stato purificato e liberato dai miei legami,

ecco che stende verso di me la sua mano divina,

mi tira fuori del pantano interamente,

mi abbraccia, mi si getta al collo,

mi bacia (Lc 15,20).

Mi prende sulle spalle

io che ero completamente esausto,

e avevo perso le mie forze,

e mi porta fuori dall’inferno...

La luce stessa mi porta e mi sostiene;

mi trascina verso una grande luce...

Egli mi dona di contemplare con quale strano rimodellare

lui stesso mi ha plasmato nuovamente (Gen 2,7)

e mi ha strappato dalla corruzione.

Mi ha fatto il dono di una vita immortale

e mi ha rivestito di una tunica immateriale e luminosa

e mi ha dato dei sandali, un anello e una corona

incorruttibili e eterni (Lc 15,22).

 

XII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mt 8, 5-17

 

Omelie sul vangelo di Matteo, 27,1

 

 

 

« Guarì molti malati »

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati ». Vedi come la fede della folla si accresce a poco a poco ? Nonostante l’ora avanzata, non hanno voluto lasciare il Signore, hanno pensato che la sera permetteva loro di portargli dei malati. Pensi a tutte le guarigioni che gli evangelisti tralasciano ; non le raccontano tutte una a una, ma in una sola frase, ci fanno vedere un oceano infinito di miracoli. E affinché la grandezza del prodigio non ci porti all’incredulità, affinché non siamo sconcertati al pensiero che tale folla colpita da mali così diversi sia guarita in un istante, il vangelo porta la testimonianza del profeta, tanto straordinaria e sorprendente quanto i fatti stessi : « Perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia : Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie » (Is 53,4). Non dice : « Egli ha distrutto », ma : « Egli ha preso » e « si è addossato », dimostrando così, secondo me, che il profeta parla più del peccato che delle malattie del corpo, ciò che è conforme alla parola di Giovanni : « Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo » (Gv 1,29).

 

XII° settimana Tempo Ordinario - Primi Vespri  SABATO

 

Enchiridion Vaticanum, Gaudium et Spes, 93

, Bologna, ed. Devoniane. 1970, p. 963-965.

 

 

 

La testimonianza dei cristiani

 

dalla Costituzione “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano II

 

 

          I cristiani, ricordando le parole del Signore: “In questo conosceranno tutti che siete i miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri” (Gv 13, 35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo.

 

         Perciò, aderendo fedelmente al Vangelo e usufruendo della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e cercano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a Colui che tutti giudicherà nell’ultimo giorno.

 

         Non tutti infatti quelli che dicono “Signore, Signore (Mt 7, 21), entreranno nel Regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre e lavorano sul serio. Perché il Padre vuole che in tutti gli uomini noi riconosciamo ed efficacemente amiamo Cristo fratello, con la parola e con l’azione, rendendo così testimonianza alla Verità, e comunicando agli altri il mistero dell’amore del Padre celeste.

 

         Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché finalmente essi vengano assunti nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore.

 

         “A Colui che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a Lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli. Amen (Ef 3, 20-21).

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

 

 

L’ottavo giorno

 di S. Gregorio Magno nel sesto secolo

 

  

         Il numero sette simboleggia l’universalità del tempo. Ecco perché tutto il tempo della vita presente si svolge al ritmo di sette giorni. Ecco perché l’arca del Signore, profezia della santa chiesa, che in tutto questo tempo gira il mondo predicando, abbatté le mura di Gerico dopo aver girato attorno ad esse per sette giorni al suono delle trombe. Ecco perché il profeta dice : “Sette volte al giorno io ti lodo” (Sal 118, 164). Egli stesso, facendo intendere che dice questo in ordine a ogni istante di tutto il tempo della sua preghiera, aggiunge : “Sulla mia bocca sempre la sua lode” (Sal 33, 2).

         Che poi il numero sette indichi la totalità della vita presente risulta più chiaramente quando ad esso si aggiunge l’ottavo. Quando al sette si aggiunge uno, con questa aggiunta si vuol significare che il tempo destinato a finire si conclude con l’eternità. Ecco perché Salomone esorta : “Fanne sette od otto parti” (Qo 11, 2). Col numero sette fa riferimento al tempo presente che è legato al ritmo di sette giorni, col numero otto invece indica la vita eterna, che il Signore ci ha manifestato con la sua risurrezione. Egli è risorto di domenica, che, facendo seguito al settimo giorno, cioè al sabato, risulta l’ottavo giorno in ordine alla creazione. Dicendo : “Fanne sette od otto parti”, Salmone intendeva dire : Disponi le cose temporali in modo da non dimenticarti di aspirare a quelle eterne.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica

 

 

Il rispetto e l’amore per gli avversari

Dalla costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano Secondo

 

 

   Il rispetto e l’amore deve estendersi pure a coloro che pensano o operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di sentire, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un colloquio. Certamente tale amore e amabilità non possono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene.

   Anzi lo stesso amore spinge i discepoli di Cristo ad annunciare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona anche quando è macchiato da false o meno accurate nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori ; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque.

   La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie, ed estende a tutti i nemici il precetto dell’amore, che è il comandamento della Nuova Legge : “Udiste che fu detto : amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico : amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori” (Mt 5, 43-44).

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - LODI - martedì

Dal libro di vita di Gerusalemme

Capitolo Umiltà § 124

 

XIII° settimana Tempo Ordinario -  Vespri Martedì

 

 

« Perché avere paura ? »

Beato Charles de Foucauld

 

 

         Figlioli, qualunque cosa vi succeda, ricordatevi che sono sempre con voi. Ricordatevi che, che io sia visibile o invisibile, che sembri agire oppure dormire, veglio sempre, sono dovunque, sono onnipotente. Non abbiate nessuna paura, nessuna inquietudine : sono qui, sto vegliando, vi voglio bene, posso tutto… Cosa di più vi occorre ? …Ricordatevi di quelle tempeste sedate con una sola mia parola, subito seguite da una grande bonaccia. Abbiate fiducia, fede e coraggio ; state senza inquietudine, sia per il vostro corpo che per la vostra anima, poiché sono qui, onnipotente e benevolente.

 

Però la vostra fiducia non nasca dalla noncuranza, dall’ignoranza dei pericoli o dalla fiducia in voi stessi o in altre creature. In effetti, correte pericoli imminenti. ; I demoni, nemici forti e furbi, la vostra natura peccatrice e il mondo stesso vi fanno una guerra furiosa… E in questa vita, la tempesta è quasi continua, e la vostra barca sempre sul punto di affondare. Tuttavia, non dimenticatevi, io sono qui ; con me, questa barca è insommergibile ! Diffidate di tutto, e sopratutto di voi stessi, però abbiate in me una fiducia totale che scacci ogni inquietudine.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - Mercoledì - Lodi

 

  

Vegliamo che il tempio del Dio vivente sia puro

 di san Leone Magno nel quinto secolo

 

          Carissimi, l’insegnamento degli apostoli ci ammonisce affinché, deposto l’uomo vecchio con le sue azioni, ogni giorno ci rinnoviamo con uno stile di vita santa (cfr. Col 3, 9-10). Se infatti siamo il tempio di Dio e lo Spirito Santo abita nella nostra anima come dice l’Apostolo : “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6, 16), dobbiamo stare molto attenti a che la dimora del nostro cuore sia indegna di tanto ospite.

          E come nelle abitazioni umane si provvede con lodevole diligenza a riparare tempestivamente le lesioni dovuto all’infiltrazione delle piogge, alla furia delle intemperie o alla stessa antichità, con uguale sollecitudine dobbiamo preoccuparci affinché nei nostri animi nulla vi sia di scomposto, nulla di impuro. Quantunque infatti il nostro edificio non sussista senza l’opera del suo artefice, e la nostra fabbrica non possa essere incolume senza l’anticipata protezione del costruttore, tuttavia, poiché siamo pietre razionali e il materiale vivente, la mano del nostro autore ci ha strutturati in modo tale che chi subisce riparazioni lavori anch’esso con chi le opera.

         La sottomissione umana dunque non si sottragga alla grazia divina, né si allontani da quel Bene senza il quale i beni non esistono. E se nel praticare i comandamenti troviamo qualcosa che chi è personalmente impossibile o difficile a eseguirsi, non restiamo in noi stessi, ma ricorriamo a colui che ce l’impone; egli infatti ci dà il precetto proprio per suscitare il nostro desiderio e offrirci l’aiuto, come dice il profeta: “Getta nel Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno” (Sal 54, 23).

         O forse c’è qualcuno tanto insolente e superbo, che si ritiene così intatto e puro da non aver bisogno di nessun rinnovamento? È molto ingannevole simile persuasione, e chiunque tra le tentazioni di questa vita si crede immune da ogni ferita, invecchia in una grande stoltezza.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - mercoledì

Constituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes), 9-10

 

 

 

Lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio

 dalla costituzione “Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II

 

 

Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.

In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. È proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d'altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (Rm 7,14). Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo?

Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?

Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né “è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati” (At 4,12). Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che “è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli” (Eb 13,8).

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

Commento sul vangelo di Giovanni, 12, 22; PG 74, 729-736

(In l'Ora dell'Ascolto p. 647)

 

 

Beati quelli che pur non avendo visto crederanno

 

di San Cirillo Alessandrino nel quinto secolo

 

         Questa espressione del Salvatore è piena di una singolare provvidenza e ci può essere di massima utilità. Infatti anche in ciò ha provveduto non poco alle nostre anime, perché è buono, e « vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla coscienza della verità » (1 Tm 2, 4).

 

         Tutto ciò è veramente degno di ammirazione. Per offrire indistintamente a tutti gli uomini la credibilità della fede, era necessario aver pazienza con Tommaso che parlava in quel modo e con gli altri discepoli che ritenevano Cristo uno spirito e un fantasma ; e mostrare i segni dei chiodi e la ferita del costato, e prender cibo in modo inconsueto e senza necessità ; affinché non rimanesse assolutamente nessun motivo di incredulità in coloro che cercavano queste cose per poter credere.

 

         Ma chi invece accoglie ciò che non ha visto e crede vero ciò che il Maestro gli fa giungere alle orecchie, questi onora con grande fede colui che viene predicato. Perciò è detto beato chiunque crederà alla voce dei santi apostoli che, come dice Luca, furono « testimoni dei fatti e ministri della parola » (Lc 1, 2). Ad essi dobbiamo anche obbedire, se bramiamo la vita eterna e stimiamo cosa grande abitare nelle celesti dimore.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - giovedì

Omelie per la Risurrezione, 1-4

 

 

Mio Signore e mio Dio

 di Basilio di Seleucia nel quinto secolo

 

         “Metti il dito nel posto dei chiodi”. Mi cercavi quando io non c’ero, ora approfitta della mia presenza. Io conosco il tuo desiderio nonostante il tuo silenzio. Prima che tu me lo dica, io so quel che pensi. Ti ho sentito parlare e, pur invisibile, ero vicino a te, vicino ai tuoi dubbi; senza farmi vedere, ti ho fatto aspettare, per scrutare meglio la tua impazienza. “Metti il dito nel posto dei chiodi; e non essere più incredulo ma credente”.

 

         Allora Tommaso lo tocca, e s’infrange tutta la sua diffidenza;  pieno di una fede sincera e di tutto l’amore dovuto al suo Dio, grida: “Mio Signore e mio Dio!” E il Signore gli dice: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Tommaso, porta la novella della mia risurrezione a coloro che non mi hanno visto. Porta tutta la terra a credere non a quello che vede, bensì alla tua parola. Percorri i popoli e le città lontane. Insegna loro a portare la croce sulle spalle invece delle armi. Non fare null’altro che annunciare me: crederanno e mi adoreranno. Non esigeranno altra prova. Di’ loro che sono chiamati per grazia, e tu, contempla la loro fede: Beati, in verità, coloro che pur non avendo visto hanno creduto!

 

         Tale è l’esercito che arruola il Signore; tali sono i figli del fonte battesimale, le opere della grazia, la messe dello Spirito. Hanno seguito Cristo, pur senza averlo visto, l’hanno cercato e hanno creduto. L’hanno riconosciuto con gli occhi della fede, non con quelli del corpo. Non hanno messo il dito nel posto dei chiodi, ma si sono attaccati alla sua croce e hanno abbracciato le sue sofferenze. Non hanno visto il costato del Signore ma, per la grazia, si sono uniti alle sue membra e hanno fatto propria questa parola del Signore: “Beati coloro che pur non avendo visto hanno creduto!”

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - LODI - venerdì

           

Dicorsi,  30 : PL 52, 285-286

 

  

« Mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori!»

 

San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

         Dio è accusato di chinarsi verso l’uomo, di sedersi accanto al peccatore, di avere fame della sua conversione e sete del suo ritorno, di prendere il cibo della misericordia e la coppa della benevolenza. Eppure Cristo, fratelli miei, è venuto al pranzo; la Vita è venuta al convito per fare vivere insieme con sé quelli che erano destinati alla morte; giacque la Risurrezione perché coloro che giacevano si alzassero dalle loro tombe; la Bontà si è abbassata per elevare i peccatori al perdono; Dio è venuto all’uomo perché l’uomo giungesse a Dio; il Giudice è venuto al pranzo dei colpevoli per sottrare l’umanità dalla sentenza di condanna; il medico è venuto dai malati per ristabilirli mangiando con loro; il buon pastore ha chinato la spalla per riportare la pecora perduta all’ovile della salvezza.

 

         “Mangia in compagnia dei pubblicani e dei peccatori”. Ma chi è peccatore se non colui che rifiuta di vedersi tale? Non è forse affondare nel proprio peccato, e a dire il vero, identificarsi con esso, il cessare di vedersi peccatore? E chi è ingiusto se non colui che si giudica giusto?... Su, fariseo, confessa il tuo peccato, e potrai venire a mensa con Cristo; per te Cristo si farà pane, questo pane che verrà spezzato per il perdono dei tuoi peccati; Cristo diverrà per te il calice, questo calice che verrà versato per la remissione delle tue colpe. Su fariseo, condividi la mensa dei peccatori, e Cristo condividerà la tua mensa; riconosci che sei peccatore, e Cristo mangerà con te; entra con i peccatori al banchetto del tuo Signore, e potrai non essere più peccatore; entra con il perdono di Cristo nella casa della misericordia.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Omelie sui vangeli, I, 21 ; CCL 122, 149-151

(In l'Ora dell'Ascolto p.2610)

A tavola con Gesù

 

di San Beda il Venerabile nel settimo secolo

 

 

         « Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i suoi discepoli ». Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che Matteo non si limitò ad offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l’amore, gli preparò un convito molto più gradito nell’intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice : « Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap 3, 20).

 

         Gli apriamo la porte per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore, viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

 

 

Il digiuno degli amici dello Sposo

 

di San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

         « Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo spesso, i tuoi discepoli non digiunano ? » Perché per voi il digiuno è questione di legge e non un dono spontaneo. In se stesso, il digiuno non ha nessun valore. Ciò che importa è il desiderio di colui che digiuna. Quale profitto pensate trarre, voi che digiunate solo perché costretti ? Il digiuno è un aratro stupendo per arare il campo della santità : rivolta i cuori, sradica il male, estirpa il peccato, sotterra il vizio, semina la carità ; mantiene la fecondità e prepara la mietitura dell’innocenza. I discepoli di Cristo, invece, sono posti al cuore stesso del campo maturo della santità, raccolgono i covoni delle virtù, gioiscono del Pane della nuova raccolta : non possono dunque praticare digiuni ormai sorpassati.

 

         « Perché i tuoi discepoli non digiunano ? » Il Signore risponde loro : « Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo Sposo è con loro ? » Chi prende moglie lascia il digiuno da parte, abbandona l’austerità ; si dedica completamente alla gioia, partecipa ai banchetti ; si mostra in tutto affabile, amabile e allegro ; fa tutto ciò che gli ispira il suo affetto per la sua sposa. Il Cristo celebrava allora le sue nozze con la Chiesa : perciò accettava di prendere parte a dei convivi, e non si rifiutava a coloro che lo invitavano ; pieno di benevolenza e di amore, si mostrava umano, abbordabile, amabile. Voleva infatti unire l’uomo a Dio, e fare dei suoi compagni i membri della famiglia divina

 

XIII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI - sabato

 

 

La santa novità di vita degli amici dello Sposo

del Beato Guglielmo di Saint-Thierry, nel XII sec.

  

 

         La santa novità di vita degli amici dello Sposo è la sostanza dell’antica vita religiosa, la perfezione della pietà fondata da Cristo, l’antica eredità della Chiesa di Dio; prefigurata fin dal tempo dei Profeti e, sorto ormai il sole della nuova grazia, realizzata e rinnovata in Giovanni il Battista, celebrata dallo stesso Signore con grande intimità e ardentemente desiderata dai suoi discepoli alla sua stessa presenza.

 

         Non siate negligenti, non indugiate! Avete ancora tanta strada davanti. La vostra consacrazione è eccelsa, attraversa i cieli, raggiunge gli angeli ed è simile alla loro purezza. Infatti, non vi siete votati solamente ad ogni forma di santità, ma alla perfezione in ognuna di esse “e al vertice di ogni perfezione” (Sal 118, 96). Non è da voi adagiarsi nella pratica dei precetti ordinari né attendere semplicemente ai comandamenti di Dio, ma a ciò che Egli vuole da voi, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto ”(Rm 12, 1).

 

         Ad altri, infatti, il compito di servire Dio, a voi quello di immedesimarvi a Lui; ad altri credere in Dio, sapere che esiste, amarlo e venerarlo; a voi gustarlo, comprenderlo, conoscerlo e goderne. Ciò è grande e difficile, ma è buono e onnipotente colui che abita in voi, garante misericordioso, remuneratore fedele, aiuto instancabile. A coloro che, presi da grande amore per Lui, gli fanno grandi promesse e che, per la fede e la speranza nella sua grazia, intraprendono compiti superiori alle loro forze, Egli infonde la volontà e il desiderio necessari; ed avendo elargito dapprima la grazia di proporsi tali obiettivi, ha dato anche la forza per riuscirvi. E quando l’uomo avrà fatto tutto ciò che è nelle sue possibilità, nonostante il calunniatore e le sue calunnie, Egli con la sua misericordia renderà giustizia al suo povero servo e ne sosterrà la causa, perché quanto poteva fare, l’ha fatto.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

Cantate a Colui che è

di San Cromazio di Aquileia, nel IV sec.

 

 

         Il termine ebraico alleluia che echeggia continuamente nella chiesa, ci invita a rendere lode a Dio e a confessare la vera fede. Alleluia, dall’ebraico, si traduce: “Cantate a colui che è”, oppure : “Dio, benedici tutti noi”, e ancora : “Lodate il Signore”. Tutti questi elementi sono necessari per la nostra salvezza e per la nostra fede.

 

         Dobbiamo cantare a colui che è perché un tempo sia noi che i nostri antenati abbiamo cantato a coloro che non erano, cioè agli dèi pagani e ai simulacri degli idoli. Allora ricantava invano perché vane erano le cose che si adoravano. Dopo che siamo giunti alla fede e alla conoscenza divina, abbiamo incominciato a cantare a colui che è, cioè a Dio onnipotente, creatore del cielo e della terra. A buon diritto dobbiamo cantare a lui, perché se siamo e se viviamo non è per la nostra forza né per la nostra potenza, ma per la sua benevolenza e per la sua misericordia. Dunque a questo Dio così grande che è sempre stato e sempre è, dobbiamo cantare ciò che è degno, ciò che conviene alla lode della sua maestà, perché è eterno, onnipotente, immenso, creatore e salvatore del mondo, che ha tanto amato gli uomini da mandare anche il Figlio suo per la salvezza del mondo, come egli stesso dice nel vangelo : “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.” (Gv 3, 16)

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - Vespri Domenica

 

Il Cielo nella fede

 

 

 

« Proclamo la tua lode »

 

Beata Elisabetta della Trinità

 

         Siamo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo “a lode della sua gloria” (Ef 1, 6.11.12). Parla così san Paolo, istruito da Dio stesso. Come realizzare questo grande sogno del Cuore del nostro Dio, questo suo volere immutabile sulle nostre anime? Come, in una parola, rispondere alla nostra vocazione e diventare cioè perfette “lodi della gloria” della santissima Trinità?

 

         In cielo, ogni anima è lode di gloria al Padre, al Verbo, allo Spirito Santo, essendo ogni anima fissata nel puro amore, e non vivendo più della propria vita, ma della vita di Dio. Allora lo conosce, dice ancora San Paolo, come anch’essa è conosciuta da lui (1 Cor 13,12); in altri termini, il suo intendimento è l’intendimento di Dio, la sua volontà è la volontà di Dio, il suo amore è l’amore stesso di Dio. In realtà, è lo Spirito di amore e di fortezza che trasforma l’anima; infatti, essendole stato dato per sopperire alla sua mancanza, come dice ancora san Paolo, opera in essa questa gloriosa trasformazione (cfr Rm 8,26)...

 

         Lode di gloria, è un’anima che dimora in Dio, che lo ama di un amore puro e disinteressato, senza cercarsi nella dolcezza di tale amore; è un’anima che lo ama più di tutti i suoi doni, quand’anche non avesse ricevuto nulla da lui... Una lode di gloria è un essere sempre in azione di grazie. Ogni suo atto, ogni suo moto, ogni suo pensiero, ogni sua aspirazione allo stesso tempo la radica più profondamente nell’amore, ed è un’eco del Sanctus eterno.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mt 9, 32-38

Omelia del 3/5/1850,

in Omelie, istruzioni e allocuzioni,

1885, t.II

 

 

« La messe è molta, ma gli operai sono pochi »

 

Lacordaire nel diciannovesimo secolo

 

 

         È forse stata rivolta a uomini poco numerosi e scelti questa parola : « Andate ed ammaestrate » (Mt 28, 19) ? L’apostolato è forse una particolarità nella Chiesa cattolica, oppure è una generalità ? Cristo ha forse detto soltanto ai suoi discepoli « andate ed ammaestrate » ? No, la Chiesa tutta intera è solidale con tutto ciò che viene fatto nella Chiesa. C’è una comunione di tutto e in tutto fra tutti i membri della famiglia di Cristo. Dire : « Questo è il dovere di tali cristiani nella Chiesa e non è il mio dovere » è dire una parola anticristiana. San Pietro, rivoltandosi ai primi fedeli, diceva loro : « Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce » (1 Pt 2, 9). Eredi della luce dai nostri antenati, siamo i dispensatori della luce ai nostri contemporanei e alla nostra posterità.

 

         Non soltanto per voi il « sole di giustizia » (Mal 4, 2) è stato acceso in voi ; ma affinché risplenda tutto attorno a voi. Nella natura, i vostri occhi non hanno ricevuto la luce allo scopo di tenerla ; la riflettono. Portano fuori il vostro animo e chiunque vuole comunicare con voi vi guarda negli occhi per discernervi la luce che vi si trova, che è il vostro spirito. Tutto quello che siete risplende. Perciò, se le vostre facoltà naturali, e tutte le vostre potenze risplendono, quanto più dovete risplendere nell’ordine soprannaturale !

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 9, 32-38 

Sermons on Subjects of the Day, § 21

 

 

« Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore »

 

Cardinal John Henry Newman  nel diciannovesimo secolo

 

 

         Guardatevi intorno, fratelli miei… ; perché tanti cambiamenti e lotte, tanti partiti e sette, tante credenze ? Perché gli uomini sono insodisfatti e inquieti. E perché sono inquieti, ognuno con il proprio salmo, la propria dottrina, la propria lingua, la propria rivelazione, la propria interpretazione ? Sono inquieti perché non hanno trovato. Purtroppo ! è proprio così in questo paese, detto cristiano : tanti uomini non hanno tratto quasi nulla dalla religione, se non una sete per ciò che non possiedono, una sete cioè della vera pace, insieme con la febbre e l’agitazione generate dalle sete. Eppure tutto ciò non li ha ancora portato alla presenza di Cristo che è « pienezza della gioia » (Gv 15,11) e « dolcezza senza fine » (Sal 15,11)…

 

         Triste spettacolo : il popolo di Cristo erra sui colli « come pecore senza pastore ». Invece di cercarlo nei luoghi che egli ha sempre frequentato e nella dimora che egli ha stabilita, si affaccenda con espedienti umani, segue guide straniere e si lascia affascinare da opinioni nuove, diventa il burattino del caso e dell’umore del momento e la vittima della volontà propria. È pieno di ansietà, di perplessità, di gelosia e di allarme, « sbalottato dalle onde e portato qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore » (Ef 4,14). Tutto ciò perché non cercano questo « unico Corpo, questo unico Spirito, questa unica Speranza della loro vocazione, questo unico Signore, questa unica fede, questo unico battesimo, questo unico Dio Padre di tutti » (Ef 4, 5-6) per poter trovarvi « ristoro per le loro anime » (Mt 11,29).

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 10, 1-7

Prima Apologia, 39-42

 

 

« Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino »

 

San Giustino nel secondo secolo

 

 

         Quando lo Spirito profetico annuncia il futuro, ecco come parla: «Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,3).

         Queste parole si sono realizzate in un modo molto convincente . Dodici uomini sono andati via da Gerusalemme per percorrere la terra. Erano uomini semplici e non sapevano parlare. Eppure, in virtù della potenza divina, hanno annunciato a tutti gli uomini che erano stati mandati da Cristo per insegnare a tutti la parola di Dio. E noi, che un tempo non sapevamo far altro che ucciderci l’un l’altro, non soltanto non combattiamo più i nostri nemici, ma, per non mentire, né ingannare i nostri giudici, confessiamo Cristo con gioia e moriamo martiri…

         Ascoltate ciò che è stato detto riguardo a coloro che avrebbero annunciato la sua venuta. Parla il re profeta Davide, ispirato dallo Spirito profetico: «Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono. Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» (Sal 18, 2) … In un’altra profezia, lo Spirito profetico annuncia allo stesso Davide: «Da tutta la terra, cantate al Signore un canto nuovo, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza… dite tra i popoli il Signore regna » ( Sal 95)

         Davide ha fatto questa profezia millecinquecento anni prima che Cristo fatto uomo fosse crocifisso; ora prima di lui, nessuno è stato crocifisso per la salvezza delle nazioni, e neanche dopo di lui. Invece, nostro Gesù Cristo è stato crocifisso, è morto, è risuscitato, è salito in cielo dove regna e questa buona notizia, sparsa nel mondo intero dagli apostoli, è la gioia di coloro che aspettano l’immortalità che egli ha promesso.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 10, 1-7

 

 

 

« Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele »

 

Isacco della Stella nel dodicesimo secolo

 

 

         Cristo è venuto a cercare l’unica pecora che si era persa (Mt 18, 12). È per lei che il Buon Pastore è stato mandato nel tempo, lui, che da sempre è stato promesso ; per lei è nato ed è stato inviato. È unica, proveniente sia dei giudei che dalle nazioni, proveniente da tutte le nazioni, unica nel mistero, molteplice nelle persone, molteplice nel corpo, secondo la natura, unica nello Spirito secondo la grazia, insomma, una sola pecora, e una folla senza numero. Questo è il motivo per cui, Colui che è venuto a cercare l’unica pecora, è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele » (Mt 15, 24). Ora ciò che il pastore riconosce come suo « nessuno lo rapirà dalla sua mano » (Gv 10, 28). Poiché non si può costringere la potenza, ingannare la saggezza, distruggere la carità.

 

Perciò egli parla con franchezza, dicendo : « Di coloro che mi hai dato, nessuno è andato perduto » (Gv 17, 12). Ed è stato mandato come verità per coloro che erano stati ingannati, come vita per coloro che erano morti, come saggezza per coloro che erano insensati, come rimedio per i malati, come riscatto per i prigionieri e come cibo per quelli che morivano di fame. In tutti loro, si può dire che è stato mandato « alle pecore perdute della casa d’Israele », affinché, non fossero perdute per sempre.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 10, 7-15

Commento sul Diatèssaron

8,3-4 ; SC 121, 159

 

« Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenderà sopra di essa »

 

Sant’Efrem Siro nel quarto secolo

 

 

         « In qualunque casa entriate, prima dite : Pace a questa casa » (Lc 10,5) affinché il Signore stesso vi entri e vi soggiorni, come presso Maria… Questo saluto è il mistero della fede che illumina il mondo ; in esso, l’inimicizia viene spenta, la guerra fermata e gli uomini si riconoscono a vicenda. L’effetto di questo saluto era nascosto da un velo, nonostante la prefigurazione del mistero della risurrezione… quando sorge la luce e l’aurora caccia la notte. A partire da questo invio di Cristo, gli uomini hanno cominciato a dare e a ricevere questo saluto, fonte di guarigione e di benedizione…

 

         Tale saluto, con la sua potenza nascosta… basta ampiamente per tutti gli uomini. Per questo il Nostro Signore l’ha mandato con i suoi discepoli come annunciatori, affinché esso realizzasse la pace e, portato dalla voce degli apostoli, suoi inviati, preparasse la via davanti a loro. Esso era seminato in ogni casa… ; entrava in tutti coloro che lo intendevano, per separare e mettere da parte i suoi figli che esso riconosceva. In essi rimaneva, mentre denunziava coloro che gli erano stranieri, poiché non lo accoglievano.

 

         Questo saluto di pace non inaridiva, sgorgando dagli apostoli verso i loro fratelli, svelando i tesori inesauribili del Signore… Presente in coloro che lo davano e in coloro che lo accoglievano, quest’annuncio di pace non ne subiva né diminuzione, né divisione. Dal Padre, annunciava che egli è vicino a tutti e in tutti ; dalla missione del Figlio, rivelava che egli è in persona presso tutti, anche se la sua dimora è presso il Padre suo. Non smette di proclamare che le figure sono ormai compiute e che la verità caccia finalmente le ombre.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 10, 7-15

Omelie sui vangeli, 6

 

 

 

« Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date »

 

San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Potete anche voi, se lo volete, meritare quel bel nome di messaggero di Dio. Infatti, se ognuno di voi, secondo le sue possibilità, nella misura in cui ne ha ricevuto l’ispirazione dal cielo, distoglie il suo prossimo dal male, si prende cura di portarlo al bene, richiama allo smarrito il Regno o il castigo che lo aspettano nell’eternità, è certamente un messaggero delle sante parole di Gesù. E nessuno venga a dirmi: Sono incapace di ammaestrare gli altri, di esortarli. Fate almeno il possibile, perché un giorno non vi sia domandato il conto del talento ricevuto e disgraziatamente conservato. Infatti, il servo della parabola non aveva neanche lui ricevuto più di un talento, ed ha preferito nascondere in suo talento invece di farlo fruttare (Mt 25,14)...

 

         Trascinate gli altri con voi; siano i vostri compagni sulla strada che conduce a Dio. Quando, andando sulle piazze, incontrate qualche sfaccendato, invitatelo dunque ad accompagnarvi. Infatti le vostre stesse azioni quotidiane servono a unirvi agli altri. Stavate andando a Dio? Provate di non arrivarvi soli. Che colui che ha già sentito nel suo cuore la chiamata dell’amore divino, ne tragga per il suo prossimo una parola di incoraggiamento.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

(Prologo 4-22; cap. 72, 1-12; CSEL 75, 2-5. 162-163)

 

 

Non antepongano a Cristo assolutamente nulla

 

Dalla «Regola» di san Benedetto nel sesto secolo

 

 

         Prima di ogni altra cosa devi chiedere a Dio con insistenti preghiere che egli voglia condurre a termine le opere di bene da te incominciate, perché non debba rattristarsi delle nostre cattive azioni dopo che si è degnato di chiamarci ad essere suoi figli. In cambio dei suoi doni, gli dobbiamo obbedienza continua. Se non faremo così, egli come padre sdegnato, sarà costretto a diseredare un giorno i suoi figli e, come Signore tremendo, irritato per le nostre colpe, condannerà alla pena eterna quei malvagi che non l'hanno voluto seguire alla gloria.

         Destiamoci, dunque, una buona volta al richiamo della Scrittura che dice: E' tempo ormai di levarci dal sonno (cfr. Rm 13, 11). Apriamo gli occhi alla luce divina, ascoltiamo attentamente la voce ammonitrice che Dio ci rivolge ogni giorno: «Oggi se udite la sua voce non indurite i vostri cuori» (Sal 94, 8). E ancora: «Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese» (Ap 2, 7).

E che cosa dice? Venite, figli, ascoltate, vi insegnerò il timore del Signore. Camminate mentre avete la luce della vita, perché non vi sorprendono le tenebre della morte (cfr. Gv 12, 35).

         Il Signore cerca nella moltitudine del popolo il suo operaio e dice: C'è qualcuno che desidera la vita e brama trascorrere giorni felici? (cfr. Sal 33, 13). Se tu all'udire queste parole rispondi: Io lo voglio! Iddio ti dice: Se vuoi possedere la vera e perpetua vita, preserva la lingua dal male e le tue labbra non pronunzino menzogna: fuggi il male e fa` il bene: cerca la pace e seguila (cfr. Sal 33, 14-15). E se farete questo, i miei occhi saranno sopra di voi e le mie orecchie saranno attente alle vostre preghiere: prima ancora che mi invochiate dirò: Eccomi.

         Che cosa vi è di più dolce, carissimi fratelli, di questa voce del Signore che ci invita? Ecco, poiché ci ama, ci mostra il cammino della vita.

 

XIV° settimana Tempo Ordinario -VESPRI  Venerdì

Discorso ai Giovanni,  Norcia, Italia 23/3/80

 

 

 

L’esempio di San Benedetto : « Ora et labora

 

Giovanni Paolo II

 

 

         I tempi, in cui si inserisce la vicenda spirituale di san Benedetto, erano densi di intime contraddizioni, di ambigue ed utopistiche aspirazioni, di vani propositi di grandezza ; … Il santo di Norcia, tuttavia, nutrito delle certezze della fede, riaffermò la forza di un cristianesimo maestro di dignità morale, di libertà spirituale, ed insieme artefice di civiltà.

 

La conquista di spazi interiori, che offrano a Dio il giusto posto nello spirito umano, tutto quell’impegno, insomma, che potremmo contraddistinguere col primato dell’“ora”, del “prega”, non è assolutamente in contrasto, ma anzi concede respiro e dona intuizione creativa alla vera apertura verso la sfera sociale, verso il sofferto dovere quotidiano, verso le vive forze del lavoro e della cultura, animando così di fervido afflato, di spirito di servizio il grande e travagliato mondo del “labora”.

 

Voi avete avvertito l’urgente bisogno di incontrarvi con l’assoluto e quindi avete scoperto l’importanza dell’interiorità, del silenzio, della meditazione, per poter cogliere il senso definitivo e rappacificante della propria esistenza. Avete assaporato la dolcezza della preghiera e di quella sempre rinnovata e perseverante riconciliazione di amicizia col Signore, stabilita nei cuori da un atteggiamento esistenziale di umile ed operosa ubbidienza al Padre celeste. Con san Benedetto, allora, vi rivolgerò il paterno invito: “ascoltate, o figli, gli insegnamenti dei veri maestri, e rendete attenti i vostri cuori nel silenzio orante… Mettetevi spesso di fronte al Maestro interiore ….”

 

 La carità e l’amore si manifestano nella sollecitudine per il prossimo ed in un aperto dialogo con i fratelli, rispettandone la dignità ed essendo disponibili ad un’osmosi di reciproci contributi… Pieno di delicatezza nel trattare i monaci, nell’accogliere i pellegrini, nel curare i malati, il santo elenca tra gli strumenti per operare rettamente: « soccorrere i poveri,... visitare i malati,... aiutare chi è colpito da sventura, consolare gli afflitti,... nulla anteporre all’amore di Cristo » (Regola, IV).

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Commento sul salmo 118, 20 ;

CSEL 62, 467s

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2639)

 

 

 

Riconoscere Cristo davanti agli uomini

 

Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         Ogni giorno tu sei testimone di Cristo. Sei stato tentato dallo spirito di impurità, ma... hai conservato la castità dell’anima e del corpo: sei martire, cioè testimone, di Cristo... Sei stato tentato dallo spirito di superbia, ma, vedendo il misero e il povero, ne hai sentito profonda pietà e hai amato l’umiltà più che l’arroganza: sei testimone di Cristo. E, quel che è più, hai reso testimonianza non soltanto a parole, ma anche con le opere.

 

         Quale uomo infatti, è testimone più autorevole e credibile di chi attesta “che Gesù Cristo è venuto nella carne” (1 Gv 4,2) proprio osservando le norme del Vangelo?... Dio solo sa quanti soffrono quotidianamente il martirio in segreto e confessano nel loro cuore il Signore Gesù Cristo! L’Apostolo conobbe questo martirio e questa fedele testimonianza a Cristo, egli che disse: “Questo infatti è il nostro vanto e la testimonianza della coscienza” (2 Cor 1,12). Si verifica anche il contrario. Quanti hanno confessato esternamente e negato internamente! Perciò sii fedele e forte nelle persecuzioni interne, per essere approvato anche in quelle che sono pubbliche. Anche nelle persecuzioni interne ci sono re e prèsidi e giudici terribili per il loro potere. Hai un esempio nella tentazione che ha subìto il Signore (Mt 4,1).

 

XIV° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

Il cristiano nella persecuzione e nel tempo di pace

 San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         «Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi » (Rm 8, 18). Chi dunque non si sforzerebbe in tutti i modi di raggiungere tanta gloria da divenire amico di Dio, da entrare subito nel gaudio di Cristo, in modo che, dopo i momenti e i supplizi della terra, possa ricevere i premi del cielo? Per i soldati della terra è un titolo di gloria ritornare in patria trionfanti, dopo che hanno vinto il nemico. Ma non sarà, allora, molto più grande, molto Più stimabile, la gloria di chi ritorna trionfante in paradiso, dopo aver vinto il diavolo?

 

         Nel luogo da cui Adamo peccatore fu cacciato, là riporteremo trofei vittoriosi, dopo aver gettato a terra colui che ci aveva dapprima ingannati. Offriremo a Dio come dono graditissimo la nostra fede incontaminata, la virtù della mente intatta, e la lode luminosa della nostra devozione. Ci accompagneremo a lui quando verrà il momento di ottenere la vendetta sui nemici. Staremo al suo fianco quando si siederà per giudicare. Saremo fatti coeredi di Cristo e reso uguali agli angeli. Avremo la gioia di possedere il regno celeste insieme ai patriarchi, agli apostoli, ai profeti.

 

         Un cuore pieno di queste promesse diventa saldo; un animo certo di tale premio, non potrà essere piegato da nessun terrore del diavolo e da nessuna minaccia del mondo; l’animo, dico, corroborato dalla fede certa e solida nella vita futura

 

XV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Allocuzione del 9/4/1975

 

« Pace a voi »

 

Papa Paolo VI

 

 

Fermiamo la nostra attenzione sull’improvviso saluto, tre volte ripetuto nel medesimo contesto evangelico, di Gesù risorto, apparso ai suoi discepoli, raccolti e chiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei ; il saluto che doveva essere allora consueto, ma che nelle circostanze in cui è pronunciato acquista una pienezza stupefacente ; lo ricordate, è questo : « Pace a voi ! » Un saluto che era risuonato nel canto angelico del Natale (Lc 2, 14) : « Pace in terra » ; un saluto biblico, già preannunciato come promessa effettiva del regno messianico (Gv 14, 27), ma ora comunicato come una realtà che è inaugurata da quel primo nucleo di Chiesa nascente : la pace, la pace di Cristo vittorioso della morte e delle sue cause vicine e lontane, dei suoi effetti tremendi ed ignoti.

 

Gesù risorto annuncia, anzi infonde la pace agli animi smarriti dei suoi discepoli. È la pace del Signore nel suo primo significato, quello personale, quello interiore, quello che S. Paolo iscrive nella lista dei frutti dello Spirito, dopo la carità e il gaudio, quasi confuso con essi (Ga 5, 22). Che cosa v’è di meglio per un uomo cosciente ed onesto ? La pace della coscienza non è il migliore conforto che noi possiamo trovare in noi stessi? …

 

        La pace della coscienza è la prima autentica felicità. Essa aiuta ad essere forti nelle avversità ; essa conserva la nobiltà e la libertà della persona umana nelle condizioni peggiori, in cui essa si può trovare ; la pace della coscienza per di più rimane la fune di salvataggio, cioè la speranza, … quando la disperazione dovrebbe avere il sopravvento nel giudizio di sé. … È il primo dono fatto da Cristo risorto ai suoi, cioè il sacramento del perdono, un perdono che risuscita.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Discorso su Lazzaro § 2

 

« Chi ha orecchi intenda ! »

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Un seminatore andò a seminare, e una parte del seme cadde sulla strada, un’altra in un luogo sassoso, un’altra sulle spine, e un’altra sulla terra buona. Tre parti furono perse, una sola diede frutto. Eppure il seminatore non cessò di coltivare il suo campo ; per lui è sufficiente che una parte sia conservata per non sospendere i lavori. In questo momento, è impossibile che il seme che sto lanciando in mezzo a un uditorio così numeroso non germogli. Se non tutti mi ascoltano, un terzo ascolterà. Se non un terzo, almeno un decimo ; se neanche un decimo ascolta, purché ascolti un solo membro di questa assemblea, io non cesserò di parlare.

