IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE
Introduzione
Cominciamo con due
brevi osservazioni di natura storica.
1) Il sacramento della
riconciliazione ha una lunga storia. Il rito
della
confessione come lo
pratichiamo oggi non è sempre esistito.
Diverse tappe
hanno condotto al rito
che conosciamo. Non è soltanto il rito che è
cambiato, ma anche la
percezione del peccato e la comprensione del
progresso spirituale
durante la vita cristiana. Questa lunga
storia e
l’evoluzione dei modi
con cui si è vissuta la realtà del peccato e
del
perdono sacramentale,
spiegano che ci siano questi diversi nomi
per lo
stesso sacramento. Si
parla del sacramento della conversione, del
sacramento della
penitenza, del sacramento della confessione,
del
sacramento del
perdono, del sacramento della
riconciliazione, ma ciascuna
volta si tratta dello
stesso sacramento.
2) C’è una storia del
sacramento della riconciliazione. Non è
sempre
esistito. Ma sin
dall’Antico Testamento esiste un ministero
della
misericordia con
diverse forme. Anche l’Antico Testamento
conosce una
storia della
percezione del peccato e, soprattutto, della
percezione della
misericordia di Dio.
Con l’avvenimento di Gesù, il ministero di
riconciliazione ha
raggiunto una fase ultima, che aspetta la
sua piena
manifestazione alla
fine del mondo, ma che già è all’opera. Gesù
è la nostra
riconciliazione con
Dio.
Vi propongo di fare un
percorso attraverso tre testi della Bibbia
per
aiutarci a capire che
cos’è il peccato e, soprattutto, per capire
che il
sacramento della
riconciliazione può avere un ruolo molto
importante per
lo sviluppo della
nostra relazione con Dio.
IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 2
Tre testi biblici
Il primo testo è
tratto dalla storia del re Davide. Questo re
si è
innamorato di una
bellissima donna, Betsabea, che era già
sposata con un
soldato dell’esercito,
uno straniero fedele al re d’Israele che si
chiamava
Uria. Davide ha dato
l’ordine a uno dei suoi ufficiali affinché
muoia Uria
sul campo di
battaglia. Arriva poi il profeta Natan. Ecco
il racconto
dell’incontro tra
Natan e Davide (testo 1). Vorrei
sottolineare tre cose.
1) La prima cosa è
abbastanza facile da osservare. Si tratta
della
facilità con la quale
diventiamo ciechi rispetto al nostro
peccato. Davide si
adira contro l’uomo
immaginario che ha preso la pecora di un
altro, e non
vede spontaneamente
quanto peggiore sia il suo peccato.
2) La seconda cosa che
voglio sottolineare è l’annuncio della
sentenza: il frutto di
quest’unione morirà. Questa punizione ci
scandalizza
perché la nostra
mentalità, grazie alla rivelazione
evangelica, è più
consapevole di quella
dei nostri padri del valore dell’individuo.
Dobbiamo
però, per capire
quanto l’annuncio del perdono di Dio è forte
nel nostro
testo, sapere che è da
Betsabea che Davide susciterà colui che non
sarà
soltanto il suo
successore, il grande Salomone, ma che sarà
anche, tra i figli
di Davide, l’antenato
di Cristo.
3) Voglio per finire
sottolineare la dimensione comunitaria del
peccato. Davide ha
commesso l’adulterio, ha fatto uccidere un
uomo. Sono
peccati gravissimi. Ma
le conseguenze vanno oltre le tre persone
interessate, cioè
Davide, Betsabea e Uria. Di fatto, con
questi peccati,
Davide ha ferito
l’esercizio del potere regale in Israele, ha
colpito il regno
della giustizia nel
paese affidato alla sua responsabilità, ha
ferito la fiducia
che le persone
dovevano poter mettere in lui, ha fatto
cadere nell’ipocrisia
l’equilibrio politico
e religioso di questo regno d’Israele, regno
particolare
che prepara il regno
del vero re, Gesù Cristo. L’intervento di
Natan ha una
dimensione giuridica.
