Biblioteca digitale

delle Fraternità

di Gerusalemme

di Firenze

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1999-2009: X° anniversario

 delle Fraternità Evangeliche di Gerusalemme a Firenze

 domenica 29 novembre 2009

 

 

 

 

messaggio del Quintetto delle Fraternità Evangeliche di Gerusalemme

introduzione di sr.Sarah, FMJ

testimonianza di Carmela, FEG Assunta

testimonianza di Marta, FEG Assunta

testimonianza di Riccarda, FEG Immacolata

testimonianza di Carla e Andrea, FEG Nicopeia

 

messaggio del Quintetto delle Fraternità Evangeliche di Gerusalemme

Chers frères et sœurs de Firenze,

 
En allant faire une visite à votre site Internet, j'ai appris que vous alliez célébrer ce dimanche vos dix ans d'existence, par un "Domenica con Dio " !
 
Le Quintette et les répondants de Paris qui seront en réunion ce samedi 28 , 
s'unissent à votre prière d'Action de Grâces.
Béni soit le Seigneur
pour tout le chemin parcouru,
pour les grâces reçues,
pour le témoignage que vous apportez
et pour votre prière
Au cœur de la Ville
Au cœur de Dieu 
 
MAGNIFICAT !
 
introduzione di sr.Sarah FMJ

 

Per iniziare questo tempo di testimonianze e di rendimento di grazie al Signore per i primi 10 anni delle Fraternità Evangeliche di Gerusalemme ho pensato di rivisitare il Libro dei Fioretti della Fondazione nei quali si narrano gli esordi della Fondazione Fiorentina:

 

“Giovedì 22 aprile 1999: già da qualche tempo questa data ricorre negli annunci a fine celebrazione. Tutti i laici che desiderano conoscere e condividere il carisma di Gerusalemme potranno incontrarsi GIOVEDI’ 22 APRILE dopo la liturgia della sera. All’invito hanno risposto 35 persone che, nel presentarsi ci hanno fatto capire come la nostra presenza a Firenze fosse desiderata e preparata dalla loro preghiera. Alcuni avevano conosciuto le nostre Fraternità a Parigi, altri conoscevano il Libro di Vita. Per molti la ricerca di un luogo dove pregare e adorare nel cuore della città li ha portati fino alla Badia prima e a S. Firenze poi. Il Signore sia benedetto!”

 

“Domenica 3 ottobre: UNA DOMENICA CON DIO: tutti i laici che si sono incontrati con il desiderio di camminare con noi monaci e monache alla luce del Vangelo hanno passato un giorno di ascolto, preghiera,  condivisione fraterna a partire dalle lodi insieme, seguito da un insegnamento in due tempi su “Le dieci chiavi della preghiera” e “pregare la città”. Nel pomeriggio sono state proposte tre liste di partecipanti a tre Fraternità Evangeliche che portano il nome della Madre di Dio: l’Annunziata, l’Assunta(in Badia Fiorentina), la Nicopeia (la Vergine di tutte le vittorie)…Così la Famiglia di Gerusalemme che è in Firenze, allarga lo spazio della sua tenda…”

 

Una parola del nostro libro di vita mi è servita come filo rosso per ripercorrere l’esperienza di comunione nella preghiera che ci unisce: nel cuore della città, di questa nostra Firenze, alza le due braccia della lode e dell’intercessione…ho chiesto aiuto ad una mia sorella che conosce il greco per approfondire un po’ la conoscenza di queste due dimensioni di preghiera: innanzitutto LODE – AINEO – approvo, acconsento, che ha come radice AINOS – terribile,  sconvolgente. Nel Nuovo Testamento si trova sempre come lode rivolta a Dio ed è la risposta all’azione di Dio che sempre ci sorprende. Un altro verbo greco che la indica: EULOGHEO - dire bene, bel parlare richiama all’esaltazione continua del nome di Dio che diventa il sacrificio di lode dei redenti da Cristo che subentra definitivamente ai sacrifici precedenti.

Per quanto riguarda la parola INTERCESSIONE - ENTYNCANEIN – incontro, mi imbatto in qualcuno e la radice è TYKE- fortuna, caso  cfr Eb 7,25: Cristo intercessore non ha il compito di far valere i meriti dei credenti, ma li assiste mettendosi sempre dalla loro parte. Un’altra parola greca arricchisce il significato di questa dimensione della preghiera. SYNANTILAMBANOMAI - comprendere, sopportare, aiuto a portare un peso, sgravandone un altro, sottintende l’idea di collaborazione (Marta, lamentandosi della sorella Maria nel Vangelo di Luca, le rimprovera di non “intercedere” si tratta dunque di un aiuto pratico.

