Biblioteca digitale delle Fraternità 

di Gerusalemme di Firenze

        La Badia Fiorentina
 

 

 

Le visite turistiche alla Badia Fiorentina e al Chiostro degli Aranci, si possono effettuare il lunedì dalle 15,00 alle 18,00

 

Alcuni lunedì, dei volontari, i "Girovaghi della Fede" sono disponibili ad accompagnare tutti i turisti che lo desiderano alla scoperta dei segreti di fede ed arte della Badia Fiorentina. Il servizio offerto è gratuito. 1° turno alle ore 15,30 - 2° turno alle ore 16,30. Appuntamento sotto l'organo.

 

servizi sospesi causa covid

 

Brevi cenni storici-artistici sulla  Badia Fiorentina

Le notizie qui riportate sono state liberamente riprese da “La Badia Fiorentina”di Alessandro Guidotti, ed. Becocci, Firenze 1982.

 

L’attuale presenza dei monaci di Gerusalemme in questa antichissima Badia sembra rispettare ancora dopo mille anni la volontà della fondatrice, la marchesa Willa di Toscana, che nel 978 ne promosse l’edificazione e dette vita al nuovo centro ecclesiale con generose e laute donazioni di beni terrieri, donazioni e privilegi.

Poco più tardi (996-997), il figlio Ugo, il generosissimo “gran barone” (Dante, Paradiso, XVI, 28) confermò ed aumentò le donazioni materne con tale munificenza da oscurarne la memoria e rimanere, nel ricordo dei Fiorentini, il fondatore della chiesa, del cenobio e delle opere annesse. La sua memoria, celebrata fin dall’antico con continuità, si protrae fino ad oggi con la liturgia della Santa Messa ogni 21 dicembre. Di questo illustre personaggio rimangono a memoria nella chiesa la bella sepoltura di Mino da Fiesole e gli stemmi della Marca di Toscana (a bande verticali bianco e rosso) sopra l’arco dell’altar maggiore, in facciata su via Ghibellina e su alcuni arredi lignei.

In quei tempi antichi fece molta impressione la presenza in città di monaci benedettini, solitamente lontani dai centri urbani, ma allora, come oggi, quella inedita situazione ben s’inseriva e corrispondeva alla vocazione spirituale e al tempo stesso terrenamente concreta dell’anima fiorentina. Sappiamo infatti dalla conoscenza della storia religiosa ed artistica quanto quella presenza monastica sia stata feconda!!! Quei monaci, animati dal motto “ora et labora”, hanno svolto infatti in Firenze e per Firenze nei secoli un’opera molteplice e profonda, educando moralmente, promuovendo socialmente, stimolando sul piano della ricerca culturale.

Nello stesso tempo elevarono anche un monumento d’arte!!!

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campanile e facciata della Badia Fiorentina vista dalla via Ghibellina

Adesso questo complesso architettonico è abitato dalle Fraternità Monastiche di Gerusalemme, monaci in città, monaci che pur contemplativi, si rendono testimoni del Vangelo lavorando nella città. Lo Spirito Santo ha rinnovato l’antico “ora et labora” in questa comunità contemplativa e concreta che incide moralmente sulla città in modo assolutamente inedito, corrispondente ai nostri giorni.

Un’altra comunità è presente nella bella chiesa di questo antico convento, la comunità dell’Opera di San Procolo, con la celebrazione della Santa Messa ogni domenica, alle ore 9, la “messa dei poveri” che il Professor Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni 1951-58 e successivamente 1961-65, volle fin dal dopoguerra, come momento di comunione spirituale profonda con gli “ultimi”

Stemma della Marca di Toscana all'interno della Badia

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NOTIZIE SULLA PRIMA CHIESA : 978-1284

L’area, nella quale furono eretti la chiesa ed il convento voluti dalla marchesa Willa, era compresa tra le mura del primo cerchio della città ed una più antica chiesetta posta a nord, intitolata a Santo Stefano. Quest’area, adesso difficilmente individuabile, era posta tra via del Proconsolo, piazza San Firenze, via della Condotta, via dei Magazzini e via Dante Alighieri. Il convento fu dedicato alla Vergine Maria e, per volere della fondatrice, doveva essere abitato da monaci benedettini.

La forma della prima chiesa era quadrangolare con tre absidi semicircolari e orientamento tradizionale, ad est, e facciata ad ovest.

 

Della chiesetta primitiva rimangono pochissime tracce:

- la base cilindrica del campanile del X secolo, ancora a fondamento dell’attuale campanile gotico;

- un avanzo di lastra marmorea, decorato in stucco del sec.X-XI;

- frammento di mensa in marmo intarsiato, attualmente nell’altare nella cappella Pandolfini sec.XII-XIII;

- una coppia di bifore in marmo bianco e verde, provenienti probabilmente dall’antica facciata, attualmente posta nel loggiato superiore del chiostro degli Aranci, sec.X

 

 

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coppia di bifore, sec. X (chiostro superiore)

 

LA RISTRUTTURAZIONE DELLA CHIESA : 1284-1307

 

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 La critica attribuisce ad Arnolfo di Cambio, il celeberrimo architetto di Palazzo Vecchio, di Santa Maria del Fiore e di Santa Croce, nonché valente scultore, la ristrutturazione della chiesa a partire dal 1284. I lavori si protrassero fino al primo decennio del Trecento.