Il perdono che il profeta dà al re nel nome
di Dio è
anche una
riabilitazione nelle sue funzioni regali.
Ecco la conclusione
che voglio ritenere. Questa dimensione
giuridica
che segna l’incontro
tra Natan e il re segna anche il sacramento
della
riconciliazione. Il
perdono sacramentale è una riabilitazione
nella comunità
cristiana, in
particolare dà l’accesso alla comunione
eucaristica e, quindi,
all’esercizio del
sacerdozio battesimale. Poiché esiste questa
dimensione
giuridica, allora
esiste nella Chiesa un diritto che serve di
norma, anche per
ciò che riguarda la
vita sacramentale.
CATECUMENATO 3
Il secondo testo è
tratto anch’esso dall’Antico Testamento. Ci
mostra
un’altra percezione
del peccato. Quando dico un’altra, non
voglio dire che
ci sarebbero due
visioni contraddittorie del peccato tra i
due testi. Voglio
dire che abbiamo due
esperienze diverse della fragilità umana e
della
qualità della
relazione con Dio (testo 2). Il salmista ci
racconta
un’evoluzione
spirituale. All’inizio, è oppresso
dall’onnipresenza di Dio.
Vorrebbe sfuggire,
nascondersi, ma il buio non è buio per Dio.
Viene poi
una dichiarazione di
onestà. Il salmista si crede migliore degli
altri. Si
dichiara circondato da
uomini sanguinari. In poche parole: il
problema non
è lui, ma gli altri.
Questa professione di fedeltà a Dio viene
ribadita, però è
seguita da un grido di
aiuto rivolto a Dio: «vedi se percorro una
via di
menzogna e guidami
sulla via della vita». Il salmista non vuole
più sfuggire
all’onnipresenza di
Dio. Invece, si presenta lui stesso davanti
a Dio, perché
ha scoperto che Dio
solo può guidarlo su una via di vita e
allontanarlo dalla
via di menzogna. Come
il salmista, siamo invitati a fare questo
percorso
che ci conduce a non
crederci migliori, ma a capire che solo Dio
può
allontanarci dalle
menzogne con le quale inganniamo noi stessi.
Concludendo con questo
testo raggiungiamo un’altra dimensione del
sacramento della
riconciliazione. Prima, l’incontro tra
Davide e Natan ci ha
introdotti alla
dimensione giuridica. Qui, il salmo 139 ci
introduce alla
dimensione
relazionale. Il sacramento della
riconciliazione, insieme al
sacramento
dell’eucaristia, offre una via privilegiata
per sviluppare la
propria relazione con
il Signore Gesù. Questa dimensione di
relazione
viene sottolineata
ancora di più nel nostro terzo testo.
Leggiamo adesso
l’episodio molto famoso dell’incontro tra
Gesù e la
donna adultera (testo
3). Vorrei sottolineare tre cose.
1) La prima è che la
legge di Mosè è una legge rivelata. Gli
uomini
che presentano la
donna adultera a Gesù parlano in nome di
Dio. Gesù non
contraddice la legge.
Ma cambia la percezione di Dio, rivela il
suo volto.
Questo ci fa capire
che il perdono sacramentale dei nostri
peccati non
consiste nel negare la
loro gravità. Il perdono di Dio non consiste
nel fatto
di darci scuse. Anzi,
il perdono di Dio, la luce di verità e di
amore che Dio
è, rivela il nostro
peccato. È alla luce di Dio che vediamo il
nostro peccato.
Ecco la ragione per la
quale gli uomini che volevano lapidare la
donna se
ne vanno.
L’atteggiamento di Gesù e la sua presenza
così densa hanno
rivelato loro il loro
peccato.
2) La seconda cosa che
vorrei sottolineare è la facilità con la
quale
accusiamo gli altri
con implacabilità per nascondere a noi
stessi la nostra
IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 4
mediocrità.