Tutto questo ha una risonanza nelle vostre esperienze di preghiera in piccole comunità che portano la città nella loro preghiera e la preghiera nella città, contemplando (e qui cito il Libro di Vita al capitolo Preghiera al paragrafo 14) “Dio gratuitamente e incessantemente nella sua immagine più bella che è la città degli uomini, volti del volto di Dio e riflessi dell’icona di Cristo.”

 

testimonianza di Carmela - FEG Assunta

 

        "Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti. la vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richiesta con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Gesù Cristo." (Fil 4, 4-7).

 

        Per carattere sono una persona ansiosa, è la mia spina nel fianco. Le prime volte che ho partecipato alla liturgia monastica di Gerusalemme, nel marzo 1999, sono rimasta nello stupore per la letizia che traspariva da volti, gesti, parole, canti. Tutto un  calore di accoglienza che mi avvolgeva.

    

        Pensavo: possibile che non abbiano preoccupazioni, difficoltà, prove? Non riuscivo proprio a capire. Comunque andavo tutti i pomeriggi. Mi dicevo: Lui chiama, io vado. Sempre in attesa di capire. Lentamente si è fatta un po' di luce e mi è parso di comprendere che si può, si deve, come dice San Paolo, non per dovere, ma per gratitudine, essere sempre lieti perché abbiamo trovato nella fede il centro di gravità: la presenza del Signore in noi, la sola che può darci armonia e profondo equilibrio.

    

        Per me è stata proprio una conversione.

 

        Non sono lieta perché tutto mi va bene, sono lieta nel Signore che è vicino sempre e ad ogni Avvento ci invita ad attendere di nuovo la sua venuta nella carne, nella storia perché possiamo cambiare mentalità e disporci al suo ritorno definitivo quando saremo lieti con tutti gli uomini che si sono lasciati liberare e salvare da lui.

 

        Non si tratta di fare finta, di fare come se angustie e problemi non ci fossero. E' proprio della natura umana averne, è proprio dell'uomo soffrire ed esserne consapevole.

 

        Si tratta piuttosto di fare presente a Dio nella preghiera ogni nostra necessità. Dal grido di angoscia alla lode, nessuna forma di preghiera è esclusa. Con il salmista esclamiamo: "Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto" (Sal 120, 1) e ancora: "E' bello rendere grazie al Signore / e cantare al tuo nome o Altissimo / annunciare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte, / sulle dieci corde e sull'arpa / con arie sulla cetra. / Perché mi dai gioia, Signore con le tue meraviglie / esulto per l'opera delle tue mani (Sal 92, 1-5).

 

        E' sulla sua fedeltà che conto, non sulla mia, fragile e spesso in pericolo. Conto sul suo dono che pur fra tanti miei limiti, mi permette di ricercarlo sempre, di avere sete della sua Parola.

       

        E’ bello cantare le meraviglie che egli compie già nell’oggi di ogni uomo, nella concretezza del nostro vivere quotidiano fatto di famiglia da curare e accudire, colleghi di lavoro e amici da ascoltare e rispettare con tenerezza nella loro diversità.

 

        Quotidiano spesso costituito da fastidi, appesantimenti, malesseri che possono rendere grigia la giornata che, tuttavia, grazi alla presenza divina, ha sempre un senso. E’ un dono che ricevo e a mia volta cerco di regalare agli altri in piccoli gesti di attenzione e empatia.

 

        Questa quotidianità abitata dalla liturgia, dalla Parola di Dio, dalla condivisione con gli altri, ci rende amabili, fa di noi creature  illuminate da una luce che ci viene da un Altro, da un sorriso e una benevolenza che abbattono ogni barriera di lingua, razza, religione.

 

        E’ Cristo che vive in noi, tra le nostre inadeguatezze e il nostro peccato. E’ lui che ci lascia appoggiare sul suo seno come ha fatto con Giovanni, l’apostolo amato. E’ lui che ci custodisce come un tesoro prezioso anche attraverso la fraternità, sia monastica che laica.

 

        Allora viviamo nella pace, ci incamminiamo verso il sogno di Dio di riconciliazione universale.