Le tre absidi primitive furono allineate su via del Proconsolo, correggendo la curvatura delle antiche mura che nel frattempo erano state demolite; la grande parete sulla strada fu divisa da cinque lesene che separano quattro alti e stretti finestroni archiacuti. Probabilmente fu mantenuta l’antica dimensione della larghezza della chiesa, fu realizzato un nuovo presbiterio rialzato di vari gradini e questo fu diviso in tre cappelle con crociere archiacute ed archi ogivali all’ingresso. Le cappelle del presbiterio avevano affreschi con storie di Cristo (a sinistra), storie della Vergine (al centro), storie di Santi Martiri (a destra) con vari gradini e questo fu diviso in tre cappelle con crociere archiacute ed archi ogivali all’ingresso. Le cappelle del presbiterio avevano affreschi con storie di Cristo (a sinistra), storie della Vergine (al centro), storie di Santi Martiri (a destra) con dedicazione a San Giovanni evangelista. I resti di questi affreschi trecenteschi, (quelli dell’abside centrale eseguiti da Giotto!!), sono nei depositi degli Uffizi, ad eccezione di alcuni con le scene della Vita di Cristo, attualmente visibili nella cappella di San Bernardo.

 

 

 

 

 

pianta del complesso di Badia, secondo la ricostruzione di W.Paatz. in nero l'attuale impianto, in rosso la chiesa alto-medievale, in blu la chiesa gotica (da “La Badia Fiorentina” cit., Firenze 1982.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

parete esterna dell'abside, sec. XIV (su via del Proconsolo)

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ll corpo centrale della chiesa fu diviso in tre navate corrispondenti alle cappelle del presbiterio; sappiamo che questa chiesa aveva la copertura a capriate dipinte, il coro era transennato ed aveva un ingresso secondario sul fianco settentrionale. Questo ingresso, accecato, è ancora visibile dall’esterno del chiostro di accesso. Sull’altar maggiore era stato collocato il magnifico polittico di Giotto, attualmente esposto alla Galleria degli Uffizi. All’interno della chiesa, sulla parete nord, sono ancora visibili resti degli antichi affreschi del Trecento con motivi di finti paramenti murari e piccole scene con storie di santo.

Entro il 1307 fu completato il magnifico campanile, opera progettata da Arnolfo di Cambio.

La facciata gotica, con timpano e rosone, è ancora visibile nella parte superiore (nella parte inferiore sono addossate costruzioni di epoche successive) dal cortile interno ora della Pretura (accesso da piazza San Martino, 2) o da un punto di vista sopraelevato.

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Il Campanile visto dal Chiostro degli Aranci

 

NOTIZIE SUGLI INTERVENTI PRINCIPALI DELL’EDIFICIO CONVENTUALE

 NEL QUATTROCENTO E NEL CINQUECENTO

Durante la guida dell’abate Gomezio Ferreira de Silva (1419-1439) l’area del monastero si allargò considerevolmente fino alle attuali via dei Gondi, dei Calzaiuoli, del Corso e del Proconsolo; in questo periodo fu realizzato il “chiostro degli Aranci” (Bernardo Rossellino), si incrementò la Biblioteca con rari e numerosissimi documenti antichi, libri preziosi manoscritti e miniati, si acquisirono ricchissimi paramenti liturgici e si costituì un patrimonio inestimabile di manufatti artistici.

Alla fine del Quattrocento (1494 circa) Giovan Battista di Pandolfo Pandolfini affidò a Bernardo da Rovezzano una serie di imponenti strutture: il portale di accesso su via del Proconsolo con scalinata (distrutta nel 1720), un elegante atrio a cinque campate con colonne a capitelli corinzi (terminato entro il 1511), di accesso alla chiesa della Badia e alla nuova cappella di famiglia, eretta sul luogo dell’antichissima chiesetta di Santo Stefano, dove sappiamo che Boccaccio nell’ottobre 1373 lesse Dante. Il nuovo atrio di Benedetto da Rovezzano si apriva su un cortile rettangolare di fronte ad un altro porticato, con sei campate, volte a crociera e capitelli compositi realizzato nello stesso periodo, ma opera di altro architetto, forse Giuliano da Sangallo. Tra il 1513 e il 1566 venne eretta la contigua cappella Bonsi, intitolata a San Benedetto e già contenente una scomparsa sepoltura con iscrizione.

