13 dicembre 2009
La vita come
vocazione
“La vita come vocazione”: che
cosa significa?
Ez. 16,1–22.35–43.59–63
Ho scelto questo testo per varie ragioni.
L’ho scelto per la sua forza e la sua violenza. La forza
e la violenza delle sue immagine, dei sentimenti e delle
situazioni evocati. Si tratta di vita, d’amore, con
tutto quello che queste realtà hanno di serio
nell’esistenza. Quando diciamo “Dio è amore”, dovremmo
dirlo con la coscienza dello spessore, della forza,
della violenza insiti nell’amore. Non è vero che
l’affermazione “Dio è amore” è un’affermazione
distensiva, rasserenante, rassicurante, confortevole.
L’amore porta con se un’esigenza. L’amore assoluto di
Dio porta con se un’esigenza radicale. Quando un uomo,
una donna, riconoscono l’amore di Dio per lui, per lei,
quest’uomo, questa donna non sono indenni. Invece, sono
come feriti, così ci dicono i mistici.
Ho anche scelto questo testo perché vi si legge quest’ordine
di Dio:”vivi!”. La Bibbia ci rivela la potenza creatrice
della Parola di Dio. Dio crea il mondo con la sua
Parola. In questo testo di Ezechiele, si tratta
chiaramente di questa Parola creatrice di Dio. Se
considero la mia vita, il mio respiro, i battiti del mio
cuore, posso riferirli a questo comandamento del
Signore: “vivi!”. Questo comandamento è fondamentale,
perché non ho scelto di vivere. È un appello, perché
devo aderire a questo comandamento, devo accettare di
vivere. È una missione.
Perché la vita è una missione? Per rispondere, dobbiamo
pôrci un’altra domanda più fondamentale. Ed è questa:
che cos’è la vita, secondo il testo del profeta
Ezechiele? Mi sembra che possiamo trovare due risposte a
questa domanda: Ezechiele ci presenta la vita come
crescita e come relazione. Una crescita, e anche un
cammino, una storia, con i suoi vagabondaggi, i suoi
errori, i suoi recuperi. Soprattutto, una crescita in
vista di un approfondimento della relazione. Nel testo
di Ezechiele la crescita della donna significa diventare
capace di avere una relazione amorosa. La relazione è
l’altra caratteristica della vita. Una relazione, con
Dio e con gli altri. Allora capiamo perché la vita è una
missione. La vita non è soltanto una proprietà data a un
corpo. È un avvenire da costruire con qualcuno, con Dio
prima, con gli altri poi. La mia vita non è mai soltanto
per me, non è mai soltanto la mia vita. Quando
medito sulla mia vita, non devo limitarmi al aggettivo
possessivo “mia”, ma devo sempre aggiungere come così
essenziale le preposizioni “con” e “per”. La mia
vita, è la mia vita “con” e “per”, con e per
Dio, con e per gli altri.
“La vita come vocazione”. Tale è il titolo dell’incontro
di oggi. Ma che cosa significa, “la vita come
vocazione”? Questo significa tutto ciò che abbiamo
appena letto nel testo di Ezechiele. Comprendere che la
vita è per tutti noi la prima vocazione, questo è
riconoscere che Dio ne è il fondamento, e quindi che la
nostra vita ci rinvia a lui, ci indirizza a lui, ci
orienta verso di lui. Questo è comprendere anche che la
vita è una chiamata e una missione, una chiamata alla
quale devo aderire, una missione perché la mia vita non
è soltanto qualcosa che mi appartiene, una proprietà del
mio corpo, ma è una crescita nella mia capacità di
essere in relazione con Dio e con gli altri. Traiamo
subito una conseguenza importante a ciò che abbiamo
meditato insieme: capita così, la vita è la prima
chiamata, la vocazione principale. In altre termini: ciò
che chiamiamo abitualmente vocazione, per esempio il
sacerdozio, è secondario in confronto a questa prima
vocazione. O ancora, ciò che chiamiamo i comandamenti di
Dio, i 10 comandamenti, deve essere capito in
riferimento a questa prima chiamata: vivi! Ma
attenzione: non si tratta, con questa chiamata a vivere,
di considerare soltanto il bere, il mangiare e il
riprodursi, o ancora le diverse attività dell’esistenza.