 

         Non è poca cosa la salvezza, anche di una sola pecora. Il Buon Pastore lasciò le novantanove per correre dietro a quella perduta (Lc 15, 4). Io non posso disprezzare nessuno. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque un uomo, una persona tanto cara agli occhi di Dio. Fosse anche uno schiavo, non lo disdegnerei ; infatti non cerco la condizione sociale, bensì il valore personale, non il potere o la schiavitù, ma un uomo. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque l’uomo, per il quale il sole, l’aria, le fonti e il mare sono stati creati, i profeti sono stati mandati, la Legge è stata data. È comunque per questa persona che il Figlio unico di Dio si è fatto uomo. Il mio Maestro è stato immolato, il suo sangue è stato versato per l’uomo, e io oserei disprezzare qualcuno ?

 

         No, non cesserò di seminare la parola, anche se nessuno mi ascoltasse. Sono medico, propongo i miei rimedi. Devo insegnare, mi è stato ordinato di ammaestrare ; infatti sta scritto : « Ti ho posto come sentinella alla casa d’Israele » (Ez 3, 17).

 

XV° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Mt 11, 20-24

 

A Simple Path, 69

 

  

Chiamati a scegliere di amare e di essere amati

 Beata Teresa di Calcutta  nel ventesimo secolo

 

 

         Tutti siamo capaci di fare il bene come di fare il male. Non siamo nati cattivi : ognuno ha in sè qualcosa di buono ; alcuni lo nascondono, altri lo trascurano ; ma la bontà c’è. Dio ci ha creati per amare ed essere amati ; perciò scegliere una via o l’altra è una specie di test mandato da Dio. Trascurare di amare può portarci a dire di sì al male e allora non ci accorgiamo fin dove questo può condurci… Per fortuna, abbiamo il potere di superare tutto con la preghiera.

 

         Se ci volgeremo verso Dio, diffonderemo la gioia e l’amore su tutti coloro che ci circondano. Invece, se il male si impadronisce di noi, diffonderemo il male attorno a noi. Se siamo accanto a qualcuno che sta sulla via del male, facciamo tutto per aiutarlo e per mostrargli che Dio si prende ancora cura di lui. Preghiamo forte affinché riscopra la preghiera,  riveda Dio dentro di sè e lo ritrovi negli altri… Tutti siamo stati creati dalla stessa mano amorevole. L’amore di Cristo è sempre più forte del male nel mondo. Abbiamo quindi bisogno di amare e di essere amati. Questo è semplicissimo, e non dovrebbe necessitare una tale battaglia.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 11, 20-24

 

Exposizioni sui 7 salmi penitenziali ;

PL 79, 581s

 

 

 

« Gesù si mise a rimproverare le città... che non si erano convertite »

 

San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Gridiamo con Davide; ascoltiamolo piangere e versiamo lacrime insieme con lui. Vediamo come egli si rialza e rallegriamoci con lui: “Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà” (Sal 50,3).

 

         Poniamo davanti agli occhi della nostra anima un uomo gravemente ferito, in procinto di esalare l’ultimo respiro, che giace nudo nella polvere. Desiderando che giunga il medico, geme e prega di aver pietà colui che capisce il suo stato. Ora il peccato è una ferita dell’anima. Tu che sei questo ferito, impara che dentro di te sta il tuo medico e svela per lui le piaghe dei tuoi peccati. Che senta il gemito del tuo cuore, lui che conosce ogni pensiero segreto. Che le tue lacrime lo scuotano, e se bisogna cercarlo con insistenza, dal fondo del tuo cuore fa salire verso di lui profondi sospiri. Il tuo dolore salga a lui e ti sia detto, come a Davide: “Il Signore ha cancellato il tuo peccato” (2 Sam 12,13).

 

         “Pietà di me, o Dio, nella tua grande bontà”. Coloro che sminuiscono le loro colpe perché non conoscono questa grande bontà, attirano verso di loro poco bontà. Quanto a me, sono caduto pesantemente, ho peccato con cognizione di causa. Ma tu, medico Onnipotente, correggi coloro che ti disprezzano, istruisci coloro che ignorano la loro colpa, e perdoni a coloro che te la confessano.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 11,25-27

 

Discorso 34 sull’Antico Testamento,

1,6 : CCL 41, 423-426.

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Padre, ... ti rendo lode »

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Siamo stati esortati a cantare al Signore un cantico nuovo (Sal 149,1). L'uomo nuovo conosce il cantico nuovo. Il cantico è un fatto d'allegrezza e, se consideriamo la cosa con maggior diligenza, è un fatto d'amore, sicché chi sa amare la vita nuova sa cantare il cantico nuovo. Occorre quindi che ci si precisi quale sia la nuova vita a motivo del cantico nuovo. Rientrano infatti nell'unico regno tutte queste cose: l'uomo nuovo, il cantico nuovo, il testamento nuovo, per cui l'uomo nuovo e canta il cantico nuovo e appartiene al Testamento nuovo.

 

         Eccomi - dici - io sto cantando. Stai cantando, è vero, stai cantando : lo ascolto. Ma che la tua vita non proferisca testimonianza contrastante con la tua lingua. Cantate con le voci, cantate con i cuori; cantate con le labbra, cantate con i costumi. « Cantate al Signore un cantico nuovo ». Volete sapere cosa occorra cantare di colui che amate? Vuoi conoscere le sue lodi per cantarle. « La sua lode nella Chiesa dei santi » (Sal 149,1). La lode da cantare è lo stesso cantore. Volete innalzare lodi a Dio? Siate voi la lode che volete proferire; e sarete sua lode se vivrete bene.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 11, 25-27

Trattato sulla Trinità 2, 6-7

 

 

« Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il figlio lo voglia rivelare »

 Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Dal Padre viene tutto quanto esiste. Lui in persona, in Cristo e per Cristo, è all’origine di tutto. Del resto, è in se stesso il suo essere, e non riceve da nessuno quello che è… È infinito perché non sta in qualche luogo, ma tutto è in lui… È prima del tempo, il tempo viene da lui. Il tuo pensiero corra dietro a lui, se credi di giungere ai limiti del suo essere, sempre lo ritroverai, perché mentre avanzi senza sosta verso di lui, la meta verso la quale ti dirigi si allontana sempre di più… Tale è la verità del mistero di Dio, tale è l’espressione della natura impenetrabile del Padre… Per esprimerla, la parola può soltanto tacere, per scrutarlo, il pensiero rimane inerte, e per  afferrarlo, l’intelligenza si sente allo stretto.

 

Eppure, questo nome di Padre indica la sua natura : egli è in tutto Padre. Infatti non riceve da nessuno, come gli uomini, il fatto di essere Padre. Egli è l’Eterno non generato… È conosciuto soltanto dal Figlio poiché : « Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare », e « Nessuno conosce il Figlio se non il Padre ». Tutti e due si conoscono l’un l’altro e questa conoscenza mutua è perfetta. Perciò, poiché : « Nessuno conosce il Padre se non il Figlio », riteniamo dal Padre il solo pensiero conforme a quello che è stato rivelato a noi dal Figlio, l’unico « testimone fedele » (Ap 1, 5).

 

È meglio pensare a quanto riguarda il Padre che parlarne. Infatti ogni parola è incapace di tradurre le sue perfezioni… Possiamo soltanto riconoscere la sua gloria, avere di essa una certa idea, e provare di precisarla con l’immaginazione. Ma il linguaggio degli uomini prova la sua impotenza e le parole non spiegano la realtà così come è… Perciò, per quanto riconosciamo Dio, dobbiamo rinunciare a chiamarlo : qualsiasi siano le parole usate, non potranno esprimere Dio così come egli è, né tradurre la sua grandezza… Dobbiamo credere in lui, provare di comprenderlo e adorarlo ; facendo questo, parleremo di lui.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 11,28-30

 

  

« Venite a me, voi tutti che siete affaticati »

 Filosseno di Mabbug nel quinto secolo

 

 

Venite a me, e io vi ristorerò… Avete assaggiato la via del mondo ; assaggiate ora la mia, e se non vi piace, la fuggirete ; avete portato i fardelli pesanti del mondo, e avete sentito quanto sono pesanti : lasciatevi persuadere e prendete il mio giogo sopra di voi ; imparerete con l’esperienza quanto esso sia dolce e leggero. Non farò di voi dei ricchi come quelli che hanno bisogno di tante cose, ma dei veri ricchi che non hanno bisogno di nulla ; perché il ricco non è colui che possiede molto, ma colui a cui non manca nulla. Con me, se rinuncerete a tutto, sarete ricchi… Invece se cercherete di saziare le vostre cupidigie, esse vi affameranno. La fame vien mangiando : quanto più il ricco si arricchisce, tanto più è povero ; quanto più il denaro si accumula, tanto più vuole accumularsi ; quanto più si acquista, tanto più si vuole acquistare…

 

         Venite a me, voi tutti che siete affaticati dalla ricchezza, e riposatevi nella povertà ; venite, padroni di beni e di averi e provate il piacere della rinuncia. Venite, amici del mondo che passa e provate il gusto del mondo eterno. Avete sperimentato il vostro mondo : venite a  sperimentare il mio. Avete provato la vostra ricchezza, venite a provare la mia povertà. La vostra ricchezza è una ricchezza, la mia povertà è la ricchezza. Non è grande cosa che la ricchezza sia chiamata una ricchezza. Invece è ammirabile e grande che la povertà sia la ricchezza, e l’umiltà, la grandezza.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 11, 28-30           

 

Specchio della carità, I, 30-31

 

 

« Il mio giogo è dolce »

 Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

 

         Coloro che si lamentano della durezza del giogo del Signore, forse non hanno rigettato completamente il giogo pesantissimo della cupidigia del mondo o, se l’hanno rigettato, si sono di nuovo assoggettati ad esso, a loro massima vergogna. Fuori, portano il giogo del Signore, ma dentro sottomettono le loro spalle al fardello delle preoccupazioni del mondo. Attribuiscono alla pesantezza del giogo del Signore le pene e le fatiche che loro stessi si infliggono... Quanto al giogo del Signore, “è dolce e il suo carico leggero”.

 

         Infatti cos’è più dolce, cos’è più glorioso del vedersi elevato al di sopra del mondo per il disprezzo che abbiamo di esso e, collocato all’apice grazie alla pace della coscienza, avere il mondo intero ai piedi? Non vediamo allora più nulla da desiderare, nulla da temere, nulla da invidiare, nulla che potrebbe esserci tolto, nessun male che potrebbe esserci arrecato dagli altri. Lo sguardo del cuore si rivolge verso “l’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce, conservata nei cieli per noi” (1 Pt 1,4). Con questo genere di elevazione  di animo, si tengono in poco conto le ricchezze del mondo: passano; i piaceri della carne: si macchiano; i fasti del mondo: marciscono; e nella gioia si riprende questa parola del profeta: “Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo. Secca l’erba, il fiore appassisce ma la Parola del nostro Dio dura sempre” (Is 40,6-8)... Nella carità, e solo nella carità, risiedono la vera tranquillità, la vera mitezza, poiché la carità è il giogo del Signore.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Mt 12, 1-8


Discorsi sul libro dei Numeri,

 23 ; SC 29, 444

 

 

« Il Figlio dell’uomo è signore del Sabato »

 

Origene nel terzo secolo



 

         Non vediamo che le parole della Genesi : « Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (2,2), si siano realizzate in quel settimo giorno della creazione, neppure che si realizzino oggi. Vediamo infatti sempre Dio al lavoro. Non c’è sabato in cui Dio cessi di lavorare, né giorno in cui non faccia « sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti » (Mt 5,45), in cui non faccia « germogliare l’erba sui monti » (Sal 146,8)…, in cui non faccia « morire e vivere » (1 Sam 2,6).

 

         Perciò il Signore risponde a coloro che lo accusavano di lavorare e di guarire il giorno di sabato : « Il Padre mio opera sempre e anch’io opero » (Gv 5,17). Mostrava così che, durante il tempo di questo mondo, non c’è sabato in cui Dio cessi di vegliare sulla marcia del mondo e sui destini del genere umano… Nella sua sapienza creatrice, egli non cessa di esercitare sulle sue creature la sua provvidenza e benevolenza, « fino alla fine del mondo » (Mt 28,20). Quindi il vero sabato in cui Dio cesserà da ogni suo lavoro sarà il mondo futuro, quando « fuggiranno tristezza e pianto » (Is 35,10), e Dio sarà « tutto in tutti » (Col 3,11).

 

XV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Mt 12, 1-8    

Le Confessioni, Libro 13, cap. 35-38

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Il Figlio dell’uomo è signore del Sabato »

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito, donaci la pace (Is 26,12), la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto. Tutta questa stupenda armonia di cose ‘molto buone’ (Gen 1,31), una volta colmata la sua misura, è destinata a passare. Esse ebbero un mattino, e una sera. Ma il settimo giorno è senza tramonto e non ha occaso. L'hai santificato per farlo durare eternamente. Il riposo che prendesti al settimo giorno, dopo compiute le tue opere buone assai pur rimanendo in riposo, è una predizione che ci fa l'oracolo del tuo Libro: noi pure, dopo compiute le nostre opere, buone assai per tua generosità (Is 26,12), nel sabato della vita eterna riposeremo in te. Anche allora sarai tu a riposare in noi, come ora sei tu a operare in noi. Sarà, quello, un riposo tuo per mezzo nostro, come sono, queste, opere tue per mezzo nostro.

Tu però, Signore, operi sempre e riposi sempre... Noi ora siamo spinti a fare il bene, dopo che il nostro cuore ne ebbe il concetto dal tuo spirito, mentre prima eravamo spinti a fare il male abbandonandoti; ma tu, Dio unico buono, mai cessasti di fare il bene. Possono alcune opere nostre essere buone, certamente per tuo dono, ma non eterne; eppure dopo di esse speriamo di riposare nella tua grandiosa santità. Tu però, Bene mancante di nessun bene, riposi eternamente, poiché tu stesso sei il tuo riposo.

La comprensione di questa verità quale uomo potrà darla a un uomo? quale angelo a un angelo? quale angelo a un uomo? Chiediamo a te, cerchiamo in te, bussiamo da te. Cosi, così otterremo, così troveremo, così ci sarà aperto (Mt 7,8).

 

XV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Mt 12, 14-21

 

Contro Marcione,

III, 2, 27 ; PL II, 316-317

  

 « Ecco il mio servo... Non contenderà, né griderà »

 Tertulliano nel secondo secolo

  

         Dio non poteva vivere con gli uomini, senza assumere un modo umano di pensare e di agire. Per questo ha velato sotto l’umiltà lo splendore della sua maestà, che la debolezza umana non avrebbe potuto sopportare. Questa non era degna di lui, ma era necessaria all’uomo, e di conseguenza diveniva degna di Dio. Nulla infatti è tanto degno di Dio quanto la salvezza dell’uomo...

 

         Quanto viene perso da Dio, viene guadagnato dall’uomo. Cosicché tutti gli abbassamenti che il mio Dio ha sopportato per essere vicino a noi sono il sacramento della salvezza degli uomini. Dio agiva con gli uomini, perché loro imparassero ad agire in modo divino. Dio trattava l’uomo da pari a pari, perché l’uomo potesse agire da pari a pari con Dio. Dio si è fatto piccolo perché l’uomo diventasse grande.

 

XV° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI  Sabato

 

 

Lo Spirito intercede per noi

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

          Vi sono tante cose che noi rigettiamo, rifiutiamo, disprezziamo, quando la loro immagine si affaccia alla nostra mente. Sappiamo che non è ciò che cerchiamo, quantunque non sappiamo ancora come sia in realtà l’oggetto dei nostri desideri.

 

         Vi è dunque in noi, per così dire, una dotta ignoranza, ma istruita dallo Spirito di Dio, che aiuta la nostra debolezza. Avendo infatti detto l’Apostolo: «Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza», subito aggiunge: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori  sa quali sono i desideri dello Spirito, perché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm 8, 25-27).

 

         Non dobbiamo intendere però questo nel senso che lo Spirito Santo di Dio, il quale nella Trinità è Dio immortale e un solo Dio con il Padre e il Figlio, interceda per i santi, come uno che non sia quello che è, cioè Dio. In realtà è detto: «Intercede per i santi», perché muove i santi alla preghiera. Allo stesso modo è scritto: «Il Signore vostro Dio vi mette alla prova per sapere se lo amate» (Dt 13, 4), cioè per far conoscere a voi stessi se lo amate.

 

         Lo Spirito di Dio dunque muove i santi a pregare con gemiti inesprimibili, ispirando loro il desiderio di una cosa tanto grande, ma ancora sconosciuta, che noi aspettiamo mediante la speranza. Altrimenti come si potrebbe descrivere nella preghiera u bene che si desidera senza conoscerlo? In realtà se fosse del tutto sconosciuto non sarebbe oggetto di desiderio, e se d’altra parte lo si vedesse, come realtà già posseduta, non sarebbe né desiderato, né ricercato con gemiti.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

“Cantate a Colui che è”

 

San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

 

  

Il termine ebraico alleluia che echeggia continuamente nella chiesa, ci invita a rendere lode a Dio e a confessare la vera fedi. Alleluia, dall’ebraico, si traduce: «Cantate a colui che è», oppure: «Dio, benedici tutti noi», e ancora: «Lodate il Signore». Tutti questi elementi sono necessari per la nostra salvezza e per la nostra fede.

 

Dobbiamo cantare a colui che è, perché un tempo sia noi che i nostri antenati abbiamo cantato a coloro che non erano, cioè agli dèi pagani e ai simulacri degli idoli. Allora si cantava invano perché vane erano le cose che si adoravano. Dopo che siamo giunti alla fede e alla conoscenza divina, abbiamo incominciato a cantare a colui che è, cioè a Dio onnipotente, creatore del cielo e della terra.

 

A buon diritto dobbiamo cantare a lui, perché  se siamo e se viviamo non è per la nostra forza né per la nostra potenza, ma per la sua benevolenza e per la sua misericordia. Dunque a questo Dio così grande che è sempre stato e sempre è, dobbiamo cantare ciò che è degno, ciò che conviene alla lode della sua maestà, perché è eterno, onnipotente, immenso, creatore e salvatore del mondo, come egli stesso dice nel vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16)

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mt 13,24-43

Omelie sul Vangelo

di San Matteo, 46, 1-2

 

La parabola della zizzania

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         Il metodo del diavolo è quello di mescolare sempre alla verità, l’errore rivestito delle apparenze e dei colori della verità, per poter sedurre facilmente coloro che si lasciano ingannare. Ecco perché Nostro Signore parla soltanto della zizzania, poiché questa pianta assomiglia al grano. Poi, indica come costui ci sappia fare a ingannare : « Mentre tutti dormivano ». Qui, si vede il grave pericolo che corrono i capi, soprattutto coloro  ai quali è stata affidata la guardia del campo. Questo pericolo del resto, non minaccia soltanto i capi, ma anche i loro subordinati. Ci mostra pure che l’errore viene dopo la verità…

 

         Cristo ci dice tutto ciò per insegnarci a non addormentarci…, ne consegue la necessità di una guardia vigilante. Perciò diceva : « Chi persevererà sino alla fine sarà salvato » (Mt 10, 22)… Ora considera lo zelo dei servi. Vogliono sradicare la zizzania immediatamente. Anche se manca loro la riflessione, questo prova la loro sollecitudine per il seme. Cercano una cosa sola, non trarre vendetta da costui che ha seminato la zizzania, ma salvare la messe. Ecco perché cercano come scacciare totalmente il male… Cosa risponde allora il Padrone ? … Glielo impedisce per due motivi : il primo, il timore di nuocere al grano ; il secondo, la certezza che un castigo inevitabile si abbatterà su quelli che sono colpiti da questa malattia mortale. Se vogliamo la loro punizione senza che ne soffra la messe, aspettiamo il momento opportuno…Forse, una parte di quella zizzania si muterà in grano ? Se quindi la sradicate ora, nuocerete alla messe prossima, sradicando quelli che potranno cambiare a diventare migliori.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

LIBRO DI VITA di GERUSALEMME

 

 capitolo” Castità” -  § 86

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Mt 12, 46-50

                  

Colloqui spirituali 

 

« Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre »

di Maestro  Eckhart nel quattordicesimo secolo

    

 

         Tanti dicono : « Siamo di buona volontà ». Ma non sono della volontà di Dio ; vogliono essere della loro volontà propria ; vogliono avvertire il Signore che occorre agire in tale modo o tal altro… In ogni cosa, questo è il disegno di Dio, che rinunciamo alla nostra volontà. San Paolo conversava spesso con il Signore e il Signore con lui, eppure tutto ciò non era servito a nulla finché non fosse riuscito a dirgli : « Che devo fare, Signore ? » (At 22,10). Il Signore infatti sapeva benissimo quello che era necessario che facesse con Paolo.

 

         Fu lo stesso quando l’angelo apparve alla Vergine Maria. Quanto avevano detto l’uno e l’altra non avrebbe mai potuto fare di lei la Madre di Dio. Invece non appena lei aveva rinunciato alla volontà propria, è divenuta subito la vera Madre del Verbo eterno. Immediatamente ha concepito Dio, che è divenuto suo figlio secondo la natura.

 

         Nulla nel mondo può fare di noi degli uomini veri, come il fatto di rinunciare alla volontà propria davanti a Dio… Se riusciremo ad abbandonare la volontà propria, se per amore di Dio oseremo lasciare ogni cosa dentro di noi, come pure al di fuori di noi, allora realizzeremo il nostro essere intimo. Devi dunque abbandonare te stesso completamente a Dio, con tutto quello che sei, e non preoccuparti più di ciò che egli farà con ciò che è suo… Quanto più avanzeremo su questa via, tanto più saremo veramente in Dio.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - LODI - mercoledì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo "PREGHIERA" - § 21

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Mt 13, 1-9 

MercoledìDiscorso su Lazzaro § 2

 

  

« Chi ha orecchi intenda ! »

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

            Un seminatore andò a seminare, e una parte del seme cadde sulla strada, un’altra in un luogo sassoso, un’altra sulle spine, e un’altra sulla terra buona. Tre parti furono perse, una sola diede frutto. Eppure il seminatore non cessò di coltivare il suo campo ; per lui è sufficiente che una parte sia conservata per non sospendere i lavori. In questo momento, è impossibile che il seme che sto lanciando in mezzo a un uditorio così numeroso non germogli. Se non tutti mi ascoltano, un terzo ascolterà. Se non un terzo, almeno un decimo ; se neanche un decimo ascolta, purché ascolti un solo membro di questa assemblea, io non cesserò di parlare.

 

         Non è poca cosa la salvezza, anche di una sola pecora. Il Buon Pastore lasciò le novantanove per correre dietro a quella perduta (Lc 15, 4). Io non posso disprezzare nessuno. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque un uomo, una persona tanto cara agli occhi di Dio. Fosse anche uno schiavo, non lo disdegnerei ; infatti non cerco la condizione sociale, bensì il valore personale, non il potere o la schiavitù, ma un uomo. Anche se ce n’è uno solo, questi è comunque l’uomo, per il quale il sole, l’aria, le fonti e il mare sono stati creati, i profeti sono stati mandati, la Legge è stata data. È comunque per questa persona che il Figlio unico di Dio si è fatto uomo. Il mio Maestro è stato immolato, il suo sangue è stato versato per l’uomo, e io oserei disprezzare qualcuno ?

 

         No, non cesserò di seminare la parola, anche se nessuno mi ascoltasse. Sono medico, propongo i miei rimedi. Devo insegnare, mi è stato ordinato di ammaestrare ; infatti sta scritto : « Ti ho posto come sentinella alla casa d’Israele » (Ez 3, 17).

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 13,10-17

 

Commento sul salmo 118,

discorso 20, 1 : CCL 40, 1730-1731.

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

 

« Molti profeti e giusti  hanno desiderato vedere ciò che vedete »

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

Nei tempi della Chiesa decorsi prima che la Vergine partorisse ci furono santi che desiderarono la venuta del Cristo incarnato, mentre nei nostri tempi, a cominciare dalla sua Ascensione al cielo, ci sono santi che desiderano la sua manifestazione in cui verrà a giudicare i vivi e i morti. Questo desiderio della Chiesa, dagli inizi del mondo sino alla fine, è senza interruzione, se si voglia escludere il periodo che il Signore incarnato trascorse con i discepoli. Per cui molto a proposito si applica all'intero corpo di Cristo, gemente in questa vita, la voce: « La mia anima è calata verso la tua salute, e io ho sperato nella tua parola. » (Sal 118, 81) Ho sperato cioè nella tua promessa, ed è questa speranza che fa aspettare con pazienza quel che, finché dura il tempo della fede, è impossibile vedere.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 13, 10-17

 

Trattato sui misteri,

Prefazio ; SC 19, 72

 

 

« A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli  »

 

Sant’Ilario di Poitiers nel quarto secolo

 

 

         Tutta l'opera contenuta nei santi libri annuncia con le parole, rivela con i fatti, stabilisce con gli esempi, la venuta di Gesù Cristo nostro Signore che, inviato da suo Padre, si è fatto uomo nascendo da una vergine per l’intervento dello Spirito Santo. Infatti, durante tutta la durata della creazione, mediante prefigurazioni vere e manifeste, egli, nei patriarchi, genera, lava, santifica, sceglie, separa e riscatta la Chiesa: attraverso il sonno di Adamo, attraverso il diluvio di Noè, attraverso la giustificazione di Abramo, attraverso la nascita di Isacco, attraverso la schiavitù di Giacobbe. Durante tutto lo svolgersi del tempo, in una parola, l'insieme delle profezie, lo attuazione del piano segreto di Dio, ci sono state date per benevolenza affinché conoscessimo la sua incarnazione che stava per realizzarsi...

 

In ogni personaggio, in ogni epoca, in ogni fatto, l'insieme delle profezie proietta, come in uno specchio, l'immagine della sua venuta, della sua predicazione, della sua Passione, della sua risurrezione e del nostro raduno nella Chiesa... A cominciare da Adamo, punto di partenza della nostra conoscenza del genere umano, troviamo annunciato fin dall'origine del mondo, in molte prefigurazioni, tutto ciò che, nel Signore, ha ricevuto il suo pieno compimento.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Discorsi, n° 7, 1 ; SC 175, 338

 

Accogliere la parola nella terra buona

di San Cesario di Arles nel sesto secolo

 

                   Cristo vi aiuti, fratelli carissimi, ad accogliere sempre la lettura della parola di Dio con un cuore bramoso ed assetato; allora la vostra obbedienza fedelissima vi colmerà di gioia spirituale. Ma se volete che le sante Scritture abbiano per voi questa dolcezza, e che i precetti divini vi giovino quanto occorre, sottraetevi per alcune ore dalle vostre preoccupazioni materiali. Rileggete nelle vostre case le parole di Dio, dedicatevi interamente alla sua misericordia. Così riuscirete a realizzare in voi ciò che sta scritto dell’uomo beato: “La legge del Signore medita giorno e notte” (Sal 1,2) e ancora: “Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore” (Sal 118,2).

 

         I commercianti non cercano di ricavare interessi da una sola merce bensì da diverse merci. I coltivatori cercano una resa migliore seminando varie specie di semi. Voi che cercate benefici spirituali, non accontentatevi di ascoltare i testi sacri in chiesa. Leggete i testi sacri in casa; quando i giorni sono brevi, approfittate delle lunghe serate. Così potrete ammassare del frumento spirituale nel granaio del vostro cuore e raccogliere nel tesoro delle vostre anime le perle preziose delle Scritture.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

Dagli scritti

 

IL FESTINO DELLA PAROLA CELESTE

Di S. Pier Damiani nell'undicesimo secolo

 

      Leggi con Gesù, con lui canta continuamente, prosternati a terra con lui per la preghiera. Che sia tuo amico, tuo familiare. Che sia tutta la tua parola, tutta la tua gioia, la tua saggezza, la tua vita.

      Respira il Cristo, dì incessantemente il Cristo, medita la vita di Cristo. Che il vostro cuore sia costantemente occupato dalla lettura dei sacri testi. Abitateli, fatene la vostra dimora, perseverate con tenacia, una tenacia sempre all'erta.

      Al vostro cammino bastano i campi della Parola. Avanziamo senza fermarci mai, passeggiamo con diletto. Ci è permesso correre in tutta libertà attraverso gli spazi delle storie sacre. Grazie alle intuizioni dell'intelligenza mistica ci sarà possibile accedere in qualche modo fin sulle cime dei monti scoscesi. Là, dilettandoci della dolce compagnia degli amici fedeli, conosceremo la magnificenza dei festini, l'eterno banchetto delle vivande celesti. L'anima fedele, innalzata dal desiderio, nutrita dall'alimento della lettura assidua, non cessa di fortificarsi, di crescere.

      Carissimo, questa manna, questo pane di vita, sfarinalo dolcemente nel mortaio della meditazione, riscaldalo continuamente al forno di un amore fervente per potere così nutrire la sostanza stessa della tua anima come di un alimento celeste. Questo intimo festino addolcirà il palato del tuo cuore, provocando il tuo spirito al desiderio del banchetto eterno.

      Andiamo, qualsiasi sia la tua miseria, converti il tuo cuore, tana di rimorsi, in una dimora silenziosa dove, con una meditazione molto semplice, non cesserai di sfarinare la manna della Parola di Dio, per farne un pane oleoso che mangerai. Questo pane non è altro che l'intelligenza delle Scritture, tutta impregnata della soavità dello Spirito Santo.

 

      Fratello carissimo, che ti sia accordata questa grazia!

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 46, 1-2

 

 

 

 

La parabola della zizzania

 

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         Il metodo del diavolo è quello di mescolare sempre alla verità, l’errore rivestito delle apparenze e dei colori della verità, per poter sedurre facilmente coloro che si lasciano ingannare. Ecco perché Nostro Signore parla soltanto della zizzania, poiché questa pianta assomiglia al grano. Poi, indica come costui ci sappia fare a ingannare : « Mentre tutti dormivano ». Qui, si vede il grave pericolo che corrono i capi, soprattutto coloro  ai quali è stata affidata la guardia del campo. Questo pericolo del resto, non minaccia soltanto i capi, ma anche i loro subordinati. Ci mostra pure che l’errore viene dopo la verità…

 

         Cristo ci dice tutto ciò per insegnarci a non addormentarci…, ne consegue la necessità di una guardia vigilante. Perciò diceva : « Chi persevererà sino alla fine sarà salvato » (Mt 10, 22)… Ora considera lo zelo dei servi. Vogliono sradicare la zizzania immediatamente. Anche se manca loro la riflessione, questo prova la loro sollecitudine per il seme. Cercano una cosa sola, non trarre vendetta da costui che ha seminato la zizzania, ma salvare la messe. Ecco perché cercano come scacciare totalmente il male… Cosa risponde allora il Padrone ? … Glielo impedisce per due motivi : il primo, il timore di nuocere al grano ; il secondo, la certezza che un castigo inevitabile si abbatterà su quelli che sono colpiti da questa malattia mortale. Se vogliamo la loro punizione senza che ne soffra la messe, aspettiamo il momento opportuno…Forse, una parte di quella zizzania si muterà in grano ? Se quindi la sradicate ora, nocerete alla messe prossima, sradicando quelli che potranno cambiare a diventare migliori.

 

XVI° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI  Sabato

Clemente I            "Lettera ai Corinzi" Nn. 49-50.

                               da "L'Ora dell'Ascolto", 1997

                               Ed. PIEMME - Casale Monferrato (Al)

                               pp. 297-298

 

 

CHI PUÒ ESPRIMERE L'AMORE DI DIO ?

di san Clemente Primo, papa al primo secolo.

 

 

         Chi ama Cristo osserva i suoi comandamenti.

         Chi è in grado di parlare della carità di Dio ? Chi saprebbe dire la sua incomparabile bellezza ? l'altezza a cui giunge la carità è inenarrabile. La carità ci rende una cosa sola con Dio, "la carità copre la moltitudine dei peccati" (1 Pt 4,8). La carità sopporta tutto, tollera ogni causa con pazienza (Cfr. 1 Cor 13, 4-7). Nella carità, tutto è puro, non c'è orgoglio ; la carità non suscita divisioni, non genera dissensi, tutto opera nella concordia ; gli eletti di Dio sono tutti perfetti nella carità, perché senza di essa nulla è accetto a Dio. Nella sua carità il Signore ci unì a sé ; per la carità che ebbe verso di noi, il nostro Signore Gesù Cristo diede per volontà divina il suo sangue per noi e il suo corpo per il nostro, e la sua vita per la nostra vita. Voi capite, carissimi, quanto grande e meravigliosa sia la carità, e come non sia possibile spiegare la sua perfezione.

Chi merita di essere trovato in essa all'infuori di quelli che Dio avrà stimati degni ? Preghiamo dunque, e chiediamo alla sua misericordia di essere trovati nella carità perfetta, senza alcuna parzialità umana. Tutte le generazione, di Adamo fino a oggi, sono passate : ma quelli che per grazia di Dio si sono perfezionati nella carità ottengono il posto riservato ai giusti e all'avvento del Regno di Dio saranno riconosciuti. Infatti è scritto : "Va, popolo mio, entra nelle tue stanze e chiudi la porta dietro di te. Nasconditi per un momento finché non sia passato lo sdegno"(Is 26,20), "e ricorderò la mia alleanza"(Gn 9,15), "e vi risusciterò dai vostri sepolcri" (Ez 37,13).Amici, beati noi se avremo adempiuto nell'unione della carità i precetti del Signore…

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

Omelie sui vangeli, 25; PL 76, 1188-1196

(In l’Ora dell’ascolto p. 2492)

 

 

Ti chiama per nome

 

San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         «Se l’hai portato via tu …». Come se Maria avesse già detto il motivo delle sue lacrime, parla di «lui», senza nemmeno aver pronunciato il suo nome. Tale è il segno dell’amore : sempre fissi in colui che si ama, si crede che tutti gli altri ne siano ugualmente occupati… Maria non immagina che si possa ignorare l’oggetto del suo immenso dolore.

 

         Gesù le disse: «Maria !» Dopo averla chiamata con l’appellativo generico di donna, senza esser riconosciuto, la chiama per nome; come se volesse dire : «Riconosci colui dal quale sei riconosciuta». Dio diceva lo stesso a Mosè, l’uomo perfetto : «Ti ho conosciuto per nome» (Es 33, 12). «Uomo» è il nome comune a tutti, invece, «Mosè» è il nome proprio, e il Signore gli dice chiaramente che lo conosce con il suo nome, e sembra dichiarargli : «Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale».

 

         Maria dunque chiamata per nome, riconosce il suo creatore e subito grida :«Rabbuni», cioè Maestro : era lui che lei cercava all’esterno, ed era ancora lui che la guidava interiormente nella ricerca… «Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli : ‘Ho visto il Signore’e anche ciò che le aveva detto ». In questo momento il peccato degli uomini abbandona il cuore da cui era entrato. Poiché nel paradiso, stata una donna a tendere all’uomo il frutto della morte; al sepolcro, è nuovamente una donna, ad annunciare la vita agli uomini e a riportare le parole di colui che dà la vita.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mt 13,44-52

 

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 47, 2

 

 

 

Le parabole del tesoro e della perla

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

La somiglianza che si può vedere tra la parabola del granello di senapa e quella del lievito si ritrova fra quelle del tesoro e della perla : tutte e due significano che bisogna preferire il messaggio evangelico ad ogni altra cosa… Infatti il Vangelo si sviluppa come il granello di senapa e impone la sua forza come il lievito ; come la perla, è di grande valore ; in fine, come il tesoro, procura i più preziosi vantaggi.

 

A questo riguardo, conviene sapere, non soltanto che bisogna  spogliarsi di tutto per accogliere il Vangelo, ma pure che bisogna farlo con gioia… Nota quanto la predicazione del Vangelo passa inosservata nel mondo, e come il mondo non vede i numerosi beni che ne sono la ricompensa… Due condizioni sono quindi necessarie : la rinuncia dei beni del mondo e un coraggio saldo. Si tratta infatti di « un mercante in cerca di perle preziose » che «  trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi » per comprarla. La verità è una, non si divide. Come il possessore della perla conosce la sua ricchezza, quando sovente, mentre la tiene in mano, coloro che la guardano non lo sospettano nemmeno, a causa della piccolezza della perla, così coloro che sono stati istruiti dal Vangelo conoscono la loro felicità, mentre gli infedeli, ignorando questo tesoro, non hanno alcuna idea della nostra ricchezza.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - LODI  Martedì

 

§ 760-769

 

« Allora i giusti splenderanno come il sole nel Regno del Padre loro »

 

dal Catechismo della Chiesa cattolica
 


         « Il mondo fu creato in vista della Chiesa », dicevano i cristiani dei primi tempi (Erma). Dio ha creato il mondo in vista della comunione alla sua vita divina, comunione che si realizza mediante la « convocazione » degli uomini in Cristo, e questa « convocazione » è la Chiesa. La Chiesa è il fine di tutte le cose e le stesse vicissitudini dolorose, come la caduta degli angeli e il peccato dell'uomo, furono permesse da Dio solo in quanto occasione e mezzo per dispiegare tutta la potenza del suo braccio (Lc 1,51), tutta l'immensità d'amore che voleva donare al mondo: « Come la volontà di Dio è un atto, e questo atto si chiama mondo, così la sua intenzione è la salvezza dell'uomo, ed essa si chiama Chiesa » (Clemente Alessandrino).

 

La convocazione del popolo di Dio ha inizio nel momento in cui il peccato distrugge la comunione degli uomini con Dio e quella degli uomini tra di loro. La convocazione della Chiesa è, per così dire, la reazione di Dio di fronte al caos provocato dal peccato. Questa riunificazione si realizza segretamente in seno a tutti i popoli: « Chi teme [...] [Dio] e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto » (At 10,35). La preparazione remota della riunione del popolo di Dio comincia con la vocazione di Abramo, al quale Dio promette che diverrà padre di un grande popolo (Gen 12,2). La preparazione immediata comincia con l'elezione di Israele come popolo di Dio (Es 19,5). Con la sua elezione, Israele deve essere il segno della riunione futura di tutte le nazioni (Is 2,2)…

 

        È compito del Figlio realizzare, nella pienezza dei tempi, il piano di salvezza del Padre; è questo il motivo della sua « missione »… Cristo inaugurò il regno dei cieli sulla terra. La Chiesa è « il regno di Cristo già presente in mistero» (Vaticano II, LG 3). « La Chiesa [...] non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo » (LG 48), al momento del ritorno glorioso di Cristo… Quaggiù « anela al regno perfetto…». Il compimento della Chiesa – e per suo mezzo del mondo – nella gloria non avverrà se non attraverso molte prove. Allora soltanto, « tutti i giusti, a partire da Adamo, "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto", saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale » (LG 2).

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Cap 8 ; SC 33, 71

 

La pazienza di Dio

 

Dalla Lettera A Diogneto nel secondo secolo

 

Dio, Signore e Creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

 

Dio dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci... Dio non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Mt 13, 44-46 

Omelie sul Vangelo di San Matteo, 47, 2

 

 

 Le parabole del tesoro e della perla

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

  

La somiglianza che si può vedere tra la parabola del granello di senapa e quella del lievito si ritrova fra quelle del tesoro e della perla : tutte e due significano che bisogna preferire il messaggio evangelico ad ogni altra cosa… Infatti il Vangelo si sviluppa come il granello di senapa e impone la sua forza come il lievito ; come la perla, è di grande valore ; in fine, come il tesoro, procura i più preziosi vantaggi.