Quest’atteggiamento può conoscere sviluppi
criminali, come lo
vediamo in questo
episodio.
3) La terza cosa che
vorrei sottolineare è lo sguardo di Gesù.
Con
questo sguardo, la
rivelazione prende una densità insuperabile.
La nostra
realtà umana, debole,
spesso mediocre, facilmente criminale,
incontra lo
sguardo puro di Gesù,
di Dio fatto uomo. Il ministero della
misericordia
conosce, a partire
dallo sguardo di Gesù, una fase ultima che
si situa
nell’ambito del
giudizio finale. Dio conosce, in Gesù, la
nostra realtà
umana. Dio non è
rimasto lontano da noi. Possiamo presentarci
dinanzi a
Gesù con una nudità e
una libertà radicali che vengono dalla
nostra fiducia
in lui.
Riteniamo che
l’esperienza del salmista ha preso una
concretezza
immensa. Non si tratta
più di una meditazione su Dio, lontano, nel
cielo,
ma si tratta
dell’incontro con Gesù. Il sacramento della
riconciliazione,
poiché si vive
nell’incontro personale con il prete,
manifesta questa
dimensione personale,
radicale che ha preso il ministero della
riconciliazione con
Gesù.
Considerazioni pratiche
Per finire, vorrei rispondere ad alcune
domande comuni:
•
Perché confessarsi?
Perché non basta chiedere perdono a Dio
direttamente, nella
preghiera?
Risposta: è buono e
giusto di
chiedere perdono a Dio
nella propria preghiera. Però, il sacramento
della riconciliazione
è... un sacramento, cioè iscrive il perdono
di
Dio nella nostra
storia concreta e lo rende definitivo. Posso
dire:
sono stato perdonato
quel giorno e in quel luogo, quando ho
ricevuto
dal prete
l’assoluzione sacramentale alla fine della
mia confessione.
Es. Charles de
Foucauld.
•
Quando dobbiamo confessarci?
Risposta: Ci sono
diversi gradi di
gravità nel peccare.
Dopo un peccato grave, non dobbiamo
aspettare
per confessarci. Un
peccato grave è una situazione di forte
contraddizione tra il
vangelo e la nostra dignità battesimale da
un
lato, e un atto
concreto o la situazione della nostra vita
dall’altro.
Dobbiamo allora essere
riconciliati con Dio e con la comunità.
Ritroviamo qui la
dimensione giuridica del sacramento di
riconciliazione. Il
prete confessore deve chiedere al penitente
un
cambiamento nella sua
vita, affinché la comunità cristiana non sia
più offesa e ferita,
affinché sia messo un termine alla contro
testimonianza con la
quale il vero volto di Dio è reso oscuro
agli
altri.
CATECUMENATO 5
•
Dobbiamo
confessarci quando non pensiamo di aver
fatto un
peccato grave?
Risposta: la Chiesa ci
chiede di confessarci al meno
una volta all’anno,
prima di Pasqua. Però, con l’approfondimento
della nostra relazione
con Dio, sentiamo che lo sguardo luminoso di
Gesù svela in noi
delle mancanze, delle debolezze. Il
sacramento
della riconciliazione
mostra, in queste occasioni, la sua
dimensione
di attualizzazione
della grazia battesimale ed eucaristica,
cioè della
grazia salvatrice che
ci viene da Cristo. Allora è opportuno che
il
sacramento della
riconciliazione venga celebrato
regolarmente. La
frequenza esatta è da
stabilire con l’accompagnatore spirituale o
il
padre confessore.
•
Il prete può giudicarmi e questo mi fa
paura.