 

        Mi pare proprio che la vita delle fraternità evangeliche sia già proiettata verso la nuova Gerusalemme.

 

        In attesa viviamo lieti e grati quaggiù a Firenze – Gerusalemme, città lapiriana sul monte, cercando di accendere nella Chiesa locale di cui siamo una piccola parte, la debole luce di un sorriso e di una speranza.

 

 testimonianza di Marta - FEG Assunta

 

        E’ bello essere qui, nella gioia del primo giorno di Avvento, a rendere grazie al Signore per il dono dei primi dieci anni delle Fraternità Evangeliche di Gerusalemme.

 

        Visto che ci sono state chieste delle testimonianze, inizio la mia con un ricordo che risale proprio a dieci anni fa, l’8 settembre del 1999, primo anniversario della fondazione monastica a Firenze.

 

        La sera avanti, fr.Antoine-Emmanuel mi chiese di dire “due parole” dopo di lui e dopo sr. Rosalba, a nome dei laici, alla fine dell’Eucaristia, presieduta dal Card. Piovanelli.

 

Ne venne fuori una piccola preghiera in cui, fra l’altro, dicevo: grazie Signore, per questo dono di accoglienza, di silenzio e preghiera, di Chiesa, di sorriso, in mezzo a noi.

 

        Dissi anche sorriso – e questo è proprio un pensiero personalissimo – perché il mio primo ricordo “visivo” è il volto sorridente, luminoso, di una sorella, che ora non è più qui, allo scambio della pace durante la prima Eucaristia a cui presi parte.

 

        E ora posso confermare quello che, allora, fu, insieme, intuizione e speranza: dopo dieci anni, dico lo stesso grazie, avendo, in più, l’esperienza di un cammino fatto di momenti “normali”, di momenti “forti” e anche di momenti “difficili”, come si incontrano i qualunque percorso di fede.

 

        D’altra parte la fede è dinamica, si pone domande, si mette in discussione, a volte arranca!

 

        Ci sono stati cambiamenti, novità, a volte vissuti con sofferenza, sempre però sostenuti, almeno per me, dalla certezza che questo è il mio posto, la mia famiglia dove il Signore ha chiamato molti di noi a condividere e testimoniare il dono della fede.

 

        Mi sembra che, quando Gesù ha detto: “come il Padre ha mandato me, così io mando voi” il suo compito è diventato il nostro, compito da portare avanti, pur nel rispetto dei ritmi di cammino di ognuno, nell’unione profonda che viene da una stessa intenzione di amore, nel suo nome.

 

        San Paolo, in uno dei testi che abbiamo scelto per avere un binario comune in queste testimonianze, dice: “qualunque cosa facciate, tutto avvenga nel nome del Signore” (Col 3, 15-17).

 

        Questo mi fa pensare a un giovanissimo trappista, che ho nel cuore, canonizzato da poche settimane, che, pochi giorni prima di morire, a ventisette anni, ha scritto: “quando capirò che la virtù non consiste nel mangiare cipolle, ma nel mangiare cipolle per amore di Dio?” Certo lui ara un trappista, un santo, ma ha sicuramente qualcosa da dire a ognuno di noi, su “come” usare i doni che riceviamo.

 

        E qui ne riceviamo tanti: l’Eucaristia, l’Adorazione, la Lectio, gli incontri personali con fratelli e sorelle sono occasioni di lasciarti seminare dal Signore e dare frutti.

 

        Di questi doni e di tanti altri che riceviamo, l’Adorazione, per me, è una grande ricchezza; da quei momenti a tu per tu col Signore, ognuno di noi può uscire con qualcosa da portare in Fraternità, in famiglia, sul lavoro, se, nel silenzio, nell’ascolto, ha potuto anche solo percepire che il Signore è lì e dice: non temere, io ti vengo in aiuto” (Is 41,13); non temere, ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni” (Is 43,1); “non temere, uomo prediletto, pace a te, riprendi forze, rinfrancati (Dn 10,19); “non temere, continua solo ad aver fede” (Mc 5,96).

 

        Questo dice il Signore a tutte le creature, anche a chi lo rifiuta o non lo conosce.

 

        In questi dieci anni, a me, a tanti di noi lo dice anche qui dove ci ha chiamati a crescere, a camminare cercando di essere segni della sua presenza per i fratelli che incontriamo, testimoni, anche se fragili, del suo amore, per “coltivare insieme la speranza”, come ha detto il nostro vescovo Giuseppe, ieri sera, alla veglia in Cattedrale.