Anche nel corso del Cinquecento (a partire dall’aprile del 1588) il monastero si ampliò di nuovi locali ad uso di dormitorio, foresteria, granai, celle, magazzini nella direzione ovest/nord-ovest.

 

Il chiostro degli aranci,  particolare del pozzo

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l'altar maggiore

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LA TRASFORMAZIONE DELLA CHIESA: 1628-1663 circa

 Nei primi decenni del Seicento, su iniziativa dell’abate Serafino Casolani, fu decisa una radicale trasformazione della chiesa e se ne affidò il progetto e la realizzazione all’architetto Matteo di Marco Segaloni: i lavori iniziarono il 2 febbraio 1628 e si protrassero all’incirca fino agli anni 1660/70.

Gli interventi principali previdero:

- il cambiamento di accesso della chiesa che divenne sul lato nord, a fianco di quello secondario del Trecento: di conseguenza fu chiuso e mimetizzato l’accesso ad ovest;

- la trasformazione della pianta:da croce latina irregolare a croce greca regolare e geometrica;

- la collocazione dell’altar maggiore: da est a sud;

- la realizzazione di un nuovo coro molto profondo;

- la realizzazione di un nuovo soffitto ligneo (1631) che nascose le antiche capriate dipinte, ancor oggi esistenti sotto il soffitto a lacunari;

- la realizzazione delle due grandi cantorie nei bracci est ed ovest ad opera di Felice Gamberai tra il 1628 e il 1631;

- la realizzazione di un nuovo pavimento nel 1663 (l’antico, risalente alla fine del XIII secolo, era in tarsie di mattoni in maiolica colorata a motivi geometrici; furono così rimosse tutte le antiche sepolture, alcune delle quali collocate nel chiostro degli Aranci). Anche la pavimentazione seicentesca però non ci è pervenuta, perché sostituita e rifatta di nuovo tra il 1968 e il 1972, in occasione di un impegnativo intervento di restauro che previde nuovamente la rimozione delle sepolture seicentesche ;

- la realizzazione di una nuova sacrestia sul luogo dell’antica Biblioteca;

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coro (lato destro)

Liturgia alla Badia Fiorentina

 

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- la realizzazione tra il 1660 e il 1664 della cappella dedicata a San Mauro, il cui patronato era della Famiglia Covoni. Questa cappella, costruita per custodire una preziosa reliquia del Santo, fu addossata alla facciata originaria e si trova sul fondo del braccio ovest della crociera.

In questo periodo quindi, cioè intorno al 1670, la chiesa assunse l’aspetto che ancora oggi vediamo, ad eccezione della pavimentazione, rifatta recentemente, tra il 1968 e il 1972.

Il convento soppresso tra il 1808 e il 1811, perse nei suoi ambienti le antiche destinazioni, divenuti per la maggior parte ad uso di uffici della Pretura, abitazioni di privati, magazzini e negozi.

La Chiesa invece ha continuato sempre ad essere aperta dai pochi monaci benedettini rimasti fino al 1925, anno in cui divenne parrocchia. Nel 1998, soppressa la funzione parrocchiale, fu affidata alle cure delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme.

L’ACCESSO DA VIA DEL PROCONSOLO

Di fronte a via Ghibellina e all’entrata del Bargello, affiancato alla imponente parete dell’abside trecentesca risalta il portale che Benedetto da Rovezzano realizzò per volere di Giovan Battista di Pandolfo Pandolfini, in un periodo tra il 1494 e i primi anni del Cinquecento.

Il portale, in pietra serena, è composto da due colonne scanalate, che sostengono una doppia architrave sulla quale è posto un arco a tutto sesto, con duplici modanature entro il quale è stata collocata alla fine dell’Ottocento, una bella lunetta in maiolica invetriata, con Madonna, Bambino e angeli, a mezzo busto, opera di Benedetto Buglioni (1461-1521). Lo stemma dei Pandolfini, una serie di delfini fluttuanti, ricorre sui capitelli, sull’architrave e sui lati esterni dell’arco. Sopra il portale un grande stemma del monastero a bande verticali, parallele; un altro simile, più piccolo è posto vicino ad una lapide che riporta i versi nei quali Dante ricorda Ugo di Toscana.

Il portale poggia sugli scalini eseguiti nel 1870, in sostituzione di una doppia rampa fatta nel 1730, che a sua volta aveva sostituito le ben più antiche “scalee”.

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L’ATRIO

L’accesso alla chiesa è possibile da via del Proconsolo e da via Dante Alighieri tramite un elegante porticato, commissionato dalla famiglia Pandolfini a Benedetto da Rovezzano che lo eseguì entro il 1511.