 

A questo riguardo, conviene sapere, non soltanto che bisogna  spogliarsi di tutto per accogliere il Vangelo, ma pure che bisogna farlo con gioia… Nota quanto la predicazione del Vangelo passa inosservata nel mondo, e come il mondo non vede i numerosi beni che ne sono la ricompensa… Due condizioni sono quindi necessarie : la rinuncia dei beni del mondo e un coraggio saldo. Si tratta infatti di « un mercante in cerca di perle preziose » che «  trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi » per comprarla. La verità è una, non si divide. Come il possessore della perla conosce la sua ricchezza, quando sovente, mentre la tiene in mano, coloro che la guardano non lo sospettano nemmeno, a causa della piccolezza della perla, così coloro che sono stati istruiti dal Vangelo conoscono la loro felicità, mentre gli infedeli, ignorando questo tesoro, non hanno alcuna idea della nostra ricchezza.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Mt 13, 44-46

 

Contro le Eresie, IV, 26 ; SC 100, 711

 

 

Il tesoro nascosto nel campo delle Scritture

 

Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Cristo era presente a tutti coloro ai quali, dal principio, Dio comunicava la sua Parola, il suo Verbo. E se qualcuno legge la Scrittura in questa prospettiva, troverà in essa un’espressione concernente Cristo e una prefigurazione della chiamata nuova. Infatti è lui « il tesoro nascosto nel campo » cioè nel mondo (Mt 13, 38). Tesoro nascosto nelle Scritture, perché veniva manifestato attraverso figure e parabole che, umanamente parlando, non potevano essere intese prima che le profezie fossero compiute, cioè prima della venuta del Signore. Perciò è stato detto al profeta Daniele : « Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine » (Dn 12, 4)… Anche Geremia dice : « Alla fine dei giorni comprenderete tutto ! » (Ger 22, 20)…

 

         Letta dai cristiani la legge è un tesoro, un tempo nascosto in un campo, ma rivelato e spiegato dalla croce di Cristo ; … essa manifesta la sapienza di Dio, rivela i suoi disegni di salvezza per l’uomo, prefigura il Regno di Cristo, preannuncia la Buona Novella dell’eredità della Gerusalemme santa, predice che l’uomo che ama Dio progredirà fino a vederlo ed a udire la sua parola, e sarà glorificato da questa parola…

 

         In questo modo, dopo la sua risurrezione, il Signore ha spiegato le Scritture ai suoi discepoli, dimostrando loro con esse che « bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria » (Lc 24, 26). Quindi se qualcuno legge le Scritture in questo modo, sarà un discepolo perfetto, « simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche » (Mt 13, 52).

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Mt 13, 47-53

 

 

« Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare »

 

Dalla Costituzione “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano Secondo

 

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso (Lc 9, 25). Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio.

 

Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » (Rm 8, 19-21). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Mt 13, 47-53

Esposizione sul salmo 95, 14-15

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Sulla riva… raccolgono i buoni »

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

« Giudicherà il mondo secondo giustizia, i popoli secondo la sua verità » (Sal 95,13). In che cosa consisteranno la giustizia e la verità? Prima sceglierà quelli, tra i suoi eletti (Mc 13,27), che dovranno essere giudici insieme con lui; poi separerà gli altri in due gruppi, ponendone uno alla destra e uno alla sinistra (Mt 25,33). E potrà esserci cosa più giusta, più conforme a verità, che quei tali che prima della venuta del giudice si ricusarono di agire con misericordia, non si attendano misericordia dal giudice? Viceversa, quelli che si impegnarono per agire con misericordia saranno giudicati con misericordia (Lc 6,37). A quelli che si troveranno a destra sarà detto: « Venite, benedetti del Padre mio! Possedete il regno che vi è stato preparato fin dalla creazione del mondo ». Ed elenca le opere di misericordia: « Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi dissetaste », eccetera (Mt 25,31s)…

 

Pensi forse che, perché tu sei iniquo, abbia ad esserlo anche il giudice? O, perché tu sei bugiardo, pensi che non sia vera la verità? Al contrario! Se vuoi incontrarlo pieno di misericordia, sii tu misericordioso prima che egli venga. Se qualcuno ha mancato contro di te, perdonalo. Se hai qualcosa d'avanzo, dallo al prossimo… Dai della roba avuta da lui, non fai altro che una restituzione. (Che cosa hai infatti che tu non l'abbia ricevuto? » (1 Cor 4,7). Ecco allora le vittime che tornano più gradite a Dio: la compassione, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Rechiamo all'altare queste ostie e attenderemo tranquilli la venuta del giudice, che « giudicherà il mondo secondo giustizia e i popoli secondo la sua verità ».

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - LODI  Venerdì

 

“Concittadini di Cristo nella patria celeste”

 

di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

Venne nella sua patria, Se è nato, come può non essere cittadino? Se è cittadino, come uno potrebbe meravigliarsi che egli abbia una patria? Ma questa è una condizione umana, che riconosce, non uno stato divino; perché Colui che è e che era prima dei secoli, nostro Dio, negli ultimi tempi volle essere nostro padre, per salvare con pietà quelli che aveva creato con la sua potenza; e per recuperare con la compassione quelli che con le sue punizioni e i suoi comandi aveva reso privi di patria. Infatti, tutto quello che leggiamo che Cristo fece o compì mediante l’umanità assunta, dobbiamo intendere che egli l’abbia compiuto non come offesa per la Divinità, ma come motivo di gloria per l’uomo.

 

E lo seguivano, dice, i suoi discepoli. Ben a ragione i discepoli seguono Cristo che ritorna nella sua patria, perché, ormai iscritti com’erano nell’albo del consorzio del cielo, una così ambita scelta e la pienezza di una grazia così grande li aveva resi cittadini e membri della patria celeste, come dice il Signore: Rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nel libro della vita.

 

Opportunamente il Signore aggiunse: Un Profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Ecco quale saggezza hanno i concittadini secondo la carne, ecco in che modo pensano e onorano i parenti del mondo! Beato colui, che avendo meritato di avere Dio per Padre, non cerca nulla all’infuori della patria celeste!

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

“Gesù in mezzo ai suoi”

 

di San Pier Crisologo nel quinto secolo

 

Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria. Cristo appunto andò nella sua patria, perché sta scritto: Venne fra la sua gente, e i suoi non lo accolsero. Ma dicendo: Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, insegna che à motivo d’invidia essere potente fra propri conterranei, è causa di ustioni emergere fra i propri concittadini; la gloria del vicino brucia i vicini; i parenti, se devono render onore a un parente, lo considerano servitù. E non fece, dice, che pochi miracoli per la loro incredulità. Non si compiono prodigi, dove l’incredulità non li merita. E se Cristo, quando guarisce non esige una ricompensa, si sdegna tuttavia quando, invece dell’onore, gli sono rivolte offese.

 

Dicevano: costui è figlio del carpentiere, ma non dicevano di quale carpentiere fosse figlio. Dicevano figlio del carpentiere, affinché da un’umile arte fosse nascosta l’arte del Creatore e affinché il nome artigianale nascondesse il nome della divinità. Cristo era figlio di un carpentiere, ma di quello che aveva compiuto la costruzione del mondo non con un maglio, ma con un suo ordine; che aveva messo insieme le parti degli elementi non con l’ingegno, ma col suo comando; che aveva fuso la massa del mondo non col carbone, ma col suo potere; che aveva acceso il sole non col fuoco terreno, ma col calore celeste; che aveva creato la luna, le tenebre, i tempi della notte; che aveva distinto le stelle con la diversità della loro luce; che tutto aveva fatto dal nulla; e lo aveva fatto per te, o uomo, perché tu compensassi col tuo apprezzamento l’Artefice dell’opera.

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

Omelie sul vangelo di Luca, 2-4 ; SC 87, 347

 

Precursore di Cristo nella nascita e nella morte

Di Origene nel terzo secolo

 

         Ammiriamo Giovanni Battista soprattutto a motivo di questa testimonianza : « Tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni » (Lc 7,28) ; ha infatti meritato di elevarsi ad una reputazione di virtù tale che molta gente pensava che fosse Cristo (Lc 3,15). Eppure, c’è qualcosa di ancor più stupefacente : Erode il tetrarca godeva del potere regale e poteva farlo morire quando avesse voluto. Ora aveva commesso un’azione ingiusta e contraria alla legge di Mosè sposando la moglie di suo fratello. Giovanni, senza avere paura di lui, senza fare eccezione di persona, senza preoccuparsi del potere regale, senza temere la morte…, conoscendo tutti questi pericoli, ha biasimato Erode con la libertà dei profeti e gli ha rimproverato il suo matrimonio. Gettato in prigione per tale audacia, non si preoccupa della morte  né del giudizio dall’esito incerto, ma, pur incatenato, i suoi pensieri andavano a Cristo da lui annunciato.

 

         Non potendo andare a trovarlo di persona, manda i suoi discepoli a informarsi : « Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro ? » (Lc 7,19). Notate bene che, persino nella sua prigione, Giovanni insegnava ; persino in questo luogo aveva dei discepoli ; persino in carcere, Giovanni compiva il suo dovere e ammaestrava i suoi discepoli con colloqui su Dio. In questo contesto, il problema di Gesù veniva posto, e Giovanni gli manda dunque alcuni discepoli…

 

         I discepoli tornano e riferiscono al loro maestro ciò che il Salvatore li aveva incaricati di annunciare. Questa risposta è per Giovanni un’arma per affrontare lo scontro ; muore con franchezza e di gran cuore si lascia decapitare, assicurato dalla parola del Signore stesso, che colui nel quale aveva creduto era veramente il Figlio di Dio. Tale è stata la libertà di Giovanni Battista, tale è stata la follia di Erode che, a tanti crimini già commessi, ha aggiunto prima la detenzione, poi l’omicidio di Giovanni Battista. 

 

XVII° settimana Tempo Ordinario - PV Sabato

 

 

PORTANDO IN NOI CRISTO POSSIAMO GIUNGERE ALLA VITA SENZA FINE

dagli scritti dello Pseudomacario nel quarto secolo

 

         L’anima, quando viene ritenuta degna di avere parte alla chiarità luminosa dello Spirito, venendo illuminata da questo splendore ineffabile si trasforma nella dimora adatta a riceverlo. Essa è allora tutta luce, tutto viso, tutto occhio, nessuna parte in lei è priva dello spirituale occhio della luce. Niente è tenebroso in lei, essa è luce, spirito e capacità visiva. Tutto in lei è chiaro e semplice, essendo accesa dalla luce di Cristo che in lei ha stabilito la sua dimora.

 

         Quando il pittore è intento a fare il ritratto del re ne deve avere davanti il volto, cosicché quando il re posa davanti a lui con abilità e grazia lo ritrae, ma se il re è girato dalla parte opposta il pittore non può compiere l’opera sua, perché il suo occhio non ne vede il volto. Così Cristo, pittore perfetto, dipinge i lineamenti del suo volto di uomo celeste su quei fedeli che sono verso di Lui costantemente orientati… Se qualcuno non lo fissa di continuo, disprezzando ogni cosa a Lui contraria, non avrà di se stesso l’immagine del Signore disegnata dalla sua luce.

 

         Il nostro volto sia sempre in Lui fisso, con fede e amore, trascurando tutto per essere solo in Lui intenti, affinché nel nostro intimo s’imprima la sua immagine, e così portando in noi Cristo possiamo giungere alla vita senza fine.

 

Le settimane dalla XVIII alla XXI  del Tempo Ordinario coincidono con il ritiro del monaci e con l'assenza delle liturgie in Badia - pertanto non sono disponibili le letture patristiche di queste settimane

XXII° settimana Tempo Ordinario - UFFICIO RESURREZIONE Domenica

 

Riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion

dagli scritti di Giorgio La Pira

 

 

     Sull’orizzonte del tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. C’è una “terra promessa” al termine della navigazione faticosa della storia dell’uomo. I secoli e le generazioni nel loro corso storico, edificano preparandola per il  Cielo, la Città di Dio: edificano, preparando la Gerusalemme celeste…Non bisogna aver paura di dirlo: la civiltà cristiana e la città cristiana sono essenzialmente civiltà monastica e città monastica nel senso che, come nel monastero, anche in esse- in ultima analisi- tutti i valori hanno una orientazione unica ed un’unica finalità: Dio amato, contemplato, incessantemente lodato!

     Quale è, infatti, la crisi odierna – acuitasi in questi ultimi due secoli – della civiltà cristiana, della città cristiana e della intera civiltà umana? La perdita di questo sigillo monastico, di questo metro monastico: disancoraggio cioè, della civiltà e della città dalla contemplazione e dalla liturgia di Dio! La città staccata dal suo tempio: Gerusalemme non più centrata e difesa dalla cittadella di Sion.

     Come riparare? E’ così chiaro anche se così estremamente difficile e complesso: ridimensionare civiltà e città; rimisurarle con il solo metro valido capace di conferire alle cose dell’uomo la bellezza, la solidità e la luminosità delle cose di Dio:

     Rimisurare con il metro monastico: riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion!

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica

Sul Cantico dei cantici, 37

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1790)              

 

           

Il segreto dell’ultimo posto

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Se sapessimo chiaramente a quale posto Dio mette ciascuno di noi, dovremmo acconsentire alla verità senza mai crederci più grandi  o più piccoli  di quello che siamo. Ora, poiché i decreti di Dio sono avvolti nelle tenebre, e la sua volontà ci è nascosta, è più sicuro, secondo il consiglio della Verità stessa, scegliere l’ultimo posto, dal quale saremo chiamati con onore per ricevere un posto più alto. Quando devi passare per una porta il cui architrave è troppo basso, tu puoi abbassarti quanto vuoi senza farti male; ma se ti alzerai sia pure dello spessore di un dito al di sopra dell’altezza della porta, ci sbatterai contro e ti romperai la testa. Allo stesso modo non bisogna temere alcuna umiliazione, per grande che sia, ma avere un gran timore e orrore anche del minimo moto di presunzione.

 

         Quindi non ci paragoniamo con quelli che sono superiori o inferiori a noi, non ci confrontiamo con alcuno, neanche con un solo uomo. Che ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per un mutamento operato dalla potenza dell’Altissimo, non diventerà migliore di te e degli altri o se non lo è già realmente in Dio? Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: “Va’ a metterti all’ultimo posto”, in modo che solo tu sia l’ultimo di tutti e non ti preferisca, anzi neanche osi paragonarti ad alcuno.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - LODI - martedì

Catechesi battesimali, 11, 5-10

 

La tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò

 

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

         Dio è spirito (Gv 5, 24) ; colui che è spirito ha generato spiritualmente… in una generazione semplice e incomprensibile. Il Figlio stesso disse del Padre : « Il Signore mi ha detto : Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato » (Sal 2, 7). Quest’oggi non è nel tempo, ma prima di tutti i secoli. « Dal seno dell’aurora come rugiada, io ti ho generato » (Sal 109, 3).

         Credi dunque in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, ma Figlio unigenito secondo la parola del Vangelo : « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3, 16)… Giovanni dà questa testimonianza a suo riguardo : « Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1, 14).

         Perciò, i demoni stessi, tremando davanti a lui gridavano : « Basta ! che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno ? Tu  sei il Figlio del Dio vivente ! » Egli è dunque Figlio di Dio secondo la natura, e non soltanto per mezzo dell’adozione, poiché è nato dal Padre… Il Padre, Dio vero, ha generato il Figlio simile a lui, Dio vero… Cristo è stato generato «  Parola viva ed eterna » (1 Pt 1, 23) non solo pronunciata con le labbra, bensì proprio nata dal Padre eternamente, ineffabilmente… Parola che comprende la volontà del Padre e fa ogni cosa per ordine suo … Parola piena di autorità e regge tutto, perché « il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio » (Gv 13, 3).

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - martedì

Sesto trattato : PL 204, 451-453 

 

 

 

Parlava con autorità

 

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

  

 

         « La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb 4, 12). L’Apostolo mostra con queste parole, tutta la grandezza, la fortezza e la saggezza della Parola di Dio, a coloro che cercano Cristo, parola, fortezza e saggezza di Dio. Questa Parola era in principio presso il Padre, eterna con lui. Essa fu rivelata a suo tempo agli apostoli, annunciata da loro, e ricevuta umilmente dal popolo dei credenti… È viva questa parola a cui il Padre ha concesso di avere la vita in se stessa, come Egli la possiede in se stesso. (Gv 5, 26). Perciò, essa non è soltanto viva, ma è pure vita, come è scritto : « Sono la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). Essendo vita, è viva e vivificante, perché « come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole » (Gv 5, 21). È vivificante quando chiama Lazzaro fuori dal sepolcro e gli dice : « Vieni fuori » (Gv 11, 43). Quando questa Parola viene proclamata, la voce che la pronuncia, risuona fuori con una forza che, percepita dentro, fa rivivere i morti, e svegliando la fede suscita veri figli ad Abramo (Mt 3, 9). Sì, è viva questa Parola, viva nel cuore del Padre, nella bocca di chi la proclama, nel cuore di chi crede e ama.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - LODI - mercoledì

 

LIBRO DI VITA DI GERUSALEMME

 

CAPITOLO “NEL CUORE DELLE CITTA' ”  § 128

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - mercoledì

Omelie,  84 sul Cantico dei cantici, 3

 

Le folle lo cercavano…

 

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Ogni anima che cerca il Signore sappia che è stata preceduta da colui che l’ha cercata per primo… « Lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore » (Ct 3,1). L’anima cerca il Verbo, eppure è il Verbo ad averla cercata per primo… Se fosse lasciata a se stessa, la nostra anima non sarebbe altro che un soffio che se ne va a caso e non torna più. Ascoltate i gemiti e le suppliche dell’anima che erra e ha perso la strada : « Come pecora smarrita vado errando ; cerca il tuo servo » (Sal 118,176). O uomo, vuoi tornare ; eppure se questo dipendesse dalla tua sola volontà, perché chiederesti aiuto ?… È chiaro che la nostra anima vuole tornare ma non lo può ; non è che un soffio errando e da sola, non potrà tornare… Ma da dove gli viene tale volontà ? Dal fatto che già il Verbo l’ha visitata e cercata. Questa ricerca non è stata vana, poiché ha suscitato la volontà senza la quale non c’è ritorno possibile.

 

         Ma non le basta essere stata cercata una volta ; l’anima è troppo debole, e la difficoltà del ritorno è troppo grande. « C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Cosa domanda l’anima, nel salmo che ho citato ? Nient’altro che essere cercata ; infatti non cercherebbe infatti se non fosse stata cercata, e non ricomincerebbe a cercare, se fosse stata a sufficienza cercata.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - LODI - giovedì

 

Discorsi, 39

 

D’ora in poi sarai pescatore di uomini

 

di San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

         Quando il Signore, seduto nella  barca, dice a Pietro: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.

         Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale, Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione, bensì gli uomini.

         “Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12).

 

XXII° settimana Tempo Ordinario -  VESPRI - giovedì

Discorso 43, 5-6 ; CCL 41, 510-511

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

1929

 

Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini

 

Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Quanta fu la degnazione di Cristo! Questo Pietro che parla così era stato un pescatore; ma adesso gran lode merita ogni oratore che riesca a comprendere il pescatore. Al riguardo, parlando ai primi cristiani, diceva l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata, o fratelli. In mezzo a voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Iddio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose stolte del mondo ha scelto Dio per confondere i sapienti, e le cose ignobili e disprezzate del mondo ha scelto Dio, e quelle che non sono, quasi che fossero, per ridurre al nulla quelle che sono”(1 Cor 1, 26-28).

Se infatti Cristo avesse scelto per primo il retore, questo retore avrebbe detto: “Sono stato scelto in grazia della mia eloquenza”. Se avesse scelto il senatore, il senatore avrebbe detto: “Sono stato scelto per la mia dignità”. In fine, se avesse scelto l'imperatore, l'imperatore avrebbe detto: “Sono stato scelto in vista del mio potere”. Stiano dunque calmi tutti costoro e si lascino rimandare a dopo! Stiano calmi! Non saranno scartati né disprezzati ma solo posti in seconda linea, in quanto potrebbero in se stessi trovare come gloriarsi di se stessi.

 

Dammi, dice Cristo, quel pescatore, dammi quell'illetterato, quell'ignorante; dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò un uomo come questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero – e il retore e l'imperatore io renderò miei discepoli..., ma è più convincente l'aver io agito nel pescatore. Il senatore potrebbe gloriarsi di se stesso, e così il retore e l'imperatore, mentre il pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque il pescatore e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare. Venga per primo il pescatore.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Conferenze 

 

 

Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo Sposo è con loro?

 

di San Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

 

Avevamo lasciato la Siria per la Provincia d’Egitto, con il desiderio di imparare i principi dei monaci anziani, e ci meravigliavamo della grande cordialità con la quale eravamo accolti. Contrariamente a quel che ci era stato insegnato nei monasteri di Palestina, non si osservava quella regola di aspettare l’ora fissata per il pranzo, ma, eccetto il mercoledì e il venerdì, dovunque andassimo, si rompeva il digiuno. Uno degli antichi a cui domandavamo perché, da loro, si omettessero così facilmente i digiuni quotidiani, ci rispose : « Il digiuno è sempre con me. Voi, invece, che fra poco congederò, non potrò tenervi sempre con me. E il digiuno, benché utile e necessario, è tuttavia l’offerta di un dono volontario, mentre il compimento dell’opera della carità è l’esigenza assoluta del precetto. Perciò, accogliendo in voi Cristo, devo ristorarlo e, dopo avervi congedato, potrò compensare in me, con un digiuno più rigoroso, l’umanità che vi ho manifestata per riguardo a Cristo. Infatti, « gli amici dello Sposo non possono digiunare mentre lo Sposo è con loro », ma quando si sarà allontanato, allora potranno farlo.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - venerdì

Commento al vangelo di Matteo, 10, 22 ; CCM 56 B, 1072-1073

 

Cristo Sposo

 

di San Pascasio Radberto nel nono secolo

 

  

         Un’unione strana e straordinaria ebbe luogo quando  « il Verbo si fece carne » nel seno della Vergine e « venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14). Come tutti gli eletti sono risuscitati in Cristo quando egli risuscitò, così queste nozze sono state celebrate in lui e la Chiesa è stata unita allo Sposo mediante i legami del matrimonio, quando l’uomo-Dio ricevette in pienezza i doni dello Spirito Santo e tutta la divinità venne ad abitare nel suo corpo… Cristo è divenuto uomo per mezzo dello Spirito Santo e, in quanto Sposo, è uscito dal seno della Vergine, che infatti fu la sua stanza nuziale. E la Chiesa, nel rinascere dall’acqua per mezzo dello stesso Spirito, diviene un solo corpo in Cristo, sicché i due « sono una carne sola » (Mt 19,5) il che, « in riferimento a Cristo e alla Chiesa, è un grande mistero » (Ef 5,31).

 

         Questo matrimonio dura fin dall’inizio dell’incarnazione di Cristo fino al momento in cui Cristo tornerà e tutti i riti dell’unione nuziale saranno compiuti. Allora, coloro che saranno pronti e avranno compiuto come conviene le condizioni di una tale unione, entreranno con lui, pieni di rispetto, alle nozze eterne (Mt 25,10). Nell’attesa, la sposa promessa a Cristo cammina verso il suo Sposo, e custodisce l’alleanza con lui ogni giorno nella fede e nella tenerezza, finché egli venga.

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 6, 1-5

 

Commento sulla Genesi

 

 « Ricordati del giorno di sabato per santificarlo »

di Sant Agostino nel quinto secolo

 

 

         Ora che è giunto il tempo della grazia che ci è stata rivelata, l’osservanza del sabato, una volta simboleggiata dal riposo di un solo giorno, è stata abolita per i fedeli. In questo tempo di grazia, infatti, il cristiano osserva un sabato perpetuo, se tutto il bene fatto da lui viene fatto nella speranza del riposo futuro, e se non si gloria delle proprie opere buone come di un bene che venisse da sè, senza averlo ricevuto.

 

         Così, comprendendo e ricevendo il sacramento del battesimo come un sabato, cioè come il riposo del Signore nella sepoltura (Rm 6, 4), il cristiano si riposa dalle sue opere antiche per camminare ormai in una vita nuova, riconoscendo che Dio agisce in lui. Dio infatti nello stesso tempo agisce e si riposa, quando concede alla sua creatura la gestione che gli si addice, e nello stesso tempo gode in se stesso di un’eterna tranquillità.

 

         Dio né si è faticato creando il mondo, né si è riposato cessando di creare, ma ha voluto con queste parole della Scrittura [« Dio cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro » (Gen 2, 2)], invitarci a desiderare questo riposo, donandoci il comandamento di santificare questo giorno (Es 20, 8).

 

XXII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

L’amore del prossimo

dagli scritti si San Basilio di Cesarea  al quarto secolo

 

      Abbiamo ricevuto l'ordine di amare il nostro prossimo come noi stessi; Dio non ci ha forse dato una naturale propensione a farlo? Chi è colui che non si rende conto che l'uomo, naturalmente socievole e dolce, non è fatto per la vita solitaria  e selvaggia? Nulla è più conforme alla nostra natura che vivere insieme, ricercarci reciprocamente ed amare il nostro simile.

      Il Signore chiede, dunque, i frutti di ciò di cui ha posto il seme in noi, quando dice : "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri". Nello scopo di spingere la nostra anima ad obbedire a questo precetto, non ha voluto che si cercasse il segno dei suoi discepoli in opere straordinarie, benché ne ricevessero il potere nello Spirito Santo.

      Cosa dice, invece: "Riconosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri".

      E mette un vincolo tale ai due comandamenti da considerare come fatta a Lui stesso ogni buona azione rivolta al prossimo: "Perché ho avuto fame, dice, e mi avete dato da mangiare..." e aggiunge: "Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli è a me che l'avete fatto".

      Quindi colui che ama Dio amerà di conseguenza il suo prossimi: "Chi mi amerà, dice il Signore, compirà i miei comandamenti. ora, "il mio comandamento eccolo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati".

      Ve lo ripeto, quindi: chi ama il suo prossimo adempie al suo dovere di amare Dio, poiché Dio considera questo dono come fatto a Lui.

 

Da: Sources Vives    63,  settembre 1995.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - UFFICIO RESURREZIONE Domenica

 

Riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion

dagli scritti di Giorgio La Pira

 

 

      Sull’orizzonte del tempo presente spunta, nonostante tutto, la speranza cristiana. C’è una “terra promessa” al termine della navigazione faticosa della storia dell’uomo. I secoli e le generazioni nel loro corso storico, edificano preparandola per il  Cielo, la Città di Dio: edificano, preparando la Gerusalemme celeste…Non bisogna aver paura di dirlo: la civiltà cristiana e la città cristiana sono essenzialmente civiltà monastica e città monastica nel senso che, come nel monastero, anche in esse- in ultima analisi- tutti i valori hanno una orientazione unica ed un’unica finalità: Dio amato, contemplato, incessantemente lodato!

      Quale è, infatti, la crisi odierna – acuitasi in questi ultimi due secoli – della civiltà cristiana, della città cristiana e della intera civiltà umana? La perdita di questo sigillo monastico, di questo metro monastico: disancoraggio cioè, della civiltà e della città dalla contemplazione e dalla liturgia di Dio! La città staccata dal suo tempio: Gerusalemme non più centrata e difesa dalla cittadella di Sion.

     Come riparare? E’ così chiaro anche se così estremamente difficile e complesso: ridimensionare civiltà e città; rimisurarle con il solo metro valido capace di conferire alle cose dell’uomo la bellezza, la solidità e la luminosità delle cose di Dio:

     Rimisurare con il metro monastico: riedificare Gerusalemme sulla roccia di Sion!

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica

Sul Cantico dei cantici, 37

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1790)              

           

Il segreto dell’ultimo posto

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Se sapessimo chiaramente a quale posto Dio mette ciascuno di noi, dovremmo acconsentire alla verità senza mai crederci più grandi  o più piccoli  di quello che siamo. Ora, poiché i decreti di Dio sono avvolti nelle tenebre, e la sua volontà ci è nascosta, è più sicuro, secondo il consiglio della Verità stessa, scegliere l’ultimo posto, dal quale saremo chiamati con onore per ricevere un posto più alto. Quando devi passare per una porta il cui architrave è troppo basso, tu puoi abbassarti quanto vuoi senza farti male; ma se ti alzerai sia pure dello spessore di un dito al di sopra dell’altezza della porta, ci sbatterai contro e ti romperai la testa. Allo stesso modo non bisogna temere alcuna umiliazione, per grande che sia, ma avere un gran timore e orrore anche del minimo moto di presunzione.

 

         Quindi non ci paragoniamo con quelli che sono superiori o inferiori a noi, non ci confrontiamo con alcuno, neanche con un solo uomo. Che ne sai se colui che forse stimi come il più spregevole di tutti, per un mutamento operato dalla potenza dell’Altissimo, non diventerà migliore di te e degli altri o se non lo è già realmente in Dio? Perciò il Signore vuole che scegliamo non un posto mediocre, né il penultimo e neanche uno degli ultimi, ma dice: “Va’ a metterti all’ultimo posto”, in modo che solo tu sia l’ultimo di tutti e non ti preferisca, anzi neanche osi paragonarti ad alcuno.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

Catechesi battesimali, 11, 5-10

 

La tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, si lanciò

 

di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

         Dio è spirito (Gv 5, 24) ; colui che è spirito ha generato spiritualmente… in una generazione semplice e incomprensibile. Il Figlio stesso disse del Padre : « Il Signore mi ha detto : Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato » (Sal 2, 7). Quest’oggi non è nel tempo, ma prima di tutti i secoli. « Dal seno dell’aurora come rugiada, io ti ho generato » (Sal 109, 3).

         Credi dunque in Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, ma Figlio unigenito secondo la parola del Vangelo : « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna » (Gv 3, 16)… Giovanni dà questa testimonianza a suo riguardo : « Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità » (Gv 1, 14).

         Perciò, i demoni stessi, tremando davanti a lui gridavano : « Basta ! che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno ? Tu  sei il Figlio del Dio vivente ! » Egli è dunque Figlio di Dio secondo la natura, e non soltanto per mezzo dell’adozione, poiché è nato dal Padre… Il Padre, Dio vero, ha generato il Figlio simile a lui, Dio vero… Cristo è stato generato «  Parola viva ed eterna » (1 Pt 1, 23) non solo pronunciata con le labbra, bensì proprio nata dal Padre eternamente, ineffabilmente… Parola che comprende la volontà del Padre e fa ogni cosa per ordine suo … Parola piena di autorità e regge tutto, perché « il Padre ha dato tutto nelle mani del Figlio » (Gv 13, 3).

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Sesto trattato : PL 204, 451-453 

 

 

Parlava con autorità

 di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

 

         « La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio » (Eb 4, 12). L’Apostolo mostra con queste parole, tutta la grandezza, la fortezza e la saggezza della Parola di Dio, a coloro che cercano Cristo, parola, fortezza e saggezza di Dio. Questa Parola era in principio presso il Padre, eterna con lui. Essa fu rivelata a suo tempo agli apostoli, annunciata da loro, e ricevuta umilmente dal popolo dei credenti… È viva questa parola a cui il Padre ha concesso di avere la vita in se stessa, come Egli la possiede in se stesso. (Gv 5, 26). Perciò, essa non è soltanto viva, ma è pure vita, come è scritto : « Sono la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). Essendo vita, è viva e vivificante, perché « come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole » (Gv 5, 21). È vivificante quando chiama Lazzaro fuori dal sepolcro e gli dice : « Vieni fuori » (Gv 11, 43). Quando questa Parola viene proclamata, la voce che la pronuncia, risuona fuori con una forza che, percepita dentro, fa rivivere i morti, e svegliando la fede suscita veri figli ad Abramo (Mt 3, 9). Sì, è viva questa Parola, viva nel cuore del Padre, nella bocca di chi la proclama, nel cuore di chi crede e ama.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI mercoledì

 

 

LIBRO DI VITA di GERUSALEMME

 

al capitolo "Nel cuore della città" - § 128

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI mercoledì

Omelie,  84 sul Cantico dei cantici, 3

 

 

Le folle lo cercavano…

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Ogni anima che cerca il Signore sappia che è stata preceduta da colui che l’ha cercata per primo… « Lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore » (Ct 3,1). L’anima cerca il Verbo, eppure è il Verbo ad averla cercata per primo… Se fosse lasciata a se stessa, la nostra anima non sarebbe altro che un soffio che se ne va a caso e non torna più. Ascoltate i gemiti e le suppliche dell’anima che erra e ha perso la strada : « Come pecora smarrita vado errando ; cerca il tuo servo » (Sal 118,176). O uomo, vuoi tornare ; eppure se questo dipendesse dalla tua sola volontà, perché chiederesti aiuto ?… È chiaro che la nostra anima vuole tornare ma non lo può ; non è che un soffio errando e da sola, non potrà tornare… Ma da dove gli viene tale volontà ? Dal fatto che già il Verbo l’ha visitata e cercata. Questa ricerca non è stata vana, poiché ha suscitato la volontà senza la quale non c’è ritorno possibile.

 

         Ma non le basta essere stata cercata una volta ; l’anima è troppo debole, e la difficoltà del ritorno è troppo grande. « C’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Cosa domanda l’anima, nel salmo che ho citato ? Nient’altro che essere cercata ; infatti non cercherebbe infatti se non fosse stata cercata, e non ricomincerebbe a cercare, se fosse stata a sufficienza cercata.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

Discorsi, 39

 

 

D’ora in poi sarai pescatore di uomini

di San Massimo il Confessore nel settimo secolo

 

         Quando il Signore, seduto nella  barca, dice a Pietro: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”, gli consiglia non tanto di calare gli strumenti da pesca nelle profondità delle acque, quanto di spargere nel fondo dei cuori le parole della predicazione. San Paolo ha penetrato in quell’abisso dei cuori, lanciando la parola: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!” (Rm 11,33)... Come la rete porta nelle sue pieghe verso la nave i pesci che ha presi, così la fede conduce nel suo seno, verso il riposo, tutti gli uomini che ha radunati.

         Ancora per fare capire che il Signore parlava di pesca spirituale, Pietro dice: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”... Il Verbo, la Parola di Dio, è il Signore nostro Salvatore... Poiché Pietro lancia la sua rete secondo il Verbo, diffonde dappertutto la sua eloquenza secondo Cristo. Spiega le reti tessute secondo le prescrizioni del suo maestro; lancia nel nome del Signore parole più chiare e più efficaci che permettono di salvare, non creature senza ragione, bensì gli uomini.

         “Abbiamo faticato, dice, tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sì, Pietro aveva proprio faticato tutta la notte...; quando è sorta la luce del Salvatore, le tenebre si sono disperse e la sua fede gli ha permesso di distinguere, nel più profondo delle acque, ciò che i suoi occhi non potevano vedere. Pietro ha effettivamente sofferto a causa della notte, finché il giorno che è Cristo non è venuto in suo soccorso. Questo fa dire all’apostolo Paolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12).

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI giovedì

Discorso 43, 5-6 ; CCL 41, 510-511

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

1929

 

 

Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini

 Sant’Agostino nel quinto secolo

 

Quanta fu la degnazione di Cristo! Questo Pietro che parla così era stato un pescatore; ma adesso gran lode merita ogni oratore che riesca a comprendere il pescatore. Al riguardo, parlando ai primi cristiani, diceva l'apostolo Paolo: “Considerate la vostra chiamata, o fratelli. In mezzo a voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Iddio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose stolte del mondo ha scelto Dio per confondere i sapienti, e le cose ignobili e disprezzate del mondo ha scelto Dio, e quelle che non sono, quasi che fossero, per ridurre al nulla quelle che sono”(1 Cor 1, 26-28).

Se infatti Cristo avesse scelto per primo il retore, questo retore avrebbe detto: “Sono stato scelto in grazia della mia eloquenza”. Se avesse scelto il senatore, il senatore avrebbe detto: “Sono stato scelto per la mia dignità”. In fine, se avesse scelto l'imperatore, l'imperatore avrebbe detto: “Sono stato scelto in vista del mio potere”. Stiano dunque calmi tutti costoro e si lascino rimandare a dopo! Stiano calmi! Non saranno scartati né disprezzati ma solo posti in seconda linea, in quanto potrebbero in se stessi trovare come gloriarsi di se stessi.

 

Dammi, dice Cristo, quel pescatore, dammi quell'illetterato, quell'ignorante; dammi quel tale con cui il senatore non si degna di parlare neppure quando compra il pesce. Dammi quello, dice. Se riempirò un uomo come questo, sarà palese che sono io a farlo. Anche il senatore – è vero – e il retore e l'imperatore io renderò miei discepoli..., ma è più convincente l'aver io agito nel pescatore. Il senatore potrebbe gloriarsi di se stesso, e così il retore e l'imperatore, mentre il pescatore non potrà gloriarsi se non di Cristo. Venga dunque il pescatore e questo sia per dare una lezione di umiltà salutare. Venga per primo il pescatore.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

Conferenze 

 

 

Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo Sposo è con loro?

 di San Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

 

Avevamo lasciato la Siria per la Provincia d’Egitto, con il desiderio di imparare i principi dei monaci anziani, e ci meravigliavamo della grande cordialità con la quale eravamo accolti. Contrariamente a quel che ci era stato insegnato nei monasteri di Palestina, non si osservava quella regola di aspettare l’ora fissata per il pranzo, ma, eccetto il mercoledì e il venerdì, dovunque andassimo, si rompeva il digiuno. Uno degli antichi a cui domandavamo perché, da loro, si omettessero così facilmente i digiuni quotidiani, ci rispose : « Il digiuno è sempre con me. Voi, invece, che fra poco congederò, non potrò tenervi sempre con me. E il digiuno, benché utile e necessario, è tuttavia l’offerta di un dono volontario, mentre il compimento dell’opera della carità è l’esigenza assoluta del precetto. Perciò, accogliendo in voi Cristo, devo ristorarlo e, dopo avervi congedato, potrò compensare in me, con un digiuno più rigoroso, l’umanità che vi ho manifestata per riguardo a Cristo. Infatti, « gli amici dello Sposo non possono digiunare mentre lo Sposo è con loro », ma quando si sarà allontanato, allora potranno farlo.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI venerdì

Commento al vangelo di Matteo, 10, 22 ; CCM 56 B, 1072-1073

 

Cristo Sposo

 di San Pascasio Radberto nel nono secolo

 

 

 

         Un’unione strana e straordinaria ebbe luogo quando  « il Verbo si fece carne » nel seno della Vergine e « venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14). Come tutti gli eletti sono risuscitati in Cristo quando egli risuscitò, così queste nozze sono state celebrate in lui e la Chiesa è stata unita allo Sposo mediante i legami del matrimonio, quando l’uomo-Dio ricevette in pienezza i doni dello Spirito Santo e tutta la divinità venne ad abitare nel suo corpo… Cristo è divenuto uomo per mezzo dello Spirito Santo e, in quanto Sposo, è uscito dal seno della Vergine, che infatti fu la sua stanza nuziale. E la Chiesa, nel rinascere dall’acqua per mezzo dello stesso Spirito, diviene un solo corpo in Cristo, sicché i due « sono una carne sola » (Mt 19,5) il che, « in riferimento a Cristo e alla Chiesa, è un grande mistero » (Ef 5,31).

 

         Questo matrimonio dura fin dall’inizio dell’incarnazione di Cristo fino al momento in cui Cristo tornerà e tutti i riti dell’unione nuziale saranno compiuti. Allora, coloro che saranno pronti e avranno compiuto come conviene le condizioni di una tale unione, entreranno con lui, pieni di rispetto, alle nozze eterne (Mt 25,10). Nell’attesa, la sposa promessa a Cristo cammina verso il suo Sposo, e custodisce l’alleanza con lui ogni giorno nella fede e nella tenerezza, finché egli venga.

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

 

 

 

Le testimonianze della Risurrezione

di San Leone Magno nel V secolo

 

 

 

 

            La risurrezione del Salvatore non lasciò a lungo l’anima nell’inferno, né la carne nel sepolcro. Fu molto celere la vivificazione della carne incorrotta, come se ivi un sopore anziché la morte fosse intervenuto; la divinità, che non si era allontanata dalla, natura dell’uomo assunto, con propria potestà ricongiunse quel che per propria potestà aveva separato.

 

         Molte testimonianze seguirono per fondare l’autorità della fede che doveva essere predicata in tutto il mondo. Il ribaltamento della pietra, il sepolcro trovato vuoto, i panni ben disposti e gli angeli che raccontarono tutto il fatto, documentano con certezza e con abbondanza la verità della risurrezione del Signore.

 

         Egli con queste testimonianze aveva lo scopo di far conoscere che in lui le proprietà della natura divina e quelle della natura umana persistono inseparabilmente, e inoltre di farci certi che il Verbo non è la stessa cosa che la carne pur professando che l’unico Figlio di Dio è Verbo e carne.