 

testimonianza di Riccarda - FEG Immacolata

 

     Siamo qui oggi a rendere grazie per tutto quello che Dio ci ha donato di vivere in questi dieci anni, per quello che Egli ha operato in ciascuno di noi personalmente e in noi tutti come comunità.

 

     Ma non è al passato che voglio rivolgermi: ciascuno ha nel cuore e custodisce i momenti di grazia, vissuti in fraternità e nel proprio cammino personale.

 

     Quello che desidero condividere con voi sono le ragioni per cui ancora oggi sono contenta e grata al Signore perché mi ha chiamata qui, in questa porzione di Chiesa che è la Famiglia di Gerusalemme, nella città di Firenze.

 

     E lo faccio con le parole di Paolo, nella lettera ai Colossesi (Col 3,15-17): “E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un sol corpo. E rendete grazie!” (v.15)

 

     L’espressione che subito mi colpisce in questo testo è: siete stati chiamati. All’origine di tutto c’è sempre l’iniziativa di Dio. A che cosa siamo stati chiamati? La pace di Cristo regni nei vostri cuori: siamo chiamati ad accogliere il “Pace a voi” del Risorto. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi”(Gv 14,27) aveva detto Gesù nel discorso di addio ai discepoli, prima della passione. “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”…Dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,19,22). Siamo chiamati alla vita spirituale, a vivere secondo lo Spirito, lo Spirito che Gesù alitò sui discepoli, la sera di Pasqua. È l’inizio di una vita nuova, in un cammino di conversione, lungo tutta la vita, per morire all’uomo vecchio e rinascere dall’alto, sotto l’azione dello Spirito.

 

     Un’esperienza di inquietudine, di ricerca personale, che ciascuno di noi forse ha fatto in modi e tempi diversi, è stata trasformata da Dio in una chiamata. Al nostro cuore diviso, con tutte le sue contraddizioni, alla nostra vita dispersa tra mille tensioni diverse si è aperta una via di unità, unità in Cristo, alla sua sequela, sotto la guida dello Spirito.

 

     A questo siamo stati chiamati in un sol corpo, aggiunge san Paolo. Siamo chiamati ciascuno personalmente, non però come individui, come isole, separati l’uno dall’altro, ma come corpo, come organismo di cui ogni parte è membro, perciò non esiste per se stesso ma per tutto il corpo, e il capo di questo corpo è Cristo. Siamo chiamati alla comunione, ad essere Chiesa (assemblea di convocati), popolo di Dio, corpo di Cristo, Cristo prolungato nella storia (LG n. 4, 7, 9), con cui Egli continua a farsi presente  agli abitanti di questa città.

 

     La nostra ricerca di pienezza, di consolazione non sono più un fatto individuale. Abbiamo trovato in Cristo la risposta e con Lui abbiamo trovato tanti fratelli con cui condividere “l’acqua viva”(Gv 4,10). “Voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente”(Is 55,1). “Se, per grazia, sgorga l’acqua viva, sappi farne parte agli altri…Al giudizio finale, non ti verrà chiesto se hai bevuto bene, ma se hai condiviso bene.”(LdV n.132)

 

     Inizia l’avventura della fraternità.

 

     È un cammino accidentato, in salita, in cui ci scopriamo fragili, vulnerabili, prendiamo coscienza ogni giorno di più di quanto la nostra umanità sia ferita dal peccato, di come il nostro cuore sia egocentrico, incapace di accogliere, di abbandonare la logica del potere, anche nella semplice forma di controllo e gestione delle situazioni, per entrare nella logica del servizio: “Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve”(Lc 22,27), incapace di entrare nel dono di sé, nella gratuità, nell’umiltà.“Se ciascuno per umiltà stima gli altri superiori a sé, non c’è più posto tra fratelli per lo spirito di parte né per la vana gloria, spariscono gelosie, discordie e rivalità.”(LdV n.122).

 

     Siamo chiamati a rispondere all’Amore che Dio ci dona per primo (cfr.LdV n.1) con la vita fraterna, nella fraternità evangelica e nella nostra vita personale, familiare, professionale ecc.