Questo porticato, composto da cinque campate delimitate ad ovest da eleganti colonne lisce in pietra serena con capitelli corinzi e ad est da una lunga parete su cui si aprono le cappelle Bonsi e Pandolfini, si apre su un piccolo cortile rettangolare. Il lato nord del cortile è composto dal muro della chiesa dove è ancora visibile un’antica porta trecentesca ed il campanile di Arnolfo; il lato est è costituito da un altro porticato con sei campate, volte a crociera, colonne e capitelli compositi, opera probabile di Giuliano da Sangallo (1445ca-1516) il lato sud è il muro dell’antico edificio conventuale, adesso sede di uffici della pretura.

Nel corridoio dell’atrio che da via Dante Alighieri arriva all’attuale ingresso della chiesa vi è l’accesso alla cappella Bonsi e alla cappella Pandolfini.

 

l'atrio, con a destra gli accessi alla Cappelle Pandolfini  e Bonsi  - sulla sinistra il chiostro (in restauro)

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LA CAPPELLA PANDOLFINI

Questa cappella, che si apre sull’atrio descritto precedentemente, occupa il luogo dell’antica chiesa di Santo Stefano (chiesa in cui Boccaccio lesse Dante dall’agosto all’ottobre del 1373 !!!). Fu commissionata dalla famiglia Pandolfini a Benedetto da Rovezzano e realizzata intorno al 1511. Si accede da un semplice portale rinascimentale, architravato in pietra serena, che conserva ancora gli originali battenti lignei scolpiti ed intagliati con i motivi dei delfini. La pianta dell’interno è quadrata; lo sviluppo verticale delle pareti è suddiviso da cornici marcapiano in pietra serena sull’esempio brunelleschiano, ma con proporzioni diverse; una cupola semisferica copre l’ambiente; sulla parete dell’altare, al centro, si apre un profondo e grande prospetto in pietra serena composto da arco a tutto sesto su pilastri scanalati con doppi elementi di capitelli. Sopra l’altare, ornato da stemmi dei Pandolfini e da un frammento di mensa romanica, è posto un dipinto raffigurante “La lapidazione di Santo Stefano”, opera di Giovanni Bilivert (1576-1644). Sull’antico pavimento vi sono numerose iscrizioni, di cui una ricorda che Roberto, nipote di Giovan Battista Pandolfini, volle realizzare quel pavimento nel 1592.

Ai lati dell’altare due piccole porte in pietra serena di accesso a piccolissimi spazi compresi tra il muro trecentesco sulla strada e quello della cappella; sopra le porte due belle monofore rinascimentali, con cornici in pietra serena.

ingresso della Cappella Pandolfini, ora in restauro

LA CAPPELLA BONSI

Si tratta di un piccolo vano che si affaccia sull’atrio d’ingresso, accanto alla cappella Pandolfini, cui si accede da un antico portale ligneo intagliato e sormontato dallo stemma di famiglia. Adesso questa antica cappella è occupata da “Monastica” un piccolo luogo di accoglienza dove vengono venduti prodotti di molteplici monasteri, nonché pubblicazioni relative ai Monaci di Gerusalemme. La costruzione della cappella risale ad un periodo di tempo tra il 1513 e 1566, fu dedicata a San Benedetto, è a pianta quadrata ed è caratterizzata da una semplice divisione architettonica rinascimentale in pietra serena. Al centro, nel pavimento in laterizio, una lastra tombale.

a sinistra: portale d'ingresso sul cortile, sec. XIV

                                                  a destra: ingresso alla Cappella Bonsi, ora sede di "Monastica"

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IL CAMPANILE

L’attuale campanile, uno dei più belli in Firenze, è stato costruito sulla base cilindrica del più antico campanile risalente al X secolo, è stato progettato da Arnolfo di Cambio ed eseguito nei primi anni del Trecento.

E’ formato dalla sovrapposizione di quattro piani a pianta esagonale in pietra a vista. Ogni lato del campanile si apre con bifore più piccole e con archi a tutto sesto le più basse, più slanciate e con archi a sesto acuto le più alte.

La struttura termina in alto con una cuspide molto pronunciata esagonale, alla cui base sei piccole cuspidi con finestre quadrilobe.

Il campanile, che ha subito nel tempo numerosi incidenti e manomissioni, è stato restaurato nel 1900 e, più recentemente negli ultimi dieci anni.

 

 

 

 

 

 

 

