Biblioteca digitale

delle Fraternità

di Gerusalemme

di Firenze

Catecumenato per adulti  

alla Badia Fiorentina

 

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

Introduzione

Cominciamo con due brevi osservazioni di natura storica.

1) Il sacramento della riconciliazione ha una lunga storia. Il rito della

confessione come lo pratichiamo oggi non è sempre esistito. Diverse tappe

hanno condotto al rito che conosciamo. Non è soltanto il rito che è

cambiato, ma anche la percezione del peccato e la comprensione del

progresso spirituale durante la vita cristiana. Questa lunga storia e

l’evoluzione dei modi con cui si è vissuta la realtà del peccato e del

perdono sacramentale, spiegano che ci siano questi diversi nomi per lo

stesso sacramento. Si parla del sacramento della conversione, del

sacramento della penitenza, del sacramento della confessione, del

sacramento del perdono, del sacramento della riconciliazione, ma ciascuna

volta si tratta dello stesso sacramento.

2) C’è una storia del sacramento della riconciliazione. Non è sempre

esistito. Ma sin dall’Antico Testamento esiste un ministero della

misericordia con diverse forme. Anche l’Antico Testamento conosce una

storia della percezione del peccato e, soprattutto, della percezione della

misericordia di Dio. Con l’avvenimento di Gesù, il ministero di

riconciliazione ha raggiunto una fase ultima, che aspetta la sua piena

manifestazione alla fine del mondo, ma che già è all’opera. Gesù è la nostra

riconciliazione con Dio.

Vi propongo di fare un percorso attraverso tre testi della Bibbia per

aiutarci a capire che cos’è il peccato e, soprattutto, per capire che il

sacramento della riconciliazione può avere un ruolo molto importante per

lo sviluppo della nostra relazione con Dio.

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 2

Tre testi biblici

Il primo testo è tratto dalla storia del re Davide. Questo re si è

innamorato di una bellissima donna, Betsabea, che era già sposata con un

soldato dell’esercito, uno straniero fedele al re d’Israele che si chiamava

Uria. Davide ha dato l’ordine a uno dei suoi ufficiali affinché muoia Uria

sul campo di battaglia. Arriva poi il profeta Natan. Ecco il racconto

dell’incontro tra Natan e Davide (testo 1). Vorrei sottolineare tre cose.

1) La prima cosa è abbastanza facile da osservare. Si tratta della

facilità con la quale diventiamo ciechi rispetto al nostro peccato. Davide si

adira contro l’uomo immaginario che ha preso la pecora di un altro, e non

vede spontaneamente quanto peggiore sia il suo peccato.

2) La seconda cosa che voglio sottolineare è l’annuncio della

sentenza: il frutto di quest’unione morirà. Questa punizione ci scandalizza

perché la nostra mentalità, grazie alla rivelazione evangelica, è più

consapevole di quella dei nostri padri del valore dell’individuo. Dobbiamo

però, per capire quanto l’annuncio del perdono di Dio è forte nel nostro

testo, sapere che è da Betsabea che Davide susciterà colui che non sarà

soltanto il suo successore, il grande Salomone, ma che sarà anche, tra i figli

di Davide, l’antenato di Cristo.

3) Voglio per finire sottolineare la dimensione comunitaria del

peccato. Davide ha commesso l’adulterio, ha fatto uccidere un uomo. Sono

peccati gravissimi. Ma le conseguenze vanno oltre le tre persone

interessate, cioè Davide, Betsabea e Uria. Di fatto, con questi peccati,

Davide ha ferito l’esercizio del potere regale in Israele, ha colpito il regno

della giustizia nel paese affidato alla sua responsabilità, ha ferito la fiducia

che le persone dovevano poter mettere in lui, ha fatto cadere nell’ipocrisia

l’equilibrio politico e religioso di questo regno d’Israele, regno particolare

che prepara il regno del vero re, Gesù Cristo. L’intervento di Natan ha una

dimensione giuridica. Il perdono che il profeta dà al re nel nome di Dio è

anche una riabilitazione nelle sue funzioni regali.

Ecco la conclusione che voglio ritenere. Questa dimensione giuridica

che segna l’incontro tra Natan e il re segna anche il sacramento della

riconciliazione. Il perdono sacramentale è una riabilitazione nella comunità

cristiana, in particolare dà l’accesso alla comunione eucaristica e, quindi,

all’esercizio del sacerdozio battesimale. Poiché esiste questa dimensione

giuridica, allora esiste nella Chiesa un diritto che serve di norma, anche per

ciò che riguarda la vita sacramentale.