 

 

XXIII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI sabato

Conferenze 3, 6-7; CSEL 13/2, 73-75

 

 

 

Rinunciare a tutti i propri averi

 di Giovanni Cassiano nel quinto secolo

 

 

 

         Ora dobbiamo parlare delle rinunzie, che secondo la tradizione dei Padri e come afferma l’autorità della sacra Scrittura son tre... Con la prima disprezziamo tutte le ricchezze e i beni materiali del mondo, con la seconda rinneghiamo le consuetudini passate, vizi e passioni dell’anima e della carne; la terza consiste nel distogliere la nostra anima da tutte le cose presenti e visibili, per contemplare e desiderare soltanto i beni futuri e invisibili. E tutte e tre queste rinunzie devono essere attuate contemporaneamente, come leggiamo che ordinò il Signore ad Abramo dicendogli: “Esci dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre” (Gen 12,1).

 

         Prima disse: “dalla tua terra”, cioè rinuncia ai beni di questo mondo e alle ricchezze terrene; in secondo luogo: “dalla tua parentela”, rinuncia cioè al modo di vivere, alle consuetudini e ai vizi del passato, che fin dalla nascita aderiscono a noi come se ci fossero affini e consanguinei; in terzo luogo: “dalla casa di tuo padre”, cioè distogli lo sguardo da ogni ricordo di questo mondo che hai sotto gli occhi...

 

Fissiamo lo sguardo, come dice l’apostolo Paolo, “non sulle cose visibili ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,18)...“La nostra patria è nei cieli” (Fil 3,20)... Così, usciti dalla casa paterna, volgeremo tutto lo sguardo dell’anima ai beni celesti... Allora la nostra mente, purificata da ogni attacco e abitudine terrena dall’incessante meditazione delle divine Scritture e da pensieri spirituali, si trasferirà al mondo invisibile.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

Ecco io sono con voi tutti giorni fino alla fine del mondo

di sant' Ireneo di Lione nel secondo secolo

 


Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: «Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).


E' questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò esso discese anche sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell'uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio, operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall'uomo vecchio alla novità di Cristo.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - Domenica

Omelia, 10-12 ; PG 88, 1860-1866

 

 

« Venite a vedere il luogo dove era deposto »

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

         « Venite a vedere il luogo dove era deposto » (Mt 28,6)… Venite a vedere il luogo dove è stato redatto l’atto che garantisce la vostra risurrezione. Venite a vedere il luogo dove la morte è stata sepolta. Venite a vedere il luogo dove un corpo, chicco di grano non seminato da mano d’uomo, ha prodotto una moltitudine di spighe per l’immortalità… « Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno. Annunziate ai miei discepoli i misteri che avete contemplati. »

 

         Questo ha detto il Signore alle donne. E anche ora, sulla riva della piscina battesimale, sta, invisibile, vicino ai credenti, abbraccia i neobattezzati come amici e fratelli… Colma i loro cuori e le loro anime di esultanza e di gloria. Lava le loro macchie nelle fonti della sua grazia. Unge col profumo dello Spirito coloro che sono stati rigenerati. Il Signore diviene colui che li nutre e diviene loro cibo. Procura ai suoi servi la loro parte del cibo spirituale. Dice a tutti i fedeli : « Prendete, mangiate il pane del cielo, ricevete la fonte che zampilla dal mio costato, alla quale sempre si può attingere, senza mai inaridirla. Voi che avete fame, saziatevi ; voi che avete sete, inebriatevi del vino sobrio e salutare. »

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

Tradotto per la liturgia da "Evangeliques - 5 - fêtes

Pierre-Marie-Delfieux

Ed. Saint-Paul 1999 - France p. 450

 

 

 

Beato colui che partecipa alla prima Resurrezione

del Beato Guerrico D'Igny  nel dodicesimo secolo

 

 

         "Beato colui che partecipa alla prima resurrezione".

        Poiché se, di fatto, "il Cristo è primizia di coloro che si sono addormentati, primogenito tra i morti; la sua Risurrezione inaugura la nostra, quella delle anime e quella dei corpi. Nel suo corpo che Egli ha risuscitato dai morti, ha procurato alle anime il sacramento della risurrezione e ai corpi il modello secondo il quale risorgeranno.

 

         O anima mia, ascolta dunque il Cristo dire oggi:

         "Mi sono addormentato ed eccomi risvegliato!

         Tu, dunque, tu che dormi, alzati, risuscita dai morti

         e Cristo ti illuminerà". Vegliate, dunque fratelli! Vegliate,

tanto più che si è già levata per voi l'aurora del giorno senza tramonto. Vegliate perché la Luce del mattino, il Cristo, si alzò su di voi  pronto a rinnovare il mistero della Risurrezione mattinale per coloro che vegliano.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Commento sul vangelo di Luca, V, 89 ; SC 45, 214

 

 

La madre ritrova suo figlio

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

                  La divina misericordia si è lasciata persuadere velocemente dai gemiti di quella madre. Lei è vedova; le sofferenze  o la morte del suo unico figlio l’hanno spezzata... Mi sembra che quella vedova, circondata dalla folla del popolo sia più di una semplice donna che meriti con le sue lacrime la risurrezione di un figlio, giovane e unico. Lei è proprio l’immagine della santa Chiesa che, con le sue lacrime, ottiene di richiamare in vita, in mezzo al corteo funebre e fin quasi dentro al sepolcro, il giovane popolo del mondo...

 

                  Infatti all’udire la parola di Dio, i morti risorgono, ritrovano la voce e la madre ritrova suo figlio. Egli è richiamato dalla tomba, è strappato dal sepolcro. Qual’è, per voi, questa tomba, se non la vostra cattiva condotta? Il vostro sepolcro è la mancanza di fede... Da quel sepolcro, Cristo vi libera. Uscirete dal sepolcro se ascolterete la parola di Dio. E se il vostro peccato è troppo grave perché  possano lavarlo le lacrime della vostra penitenza, intervengano per voi i pianti della vostra madre Chiesa...

Lei intercede per ognuno dei suo figli, come altrettanti figli unici.

È infatti piena di compassione e prova un dolore spirituale tutto materno quando vede i suoi figli trascinati nella morte dal peccato.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

Tratto da: "La Saggezza dei Padri della Chiesa. La Preghiera".

Piero Gribaudi Ed. Srl. 2000 MILANO p. 91

 

 

Davanti a Dio

del Beato Isacco di Ninive nel settimo Secolo

 

 

        Ricordatevi di Dio, affinché in ogni istante egli si ricordi di voi. Se si ricorda di voi, vi concederà salvezza.

 

Non dimenticatelo, lasciandovi sedurre da distrazioni vane. Volete forse che vi dimentichi nei momenti delle vostre tentazioni?

 

Rimanetegli vicini e obbedienti nei giorni della prosperità. Potrete contare sulla sua parola nei giorni difficili, perché la preghiera vi renderà sicuri della sua presenza costante.

 

Rimanete incessantemente dinanzi al suo volto, pensatelo, custoditelo nel vostro cuore. Se lo incontrate solo di tanto in tanto rischiate di perdere la vostra intimità con lui.

 

La familiarità tra gli uomini avviene mediante la presenza fisica. La familiarità con Dio, invece, consiste nella meditazione  e nell'abbandono in lui durante la preghiera.

 

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

dalla "Lettera ai monaci benedettini di Cervaie" Lett. 189

Tratto dall'Ora dell'Ascolto pp. 2394-2395

 

Lo Spirito Santo guida alla vera obbedienza

di Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo

 

 

Il dolce e buon Dio ha posto nell'uomo, mentre vive nel carcere corruttibile del suo corpo, un continuo rimedio che fortifica la ragione e la libertà dell'uomo, cioè la continua medicina del fuoco dello Spirito Santo, che non gli è mai tolto. Adopera anche continuamente la grazia e i doni suoi. Così ogni giorno tu puoi e devi adoperare questo battesimo dolce, che ti è dato per grazia e non per debito.

 

Quando dunque l'anima vede in sé tanta eccellenza e fuoco di Spirito Santo, si inebria per siffato modo dell'amore del suo Creatore, che perde tutta se stessa, e vivendo vive morta, e non sente in sé amore né piacere di creatura.

 

Infatti la memoria è già piena dell'affetto del suo Creatore, e l'intelletto non intende né vede nessuna cosa fuori di Dio. A questa perfezione, carissimi fratelli, voi siete invitati e tratti dallo Spirito Santo, dallo stato del secolo allo stato monastico; e siete legati con la guida della vera e santa obbedienza, condotti a mangiare favi di miele nel giardino della santa Chiesa.

 

Vi prego dunque di non mai volgere il capo all'indietro per qualsiasi fatica o tentazione; e non soggiaccia mai a tristezza o confusione l'anima vostra.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

                                                                                                          

Omelie anonime sulla peccatrice, 1, 4.5.19.26.28

 

 

 

« Le sono perdonati i suoi molti peccati »

Un autore siriaco anonimo del sesto  secolo

 

 

         L’amore di Dio, uscito in cerca dei peccatori, ci viene proclamato da una donna peccatrice. Perché chiamando lei, Cristo chiamava all’amore la nostra razza tutta intera ; e nella sua persona, attirava al suo perdono tutti i peccatori. Parlava a lei, ma invitava alla sua grazia la creazione tutta intera…

 

         Chi non potrebbe essere raggiunto dalla misericordia di Cristo, se lui, per salvare una peccatrice, accettò l’invito di un fariseo ? A causa di quella donna affamata di perdono, vuole in prima persona avere fame della mensa di Simone il fariseo, mentre sotto le apparenze di una mensa di pane, aveva preparato, per la peccatrice, la mensa del pentimento… Affinché tu possa partecipare alla stessa mensa, divieni consapevole che il tuo peccato è grande ; però disperare del perdono perché il tuo peccato ti sembra troppo grande, è bestemmiare contro Dio e fa torto a te stesso. Perché se Dio ha promesso di perdonare i tuoi peccati per quanto numerosi fossero, gli dirai forse che non puoi crederlo dichiarandogli : « Il mio peccato è troppo grande perché tu lo perdoni. Non puoi guarirmi dalle mie malattie » ? Smettila e grida con il profeta : « Ho peccato contro di te, Signore » (2 Sam 12, 13). Subito ti risponderà : « Io ho perdonato il tuo peccato ; tu non morirai ». A lui sia la gloria, da noi tutti per i secoli. Amen.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Inno 21 ; SC 114, 25

 

« Le sono perdonati i suoi molti peccati »

San Romano il Melode nel sesto secolo

 

 

         Quando vide le parole di Cristo diffondersi dappertutto come degli aromi, la peccatrice... si mise ad odiare il fetore dei suoi atti... : “Non ho considerato la misericordia con la quale Cristo mi circonda, cercando me che mi smarrisco per colpa mia. Infatti mi cerca, dappertutto; per me, mangia dal fariseo, colui che nutre il mondo intero. Del tavolo fa un altare per il sacrificio in cui offre se stesso, condonando il debito ai suoi debitori perché essi si avvicinino con fiducia dicendo: ‘Signore, liberami dall’abisso delle mie opere ”.

         Avidamente, lei vi corre e, lasciando le briciole, ha afferrato il pane; più affamata della Cananea (Mc 7,24), ha saziato la sua anima vuota, perché aveva una fede grande quanto la sua. Non il suo grido l’ha riscattata, bensì il suo silenzio, quando ha detto in un singhiozzo: ‘Signore, liberami dall’abisso delle mie opere’...

         Si è affrettata verso la casa del fariseo, precipitandosi nella penitenza. “Sù anima mia, disse, ecco il tempo che chiedevi! È qui Colui che purifica, perché rimani nell’abisso delle tue opere? Io vado a lui, perché per me egli è venuto. Lascio i miei amici di prima, perché desidero appassionatamente colui che è qui oggi; e poiché egli mi ama, a lui il mio olio profumato e le mie lacrime. Il desiderio del Desiderato mi trasfigura e amo colui che mi ama come vuole essere amato. Mi pento e mi prosterno, questo egli attende; cerco il silenzio e il ritiro, questo gli piace. Rompo con il passato; rinuncio all’abisso delle mie opere.

         “Andrò a lui e sarò raggiante, come dice la Scrittura, mi avvicinerò a lui e non sarò confusa” (Sal 33,6; 1Pt 2,6). Non mi farà rimproveri; non mi dirà : ‘Fin ora eri nelle tenebre e sei venuta a vedere me, il sole’. Per questo prenderò l’olio profumato e farò della casa del fariseo un battistero dove laverò le mie colpe, dove mi purificherò dal mio peccato. Di lacrime, di olio e di profumo riempirò la vasca battesimale dove mi laverò, dove mi purificherò, e sfuggirò dall’abisso delle mie opere.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo Castità  - paragrafo. 86

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 8, 1-3

 

Mulieris Dignitatem, § 27

 

« C’erano con lui i Dodici e alcune donne »

di Papa Giovanni Paolo II

 

         Nella storia della Chiesa, sin dai primi tempi c'erano - accanto agli uomini - numerose donne, per le quali la risposta della Sposa all'amore redentore dello Sposo assumeva piena forza espressiva. Come prime vediamo quelle donne, che personalmente avevano incontrato Cristo, l'avevano seguito e, dopo la sua dipartita, insieme con gli apostoli « erano assidue nella preghiera » (At 1,14) nel cenacolo di Gerusalemme sino al giorno di Pentecoste. In quel giorno lo Spirito Santo parlò per mezzo di « figli e figlie » del Popolo di Dio… (At 2,17 ; Gl 3,1). Quelle donne, ed in seguito altre ancora, ebbero parte attiva ed importante nella vita della Chiesa primitiva, nell'edificare sin dalle fondamenta la prima comunità cristiana - e le comunità successive - mediante i propri carismi e il loro multiforme servizio… L'apostolo parla delle loro « fatiche » per Cristo, e queste indicano i vari campi del servizio apostolico della Chiesa, iniziando dalla « chiesa domestica ». In essa, infatti, la « fede schietta » passa dalla madre nei figli e nei nipoti, come appunto si verificò nella casa di Timoteo (2 Tm 1, 5).

Lo stesso si ripete nel corso dei secoli, di generazione in generazione, come dimostra la storia della Chiesa. La Chiesa, infatti, difendendo la dignità della donna e la sua vocazione, ha espresso onore e gratitudine per coloro che - fedeli al Vangelo - in ogni tempo hanno partecipato alla missione apostolica di tutto il Popolo di Dio. Si tratta di sante martiri, di vergini, di madri di famiglia, che coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa… Anche in presenza di gravi discriminazioni sociali le donne sante hanno agito in «modo libero», fortificate dalla loro unione con Cristo…

Anche ai nostri giorni la Chiesa non cessa di arricchirsi della testimonianza delle numerose donne che realizzano la loro vocazione alla santità. Le donne sante sono una incarnazione dell'ideale femminile, ma sono anche un modello per tutti i cristiani, un modello di « sequela Christi », un esempio di come la Sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello Sposo.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 8, 4-15

Breviloquio Prologo, 2-5

(In l' Ora dell'Ascolto p. 958)

 

« Il seme è la parola di Dio »

San Bonaventura nel tredicesimo secolo

 

         L’origine della Sacra Scrittura non è frutto della ricerca umana, ma di rivelazione divina, che promana dal “Padre della luce”, “dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Gc 1,17; Ef 3,15). Dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, discende in noi lo Spirito Santo. Per mezzo dello Spirito Santo poi, che divide e distribuisce i suoi doni ai singoli secondo il suo beneplacito (Eb 2,4), ci viene data la fede, e “per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori” (Ef 3,17). Questa è la conoscenza di Gesù Cristo, da cui hanno origine, come da una fonte, la sicurezza e l’intelligenza della verità, contenuta in tutta la Sacra Scrittura. Perciò è impossibile che uno vi si possa addentrare e conoscerla, se prima non abbia la fede che è lucerna, porta e fondamento di tutta la Sacra Scrittura...

 

         Lo scopo, o meglio, il frutto della Sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna. Infatti la Sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte “parole di vita eterna” (Gv 6,68), perché non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno colmati tutti i nostri desideri. Solo allora conosceremo “l’amore che sorpassa ogni conoscenza” e così saremo “ricolmi di tuttta la pienezza di Dio” (Ef 3,19). Ora la divina Scrittura cerca di introdurci in questa pienezza, proprio secondo quanto ci ha detto l’apostolo Paolo. Con questo scopo, con questa intenzione, deve essere studiata la Sacra Scrittura. Così va ascoltata e insegnata.

 

XXIV° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Dal «Trattato contro le eresie»

(Lib. IV, 20, 5-7; SC 100, 640-642. 644-648)

L'uomo vivente è gloria di Dio

di sant' Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

     La gloria di Dio dà la vita; perciò coloro che vedono Dio ricevono la vita. E per questo colui che è inintelligibile, incomprensibile e invisibile, si rende visibile, comprensibile e intelligibile dagli uomini, per dare la vita a coloro che lo comprendono e vedono. E' impossibile vivere se non si è ricevuta la vita, ma la vita non si ha che con la partecipazione all'essere divino. Orbene tale partecipazione consiste nel vedere Dio e godere della sua bontà.
     Gli uomini dunque vedranno Dio per vivere, e verranno resi immortali e divini in forza della visione di Dio. Questo, come ho detto prima, era stato rivelato dai profeti in figura, che cioè Dio sarebbe stato visto dagli uomini che portano il suo Spirito e attendono sempre la sua venuta. Così Mosè afferma nel Deuteronomio: Oggi abbiamo visto che Dio può parlare con l'uomo e l'uomo aver la vita
(cfr. Dt 5, 24). Colui che opera tutto in tutti nella sua grandezza e potenza, è invisibile e indescrivibile a tutti gli esseri da lui creati, non resta però sconosciuto; tutti infatti, per mezzo del suo Verbo, imparano che il Padre è unico Dio, che contiene tutte le cose e dà a tutte l'esistenza, come sta scritto nel vangelo: «Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18).
     Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dal principio è con il Padre e ha mostrato al genere umano nel tempo più opportuno le visioni profetiche, la diversità dei carismi, i ministeri e la glorificazione del Padre secondo un disegno tutto ordine e armonia. E dove c'è ordine c'è anche armonia, e dove c'è armonia c'è anche tempo giusto, e dove c'è tempo giusto c'è anche beneficio.
     Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l'utilità degli uomini, in favore dei quali ha ordinato tutta l'«economia» della salvezza, mostrando Dio agli uomini e presentando l'uomo a Dio. Ha salvaguardato però l'invisibilità del Padre, perché l'uomo non disprezzi Dio e abbia sempre qualcosa a cui tendere. Al tempo stesso ha reso visibile Dio agli uomini con molti interventi provvidenziali, perché l'uomo non venisse privato completamente di Dio, e cadesse così nel suo nulla, perché l'uomo vivente è gloria di Dio e vita dell'uomo è la visione di Dio. Se infatti la rivelazione di Dio attraverso il creato dà la vita a tutti gli esseri che si trovano sulla terra, molto più la rivelazione del Padre che avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Dal «Commento sulla seconda lettera ai Corinzi» 

(Cap. 5, 5 - 6; PG 74, 942-943)

Dio ci ha riconciliati per mezzo di Cristo

di san Cirillo di Alessandria nel quinto secolo

 

     Chi ha il pegno dello Spirito e possiede la speranza della risurrezione, tiene come già presente ciò che aspetta e quindi può dire con ragione di non conoscere alcuno secondo la carne, di sentirsi, cioè, fin d'ora partecipe della condizione del Cristo glorioso. Ciò vale per tutti noi che siamo spirituali ed estranei alla corruzione della carne. Infatti, brillando a noi l'Unigenito, siamo trasformati nel Verbo stesso che tutto vivifica. Quando regnava il peccato eravamo tutti vincolati dalle catene della morte. Ora che è subentrata al peccato la giustizia di Cristo, ci siamo liberati dall'antico stato di decadenza. 
     Quando diciamo che nessuno è più nella carne intendiamo riferirci a quella condizione connaturale alla creatura umana che comprende, fra l'altro, la particolare caducità propria dei corpi. Vi fa cenno san Paolo quando dice: «Infatti anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così»
(2 Cor 5, 16). In altre parole: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e per la vita di noi tutti accettò la morte del corpo. La nostra fede prima ce lo fa conoscere morto, poi però non più morto, ma vivo; vivo con il corpo risuscitato al terzo giorno; vivo presso il Padre ormai in una condizione superiore a quella connaturale ai corpi che vivono sulla terra. Morto infatti una volta sola non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio (cfr. Rm 6, 8-9).

 

XXV° settimana Tempo Ordinario -  VESPRI Domenica

                                   .                                                                             Mt 20, 1-16

Omelie sul Vangelo di Matteo, 64

 

 

« Andate anche voi nella mia vigna »

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

          È chiarissimo che questa parabola si rivolge nello stesso tempo a coloro che sono stati virtuosi fin dalla giovinezza e a coloro che lo sono diventati soltanto nella vecchiaia : ai primi, nello scopo di preservarli dalla superbia e di impedire loro di rimproverare quelli delle cinque del pomeriggio ; ai secondi per insegnare loro che possono meritare la stessa paga in un breve tempo. Il Salvatore aveva appena parlato della rinuncia alle ricchezze, del disprezzo di tutti i beni, di virtù cioè che chiedono cuore e coraggio. C’era bisogno per questo dell’ardore e dell’energia di un’anima giovanile. Il Signore quindi riaccende in loro la fiamma della carità, rafforza i loro sentimenti e mostra loro che persino coloro che sono arrivati per ultimi ricevono la paga di tutta la giornata…

 

         Tutte le parabole di Gesù, quelle delle vergini, della rete, delle spine, dell’albero sterile, ci invitano a dare prova della nostra virtù nelle nostre azioni. Egli parla poco dei dogmi, perché essi chiedono poco fatica. Invece parla sovente della vita, anzi ne parla sempre, perché essendo la vita un combattimento continuo, anche la fatica ne è continua.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - LODI  Martedì

Lc 8, 19-21

 

La santa verginità, 5

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

Maria, madre di Cristo, madre della Chiesa


Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 

         Il parto di quella Vergine singolare e santa è la gloria di tutte le sante vergini: esse sono, in Maria, madri del Cristo, a condizione però che facciano la volontà del Padre. È infatti a questo titolo che Maria è madre di Cristo in senso più encomiabile e felice, secondo la parola evangelica sopra ricordata: « Chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, costui mi è fratello e sorella e madre » (Mt 12,50).

 

Elenca tutti questi vincoli di parentela, ma, trattandosi del popolo dei redenti, li presenta elevati all'ordine soprannaturale, cioè riferiti a se stesso. Egli ritiene per fratelli e sorelle i santi e le sante con i quali condivide l'eredità celeste. Sua madre è la Chiesa universale, in quanto, mediante la grazia divina, genera le sue membra, cioè i suoi fedeli. Inoltre, di ogni anima devota si può dire che essa è madre di Cristo, nel senso che, facendo la volontà del Padre, mediante la carità - che è virtù fecondissima - dà la vita a tutti coloro in cui imprime la forma di Cristo (Gal 4,19)…

 

 Maria è senza alcun dubbio madre delle sue membra, che siamo noi, nel senso che ha cooperato mediante l'amore a generare alla Chiesa dei fedeli, che formano le membra di quel capo. Per quanto invece concerne il suo corpo, essa è la madre proprio del capo.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 8,19-21

 

Opusculi de pietà, 39

   

« Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica »

 

Cardinal Pierre de Bérulle nel sedicesimo secolo

 

 

          La sorte della Vergine in quel santo tempo è di restare in silenzio : è il suo stato, è la sua vita. La sua vita è una vita di silenzio che adora la Parola eterna. Vedendo davanti ai suoi occhi, nel suo seno, nelle sue braccia quella stessa Parola, la Parola sostanziale del Padre, essere muta e ridotta al silenzio dallo stato della sua infanzia, Maria viene trasformata sull’esempio del Verbo incarnato che è suo Figlio, il suo Dio e il suo unico amore. La sua vita trascorre così, da silenzio di adorazione in silenzio di trasformazione ; il suo spirito e i suoi sensi cospirano insieme a formare in lei questa vita di silenzio.

 

         Eppure un personaggio così grande, così presente e che le è così proprio sarebbe molto degno delle sue parole, delle sue lodi ! … Chi conosce meglio di Maria lo stato, la grandezza, le umiliazioni di Gesù, lui che ha riposato in lei durante nove mesi, che ha preso da lei quel piccolo corpo che copre lo splendore della Divinità, come un velo che ci nasconde il vero santuario ? Chi parlerebbe più degnamente, più divinamente di cose così grandi, così divine di lei che è la Madre del Verbo eterno, in cui e per cui tutte queste cose sono state compiute…

 

         Pur tuttavia sta in silenzio, rapita dal silenzio di suo Figlio Gesù ! Questo silenzio della Vergine non è certo un silenzio di impotenza ; è un silenzio di luce e di rapimento, più eloquente, nella lode di Gesù, dell’eloquenza stessa. È un effetto divino nell’ordine della grazia, operato dal silenzio di Gesù che imprime questo effetto in sua Madre, assorbendo nella sua Divinità ogni parola e ogni pensiero della sua creatura. Perciò è mirabile vedere che mentre tutti parlano, Maria non parla. Ascolta. Riceve, offre e dona suo figlio in silenzio !

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

Redemptoris missio, §30

 

« Li mandò ad annunziare il regno di Dio »

 

di Papa Giovanni Paolo II

 

 

Il nostro tempo, con l'umanità in movimento e in ricerca, esige un rinnovato impulso nell'attività missionaria della chiesa. Gli orizzonti e le possibilità della missione si allargano, e noi cristiani siamo sollecitati al coraggio apostolico, fondato sulla fiducia nello Spirito. E lui il protagonista della missione!

 

Sono numerose nella storia dell'umanità le svolte epocali che stimolano il dinamismo missionario, e la chiesa, guidata dallo Spirito, vi ha sempre risposto con generosità e lungimiranza. Né i frutti sono mancati. È stato celebrato... il millennio dell'evangelizzazione della Russia e dei popoli slavi, e... il cinquecentesimo anniversario dell'evangelizzazione delle Americhe. Parimenti, sono stati di recente commemorati i centenari delle prime missioni in diversi paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'Oceania. Oggi la Chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione “ad gentes” sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l'annuncio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle Chiese particolari e alla Chiesa universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

Omelie sulla prima lettera ai Corinzi (PG 61, 34-36)

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2559)

 

  

« Con la bocca dei bimbi e dei lattanti » (Sal 8,3)

 

San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto non servendosi di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti. Dai mezzi usati da Dio si vede come « la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana » (1 Cor 1, 25).

 

         In che senso più forte ? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sè tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere… I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio… Pensando a questo fatto, Paolo esclamava : « Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini » (1 Cor 1, 25). Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera ?

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - LODI  Giovedì

Lc 9, 7-9

  

Libro di vita

  

Capitolo: Preghiera

Paragrafo: 15

 

XXV° settimana Tempo Ordinario -  VESPRI  Giovedì

Lc 9, 7-9

 

Istruzioni 1,2-4 ; PL 80, 231-232

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1680)

 

 « Erode cercava di vedere Gesù »

 

San Colombano nel sesto secolo

 


         Dio è dappertutto; egli è immenso e dovunque presente, secondo quanto egli ha detto di se stesso: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (Ger 23,23). Non cerchiamo dunque Dio come se stesse lontano da noi, perché lo possiamo avere dentro di noi. Egli dimora in noi come l’anima nel corpo, purché siamo sue membra sane, morti al peccato... “In lui, come dice l’Apostolo, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28).

 

         Chi mai, dico, potrà investigare la sublime essenza di Dio, ineffabile e incomprensibile? Chi potrà scrutare i suoi altissimi misteri? Chi oserà dire qualcosa di colui che è il Principio eternamente esistente di tutte le cose create? Chi potrà vantarsi di conoscere Dio infinito, che tutto riempie di sé e tutto abbraccia, tutto penetra e tutto trascende, tutto comprende e a tutto sfugge? Nessuno mai lo ha visto così com’è (1 Tm 6,16). Nessuno pertanto presuma di investigare i misteri incomprensibili di Dio: che cosa sia, come sia, dove sia. Questi sono misteri ineffabili, inscrutabili, impenetrabili. Devi credere questo solo, però con tutta la forza del tuo cuore: Che Dio è così, come è sempre stato e come sempre sarà, perché è immutabile.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario -  LODI Venerdì

Lc 9, 18-22

 

Omelia : "Padre mio, se è possibile",

 PG 51, 34-35

  

 

« Le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevano seguire» (1Pt 1,11)


San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo


 

         All’avvicinarsi della sua morte, il Salvatore diceva: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo” (Gv 17, 1). Ora, la sua gloria era la croce. Come dunque avrebbe potuto cercare di evitare quello che, in un altro momento, sollecita? Il Vangelo ci insegna che la sua gloria è la croce dicendo: “Non c’era ancora lo Spirito Santo, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7, 39).

 

         Il senso di tale parola è questo: non c’era ancora la grazia, perché Cristo non era ancora salito sulla croce per mettere fine all’ostilità fra Dio e gli uomini. Infatti è stata la croce ad aver riconciliato gli uomini con Dio, ad aver fatto della terra un cielo, ad aver riunito gli uomini e gli angeli. Ha rovesciato la cittadella della morte, distrutto il potere del demonio, liberato la terra dall’errore, posto le fondamenta della Chiesa. La croce è la volontà del Padre, la gloria del Figlio, l’esultanza dello Spirito Santo. È il vanto di san Paolo : “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6, 14).

 

XXV° settimana Tempo Ordinario -  VESPRI   Venerdì

 

Lc 9, 18-22

 

Der Gott Jesu Christi

 

 

« Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato, … essere messo a morte e risorgere il terzo giorno »

 

Cardinale Joseph Ratzinger ora Papa Benedetto XVI

 

 

         Essere uomo significa: essere in vista della morte; essere uomo significa: dovere morire… Vivere, in questo mondo, vuole dire morire. « Si è fatto uomo » (Credo); questo significa dunque che anche Cristo è andato alla morte. La contraddizione propria della morte dell’uomo raggiunge in Cristo un’estrema acutezza, poiché in lui, che è in una comunione di scambio totale col Padre, l’isolamento assoluto della morte è pura assurdità. Inoltre, in lui la morte ha anche la sua necessità ; infatti, il fatto di essere col Padre è all’origine dell’incomprensione che gli uomini gli testimoniano, all’origine della sua solitudine in mezzo alle folle. la sua condanna è stata l’atto ultimo dell’incomprensione, del rigetto di quell’Incompreso in una zona di silenzio.

 

         Allo stesso tempo, si può intravedere qualcosa della dimensione interiore della sua morte. Nell’uomo, morire è sempre nello stesso tempo un avvenimento biologico e spirituale. In Gesù, la distruzione dei supporti della comunicazione rompe il suo dialogo col Padre. Dunque quello che si rompe nella morte di Gesù Cristo è più grave che in qualsiasi morte umana. Quello che è strappato qui, è il dialogo che è l’asse vero del mondo intero.

 

         Però, così come questo dialogo lo aveva reso solitario ed era stato alla base della mostruosità di questa sua morte, così in Cristo la Risurrezione è già fondamentalmente presente. In essa, la nostra condizione umana si inserisce nello scambio trinitario dell’amore eterno. Non può mai  più scomparire ; al di là della soglia della morte, essa sorge nuovamente e ricrea la sua pienezza. Solo dunque la Risurrezione svela il carattere ultimo, decisivo di questo articolo della nostra fede : « Si è fatto uomo »… Cristo è pienamente uomo ; lo rimane per sempre. La condizione umana è entrata, in lui, nell’essere proprio di Dio ; è questo il frutto della sua morte.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 9, 43-45

 

Peri Archôn, II, § 6, 2 ; PG 11, 210-211

(In l'Ora dell'Ascolto p. 203 alt.)

 

 « Non comprendevano queste parole »

 

Origene nel terzo secolo

 

 

         Tra tutti i miracoli e prodigi che riguardano Cristo, uno specialmente eccede la capacità della mente umana e la riempie di stupore. La fragilità della nostra intelligenza non riesce a comprendere e neppure ad intuire come si debba credere che sì grande potenza della divina maestà, lo stesso Verbo del Padre, la stessa Sapienza di Dio, per mezzo della quale sono state create tutte le cose visibili e invisibili (Col 1, 16), abbia potuto essere contenuta in quell’uomo che apparve in Giudea; che la Sapienza di Dio sia entrata nel seno di una vergine e sia nata come una piccola creatura che vagiva e piangeva come tutti gli altri bambini. Che abbia poi potuto provare i terrori della morte come egli stesso affermò dicendo: “La mia anima è triste fino alla morte” (Mt 26, 38) e, infine, che sia stato condannato alla morte più ignominiosa tra gli uomini, anche se poi, dopo tre giorni, risuscitò...

 

        In verità far udire ad orecchi umani tali cose, provare ad esprimerle con le parole, supera il linguaggio degli uomini... e probabilmente anche quello degli angeli.

 

XXV° settimana Tempo Ordinario -  PRIMI VESPRI Sabato

Fil 2, 1-11

  

Cristo ci diede l’esempio in se stesso

 

San Policarpo nel secondo secolo

 

  

         Chiunque non riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è un anticristo (cfr. 1Gv 4, 3, 2 Gv 7), e colui che non riconosce la testimonianza della croce è dal diavolo; chi poi stravolge le parole del Signore secondo le proprie passioni e nega la risurrezione e il giudizio, costui è primogenito di Satana.

 

         Lasciamo dunque da parte le vane dicerie della gente e le false dottrine, e volgiamoci all’insegnamento che ci fu trasmesso fin dall’inizio: «Siate moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera» (1Pt 4, 7). Perseveriamo nel digiuno e chiediamo con suppliche a Dio che tutto vede, di «non indurci in tentazione» (Mt 6, 13), perché, come disse il Signore, «lo Spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26, 41).

 

         Restiamo saldamente ancorati alla nostra speranza e al pegno della nostra giustizia, Gesù Cristo, che «portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce. Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca» (1 Pt 2, 24. 22). Ma per noi sopportò ogni cosa perché vivessimo in lui. Siamo dunque imitatori della sua pazienza e se dovessimo soffrire per il suo nome, rendiamogli gloria. Questo è l’esempio che egli ci diede in se stesso, e noi vi abbiamo creduto.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

Lo riconobbero quando spezzo il pane

 

San Gregorio Magno nel sesto secolo

 

 

         Avete sentito che il Signore apparve lungo la via ai due discepoli che ancora non credevano ma parlavano di lui, senza però presentarsi a loro con un aspetto tale da essere riconosciuto. Egli si comportò esteriormente, agli occhi del corpo, quale egli era per loro agli occhi dell’anima. Essi infatti nel loro intimo amavano e dubitavano e il Signore era per loro esternamente presente ma non si svelava. Mentre parlavano di lui, lo vedevano presente, ma in quanto restavano nel dubbio non era loro concesso di riconoscerlo. Si mise a parlare con loro e ne rimproverò l’ostinazione della mente; svelò i misteri della sacra Scrittura che si riferivano a lui e tuttavia, siccome nel loro cuore egli era come un pellegrino a cui non si dà fede, finse di andare lontano. Tale si presentò loro nell’aspetto quale era nella loro mente.

 

         Dovevano dar prova di poterlo amare almeno come un pellegrino, se ancora non lo amavano come Dio. Ma siccome non potevano essere estranei alla carità essi con i quali camminava la Verità, gli offrirono ospitalità, se sta scritto: “lo costrinsero” (Lc 24, 29)? Da questo fatto dobbiamo imparare che non basta invitare i pellegrini, ma bisogna affettuosamente forzarli.

 

         Quelli preparano la mensa, offrono il pane e i cibi, e riconoscono il Signore nel gesto del pane spezzato, mentre non erano riusciti a riconoscerlo quando spiegava le Scritture. Non furono illuminati ascoltando gli insegnamenti divini, ma quando li attuarono. Chi dunque desidera apprendere le cose udite, si affretti ad attuare nella vita ciò che già è riuscito a intendere.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mt 21, 28-32

 

Dal libro «Quale ricco si salverà?»

Città Nuova

 

La vera penitenza è non ricadere di nuovo nelle stesse colpe

 

di Clemente di Alessandrino nel secondo secolo

 

 

A chiunque di vero cuore si converte a Dio sono aperte le porte, e il Padre accoglie il figlio, purché sia veramente pentito, col cuore pieno di gioia. La vera penitenza poi non è solo non ricadere di nuovo nelle stesse colpe, ma strappare del tutto dall’anima quei peccati per i quali ci si riconosce rei di morte. Tolti questi, Dio abiterà di nuovo con te. Cristo dice infatti che in cielo, quando un peccatore si converte e fa penitenza, per il Padre e gli angeli è sommo e incomparabile gaudio. Per questo proclama: «Voglio l’amore e non il sacrificio» (Os 6, 6); «Io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez 33, 11); «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto diventeranno bianchi come neve, se fossero rossi come porpora diventeranno come lana» (Is 1, 18).

 

         Solo Dio può cancellare i peccati e non imputare i delitti, poiché a noi pure Dio comandò di perdonare ogni giorno ai fratelli pentiti. Che se noi, pur essendo cattivi sappiamo fare del bene, quanto più il Padre delle misericordie; il Padre buono da cui viene ogni consolazione, pieno di misericordia e molto benigno, sa usare un’estrema pazienza aspettando chi si converte

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo “ Obbedienza” §110

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Vita di Sant’Antonio, 19-20

 

 

Seguire Cristo sulla via retta

di Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

 

         Un giorno, tutti i monaci vennero a vedere Antonio e lo pregarono di rivolgere loro la parola. Egli disse: ... Eccoci iniziati, ecco che ci siamo incamminati sulla via della virtù. Ora, camminiamo sempre avanti per giungere alla meta (Fil 3,14). Nessuno si volga indietro come la moglie di Lot (Gen 9,26), perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Volgendosi indietro è null’altro che cambiare parola e riprendere gusto nelle cose di questo mondo. Non temete quando sentite parlare di virtù e non stupitevi di questa parola. Infatti la virtù non è lontano da noi: non nasce fuori di noi; è affar nostro, e la cosa è semplice purché lo vogliamo.

 

         I pagani lasciano il proprio paese e attraversano il mare per studiare le lettere. Noi invece non abbiamo bisogno di lasciare il nostro paese per giungere al Regno dei cieli, né di attraversare il mare per acquistare la virtù. Infatti il Signore ha detto: “Il Regno dei cieli è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Quindi la virtù non ha bisogno di nulla se non del nostro volere, poiché è in mezzo a noi e nasce dentro di noi. Se conserveremo la parte intelligente della nostra anima conforme alla sua natura, la virtù nascerà. L’anima è nel suo stato naturale quando dimora così come è stata fatta; è stata fatta bellissima e rettissima. Per questo Giosuè, figlio di Nun, esortava il popolo dicendo: “Raddrizzate il vostro cuore davanti il Signore, Dio di Israele” (Gs 24,23).

E Giovanni  Battista : “Raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3).

        L’essere diritta, per l’anima, è custodire la sua intelligenza così come è stata creata. Al contrario, quando devia e si svia dal suo stato naturale, allora si parla di vizio dell’anima. La cosa non è quindi difficile... Se dovessimo cercare la cosa fuori di noi, questa sarebbe davvero difficile. Ma poiché essa è dentro di noi, guardiamoci dai pensieri impuri e custodiamo la nostra anima per il Signore, come se avessimo ricevuto un deposito, affinché egli riconosca la sua opera, trovando la nostra anima tale quale egli l’ha fatta.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario -  LODI mercoledì

 

ESORTAZIONE ALLA VIGILANZA

di San Pier Damiano all’XI secolo

 

         Lo sapete bene, fratelli, è proprio là dove resta una scintilla di fuoco che si avvicina la paglia. Perché si dovrebbe soffiare là dove il calore si è spento? Se io non avessi fiducia nel fatto che da voi sta per realizzarsi un rinnovamento per grazia di Cristo, troverei superfluo continuare ad esortarvi… Dunque, carissimi, riprendete forza con l’aiuto di Cristo e fedeli all’impegno che avete preso con Lui, combattete con le sue armi, non con mollezza, debolmente, ma con fervore e audacia…

 

         Ricordate ciò che viene detto all’Angelo della Chiesa di Sardi: “Svegliati! Rianima e rinvigorisci ciò che resta della tua vita e che sta per morire. Perché non ho trovato le tue opere perfette di fronte al mio Dio!…

 

         Poiché lo spirito umano non può astenersi dall’amare qualche cosa, se lo si circonda con la muraglia delle virtù, non potendosi in nessun modo dilatare all’intorno, è necessariamente attratto al di sopra di sé. Quando il nostro spirito comincia a riposare in tal modo nel suo Autore e a gustare la soavità delle delizie interiori, subito vomita tutto ciò che giudica contrario alla legge divina, aborrisce tutto ciò che stona con la regola della giustizia celeste.