Risposta: è vero che
il prete può giudicare
un penitente. Ma il problema è suo. Se lui
giudica, tocca a lui
di confessarsi di questo. Tuttavia, il prete
ha il
dovere, se la gravità
di un peccato lo richiede, di chiedere al
penitente, per
esempio, di non esporsi più all’occasione
del peccato
in questione. Per
esempio, se un uomo confessa di aver messo
in
difficoltà la sua
famiglia a causa di giochi d’azzardo, il
prete deve
chiedere a questa
persona di allontanarsi da questi giochi. Il
penitente non deve
sentirsi giudicato necessariamente dal fatto
che il
prete gli fa una
domanda in rapporto con la sua confessione,
o gli
chiede una riforma
concreta delle sue abitudini potenzialmente
peccatrici. Non è,
certo, necessario di ricordare che il prete
è
sottomesso al segreto
assoluto per tutto ciò che gli viene detto
in
confessione.
•
Il mio peccato riguarda soltanto io e
Dio.
Risposta: Non è vero.
Il
peccato indebolisce
anche la comunità ecclesiale. Nel caso del
peccato grave è ovvio:
il peccato grave è contro testimonianza. Ma
anche nel caso dei
peccati meno gravi. Dio ha voluto che siamo
gli
strumenti della sua
salvezza gli uni per gli altri. La mia
mancanza di
santità pesa su tutta
la comunità. La celebrazione della
riconciliazione è
riconciliazione con Dio e con la Chiesa.
•
Con chi devo confessarmi?
Risposta: con un
prete, e se possibile,
con lo stesso prete.
L’interlocutore rimanendo lo stesso può
aiutarmi
a vedere meglio le
dinamiche che esistono in me. Sopratutto, ho
meno possibilità di
farmi dei viaggi se il prete mi conosce
bene.
•
Come ci si confessa?
Risposta: con una
lucidità leale su di sè, e
ancora di più con una
fiducia enorme nella misericordia di Dio,
più
forte di tutto. Non
parlerò del rito, perché è molto semplice.
Si
impara facilmente con
un po’ d’esperienza. Il prete vi aiuterà.
Invece,
IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 6
voglio parlare
dell’atteggiamento spirituale. Una
confessione si
prepara. Se non vedo
il mio peccato, posso aiutarmi meditando i
10
comandamenti, le
domande del Padre Nostro, le Beatitudini in
Mt 5,
1-12 o in Lc 6, 20-26,
le virtù teologali di amore, fede e speranza
ecc. Poi, al momento
stesso della confessione, senza stati
d’animo,
dico le cose come
sono. Si tratta di essere vero, di mettersi
in verità
dinanzi alla
misericordia di Cristo. Quindi non è
l’atteggiamento
giusto quello che
censura delle cose per confessare
consapevolmente
soltanto una parte di
ciò che pesa sulla coscienza.
•
Non è che la confessione ci
rimpicciolisce?
Risposta: sì. Si
tratta di
accettare di essere
soltanto quello che siamo. È vero che è
umiliante,
ma è anche una vera
liberazione.
CATECUMENATO 7
Testi
Testo 1: 2 Sam 12, 1-15.18
Il Signore mandò a
Davide Natan che, entrato da lui, disse: «C'
erano
due uomini in una
stessa città, uno ricco e uno povero: 2
il ricco possedeva
greggi e armenti in
grande abbondanza; 3
il povero non aveva
che un'
agnella, piccolina,
che aveva comprato; l' aveva nutrita ed era
cresciuta
insieme con lui e con
i suoi figli; mangiava dal suo piatto,
beveva dal suo
bicchiere e dormiva
sul suo seno: era per lui come una figlia. 4
Un viandante
giunse dall' uomo
ricco; questi però non andò a prendere del
suo gregge e
del suo armento per
preparare all' ospite venuto da lui, ma
prese l' agnella
di quel povero e la
preparò per l' uomo venuto da lui». 5
Davide arse d' ira
contro quell' uomo e
disse a Natan: «Per la vita del Signore, l'
uomo che ha