 

     “Poiché non hai niente che tu non abbia ricevuto, non trattenere niente di ciò che puoi donare. Accogli Dio per comunicarlo…Giorno per giorno e istante per istante, accogli i fratelli e le sorelle nel tuo cuore. Amali come sono e non come vorresti che fossero.”(LdV n.40) “Chiedi ogni giorno a Dio di riversare nel tuo cuore l’amore per i fratelli e di mettere nel loro cuore l’amore per te. Dio non può rifiutare niente ad una comunità che lo prega così; perché questo è il suo comandamento, che ci amiamo gli uni gli altri come Egli ci ha amati…Prega per amare e ama pregando…In questo modo, con i tuoi fratelli, darai corpo a Dio, lo renderai presente, sarai segno del suo agire.”(LdV n.6)

 

     È un’ascesi continua, una lotta innanzi tutto con se stessi per arrivare a disarmarsi, ma quanta gioia dalla condivisione fraterna! È una via per fare verità. “Segui la via dell’amore, sull’esempio del Cristo. Non puoi illuderti, infatti, di amare Dio che non vedi, se non ami il fratello o la sorella che ti sta accanto.”(LdV n.4)

 

     Non siamo alla ricerca di una perfezione individuale. “Tu sei il campo di Dio, l’edificio di Dio”(LdV n.78), perciò offri la tua terra alla sua azione, lascialo agire in te, lascia che la tua terra sia dissodata, perché dia frutto (Sal 84,13). “Se sarai unificato sarai unificante; se pacificato, sarai pacificante.” (LdV n. 5) “Lascia che lo Spirito ristabilisca in te a poco a poco l’armonia originaria; lascia che il fuoco di Dio bruci in te le scorie che offuscano la purezza dell’oro; lascia che l’acqua del costato di Cristo lavi la tua veste e i tuoi peccati. In pace con te stesso, sarai allora sorgente di pace per gli altri”(LdV n.74) nella fraternità, in famiglia, sul luogo di lavoro, nel condominio ecc.

 

     È questo il modo con cui ci sentiamo chiamati a collaborare perché la buona notizia di Gesù Cristo raggiunga il maggior numero possibile, il modo con cui ci sentiamo mandati nella nostra città, per essere in essa messaggeri della pace e dell’amore di Cristo per ogni uomo.

  

     Paolo ci indica anche gli strumenti di cui disponiamo, la via concreta su cui camminare ogni giorno.

 

     “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori.”(v.16)

 

     La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza: sappiamo quanto sia vitale per la vita personale di ciascuno e per la vita delle fraternità che al centro ci sia la parola di Cristo, non le nostre parole. Sappiamo quanto l’ascolto profondo, comune della Parola ci faccia crescere nella fede e nell’accoglienza reciproca e ci dia forza per rialzarci e riprendere il cammino dopo ogni caduta. Abiti tra voi significa rimanga sempre in mezzo a voi, sia il legame che vi mantiene uniti, prima e dopo l’incontro di fraternità, nella comunione di preghiera anche a distanza.

 

     Nella sua ricchezza: la Parola di Dio è talmente ricca che non riusciamo mai ad esaurirne il significato, cresce con noi, perciò se ci sembra che i nostri incontri di fraternità siano ripetitivi e siamo presi dalla stanchezza, possiamo riattingere con più forza a questa fonte, contribuendo tutti, ciascuno nel modo che gli è proprio, perché la Parola risplenda in tutta la sua bellezza ai nostri occhi e faccia ardere i cuori. Per questo Paolo esorta: istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori.

 

     L’ultima espressione cantando a Dio nei vostri cuori dice che siamo chiamati alla gioia! La gratitudine a Dio e ai fratelli che Egli ci ha donati diventa canto del cuore. È una gioia intima, che dà luce agli occhi quando ascoltiamo la Parola di Dio (Sal 18,9) e sperimentiamo la gioia della comunione fraterna (Sal 132,1)

 

     L’ultimo versetto “E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre”(v.17) richiama alla necessità di fare unità tra l’ascolto della Parola e la nostra vita, tra preghiera e vita.

 

     Siamo solo agli inizi !

 

     Il quotidiano di questi anni, nella sua concretezza, ci ha fatto sperimentare che il cammino intrapreso è esigente, ma aperto all’Infinito, aperto ad una prospettiva di vita sempre nuova; è una via di semplicità, che passa per la nostra semplificazione; una via di libertà e Dio sa quanto siamo legati ai nostri schemi, anche se ci imprigionano.

 

     In questa via ci sentiamo al posto giusto che Dio ha preparato per noi.

 

     La liturgia è la fonte a cui possiamo attingere sempre.