CATECUMENATO 3

Il secondo testo è tratto anch’esso dall’Antico Testamento. Ci mostra

un’altra percezione del peccato. Quando dico un’altra, non voglio dire che

ci sarebbero due visioni contraddittorie del peccato tra i due testi. Voglio

dire che abbiamo due esperienze diverse della fragilità umana e della

qualità della relazione con Dio (testo 2). Il salmista ci racconta

un’evoluzione spirituale. All’inizio, è oppresso dall’onnipresenza di Dio.

Vorrebbe sfuggire, nascondersi, ma il buio non è buio per Dio. Viene poi

una dichiarazione di onestà. Il salmista si crede migliore degli altri. Si

dichiara circondato da uomini sanguinari. In poche parole: il problema non

è lui, ma gli altri. Questa professione di fedeltà a Dio viene ribadita, però è

seguita da un grido di aiuto rivolto a Dio: «vedi se percorro una via di

menzogna e guidami sulla via della vita». Il salmista non vuole più sfuggire

all’onnipresenza di Dio. Invece, si presenta lui stesso davanti a Dio, perché

ha scoperto che Dio solo può guidarlo su una via di vita e allontanarlo dalla

via di menzogna. Come il salmista, siamo invitati a fare questo percorso

che ci conduce a non crederci migliori, ma a capire che solo Dio può

allontanarci dalle menzogne con le quale inganniamo noi stessi.

Concludendo con questo testo raggiungiamo un’altra dimensione del

sacramento della riconciliazione. Prima, l’incontro tra Davide e Natan ci ha

introdotti alla dimensione giuridica. Qui, il salmo 139 ci introduce alla

dimensione relazionale. Il sacramento della riconciliazione, insieme al

sacramento dell’eucaristia, offre una via privilegiata per sviluppare la

propria relazione con il Signore Gesù. Questa dimensione di relazione

viene sottolineata ancora di più nel nostro terzo testo.

Leggiamo adesso l’episodio molto famoso dell’incontro tra Gesù e la

donna adultera (testo 3). Vorrei sottolineare tre cose.

1) La prima è che la legge di Mosè è una legge rivelata. Gli uomini

che presentano la donna adultera a Gesù parlano in nome di Dio. Gesù non

contraddice la legge. Ma cambia la percezione di Dio, rivela il suo volto.

Questo ci fa capire che il perdono sacramentale dei nostri peccati non

consiste nel negare la loro gravità. Il perdono di Dio non consiste nel fatto

di darci scuse. Anzi, il perdono di Dio, la luce di verità e di amore che Dio

è, rivela il nostro peccato. È alla luce di Dio che vediamo il nostro peccato.

Ecco la ragione per la quale gli uomini che volevano lapidare la donna se

ne vanno. L’atteggiamento di Gesù e la sua presenza così densa hanno

rivelato loro il loro peccato.

2) La seconda cosa che vorrei sottolineare è la facilità con la quale

accusiamo gli altri con implacabilità per nascondere a noi stessi la nostra

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 4

mediocrità. Quest’atteggiamento può conoscere sviluppi criminali, come lo

vediamo in questo episodio.

3) La terza cosa che vorrei sottolineare è lo sguardo di Gesù. Con

questo sguardo, la rivelazione prende una densità insuperabile. La nostra

realtà umana, debole, spesso mediocre, facilmente criminale, incontra lo

sguardo puro di Gesù, di Dio fatto uomo. Il ministero della misericordia

conosce, a partire dallo sguardo di Gesù, una fase ultima che si situa

nell’ambito del giudizio finale. Dio conosce, in Gesù, la nostra realtà

umana. Dio non è rimasto lontano da noi. Possiamo presentarci dinanzi a

Gesù con una nudità e una libertà radicali che vengono dalla nostra fiducia

in lui.

Riteniamo che l’esperienza del salmista ha preso una concretezza

immensa. Non si tratta più di una meditazione su Dio, lontano, nel cielo,

ma si tratta dell’incontro con Gesù. Il sacramento della riconciliazione,

poiché si vive nell’incontro personale con il prete, manifesta questa

dimensione personale, radicale che ha preso il ministero della

riconciliazione con Gesù.