fatto questo è
certamente degno di morte! 6
Pagherà quattro volte
l' agnella
per aver compiuto un
tale misfatto e per non aver avuto
compassione». 7
Natan rispose a
Davide: «Sei tu quell'uomo! Così dice il
Signore, Dio
d'Israele: "Io ti ho
consacrato re su Israele e ti ho strappato
dalla mano di
Saul. 8
Ti ho consegnato la
casa del tuo signore e le mogli del tuo
signore
nel tuo seno, ti ho
dato la casa d' Israele e di Giuda; e se è
poco, ti
aggiungerei altre
cose. 9
Perché, dunque, hai
disprezzato la parola del
Signore compiendo ciò
che è male ai suoi occhi? Hai colpito con la
spada
Uria l' hittita, ti
sei preso per moglie la sua moglie e tu l'
hai ucciso con la
spada dei figli di
Ammon. 10
Ma ora non si
allontanerà mai più la spada
dalla tua casa, perché
mi hai disprezzato prendendo la moglie di
Uria
l'hittita per farla
tua moglie". 11
Così dice il Signore:
"Ecco, io farò sorgere
contro di te la
sventura dalla tua stessa casa; prenderò le
tue mogli sotto i
tuoi occhi e le darò a
un altro che giacerà con le tue donne alla
luce di
questo sole! 12
Sì, tu hai agito di
nascosto, ma io farò questo davanti a tutto
Israele e alla luce
del sole"». 13
Davide disse a Natan:
«Ho peccato contro il
Signore». Natan
rispose a Davide: «Il Signore cancella il
tuo peccato! Non
morrai! 14
Ma perché tu hai
disprezzato il Signore con questa azione, il
figlio che ti è nato
morrà». [...] Al settimo giorno il bambino
morì.
IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 8
Testo 2: Sal. 139 (138)
1
Signore, tu mi scruti
e mi conosci.
2
Tu sai se mi siedo e
se mi alzo;
Penetri da lontano i
miei pensieri,
3
mi scruti quando
cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le
mie vie;
4
la mia parola non è
ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la
conosci tutta.
5
Alle spalle e di
fronte mi circondi
e poni su di me la tua
mano.
6
Stupenda per me la tua
sagezza,
troppo alta, e io non
la comprendo.
7
Dove andare lontano
dal tuo spirito,
Dove fuggire, lontano
dalla tua presenza?
8
Se salgo in cielo, là
tu sei,
se scendo negli
inferi, eccoti.
9
Se prendo le ali
dell'aurora
per abitare
all’estremità del mare,
10
anche là mi guida la
tua mano
e mi afferra la tua
destra.
11
Se dico: «Almeno
l’oscurità mi copra
e intorno a me sia la
notte»;
12
nemmeno le tenebre per
te sono oscure,
e la notte è chiara
come il giorno;
per te le tenebre sono
come luce.
13
Sei tu che hai creato
le mie viscere
mi hai tessuto nel
seno di mia madre.
14
Ti lodo, perché mi hai
fatto come un prodigio;
sono stupende le tue
opere,
tu mi conosci fino in
fondo.
15
Non ti erano nascoste
le mie ossa
quando venivo formato
nel segreto,
intessuto nelle
profondità della terra.
CATECUMENATO 9
16
Ancora informe mi
hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto
nel tuo libro;
i miei giorni erano
fissati,
quando ancora non ne
esisteva uno.
17
Quanto profondi per me
i tuoi pensieri,
quanto grande il loro
numero, o Dio;
18
se li conto sono più
della sabbia,
se li credo finiti,
con te sono ancora.
19
Se Dio sopprimesse i
peccatori!
Allontanatevi da me,
uomini sanguinari.
20
Essi parlano contro di
te con inganno:
contro di te insorgono
con frode.
21
Non odio, forse,
Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi
nemici?
22
Li detesto con odio
implacabile
come se fossero i miei
nemici.
23
Scrutami, Dio, e
conosci il mio cuore,
provami e conosci i
miei pensieri:
24
vedi se percorro una
via di menzogna
e guidami sulla via
della vita.