 

         Se la parola dell’apostolo vivesse in noi quando dice “portiamo sempre nel nostro corpo il morire di Gesù”, nel momento in cui l’amore carnale non trovasse più spazio per spandersi, necessariamente la nostra gioia sarebbe trasportata e sospesa in Dio e il nostro fuoco brucerebbe ardente perché non avrebbe più lo spazio per disperdersi.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Mercoledì

                                                           Lc 9, 57-62

Vita di Sant’Antonio, 19-20

 

 

Seguire Cristo sulla via retta

Di Sant’Atanasio nel quarto secolo

 

 

         Un giorno, tutti i monaci vennero a vedere Antonio e lo pregarono di rivolgere loro la parola. Egli disse: ... Eccoci iniziati, ecco che ci siamo incamminati sulla via della virtù. Ora, camminiamo sempre avanti per giungere alla meta (Fil 3,14). Nessuno si volga indietro come la moglie di Lot (Gen 9,26), perché il Signore ha detto: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Volgendosi indietro è null’altro che cambiare parola e riprendere gusto nelle cose di questo mondo. Non temete quando sentite parlare di virtù e non stupitevi di questa parola. Infatti la virtù non è lontano da noi: non nasce fuori di noi; è affar nostro, e la cosa è semplice purché lo vogliamo.

 

         I pagani lasciano il proprio paese e attraversano il mare per studiare le lettere. Noi invece non abbiamo bisogno di lasciare il nostro paese per giungere al Regno dei cieli, né di attraversare il mare per acquistare la virtù. Infatti il Signore ha detto: “Il Regno dei cieli è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Quindi la virtù non ha bisogno di nulla se non del nostro volere, poiché è in mezzo a noi e nasce dentro di noi. Se conserveremo la parte intelligente della nostra anima conforme alla sua natura, la virtù nascerà. L’anima è nel suo stato naturale quando dimora così come è stata fatta; è stata fatta bellissima e rettissima. Per questo Giosuè, figlio di Nun, esortava il popolo dicendo: “Raddrizzate il vostro cuore davanti il Signore, Dio di Israele” (Gs 24,23).

E Giovanni  Battista : “Raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3). L’essere diritta,

per l’anima, è custodire la sua intelligenza così come è stata creata. Al contrario, quando devia e si svia dal suo stato naturale, allora si parla di vizio dell’anima. La cosa non è quindi difficile... Se dovessimo cercare la cosa fuori di noi, questa sarebbe davvero difficile. Ma poiché essa è dentro di noi, guardiamoci dai pensieri impuri e custodiamo la nostra anima per il Signore, come se avessimo ricevuto un deposito, affinché egli riconosca la sua opera, trovando la nostra anima tale quale egli l’ha fatta.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

 

“Come agnelli in mezzo a lupi”

di Sant’Ambrogio nel IV sec, vescovo di Milano e dottore della Chiesa

 

  

            Quando manda i suoi discepoli nella sua messe…, Gesù dice loro: “Ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. Questi sono animali nemici, ma il buon pastore non teme i lupi per il suo gregge; i suoi discepoli non sono mandati per essere una preda, bensì per diffondere la grazia. La sollecitudine del buon pastore fa sì che i lupi non possono intraprendere nulla contro gli agnelli. Li manda quindi perché si realizzi questa parola: “Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme” (Is 65, 25).

 

            Del resto, ai discepoli mandati è stato dato di non prendere il bastone per il viaggio. Cos’è il bastone se non l’insegna del potere, lo strumento che vendica il dolore? Perciò quello che l’umile Signore ha prescritto, i suoi discepoli lo compiono nel praticare l’umiltà. Infatti li manda a seminare la fede, non per forza, bensì per mezzo dell’insegnamento. Non dispiegando la forza del loro potere, bensì esaltando la dottrina dell’umiltà. E ha ritenuto bene unire l’umiltà alla pazienza, come testimonia Pietro: “Oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta” (1 Pt 2, 23).

 

            Questo equivale a dire: “Siate i miei imitatori, lasciate perdere il gusto per la vendetta, rispondete ai colpi dell’arroganza non rendendo il cattivo modo di agire, bensì mostrando una pazienza piena di bontà. Nessuno deve imitare personalmente ciò che rimprovera negli altri; la mitezza infligge colpi più duri agli insolenti”. Il Signore ha risposto a tale colpo dicendo: “Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra” (Mt 5, 39).

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

  

 

“Ti seguirò col predicarti”

di Sant’Ilario, vescovo nel IV sec.

 

 

 

            Io sono consapevole che tu, o Dio Padre Onnipotente, devi essere il fine principale della mia vita, in maniera che ogni mia parola, ogni mio sentimento,esprima te.

           

            L’esercizio della parola, di cui hai fatto dono, non può avere ricompensa più ambita che quella di servirti facendoti conoscere, di mostrare a questo mondo che ti ignora o all’eretico che ti nega, che sei Padre, Padre cioè dell’Unigenito Dio.

 

            Questo solo è il fine che mi propongo. Per il resto bisogna invocare il dono del tuo aiuto e della tua misericordia, perché tu col soffio del tuo Spirito possa gonfiare le vele della nostra fede e della nostra lode e guidarci sulla rotta della proclamazione intrapresa. Non viene meno infatti alla sua parola colui che si ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).

 

            Allora noi, poveri come siamo, ti chiederemo ciò che ci manca e scruteremo con zelo tenace le parole di tuoi profeti e dei tuoi apostoli, e busseremo a tutte le porte che sbarrano il riconoscimento della verità: Ma dipende da te concedere l’oggetto della nostra preghiera, essere presente a quanto si chiede, aprire a chi bussa.

 

            Aprici dunque l’autentico significato delle parole, e donaci luce per comprendere, efficacia di parola, vera fede. Fa’ che possiamo esprimere ciò che crediamo, che proclamiamo te, unico Dio Padre, e l’unico Signore Gesù Cristo, secondo quanto ci è stato trasmesso dai profeti e dagli apostoli. Fa’ che contro gli eretici, che lo negano, sappiamo affermare che tu, o Padre, sei Dio insieme al Figlio, e sappiamo predicarne senza errori la divinità.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario -  LODI Venerdì  

 

 

Il mio spirito esulti nel Signore

di S. Bruno nell’XI secolo

 

 

             L’anima mia si rallegra nel Signore sapendovi grandemente impegnati a perseguire l’ideale della santità e della perfezione. Ne godo veramente e sono portato a lodare e ringraziare il Signore, e tuttavia sospiro amaramente. Esulto certo, com’è giusto, per la copiosa messe delle vostre virtù, ma sono addolorato e mi vergogno di starmene inerte e pigro nella bruttura dei miei peccati.

 

            Ma voi, o miei carissimi fratelli, gioite per la vostra sorte beata e per la grande abbondanza della grazia di Dio su di voi. Gioite perché siete restati incolumi tra i pericoli d’ogni genere e i naufragi di questo mondo in tempesta. Gioite perché avete raggiunto la sicura quiete nell’oasi più protetta, a cui molti non arrivano, nonostante la loro volontà e anche i loro sforzi. Molti altri l’hanno bensì raggiunta, ma poi ne furono esclusi, perché a nessuno di essi era stato concesso dall’alto.

 

            L’Onnipotente scrive con il suo dito nei vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Dimostrate con le opere ciò che conoscete. Infatti quando con ogni assiduità e impegno osservate la vera obbedienza, è chiaro che voi sapete cogliere saggiamente proprio il frutto dolcissimo e vitale della divina Scrittura.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì  

 

 

Dalla lettera a Rodolfo di Reims

di San Bruno, all’XI secolo

 

 

  

            Io abito in un eremo, da ogni lato molto distante dalle abitazione degli uomini, nelle lontane regioni della Calabria insieme a dei fratelli che conducono vita monastica  - alcuni dei quali sono ben istruiti  - e che, perseverando con saldezza nei loro posti di sentinella nelle cose di Dio, attendono il ritorno del loro Signore per aprirgli subito quando busserà. Dell’amenità di tale luogo, del suo clima salubre e mite o della sua ampia e gradevole pianura che si estende in lungo tra i monti, ove sono verdeggianti prati e floridi pascoli, cosa potrò dire di adeguato? O chi potrà spiegare a sufficienza la veduta delle colline che dappertutto si innalzano dolcemente e il luogo recondito delle valli ombreggiate, ove abbondano amabilmente fiumi, ruscelli e sorgenti? Né vi mancano giardini irrigati, né l’utile fecondità delle diverse specie di alberi.

 

            Quanta utilità e gioia divina, poi, la solitudine e il silenzio dell’eremo apportino a coloro che li amano, lo sanno solo coloro che ne hanno fatto l’esperienza. Qui,infatti, agli uomini forti è consentito ritornare in se stessi e abitare con se stessi quanto a loro piace, coltivare assiduamente i germogli delle virtù e cibarsi con beatitudine dei frutti del paradiso. Qui si acquista quell’occhio dal cui sereno sguardo d’amore è colpito lo Sposo e attraverso il quale, se senza macchia e puro, si vede Dio. Qui si celebra una tranquillità solerte e si gusta il riposo mediante un quieto agire. Qui Dio dispensa ai suoi atleti, per la fatica della lotta, la ricompensa desiderata, cioè quella pace che il mondo non conosce e la gioia nello Spirito santo.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

 

“Bisogna meditare i misteri della salvezza”

di San Bernardo nel XII sec.

 

  

            In principio era il Verbo”, cioè già scaturiva la fonte, ma ancora unicamente in se stessa, perché al principio “il Verbo era presso Dio” (Gv 1, 1), abitava la sua luce inaccessibile. Poi il Signore cominciò a formulare un piano: “Io nutro progetti di pace e non di sventura” (cfr. Ger 29, 11).

 

            E allora il pensiero di pace si calò nell’opera di pace: “Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14); venne ad abitare particolarmente nei nostri cuori per mezzo della fede. Divenne oggetto del nostro ricordo, del nostro pensiero e della nostra stessa immaginazione. Se egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuto fare di Dio l’uomo, se non quella di un idolo, frutto di fantasia?

 

            Dirai: Dove e quando si rende a noi visibile? Appunto nel presepio, in grembo alla Vergine, mentre predica sulla montagna, mentre passa la notte in preghiera, mentre pende sulla croce e illividisce nella morte; oppure, mentre libero tra i morti, comanda sull’inferno, o anche quando risorge il terzo giorno e mostra agli apostoli le trafitture dei chiodi, quali segni di vittoria, e, finalmente, mentre sale al cielo sotto i loro sguardi.

 

            Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa si trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. È dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. È da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo.

 

XXVI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Sabato

 

 

“Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare”

di Sant’Agostino nel V secolo 

 

 

 

            Con le parole “Ho manifestato il tuo nome agli uomini”, il Salvatore ha voluto intendere tutti, anche quelli che in futuro avrebbero creduto in lui, tutti gli appartenenti a quella grande Chiesa che si sarebbe raccolta da tutte le genti, e della quale nel salmo si canta : “Ti canterò in una grande assemblea” (Sal 21, 26), allora sì che si realizza questa glorificazione con cui il Figlio glorificò il Padre, facendo conoscere il suo nome a tutte le genti e a tante generazioni umane. E il senso di queste parole: “Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato”, corrisponde al senso di quell’altra: “Io ti ho glorificato sulla terra”.

 

            “Ho manifestato, quindi, il tuo nome a questi qui che mi hai dato”; ma non ho manifestato loro quel tuo nome con cui sei chiamato Dio, bensì quello con cui sei invocato “Padre mio”. E questo nome non poteva essere manifestato agli uomini se non fosse stato lo stesso Figlio a manifestarlo. Infatti, in quanto è chiamato Dio di tutte le creature, questo nome non ha potuto rimanere del tutto ignorato neppure alle genti, anche prima che credessero in Cristo. Tale infatti è l’evidenza della vera divinità, che essa non può rimanere del tutto nascosta alla creatura razionale che sia ormai capace di ragionare. Fatta eccezione di pochi, nei quali la natura è troppo depravata, tutto il genere umano riconosce Dio come autore di questo mondo… Ma in quanto Padre di Cristo, per mezzo del quale toglie i peccati del mondo, questo suo nome, prima sconosciuto a tutti, lo stesso Cristo lo ha manifestato adesso a coloro che il Padre gli ha dato.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Sermons on Subjects of the Day, n° 10

 

 

« Pace a voi »

 

 del Cardinale John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

  

            Il cuore di ogni cristiano dovrebbe rappresentare in miniatura la Chiesa cattolica, poiché il medesimo Spirito fa della Chiesa intera e di ognuno delle sue membra il Tempio di Dio (1 Cor 3,16). Così come egli fa l’unità della Chiesa che, abbandonata a se stessa, si dividerebbe in numerose parti, così rende l’anima unita, a dispetto della molteplicità dei suoi  gusti e  delle sue facoltà, delle sue tendenze contraddittorie. Così come dà la pace alla moltitudine delle nazioni che sono, per natura in discordia le une con le altre, così sottomette l’anima ad una gestione ordinata e stabilisce la ragione e la coscienza come sovrani sugli aspetti inferiori della nostra natura... E siamo ben sicuri che queste due opere del nostro divino Consolatore dipendono l’una dell’altra. Finché i cristiani non ricercheranno l’unità e la pace interiore nel loro cuore, la Chiesa stessa non sarà mai nella pace e nell’unità in seno a questo mondo che li circonda. E in modo quasi simile, mentre la Chiesa attraverso il mondo è in questo stato di disordine pietoso che vediamo, non esiste nessun paese particolare, semplice parte di questa Chiesa, che non sia necessariamente in uno stato di grande confusione religiosa.

 

         Questa è una cosa alla quale dobbiamo pensare bene al momento attuale, perché modererà le nostre speranze e dissiperà le nostre illusioni; non possiamo sperare di avere la pace in noi, se siamo in guerra al di fuori.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mt 21, 33-43

 

Omelia 11 sulla seconda Lettera ai Corinzi, 2-3 ; PG 61, 476-477

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2713)

 

 

 Dio ha riconciliato con sé il mondo in Cristo

 « Dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri »

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         « Cristo ci ha affidato la parola della riconciliazione » (2 Cor 5,18).  Paolo mette  in evidenza la dignità degli apostoli, mostrando la grandezza del compito loro affidato dal immenso amore di Dio per noi. Pur avendo gli uomini rifiutato di ascoltare colui che egli aveva loro inviato, Dio non ha lasciato libero corso alla sua ira, non li ha respinti per sempre ; ma continua a chiamarli direttamente e per mezzo dei suoi ministri. Chi potrebbe convenientemente esaltare tanta sollecitudine ?

 

         Hanno immolato il Figlio venuto per riparare le loro offese, il Figlio suo unico e consustanziale, e il Padre non ha respinto i suoi uccisori, non ha detto : avevo loro inviato il Figlio mio e, non contenti di non ascoltarlo, l’hanno messo a morte crocifiggendolo : è giusto che li abbandoni. Ha fatto invece tutto il contrario. E dopo che il Cristo ha lasciato la terra, noi siamo stati incaricati di sostituirlo : « Ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe. »

 

         O carità infinita ! Tu superi ogni intendimento ! Chi è l’offeso ? Dio stesso. Chi fa il primo passo per la riconciliazione ? Ancora lui… Se Dio avesse voluto chiedercene conto sarebbe stata finita per noi, poiché « tutti eravamo morti » (2 Cor 5,14). Ora, nonostante il numero immenso dei nostri peccati, non soltanto non ce ne ha fatto pagare il fio, ma ha voluto addirittura riconciliarsi con noi : non contento di abbandonarci il debito, non l’ha tenuto in alcun conto. Questo è il modo col quale dobbiamo perdonare i nostri nemici, se vogliamo assicurarci il perdono di Dio. « Egli ha affidato a noi la parola della riconciliazione ».

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

                 

 

« Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola »

di Beata Elisabetta della Trinità

 

 

 

         “Nel silenzio sta la vostra salvezza” (cfr. Is 30,15)... Conservare al Signore la sua forza, è fare l’unità in tutto il nostro essere con il silenzio interiore, è raccogliere tutte le nostre potenze per occuparle al solo esercizio dell’amore; è avere quello sguardo semplice che permette alla luce di illuminarci (Mt 6,22). Un’anima che discute con il suo io, che si occupa della sua sensibilità, che persegue un pensiero inutile, un desiderio qualsiasi, tale anima disperde le sue forze, non è tutta ordinata a Dio... È ancora troppo umana, c’è in essa una dissonanza.

 

         L’anima che tiene per sé ancora qualche cosa nel proprio regno interiore, le cui potenze non sono tutte chiuse in Dio, non può essere una perfetta “lode di gloria” (Ef 1,14); non è in grado di cantare senza sosta il “canticum magnum”, il grande cantico di cui parla san Paolo, perché l’unità non regna in lei; e, in luogo di perseguire la sua lode attraverso tutte le cose nella semplicità, le occorre riunire senza sosta le corde del suo strumento un po' perse da ogni parte.

 

         Quanto E’ indispensabile questa bella unità interiore all’anima che vuole vivere quaggiù della vita dei beati, cioè degli esseri semplici, degli spiriti. Mi sembra che a questo pensava il Maestro quando parlava a Maria Maddalena della sola cosa di cui c’è bisogno. Quanto l’avesse ben capito la grande santa! L’occhio della sua anima illuminato dalla luce della fede, aveva riconosciuto il suo Dio sotto il velo dell’umanità e nel silenzio, nell’unità delle sue potenze, “ascoltava la sua parola”...

 

         Sì, non sapeva più nulla, se non Lui.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

 

Maria, hai trovato grazia presso Dio

di San Bernardo di Chiaravalle, nel dodicesimo secolo.

 

 

 

         …Tu hai trovato, disse l’Angelo, grazia presso Dio (Lc 1, 30). Felice espressione. Maria troverà sempre grazia, e la grazia è la sola cosa di cui abbiamo bisogno. La Vergine prudente cercava non la sapienza, come Salomone, non le ricchezze, non gli onori, non la potenza, ma la grazia. È infatti solo la grazia che ci salva.

 

         Perché desideriamo altre cose, o fratelli? Cerchiamo la grazia, e chiediamola per mezzo di Maria, perché essa trova quello che cerca e nulla le è rifiutato di quello che essa chiede. Cerchiamo la grazia, ma la grazia presso Dio; fallace è infatti la grazia presso gli uomini. Cerchino altri il merito, noi sforziamoci di trovare grazia. Non è forse per grazia di Dio che siamo qui ? Davvero è grazie alla Misericordia del Signore se non siamo consunti noi (Lam 3, 22). Chi noi? Noi spergiuri, noi omicidi, noi adulteri, noi ladri, veramente rifiuto di questo mondo. Interrogate le vostre coscienze fratelli e constatate che ove abbondò il delitto, sovrabbondò la grazia. Maria non pretende il merito, ma cerca la grazia. Essa ripone tanta fiducia nella grazia e non si insuperbisce, che è presa da timore al saluto dell’Angelo. Maria, dice il Vangelo, si domandava che senso avesse quel saluto (Lc 1, 29). Si riteneva, infatti, indegna di venire così salutata da un Angelo. E forse diceva tra sé : “Donde viene a me che un Angelo del Signore venga da me? Non temere, Maria, non stupirti che vanga un Angelo; viene uno che è più grande dell’Angelo. Non meravigliarti che venga a te l’Angelo del Signore: anche il Signore dell’Angelo è con te.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 11, 1-4    

Il cammino di perfezione, cap. 30

(In l' Ora dell'Ascolto p. 1462) 

 

 

La preghiera ci introduce fin d’ora nel riposo di Dio

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Sia santificato il tuo nome, venga in noi il tuo regno”. Ammirate ora la grande sapienza del nostro Maestro. Considerate che cosa chiediamo con questo regno. Il buon Gesù fece queste domande una dopo l’altra, vedendo che per la nostra miseria non avremmo potuto santificare, lodare, esaltare e glorificare il nome santo dell’Eterno Padre, se prima non avesse esteso in noi il suo regno...

 

         Certamente uno dei beni più grandi, tra gli altri, che si godono in cielo, è che lassù l’anima non farà più conto alcuno dei beni della terra, ma sarà immersa nella tranquillità e nella gloria, si rallegrerà della gioia di tutti: una pace inalterabile e una soddisfazione senza confini le verrà, vedendo che tutti santificano e lodano il Signore, benedicono il suo nome e non l’offendono più. Tutti lo amano; e la stessa anima non si preoccuperà che di amarlo, e non potrà cessare di amarlo, perché lo conoscerà.

 

         Se potessimo già conoscerlo, lo ameremmo così fin d’ora, sebbene non con la perfezione e continuità del cielo, ma certamente lo ameremmo in modo ben diverso da come lo amiamo attualmente... Questo è possibile all’anima fin da questo esilio, con la grazia di Dio. Eppure resta vero che essa non può giungervi perfettamente... perché navighiamo ancora sul mare di questo mondo, e siamo sempre viaggiatori. Ci sono momenti tuttavia in cui il Signore, vedendoci affaticati per il cammino, mette tutte le nostre potenze nella calma e la nostra anima nella quiete. Rivela allora chiaramente, con un certo assaggio, qual’è il sapore della ricompensa riservata a coloro che egli introduce nel suo regno.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 11, 1-4

 

Dal trattato « Sul Padre nostro », 9-11, PL 4, 520s ; CSEL 3,1

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1300, 1306)

 

I suoi figli nel Figlio suo

di San Cipriano nel terzo secolo

 

 

         Quali e quante sono, fratelli carissimi, le rivelazioni della preghiera del Signore! Esse si trovano raccolte in una invocazione brevissima, ma carica di spirituale potenza. Non c’è assolutamente nulla che non si trovi racchiuso in questa nostra preghiera di lode e di domanda. Essa, perciò, forma un vero compendio di dottrina celeste. È detto: “Quando pregate, dite: Padre nostro che sei nei cieli”.

 

         L’uomo nuovo, rinato e rifatto dal suo Dio per mezzo della grazia, in primo luogo dice: “Padre”, perché ha già incominciato ad essergli figlio. “Venne fra la sua gente” è scritto, “ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome” (Gv 1, 11-12). Chi dunque ha creduto nel suo nome ed è diventato figlio di Dio, deve cominciare di qui, dal rendere grazie e professarsi figlio di Dio... Non basta, fratelli carissimi, prendere coscienza che invochiamo il Padre che è nei cieli, aggiungiamo “Padre nostro”, cioè Padre di quanti credono, di quanti sono stati santificati da lui, e sono rinati per mezzo della grazia spirituale: questi hanno incominciato ad essere figli di Dio.

 

         Quanto è preziosa la grazia del Signore, quanto alta è la sua degnazione e magnifica la sua bontà verso di noi! Egli ha voluto che noi celebrassimo la nostra preghiera davanti a lui e lo invocassimo col nome di Padre, e come Cristo è Figlio di Dio, così noi pure ci chiamassimo figli di Dio. Questo nome, nessuno di noi oserebbe pronunziarlo nella preghiera, se egli stesso non ci avesse permesso di pregare così.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 11, 5-13

Omelie, 16, 3° collezione ; SC 275, 205

 

 

 

« Quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo. »

di San Macario nel quarto secolo

 

         Per ottenere il pane per il corpo, il mendicante non prova nessun disagio a bussare alla porta e a chiedere; e se non riceve nulla, entra oltre e chiede con più insistenza il pane, il vestito o i sandali per il sollievo del suo corpo. Finché non abbia ricevuto qualche cosa, non se ne va, anche se lo si caccia. Noi che cerchiamo di ricevere il vero pane celeste per corroborare la nostra anima, noi che desideriamo rivestire le vesti celesti di luce e aspiriamo a calzare i sandali immateriali dello Spirito per il sollievo dell’anima immortale, quanto più dobbiamo, instancabilmente e risolutamente, con fede e amore, pazientare sempre, bussare alla porta spirituale di Dio e chiedere con una perfetta costanza di essere ritenuti degni della vita eterna.

 

         Per questo il Signore “diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1) poi aggiungeva queste parole: quanto più il Padre vostro celeste “farà giustizia a coloro che gridano giorno e notte verso di lui” (v.6). E ancora, riguardo all’amico della parabola: “Se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza”. Aggiunge allora: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. E prosegue: “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”. Per questo il Signore ci esorta a chiedere sempre, senza stancarci e con tenacia, a cercare e a bussare continuamente: egli ha promesso infatti di dare a quanti chiedono, cercano e bussano, non a coloro che non chiedono. Essendo pregato, supplicato e amato, egli vuole darci la vita eterna.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 11, 5-13  

Catechesi 33 ; SC 113, 257

 

 

« A chi bussa sarà aperto »

di Simeone il Nuovo Teologo nel undicesimo secolo

 

 

         Cristo dice ai dottori della Legge: “Guai a voi che avete tolto la chiave della scienza” (Lc 11,52). Che cos’è la chiave della scienza se non la grazia dello Spirito Santo data dalla fede, che grazie all’illuminazione produce la piena conoscenza e apre la nostra mente chiusa e velata?... E dirò di più: la porta, è il Figlio: “Io sono la porta”, dice. La chiave della porta, è lo Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. La casa, è il Padre: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”. Sii dunque accuratamente attento al senso spirituale di queste parole... Se la porta non si apre, nessuno entrerà nella casa del Padre, come dice Cristo: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

 

         Ora, che sia lo Spirito Santo ad aprire per primo la nostra mente e ad insegnarci ciò che riguarda il Padre e il Figlio, l’ha detto ancora lui: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di Verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e vi guiderà alla verità tutta intera”. Vedi come, per mezzo dello Spirito o piuttosto nello Spirito, il Padre e il Figlio si fanno conoscere inseparabilmente...

 

         Infatti, chiamiamo chiave lo Spirito Santo perché è innanzi tutto attraverso di lui e in lui che il nostro spirito viene rischiarato e che, purificati, siamo illuminati dalla luce della conoscenza e battezzati dall’alto, rigenerati e resi figli di Dio, come dice Paolo: “Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, e ancora: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: ‘Abbà, Padre’ ”. Dunque ci mostra lui la porta, porta che è luce, e la porta ci insegna che anche colui che abita nella casa è luce inaccessibile.

 

(Riferimenti biblici : Lc 11,52 ; Gv 10,7.9 ; 20,22-23 ; 14,2 ; 10,3 ; 14,6 ; 15,26 ; 6,13 ; Rm 8,26 ; Ga 4,6)

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

Libro di Vita

 

Cap.” Nel cuore della città” § 129

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  VENERDI

  

Lc 11, 15-26

Contro le eresie, V,5,2 ; SC 153, 63

 

 

 

Se io scaccio i demoni con i dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio

di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

 

         Enoch, per essere stato gradito a Dio, è stato preso in cielo nel suo corpo, prefigurando l’elevazione dei giusti. Anche Elia è stato rapito tale quale si trovava nella sostanza della sua carne creata (2 Re 2,11), profetizzando così il rapimento degli uomini spirituali. Il loro corpo non ha fatto in nulla  ostacolo a tale elevazione, a tale rapimento. Dalle stesse mani con le quali erano stati plasmati all’origine (Gen 2,7), essi sono stati elevati e rapiti. Infatti, in Adamo, le mani di Dio si erano abituate a dirigere, a tenere e a portare l’opera da esse plasmata, a trasportarla e a collocarla dove volevano. Dove dunque è stato collocato il primo uomo? Nel paradiso senza alcun dubbio, secondo ciò che dice la Scrittura: “Poi il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato” (v.8). E da questo luogo egli è stato scacciato in questo mondo, per aver disobbedito...

 

         Qualcuno ritiene forse impossibile che degli uomini possano vivere tanto tempo quanto i primi patriarchi?... O crede forse che quando Elia è stato rapito nella sua carne, la sua carne è stata consumata sul carro di fuoco? Consideri dunque che Giona, dopo esser stato precipitato nel profondo del mare e inghiottito nel ventre del pesce, è stato rigettato sano e salvo sull’asciutto per ordine di Dio (Gn 2,11). Anania, Misaele e Azaria, gettati nella fornace con il fuoco acceso sette volte più del solito, non hanno provato alcun male e neppure l’odore del fuoco era penetrato in essi (Dn 3,27). Se la mano di Dio li  ha assistiti e ha adempiuto in loro cose straordinarie e impossibili alla natura umana, perché stupirti se, in coloro che sono stati elevati, questa stessa mano abbia anche realizzato una cosa straordinaria, operando la volontà del Padre? Ora questa mano, è il Figlio di Dio (cfr. Dn 3,25).

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 11, 27-28

 

« Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano »

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

 

         Maria era molto riservata ; ne troviamo la prova nel Vangelo. Quando mai vedete che lei sia stata loquace o piena di presunzione ? Una volta, stava fuori col desiderio di parlare a suo figlio, ma non fece uso della sua autorità materna né per interrompere la sua predicazione, né per entrare nella casa dove stava predicando (Mc 3, 31).

 

         Se la memoria non m’inganna, gli evangelisti fanno sentire soltanto quattro volte le parole di Maria. La prima volta, quando si rivolge all’angelo ; e lì era soltanto una risposta. La seconda volta, durante la sua visita ad Elisabetta, quando, magnificata da sua cugina, Maria volle più ancora magnificare il Signore. La terza volta, quando si lamentò di suo Figlio, di dodici anni, perché suo padre e lei l’avevano cercato, angosciati. La quarta volta, alle nozze di Cana, quando si rivolse a suo Figlio e ai suoi servi.

 

         In tutte le altre circostanze, Maria si mostra lenta a parlare, pronta ad ascoltare, poiché « serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore » (Lc 2, 19.51). No, non troverete da nessuna parte che lei abbia parlato, neanche del mistero dell’incarnazione ! Guai a noi che abbiamo il soffio alle narici ! Guai a noi che spargiamo tutta la nostra anima come un recipiente forato !

 

         Quante volte Maria ha ascoltato suo figlio, non soltanto parlare in parabole alla folla, ma anche nell’intimità, rivelare ai discepoli i segreti del Regno dei cieli ! L’ha visto fare dei miracoli, poi mentre spirava, appeso alla croce, poi risorto, e mentre saliva al cielo. Quante volte in tutte queste circostanze, ci è detto che la voce della Vergine si sia fatta sentire ? … Maria è tanto più grande, quanto più si umilia, non solamente in tutto, ma più di tutti.

 

XXVII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Dal trattato «L'ideale perfetto del cristiano»  (PG 46, 254-255

 

 

Il cristiano è un altro Cristo

di san Gregorio di Nissa, nel quarto secolo

 

 

       Paolo ha conosciuto chi è Cristo molto più a fondo di tutti e con la sua condotta ha detto chiaramente come deve essere colui che da Cristo ha preso il suo nome. Lo ha imitato con tanta accuratezza da mostrare chiaramente in se stesso i lineamenti di Cristo e trasformare i sentimenti del proprio cuore in quelli del cuore di Cristo, tanto da non sembrare più lui a parlare. Paolo parlava ma era Cristo che parlava in lui. Sentiamo dalla sua stessa bocca come avesse chiara coscienza di questa sua prerogativa: «Voi volete una prova di colui che parla in me, Cristo» (cfr. 2 Cor 13, 3) e ancora: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20).

       Egli ci ha mostrato quale forza abbia questo nome di Cristo, quando ha detto che è la forza e la sapienza di Dio, quando lo ha chiamato pace e luce inaccessibile, nella quale abita Dio, espiazione e redenzione, e grande sacerdote, e Pasqua, e propiziazione delle anime, splendore della gloria e immagine della sostanza divina, creatore dei secoli, cibo e bevanda spirituale, pietra e acqua, fondamento della fede, pietra angolare, immagine del Dio invisibile, e sommo Dio, capo del corpo della Chiesa, principio della nuova creazione, primizia di coloro che si sono addormentati, esemplare dei risorti e primogenito fra molti fratelli, mediatore tra Dio e gli uomini, Figlio unigenito coronato di onore e di gloria, Signore della gloria e principio di ogni cosa, re di giustizia, e inoltre re della pace, re di tutti i re, che ha il possesso di un regno non limitato da alcun confine. Lo ha designato con queste e simili denominazioni, tanto numerose che non è facile contarle. Se tutte queste espressioni si raffrontassero fra loro e si cogliesse il significato di ognuna di esse, ci mostrerebbero la forza mirabile del nome di Cristo e della sua maestà.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

 

 

SUI  PASSI DI CRISTO VERSO LA CASA DEL PADRE

di S. Ambrogio nel quarto secolo

 

       " Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato, poiché Tu mi hai amato prima della creazione del mondo"

       Noi ti seguiamo, Signore, ma per questo chiamaci, poiché senza di Te, nessuno può salire. Tu sei la Vita, la Verità, la Via.  La Possibilità, la Fede, la Ricompensa.

       Oh  Via!  Accoglici.  Oh  Verità!  Rafforzaci.  Oh Vita!  Dacci la vita.

Svela questo Bene, il Tuo Bene che Davide desiderava vedere abitando nella casa del Signore, poiché dice: "Saremo colmati dei beni della Tua casa" (Ps. 64,5)

       "Ora la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio, ma quando Cristo sarà apparso, Lui la nostra vita, allora anche noi compariremo con Lui nella gloria".

       Affrettiamoci verso la Vita! Chi tocca la Vita vivrà. Non l'ha forse toccata quella donna che toccò la Sua frangia e fu affrancata dalla morte grazie alla Sua parola? "La tua fede ti ha salvata, vai in pace".

       Cerchiamo dunque un vivente. Ma guardiamoci bene dal cercarlo tra i morti....e il Signore in persona ci mostra dove vuole che lo cerchiamo "Va dai miei fratelli e di loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro". 

       Cerchiamolo là dove Giovanni l'ha cercato e trovato. L'ha trovato nel principio e ha trovato un Vivente nel Vivente, il Figlio nel Padre. Quanto a noi, cerchiamolo nella fine dei tempi, abbracciamogli i piedi, adoriamolo perché dica anche a noi  "Non temete".  Cioè non temete i peccati della terra, non temete le iniquità del mondo, non temete i flutti delle passioni della carne! Sono io la remissione dei peccati!  Non temete la morte! Sono io la vita.....Poiché Lui è la pienezza della divinità, a Lui la gloria, l'onore, l'eternità ora e sempre e nei secoli dei secoli.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica 

Mt 22, 1-14

Discorsi 90 ; PL 38, 559s

(Nuova Biblioteca Agostiniana)  

 

 

 

Rivestire l’abito di nozze

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Che cos'è l'abito di nozze di cui parla il vangelo ? Esso è senza dubbio l'abito che hanno solo i buoni, che saranno lasciati nel banchetto… È forse il battesimo? Senza il battesimo nessuno per verità arriva a Dio; ma non tutti quelli che hanno il battesimo arrivano a Dio… Forse è l'altare o ciò che si riceve dall'altare. Noi vediamo che molti mangiano, ma essi mangiano e bevono la propria condanna (1 Cor 11,29). Che cos'è dunque? È forse far digiuno? Fanno digiuno anche i cattivi. È forse frequentare la chiesa? Ma la frequentano anche i cattivi…

         Qual è dunque l'abito di nozze? « Il fine del precetto - dice l'Apostolo - è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera » (1 Tm 1,5). Questo è l'abito di nozze. Non si tratta però d'una carità qualsiasi, poiché spesso sembra che si amino tra loro anche individui che hanno in comune una cattiva coscienza…, ma non hanno la carità « che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera ». È siffatta carità l'abito di nozze.

« Se io sapessi parlare le lingue degli uomini e degli angeli, ma non possedessi la carità, sarei - dice l'Apostolo - come una campana che suona o un tamburo che rimbomba… Se avessi il dono della profezia e quello di svelare tutti i segreti, se avessi il dono di tutta la scienza, e avessi tanta fede da smuovere i monti, ma non avessi la carità, non varrei nulla » (1 Cor 13, 1-2)… Se avessi tutti questi doni e non avessi Cristo, « non varrei nulla »… Quanti beni non giovano a nulla se ne manca uno solo! Se non avrò la carità, anche se distribuirò elemosine ai poveri e se, per rendere testimonianza al nome di Cristo, arriverò fino al sangue (1 Cor 13,3), arriverò fino a farmi bruciare, queste azioni possono farsi anche per amore della gloria e allora sono inutili… « Se non avrò la carità, non mi gioverà a nulla ». Ecco l'abito delle nozze! Esaminate voi stessi: se lo avete, voi starete sicuri al banchetto del Signore.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - martedì - LODI

LIBRO DI VITA di GERUSALEMME            

 

CAPITOLO “ Monaci e monache” § 65

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

Lc 11, 37-41

Lettera ai Corinzi, 14-16 ; SC 167, 123

 

 

 

«Purificare l’interno del nostro cuore »

di San Clemente di Roma nel primo secolo

 

 

 

E' giusto e santo, fratelli, che noi siamo ubbidienti a Dio, piuttosto che seguire nell'arroganza e nella sedizione i capi dell'esecranda gelosia... Uniamoci, dunque, a quelli che religiosamente vivono la pace e non a quelli che la vogliono con ipocrisia. Dice infatti: "Questo popolo mi onora con le labbra e il suo cuore è lontano da me" (Is 29,13; Mc 7,6). E di nuovo: "Con la bocca mi benedicevano e con il cuore mi maledicevano" (Sal 61,5). Di nuovo dice: "Lo amavano con la bocca e con la lingua gli mentivano, il loro cuore non era retto con lui, nè rimanevano fedeli alla sua alleanza" (Sal 77,30)...

 

Cristo è degli umili, non di chi si eleva sul suo gregge. Lo scettro della maestà di Dio (Eb 1,8), il Signore Gesù Cristo, non venne nel fragore della spavalderia e dell'orgoglio - e l'avrebbe potuto - ma nell'umiltà di cuore, come lo Spirito Santo ebbe a dire di lui: "Signore, chi credette alla nostra voce? e il braccio del Signore a chi fu rivelato? Noi l'annunciammo alla sua presenza: egli è come un fanciullo, come una radice nella terra assetata; non ha apparenza nè gloria. Noi lo vedemmo, non aveva una bella apparenza, ma l'aspetto suo era spregevole (Is 53, 1-3)... Vedete, carissimi, quale modello ci è dato! Se il Signore si è umiliato a tal punto, che cosa faremo noi che, per mezzo suo, siamo venuti sotto il giogo della sua grazia?

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

Il cammino di perfezione, cap. 28

 

« Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno ? »

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

 

Se io avessi capito, come oggi, quale grande Re abitava in quel piccolo palazzo della mia anima, non l’avrei lasciato da solo così spesso ; sarei rimasta di tanto in tanto accanto a lui, e avrei fatto il necessario affinché il palazzo fosse meno sporco. Quanto è mirabile pensare che colui la cui grandezza potrebbe riempire mille mondi e anche molto di più, si rinchiude così in una così piccola dimora. È vero che, da una parte, essendo sovrano Signore, porta con lui la libertà, e dall’altra, essendo pieno di amore per noi, si fa alla nostra misura.

 

Sapendo bene che un’anima principiante potrebbe turbarsi al vedere se stessa, così piccola, destinata a contenere tanta grandezza, egli non si fa conoscere immediatamente; ma, poco a poco, fa crescere la capacità dell’anima, alla misura dei doni che egli si propone di collocare in essa. A motivo di questo suo potere di allargare il palazzo della nostra anima, ho detto che porta con lui la libertà. Il punto capitale è fargliene un dono assoluto e vuotarsi completamente, affinché egli possa riempire o svuotare a suo piacimento, come in una dimora che gli appartiene. A ragione, nostro Signore vuole che così sia; non rifiutiamoci. Egli non vuole forzare la nostra volontà; riceve quello che essa gli dà. Ma lui si dà interamente solo quando anche noi ci diamo interamente.

 

La cosa è certa, e ve la ripeto così spesso perché è importantissima. Finché l’anima non è interamente sua, sgombrata di tutto, egli non agisce in essa. Del resto, non so come potrebbe farlo, colui che ama tanto l’ordine perfetto. Se riempiamo il palazzo con gente volgare e ogni sorta di ninnoli, come il sovrano, con la sua corte, potrebbe trovarvi posto? È già molto che si degni di fermarsi qualche momento in mezzo a tanto ingombro.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

PARLARE A DIO COME A UN PADRE

di Santa Teresa D'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

      Avete già sentito affermare che Dio è dappertutto, e questa è una grande verità. Ora, è ovvio che dove sta il re, là si dice sta anche la sua corte; e pertanto, dove sta Dio, lì è il cielo. Potete quindi credere senz'ombra di dubbio che dove dimora Sua Maestà, si trova concentrata anche tutta la gloria.