Il campanile, visto da Piazza San Firenze

BREVE VISITA ALLA CHIESA

Entrando in chiesa siamo colpiti dall’eleganza e dalla chiarezza architettonica di questo ambiente con pianta a croce greca. Davanti all’ingresso, sopra una breve scalinata l’altare, una semplice mensa in pietra serena, sormontata da una moderna croce in legno dipinto, in stile bizantino. Dietro un magnifico arco trionfale che introduce al coro. Sulla parete a sinistra dell’entrata un bel dipinto di Filippino Lippi, raffigurante “La Madonna che appare a San Bernardo”, proseguendo a sinistra si apre la cappella di San Bernardo dove si trovano affreschi staccati del primo Trecento e dove si apre un piccolo spazio dove i monaci fanno accoglienza spirituale; sulla parete del braccio est monumento funebre a Ugo di Toscana di Mino da Fiesole, sormontato da una grande cantoria nella quale è inserita “L’Assunzione della Vergine “di Giorgio Vasari. Segue una cappella con altare e struttura architettonica in pietra serena dove è custodito il Santissimo Sacramento; poi troviamo l’altar maggiore e sul braccio ovest un’altra cappella, simmetrica alla precedente. Sulla parete ovest si apre la cappella dedicata a San Mauro, che è anche di accesso al chiostro degli Aranci e quindi agli ambienti monastici. In questa cappella c’è pure l’ingresso al campanile. Sopra l’entrata della cappella di San Mauro un antico e pregiato organo del 1558, con cantoria. Proseguendo un monumento funebre di Mino da Fiesole dedicato a Bernardo Giugni, poi un dossale marmoreo ancora di Mino da Fiesole con Madonna e Bambino e i Santi Lorenzo e Leonardo; infine sulla parete della controfacciata arcosolio di Bernardo Rossellino con monumento funebre a Giannozzo Pandolfini e resti di affreschi trecenteschi. La chiesa ha un bellissimo soffitto ligneo dei primi decenni del Seicento intagliato e riquadrato con ricchi lacunari.

DESCRIZIONE DELLE OPERE D’ARTE NELLA CHIESA

Citiamo le più importanti emergenze artistiche in ordine cronologico,indicando la loro collocazione attuale in chiesa:

·         Quattro stralci di affreschi raffiguranti la ”Flagellazione di Cristo”,”Pilato in carcere”,”Giuda impiccato”, la “Salita di Gesù al Calvario”. Sono affreschi staccati durante il restauro eseguito tra il 1958 e 1960, attualmente posti nella cappella di San Bernardo, originariamente dipinti sui muri di una delle cappelle del presbiterio, quella posta a sinistra dell’abside centrale, di patronato Giochi Bastari. Sono opera di un valente pittore fiorentino molto vicino a Giotto, da alcuni ritenuto Nardo di Cione, che li eseguì verso il 1301 con uno stile di grande qualità espressiva, chiarezza formale e realismo sintetico

 

·         Resti di affreschi del tardo Trecento con finti paramenti murari e piccole storie di Santo nella parete della controfacciata. Questi affreschi ci lasciano intuire l’aspetto della chiesa gotica, decorato vivacemente

 

·         Tomba ad arcosolio di Giannozzo Pandolfini, attribuita alla scuola di Bernardo Rossellino, realizzata appena dopo il 1456, anno di morte di questo personaggio importante nella vita politica e diplomatica di Firenze. La sepoltura, che si trova nel settore ovest della controfacciata, è costituita da un sarcofago, sopra un basamento ripartito da lesene, incassato entro una lunetta incorniciata da festoni e sorretto da due delfini. Sulla parte frontale l’epigrafe sorretta da una coppia di putti alati e sul coperchio lo stemma dei Pandolfini entro una ghirlanda.

 

cappella di San Bernardo - "Salita di Gesù al Calvario", sec. XIV

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a sinistra: tomba di Giannozzo Pandolfini sulla parete di fondo

 

a destra: resti di affresco del Tardo Trecento

·         Monumento funebre a Bernardo Giugni, opera di Mino da Fiesole che la compì, tra il 1466 e il 1469, attualmente posta nella parete destra del braccio a ovest della crociera, in origine nella navata gotica meridionale. La struttura della tomba, ripresa da Bernardo Rossellino, e molto simile a quella che lo stesso artista fece ad Ugo di Toscana nella stessa chiesa, poggia su un basso zoccolo: entro una grande struttura rinascimentale è collocata la figura del defunto distesa su un sarcofago con iscrizione e due angiolini alati. Al di sopra una specchiatura tripartita in porfido rosso ed allegoria della Giustizia al centro. Entro la grande lunetta che poggia su un’architrave con ai lati due stemmi Giugni, una scultura con ritratto di Bernardo, cancelliere della Repubblica fiorentina. Sulla sommità, al di fuori dell’arco, una statuetta con cartiglio.

·         Dossale marmoreo con Madonna e Bambino fiancheggiati dai Santi Lorenzo e Leonardo, eseguito da Mino da Fiesole tra il 1464 e il 1470 per un’opera più complessa commissionatagli da Dietisalvi Neroni per la sua cappella in San Lorenzo. Quest’opera non fu completata come previsto, perché il committente fu esiliato. Fu lasciata in deposito alla Badia: nel 1470 i monaci saldarono all’artista l’opera realizzata nella forma in cui la vediamo e la collocarono in sacrestia.

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dossale marmoreo di Mino da Fiesole

Monumento Funebre a Ugo di Toscana

 

·         Monumento funebre ad Ugo di Toscana eseguito da Mino da Fiesole tra il 1469 e il 1481, posto sulla parete che delimita il braccio est della crociera, in corrispondenza dell’antico altar maggiore, dove si trovava il celebre polittico di Giotto, ora agli Uffizi. Il corpo del marchese era stato tumulato in Badia fin dal 1001, data della sua morte, in una cassa di ferro ed in un’urna di porfido.