Si tratta della vita in quanto è vocazione, chiamata,
missione. La vita fisica può dover essere sacrificata, a
volte, a questa vita più profonda, come avviene nel
martirio.
L’eucaristia: “per me il
vivere è Cristo” Fil. 1, 21
Mc. 7,
31–37
Ho scelto questo testo per due ragioni. Prima di tutto
perché ci mostra Gesù a quattro’occhi con qualcuno. Nel
testo di Ezechiele che abbiamo letto prima, il soggetto
del testo era simbolico. La donna di cui ci parlava il
testo di Ezechiele era il simbolo della città di
Gerusalemme, e le tappe della sua crescita, la storia
delle sue infedeltà erano le parabole delle tappe della
storia della città di Gerusalemme, delle sue alleanze
politiche con le città straniere, dei suoi compromessi
con le religioni pagane. Nell’episodio che ci riferisce
il vangelo secondo Marco, non si tratta più di un
soggetto collettivo e simbolico. Abbiamo a che fare con
un uomo in carne e ossa, con una persona. Quest’uomo,
sordo e muto, è un uomo preciso, ha un nome — anche se
non lo conosciamo —, si tratta di qualcuno in
particolare, di un individuo che Gesù vuole incontrare
personalmente, tanto da prenderlo a parte dalla folla.
Posso quindi riconoscermi in quest’uomo, perché anche io
sono stato toccato personalmente da Gesù Cristo. Sono
sordomuto? No. Però ci sono anche altri modi di essere
in difficoltà nelle relazioni con gli altri. L’essere
sordi e l’essere muti sono un impedimento reale nelle
relazioni. Il mio carattere, le mie paure, le profonde
ferite che la cattiveria degli altri mi ha inflitto, la
mia disattenzione, le mie tentazioni di scappare, il mio
egoismo, il mio peccato… sono ugualmente ostacoli alla
relazione con gli altri. Gesù viene a ristabilire il
sordomuto nella sua piena capacità di relazione. Mi
sembra che questo sia il caso particolare di una regola.
Mi sembra che, nonostante il carattere unico di ogni
conversione, è sempre a questo livello di profondità che
si incontra veramente Gesù. Quando Gesù viene a me, mi
chiede come vivo, in relazione a Dio, agli altri e a me
stesso.
L’altra ragione per cui ho scelto questo testo è la
descrizione dei gesti di Gesù. È raro che i vangeli ci
descrivano questi gesti molto concreti, molto fisici
di Gesù. Gesù tocca, mette le dita nelle orecchie del
sordo, mette la sua saliva sulla lingua del muto. Gesù
alza gli occhi al cielo, geme, si affatica. Quest’atteggiamento
di Gesù si ritrova nel vangelo secondo Giovanni, al
capitolo 9, con l’episodio della guarigione del cieco
nato. Ireneo di Lione l’ha interpretato come
un’allusione al libro della Genesi, in cui si vede Dio
creare l’uomo con gesti molto concreti, plasmando la
polvere del suolo e soffiando poi nelle narici della
statua.
Se si riprende qui quest’interpretazione, si può pensare
che Gesù non guarisce soltanto il sordomuto, ma lo
ricrea o, più esattamente, manifesta il progetto
creatore di Dio, progetto che la malattia, che la
disabilità nascondevano. Progetto che, ancora oggi, è
reso oscuro dalle nostre malattie, dalle nostre
disabilità, dalle nostre immaturità, le nostre
incapacità, le ferite che abbiamo ricevuto. Gesù ha
rigenerato la vita del sordomuto e l’ha ristabilito
nella sua vocazione.