      Tenete poi presente che Sant'Agostino, credo nel libro delle  sue Meditazioni, dice di aver cercato Dio in molti luoghi e di aver finito per ritrovarlo dentro di sé. Ritenete che importi poco ad un'anima estroversa comprendere questa verità, e sapere che per parlare col suo eterno Padre non ha bisogno di salire al cielo, che per godere la sua compagnia non è costretta a pregare alzando la voce, giacché per quanto sommessamente parli egli la udirà, che per andare a raggiungerlo non le occorrono ali?

      Per trovarlo, le basta invece ritirarsi in solitudine, contemplarlo dentro di sé e non estraniarsi da un ospite così buono; le basta parlargli con grande umiltà come a un padre, rivolgergli le sue richieste come a un padre, goderne la compagnia e fargli festa come a un padre, con la netta consapevolezza per altro di non essere degna di essere sua figlia.

      Si svincoli da certe forme di rattrappimento in cui si chiudono alcune persone, pensando che si tratti di umiltà. Sì, perché l'umiltà non consiste nel rifiutare un favore che il re vi fa, bensì nell'accettarlo e gioirne, riconoscendo al contempo quanto sia dovizioso e immeritato.

      Badate che per voi è essenziale tenere scolpita bene in mente questa verità: che il Signore sta dentro di noi, e quindi è nel nostro intimo che dobbiamo tenergli compagnia.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 11, 47-54

 

Sul Sacramento dell’altare, II,1 ; SC 93, 169

 

 

« Gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente»

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

 

         Coloro che hanno versato il sangue di Cristo non l’hanno fatto allo scopo di cancellare i peccati del mondo... Inconsapevolmente però hanno servito il disegno della salvezza. La salvezza del mondo, che avrebbe seguito, non dipendeva dal loro potere, né dalla loro volontà, né dalla loro intenzione, né dal loro agire, bensì è venuta dalla potenza, dalla volontà, dall’intenzione, dall’agire di Dio. In quell’effusione di sangue infatti, non era all’opera solamente l’odio dei persecutori, ma anche l’amore del Salvatore. L’odio ha fatto la sua opera di odio, l’amore ha fatto la sua opera di amore. Non l’odio, bensì l’amore ha operato la salvezza.

 

         Versando il sangue di Cristo, l’odio ha riversato se stesso, perché fossero “svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,35). Anche l’amore, spargendo il sangue di Cristo, spargeva se stesso, perché l’uomo sapesse quanto Dio lo ama: “Egli non ha risparmiato il proprio Figlio” (Rm 8,32). “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).

 

         Questo Figlio unigenito è stato offerto, non perché i suoi nemici avessero prevalso, bensì perché lui in prima persona l’ha voluto. “Dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). La fine, è la morte accettata per coloro che egli ama: ecco la fine di ogni perfezione, la fine dell’amore perfetto. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 Lc 11, 47-54

 

Poemi teologici, 3

 

« Cominciarono a trattarlo ostilmente »

di San Gregorio di Nazianzeno nel quarto secolo

 

         Colui che ora disprezzi, ci fu un tempo in cui era al di sopra di te ; colui che ora è uomo, era eternamente perfetto. Egli era in principio senza causa ; poi si è sottomesso alle contingenze di questo mondo… Questo lo ha fatto per salvare te, che lo insulti, te che disprezzi Dio perché ha assunto la tua natura grezza…

         È stato avvolto in fasce, ma risorgendo dal sepolcro si è disfatto del suo lenzuolo. È stato deposto in una mangiatoia, ma glorificato dagli angeli, annunciato da una stella, adorato dai Magi… È dovuto fuggire in Egitto, ma ha liberato questo paese dalle superstizioni degli Egiziani. Non aveva « apparenza né bellezza » (Is 53,2) davanti ai suoi nemici, ma per Davide, era « il più bello tra i figli dell’uomo » (Sal 44,3) e sul monte brillò, più risplendente del sole (Mt 17,1). In quanto uomo, è stato battezzato ; ma in quanto Dio, ha cancellato i nostri peccati ; non aveva bisogno di essere purificato, ma ha voluto santificare le acque. In quanto uomo è stato tentato ; ma in quanto Dio, ha trionfato, lui che ha « vinto il mondo » (Gv 16,8)… Ebbe fame, ma ha nutrito migliaia di uomini, lui « il Pane della vita che discende dal cielo » (Gv 6,48). Ebbe sete, ma esclamò : « Chi ha sete venga a me e beva » (Gv 7,37)… Ha conosciuto la fatica, ma è il riposo di tutti coloro che « sono affaticati e oppressi » (Mt 11,28)… Si fa chiamare « Samaritano e posseduto dal demonio » (Gv 8,48) ; ma salva lui l’uomo incappato nei briganti (Lc 10,29) e mette in fuga i demoni… Prega, ma esaudisce lui le preghiere. Piange, ma fa cessare lui i pianti. È venduto a vil prezzo, ma riscatta lui il mondo, e a caro prezzo : il proprio sangue.

         Come una pecora, è condotto alla morte, ma egli conduce Israele (Ez 34,14), e oggi tutta la terra, a pascoli eccellenti. Come un agnello, tace : ma egli è la Parola annunciata dalla voce di colui che grida nel deserto (Mc 1,3). È stato infermo e ferito ; ma cura ogni malattia e infermità (Mt 9,35). È stato innalzato sul legno ed è stato inchiodato ; ma ci ristora mediante l’albero di vita.. Muore, ma fa vivere e distrugge la morte. È sepolto, ma risorge e, salendo in cielo, libera le anime dagli inferi.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

 

Tratto da: "La saggezza dei Padri della Chiesa. La Preghiera".

Piero Gribaudi Ed. Srl. 2000 Milano pp. 167-168

 

 

ATTESA E DESIDERIO DEL MARTIRIO

di Sant'Ignazio di Antiochia

nel SECONDO SECOLO

 

 

Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.

 

Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c'è più in me nessuna aspirazione per le realtà materiali, ma un'acqua viva mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile.

 

Non voglio più vivere la vita di quaggiù. E il mio desiderio si realizzerà, se voi lo vorrete. Vogliatelo, vi prego, per trovare anche voi benevolenza.

Ve lo domando con poche parole: credetemi. Gesù Cristo vi farà comprendere che dico il vero: egli è la bocca verace per mezzo della quale il Padre ha parlato in verità. Chiedete per me che io possa raggiungerlo. Non vi scrivo secondo la carne, ma secondo il pensiero di Dio. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene. Se sarò rimesso in libertà, sarà segno che mi avete odiato.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

 

PIETÀ FONDATA SULLA ROCCIA

di S. Ignazio di Antiochia

nel SECONDO SECOLO

 

 

Lodo la tua pietà in Dio, fondata su una roccia incrollabile e rendo la massima gloria (al Signore) perché sono stato fatto degno del suo volto irreprensibile. Potessi goderne in Dio. Ti esorto nella carità che hai a proseguire nel tuo cammino e ad incitare tutti a salvarsi. Dimostra la rettitudine del tuo posto con ogni cura nella carne e nello spirito. Preoccupati dell'unità di cui nulla è più bello. Sopporta tutti, come il Signore sopporta anche te; sostieni tutti nella carità, come già fai. Cura le preghiere che non si interrompano; chiedi una saggezza maggiore di quella che hai; veglia possedendo uno spirito insonne. Parla a ciascuno nel modo conforme a Dio. Sostieni come perfetto atleta la infermità di tutti. Dove maggiore è la fatica, più è il guadagno.

 

Se ami i discepoli buoni, non hai merito; piuttosto devi vincere con la bontà i più riottosi. Non si cura ogni ferita con uno stesso impiastro. Calma le esacerbazioni (della malattia) con bevande infuse. In ogni cosa sii prudente come un serpente e semplice come la colomba. Per questo sei di carne e di spirito, perché tratti con amabilità quanto appare al tuo sguardo; per ciò che è invisibile prega che ti sia rivelato, perché non manchi di nulla e abbondi di ogni grazia. Il tempo presente esige che tu tenda a Dio, come i naviganti invocano i venti e coloro che sono sbattuti dalla tempesta il porto. Come atleta di Dio sii sobrio; il premio è l'immortalità, la vita eterna in cui tu credi. In tutto sono per te una ricompensa io e le mie catene che tu hai amate.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - LODI  sabato

 

 

 

Cristo si è fatto pontefice misericordioso

di S. Cirillo di Alessandria nel quarto sec.

 

  

          Cristo si e fatto pontefice misericordioso. Egli non solo non protese dagli uomini nessuna pena in riparazione dei peccati, ma anzi li giustificò mediante la grazia e la misericordia; inoltre fece di noi degli adoratori in spirito e ci pose apertamente davanti agli occhi la verità con chiarezza, cioè quell’autentico modo di vivere onesto, palesemente indicato nel sublime messaggio evangelico.

 

         Non additò la verità condannando i comandamenti mosaici o distruggendo gli antichi decreti; ma piuttosto trasformando la lettera della legge, che era solo un’ombra di ciò che era significato dalle figure, in culto e adorazione in spirito e verità.

 

         Perciò diceva apertamente: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto”(Mt 5, 17-18).

 

         Chi trasforma le immagini in realtà non le distrugge, ma le perfeziona. Come fanno i pittori, che non cancellano i precedenti tocchi con cui hanno disposto i vari colori ma li stendono per rendere l’immagine più chiara e visibile,, così fece Cristo, precisando quelle rozze immagini fino alla perfezione della verità.

 

XXVIII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

Le Catechesi ,  Città Nuova ed. ,

                                                Roma 1993,   pp.  428-429

 

 

FEDE E MARTIRIO, ASCESI E PRATICHE DEI Comandamenti: VIE PER LA VITA

di Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         Tante sono le prove che ci dimostrano la verità di questo articolo del credo: "e nella vita eterna". Se veramente desideriamo conseguirne il possesso, la Sacra Scrittura ce ne indica i modi.

 

         Talora leggiamo nella Scrittura che la si consegue per la via della fede: "Chi crede nel Figlio avrà la vita eterna ecc.", e nello stesso Vangelo: "In verità, in verità vi dico che chi ascolta le mie parole e crede in colui che mi ha mandato avrà la vita eterna ecc.", in un altro passo del medesimo che la dice premio per il predicatore della fede evangelica: " Chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna".

 

         Ma leggiamo pure che la si consegue con la testimonianza e la confessione di Cristo fino al martirio: "Chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna", o con l'anteporre il Cristo alle ricchezze e ai parenti: "Chiunque abbandona fratelli e sorelle, ecc.  erediterà la vita eterna".

 

         Leggiamo, però, che la può conseguire chiunque osserva i comandamenti, come disse Gesù a chi era venuto a domandargli: "Maestro buono, che cosa debbo fare per avere la vita eterna?". Gli rispose: "Non commettere adulterio, non uccidere, ecc.". Paolo dice che la consegue chiunque rinnega le opere malvagie e si dà al servizio di Dio: "Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna".  

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica

Commento sui salmi

 

CANTERO' CON LO SPIRITO, MA CANTERO' ANCHE  CON L'INTELLIGENZA

 di S. Ambrogio nel quarto secolo

 

      Che cosa di più dolce di un salmo? Per questo lo stesso Davide dice splendidamente: "Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a Lui conviene " (Sal 146,1).

      Davvero! Il salmo infatti è benedizione per i fedeli, lode a Dio, inno al popolo, plauso di tutti, parola universale, voce della Chiesa, professione e canto di fede, espressione di autentica devozione, gioia di libertà, grido di giubilo, suono di letizia. Mitiga l'ira, libera dalle sollecitudini, solleva dalla mestizia. E' protezione nella notte, istruzione nel giorno, scudo nel timore, festa nella santità, immagine di tranquillità, pegno di pace e di concordia che, a modo di cetra, da voci molteplici e differenti ricava un'unica melodia. Il salmo canta il sorgere del giorno, il salmo ne fa risuonare il tramonto.

      Nel salmo il gusto gareggia con l'istruzione. Nello stesso tempo si canta per diletto e si apprende per ammaestramento. Che cos'è che non trovi quando tu leggi i salmi? In essi leggo: "Canto d'amore " (Sal 44,1) e mi sento infiammare dal desiderio di un santo amore. In essi passo in rassegna le grazie della rivelazione, le testimonianze della risurrezione, i doni della promessa. In essi imparo ad evitare il peccato, e a non vergognarmi della penitenza per i peccati.

      Davide ci ha insegnato che bisogna cantare, che bisogna salmeggiare nell'intimo del cuore come anche Paolo dicendo: "Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza " (1 Cor 14,15). Davide ci ha detto che bisogna formare la nostra vita e i nostri atti alla contemplazione delle cose superne, perché il piacere della dolcezza non ecciti le passioni del corpo, dalle quali la nostra anima è oppressa e non liberata.

      Il santo profeta ci ha ricordato che egli salmeggiava per liberare la sua anima e per questo disse: "Ti canterò sulla cetra, o santo d'Israele. Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato "(Sal 70, 22-23)

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

Mt 22, 15-21

 

 

Omelia 1 per la ventiduesima domenica dopo Pentecoste, 2-5 ;

 Opera omnia, 8, 335

(In l'Ora dell'Ascolto p. 2024)

 

Essere veramente un’immagine di Dio

di San Lorenzo da Brindisi nel diciassettesimo secolo

 

 

         « Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio ». A ciascuno si deve dare il suo : sentenza piena di sapienza celeste e di dottrina. Egli insegna che vi sono due tipi di potere : uno terreno e umano, l’altro celeste e divino ; e insegna che da noi si richiede una duplice obbedienza : alle leggi umane e a quelle divine… A Cesare dobbiamo dare la moneta che porta l’immagine e l’iscrizione di lui, a Dio invece ciò su cui è impressa l’immagine e la somiglianza divina : « Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto » (Sal 4,7).

 

         Noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26). Tu, o cristiano, sei uomo : sei dunque moneta del tesoro divino, sei il danaro che porta impressa l’immagine e l’iscrizione del re divino. Con Cristo io ti chiedo : « Di chi è questa immagine e l’iscrizione ? » Tu dici : « Di Dio. » Osservo : « E perché non dai a Dio ciò che è suo ? »

 

         Se vogliamo essere immagine di Dio, dobbiamo essere simili a Cristo, perché egli è l’immagine della bontà di Dio e l’ « impronta della sua sostanza » (Eb 1,3). Dio poi « quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo » (Rm 8,29). E Cristo ha veramente dato a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, perché ha osservato alla perfezione le due tavole della legge divina « facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce » (Fil 2,8) ; e fu adorno nel grado più perfetto di tutte le virtù interne e esterne.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

 

Omelia sul Cantico dei Cantici, PG 44, 996-997

 

« In tenuta di servizio e con le lucerne accese »

di San Gregorio di Nissa nel quarto secolo

 

         Il Verbo ci invita a scuoterci dagli occhi dell’anima questo sonno pesante affinché, con lo spirito liberato da ogni miraggio, non scivogliamo al di là dalle vere realtà attaccandoci a ciò che non ha consistenza. Perciò ci suggerisce il pensiero della vigilanza dicendo : « Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese »… Il significato di questi simboli è chiarissimo. Chi è cinto dalla temperanza, vive nella luce di una coscienza pura, perché la fiducia filiale illumina la sua vita come una lucerna. Illuminata dalla verità, la sua anima dimora fuori dal sonno dell’illusione poiché non viene ingannata da nessun sogno vano. Se adempiremo questo, secondo le indicazioni del Verbo, entreremo in una vita simile a quella degli angeli…

 

         Essi infatti sono coloro che aspettano il Signore quando torna dalle nozze, e siedono, vigilanti, alle porte del cielo, affinché il Re della gloria (Sal 23, 7) possa entrare nuovamente, quando tornerà dalle nozze ed entrerà nella beatitudine che è al di sopra dei cieli. « Uscendo come sposo dalla stanza nuziale » secondo il testo del salterio (Sal 19, 6), si è unito come a una vergine, mediante la rigenerazione sacramentale, alla nostra natura umana, che si era prostituita agli idoli, e l’ha restituita alla sua incorruttibilità verginale. A nozze ormai finite, poiché la chiesa è stata sposata dal Verbo…e introdotta nella stanza dei misteri, gli angeli aspettano il ritorno del Re della gloria nella beatitudine che gli è naturale.

 

         Perciò il testo dice che la nostra vita deve essere  simile a quella degli angeli affinché, come loro, viviamo lontani dal vizio e dall’illusione, per essere pronti ad accogliere la parusia del Signore e, vegliando anche noi alle porte delle nostre dimore, stiamo pronti ad obbedire quando, alla sua venuta, busserà alla porta.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

Discorso sul Cantico dei cantici n°17, 2

 

 

Vegliare nello Spirito Santo

di San Bernardo nel dodicesimo secolo

  

 

         Dobbiamo essere vigilanti e attenti all’opera della salvezza che sta operandosi in noi, perché con mirabile finezza e con la delicatezza di un’artista divino, il Santo Spirito compie continuamente questa opera nel più intimo del nostro essere. Non ci sia mai tolta senza che ce ne accorgiamo, questa unzione che ci insegna tutto, e non ci colga mai all’improvviso la sua venuta. Invece occorre tener lo sguardo sempre in agguato e il cuore spalancato per ricevere questa benedizione generosa del Signore. In quali stati d’animo vuole trovarci lo Spirito? “Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze”. Non torna mai a mani vuote dalla mensa celeste e da tutte le gioie che essa prodiga.

 

         Occorre dunque vegliare e pregare in ogni momento, perché non sappiamo a che ora lo Spirito verrà, né a che ora andrà via di nuovo. Lo Spirito viene e va (Gv 3, 81); se stiamo in piedi grazie a lui, quando si ritira, cadiamo inevitabilmente, ma senza spezzarci, perché il Signore ci trattiene per la sua mano. E lo Spirito non cessa di fare vivere questa alternanza di presenza e di assenza a quelli che sono spirituali, o piuttosto a quelli che vuole rendere spirituali. Per questo li visita all’alba, poi improvvisamente li mette alla prova.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 Lc 12, 39-48

 

Omelie 77 su Matteo

 

 

« Tenetevi pronti »

di San Giovanni Crisostomo nel quarto secolo

 

 

         “Il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate”. Questo dice Gesù affinché i discepoli rimangano svegli, che siano sempre pronti. Dice loro che verrà nell’ora in cui non se l’aspettano, perché vuole spingerli a praticare la virtù con zelo e senza sosta. Come se dicesse loro: “Se gli uomini sapessero quando moriranno, sarebbero perfettamente pronti per quel giorno”... Invece il momento della fine della nostra vita è un segreto che sfugge ad ogni uomo...

 

         Per questo il Signore esige dal suo servo due qualità: che cioè sia fedele, affinché non si attribuisca nulla di ciò che appartiene al suo padrone, e che sia avveduto, per amministrare bene quanto gli è stato affidato. Ci vogliono dunque queste due qualità per essere pronti per il ritorno del Padrone... Ecco infatti ciò che succede per il fatto che non conosciamo il giorno del nostro incontro con lui: ci diciamo: “Il mio padrone tarda a venire”. Il servo fedele e avveduto non ha tali pensieri. Sciagurato! con il pretesto che il tuo Padrone tarda, immagini che non verrà affatto? Il suo ritorno è sicuro. Perché dunque non stai in guardia? No, il Signore non è lento a venire; questo ritardo esiste solo nell’immaginazione del cattivo servo.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

Lc 12, 39-48

 

PPS, t. 4, n° 22

 

« Tenetevi pronti »

 di Cardinal John Henry Newman nel dicianovesimo secolo

 

         Il nostro Signore ha dato questo avvertimento mentre stava per lasciare questo mondo, per lo meno visibilmente. Prevedeva le centinaia di anni che sarebbero potute trascorrere prima del suo ritorno. Conosceva il proprio disegno, quello del Padre suo : lasciare gradualmente il mondo a se stesso, ritirare gradualmente i pegni della sua presenza misericordiosa. Prevedeva l’oblio in cui egli sarebbe caduto anche fra i suoi stessi discepoli …, lo stato del mondo e della Chiesa come li vediamo oggi, in cui la sua assenza prolungata ha fatto credere che non sarebbe più tornato…

 

         Oggi, ci mormora misericordiosamente all’orecchio di non fidarci di ciò che vediamo, di non partecipare all’incredulità generale, di non lasciarci trascinare dal mondo, ma di « fare attenzione, di vegliare e di pregare » (Lc 21, 36), e di aspettare la sua venuta. Questo avvertimento misericordioso dovremmo tenerlo sempre in mente, tanto è preciso, solenne e pressante.

 

         Il nostro Signore aveva predetto la sua prima venuta, eppure quando è venuto, ha sorpreso tutti. Verrà in un modo ancora più improvviso la seconda volta, e sorprenderà gli uomini. Ora, senza dire quanto tempo trascorrerà prima del suo ritorno, ha affidato la nostra vigilanza alla guardia della fede e dell’amore… Infatti dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare ; non soltanto amare, ma vegliare ; non soltanto obbedire, ma vegliare. Perché vegliare ? Per questo grande avvenimento della venuta di Cristo. In questo sembra esserci affidato un dovere particolare : non soltanto credere, temere, amare e obbedire, ma anche vegliare : vegliare per Cristo, vegliare con Cristo.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - LODI giovedì

 

Libro di Vita

 

Capitolo “ Castità” § 84-85

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 12, 49-53

 

Trattato su San Luca, 7:131-132 ; SC 52

 

 

« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra »

di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

         « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso ». Il Signore vuole che siamo vigilanti, attenti in ogni momento alla venuta del Salvatore…Ma poiché il guadagno è misero, e debole il merito quando soltanto il timore del supplizio impedisce di perdersi, mentre l’amore ha un valore superiore, il Signore stesso…infiamma il nostro desiderio di acquistare Dio quando dice : « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra ». Non certo il fuoco che distrugge, bensì quello che produce la volontà buona, quello che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore, consumando il fieno e la paglia (1 Cor 3, 12), divorando tutta la vanità del mondo, accumulata dalla passione del piacere terreno, opera della carne che deve perire.

 

         Questo fuoco divino bruciava le ossa dei profeti, come dichiara Geremia : « C’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa ». (Ger 20, 9). Infatti c’é un fuoco del Signore, di cui si dice : « Davanti a lui cammina il fuoco » (Sal 96, 3). Il Signore stesso è un fuoco « che arde senza consumarsi » (Es 3, 2). Il fuoco del Signore è luce eterna ; le lucerne dei credenti si accendono a questo fuoco : « Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese » (Lc 12, 35). Una lucerna è necessaria perché i giorni di questa vita sono ancora notte. Il Signore stesso, secondo la testimonianza dei discepoli di Èmmaus, aveva messo questo fuoco nel loro cuore : « Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture ? » (Lc 24, 32) Ci mostrano con evidenza qual’è l’azione di questo fuoco, che rischiara il profondo del cuore dell’uomo. Perciò il Signore verrà con il fuoco (Is 66, 15) per consumare i vizi nel momento della risurrezione, per colmare con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce sui meriti e i misteri.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

Lc 12, 54-59

 


Lettera apostolica Novo millenio ineunte, 6/01/2001,

 § 55-56 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

 

Leggere i segni dei tempi

di Papa Giovanni Paolo II

 

Nella condizione di più spiccato pluralismo culturale e religioso, quale si va prospettando nella società del nuovo millennio, il dialogo interreligioso è importante anche per mettere un sicuro presupposto di pace e allontanare lo spettro funesto delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi nella storia dell'umanità. Il nome dell'unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace.

 

Ma il dialogo non può essere fondato sull'indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15)... Il dovere missionario, d'altra parte, non ci impedisce di andare al dialogo intimamente disposti all'ascolto. Sappiamo infatti che, di fronte al mistero di grazia infinitamente ricco di dimensioni e di implicazioni per la vita e la storia dell'uomo, la Chiesa stessa non finirà mai di indagare, contando sull'aiuto del Paraclito, lo Spirito di verità (Gv 14,17), al quale appunto compete di portarla alla « pienezza della verità » (Gv 16,13).

 

         Questo principio è alla base non solo dell'inesauribile approfondimento teologico della verità cristiana, ma anche del dialogo cristiano con le filosofie, le culture, le religioni. Non raramente lo Spirito di Dio, che « soffia dove vuole » (Gv 3,8), suscita nell'esperienza umana universale, nonostante le sue molteplici contraddizioni, segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo a comprendere più profondamente il messaggio di cui sono portatori. Non è stato forse con questa umile e fiduciosa apertura che il Concilio Vaticano II si è impegnato a leggere i « segni dei tempi » (Gaudium et spes, §4)? Pur attuando un operoso e vigile discernimento, per cogliere i « veri segni della presenza o del disegno di Dio » (§11), la Chiesa riconosce che non ha solo dato, ma anche «ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano» (§44). Questo atteggiamento di apertura e insieme di attento discernimento il Concilio lo ha inaugurato anche nei confronti delle altre religioni.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 12, 54-59

 Discorso di apertura del Concilio Vaticano II

 

 

Interpretare i segni dei tempi

del Beato Giovanni XXIII

 

 

         Succede spesso che, nell’esercizio quotidiano del nostro ministero apostolico, i nostri orecchi siano offesi sapendo ciò che dicono alcuni che, pur infiammati da zelo religioso, mancano di finezza nel giudizio e di ponderatezza nel modo di vedere le cose. Nella situazione attuale della società, non vedono che rovina e calamità ; sono soliti dire che la nostra epoca ha peggiorato rispetto ai secoli passati ; si comportano come se la storia, che è maestra di vita, non avesse nulla da insegnare loro e come se nel tempo dei Concili di una volta, tutto fosse stato perfetto, riguardo alla dottrina cristiana, ai costumi e alla giusta libertà della Chiesa.

 

         Ci sembra necessario dire il nostro totale disaccordo con tali profeti di sventure, che annunciano sempre disastri, come se il mondo si avvicinasse al suo termine.

 

         Nel decorso attuale degli avvenimenti, mentre la società umana sembra ad una svolta, è meglio riconoscere i disegni misteriosi della Provvidenza divina che, attraverso la successione delle epoche e delle occupazioni degli uomini, contraddicendo ogni attesa, raggiungono il loro fine e dispongono ogni cosa con sapienza per il bene della Chiesa, persino grazie ad eventi contrari.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 13, 1-9

 

Discorso, 20 sulla Passione del Signore ; SC 74bis, 245

 

 

« Se non vi convertite »

di San Leone Magno nel quinto secolo

 

         Mettiamoci all’opera, fratelli ! Sforziamoci di essere trovati associati alla risurrezione di Cristo e di passare dalla morte alla vita mentre siamo ancora in questo corpo. Tutti coloro che passano attraverso una conversione, qualunque essa sia, tutti coloro che passano da uno stato ad un altro, vivono una fine : non sono più quello che erano. E nello stesso momento vivono un inizio : diventano ciò che non erano. È importante sapere per chi moriamo e per chi viviamo, perché c’è una morte che fa vivere e una vita che fa morire.

 

         Poiché sia l’una che l’altra non possiamo ricercarle al di fuori di questo mondo effimero, sarà dalla qualità delle nostre azioni quaggiù che dipenderà la differenza delle retribuzioni eterne. Moriamo dunque al diavolo e viviamo per Dio ; moriamo al peccato per risorgere alla giustizia ; che scompaia l’uomo vecchio perché sorga l’uomo nuovo. Poiché, secondo la parola di Verità, « nessuno può servire a due padroni » (Mt 6,24), prendiamo come padrone non colui che fa inciampare coloro che sono in piedi per portarli alla rovina, ma colui che rialza coloro che sono caduti per portarli alla gloria.

 

XXIX° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

Dal trattato «L'ideale perfetto del cristiano», vescovo  (PG 46, 283-286)



Manifestiamo Cristo in tutta la nostra vita

di san Gregorio di Nissa nel quarto secolo

 

 

       Tre sono gli elementi che manifestano e distinguono la vita del cristiano: l'azione, la parola e il pensiero. Primo fra questi è il pensiero, al secondo posto viene la parola che dischiude e manifesta con vocaboli ciò che è stato concepito col pensiero. Dopo, in terzo luogo, si colloca l'azione, che traduce nei fatti quello che è stato pensato.

       Se perciò una qualunque delle molte cose possibili ci porta naturalmente o a pensare o a parlare o ad agire, è necessario che ogni nostro detto o fatto o pensiero sia indirizzato e regolato da quelle norme con le quali Cristo si è manifestato, in modo che non pensiamo, né diciamo, né facciamo nulla che possa allontanarci da quanto ci indica quella norma sublime.

       In molti modi si può fare questo importante esame. Infatti tutto ciò che si fa o si pensa o si dice, sotto la spinta di qualche mala passione, questo non si accorda affatto con Cristo, ma porta piuttosto il marchio e l'impronta del nemico, il quale mescola alla perla preziosa del cuore, il fango di vili cupidigie per appannare e deformare il limpido splendore della perla.
Ciò che invece è libero e puro da ogni sordida voglia, questo è certamente indirizzato all'autore e principe della pace, Cristo. Chi attinge e deriva da lui, come da una sorgente pura e incorrotta, i sentimenti e gli affetti del suo cuore, presenterà, con il suo principio e la sua origine, tale somiglianza quale può aver con la sua sorgente l'acqua, che scorre nel ruscello o brilla nell'anfora.

       Infatti la purezza che è in Cristo e quella che è nei nostri cuori è la stessa. Ma quella di Cristo si identifica con la sorgente, la nostra invece promana da lui e scorre in noi, trascinando con sé per la via la bellezza ed onestà dei pensieri, in modo che appaia una certa coerenza ed armonia fra l'uomo interiore e quello esteriore, dal momento che i pensieri e i sentimenti che provengono da Cristo, regolano la vita e la guidano nell'ordine e nella santità.
In questo dunque, a mio giudizio, sta la perfezione della vita cristiana, nella piena assimilazione e nella concreta realizzazione di tutti i titoli espressi dal nome di Cristo, sia nell'ambito interiore del cuore, come in quello esterno della parola e dell'azione.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - UR  Domenica

 

 

Omelia 84  ; PL 52, 438-440

 

La testimonianza di Tommaso

di San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 

 

                   Sarebbe piaciuto, fratelli, alla vostra carità che dopo la risurrezione del Signore, l’empietà non avesse lasciato nessuno nel dubbio. Però Tommaso portava l’incertezza non soltanto del suo cuore, ma anche quella di tutti gli uomini. E siccome doveva predicare la risurrezione alle nazioni, cercava, da scrupoloso indagatore, su cosa avrebbe fondato un mistero che richiede tanta fede. E il Signore mostrò a tutti gli apostoli ciò che Tommaso aveva domandato così tardi.  Gesù venne e mostrò loro le mani e il costato. Infatti i discepoli avrebbero potuto credere un fantasma colui che entrava, mentre erano chiuse le porte, se non avesse potuto mostrare loro che era proprio lui, poiché le sue ferite erano il segno della Passione.

 

         Perciò, venne da Tommaso e gli disse : « Metti la tua mano nel mio costato e non essere più incredulo ma credente. Queste ferite che apri di nuovo, e hanno gia sparso l’acqua del battesimo e il sangue del riscatto, lascino scorrere la fede nell’universo intero. » Tommaso rispose : « Mio Signore e mio Dio ». Vengano gli eretici e sentano e, come dice il Signore, non siano più increduli ma credenti. Tommaso manifesta e proclama che lì non c’è soltanto un corpo umano, ma pure che, per la Passione del suo corpo di carne, il Cristo è Dio e Signore. È veramente Dio chi vive dopo essere morto e risorge dopo essere stato colpito.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 Mt 22, 34-40

 

Quinta Dimora, 3

 

Il grande comandamento

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

  

         Dio ci chiede soltanto due cose : che lo amiamo, e che amiamo il nostro prossimo. Tale deve essere la meta dei nostri sforzi. Se ci conformiamo ad esso, di un modo perfetto, adempiamo la sua volontà e gli siamo uniti. Quanto, però siamo lungi dall’adempiere questo doppio precetto, come lo dovremmo al servizio di un Dio così grande ! Voglia Sua Maestà darci la sua grazia, affinché meritiamo di giungere a questa perfezione, perché questo è in nostro potere, se lo vogliamo.

         Il segno più sicuro, secondo me, per sapere se abbiamo questo doppio amore, consiste nell’amare veramente il prossimo. Perché, non possiamo avere la certezza che amiamo Dio, anche se ne abbiamo degli indizi molto seri ; invece possiamo sapere sicuramente se amiamo il prossimo. Siate certe che quanto più scoprirete in voi progressi nell’amore del prossimo, tanto più avrete progredito nell’amore di Dio.

         L’amore che Dio nutre per noi è così profondo che, ricambiando quello che abbiamo per il prossimo, perfeziona in mille modi, quello che proviamo per lui stesso ; non posso avere nessun dubbio su questo punto. È il motivo per cui è molto importante considerare bene come amiamo il prossimo ; dal momento che questo amore è perfetto, abbiamo fatto tutto ciò che occorreva. Perché, secondo me, la nostra natura è così depravata che, se il nostro amore per il prossimo non prendesse le sue radici nell’amore stesso di Dio, non potrebbe innalzarsi alla perfezione.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Trattato sulle opere dello Spirito Santo 4,9 ; SC 165, 157

 

  

Gli apostoli istruiti dallo Spirito Santo

di Ruperto di Deutz

  

 

         A tutti gli apostoli riuniti, la Verità ha detto: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa” (Gv 14, 26). Infatti... nel momento in cui apparvero agli apostoli lingue come di fuoco che si posarono su ciascuno di loro (At 2, 3), videro, in un batter d’occhio, grazie ad un’illuminazione interiore, tutte le Scritture e tutti i profeti... Penetrarono questi segreti, tenuti nascosti agli scribi e ai farisei, ai sapienti e ai dottori della Legge. Così si compì la parola del Signore: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11, 25)... Quindi, questi uomini illetterati non venivano ammaestrati da uomini, ma istruiti meravigliosamente dallo Spirito Santo, lo Spirito di intelligenza  che apriva loro il tesoro delle Scritture.

 

         Per questo motivo hanno il diritto di essere ricevuti ed ascoltati da noi, come la bocca di Dio stesso... Su di loro si fonda la nostra fede, come pure sui patriarchi ed i profeti che hanno ascoltato la parola di Dio per mezzo del medesimo Spirito, direttamente. E questo è il fondamento su cui poggiamo.

 

         Quanto a tutti coloro che non erano presenti, che non hanno imparato in questo modo, noi crediamo a quanto ci dicono non a motivo della loro opinione personale, ma perché fondano le proprie affermazioni sulla testimonianza degli apostoli. Infatti la Rivelazione è stata fatta agli apostoli... a loro è stato rivelato, per mezzo dello Spirito Santo, ciò che gli uomini non potevano né insegnare, né sapere.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

La successione apostolica

di San Clemente di Roma nel primo secolo

 

 

         Gli apostoli hanno ricevuto per noi dal Signore Gesù Cristo la Buona Novella ; Gesù Cristo è stato mandato da Dio. Cristo, dunque, viene da Dio e gli apostoli da Cristo: tutte e due le cose procedono ordinamente dalla volontà di Dio. E così, ricevuto il mandato, rafforzati dalla parola di Dio e confermati con assoluta certezza dalla risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, andarono ad annunciare l’avvento del Regno di Dio con incrollabile fiducia nello Spirito Santo. Predicando il Verbo per paesi e città, nominarono vescovi e diaconi per i futuri credenti, quelli di cui avevano provato, nello Spirito Santo, la genuina disponibilità alla fede… E che c’è di strano se coloro che ricevettero da Dio in Cristo questo incarico ordinano i predetti ministri ? …Gli apostoli sapevano per ispirazione di Cristo nostro Signore, che sarebbero scoppiate contese per il titolo di vescovo ; perciò, prevedendo perfettamente il futuro, nominarono i vescovi e subito dopo istituirono la successione affinché, morti i primi, altri uomini insigni succedessero nel loro ministero.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 13, 22-30

  

Lettera 102 (a Deogratias), 8-12

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

  

« Vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

  

            Se Cristo proclama sé stesso la via della salvezza, la grazia, la verità e alle anime credenti in lui presenta se stesso quale unico mediatore per il ritorno a Dio (Gv 16, 6), che cosa hanno fatto gli uomini di tanti secoli prima di Cristo?... Noi affermiamo che Cristo è il vero Dio, dal quale è stata creata ogni cosa; egli è il Figlio di Dio, perché suo Verbo. Non è un verbo che appena pronunciato è già passato, ma il Verbo immutabile e immutabilmente sussistente presso il Padre, anche esso immutabile. Dal Verbo è diretta e guidata ogni creatura spirituale e corporea nel modo più confacente ai tempi e ai luoghi. In lui risiede la sapienza e la scienza capace di dirigere e guidare tutte le creature e di determinare che cosa, in qual luogo o tempo sia più opportuno fare per il loro bene. Il Verbo esisteva sempre uguale ... così pure da adesso sino alla fine del mondo...

 

         Perciò fin dai primordi del genere umano tutti coloro, i quali hanno creduto in Lui e in qualche modo l'hanno conosciuto e hanno menato una vita pia e giusta conforme ai suoi precetti, in qualsiasi tempo e luogo siano vissuti, senza dubbio si sono salvati per mezzo di Lui. Sì; come noi crediamo in Lui non solo vivente col Padre ma anche già incarnato, così gli antichi credevano in Lui e vivente col Padre e che sarebbe venuto nel mondo. E se, conforme alla diversità dei tempi, viene annunciato adesso come già avvenuto quel che un tempo era preannunciato da avvenire, ciò non significa che la fede sia cambiata o sia diversa l'unica e identica salvezza.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 

 

« Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita »

di Giovanni Paolo II

 

 

            Sono venuto ad incoraggiarvi sulla via del Vangelo, una via certo stretta, eppure la via regale, sicura, provata da generazioni di cristiani, insegnata dai santi… È la via sulla quale, come voi, i vostri fratelli nella Chiesa universale si sforzano di camminare. Questa via non passa dalla rassegnazione, dalle rinunce o dagli abbandoni. Non si rassegna all’insulsaggine del senso morale, ed auspicherebbe che la legge civile stessa aiutasse ad innalzare l’uomo. Non cerca di sottrarsi, di rimanere inosservata ; richiede invece l’audacia gioiosa degli apostoli. Bandisce quindi la pusillanimità, pur mostrandosi perfettamente rispettosa verso coloro che non condividono lo stesso ideale.

 

         « Riconosci, o cristiano, la tua dignità ! » diceva il grande papa S. Leone. Ed io, suo indegno successore, dico a voi, fratelli miei e sorelle mie : Riconoscete la vostra dignità ! Siate fieri della vostra fede, del dono dello Spirito che il Padre vi ha fatto. Vengo da voi come un povero, con l’unica ricchezza della fede, pellegrino del Vangelo. Date alla Chiesa e al mondo l’esempio della vostra fedeltà senza difetto e del vostro zelo missionario.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 

LIBRO di VITA

 

Capitolo "Nel cuore della città" § 135

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

 

La Città di Dio, §14, 28

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Alla vista della città, Gesù pianse su di essa »

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

 


         Due amori dunque diedero origine a due città, alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza per Iddio, alla celeste l'amore a Dio fino all'indifferenza per sé. Inoltre quella si gloria in sé, questa nel Signore. Quella infatti esige la gloria dagli uomini (Gv 5,44), per questa la più grande gloria è Dio testimone della coscienza. Quella leva in alto la testa nella sua gloria, questa dice a Dio: “Tu sei la mia gloria anche perché levi in alto la mia testa” (Sal 3,4). In quella domina la passione del dominio nei suoi capi e nei popoli che assoggetta, in questa si scambiano servizi nella carità i capi col deliberare e i sudditi con l'obbedire. Quella ama la propria forza nei propri eroi, questa dice al suo Dio: “Ti amerò, Signore, mia forza” (Sal 17,2).