Testo 3: Gv 8, 2-11
2
Di buon mattino Gesù
si presentò di nuovo al tempio e tutto il
popolo
accorreva a lui e,
sedutosi, li istruiva. 3
Ora gli scribi e i
farisei conducono
una donna sorpresa in
adulterio e, postala in mezzo, 4
gli dicono: «Maestro,
questa donna è stata
sorpresa in flagrante adulterio. 5
Ora, nella legge Mosè
ci ha comandato di
lapidare tali donne. Tu, che ne dici?». 6
Questo lo
dicevano per tendergli
un tranello, per avere di che accusarlo.
Gesù, però,
chinatosi, tracciava
dei segni per terra con il dito. 7
Siccome insistevano
nell' interrogarlo, si
drizzò e disse loro: «Quello di voi che è
senza peccato
scagli per primo una
pietra contro di lei». 8
E chinatosi di nuovo
scriveva
per terra. 9
Quelli, udito ciò,
presero a ritirarsi uno dopo l' altro, a
cominciare dai più
anziani, e fu lasciato solo con la donna che
stava nel
mezzo. 10
Rizzatosi allora, Gesù
le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha
condannata?». 11
Rispose: «Nessuno,
Signore». «Neppure io ti condanno --
disse Gesù. -- Va' , e
d' ora in poi non peccare più».
IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 10
Testo 4: Tratto da un’omelia di Karl Rahner
su Gc 1, 22-27
Karl Rahner,
Prediche bibliche,
p. 239-241, «Due parole paradossali»,
Edizioni Paoline,
Roma, 1967 (versione di Aldo Belardinelli)
Giacomo dice: «Fatevi
esecutori delle parole e non soltanto
ascoltatori che
ingannano se stessi». (…) In questo passo S.
Giacomo dice:
dobbiamo stare attenti
a non ingannarci così sulla realtà.
L’immagine usata
dice chiaramente che
l’uomo ha la possibilità di distornarsi
colpevolmente,
con i suoi sofismi,
anche dalla vera realtà e quindi di
ingannarsi.
È per se stessa la
costatazione che l’uomo possa ingannare non
solo
gli altri ma anche se
stesso. Alla luce di una logica e di una
psicologia
spicciola la cosa si
potrebbe credere impossibile, dato che nel
caso
l’ingannatore e
l’ingannato sarebbero la stessa persona.
Eppure non solo
l’esperienza
quotidiana, ma anche la S. Scrittura dicono
che una cosa del
genere è possibile:
uno cioè può darla ad intendere a se stesso,
può credere
ciò che si è dato ad
intendere, può accettarlo, può sostenere di
essere
convinto della cosa,
di avere una coscienza retta; eppure è egli
stesso
l’ingannatore di se
stesso, è egli stesso che riesce a fare di
sé un ingannato.
Non è ora il caso di
tentare di penetrare più a fondo la
psicologia umana per
spiegarci come sia
possibile una cosa del genere; vogliamo
ricavare dalle
parole di S. Giacomo
solo un utile insegnamento in proposito.
Vogliamo
cioè, quando occorre,
essere diffidenti verso noi stessi,
diffidenti verso le
molteplici ragioni che
forse abbiamo per questa o quella situazione
della
nostra vita cristiana,
dove forse cerchiamo di scansare le
amarezze, dove
forse non ci mettiamo
sinceramente di fronte al nostro dovere,
dove
cerchiamo la colpa
negli altri e non in noi, dove ci capita di
riscontrare tutto
difficile per noi e
facile per gli altri, dove riteniamo che gli
altri ci
impongono dei pesi che
non dovrebbero imporci. In questi e in mille
altri
casi chiediamo
anzitutto, ammoniti dall’Apostolo, se non
siamo in pericolo
di ingannare noi
stessi, di deformare colpevolmente le idee
stesse che
eventualmente abbiamo
e – come dice S. Paolo nel primo capitolo
della
lettera ai Romani – di
neutralizzare la verità di Dio, la verità
dura e chiara,
inesorabile, nuda e
cruda, forse umiliante per noi, esigente.
«Non ingannate
voi stessi», ci dice
S. Giacomo.
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