Facciamoci questa domanda: la venuta di Gesù ha
dissipato tutte le oscurità? E ancora: la nostra fede in
Gesù ci rende capaci di poter sempre vedere in modo
leggibile il progetto di Dio, di capire sempre la nostra
vita come una vocazione? No. Non è sempre evidente che
Dio sia buono, che ci ami, che voglia la nostra
salvezza, perché questo sembra a volte contraddetto
dagli eventi della nostra vita. Eppure, la fede
cristiana ci permette di affermare senz’ombra di dubbio
che Dio è buono, che ci ama e che vuole la nostra
salvezza. C’è qui una particolarità cristiana. C’è, nel
cristianesimo, una certezza riguardo alla bontà di Dio.
Da dove viene? Infatti, ancora una volta, la fede
cristiana non ci protegge dalle prove proprie di ogni
vita umana, prove che, a volte, sfigurano l’uomo e,
nello stesso tempo, la nostra immagine di Dio. Credo che
la risposta a questa domanda è Gesù Cristo, nel senso
che Gesù Cristo stesso si propone come risposta. Penso
qui in realtà all’esperienza che facciamo di Gesù nel
sacramento dell’eucaristia. Il sacramento
dell’eucaristia è cibo, comunione, ritrovo attorno al
tavolo che Dio prepara per nutrici. È Dio che, con la
mediazione della Chiesa e, in particolare dei preti,
realizza il sacramento dell’eucaristia. È Dio che dà se
stesso come cibo, nel suo Figlio Gesù Cristo.
Sperimentiamo qui, concretamente le parole di san Paolo
nel terzo testo proposto per il nostro incontro di oggi:
Rm 8,31-39.
Conclusione
La vita è
a volte una prova, per il cristiano come per il non
cristiano. L’enigma del male rimane intero, che abbiamo
o no la fede. Anzi, il carattere enigmatico del male si
manifesta forse soprattutto nel cristianesimo. Può
succederci di vivere delle prove che ci sembrano
contraddire la nostra fede in un Dio che è amore.
Tuttavia, senza aver la possibilità di risolvere
razionalmente l’enigma del male, senza aver la
possibilità di proteggerci dalle prove della vita, senza
aver la possibilità di evitare di vivere dolorosamente
l’allontanamento apparente di Dio, abbiamo, nella fede
cristiana, e in particolare nel sacramento
dell’eucaristia, la certezza che Dio è amore. Con
l’eucaristia, posso fare concretamente l’esperienza che
Dio vuole che io viva perché Dio mi nutre, ha cura di
me, si dà a me in Gesù Cristo. Con l’eucaristia, ho
concretamente e reciprocamente la possibilità di darmi
in cambio a Dio in Gesù Cristo, offrendo il mio corpo al
corpo e al sangue di Cristo. L’eucaristia è un’alleanza,
un corpo a corpo, un’offerta reciproca in cui Dio è il
primo ad impegnarsi nei miei confronti, dove Dio mi dà
la possibilità di impegnarmi a mia volta di fronte a lui
e di fronte agli altri, prima nei confronti di quelli
che comunicano allo stesso mistero, poi nei confronti
del mondo intero. Per tutti viene celebrato il mistero.
L’eucaristia mi dà la certezza che, grazie a Dio, la
nostra vocazione è vivere per Dio, vivere in Dio, e
questo per sempre, perché quest’alleanza non può avere
fine.
TESTI
Testo 1
Ez 16,
1–22.35–43.59–63
Mi fu rivolta questa parola del
Signore:
2 «Figlio
dell'uomo, fà conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini.
3 Dirai
loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per
origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era
Amorreo e tua madre Hittita. Alla tua nascita, quando fosti
partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata
con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di
sale, né fosti avvolta in fasce.
5 Occhio pietoso
non si volse su di te per farti una sola di queste cose e
usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata
via in piena campagna, il giorno della tua nascita.
6 Passai vicino
a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi:
Vivi nel tuo sangue
7 e cresci come
l'erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti
al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed
eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.8 Passai
vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età
dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e
coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il
Signore Dio, e divenisti mia.
9 Ti
lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio;
10 ti vestii di
ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di
bisso e ti ricoprii di seta;
11 ti adornai di
gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al
collo:
12 misi al tuo
naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida
corona sul tuo capo.
13 Così fosti
adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di
seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo
cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser
regina.
14 La tua fama
si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era
perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del
Signore Dio.