 

        Quindi nella città terrena i suoi filosofi, che vivevano secondo l'uomo, hanno dato rilievo al bene o del corpo o dell'anima o di tutti e due. Coloro poi che poterono conoscere Dio, “non lo adorarono e ringraziarono come Dio, si smarrirono nei propri pensieri e fu lasciato nell'ombra il loro cuore stolto... Così si asservirono nel culto alla creatura anziché al Creatore che è benedetto per sempre” (Rm 1,21-25). Nella città celeste invece l'unica filosofia dell'uomo è la religione con cui Dio si adora convenientemente, perché essa attende il premio nella società degli eletti, non solo uomini ma anche angeli, “affinché Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

 

Sul sacramento dell’altare, 3, 2 ; SC 94, 517

 

  

Verso il sabato pieno

di Baldovino di Ford nel dodicesimo secolo

 

 

         Mosè disse: “Il giorno di sabato vi sarà riposo assoluto, sacro al Signore” (Es 31, 15). Il Signore ama il riposo; ama riposarsi in noi, di modo che noi riposiamo in lui. Ma c’è un riposo del tempo  futuro di cui sta scritto: “Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche” (Ap 14, 13). E c’è un riposo del tempo presente, di cui ha detto il profeta: “Cessate di fare il male” (Is 1, 16).

 

         Si giunge al riposo del tempo futuro praticando le sei opere di misericordia che sono enumerate nel vangelo dove è detto: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”  (Mt 25, 35)... Infatti “ci sono sei giorni in cui si deve lavorare” (Lc 13,14), poi viene la notte, cioè la morte, quando nessuno può più operare (Gv 9, 4). Dopo questi sei giorni, viene il sabato: quando tutte le opere buone sono compiute, giunge il riposo delle anime.   

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

           

Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 41

 

  

« Credo la comunione dei santi »

di Santa Caterina da Siena nel quattordicesimo secolo

 

         Dio ha detto a santa Caterina: L’anima giusta che ha finito la sua vita nella carità è ormai incatenata nell’amore e non può più crescere in virtù; è passato il tempo. Ma essa può sempre amare dell’amore che aveva quando è venuta a me, e questa è la misura del suo amore (Lc 6,38). Sempre mi desidera, sempre mi ama, e il suo desiderio non è mai frustrato: ha fame ed è saziata; saziata, ha ancora fame; sfugge alla nausea della sazietà come alla sofferenza della fame. Nell’amore i beati godono della mia vita eterna, nell’amore partecipano a quel bene che io possiedo in me e che comunico a ciascuno di loro secondo la loro misura; questa misura è il grado di amore che avevano quando sono venuti a me.

 

         Perché sono rimasti nella mia carità e nella carità per il prossimo, e poiché sono uniti nella carità..., ognuno si rallegra di partecipare al bene degli altri, oltre al bene universale che possiede. I santi condividono la gioia e la felicità degli angeli, in mezzo ai quali sono posti... Partecipano anche particolarmente alla felicità di coloro che amavano sulla terra più strettamente, con un affetto particolare. Con questo amore crescevano insieme in grazia e in virtù; uno era per l’altro un’occasione di manifestare la mia gloria e di lodare il mio nome... Non hanno perso questo amore nell’ eterna vita, lo conservano sempre. Anzi esso fa sovrabbondare la loro felicità, con la gioia che ciascuno prova della felicità dell’altro.

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI sabato

                                                                      

  

Discorsi, 39 ; CCL 9A, 169-170

 

 

La legge nuova delle Beatitudini

di San Cromazio di Aquileia nel quarto secolo

 

 

 

         Occorreva che la legge nuova fosse proclamata su un monte, dato che la legge di Mosè era stata data su un monte. Una consiste in dieci comandamenti destinati a formare gli uomini in vista della condotta della vita presente, l’altra consiste in otto beatitudini, perché conduce coloro che la seguono alla vita eterna e alla patria celeste.

 

         « Beati i miti, perché erediteranno la terra ». Occorre dunque essere miti, pacifici e sinceri di cuore ; il Signore mostra chiaramente che il merito di tali uomini non è di poco conto dicendo : « Erediteranno la terra ». Si tratta senza dubbio di quella terra di cui sta scritto : « Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi » (Sal 26,13). L’eredità di quella terra, è l’immortalità del corpo e la gloria della risurrezione eterna. Infatti la mitezza ignora la superbia, non conosce la vanteria, non conosce l’ambizione. Perciò, altrove, il Signore esorta non senza ragione i suoi discepoli dicendo : « Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime » (Mt 11,29).

 

XXX° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

IL SIGNORE CONDUCE AL PENTIMENTO TUTTI GLI UOMINI

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Tutti gli uomini e tutti gli spiriti che cercano con umiltà la gloria di Dio e non la propria, e che lo seguono con fede e amore, appartengono a un’unica famiglia. E tuttavia Dio è pieno di misericordia a paziente anche con i cattivi e gli dà tempo di pentirsi e di correggersi.

 

         Fu scelto Abramo, pio e fedele servo del Signore, cui fu preannunziato il mistero del Figlio di Dio, perché i credenti di tutti i popoli, imitando la sua fede, fossero considerati suoi figli per tutte le generazioni. Da lui nacque quel popolo che avrebbe adorato l’unico vero Dio, creatore del cielo e della terra. E in quel grande popolo con maggior evidenza era raffigurata la Chiesa. Era infatti una moltitudine di gente carnale, che onorava Dio solo per i benefici materiali. Ma v’erano anche alcuni tra loro che pensavano alla pace futura e cercavano la patria celeste; a essi fu rivelata in profezia la futura umiliazione di Dio, il nostro re e Signore Gesù Cristo, onde, per tale fede, fossero purificati da ogni superbia e da ogni colpa. Non soltanto le parole, ma anche la vita le nozze, i figli e le azioni di quegli uomini che precedettero la nascita del Signore furono una profezia di questo tempo in cui, per la fede nella Passione di Cristo, viene radunata la Chiesa da tutte le genti. E in tutto venivano raffigurati quei misteri spirituali che si riferiscono a Cristo e alla Chiesa: della Chiesa erano membri anche quei santi che vissero su questa terra prima che Cristo Signore nascesse secondo la carne.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - U.R. Domenica

 

 

« Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva »

 San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa

 

         Il mare simboleggia il mondo presente, agitato dalla tempesta degli affari e dalla marea di una vita che si sta ritirando. La riva, salda, è la figura della perennità del riposo eterno. I discepoli quindi lavorano sul lago, poiché si trovano ancora alle prese con le onde della vita terrena ; invece il nostro Redentore sta sulla riva poiché in quel momento ha superato la condizione di una carne fragile. Tramite queste realtà  naturali, Cristo sembra dire loro, riguardo al mistero della sua risurrezione : « Ora, non mi presento a voi in mezzo al mare, perché non sono più in mezzo a voi nell’agitazione delle onde ». Disse altrove agli stessi discepoli : « Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi » (Lc 24, 44).

 

Ormai, non è con loro nello stesso modo. Era veramente lì, apparendo corporalmente ai loro occhi, però… la sua carne immortale era lontanissimo dai loro corpi mortali. Il fatto che il suo corpo stesse sulla riva mentre loro navigavano ancora, mostra bene che egli ha superato la loro esistenza, benché si trovasse ancora con loro.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Domenica

 

Omelie sugli Atti degli Apostoli, 20,4 ;

PG 60, 411-412

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2888)     

  

Essere lievito

di San Giovanni Crisostomo, nel IV sec.

vescovo di Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa

 

            Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri. Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella donnetta che mise le due monetine ti accuserà (Mc 12,48). Anche Pietro diceva: Non ho né argento né oro (At 3,6). Così Paolo era talmente povero da patire spesso la fame e mancare del cibo necessario. Non puoi mettere avanti la tua umile condizione; essi infatti erano di basse origini, nati da poveri. Non puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano illetterati. Fossi schiavo o fuggiasco, potresti fare ciò che dipende da te. Così era la situazione di Onesimo di cui Paolo fa l’elogio (Fm). Non puoi obiettare che sei debole; così era anche Timoteo, che soffriva di frequenti infermità. Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.

 

            Non vedete gli alberi delle foreste, come sono rigogliosi, come sono belli, sviluppati, snelli e alti? Ma se avessimo un orto vorremmo avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelli sterili... Così sono coloro che vedono soltanto i propri interessi...

 

            Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? E che dire di un profumo che non investa quanti si accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? E non dire: “Non posso indurre gli altri”; perché, se sarai cristiano, questo non potrà non avvenire!... Infatti, come le cose che sono di eguale natura non sono in contraddizione tra loro, così quanto stiamo dicendo fa parte della natura stessa del cristiano...  Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo È più facile che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non sia utile al prossimo.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - LODI  Martedì


Dal Discorso tenuto da san Carlo, vescovo, nell'ultimo Sinodo
(Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1599, 1177-1178)
 


Vivere la propria vocazione

di S. Carlo Borromeo nel sedicesimo secolo

 
     Tutti siamo certamente deboli, lo ammetto, ma il Signore Dio mette a nostra disposizione mezzi tali che, se lo vogliamo, possiamo far molto. senza di essi però non sarà possibile tener fede all'impegno della propria vocazione.
     Facciamo il caso di un sacerdote che riconosca bensì di dover essere temperante, di dover dar esempio di costumi severi e santi, ma che poi rifiuti ogni mortificazione, non digiuni, non preghi, ami conversazioni e familiarità poco edificanti; come potrà costui essere all'altezza del suo ufficio?
     Ci sarà magari chi si lamenta che, quando entra in coro per salmodiare, o quando va a celebrare la Messa, la sua mente si popoli di mille distrazioni. Ma prima di accedere al coro o di iniziare la Messa, come si è comportato in sacrestia, come si è preparato, quali mezzi ha predisposto e usato per conservare il raccoglimento?
     Vuoi che ti insegni come accrescere maggiormente la tua partecipazione interiore alla celebrazione corale, come rendere più gradita a Dio la tua lode e come progredire nella santità? Ascolta ciò che ti dico. Se già qualche scintilla del divino amore è stata accesa in te, non cacciarla via, non esporla al vento. Tieni chiuso il focolare del tuo cuore, perché non si raffreddi e non perda calore. Fuggi, cioè le distrazioni per quanto puoi. Rimani raccolto con Dio, evita le chiacchiere inutili.
     Hai il mandato di predicare e di insegnare? Studia e applicati a quelle cose che sono necessarie per compiere bene questo incarico.
     Dà sempre buon esempio e cerca di essere il primo in ogni cosa. Predica prima di tutto con la vita e la santità, perché non succeda che essendo la tua condotta in contraddizione con la tua predica tu perda ogni credibilità.
     Eserciti la cura d'anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso.
     Comprendete, fratelli, che niente è così necessario a tutte le persone ecclesiastiche quanto la meditazione che precede, accompagna e segue tutte le nostre azioni: Canterò, dice il profeta, e mediterò
(cfr. Sal 100, 1 volg.) Se amministri i sacramenti, o fratello, medita ciò che fai. Se celebri la Messa, medita ciò che offri. Se reciti i salmi in coro, medita a chi e di che cosa parli. Se guidi le anime, medita da quale sangue siano state lavate; e «tutto si faccia tra voi nella carità» (1 Cor 16, 14). Così potremo facilmente superare le difficoltà che incontriamo, e sono innumerevoli, ogni giorno. Del resto ciò è richiesto dal compito affidatoci. Se così faremo avremo la forza per generare Cristo in noi e negli altri.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Martedì

 

 

Agire con scaltrezza

di San Basilio nel quarto secolo

 

        Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni. Ricordati di te stesso. Ricordati di quello che sei, di quali faccende conduci, di chi te le ha affidate, dei motivi per cui sei stato preferito a molti. Sei il servo del Dio buono; hai la responsabilità dei tuoi compagni di servizio. Non credere che tutti questi beni siano destinati al tuo ventre. Disponi dei beni che hai in mano come se appartenessero a qualcun altro; essi ti procureranno piacere per un qualche tempo, poi svaniranno e scompariranno. Ma di essi ti sarà chiesto un conto dettagliato.

 

        “Cosa farò?” La risposta è semplice: sazierò gli affamati; aprirò i miei granai e inviterò i poveri. Voi tutti che mancate di pane, venite a me. Ognuno prenda una parte sufficiente dei doni che Dio mi ha concesso. Venite, attingete, come ad una fontana pubblica.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - LODI  Mercoledì

 

 

Lo Spirito Santo ci fa stare in pace e allegrezza che è un pregusto del paradiso

 di San Filippo Neri nel sedicesimo secolo

  

   Soprattutto vivete in pace con tutte : poiché se in un monastero il demonio trova la pace e l’unione teme questo più di ogni altro esercizio spirituale, privo di questo vincolo e modo d’amor fraterno che deve regnare e tenere stretti con la carità delle sorelle di un buon monastero.

 

   Il diavolo nostro nemico che combatte continuamente con noi, per poterci espugnare, cerca di disunirci e far nascere liti, odi e contese, fazioni tra noi e nei monasteri, perché mentre combattiamo l’une contro l’altro, viene sicuramente a vincerci, a farci prigionieri, ad ucciderci e a farci fuggire cosicché l’arma più gagliarda, vostra che il nemico teme maggiormente è l’unione e la pace, perché in mezzo a delle religiose unite e pacifiche regna Dio e con questo imperatore chi potrà esser sconfitto ?

 

   Dilettatevi nella vita comune, fuggite tutte le singolarità, attendete alla purezza del cuore, perché lo Spirito Santo abita nelle menti candide e semplici ed è lui il maestro dell’orazione e ci fa stare in continua pace e allegrezza ch’è un pregusto del Paradiso; proprio come l’ira e le discordie mantenute con animo amaro , è la caparra dell’inferno. Dio vi dia la grazia che vi concentriate tanto nel suo divino amore e che entriate tanto profondamente dentro per la piaga del suo costato, nel vivo fonte della sapienza del Dio umanato che vi anneghiate il vostro amor proprio e non ritroviate mai più la strada per poter uscir fuori.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario -   VESPRI Mercoledì

 

LA GRAZIA E' LA LEGGE COSTITUTIVA DELLA PERSONA UMANA

Dagli scritti di Giorgio La Pira

 

 

      Chi è l'uomo? Che destino ha? Quale significato ha la sua avventura nel mondo? Esiste, in questa età apocalittica, una risposta "immutabile" a questo problema? La Chiesa può fornirla?

      Si: la Chiesa è la sola che, sul fondamento della Risurrezione di Cristo, può fornire e fornisce, a tutti i livelli e a tutti i popoli, una risposta immutabile, all'immutabile problema del significato e del destino degli uomini.

      Questa risposta ha un nome: la grazia...

... la grazia è l'acqua viva zampillante fino alla vita eterna che Cristo rivela alla Samaritana...

...la grazia è Lui stesso, presente nell'Eucarestia, vita del mondo, resurrezione del mondo.

... Questa è "la legge costitutiva della persona umana": la struttura stessa della persona umana costituita in vista della accoglienza interiore di questa grazia, di quest'acqua, di questa luce, di questo pane che la sana, la eleva interiormente fino a Dio ed in Dio la perfeziona!

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

                                                                       Lc 15, 1-10

 

 

Discorsi, 168, 4-6 ; CCL 24 B, 1032

(In l'Ora dell'Ascolto p. 1821)

 

 Dio in cerca di una sola pecora per la salvezza di tutti

di San Pietro Crisologo nel quinto secolo

 


               Quando ritroviamo le cose perdute, proviamo sempre un nuovo e immenso gaudio; ed è gioia più grande per noi ritrovare ciò che avevamo smarrito che non aver mai perduto quanto era ben conservato. Ma questa parabola parla più della divina misericordia che del nostro procedere umano. Abbandonare le cose grandi, amare le piccole, è proprio della potenza divina e non della cupidigia umana: poiché Dio dà l’esitenza alla cose che non sono e va in cerca delle cose perdute, senza abbandonare quelle che ha lasciato; e ritrova le perdute senza perdere quelle che erano custodite.

 

         Non è un pastore terreno, ma celeste, e questa parabola non presenta vicende umane, ma adombra misteri divini; ciò appare dallo stesso numero che cita quando dice: “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una”ecc.... Vedete che questo pastore ora si è addolorato per la perdita di una sola pecora come se tutto il gregge si fosse sviato e così, lasciate le novantanove pecore, una sola insegue, una sola ricerca, per ritrovare tutte in quell’unica e redimere tutte in quella sola.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI giovedì

La Vita in Gesù Cristo, I : PG 150, 502 D - 503 D

(in l’Ora dell’Ascolto p.1998)

 

Dio alla ricerca degli uomini

 di San Nicola Cabasilas nel quattordicesimo secolo

 

 

         Nei sacri misteri, che adombrano la sua sepoltura e annunciano la sua morte, noi siamo generati, plasmati e uniti intimamente in modo mirabile al Salvatore mediante questa realtà. Per essi, come dice san Paolo, « in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo » (At 17, 28).

 

         Il battesimo ci concede di essere e sussistere in Cristo... La sacra unzione poi, completa e perfeziona la nascita, iniziando un’attività corrispondente a una tale vita.

         La divina eucaristia, infine, contiene e conserva questa vita... Perciò viviamo di questo pane, ma ci muoviamo grazie all’unzione, dopo aver ricevuto l’essere dal battesimo.

         E a questa condizione viviamo di una vita trasferita da questo mondo visibile nell’invisibile, avendo mutato non il luogo, ma la vita e il modo di vivere ; Infatti non ci siamo noi mossi e elevati verso Dio, ma è stato Dio ad essere venuto e sceso verso di noi. Noi non l’abbiamo cercato, ma siamo stati cercati. Non è stata la pecora a mettersi in cerca del Pastore, né la dramma del Padrone di casa. Ma il Padrone si è chinato verso la terra e ha ritrovato la sua immagine, il Pastore è andato nel deserto dove errava la pecora e, caricatesela in spalla, l’ha riportata dal suo errare. Per questo non ci ha trasferiti in un altro luogo, ma ci ha lasciati sulla terra e resi celesti mediante l’infusione della sua vita nelle nostre anime. Non ci ha elevati nei cieli, ma ha abbassato i cieli fino a noi, secondo la parola del salmo : « Abbassò i cieli e discese » (Sal 17, 10).

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Libro di Vita

 

Capitolo Povertà § 94

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 16, 1-8

 Scritto autobiografico B, 4r° 

 

 

 Il buon uso del denaro

di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto

  

 

Gesù, lo so bene, l'amore si paga soltanto con l'amore, perciò ho cercato, ho trovato sollievo rendendoti amore per amore. «Usate le ricchezze che rendono ingiusti, per farvi degli amici i quali vi ricevano nei tabernacoli eterni» (Lc 16,9). Ecco, Signore, il consiglio che tu dai ai tuoi discepoli dopo aver detto loro che «i figli delle tenebre sono più abili nelle loro faccende che i figli della luce». Figlia della luce, ho capito che i miei desideri di esser tutto, di far mie tutte le vocazioni, sono ricchezze che potrebbero rendermi ingiusta, allora le ho usate per farmi degli amici. Ricordando la preghie­ra di Eliseo al padre suo Elia quando osò chiedergli « il suo duplice spirito » (2 R 2,9), mi sono presentata dinanzi agli angeli e ai santi, e ho detto loro: «Sono la creatura più piccola, conosco la mia miseria e la mia debolezza, ma so anche quanto piaccia ai cuori nobili, generosi, far del bene, perciò, vi supplico, Beati abitanti del Cielo, vi supplico di adottarmi come figlia; tutta vostra sarà la gloria che mi farete acquistare, ma degnatevi di esaudire la mia preghiera, è temeraria, lo so, tuttavia oso chie­dervi di ottenermi il vostro duplice amore. »

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - LODI  Sabato

Lc 16, 9-15

 

 Moralia, 34

 

 « Nessuno servo può servire a due padroni »

di San Gregorio Magno nel settimo secolo

  

 

         Volere mettere la propria speranza e la propria fiducia nei beni passeggeri, è volere porre delle fondamenta nell’acqua corrente. Tutto passa: Dio resta. Attaccarsi al transitorio, è staccarsi dal perenne. Chi dunque, spazzato dai vortici impetuosi di una rapida, può rimanere fisso al suo posto, nel torrente impetuoso? Se dunque vogliamo rifiutare di essere portati via dalla corrente, dobbiamo sfuggire tutto ciò che scorre; altrimenti l’oggetto del nostro amore ci costringerà ad arrivare a ciò che precisamente vogliamo evitare. Chi si attacca a dei beni transitori sarà sicuramente trascinato fino al punto in cui  derivano queste cose alle quali si attacca.

 

         La prima cosa è dunque guardarsi dall’ amare i beni materiali; la seconda, non mettere tutta la nostra fiducia in questi beni che ci sono affidati per usarne, non per goderne. L’anima attaccata a questi beni che passano perde velocemente la propria stabilità. La corrente della vita presente trascina colui che porta, ed è illusione folle, per colui che è trascinato da questa corrente, volere tenervisi in piedi.

 

XXXI° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI  Sabato

 

 

« Santo è il tempio di Dio, che siete voi »

di Elredo di Rievaulx nel dodicesimo secolo

 

 

         Spesso abbiamo sentito dire che, dopo aver fatto uscire Israele dall’Egitto, Mosè costruì nel deserto un tabernacolo, la tenda di un santuario, grazie ai doni dei figli di Giacobbe. Occorre capire bene, come dice l’apostolo Paolo, che tutto ciò avvenne come esempio per noi (1 Cor 10,6).

 

         Siete voi ormai, fratelli, il tabernacolo di Dio, il Tempio di Dio, secondo l’apostolo: “Il Tempio di Dio, siete voi! ”. Siete il Tempio in cui Dio regnerà in eterno, siete la sua tenda perché egli è con voi sulla strada; in voi egli ha sete, in voi ha fame. Questa tenda, fratelli, siete voi nel deserto di questa vita, finché non siate giunti alla Terra della Promessa. Allora avrà luogo la vera dedicazione, allora sarà edificata la vera Gerusalemme, non più sotto l’apparenza di una tenda, ma di una città.

 

         Ma già da ora, se siamo veri figli di Israele secondo lo Spirito, se in Spirito siamo usciti dalla terra d’Egitto, offriamo tutti i nostri beni per la costruzione del tabernacolo: “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12, 4). Tutto sia dunque comune a tutti. Nessuno consideri suo proprio il carisma che ha ricevuto da Dio; nessuno invidi il carisma ricevuto da suo fratello; ma consideri veramente come il bene di tutti quanto è suo, e non dubiti che il bene di suo fratello sia pure suo. Dio agisce in modo tale da far sì che ognuno abbia bisogno degli altri. Ciò che manca a uno, questi lo può trovare in suo fratello. Così sarà custodita l’umiltà, la carità crescerà, e l’unità sarà manifestata, nell’intero Corpo di Cristo.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica  

 

"Discorsi" da "L'Ora dell'Ascolto" (Disc.5)

Casale Monferrato (AL) Ed. PIEMME pp.2677-2678

  

 

SULLA DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE

  di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

  

Anche oggi, fratelli, celebriamo una solennità, una splendida solennità. E se volete sapere quale, è la festa della casa del Signore, del tempio di Dio, della città dell'eterno Re, della sposa di Cristo. E chi dubita che la casa di Dio sia santa? Di essa si legge: «la santità si addice alla tua casa» (Sal 92, 5). Così anche il tempio di Dio è santo, stupendo per la giustizia. Ma anche Giovanni dichiara di aver visto la città santa: «Vidi, dice, la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21, 2).

 

Ora dunque, dimorando almeno un poco su quella specola elevata, cerchiamo la casa di Dio, cerchiamo il tempio, la città, la sposa. Difatti, non l'ho dimenticato, ma lo dico con timore e rispetto: noi siamo con timore e rispetto: noi siamo tutto questo. Siamo noi ripeto, ma nel cuore di Dio; siamo noi, ma per sua degnazione, non perché ne siamo degni. L'uomo non usurpi ciò che è di Dio e non ardisca glorificare se stesso (cfr. Sal 9, 20), altrimenti Dio riportandolo a ciò che era, umilierà colui che si esalta.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

PPS, vol 6, n° 19

 

 

 

Festa della dedicazione di una cattedrale, festa della Chiesa

di Cardinale John Henry Newman nel diciannovesimo secolo

 

  

         Una cattedrale è forse il frutto di un desiderio passeggero o qualche cosa che si possa realizzare con la volontà?... Certamente, le chiese che ereditiamo non sono una semplice questione di capitali, né una pura creazione del genio; sono il frutto del martirio, di gesta eroiche e di sofferenze. Le loro fondazioni sono molto profonde; poggiano sulla predicazione degli apostoli, sulla confessione di fede dei santi, e sulle prime conquiste del Vangelo nel nostro paese. Quanto c’è di tanto nobile nella loro architettura, che attrae l’occhio e va al cuore, non è puro effetto dell’immaginazione degli uomini, è dono di Dio, è opera spirituale.

 

         La croce è sempre piantata nel pericolo e nella sofferenza, bagnata di lacrime e di sangue. In nessun luogo prende radice o porta frutto se la predicazione non è accompagnata da rinuncia. I detentori del potere possono portare un decreto, favorire una religione, ma non possono piantarla, non possono che imporla. Solo la Chiesa può piantare la Chiesa. Nessun altro oltre ai santi, uomini mortificati, predicatori della rettitudine, confessori della verità, possono creare una vera casa per la verità.

 

         Per questo i templi di Dio sono anche i monumenti dei suoi santi... La loro semplicità, la loro solidità, la loro grazia e la loro bellezza non fanno altro che richiamare la pazienza e la purezza, il coraggio e la mitezza, la carità e la fede di coloro che hanno adorato Dio soltanto nei monti e nei deserti; hanno faticato, ma non invano, poiché altri hanno ereditato i frutti della loro fatica (Gv 4,38). A lungo andare infatti, la loro parola ha dato frutto: si è fatta Chiesa, questa cattedrale dove la Parola vive da tanto tempo... Beati coloro che entrano in questo legame di comunione con i santi del passato e con la Chiesa universale... Beati coloro che, entrando in questa chiesa, penetrano con il cuore, in cielo.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - LODI  Martedì

Dalle «Regole più ampie»,(Risp. 2, 2-4; PG 31, 914-915)

 

Cosa daremo in cambio al Signore per tutto quello che ci dà?

di san Basilio il Grande

 

         Quale lingua potrebbe mettere nel dovuto risalto i doni di Dio? Il loro numero infatti è così grande da sfuggire a qualunque elenco. La loro grandezza, poi, è tale e tanta, che già uno solo di essi dovrebbe stimolarci a ringraziarne senza fine il donatore. Ma c'è un favore che, pur volendolo, non potremo in nessun modo passare sotto silenzio. Non potrebbe infatti essere ammissibile che una persona qualsiasi, fornita di mente sana e capace di riflessione, non facesse parola alcuna, sia pure molto al di sotto del dovere, dell'insigne beneficio divino, che stiamo per ricordare.

         Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Lo fornì di intelligenza e di ragione a differenza di tutti gli altri viventi della terra. Gli diede la facoltà di deliziarsi della stupenda bellezza del paradiso terrestre. E finalmente lo costituì sovrano di tutte le cose del mondo. Dopo l'inganno del serpente, la caduta nel peccato e, per il peccato, nella morte e nelle tribolazioni, non abbandonò la creatura al suo destino. Le diede invece in aiuto la legge, a protezione e custodia gli angeli e inviò i profeti per correggere i vizi e insegnare la virtù.

        Con minacce di castighi represse ed estirpò l'irruenza del male. Stimolò con le promesse l'alacrità dei buoni. Non di rado mostrò in anticipo, in questa o quella persona, la sorte finale della vita buona o cattiva. Non si disinteressò dell'uomo anche quando questo continuò ostinatamente nella sua disobbedienza.

        No, nella sua bontà il Signore non ci ha abbandonato nemmeno a causa della stoltezza e insolenza da noi mostrate nel disprezzare gli onori che egli ci aveva offerto e nel calpestare il suo amore di benefattore. Anzi ci ha richiamati dalla morte e restituiti a nuova vita mediante il Signore nostro Gesù Cristo. A questo punto, anche il modo con cui il beneficio è stato fatto suscita ancora maggiore ammirazione: «Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 6-7). Inoltre si caricò delle nostre sofferenze e si addossò i nostri dolori, per noi fu colpito perché per le sue piaghe noi fossimo risanati (cfr. Is 53, 4-5) e ancora ci ha riscattati dalla maledizione, divenendo egli stesso per amor nostro maledizione (cfr. Gal 3, 13), e andò incontro ad una morte oltremodo ignominiosa per ricondurre noi ad una vita gloriosa.

        Non si contentò di richiamarci dalla morte alla vita, ma anzi ci rese anche partecipi della sua stessa divinità e ci tiene preparata una gloria eterna che supera in grandezza qualunque valutazione umana. Che cosa dunque potremo rendere al Signore «per tutto quello che ci ha dato?» (Sal 115, 12). Egli è tanto buono da non esigere nemmeno il contraccambio: si contenta invece che lo ricambiano col nostro amore. Quando penso a tutto ciò, rimango come terrorizzato e sbigottito per timore che, a causa della mia leggerezza d'animo o di preoccupazioni da nulla, mi affievolisca nell'amore di Dio e diventi perfino motivo di vergogna e disdoro per Cristo

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI martedì

Sulpicio Severo “Lettere” Tratto da “L’Ora dell’Ascolto”

Ed. PIEMME Casale Monferrato (AL)pp. 2681-2682

 

Martino povero e umile

dalle lettere di Sulpicio Severo

 

 

         Martino previde molto tempo prima il giorno sua morte. Avvertì quindi i fratelli che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d’accodo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a rimettere l’armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene.

 

         Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al monastero, senti improvvisamente che le forze del corpo lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Così parlò dinanzi a quelli che piangevano: “Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà”.

 

         O uomo grande oltre ogni dire, invitto nella fatica, invincibili di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto, sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava l’intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose :”Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino”. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: “Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi accoglie”.

         Nel queste parole rese la sua anima a Dio.

         Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in paradiso.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

 

 

Adoriamo il Padre in Spirito e Verità

di San Francesco nel tredicesimo secolo

 

  

         Tutti noi frati, stiamo molto guardinghi, perché, sotto l’inganno di qualche ricompensa o opera o aiuto, non si abbia a perdere o a distrarre le nostra anima e il cuore dal Signore. Ma nella santa carità, che è Dio stesso, supplico tutti i frati, sia i ministri che gli altri, affinché, allontanato ogni ostacolo e posposta ogni cura e preoccupazione, nel miglior modo possibile, servano, amino, adorino e onorino il Signore Dio, con mondo cuore e anima pura, come egli soprattutto desidera. E facciamo sempre dentro di noi un’abitazione e une dimora per lui, che è il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, che dice : 

Vegliate in ogni momento pregando, perché possiate sfuggire  a tute queste cose cattive, che sono per accadere e per presentarvi davanti al Figlio dell’uomo. E quando pregate, dite :

Padre nostro che sei nei cielo. E adoriamolo con cuore puro, perché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai ; infatti il Padre vuole così i suoi adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

  

 

“Il dovere della gratitudine”

di San Leone Magno nel quinto secolo.

 

  

            Dilettissimi, vi tocchi il cuore, prego, quell’aneddoto del Salvatore dove si narra che avendo guarito per misericordia virtù dieci lebbrosi, si lamentò che uno soltanto fosse tornato a ringraziarlo. Voleva in tal modo far notare che erano stati ingrati, perché, avendo ottenuto la salute del corpo, mancarono a questo dovere di riconoscenza non senza animo malvagio.

 

         Dunque, perché questa nota di ingratitudine non si debba applicare anche a voi, ritornate al Signore; riflettete alle meraviglie che il Signore si è degnato operare a favore vostro; attribuite la nostra liberazione non all’influsso delle stelle, come credono gli empi, ma alla ineffabile misericordia di Dio onnipotente che si è degnato intenerire i cuori dei feroci barbari; ricordate con tutto il vigore della fede la memoria di sì gran beneficio!

 

         Una grave negligenza bisogna ripararla con maggior riparazione. Approfittiamo per la nostra emendazione della dolcezza di Dio che perdona. San Pietro e tutti i santi che ci hanno assistiti nelle molte tribolazioni si degnino rafforzare presso Dio misericordioso le nostre suppliche per voi; per Cristo, nostro Signore. Amen.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì 

Lc 17, 20-25

 

 

lib II, cap. 1,2-3

 

Dimorare nel Regno di Dio

Dal “Imitazione di Cristo” trattato spirituale del 15o secolo

 

 

                  “Il Regno di Dio è dentro di voi” (Lc 17,21), dice il Signore... Via, anima fedele, prepara il tuo cuore a questo Sposo, cosicché si degni di venire presso di te e di prendere dimora in te. Egli dice infatti: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e verremo a lui e abiteremo presso di lui” (Gv 14,23). Accogli, dunque, Cristo, e non far entrare in te nessun'altra cosa. Se avrai Cristo sarai ricco, sarai pienamente appagato. Sarà lui a provvedere e ad agire fedelmente per te. Così non dovrai affidarti agli uomini. Questi mutano in un momento e vengono meno rapidamente, mentre Cristo “resta in eterno” (Gv 12, 34) e sta fedelmente accanto a noi, fino alla fine.

 

Non dobbiamo far molto conto sull'uomo, debole e mortale, anche se si tratta di persona che ci è preziosa e cara; né dobbiamo troppo rattristarci se talvolta ci combatte e ci contrasta. Quelli che oggi sono con te, domani si possono mettere contro di te; spesso si voltano come il vento. Riponi interamente la fiducia in Dio, e sia lui il tuo timore e il tuo amore. Risponderà lui per te, e opererà per il bene, nel modo migliore.

 

"Non hai stabile dimora quaggiù" (Eb 13,14); dovunque tu abbia a trovarti, sei un forestiero e un pellegrino (Eb 11,13), né mai avrai pace se non sarai strettamente unito a Cristo.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 17, 20-25

 

 

Sulla preghiera, 25 ; PG 11, 495-499

(In l' Ora dell'Ascolto p. 2228)

 

  

 Il regno di Dio è in mezzo a voi e dentro di voi

Di Origene nel terzo secolo

 

 

         “Il regno di Dio” secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, “non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là. Il regno di Dio è in mezzo a voi”, poiché “assai vicina è la sua parola, sulla nostra bocca e nel nostro cuore” (Dt 30,14). Perciò, senza dubbio, chi prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell’anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che abita in loro. Così l’anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell’anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell’affermazione: “Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

         Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’apostolo del Cristo. Quando cioè “egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto i tutti” (1 Cor 15,28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: “Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno” (Mt 6,9).

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - LODI venerdì

 

Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo Monaci e Monache  § 65

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

Dalla Regola di San Benedetto al quarto secolo

PROLOGO

 

 

         Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza.

 

         Ora le mie parole sono rivolte a te, chiunque tu sia, che rinunzi alla tua volontà, e, per servire nella milizia di Cristo Signore, vero Re, cingi l’armatura temprata e splendida dell’obbedienza.

 

         E prima di ogni altra cosa devi chiedere con fervidissima preghiera che voglia Lui condurre a termine quel che incominci a fare di bene, perché, dopo si è degnato di annoverarci tra i suoi figli, non si debba in seguito rattristare delle nostre male azioni. In cambio dei suoi doni Gli dobbiamo l’obbedienza di ogni istante nel timore che, come padre sdegnato, non sia costretto a diseredare un giorno i suoi figli, e come Signore tremendo, irritato dalle nostre colpe, non ci condanni, quali servi malvagi, alla pena eterna per non averlo voluto seguire alla gloria.

 

         Su, dunque, leviamoci finalmente al richiamo della Scrittura che dice: E’ tempo ormai di levarci dal sonno! Apriamo gli occhi alla luce divina, ascoltiamo attoniti la voce ammonitrice che Iddio ci rivolge ogni giorno: Oggi se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori. E ancora: Chi ha orecchi per udire oda ciò che lo Spirito dice alle Chiese. E che dice? Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò a temere il Signore. Correte mentre dura il giorno della vita, perché non vi sorprenda la notte della morte.

 

         Il Signore, rivolto alla moltitudine degli uomini, cerca il suo operaio e dice: Chi vuole la vita e desidera che i suoi giorni trascorrano beati? Se tu, che questo intendi, rispondi: Io lo voglio; Iddio ti dice: Se vuoi possedere la vera e perpetua vita, vieta alla tua lingua il male e le tue labbra non pronunzino menzogna; fuggi il male e fa’ il bene; cerca e seguila. E se farete questo, i miei occhi saranno attenti a voi e le mie orecchie alle vostre preghiere: prima ancora che mi invochiate dirò: Son qui.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 

 

SUL DOVERE DI AMARE DIO

 

di San Bernardo di Clairvaux nel dodicesimo secolo

 

 

 

         La ragione per cui bisogna amare Dio è Dio stesso. E ho detto la verità, perché egli è la causa efficiente e quella finale. Egli offre l’occasione, egli crea il sentimento, egli appaga il desiderio. Egli ha fatto in modo, o meglio si è fatto, perché lo si amasse; egli ci suscita la speranza di doverlo amare più felicemente, perché l’amore per lui non risulti vano. L’amore che egli ha per noi prepara e ricompensa il nostro. E’ fin troppo benevolo nel prevenirci, è fin troppo giusto nel farsi ripagare, è fin troppo dolce nel farsi attendere. E’ assai ricco di beni per tutti quelli che lo invocano, ma pure non ha da dare nulla di meglio che se stesso. Si è offerto per ottenere in ricompensa il nostro amore, si conserva per essere a sua volta la ricompensa per noi, si associa alle anime sante per nutrirle, si prodiga alle anime prigioniere del male per redimerle. Sei buono, o Signore, con l’anima che ti ricerca. Come sarai dunque con quella che ti avrà trovato? Ma in questo c’è da stupirsi che nessuno è capace di cercarti se non ti ha prima trovato. Vuoi insomma essere trovato per essere cercato, vuoi essere cercato per essere trovato. Puoi però essere cercato ed essere trovato, ma non puoi mai essere prevenuto. Perché anche se diciamo: “Di mattino la mia preghiera ti preverrà”, pure non c’è dubbio che riesce tiepida ogni preghiera che non sia stata preceduta da un’ispirazione. Ma ora è tempo di dire donde incominci il nostro amore, dato che è stato già detto dove si compie.

 

XXXII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

 

 

Discorso 3 per l’Avvento, 1 ; SC 166, 119

 

Non siete nelle tenebre così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro  

 di Beato Guerrico d’Igny  nel dodicesimo secolo

      

 

         « Preparati all’incontro con il tuo Dio, o Israele » (Am 4,12). E anche voi, fratelli miei, « tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate ». Nulla di più sicuro della sua venuta, ma nulla di più incerto del momento di questa venuta. Infatti non spetta a noi conoscere i tempi o i momenti che il Padre, nella sua potenza, ha fissato, poiché neanche agli angeli che lo circondano è stato dato di saperne il giorno e l’ora (Ac 1,7 ; Mt 24,36).

 

         Verrà anche il nostro ultimo giorno, questa è cosa sicurissima ; ma quando, dove e come, questa è cosa molto incerta. Sappiamo soltanto, come è stato detto prima di noi che « con gli anziani, sta sulla soglia, mentre coi giovani sta in agguato » (S. Bernardo)… Non bisognerebbe che quel giorno ci prendesse alla sprovvista, non preparati, come un ladro nella notte… Il timore rimanga sveglio così da renderci sempre pronti, finché la sicurezza segua al timore, e non il timore alla sicurezza. « Integro sono stato, dice il Saggio, e mi sono guardato dalla colpa » (Sal 17,24), non potendo guardarmi dalla morte. Egli sa infatti che « il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo » (Sap 4,7) ; anzi trionfano sulla morte coloro che non sono stati schiavi del peccato durante la loro vita. Che bello, fratelli miei, che felicità non soltanto essere al sicuro davanti alla morte, ma anche trionfare su di essa con gloria, forti della testimonianza della nostra coscienza.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario -  UR - Domenica

Dai «Discorsi», papa

(Disc. per il Natale del Signore, 7, 2. 6; PL 54, 217-218. 220-221)

 

 

Conosci la dignità della tua natura

di san Leone Magno nel quinto secolo

 

               Nostro Signore Gesù Cristo, nascendo vero uomo, senza cessare mai di essere vero Dio, diede inizio, in se stesso, ad una nuova creazione e, con questa nascita, comunicò al genere umano un principio spirituale. Quale mente potrebbe comprendere questo mistero, o quale lingua potrebbe esprimere questa grazia? L'umanità peccatrice ritrova l'innocenza, l'umanità invecchiata nel male riacquista una nuova vita; gli estranei ricevono l'adozione e degli stranieri entrano in possesso dell'eredità.