Considerazioni pratiche

Per finire, vorrei rispondere ad alcune domande comuni:

Perché confessarsi? Perché non basta chiedere perdono a Dio

direttamente, nella preghiera? Risposta: è buono e giusto di

chiedere perdono a Dio nella propria preghiera. Però, il sacramento

della riconciliazione è... un sacramento, cioè iscrive il perdono di

Dio nella nostra storia concreta e lo rende definitivo. Posso dire:

sono stato perdonato quel giorno e in quel luogo, quando ho ricevuto

dal prete l’assoluzione sacramentale alla fine della mia confessione.

Es. Charles de Foucauld.

Quando dobbiamo confessarci? Risposta: Ci sono diversi gradi di

gravità nel peccare. Dopo un peccato grave, non dobbiamo aspettare

per confessarci. Un peccato grave è una situazione di forte

contraddizione tra il vangelo e la nostra dignità battesimale da un

lato, e un atto concreto o la situazione della nostra vita dall’altro.

Dobbiamo allora essere riconciliati con Dio e con la comunità.

Ritroviamo qui la dimensione giuridica del sacramento di

riconciliazione. Il prete confessore deve chiedere al penitente un

cambiamento nella sua vita, affinché la comunità cristiana non sia

più offesa e ferita, affinché sia messo un termine alla contro

testimonianza con la quale il vero volto di Dio è reso oscuro agli

altri.

CATECUMENATO 5

Dobbiamo confessarci quando non pensiamo di aver fatto un

peccato grave? Risposta: la Chiesa ci chiede di confessarci al meno

una volta all’anno, prima di Pasqua. Però, con l’approfondimento

della nostra relazione con Dio, sentiamo che lo sguardo luminoso di

Gesù svela in noi delle mancanze, delle debolezze. Il sacramento

della riconciliazione mostra, in queste occasioni, la sua dimensione

di attualizzazione della grazia battesimale ed eucaristica, cioè della

grazia salvatrice che ci viene da Cristo. Allora è opportuno che il

sacramento della riconciliazione venga celebrato regolarmente. La

frequenza esatta è da stabilire con l’accompagnatore spirituale o il

padre confessore.

Il prete può giudicarmi e questo mi fa paura. Risposta: è vero che

il prete può giudicare un penitente. Ma il problema è suo. Se lui

giudica, tocca a lui di confessarsi di questo. Tuttavia, il prete ha il

dovere, se la gravità di un peccato lo richiede, di chiedere al

penitente, per esempio, di non esporsi più all’occasione del peccato

in questione. Per esempio, se un uomo confessa di aver messo in

difficoltà la sua famiglia a causa di giochi d’azzardo, il prete deve

chiedere a questa persona di allontanarsi da questi giochi. Il

penitente non deve sentirsi giudicato necessariamente dal fatto che il

prete gli fa una domanda in rapporto con la sua confessione, o gli

chiede una riforma concreta delle sue abitudini potenzialmente

peccatrici. Non è, certo, necessario di ricordare che il prete è

sottomesso al segreto assoluto per tutto ciò che gli viene detto in

confessione.

Il mio peccato riguarda soltanto io e Dio. Risposta: Non è vero. Il

peccato indebolisce anche la comunità ecclesiale. Nel caso del

peccato grave è ovvio: il peccato grave è contro testimonianza. Ma

anche nel caso dei peccati meno gravi. Dio ha voluto che siamo gli

strumenti della sua salvezza gli uni per gli altri. La mia mancanza di

santità pesa su tutta la comunità. La celebrazione della

riconciliazione è riconciliazione con Dio e con la Chiesa.

Con chi devo confessarmi? Risposta: con un prete, e se possibile,

con lo stesso prete. L’interlocutore rimanendo lo stesso può aiutarmi

a vedere meglio le dinamiche che esistono in me. Sopratutto, ho

meno possibilità di farmi dei viaggi se il prete mi conosce bene.

Come ci si confessa? Risposta: con una lucidità leale su di sè, e

ancora di più con una fiducia enorme nella misericordia di Dio, più

forte di tutto. Non parlerò del rito, perché è molto semplice. Si

impara facilmente con un po’ d’esperienza. Il prete vi aiuterà. Invece,

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 6

voglio parlare dell’atteggiamento spirituale. Una confessione si

prepara. Se non vedo il mio peccato, posso aiutarmi meditando i 10

comandamenti, le domande del Padre Nostro, le Beatitudini in Mt 5,

1-12 o in Lc 6, 20-26, le virtù teologali di amore, fede e speranza

ecc. Poi, al momento stesso della confessione, senza stati d’animo,

dico le cose come sono. Si tratta di essere vero, di mettersi in verità

dinanzi alla misericordia di Cristo. Quindi non è l’atteggiamento

giusto quello che censura delle cose per confessare consapevolmente

soltanto una parte di ciò che pesa sulla coscienza.