15 Tu
però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della
tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad
ogni passante.
16 Prendesti i
tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti
prostituivi.
17 Con i tuoi
splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati,
facesti immagini umane e te ne servisti per peccare;
18 poi tu le
adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle
immagini presentasti il mio olio e i miei profumi.19 Il
pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l'olio e il
miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta
di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
20 Prendesti
i figli e le figlie che mi avevi generati e li sacrificasti
loro in cibo. Erano forse poca cosa le tue infedeltà?
21 Immolasti i
miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il
fuoco.
22 Fra tutte le
tue nefandezze e infedeltà non ti ricordasti del tempo della
tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue!
[…]
35 Perciò,
o prostituta, ascolta la parola del Signore.
36 Così dice il
Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate, per la tua
nudità scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con
tutti i tuoi idoli abominevoli, per il sangue dei tuoi figli
che hai offerto a loro,
37 ecco, io
adunerò da ogni parte tutti i tuoi amanti con i quali sei
stata compiacente, coloro che hai amati insieme con coloro
che hai odiati, e scoprirò di fronte a loro la tua nudità
perché essi la vedano tutta.38 Ti
infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e
riverserò su di te furore e gelosia.39 Ti
abbandonerò nelle loro mani e distruggeranno i tuoi
postriboli, demoliranno le tue alture; ti spoglieranno delle
tue vesti e ti toglieranno i tuoi splendidi ornamenti: ti
lasceranno scoperta e nuda.
40 Poi
ecciteranno contro di te la folla, ti lapideranno e ti
trafiggeranno con la spada.41 Incendieranno
le tue case e sarà fatta giustizia di te sotto gli occhi di
numerose donne: ti farò smettere di prostituirti e non
distribuirai più doni.42 Quando
avrò saziato il mio sdegno su di te, la mia gelosia si
allontanerà da te; mi calmerò e non mi adirerò più.
43 Per il fatto
che tu non ti sei ricordata del tempo della tua giovinezza e
mi hai provocato all'ira con tutte queste cose, ecco anch'io
farò ricadere sul tuo capo le tue azioni, parola del Signore
Dio; non accumulerai altre scelleratezze oltre tutti gli
altri tuoi abomini.
59 Poiché,
dice il Signore Dio: Io ho ricambiato a te quello che hai
fatto tu, che hai disprezzato il giuramento e violato
l'alleanza.
60 Anch'io mi
ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua
giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna.
61 Allora ti
ricorderai della tua condotta e ne sarai confusa, quando
riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più
piccole e io le darò a te per figlie, ma non in forza della
tua alleanza;
62 io
ratificherò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono
il Signore,
63 perché te ne
ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra
più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto.
Parola del Signore Dio.
Testo 2
Mc 7, 31–37
Di ritorno dalla regione di Tiro,
passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in
pieno territorio della Decàpoli.32 E
gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.33 E
portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita
negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;34 guardando
quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà»
cioè: «Apriti!».35 E
subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della
sua lingua e parlava correttamente.36 E
comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo
raccomandava, più essi ne parlavano37 e,
pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa
udire i sordi e fa parlare i muti!».
Testo 3
Rm 8, 31-39
Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà
contro di noi?32 Egli
che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per
tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?33 Chi
accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica.34 Chi
condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è
risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?35 Chi
ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la
tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la
nudità, il pericolo, la spada?36 Proprio
come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il
giorno, siamo trattati come pecore da macello.37 Ma
in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù
di colui che ci ha amati.38 Io
sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né
principati, né presente né avvenire,39 né
potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura
potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù,
nostro Signore.
Testo 4
Preghiera
eucaristica IV
Padre santo,
hai tanto amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza
dei tempi, il tuo unico Figlio come salvatore.
Egli si è
fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla
Vergine Maria; ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la
nostra condizione umana. Ai poveri annunziò il vangelo di
salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia.
Per attuare il
tuo disegno di redenzione si consegnò volontariamente alla
morte, e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita. E
perché non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto
e risorto per noi, ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo,
primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel
mondo e compiere ogni santificazione.
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