Mino da Fiesole, valente scultore fiorentino del Rinascimento,r ealizzò questo monumento, commissionatogli fin dal 1469, in marmo bianco di Carrara, con alcuni inserimenti in porfido rosso scuro. Mino riprese lo schema usato da Bernardo Rossellino nel monumento a Leonardo Bruni in Santa Croce: infatti ha organizzato la tomba poggiandola su un basamento ornato da due angeli alati che reggono l’iscrizione su cui è ricordato l’anno del compimento dell’opera, 1481. Sopra il basamento è realizzata una struttura architettonica rinascimentale, delimitata alle estremità da due lesene con capitelli classicheggianti su cui poggia un arco a tutto sesto. Entro questa architettura, nella parte inferiore di forma rettangolare è inserito il sarcofago con sopra il defunto disteso sul letto funebre, sopra di lui, al centro, su un fondo diviso in tre specchiature, un’allegoria della Carità. Sopra l’architrave che delimita la sezione rettangolare dalla lunetta superiore, un tondo con “Madonna e Bambino Gesù”. Ai lati del sarcofago, in basso, fuori dal prospetto architettonico, due putti con lo stemma, a bande verticali rosse e bianche, della Marca di Toscana. Quest’opera d’arte, considerata il capolavoro di questo artista, è un bell’esempio dell’arte fiorentina rinascimentale che dimostra di voler unificare le “arti maggiori” (architettura, scultura, pittura) in una rappresentazione di grande armonia compositiva, di realismo idealizzato, di comprensione e rielaborazione dell’arte antica romana, oltre che porsi come memoria delle virtù degli uomini illustri per i contemporanei ed i posteri,virtù da imitare e celebrare.

·         Dipinto raffigurante L’Apparizione della Madonna a San Bernardo, opera di Filippino Lippi che la eseguì probabilmente tra il 1482 e il 1486 per la cappella di famiglia Del Pugliese nel monastero di Santa Maria delle Campora di Marignolle, presso Firenze. Questo dipinto arrivò alla Badia durante l’assedio del 1530, per motivi di sicurezza. Sappiamo che il convento delle Campora dipendeva dai monaci della Badia fiorentina. Il committente, Piero di Francesco Del Pugliese, è raffigurato di profilo, a mani giunte, in basso a destra mentre osserva la scena dell’Apparizione della Vergine a San Bernardo, in estasi, sul fondo a destra in alto i monaci osservano, fuori del convento, meravigliati la luce di cui non comprendono il significato. Un particolare curioso è la raffigurazione di un demonio coperto di pelliccia e con minacciose zanne nascosto nella roccia sotto al santo. Il dipinto di Filippino colpisce per la nitidezza del disegno, lo splendore dei colori, la delicatezza e la dolcezza delle fisionomie molto espressive, e belle proporzioni e la sapiente organizzazione della composizione e della profondità. Tuttavia il disegno dell’artista, inquieto e sinuoso, conferisce alla scena un dinamismo psicologico molto innovativo rispetto al clima artistico fiorentino, che gravitava alla corte di Lorenzo il Magnifico di cui Botticelli era senza dubbio il protagonista, dal quale si era invece appena allontanato Leonardo in cerca di altro tipo di committenze a Milano

 

Filippino Lippi: "Apparizione della Madonna a San Bernardo" (particolare)

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Il coro ligneo costituito da trentadue stalli in noce intagliato e intarsiato, eseguito tra il 1501 e il 1502 dai maestri legnaioli Francesco e Marco Del Tasso. Questo coro si trovava nella chiesa arnolfiana nello spazio al centro della navata centrale, prima dell’inizio delle navate laterali. Nello spostamento della nuova sistemazione seicentesca furono fatte delle modifiche perché le parti si adattassero alle nuove esigenze, come la critica ha rilevato in occasione dei restauri eseguiti tra il 1969 e il 1972. La serie dei sedili di sinistra si apre con il bue (San Luca) e si chiude con l’aquila (San Giovanni); quelli di destra si inizia con il leone (San Marco) e termina con l’angelo (San Matteo). Bellissimi sono i braccioli terminali, molto espressive le sculture, mirabili le tarsie dei pannelli lignei.

badalone del coro sec XVI

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Gli stessi legnaioli eseguirono lo stupendo badalone, ancora in loco: su una base massiccia a sezione esagonale poggia una colonna rivestita di intagli ed un elemento piramidale a tre piani inclinati sui quali si appoggiano i corali. Ad un altro maestro della stessa epoca, anonimo, è invece attribuito il bel candelabro ligneo per il cero pasquale: sulla base triangolare, su cui è intagliato lo stemma della Badia, e sullo allungato nodo sporgono protromi umane a tutto rilievo; il corpo dell’oggetto, un unico pezzo, risulta dalla sovrapposizione di strutture variamente sagomate che ora si restringono, ora si allargano in armonioso rapporto