         Dèstati, o uomo, e riconosci la dignità della tua natura! Ricordati che sei stato creato ad immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo. Delle creature visibili serviti in modo conveniente, come ti servi della terra, del mare, del cielo, dell'aria, delle sorgenti, dei fiumi. Quanto di bello e di meraviglioso trovi in essi, indirizzato a lode e a gloria del Creatore.

         Con il senso corporeo della vista accogli pure la luce materiale, ma insieme abbraccia, con tutto l'ardore del tuo cuore, quella vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9). Di questa luce il profeta dice: «Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti» (Sal 33, 6).  Se noi infatti siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi, vale molto più quello che ciascun fedele porta nel suo cuore, di quanto può ammirare nel cielo.

Non vogliamo con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti, come dice l'Apostolo: «Le cose visibili son d'un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4, 18).

         Quindi, poiché siamo nati per la vita presente, ma poi siamo rinati per quella futura, non dobbiamo essere tutti dediti ai beni temporali, ma tendere ai beni eterni. Per poter anzi contemplare più da vicino ciò che speriamo, riflettiamo a quanto la grazia divina ha conferito alla nostra natura. Ascoltiamo l'Apostolo, che ci dice: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 34)

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Domenica

 

  

Nessuna opera vale senza la carità

di Sant’Agostino, nel quinto secolo.

 

 

         Vedete le opere grandi che la superbia compie: fate bene attenzione come esse siano tanto simili e quasi pari a quelle della carità. La carità offre cibo all’affamato, ma lo fa anche la superbia: la carità fa questo, perché venga lodato il Signore; la superbia lo fa per dare lode a se stessa. La carità veste un ignudo e lo fa anche la superbia; la carità digiuna, ma digiuna anche la superbia; la carità seppellisce i morti, ma li seppellisce anche la superbia. Tutte le opere buone che la carità vuole fare e fa, ne mette in moto, all’opposto, altrettante la superbia e le mena attorno come suoi cavalli.

 

         La divina Scrittura, dunque, da questa ostentazione esteriore c’invita a tornare in noi stessi; a tornare nel nostro intimo da questa superficialità che fa sfoggio di sé innanzi agli uomini. Torna all’intimo della tua coscienza, interrogala. Non guardare ciò che fiorisce di fuori, ma quale sia la radice che sta nascosta in terra. Ha preso radici in te la cupidità del denaro? Può darsi che ci sia un’apparenza di opere buone, ma opere veramente buone non potranno esserci. Ha preso radici dentro di te la carità? Sta’ sicuro, nessun male ne può derivare. Il superbo accarezza, l’amore castiga. L’uno riveste, l’altro colpisce. Il superbo dona dei vestiti per piacere agli uomini: chi possiede l’amore invece colpisce per correggere con la disciplina. Si riceve di più dal castigo che proviene dall’amore, che dall’elemosina che proviene dalla superbia. Ritornate in voi stessi, o fratelli. In tutte le cose che voi fate, guardate a Dio come vostro testimone. Vedete con quale animo agite, dal momento che egli vi vede. Se il vostro cuore non vi accusa che agite a motivo di superbia, orbene, state sicuri. Non temete, quando agite bene, che altri vi vedano. Temi invece di agire allo scopo di essere lodato. Gli altri ti vedano ma ne lodino il Signore. Se ti nascondi agli occhi dell’uomo, ti nascondi in realtà all’imitazione dell’uomo e sottrai la lode dovuta a Dio.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Martedì

 

Da “L’Ora dell’Ascolto” Disc. 229, 1-3

Ed. PIEMME Casale Monferrato (AL) pp. 2676

 

Il tempio vivo e vero dobbiamo esserlo noi

 di San Cesario di Arles nel sesto secolo

 

 

         Con gioia e letizia celebriamo oggi, fratelli carissimi, il giorno natalizio di questa chiesa: ma il tempio vivo e vero di Dio dobbiamo esserlo noi. Questo è vero senza dubbio. Tuttavia i popoli cristiani usano celebrare la solennità delle chiese matrice, poiché sanno che è proprio in essa che sono rinati spiritualmente.

 

         Per la prima nascita noi eravamo vasi dell’ira di Dio; la seconda nascita ci ha resi meritevoli di diventare vasi di misericordia. La prima nascita ci ha portati alla morte; la seconda ci ha richiamati alla vita. Prima del battesimo tutti noi eravamo, o carissimi, tempio del diavolo. Dopo il battesimo abbiamo meritato di diventare tempio di Cristo.

 

         Se rifletteremo un po’ più attentamente sulla salvezza della nostra anima, non avremo difficoltà a comprendere che siamo il vero e vivo tempio di Dio. Dio non dimore in edifici costruiti dalle mani degli uomini (cfr. At 17, 24), o in case fatte di legno e di pietra, ma soprattutto nell’anima creata a sua immagine per mano dello stesso autore delle cose.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Martedì

Omelia 21, PL 217, 550-552

 

« Su questa pietra edificherò la mia Chiesa »

Innocenzo Terzo, Papa nel dodicesimo secolo

 

         « Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16, 17), lui che abita nei cuori puri e li illumina con la luce della sua verità. Questa luce è nascosta ai sapienti e rivelata ai piccoli (Mt 11, 25) fra i quali c’è Pietro, lontano da ogni orgoglio…

 

         La felicità di Pietro è innanzitutto questione di conoscenza e di amore, di fede e di carità… Tutte e due sono state richieste a Pietro dal Signore : la fede quando gli diede le chiavi, la carità quando gli affidò le sue pecore. Al momento di dargli le chiavi, lo interroga sulla sua fede : « Voi chi dite che io sia ? » Rispose Simon Pietro : « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente » (Mt 16, 16). Al momento di affidargli le sue pecore, il Signore lo interroga sulla sua carità : « Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più che costoro ? » Gli rispose : « Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene » (Gv 21, 15)…

 

         Per ciò che riguarda la fede di Pietro…il Signore non la lasciò perire in nessuna prova che dovette attraversare. Al tempo della sua Passione, disse a Pietro : « Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano ; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede ; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli » (Lc 22, 31-32). Anche se, ad un certo momento, ha esitato, il che gli è valso questo rimprovero dal Signore : « Uomo di poca fede, perché hai dubitato ? » (Mt 14, 31), la sua fede tornò alla sua primitiva fermezza e fu salvato dal pericolo del mare.

 

         Questa fede vera e santa non viene dalla creatura umana ma dalla rivelazione divina… Su questa fede, la Chiesa è fondata come su una roccia… Pietro qui, riceve un doppio onore : diviene fondamento e capo della Chiesa. Infatti, benché Cristo sia il primo e principale fondamento secondo la parola dell’Apostolo : « nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo » (1 Cor 3, 11), ci sono tuttavia altri fondamenti, di minore importanza : gli apostoli e i profeti ;  infatti, dice san Paolo « siete edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti » (Ef 2, 20). E fra loro, san Pietro è il principale e il primo. 

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 19, 11-28

 

Laborem exercens, §26

 

« Fatele fruttificare »

 Papa Giovanni Paolo Secondo

 

 

          Troviamo il Vangelo del lavoro, che nella vita di Cristo e nelle sue parabole, in ciò che Gesù «fece e insegnò» (At 1, 1). In base a queste luci emananti dalla Sorgente stessa, la Chiesa sempre ha proclamato ciò di cui troviamo l'espressione contemporanea nell'insegnamento del Vaticano II: «L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è ordinata all'uomo. L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare ... Pertanto, questa è la norma dell'attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e permetta all'uomo singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione» (GS 35).

 

Nel contesto di una tale visione dei valori del lavoro umano, ossia di una tale spiritualità del lavoro, si spiega pienamente ciò che nello stesso punto della Costituzione pastorale del Concilio leggiamo sul tema del giusto significato del progresso: «L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli uomini fanno per conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla».

 

Tale dottrina sul problema del progresso e dello sviluppo - tema così dominante nella mentalità moderna - può essere intesa solamente come frutto di una provata spiritualità del lavoro umano, e solamente in base a una tale spiritualità essa può essere realizzata e messa in pratica.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI  Mercoledì

Lc 19, 11-28

 

Colloqui con Motovilov

  

 

« Impiegatele fino al mio ritorno »

 

San Serafino di Sarov nel diciottesimo secolo

 

 

         Il vero scopo della nostra vita cristiana consiste nell’acquisizione dello Spirito Santo; la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre opere virtuose fatte nel nome di Cristo non sono altro che i mezzi per acquistarlo... Sapete come fare per acquistare il denaro? Per lo Spirito Santo, è lo stesso.

 

         Per la gente, lo scopo della vita consiste nell’acquisizione del denaro, nel guadagno. I nobili, oltre a questo, desiderano ottenere degli onori, dei segni di riconoscimento e altre ricompense concesse in cambio di servizi resi allo Stato. Anche l’acquisizione dello Spirito Santo è un capitale, però un capitale eterno, fonte di grazie, simile ai capitali temporali, e che si ottiene con gli stessi procedimenti. Il nostro Signore Gesù Cristo, l’uomo Dio, paragona la nostra vita ad un mercato, e la nostra attività sulla terra ad un commercio. Raccomanda a tutti noi: “Impiegatele fino al mio ritorno”, e san Paolo scrive: “traete profitto dal tempo presente, perché i giorni sono cattivi” (Ef 5,16) cioè: Affrettatevi ad ottenere i beni celesti negoziando delle merci terrene. Queste merci terrene non sono altro che le opere virtuose che facciamo nel nome di Cristo e ci portano la grazia dello Spirito Santo.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

Lc 19, 41-44

 

  

Dal  Libro di Vita di Gerusalemme

 

Capitolo: Nel cuore della Città

 

 Paragrafo: 131

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

Lc 19, 41-44

 

Omelie su Luca,

38,  PG 13, 1896-1898

 

« Alla vista della città, Gesù pianse su di essa »

 

Origene nel terzo secolo

 

         Quando il nostro Signore e Salvatore fu vicino a Gerusalemme, alla sua vista, pianse su di essa : « Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee »… Forse qualcuno dirà : « Il senso di queste parole è chiaro ; difatti, si sono realizzate riguardo a Gerusalemme ; l’esercito romano l’ha assediata e devastata fino allo sterminio, e verrà il tempo in cui non resterà pietra su pietra che non venga distrutta. »

 

         Non nego che Gerusalemme sia stata distrutta a causa del suo acciecamento, eppure faccio la domanda : questi pianti non riguardavano forse la nostra Gerusalemme ? Infatti la Gerusalemme sulla quale Gesù pianse, siamo noi, che immaginiamo di avere uno sguardo così penetrante. Se, una volta istruito dai misteri della verità, dopo aver ricevuto la parola del vangelo e l’insegnamento della Chiesa e quando gli è stato data la visione dei misteri di Dio, uno fra di noi pecca, provocherà lamenti e pianti ; infatti non si piange sui pagani, bensì su colui che, dopo aver fatto parte di Gerusalemme, se ne è separato.

 

         Lacrime sono versate sulla nostra Gerusalemme perché a causa dei suoi peccati, « i nemici la cingeranno », cioè le forze avverse, gli spiriti cattivi. Alzeranno contro di essa trincee ; la assedieranno, e non lasceranno « pietra su pietra ». Questo succede quando, dopo una lunga continenza e più anni di castità, un uomo soccombe, vinto dalle seduzioni della carne… Ecco dunque la Gerusalemme sulla quale sono sparse le lacrime.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Venerdì

 

 

Colei che credette in virtù della fede, in virtù della fede concepì

 

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: « Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre »( Mt 12, 49-50). Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì certamente ha fatto la volontà  del padre Maria Santissima e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che essere stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo.

         0sserva se non è vero ciò che dico. Mentre il Signore passava dalle folle, e compiva i suoi divini miracoli, una donna esclamò: « Beato il grembo che ti ha portato! E perché la felicità non fosse cercata nella carne, che cosa rispose il Signore? « Beati piuttosto  coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano » (Lc 11, 28). Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente,,che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente, di ciò che è portato nel grembo.

         Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro. Il Signore è capo, e il Cristo totale è capo e corpo. Che dire?  Abbiamo un capo divino, abbiamo per capo Dio.

Perciò, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo, anche voi siete corpo di Cristo. Osservate in che modo lo siete, perché egli dice: «Ecco mia madre, ed ecco i miei fratelli » (Mt 12, 49). Come potrete essere madre di Cristo? Chiunque ascolta e chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre (cfr. Mt 12, 50).

         Quando dico fratelli, quando dico sorelle, è chiaro che intendo parlare di une sola e medesima eredità. perciò anche nella sua misericordia, Cristo, essendo unico, non volle essere solo, ma fece in modo che fossimo eredi del padre e suoi coeredi nella medesima sua eredità.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

 

La preghiera della Chiesa

 

 

«Lodate il Signore nel suo santuario…Ogni vivente dia lode al Signore » (Sal 150)

 

di Santa Teresa Benedetta della Croce nel ventesimo secolo

 

         Nell’antica Alleanza avevano già una certa  comprensione della dimensione eucaristica della preghiera: quell’opera prodigiosa della tenda dell’Alleanza (Es 25) come, in seguito, quella del tempio di Salomone, fu considerata come l’immagine di tutta la creazione radunata attorno al suo Signore per adorarlo e servirlo…

 

         Al posto del Tempio di Salomone, Cristo ha edificato un tempio fatto di pietre vive (1Pt 2, 5), la comunione dei santi. Egli si tiene in mezzo ad esso in quanto sommo sacerdote eterno, e sull’altare egli in persona è il sacrificio eternamente offerto. E tutta la creazione è resa partecipe di questa liturgia: i frutti della terra vi sono riuniti in offerte misteriose, i fiori e le luci, i teli e il velo del tempio, il sacerdote consacrato, come pure l’unzione e la benedizione della casa di Dio.

 

         Neanche i cherubini sono assenti. Le loro figure scolpite montavano la guardia nel Santo dei santi. Ora i monaci, che sono la loro immagine vivente, si curano che la lode di Dio non cessi mai, sulla terra come in cielo… I loro canti di lode chiamano all’alba tutta la creazione a unirsi per magnificare il Signore: monti e colline, fiumi e torrenti, e creature tutte che abitano sulla terra, nuvole e venti, piogge e rugiade, neve e nebbia, tutti i popoli della terra, uomini di ogni condizione e razza, e abitanti dei cieli, angeli e santi (Dn 3, 57-90)…

 

         Noi dobbiamo raggiungere, per mezzo della nostra liturgia, questa lode eterna di Dio. “Noi”, cioè, non soltanto i religiosi regolari…ma tutto il popolo cristiano.

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

Lc 20, 27-40

 

Contro le eresie, IV, 5,2

(In l'Ora dell'Ascolto p.2147)

 

 Il Dio dei vivi

 di Sant’Ireneo di Lione nel secondo secolo

 

         Il Signore nostro maestro, rispondendo ai sadducei che negavano la risurrezione e oltre a ciò offendevano Dio denigrando la Legge, conferma  la realtà della risurrezione e rende testimonianza a Dio dicendo : « Voi vi ingannate non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti non avete letto quello che vi è stato detto da Dio : Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Giacobbe ? » E aggiunge : « Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi ; perché tutti vivono per lui. » Con queste parole mostrò che colui che aveva parlato a Mosè dal roveto dichiarando di essere il Dio dei padri, è il Dio dei vivi. Chi è il Dio dei vivi, se non l’unico Dio al di sopra del quale non c’è altro Dio ? Lui annunziò il profeta Daniele quando rispose a Ciro re dei Persiani… : « Io adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente » (Dn 14,23).

 

         Colui che era adorato dai profeti come Dio vivo è il Dio dei vivi, e lo è anche il suo Verbo, che parlò a Mosè, redarguì i sadducei, donò la risurrezione e manifestò a coloro che erano ciechi due fondamentali verità : la risurrezione e la vita di Dio. Se dunque egli non è il Dio dei morti ma dei vivi, allora quei padri di cui egli si è proclamato il Signore vivono certamente in lui e non sono morti, « perché son figli della risurrezione ». Lo stesso Signore Gesù è la risurrezione, come egli stesso affermò : « Io sono la risurrezione e la vita » (Gv 11,25). E i padri sono i suoi figli, perché il profeta disse : « Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli » (Sal 44,17).

 

XXXIII° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI  Sabato

 

 

Come tutti muoiono in Adamo, così riceveranno la vita in Cristo

 di Sant’Ambrogio nel quarto secolo

 

 

         «Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6, 40). Chi dice così? Proprio colui che, passato attraverso la morte, risuscitò un grandissimo numero di morti. (…)

         Infatti, come Dio non poteva morire, non poteva morire la Sapienza e, d’altra parte, non poteva risorgere quello che non era morto; per questo egli prende un corpo, onde potersi assoggettare alla morte come tutti gli uomini, morendo, poter anche risorgere.

         Non ci poteva essere risurrezione se non attraverso l’uomo, poiché,  «se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti» (1Cor 15, 21). Risuscitò dunque come uomo, perché come uomo era morto: l’uomo viene risuscitato, ma è Dio che risuscita. Allora uomo secondo la carne, ora Dio in tutto. Adesso, infatti, non conosciamo più Cristo secondo la carne, ma abbiamo la grazia della carne, sicché possiamo dire di conoscere la stessa «primizia di coloro che sono morti» ( 1Cor 15, 20), il primogenito dei morti.

         Le primizie, però, sono dello stesso genere e della stessa natura degli altri frutti; se ne offrono a Dio i primi prodotti onde ottenere raccolti più abbondanti: dono sacro fatto in nome di tutti e quasi libazione di una natura rinnovata. Primizia dunque di coloro che sono morti è Cristo. Ma di quali morti? Di quelli che, esenti per così dire dalla morte, riposano in un dolce sonno, oppure di tutti i morti? «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno  la vita in Cristo» ( 1Cor 15, 22): come in Adamo abbiamo la primizia della morte, in Cristo abbiamo quindi la primizia della risurrezione.

         Tutti risorgono, ma nessuno si preoccupi, né il giusto si rattristi al pensiero di questa comune risurrezione, poiché ciascuno riceverà  il premio della propria virtù. Tutti, certo, risuscitano: «ciascuno però nel suo ordine», dice l’Apostolo (1Cor 15, 23). Comune è il frutto della misericordia divina, diversa però la misura dei  meriti.

Per tutti risplende il giorno, tutti riscalda il sole, tutti i campi sono irrigati e fecondati dalla pioggia benefica. Tutti nasciamo, tutti risorgeremo, ma diversa per ciascuno è la grazia della vita, diversa  la grazia della risurrezione, diversa la condizione.

         In un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba, i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati» (1Cor 15, 52). Anzi, nella stessa morte, alcuni riposano, altri invece vivono. Buona cosa è il riposo, migliore però è la vita. Perciò Paolo sveglia alla vita coloro che riposano dicendo: «Svegliati o tu che dormi, destati dai morti, e Cristo ti illuminerà» (Ef 5, 14).

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - UR Domenica  Solennità di Cristo Re  

 

Omelia sul vangelo di Giovanni, 115

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

 di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

         Ascoltate dunque, Giudei e gentili… ; ascoltate, regni tutti della terra: Io non intralcio la vostra sovranità in questo mondo: « Il mio regno non è di questo mondo » (Gv 18,36). Non lasciatevi prendere dall'assurdo timore di Erode che, alla notizia della nascita di Cristo, si allarmò… « Il mio regno - dice il Signore - non è di questo mondo. » Venite nel regno che non è di questo mondo; venite credendo, e non vogliate diventare crudeli per paura. E' vero che in una profezia, Cristo, riferendosi a Dio Padre, dice: « Da lui io sono stato costituito re sopra Sion, il suo monte santo » (Sal 2, 6), ma questo monte e quella Sion, di cui parla, non sono di questo mondo.

 

Quale è infatti il suo regno se non i credenti in lui, a proposito dei quali dice: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo »? anche se egli voleva che essi rimanessero nel mondo, e per questo chiese al Padre: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal male ». Ecco perché anche qui non dice: « Il mio regno non è in questo mondo », ma dice: « Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero per me, affinché non fossi consegnato » (Gv 18,36).

Il suo regno infatti è quaggiù fino alla fine dei secoli, portando mescolata nel suo grembo la zizzania fino al momento della mietitura (Mt 13,24s)... Tuttavia, esso non è di quaggiù, perché è peregrinante nel mondo. E' precisamente agli appartenenti al suo regno che egli si riferisce quando dice: « Voi non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo » (Gv 15,19). Erano dunque del mondo, quando ancora non facevano parte del suo regno, e appartenevano al principe del mondo (Gv 12,3). E' quindi del mondo tutto ciò che è stato generato dalla stirpe corrotta di Adamo; è diventato però regno di Dio, e non è più di questo mondo, tutto ciò che in Cristo è stato rigenerato. E' in questo modo che « Dio ci ha sottratti al potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio dell'amor suo » (Col 1,13).

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - Vespri  - Domenica  - Solennità di Cristo Re    

 

Il Cammino di perfezione, 22

 

 

« Il mio regno non è di questo mondo »

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

 

 

         Sei re per l’eternità, o mio Dio ; e il tuo regno non è un regno a prestito. Quando diciamo nel Credo che « il tuo regno non avrà fine », è raro che il mio cuore non ne provi una gioia tutta particolare. Ti lodo, Signore, ti benedico per sempre ! Infine, il tuo regno durerà in eterno. Non tollerare, Maestro mio, che quando ti si rivolge la parola, si creda che sia permesso di farlo solo con le labbra… È chiaro che non si avvicina un principe con la stessa naturalezza che si avrebbe con un paesano, o con delle povere donne come noi, con cui è sempre lecito discorrere senza complimenti.

 

         Nella mia semplicità, non so come parlare a quel divino Re. Ma la sua umiltà è così grande che egli non manca di ascoltarmi e mi permette di avvicinarmi a lui. Non mi respingono neanche i suoi custodi, poiché gli angeli che lo circondano conoscono i gusti del loro Re : sanno che la semplicità di un piccolo, totalmente umile, che ne direbbe di più – il Re lo vede bene – se ne sapesse di più, gli è più gradevole di tutti i ragionamenti scelti dei più dotti e dei più sapienti, quando manca loro l’umiltà.

 

         Tuttavia, se il nostro Re è buono, questo non è un buon motivo per noi per essere scortesi. E se fosse anche solamente per compensarlo dal fetore causato dall’approssimarsi di una persona quale sono io, è giusto che facciamo di tutto per conoscere bene la sua nobiltà e la sua grandezza. In verità, basta avvicinarsi a lui per esserne istruite… Se, figlie mie, avvicinandovi a lui, riflettete e vi domandate con chi state per parlare, o con chi già state parlando, mille vite come le nostre non basterebbero per concepire quanti riguardi merita un tale Signore, davanti al quale gli angeli tremano, lui che comanda a tutto, che può tutto e per il quale volere è fare.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI martedì

 Lc 21, 12-19 

Istruzione catechetica, 29-30

 

« Odiati da tutti »

 di San Gregorio Nisseno nel quarto secolo

 

 

         Se il dono fatto da Dio al mondo di inviargli il Figlio suo è tanto buono e degno di Dio, perché egli ha tanto differito questo suo beneficio ? Perché, mentre il male nel mondo era ancora ai suoi primordi, Dio non ha impedito il suo sviluppo ulteriore ? Conviene rispondere brevemente a questa obiezione, che è stata proprio la Saggezza, la previdenza di Dio, l’Essere buono per natura, ad avere fatto differire il beneficio. Infatti, come per le malattie fisiche i medici aspettano che il male, prima nascosto nel corpo, si manifesti apertamente, in modo che, una volta allo scoperto, essi possano applicare la cura che occorre, così, abbattutasi la malattia del peccato sulla razza umana, il Medico dell’universo aspettò finché nessuna forma di perversità rimanesse dissimulata.

 

         Perciò, non subito dopo la gelosia di Caino e l’omicidio di Abele, suo fratello, Dio ha applicato la sua cura al mondo… Ma soltanto quando il vizio giunse al suo culmine, quando gli uomini osarono assolutamente tutte le perversità, Dio si mise a curare la malattia, non più al suo inizio, ma nel suo pieno sviluppo. E così la cura divina si è potuta estendere a tutta l’infermità umana.

 

         Ma allora, perché la grazia del vangelo non si è diffusa subito a tutti gli uomini ? Certo, la chiamata divina si rivolge ugualmente a tutti, senza alcuna distinzione di condizione, di età o di razza… Ma colui che tiene nelle sue mani la libera disposizione di ogni cosa ha spinto fino in fondo il suo rispetto per l’uomo. Ha permesso che avessimo, ciascuno, il nostro campo di cui ognuno è l’unico padrone : cioè la volontà, quella facoltà che ignora la schiavitù, che rimane libera, fondata sull’autonomia della ragione. La fede dunque è messa a libera disposizione di coloro che ricevono l’annuncio del vangelo.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI - martedì

     Lc 21, 5-11

La preghiera della Chiesa

 

 "Lodate il Signore nel suo santuario"

 di Santa Teresa Benedetta della Croce nel ventesimo secolo

 

 

Nell'antica Alleanza avevano già una certa comprensione della dimensione eucaristica della preghiera: quell'opera prodigiosa della tenda dell'Alleanza (Es 25) come, in seguito, quella del Tempio di Salomone, fu considerata come l'immagine di tutta la creazione radunata attorno al suo Signore per adorarlo e servirlo... Come, secondo il racconto della creazione, il cielo è stato srotolato come un telo, così, dei teli dovevano costituire le pareti della tenda. Come le acque che sono sotto il firmamento sono state separate dalle acque che sono sopra il firmamento, così il velo del Tempio separava il Santo dei santi dagli spazi esteriori... Il candelabro a sette bracci figura i luminari del cielo. Agnelli e uccelli rappresentano il pullulare degli esseri viventi che abitano il mare, la terra e il cielo. E come all'uomo fu affidata la terra, spetta al sommo sacerdote tenersi nel santuario...

         Al posto del Tempio di Salomone, Cristo ha edificato un tempio fatto di pietre vive (1 Pt 2, 5), la comunione dei santi. Egli si tiene in mezzo ad esso in quanto sommo sacerdote eterno, e sull'altare egli in persona è il sacrificio eternamente offerto. E tutta la creazione è resa partecipe di questa liturgia: i frutti della terra vi sono riuniti in offerte misteriose, i fiori e le luci, i teli e il velo del Tempio, il sacerdote consacrato, come pure l'unzione e la benedizione della casa di Dio.

         Neanche i cherubini sono assenti. Le loro figure scolpite montavano la guardia nel Santo dei santi. Ora i monaci, che sono la loro immagine vivente, si curano che la lode di Dio non cessi mai, sulla terra come in cielo... I loro canti di lode chiamano all'alba tutta la creazione a unirsi per magnificare il Signore: monti e colline, fiumi e torrenti, e creature tutte che abitano sulla terra, nuvole e venti, piogge e rugiade, neve e nebbia, tutti i popoli della terra, uomini di ogni condizione e razza, e abitanti dei cieli, angeli e santi (Dn 3, 57-90)... Noi dobbiamo raggiungere, per mezzo della nostra liturgia, questa lode eterna di Dio. "Noi", cioè, non soltanto i religiosi regolari... ma tutto il popolo cristiano.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Mercoledì

Lc 21, 12-19

  Pensieri sull’amore di Dio, cap. 3, 4-6 LN/C

 

Mettetevi bene in mente di non preparare  prima la vostra difesa

di Santa Teresa d'Avila nel sedicesimo secolo

        

  

O amore potente del mio Dio! Quanto è vero che nulla è impossibile a colui che ama. Beato chi gode di una tale pace nel suo Dio, che domina ogni sofferenza e ogni pericolo del mondo. Non ne teme nessuno, purché si tratti di servire tale Maestro, e ha ragione... Mi viene un pensiero a proposito delle persone per natura timorose e poco coraggiose... Anche quando sono state elevate in quello stato di cui sto parlando, la loro natura debole si spaventa. Occorre allora stare attente, perché tale debolezza naturale potrebbe farci perdere una corona magnifica. Quando sentirete, figlie mie, questi attacchi del timore, ricorrete alla fede e all'umiltà; e, rafforzate dalla convinzione che nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37), affrontate la vostra impresa. Egli ha potuto fortificare tante giovani sante rendendole capaci di sopportare tutti i tormenti che esse si erano disposte a sopportare per lui!

 

         Quello che egli domanda è una determinazione che lo renda padrone del nostro libero arbitrio. Infatti non ha bisogno dei nostri sforzi. Invece il nostro Signore si compiace nel fare risplendere le sue meraviglie nelle sue creature più deboli, perché può allora spiegare più liberamente il suo potere e soddisfare il suo desiderio di concederci i suoi benefici.

 

         Lasciate da parte le obbiezioni della ragione e disprezzate la vostra debolezza. Essa infatti non farebbe altro se non crescere se vi fermaste a riflettere se riuscirete, sì o no... Non è il momento di pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte. Questa umiltà è allora inopportuna, è proprio fuori luogo... Siate sicure che il Signore non abbandona mai coloro che lo amano e si espongono per lui solo.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Mercoledì

 Lc 21, 12-19

 

 (380), raccolta canonica e liturgica

Ripresa della Didascalia degli apostoli, testo dall’inizio del 3° secolo

 cfr. SC 329

 

« Nemmeno un capello del vostro capo perirà »

 dalle Costituzioni apostoliche

 

 

         Se siamo chiamati al martirio, dobbiamo confessare con costanza il prezioso Nome, e se per questo motivo siamo castigati, rallegriamoci perché corriamo verso l’immortalità. Se siamo perseguitati, non rattristiamoci, “non preferiamo il secolo presente”, né “la gloria che viene dagli uomini” (2 Tm 4,10; Rm 2,29), né la gloria e l’onore dei principi, come fecero certi. Ammiravano le opere del Signore ma non credevano in lui, per timore dei sommi sacerdoti e degli altri capi; infatti “amavano la gloria degli uomini più della gloria di Dio” (Gv 12,43). Nel confessare “la bella professione di fede” (1Tm 6,12), non soltanto assicuriamo la nostra salvezza, ma anche rafforziamo i nuovi battezzati e consolidiamo la fede dei catecumeni...

         Chiunque è stato ritenuto degno del martirio, si rallegri di imitare il maestro, poiché sta scritto: “Ognuno sia come il suo maestro” (Lc 6,40). Ora il nostro maestro, Gesù, il Signore, è stato colpito a causa nostra, ha sopportato pazientemente calunnie e oltraggi, è stato coperto di sputi, schiaffeggiato, pestato; dopo esser stato flagellato, è stato inchiodato sulla croce, gli hanno fatto bere l’aceto e il fiele, e dopo aver compiuto tutte le Scritture, ha detto a Dio suo Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,48). Perciò chiunque chiede di essere suo discepolo, cerchi di lottare come lui, imiti la sua pazienza, sapendo bene che..., qualunque cosa egli sopporti, sarà ricompensato da Dio se crede all’unico e solo vero Dio.

         Infatti, il Dio onnipotente ci risusciterà per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, secondo la sua promessa infallibile, insieme con tutti coloro che sono morti fin dall’inizio... Anche se moriamo in mare, anche se siamo dispersi nella terra, anche se siamo lacerati dalle bestie feroci o dai rapaci, egli ci risusciterà con la sua potenza, perché l’universo intero è tenuto nella mano di Dio: “Nemmeno un capello del vostro capo perirà”. Per questo ci esorta con queste parole: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Giovedì

 Lc 21, 5-11

 

Catechesi, 15 

 

 « Segni grandi dal cielo »

 di San Cirillo di Gerusalemme nel quarto secolo

 

 

         “Il Signore verrà dal cielo sulle nubi, come vi è salito sulle nubi” (At 1,9). Lo disse egli stesso: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con potenza e gloria grande” (Mt 24,30). Ma quale segno della venuta del Signore sarà tale da impedire alla tracotanza della potenza avversa di scimmiottarlo? La croce, vero e proprio distintivo del Cristo. Secondo sta scritto, “allora apparirà il segno del Figlio dell’uomo” (Mt 24,30). Il segno distintivo del Cristo è veramente la croce. Il segno di una croce luminosa precederà il Re, perché riconoscano chi hanno crocifisso, insidiato e angariato, e tutte le tribù battendosi il petto dicano: “Ecco chi abbiamo schiaffeggiato, quel volto che abbiamo coperto di sputi, colui che abbiamo legato e oltraggiato fino a infliggergli l’ignominia della croce”. Diranno: “Dove avremo scampo davanti alla tua ira?” (Ap 6,16). “Anche se aveSsimo a difesa schiere di angeli, non sapremmo dove trovare rifugio dal tuo cospetto”.

 

         Il segno della croce terrorizzerà i nemici di Cristo! Sarà invece fonte di gioia per i credenti suoi amici e araldi che per lui avranno patito. Ma a chi toccherà allora questa beatitudine di essere trovato amico di Cristo? Perché i suoi eletti non vadano confusi con i suoi nemici, infatti, il re glorioso assiso sullo stesso trono del Padre tra schiere di angeli no trascurerà i suoi servi: “Manderà i suoi angeli con una grande tromba a radunare tutti i suoi eletti dai quattro venti” (Mt 24,31). Colui che non disdegnò di prendersi cura di un solo giusto, Lot, potrà disinteressarsi di tanti giusti? Li farà chiamare a raccolta dagli angeli e fattili venire su carri di nubi, dirà loro: “Venite, benedetti dal Padre mio” (Mt 25,34).

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Giovedì

  Lc 21, 20-28

 

Discorso per l’Ascensione, 2

 

 

Il Figlio dell’uomo verrà a prenderci con lui

 di San Bernardo nel dodicesimo secolo

 

         “Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11). Verrà, dicono gli angeli, allo stesso modo. Forse verrà a cercarci in questo corteo unico e universale, forse scenderà preceduto da tutti gli angeli e seguito da tutti gli uomini per giudicare i vivi e i morti? Sì, è proprio certo che verrà, ma verrà allo stesso modo in cui è salito in cielo, non al modo in cui è disceso la prima volta. Infatti nell’umiltà egli è venuto una volta per salvare le anime. Ma quando verrà per strappare al sonno della morte questo cadavere, per “conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21) e riempire di onore questo vaso oggi così debole, si rivelerà in tutto il suo splendore. Allora vedremo in tutta la sua potenza e la sua maestà colui che una volta si era nascosto sotto la debolezza della nostra carne...

 

         Essendo Dio, Cristo non poteva crescere, poiché non c’è nulla oltre a Dio. Eppure ha trovato il modo di crescere – nello scendere, nell’incarnarsi, soffrendo, morendo per strapparci alla morte eterna. “Per questo Dio l’ha esaltato” (Fil 2,9). L’ha risuscitato, ed egli si è seduto alla destra del Padre. Anche tu, va e fa’ lo stesso: non potrai salire senza prima cominciare con lo scendere. “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11).

 

         Beato, Signore Gesù, colui che ha per guida solo te! Che possiamo seguirti, “noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo”, che possiamo venire a te per mezzo tuo, perché sei “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). La via per il tuo esempio, la verità per le tue promesse, la vita perché sei tu la nostra ricompensa. “Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”, il Figlio del Dio vivente” (Gv 6,69 ; Mt 16,16), e Dio, più alto di ogni cosa, benedetto in eterno.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI - venerdì

 

LIBRO di VITA

 

Capitolo “Monaci e monache” § 64

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - VESPRI Venerdì

Lc 21, 20-28

 

 Esposizione sui salmi, Sal 95, §14

(Nuova Biblioteca Agostiniana)

 

 

« Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina »

di Sant’Agostino nel quinto secolo

 

"Esulteranno allora tutte le piante dei boschi, alla presenza del Signore, poiché egli viene: viene a giudicare la terra" (Sal 95, 12). È venuto una prima volta e verrà ancora. La prima volta è venuto con la sua presenza nella Chiesa e a portarlo erano le nubi (Mt 26, 64). E quali sono le nubi che l'hanno portato? Gli Apostoli, che ci hanno recato il messaggio evangelico… È venuto una prima volta per bocca dei suoi evangelizzatori e ha riempito l'universo. Non opponiamo resistenza alla sua prima venuta, per non dover temere nella seconda…

 

Cosa farà, allora, il cristiano? Si servirà del mondo, ma non diverrà schiavo del mondo. Cosa significa? Pur avendo le cose, si comporterà come se non le avesse. Così dice l'Apostolo; … "Quanto al resto, fratelli, il tempo è breve… coloro che comprano, siano come se non conservassero avidamente; e coloro che usano delle cose del mondo, come se non ne usassero. Passa, infatti, la figura di questo mondo, e io vorrei che voi foste senza preoccupazioni (1Cor 7,29-30): Chi non ha preoccupazioni aspetta sereno la venuta del Signore. Difatti, che sorta di amore abbiamo per Cristo se temiamo che venga? E non ce ne vergogniamo, fratelli? Noi l'amiamo ed abbiamo paura che venga. Ma l'amiamo per davvero? O non amiamo, per caso, più che non Cristo i nostri peccati? Ebbene, odiamo i peccati, e amiamo colui che verrà …

"Allora esulteranno tutte le piante dei boschi dinanzi al volto del Signore, poiché egli viene"… È venuto una prima volta: verrà in seguito a giudicare la terra, e troverà colmi di gioia coloro che hanno creduto alla sua prima venuta.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - LODI Sabato

 Mt 24,42-51

  

Paragrafi 10 e 16

 

« Vegliate, perché non sapete il giorno »

dalla Didaché

 

 

         Una volta saziati dell’Eucarestia, ringraziate così : Ti rendiamo grazie, o Padre Santo, per il tuo santo nome che hai fatto abitare nei nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità che ci rivelasti per mezzo di Gesù, tuo Servo. A te la gloria per i secoli. Amen !…Sopra ogni cosa, ti rendiamo grazie, perché sei onnipotente : A te la gloria per i secoli. Amen ! Ricordati, o Signore, della tua Chiesa, preservala da ogni male e rendila perfetta nel tuo amore, e santificata, dai quattro venti riuniscila nel tuo regno che per essa hai preparato. Poiché tua è la potenza e la gloria per i secoli. Amen. Venga la tua grazia e passi questo mondo. Amen ! Chi è santo si avvicini ; chi non lo è si converta. Maranà thà. Amen…

 

         Sì, vegliate sulla vostra vita ; non lasciate che si spengano le vostre lampade, neppure che si sciolgano le cinture dai vostri fianchi. State pronti, perché non sapete l’ora in cui il nostro Signore verrà. Radunatevi frequentemente per cercare insieme ciò che conviene alle vostre anime. Perché tutto il tempo della vostra fede non vi servirà a niente, se nell’ultimo momento, non sarete divenuti perfetti.

 

XXXIV° settimana Tempo Ordinario - PRIMI VESPRI Sabato

         Lc 21, 25-28 ; 34-36

Trad. l’Ora dell’ Ascolto alt.

 

 

 

Le tre venute di Cristo

di Pietro di Blois nel dodicesimo secolo

 

Tre sono le venute del Signore : la prima nella carne, la seconda nell’anima, la terza per il giudizio. La prima avvenne sulla mezzanotte, secondo la parola del vangelo : « A mezzanotte si levò un grido : Ecco lo Sposo ! » (Mt 25, 6) … Questa prima venuta è già passata. Il Cristo fra gli uomini « è apparso e con gli uomini è vissuto » (Bar 3, 38).

 

Noi siamo nella sua seconda venuta, se però siamo tali che egli si degni di venire a noi ; siamo sicuri che  « se lo amiamo, verrà e dimorerà con noi » (Gv 14, 23). Questa venuta perciò è sottoposta a condizione. Infatti chi conosce coloro che sono di Dio, se non lo Spirito di Dio ? Coloro che sono rapiti fuori da sé dal desiderio delle cose celesti, sanno bene quando sta per venire ; tuttavia non sanno «di dove viene e dove va » (Gv 3, 8).

 

Quanto al terzo avvento è certissimo che avverrà, ma assolutamente incerto quando avverrà. E che cos’è più certo della morte ? Ma nulla è tanto incerto quanto l’ora della morte.

« E quando si dirà « Pace e sicurezza », allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta ; e nessuno scamperà » (1 Ts 5, 3). Il primo avvento fu nascosto e umile, il secondo è segreto e mirabile, il terzo sarà manifesto e terribile. Nel primo, Cristo è stato giudicato dagli uomini con ingiustizia ; nel secondo ci rende giustizia mediante la sua grazia ; nell’ultimo, giudicherà ogni cosa con equità : Agnello nel primo avvento, Leone nell’ultimo, Amico pieno di tenerezza nel secondo.

 

 

 

 

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