Non è che la confessione ci rimpicciolisce? Risposta: sì. Si tratta di

accettare di essere soltanto quello che siamo. È vero che è umiliante,

ma è anche una vera liberazione.

CATECUMENATO 7

Testi

Testo 1: 2 Sam 12, 1-15.18

Il Signore mandò a Davide Natan che, entrato da lui, disse: «C' erano

due uomini in una stessa città, uno ricco e uno povero:2 il ricco possedeva

greggi e armenti in grande abbondanza;3 il povero non aveva che un'

agnella, piccolina, che aveva comprato; l' aveva nutrita ed era cresciuta

insieme con lui e con i suoi figli; mangiava dal suo piatto, beveva dal suo

bicchiere e dormiva sul suo seno: era per lui come una figlia.4 Un viandante

giunse dall' uomo ricco; questi però non andò a prendere del suo gregge e

del suo armento per preparare all' ospite venuto da lui, ma prese l' agnella

di quel povero e la preparò per l' uomo venuto da lui».5 Davide arse d' ira

contro quell' uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, l' uomo che ha

fatto questo è certamente degno di morte!6 Pagherà quattro volte l' agnella

per aver compiuto un tale misfatto e per non aver avuto compassione».7

Natan rispose a Davide: «Sei tu quell'uomo! Così dice il Signore, Dio

d'Israele: "Io ti ho consacrato re su Israele e ti ho strappato dalla mano di

Saul.8 Ti ho consegnato la casa del tuo signore e le mogli del tuo signore

nel tuo seno, ti ho dato la casa d' Israele e di Giuda; e se è poco, ti

aggiungerei altre cose.9 Perché, dunque, hai disprezzato la parola del

Signore compiendo ciò che è male ai suoi occhi? Hai colpito con la spada

Uria l' hittita, ti sei preso per moglie la sua moglie e tu l' hai ucciso con la

spada dei figli di Ammon.10 Ma ora non si allontanerà mai più la spada

dalla tua casa, perché mi hai disprezzato prendendo la moglie di Uria

l'hittita per farla tua moglie".11 Così dice il Signore: "Ecco, io farò sorgere

contro di te la sventura dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i

tuoi occhi e le darò a un altro che giacerà con le tue donne alla luce di

questo sole!12 Sì, tu hai agito di nascosto, ma io farò questo davanti a tutto

Israele e alla luce del sole"».13 Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il

Signore». Natan rispose a Davide: «Il Signore cancella il tuo peccato! Non

morrai!14 Ma perché tu hai disprezzato il Signore con questa azione, il

figlio che ti è nato morrà». [...] Al settimo giorno il bambino morì.

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 8

Testo 2: Sal. 139 (138)

1 Signore, tu mi scruti e mi conosci.

2 Tu sai se mi siedo e se mi alzo;

Penetri da lontano i miei pensieri,

3 mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ti sono note tutte le mie vie;

4 la mia parola non è ancora sulla lingua

e tu, Signore, già la conosci tutta.

5 Alle spalle e di fronte mi circondi

e poni su di me la tua mano.

6 Stupenda per me la tua sagezza,

troppo alta, e io non la comprendo.

7 Dove andare lontano dal tuo spirito,

Dove fuggire, lontano dalla tua presenza?

8 Se salgo in cielo, là tu sei,

se scendo negli inferi, eccoti.

9 Se prendo le ali dell'aurora

per abitare all’estremità del mare,

10 anche là mi guida la tua mano

e mi afferra la tua destra.

11 Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra

e intorno a me sia la notte»;

12 nemmeno le tenebre per te sono oscure,

e la notte è chiara come il giorno;

per te le tenebre sono come luce.

13 Sei tu che hai creato le mie viscere

mi hai tessuto nel seno di mia madre.

14 Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;

sono stupende le tue opere,

tu mi conosci fino in fondo.

15 Non ti erano nascoste le mie ossa

quando venivo formato nel segreto,

intessuto nelle profondità della terra.

CATECUMENATO 9

16 Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi

e tutto era scritto nel tuo libro;

i miei giorni erano fissati,

quando ancora non ne esisteva uno.