 

 

 

 

 

candelabro ligneo sec. XVI

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·         Organo : opera di Onofrio Zeffirini da Cortona che lo terminò nel 1558

Si tratta dell’unico organo di questo celebre costruttore di strumenti rimasto pressoché integro fino ad oggi: infatti gli altri importanti organi da lui eseguiti (in Sant’Ambrogio, nella chiesa di Ognissanti, in Santa Trinita, in Santa Croce, nel Duomo) sono stati o smembrati o manomessi. A questo bellissimo organo infatti mancano solo l’antica tastiera e una decina di canne piccole su un complesso di 416! Le fonti antiche ricordano la grande fama dello Zeffirini, quasi un mito durato fino al secolo scorso in questa specialità artistica: il restauro, compiuto tra il 1978 e il 1979 recuperando interamente le particolari sonorità, anche manieristiche, di questo strumento, ha confermato la fama del suo costruttore. L’organo è inserito entro strutture lignee dorate, dipinte ed intagliate da Felice Gamberai (attivo in Badia negli anni 1628-1631) nelle quali sono inseriti dipinti raffiguranti a sinistra, a figura intera un “San Michele”, e sopra, entro un tondo, il volto di “Santa Cecilia” dipinti nel 1635 da Francesco Furini; a destra dell’organo un “San Giovanni Battista“ con sopra, entro un tondo, il volto di “David” dipinti nello stesso anno da Baccio del Bianco.

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·         Dipinto raffigurante “Assunzione di Maria Vergine” con i Santi Benedetto, Nicola di Bari e Santa Scolastica a sinistra e a destra i Santi Lorenzo, Agostino e Giustina, opera di Giorgio Vasari (1511-1574) che realizzò e sistemò sull’altare maggiore della chiesa il 2 febbraio 1568, prendendo il posto dell’antico polittico di Giotto, adesso esposto alla Galleria degli Uffizi. L’opera del Vasari che comprendeva pure una predella, di cui restano due parti a Palazzo Pitti, fu smembrata in occasione della trasformazione seicentesca della chiesa ed inserita nella grande cantoria posta nel braccio est della chiesa, realizzata da Felice Gamberai intorno al 1628.

 

 

 

Cantoria di Felice Gamberai, con "Assunzione di Maria Vergine" di Giorgio Vasari

sopra: Dipinto raffigurante “Cristo porta la croce con la

Veronica” dipinto da Giovan Battista Naldini (1537ca.-

1591) verso il 1570, posto nell’altare della cappella a sini-

stra dell’altare maggiore.

 

 

 

 

 

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a fianco: Dipinto raffigurante la "Pentecoste" dipinto da Mirabello Cavalori (1510-20ca.-1572). posto sull'altare della cappella a destra dell'altar maggiore

sopra: Madonna con Bambino (XIX secolo)

a destra: "Croce Gloriosa" di Giovanna Faccincani

 

 

·         Soffitto ligneo intagliato a cassettoni ottagonali e rettangolari disposti entro una cornice percorsa ininterrottamente da motivi decorativi fogliacei e sostenuta da finte mensole di acanto eseguito tra il 1628 e il 1631 da Felice Gamberai, che realizzò qui il suo capolavoro tanto da venir richiesto per altri lavori simili fuori Firenze.

·         All’esterno dell’arco del coro si possono osservare, a sinistra una "Immacolata Concezione", a destra una “Annunciazione”, opera di un pittore anonimo del primo Settecento e al centro “Martirio di Santo Stefano” opera di Gian Domenico Ferretti.

Lo stesso pittore eseguì anche, all’interno del coro, “l’Incoronazione della Vergine” e “l’Assunzione della Vergine”, nel 1734 circa.

Le figure dei “Profeti” e le finte architetture sulle pareti all’interno del coro furono eseguite da Pietro Anderlini nel 1734.

·         Cappella di San Mauro (braccio ovest della crociera, addossata all’antica facciata) progettata dall’architetto Giovan Battista Balatri tra il 1660 e il 1664 su commissione della famiglia Covoni che la volle per custodire una preziosa reliquia di quel Santo. Sull’altare un dipinto ”San Mauro che risana gli storpi“ di Onorio Marinari (1627-1715), sul soffitto “San Mauro in gloria” di Vincenzo Meucci (1699-1766), le finte architetture dipinte sulle pareti sono di Pietro Anderlini. Un’epigrafe posta sotto e dietro la mensa dell’altare ricorda che la decorazione pittorica fu eseguita nel 1737.

·         Due piccole statue raffiguranti “Madonna con Bambino” e “San Francesco” poste la prima appena fuori della cappella a destra dell’altar maggiore, l’altro all’interno della cappella di San Bernardo, di un artista della prima metà dell’Ottocento.