 

     Ci accompagna e ci sostiene la preghiera, la testimonianza di vita e l’amicizia dei fratelli e delle sorelle monaci e monache.

 

     Concludo con le parole del salmo: “Beato chi abita la tua casa,

                                                         sempre canta le tue lodi!

                                                         Beato chi trova in te la sua forza

                                                         e decide nel suo cuore il santo viaggio.”(Sal 83, 5-6)

 

testimonianza di Carla e Andrea - FEG Nicopeia

 

           Andrea

 

Sono Andrea e sono qui con ma moglie Carla. La nostra testimonianza parla di conversione.

 

Tutti e due, da bambini, abbiamo ricevuto un’educazione cattolica; ad un certo punto della nostra vita ci siamo allontanati dalla Chiesa, come molti della nostra generazione.

 

La Famiglia di Gerusalemme è stato uno strumento prezioso che il Signore ha usato per ricondurci a Lui.

 

Io in particolare, sono rimasto colpito dalla bellezza della liturgia e dalla accoglienza ospitale delle sorelle e dei fratelli, dal calore della comunità.

 

Alla Badia ho ricominciato a gustare le celebrazioni eucaristiche, a riscoprire il sacramento della Riconciliazione, nel segno dell’amore del Signore per me.

 

Abbiamo scelto di intraprendere un cammino di catecumenato, per riscoprire il deposito della nostra fede..

 

Essendo sposati solo civilmente, ci siamo preparati, nella comunità, al sacramento del Matrimonio.

 

L’esperienza del catecumenato è stata per noi molto intensa, ci ha permesso di riappropriarci dei fondamenti della nostra fede e ci costruire legami di amicizia, di fraternità, con gli altri componenti: i catecumeni, le nostre guide religiose e laiche. Tant’è vero che abbiamo chiesto di poter continuare l’esperienza per un altro anno, perché avevamo, così come abbiamo ancora adesso, bisogno di abbeverarci alla fonte della Parola condivisa.

 

Dopo il primo anno di catecumenato, siamo entrati a far parte di una Fraternità Evangelica, continuando il cammino verso una maggiore consapevolezza della ricchezza inesauribile della Parola.

 

Carla

 

Nel preparare questa testimonianza ho cercato di affidarmi alla preghiera, perché non è facile raccontare un percorso interiore ricco, complesso, sofferto.

 

Come mi è accaduto altre volte nel vivere momenti di stanchezza e di aridità, ho pregato il Rosario, così mi sono venuti incontro i Misteri Luminosi come una traccia chiara, gioiosa, del cammino di riscoperta di Gesù, insieme a mio marito.

 

Nel primo mistero contempliamo il Battesimo di Gesù nel Giordano: ti rendiamo lode Signore, perché hai custodito nel tuo cuore le nostre persone nei lunghi anni di lontananza da te, ci hai custoditi e salvati

 

Nel secondo mistero contempliamo le nozze di Cana: ti benediciamo Signore perché nella riscoperta della tua presenza nella nostra vita Andrea ed io ci siamo scelti nel tuo Nome, sposo e sposa, vino nuovo in persone nuove.

 

Nel terzo mistero contempliamo Gesù che annuncia il Regno di Dio: grazie Signore, il tempo è compiuto, Andrea ed io abbiamo ritrovato la pace del cuore, la tua pace, pur nella fatica di tanti momenti. Donaci la grazia di camminare alla tua sequela fino all'ultimo istante della nostra vita.

 

Nel quarto mistero contempliamo la trasfigurazione di Gesù sul Tabor: gloria a te, o Signore perché ci hai donato la grazia di scoprirci tuoi figli, pecorelle smarrite e ritrovate, che porti teneramente sulle tue spalle. Rendici degni di portare l'abito nuziale, sì, la veste della tua luce.

 

Nel quinto mistero contempliamo l'ultima cena e istituzione dell'Eucaristia: ti ringraziamo Signore perché nella Famiglia di Gerusalemme abbiamo scoperto l'Adorazione Eucaristica, noi tralci avvinti a te vite-vita, fedele salvatore nelle nostre fragilità, nelle nostre infedeltà: ti lodiamo e ti benediciamo per il tuo Corpo e per il tuo Sangue, veramente prepari una mensa per ciascuno di noi.

 

Il nostro è un Dio che compie meraviglie.

 

Amen

 

 

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       A maggior Gloria del Signore