17 Quanto profondi per me i tuoi pensieri,

quanto grande il loro numero, o Dio;

18 se li conto sono più della sabbia,

se li credo finiti, con te sono ancora.

19 Se Dio sopprimesse i peccatori!

Allontanatevi da me, uomini sanguinari.

20 Essi parlano contro di te con inganno:

contro di te insorgono con frode.

21 Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano

e non detesto i tuoi nemici?

22 Li detesto con odio implacabile

come se fossero i miei nemici.

23 Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,

provami e conosci i miei pensieri:

24 vedi se percorro una via di menzogna

e guidami sulla via della vita.

Testo 3: Gv 8, 2-11

2 Di buon mattino Gesù si presentò di nuovo al tempio e tutto il popolo

accorreva a lui e, sedutosi, li istruiva.3 Ora gli scribi e i farisei conducono

una donna sorpresa in adulterio e, postala in mezzo,4 gli dicono: «Maestro,

questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.5 Ora, nella legge Mosè

ci ha comandato di lapidare tali donne. Tu, che ne dici?».6 Questo lo

dicevano per tendergli un tranello, per avere di che accusarlo. Gesù, però,

chinatosi, tracciava dei segni per terra con il dito.7 Siccome insistevano

nell' interrogarlo, si drizzò e disse loro: «Quello di voi che è senza peccato

scagli per primo una pietra contro di lei».8 E chinatosi di nuovo scriveva

per terra.9 Quelli, udito ciò, presero a ritirarsi uno dopo l' altro, a

cominciare dai più anziani, e fu lasciato solo con la donna che stava nel

mezzo.10 Rizzatosi allora, Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha

condannata?».11 Rispose: «Nessuno, Signore». «Neppure io ti condanno --

disse Gesù. -- Va' , e d' ora in poi non peccare più».

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE 10

Testo 4: Tratto da un’omelia di Karl Rahner su Gc 1, 22-27

Karl Rahner, Prediche bibliche, p. 239-241, «Due parole paradossali»,

Edizioni Paoline, Roma, 1967 (versione di Aldo Belardinelli)

Giacomo dice: «Fatevi esecutori delle parole e non soltanto

ascoltatori che ingannano se stessi». (…) In questo passo S. Giacomo dice:

dobbiamo stare attenti a non ingannarci così sulla realtà. L’immagine usata

dice chiaramente che l’uomo ha la possibilità di distornarsi colpevolmente,

con i suoi sofismi, anche dalla vera realtà e quindi di ingannarsi.

È per se stessa la costatazione che l’uomo possa ingannare non solo

gli altri ma anche se stesso. Alla luce di una logica e di una psicologia

spicciola la cosa si potrebbe credere impossibile, dato che nel caso

l’ingannatore e l’ingannato sarebbero la stessa persona. Eppure non solo

l’esperienza quotidiana, ma anche la S. Scrittura dicono che una cosa del

genere è possibile: uno cioè può darla ad intendere a se stesso, può credere

ciò che si è dato ad intendere, può accettarlo, può sostenere di essere

convinto della cosa, di avere una coscienza retta; eppure è egli stesso

l’ingannatore di se stesso, è egli stesso che riesce a fare di sé un ingannato.

Non è ora il caso di tentare di penetrare più a fondo la psicologia umana per

spiegarci come sia possibile una cosa del genere; vogliamo ricavare dalle

parole di S. Giacomo solo un utile insegnamento in proposito. Vogliamo

cioè, quando occorre, essere diffidenti verso noi stessi, diffidenti verso le

molteplici ragioni che forse abbiamo per questa o quella situazione della

nostra vita cristiana, dove forse cerchiamo di scansare le amarezze, dove

forse non ci mettiamo sinceramente di fronte al nostro dovere, dove

cerchiamo la colpa negli altri e non in noi, dove ci capita di riscontrare tutto

difficile per noi e facile per gli altri, dove riteniamo che gli altri ci

impongono dei pesi che non dovrebbero imporci. In questi e in mille altri

casi chiediamo anzitutto, ammoniti dall’Apostolo, se non siamo in pericolo

di ingannare noi stessi, di deformare colpevolmente le idee stesse che

eventualmente abbiamo e – come dice S. Paolo nel primo capitolo della

lettera ai Romani – di neutralizzare la verità di Dio, la verità dura e chiara,

inesorabile, nuda e cruda, forse umiliante per noi, esigente. «Non ingannate

voi stessi», ci dice S. Giacomo.

 

 

 

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