·     Croce Gloriosa un grande crocifisso sagomato dipinto su tavola in stile bizantino posto sopra l’altar maggiore opera di Giovanna Faccincani, del 2001

Due icone in stile bizantino, raffiguranti la "Vergine con Bambino" e "San Giovanni Battista" poste sui pilastri all'ingresso del coro, rispettivamente a sinistra e a destra, opera di Giovanna Faccincani (2008)

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a sinistra: Vergine con

Bambino

a destra: San Giovanni

Battista

di Giovanna Faccincani

Sulle colonne antistanti il presbiterio

 

a sinistra: San Pietro Apostolo

 

a destra: San Paolo Apostolo

 

 

Icone di  Giovanna Faccincani (maggio 2011)

 

 
 
 

IL CHIOSTRO DEGLI ARANCI

 

Si accede a questo bel chiostro, posto all’interno del complesso monastico e così denominato dagli aranci che vi furono piantati fin dall’antico, dalla cappella di San Mauro e/o dalle scale della sacrestia. Fu realizzato per volere di Filippo di ser Ugolino Pieruzzi, celebre umanista fiorentino, tra il 1432 e il 1438 su progetto di Bernardo Rossellino. E’ formato da due porticati sovrapposti ad archi ribassati (tre sui lati brevi, cinque sugli altri) che poggiano su colonne in pietra serena con capitelli ionici. I muri di separazione tra i due piani sono interrotti da cornici marcapiano orizzontali e lesene verticali che collegano le colonne dei due piani. Al centro del chiostro un bel pozzo quattrocentesco. Sulle pareti del piano inferiore si segnala, tra le numerose memorie di iscrizioni, lapidi e frammenti architettonici, l’ingresso alla più antica sala capitolare .

chiostro degli aranci: il piano superiore

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Al piano superiore sulle lunette delle pareti dei lati settentrionale,   occidentale  la prima campata del meridionale, sono ancora visibili gli affreschi con storie della Vita di San Benedetto, che alcuni attribuiscono a Giovanni di Consalvo, un pittore portoghese compatriota dell’allora abate Gomezio che è documentato nei libri dei creditori negli anni 1436-1439, altri ad un pittore fiorentino, ancora anonimo, denominato “Maestro del chiostro degli Aranci”. Si tratta di scene eseguite con vivo realismo e piacevole disegno secondo l’esempio dei maggiori maestri fiorentini del tempo,in particolare del Beato Angelico.

chiostro superiore: affreschi sulla vita di San Benedetto

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Partendo dall’angolo nord occidentale vi sono raffigurati i seguenti episodi:

·         San Benedetto giovane parte da Roma.

·         San Benedetto, grazie alle preghiere, compie il miracolo di aggiustare il vaglio della nutrice.

·         San Benedetto viene vestito monaco da Romano; il monaco Romano assiste Benedetto a Subiaco; un angelo appare ad un sacerdote mentre consuma il pranzo pasquale rimproverandolo di non pensare alla fame sofferta da Benedetto;

·         San Benedetto si getta nudo in un cespuglio di rovi per vincere le tentazioni e poi assorto in estasi (questa lunetta fu eseguita più tardi dal pittore Agnolo Bronzino, nei primi decenni del Cinquecento).

·         San Benedetto, seduto su un cassone, spezza benedicendolo un bicchiere colmo di vino offertogli da dei confratelli di una confraternita che lo avevano voluto come capo. Tra i volti dei monaci, uno, calvo e sorridente che ammicca verso l’osservatore e sopra il cui capo ci sono le iniziali I.M. è stato indicato come possibile autoritratto dell’autore del ciclo.

·         San Benedetto libera un monaco da un diavolo battendolo sulle spalle con un bastone.

·         San Benedetto recupera miracolosamente un falcetto caduto in un lago da un barbaro mentre ripuliva un terreno di proprietà del monastero.

·         Il monaco Mauro è inviato da San Benedetto a salvare il collega Placido caduto nel lago mentre attingeva l’acqua;

·         Prete Fiorenzo offre a San Benedetto del pane avvelenato; nel refettorio interviene un corvo che lo prende prima che il Santo lo consumi.

·         San Benedetto allontana con la preghiera un diavolo che impediva a dei monaci di sollevare un macigno: allusione ad un episodio della costruzione del monastero di Montecassino;

·         San Benedetto resuscita un giovane religioso rimasto sepolto sotto un muro crollato durante i lavori a Montecassino;

·         San Benedetto si accorge dell’imbroglio tesogli dal re Totila che aveva mandato al suo posto uno scudiero volendosi accertare dei poteri del Santo.

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·         San Benedetto predice a re Totila la prossima morte

 

Seguono sei lunette con le sinopie degli affreschi ricordati; le altre sei sinopie si trovano nei Depositi delle Gallerie.

 

 

 

 

 

 

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